Araberara - 9 Settembre 2011
17
MEMORIA - CLUSONE E PARRE: DUE PAESI IN LUTTO. LA MAMMA E LE SORELLE RACCONTANO ROSANNA
Rosanna Troletti, donna “solare” già la cascina completamente
sistemata e piena di parenti ed
amici, faceva progetti per renderla sempre più accogliente e
funzionale”.
Perché Rosanna, da montanara autentica, amava anche
l’ambiente naturale della sua
terra, frequentato assiduamente
con le associazioni alpinistiche
e sciistiche clusonesi, e non sopportava di vederne il degrado e
l’abbandono. Era entusiasta del
lavoro di recupero che stava
portando avanti col marito e coi
figli e contagiava tutti con il suo
entusiasmo.
“Ci manca già tanto, per noi
è sempre stata un punto di riferimento – aggiunge un’altra sorella, Germana – forse perché era
la primogenita, ma soprattutto
perché era sempre disponibile a
consigliarci e ad aiutarci…Anche durante la recente malattia
della mamma è stata preziosa,
l’ha accolta in casa sua per mesi
e l’ha curata con amore finché
si è ripresa. Era la colonna por-
tante della nostra numerosa famiglia, una risorsa su cui sapevamo di poter sempre contare”.
“Pensava sempre agli altri
prima che a se stessa – è ancora
Cinzia che parla - persino durante il trasporto in ospedale, nelle
gravissime condizioni in cui era,
ha trovato la forza di chiedere al
figlio Luigi se aveva gradito le
polpette che gli aveva preparato
per pranzo….”.
A piangere una scomparsa
così repentina ci sono ora due
famiglie unite ed aperte come
poche. Rosanna era la primogenita di una “tribù” numerosa ed
allegra: tre fratelli, Giovanni,
Tiziano e Vincenzo, e quattro
sorelle: oltre a lei, Cinzia e Germana, gemelle ed entrambe maestre a Parre, e Antonella; una
famiglia sempre molto presente,
a vario titolo, nella vita della
comunità. Le “ragazze Troletti”
avevano anche raccolto in un
bellissimo libretto, anni fa, i ricordi di guerra del padre Paolo,
reduce di Russia, scomparso da
MEMORIA - PARRE
DANIELE IMBERTI
(“Piero ‘d Gioconda”)
(An.Ca.) Compaesani e colleghi da tutta la Bergamasca hanno accompagnato
durante il suo ultimo viaggio a Parre
lunedì 29 agosto Daniele Imberti, 82
anni. Pastore fin da ragazzino, “Piero
‘d Gioconda” o “Giocondo”, come veniva
chiamato, aveva fatto di questo mestiere
una scelta di vita di cui andava fiero, al
punto che accompagnava sempre la sua
firma col termine “pastore”.
Conosceva come le sue tasche le montagne e le pianure dell’Alta Italia per
averle percorse in lungo e in largo
con le greggi, e infatti aveva dovunque amici e conoscenti.
Era un patrimonio vivente
di conoscenze mutuate dal
rapporto quotidiano con la
natura e con le sue leggi,
nozioni pratiche di veterinaria, di botanica, di geologia, di idraulica, di astronomia, di metereologia che
metteva volentieri a disposizione di chiunque glielo chiedesse, un “sapere” fondato su
una visione del mondo diversa
da quella comune e su una dura
esperienza esistenziale, perché
aveva perso il padre da bambino e, non
molti anni dopo, anche la sorella Elvira,
amatissima, scomparsa a soli 25 anni.
Una saggezza, quella di Piero, che si
accompagnava ad uno sguardo disincantato e spesso ironico sulle vicende del
mondo e della vita che spesso commentava con bonario umorismo.
Anche come cristiano era un po’ anomalo: non frequentava le Messe e la
Parrocchia e, come a tutti i nomadi, non
gli piacevano le gerarchie, di qualunque
tipo esse fossero.
Ma era generoso e disponibile, aiutava tante persone senza darlo a vedere e
aveva un profondo senso dell’onore, della
parola data, del rispetto e della giustizia.
E amava soprattutto i piccoli, bambini o
agnelli che fossero, al punto da rifiutarsi di vendere le sue bestie ai compratori
di fede musulmana perché sapeva che le
avrebbero uccise troppo crudelmente…
Quando, durante le sue transumanze
invernali passava da un paese del Comasco dove c’era un grande centro di
cura per bambini disabili, faceva
sosta per alcuni giorni nei prati
intorno all’istituto per permettere ai piccoli degenti di tenere in braccio i suoi agnellini
e di giocare con essi; e sosteneva che il contatto diretto
dei piccoli malati con quelle
bestioline morbide e tenere
spesso si rivelava più efficace delle terapie farmacologiche. A questo ricordo Piero,
che pure non era certo un carattere sdolcinato, si commuoveva ogni volta fino alle lacrime,
rivivendo l’ingiustizia di tutto quel
dolore innocente che lui avrebbe voluto
cancellare dalla faccia della terra e che
cercava di alleviare come poteva…
Ricordando all’omelia questi aspetti della sua personalità, il parroco don
Armando ha sottolineato il grande valore simbolico dell’eterno camminare del
pastore alla continua ricerca del pascolo migliore: un “pascolo” sereno che ora
Piero ha finalmente raggiunto, per riposare delle sue tante fatiche nella Casa
del Padre.
tempo. Anche la famiglia formata da Rosanna e da Angelo era
unita da legami di affetto forti
e profondi e l’hanno dimostrato
i figli Luigi, Roberto e Silvia,
che alla fine della Messa funebre
di giovedì 1 settembre hanno
coraggiosamente preso la parola
per porgere, pur tra le lacrime,
un ultimo struggente saluto alla
madre.
La folla sterminata che ha partecipato al funerale – la Basilica
era stracolma, al punto che in
tantissimi hanno dovuto seguire
la cerimonia religiosa dal sagrato
– era composta non solo da cittadini di Clusone, ma anche da
molte persone venute da Parre:
due paesi interi, quello d’adozione e quello d’origine, muti e
sbigottiti di fronte alla tragedia
che ha portato via precocemente
a tutti la figura indimenticabile di
Rosanna, che a Parre aveva fatto
parte del gruppo missionario, di
quello folkloristico e della Corale: “Non è certo un caso che i
canti della messa siano stati ese-
guiti da coristi appartenenti a
tre Cori diversi: la nostra Corale parrocchiale, l’”Ars Nova” e
“Le voci dell’Altopiano” di Clusone – dice Renata Carissoni
Cossali, direttrice della Corale
“P. Scainelli” - Rosanna amava
molto anche il canto, aveva una
bella voce da contralto e per le
feste più solenni, come quelle
dei Santi Patroni, tornava sempre a Parre a cantare con noi e
con le sue sorelle”.
Approdata a Clusone, si era
inserita ben presto nella vita
della sua nuova comunità, raccogliendo la stima e la benevolenza generale. In questi giorni i
cronisti l’hanno spesso definita
“casalinga”, ma per Rosanna si
tratta di un termine troppo riduttivo: si dedicava ai suoi Cari
ed alla sua casa, certo, ma con
uguale dedizione era attivissima
nel volontariato:
“Si spendeva generosamente in molti campi - ricorda don
Claudio Dolcini – dal C.A.I.
all’AVO all’Oratorio al CRT di
Piario…Ricca di inventiva e dotata di tanta fantasia e notevoli
capacità manuali, era insostituibile in occasione dei nostri
spettacoli, in cucina per le varie
feste, nei laboratori estivi del
CRE; e sempre si prestava con
semplicità, con cordialità, con
inesauribile energia”.
Dove andasse a prendere tutta
quell’energia ha cercato di spiegarlo Mons. Giacomo Panfilo
all’omelia della Messa funebre,
concelebrata con il Parroco di
Parre don Armando Carminati, Don Claudio Dolcini direttore dell’Oratorio di Clusone,
don Mauro Bassanelli ed altri
sacerdoti della zona, più una numerosa rappresentanza dei Padri Monfortani, la congregazione cui appartiene Padre Vincenzo Troletti, missionario, che
in passato ha svolto il suo ministero in Africa e nella Locride e
che non ha potuto essere presente perché attualmente in missione in Malawi. Mons. Panfilo ha
identificato il segreto di una vita
così intensa e di una vitalità così
incontenibile nell’amore che,
secondo S. Giovanni, è ciò che
fa vivere le persone, perché “chi
non ama rimane nella morte”
e perché “solo nell’amore c’è
pienezza di vita”.
Anche per l’aggettivo ‘solare’, con cui tutti definivano il carattere di Rosanna, ha trovato un
rimando biblico più profondo e
significativo: il versetto di Isaia
che recita: ‘Chi vive nell’amore
per gli altri diventa splendente
come il sole di mezzogiorno’.
“Un amore assiduo, non episodico – ha continuato Mons.
Panfilo - fatto di tanti piccoli
gesti quotidiani di ascolto, di
accoglienza e di aiuto concreto a favore della comunità, sia
religiosa che civile. Una lezione
ed un esempio per tutti noi – ha
concluso – perché la testimonianza di Rosanna è anche una
provocazione per tutti noi, un
invito ad onorare la sua memoria diventando generosi come
lei”.
AltaValle Seriana
(An. Ca.) Richiamava le figure delle “donne forti” della
Bibbia, Rosanna Troletti, la
54enne scomparsa lunedì 29
agosto in seguito alle gravi lesioni interne provocate dal tronco che l’aveva travolta mentre
il marito lo stava trasportando
con un trattore lungo un pendìo
in località Cima Rasga, sopra
Clusone: figlia, sposa, madre,
amica esemplare, forte dentro e
fuori, una forza della natura cui
la fatica e le difficoltà non facevano paura:
“Fin da piccola era così
– ricorda la mamma 83enne
Maria Rosa Cabrini, per tutti
“la Marì” - affrontava tutti gli
ostacoli con allegria e con fiducia, non aveva paura di niente,
e infatti spesso la rimproveravo
per la sua esuberanza e la sua
impulsività… Quando da bambina andava per legna con suo
padre, nel bosco non stava certo
a giocare, lo aiutava come poteva e tornava a casa contenta
di essersi resa utile. E’ stato così
anche stavolta, di sicuro non ha
resistito all’impulso di reagire,
di fare qualcosa…”.
“Un destino davvero crudele – aggiunge Cinzia, una delle
quattro sorelle Troletti – ma anche in linea, in un certo senso,
col suo carattere, perché Rosanna era così, di fronte a qualcosa che non andava non stava
a guardare, interveniva subito
cercando di aggiustare le cose:
deve essersi comportata così
anche con quel tronco che l’ha
uccisa, probabilmente voleva
correggerne la traiettoria e rimetterlo in carreggiata….”
Dopo il pensionamento del
marito Angelo dalla sua attività
di elettrauto, i coniugi Balduzzi avevano affittato una cascina
nella zona di Cima Rasga e la
stavano sistemando a poco a
poco, occupandosi anche della
provvista di legna. “Una nuova impresa in cui Rosanna si
era tuffata con passione ed entusiasmo come faceva sempre:
lavorava come un uomo, vedeva
Scarica

17 - Araberara