Libri da evitare
di Giancarlo Tramutoli
Romano Battaglia, Sabbia, Rizzoli, 159 pagine,
16,00 euro
Sotto la sabbia
è sepolto il mistero della vita,
fra le dune c’è il canto dell’universo.
Chi non sa ascoltare, chi non sa immaginare
è lontano dalla verità.
Giancarlo Tramutoli
Tra le molte
perle di saggezza
alla versiliana
ho scelto quasi a
caso (che tanto
con Battaglia mai
si sbaglia) queste: «Finché non
ci accetteremo
per quello che siamo e non inizieremo un dialogo
con noi stessi, non troveremo mai la serenità a cui
aneliamo, la pace interiore, la capacità di affrontare le asprezze della vita». (Non sembra il figlio
scemo di Osho?)
«Viaggiare nel deserto significa camminare
nella nostra solitudine per imparare a dar valore
anche alle piccole cose».
«Il deserto è il grande mare prosciugato in cui si sono arenate le navi
del destino».
O quest’acutissima annotazione:
«Il Sahara è il deserto più vasto del
mondo. Il suo nome significa “il vuoto”. Infatti, osservandolo, si ha la netta
sensazione di trovarsi in una valle senza
fine e di perdersi nel nulla assoluto».
E anche su questo, non ci piove.
Per fortuna sul finale, dopo tante
domande filosofiche sull’esistenza,
sull’amore, su Dio, il buon Battaglia
ci dà pure delle risposte fondamentali
come quella che segue, attraverso la Lei morente
(Eleonora) al Lui (Fabio Albeni) che le chiede
cos’è la vita: «“È un frusciare di pensieri legati alla
voce del nulla” rispose “nell’attraversare il suo
tracciato, può avverarsi un desiderio recondito
come l’accendersi di una stella nella profondità
dell’universo”».
Questo è un romanzo che, come una clessidra
rotta, fa sabbia da tutte le parti. Il tempo sembra
fermarsi nella vastità assolata e assoluta del deserto
letterario, dove se pure passa un beduino, fa la
sua bella figura di scrittore mistico che mistifica
tutto ciò che mastica e che con la mania di abbracciare gli alberi li fa scappare, trasformando pure
l’Amazzonia nel Sahara.
Quando si arriva alla fine (saltando qualche
pagina per respirare un po’), si ha il terrore che
sia un miraggio. Invece è l’indicazione (amara) del
prezzo, che ti conforta. Hai buttato sedici euro,
però è davvero finita. n
Quando son davvero sfiduciato, stanco, quasi
disperato perché non trovo il libro giusto per
questa crudele rubrica, mi viene in soccorso,
come ultimissima spiaggia, il pensiero che per
fortuna ogni anno c’è sempre un libro di Romano Battaglia. Lui sì che è una certezza per questa
rubrica. Lui non mi delude mai. Sta lì da decenni
a scrivere (e a vendere) il suo libretto così pieno di ingenue banalità, di tenere nefandezze,
che lui, il Battaglia, pur perdendo da sempre la
Guerra letteraria, sta lì indefesso (non è un’offesa, eh?) a combattere nella trincea del kitsch
più puro e inossidabile. Grazie Romano. Grazie
perché quando mancano pochi giorni
alla scadenza del pezzo, solo tu mi
puoi salvare. E infatti. Eccola, fresca
fresca di stampa la sua ultima fatica.
Sabbia (titolo perfetto come ultima
spiaggia).
La location è tra Venezia è il Sahara (e su questo, non ci piove). È la
lacrimevole storia di un amore dove
la Lei muore ancor giovane, decidendo di passare gli ultimi anni che le
rimangono a curare malati terminali
di aids in questo sperduto ospedaletto nel deserto. Dopo l’incontro a
Venezia e i primi tempi felici della passione, lei
scompare. Lui seguendo un sogno premonitore la raggiunge attraversando il deserto fino a
trovarla, ormai morente. Questo il succo della
storiella. Storiella che viene raccontata all’autore
in un’interminabile passeggiata sul bagnasciuga
infestato dai “poetici” implacabili gabbiani. In
questo capolavoro delle banalità ci vengono inflitte ogni venti pagine delle poesiole su foto del
deserto. Poesiole come questa:
Io sono sabbia, vento, pioggia
solitudine, silenzio.
Io sono dune, acqua, palme, oasi.
Io sono storia e mistero.
Io sono il nulla che parla.
Io sono il deserto.
O quest’altra, sublime:
10
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