CORSO DI FORMAZIONE
Pietro Schiavone S.J.
Il Discernimento, filo conduttore degli EE
e mezzo per vivere nella volontà di Dio.
Preso da Esercizi Spirituali. Ricerca sulle fonti. Con testo
originale a fronte, a cura di P.Pietro Schiavone S.I., San
Paolo, Cinisello Balsamo 1995, p. 51:"Può un'opera scritta nel XVI secolo essere valida oggi, alle soglie del terzo
millennio? La domanda è stata posta anche al Padre Generale della Compagnia di Gesù da Renzo Giacomelli. P.
Peter Hans Kolvenbach, rifacendosi al semiologo Roland
Barthes, ha ricordato che autore degli EE, oltre a Ignazio,
è anche «chi li dà, chi li fa» e, soprattutto, lo «Spirito di
Dio». Il libro degli EE, a differenza degli altri, più che
presentare una dottrina o una teoria, offre «una strada
verso il vangelo», sulla base dell'esperienza del suo autore. Il valore (e l'attualità), dunque, degli EE «è legata a
una personale esperienza del Signore, alla decisione di
seguire il vangelo, che misteriosamente rimane sempre
vivo»1.
È noto il pensiero di Ignazio: «La forza e l'efficacia di
questi EE consiste nella loro pratica effettiva. Il nome
stesso lo indica, ed è molto importante - aggiunge, con
l'evidente intenzione di rincarare la dose - che chi li dà
sia bene esercitato» (Epp IX, 702).
1
Fedeli a Dio e agli uomini, intervista di Renzo Giacomelli,
Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1990, p. 27.
Fulcro intorno a cui girano gli Esercizi Spirituali (EE) è Dio-Amore, che, dinanzi alle chiusure della creatura umana, diventa Dio-misericordia.
Sognato e scelto in Cristo da tutta l’eternità, “prima della creazione del
mondo” (Ef 1,4), creato a immagine e somiglianza di Dio, l’uomo ha abusato del
dono della libertà2, ha preteso di diventare “come Dio”, è caduto nella superbia
e nella disobbedienza e si è da Lui tagliato.
Ma Dio ha, per così dire, integrato il disegno (cfr. Ef 1,3-14), che aveva concepito come Creatore e, con un atto di inimmaginabile amore, ha messo
l’umanità al centro dell’incantevole progetto redentore: “E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato al potere
2
Uno degli angoli di visuale che la prima tappa degli EE evidenzia (cfr. [50,4. 51,4]).
della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro
che ti cercano ti possano trovare”3.
Il Verbo “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo (doulos)”,
“umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte”… con tutto quello che,
essenziale al progetto, segue: Risurrezione, Ascensione e Pentecoste.
Abbiamo, dunque, umiltà (umiliò se stesso) contro superbia (cfr. [142,3.
146,5. 147. 167]), obbedienza (facendosi obbediente) contro disobbedienza (cfr.
[165-166]).
Umiltà e obbedienza: le virtù basilari dell’essere e dell’agire cristiano, le virtù che hanno fatto la vita del Signore Gesù, Redentore umile e obbediente, anzi
Modello di umiltà e di obbedienza; e anche la vita della Vergine - Madre, che “si
umilia e rende grazie alla divina maestà” [108,4. 263,5], che, virgo prudens,
meglio, discernens, finisce con il dichiarare, in convinta, consapevole obbedienza, prontezza e disponibilità: “Ecco la serva (doùle) […] si compia…” (cfr.
[262,5]).
Da questa breve sintesi emerge che le tematiche degli EE, almeno direttamente, non riguardano la rinunzia e il distacco, una virtù, sia pure teologale, i
voti o i contenuti di un carisma e la ricerca dei mezzi per calarlo nella vita personale e apostolica, l’impostazione di una missione, l’evangelizzazione o un
programma pastorale..., e neppure i sacramenti e le beatitudini, i doni o il frutto
dello Spirito…
Gli EE non hanno (almeno direttamente) un oggetto, ma un soggetto, non
portano a meditare o a contemplare le verità, ma la Verità, non le parole, ma la
Parola, o, come l’hanno indicato i Padri del Sinodo il “Volto della Parola”: il
Gesù del Vangelo, il Verbo, che, “entrando nel mondo […] dice: ‘Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché
di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,57); il Verbo incarnato, che rivela di essere “disceso dal cielo non per fare la
mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato…” (Gv 6,38-40); il figlio
di Maria, che nasce e cresce, mangia e beve, si commuove e piange, dialoga e
ammonisce, vive in povertà, castità e obbedienza; il Signore Gesù Cristo,
l’evangelizzatore, che, mite e umile di cuore, paziente e prudente, realizzazione
perfetta delle beatitudini, opera, prima, guarigioni e libera, insegna, poi, e indica
le vie della promozione integrale …
Tutto e sempre in permanente, amorosa attenzione e in perfetta sintonia con
la paterna volontà. Questa costituisce, anzi, la sua ragion d’essere: “Mio cibo è
fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,35).
3
Prece eucaristica IV.
Questo Gesù, il prediletto nel quale il Padre si è compiaciuto (Mt 3,17), ogni
uomo e ogni donna devono ascoltare (Mt 17,5) e seguire per tutte le strade della
Palestina, con Lui sostare a Gerusalemme, il luogo del mistero pasquale.
Su questo Gesù, che vive nella certezza di essere con il Padre: “Colui che mi
ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose
che gli sono gradite” (Gv 8,29-30), che, in esemplare shoccante umiltà e in pedissequa, filiale obbedienza, assolve il mandato ricevuto e opera quella redenzione, sono centrati tutti gli EE.
In shoccante umiltà: da Dio, uomo; da uomo, servo e servo obbediente fino
alla morte e alla morte di croce!
Esemplare umiltà - filiale obbedienza: l’antidoto che neutralizza la superbia
e la disobbedienza dell’uomo peccatore (cfr. [137-147. 165-168].
Questa via percorsa da Gesù, dobbiamo percorrere anche noi. È via che richiede impegno e sforzo ascetico: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi
se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16,24), ma che –evidenziamolo e
con ogni forza - sfocia nella mistica unione con l’eterno Amore.
In forza di quanto detto, mi permetto di annotare che chi fa gli EE deve premurarsi di riscontrare ed evidenziare, contemplare e assimilare il Gesù della volontà del Padre, ma come visto e presentato dal proprio fondatore, patrono, santo, dalla spiritualità che ispira il particolare modo di essere e di agire, tenuto
conto della propria vocazione.
Questo significa che gli EE possono essere fatti da tutti a qualunque spiritualità si appartenga. Per il semplice, innegabile fatto che tutte le vocazioni, tutte le
spiritualità, tutti i carismi non possono non avere in Cristo Signore la loro sorgente, la loro ispirazione, il loro modello.
Ciò posto e dato per acquisito, tratterrò de
I. Il discernimento filo conduttore degli EE
II. Il discernimento, mezzo per vivere nella volontà di Dio.
Il disc. filo conduttore degli EE
Questo significa che il discernimento attraversa tutti gli EE, a partire dallo
scopo che intendono raggiungere, come esplicitamente dichiarato
• fin dalla loro prima pagina: “Con questo termine esercizi spirituali si intende ogni modo di esaminare la coscienza, meditare, contemplare, pregare vocalmente e mentalmente, e altre attività spirituali, come si dirà più avanti” [1,2];
• con questa precisa finalità: “Preparare e disporre l'anima a liberarsi da
tutti gli affetti disordinati, e, una volta che se ne è liberata, a cercare e trovare
[leggi: discernere] la volontà divina nell’organizzare la propria vita per la salvezza dell'anima , si chiamano esercizi spirituali” [1,3-4] (cfr. [21]);
• nel momento centrale dell’itinerario, poi, bisogna “…desiderare e conoscere quello che più sia gradito” a Dio [151] e “scegliere quello che più sia a
gloria di sua divina maestà” [152].
Un vocabolario che indiscutibilmente ricorda Rm 12,2: “Non conformatevi
alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per
poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”.
È il testo che guiderà la nostra ricerca.
Come cercare e trovare la volontà di Dio? Come conoscere quello che più
sia a Lui gradito?
Ricorrendo - è la risposta di Paolo, che Ignazio ha fatto sua - al discernimento degli spiriti.
Sempre che gli EE rimangano… Esercizi spirituali! Incluso il contesto ambientale e personale.
È quanto si è premurato di evidenziare il magistero, anche dei nostri giorni.
Mi sembra doveroso richiamarlo. Anche e precisamente perché suona invito a
dare spazio al discernimento. Mi riferisco, in particolare, a quanto ha detto Benedetto XVI nell’udienza ai partecipanti all'Assemblea Nazionale F.I.E.S (9 febbraio 2008). Dopo avere ricordato che “gli ‘Esercizi’ sono un'esperienza dello
spirito con caratteristiche proprie e specifiche”, ha raccomandato: “Non venga
meno la partecipazione agli Esercizi Spirituali, caratterizzati da quel clima di silenzio completo e profondo che favorisce l'incontro personale e comunitario
con Dio e la contemplazione del volto di Cristo” e ha motivato: “In un'epoca in
cui sempre più forte è l'influenza della secolarizzazione e, d'altra parte, si avverte un diffuso bisogno di incontrare Dio, non venga meno la possibilità di offrire
spazi di intenso ascolto della sua Parola nel silenzio e nella preghiera.
Ora, sempre che si tratti di “incontro” con Dio e di “ascolto della sua Parola”, è, più che opportuno, necessario ricorrere al discernimento: per evitare abbagli e, in concreto, per non correre il rischio di prendere lucciole per lanterne e,
nel caso, ritenere parola e messaggio dello Spirito quanto è frutto di nostra immaginazione o, peggio, di chi cerca di scimmiottare Dio.
Aggiungo, con gli autori, che “il nucleo [c’è chi parla di midollo4] degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola è costituito dalle diverse mozioni, agitazioni, pensieri e discernimento in vista dell’elezione e riforma di vita, come si ha
5
nel sottotitolo del libro” .
4
LAPLACE, Jean, La experiencia del discernimiento en los Ejercicios espirituales de San Ignacio, Secretariado de los Ejercicios, Madrid 1978, p. 4: “Delle regole del discernimento bisogna dire lo
stesso che si dice degli Esercizi, poiché ne costituiscono il midollo”.
5
LERA, José Maria, La contemplaciòn para alcanzar amor, el pentecostés ignaciano, Manresa 63.
(1991) 163-190, qui 163.
Un altro noto, indubbio competente, il P. Karl Rahner6, ha, anzi, scritto:
“Nelle regole per il discernimento degli spiriti” si ha “un elemento essenziale
degli Esercizi”, un’autentica scoperta di Ignazio “senza la quale gli Esercizi non
si hanno”.
Ma mettiamo da parte l’argumentum ex auctoritate e veniamo a prove più
dirette.
Il discernimento è filo conduttore degli EE da tre punti di vista: architettonico, strutturale, strumentale. Accenno al primo, mi soffermo sul secondo, offro
qualche indicazione sul terzo.
L’architettura degli EE
Le classiche regole del discernimento occupano le ultime pagine del libretto.
Ad esse, però, si rimanda lungo tutto l’itinerario, a partire dalla prima Annotazione [1], come sopra detto. Inoltre: “Chi dà gli esercizi, secondo le necessità” di
“chi li riceve […] potrà spiegargli le regole […], che servono per conoscere i vari spiriti” [8].
Sempre in queste prime pagine (cfr. [6. 7. 13. 14]) si parla della consolazione e della desolazione, due stati d’animo che costituiscono l’oggetto del discernimento e che devono essere coltivati e promossi dal primo [45] all’ultimo [229]
esercizio (cfr. [62. 63. 65,4. 89,5. 109. 118,3. 179,3. 184. 227,3. 254). Se ne ha,
però, la descrizione solo ai nn. [316-317].
Anzi – siamo a un altro convincente motivo - tutto negli EE dev’essere ordinato a provocare gli spiriti e, quindi, a discernere quando si ha presenza
dell’uno o dell’altro: come chiaramente viene indicato in due annotazioni:
• nella sesta: “Chi dà gli esercizi, quando sente che chi si esercita non prova
nell'anima mozione spirituale alcuna, come consolazioni o desolazioni, né
è agitato da diversi spiriti7, deve [… scuoterlo!] interrogarlo molto circa
gli esercizi: se li fa nei tempi stabiliti e come; così pure circa le note complementari: se le fa con diligenza, chiedendo conto dettagliato di ciascuna
di queste cose” [6,1-3];
• nella 17a: “Giova molto che chi dà gli esercizi, senza voler chiedere né
conoscere i pensieri e i peccati personali di chi li riceve, sia fedelmente informato delle varie agitazioni e pensieri che i diversi spiriti suscitano in
lui; affinché, secondo il maggiore o minore profitto, possa dargli alcuni
esercizi spirituali convenienti e conformi alle necessità dell'anima così agitata” [17,1-3].
Che tutto negli EE debba essere posto sotto il segno del discernimento, appare, e in maniera lampante, anche
6
7
RAHNER, Karl, L’elemento dinamico nella Chiesa, p. 88.
Quando l’affettività non resta coinvolta.
• dal presupposto, o elemento base su cui tutto poggia e che tutto regge:
“Presuppongo che in me esistono tre tipi di pensieri uno mio proprio, che
proviene unicamente dalla mia libertà e volontà; e altri due che vengono
dall'esterno: uno dallo spirito buono e l'altro dal cattivo” [32,2-3];
• dal fatto che tutto, ma proprio tutto dev’essere impostato in maniera da aiutare chi li fa a “sentire e conoscere in qualche modo le varie mozioni
che si producono nell’anima” [313,1].
Segue – superfluo esplicitarlo - la necessità del discernimento.
Elementi strutturali
Strutturali: nel senso che sono stati pensati, assemblati e strutturati con questa finalità: “Potere discernere la volontà di Dio”.
Potere discernere la volontà di Dio è affermazione di Rm 12,2.
Rinati “da acqua e da Spirito” (Gv 3,5), fatti suo tempio (cfr. 1Cor 3,16-17;
6,19…), rinvigoriti dalla confermazione e vitalmente alimentati dagli altri sacramenti, risultiamo abilitati a offrire i nostri “corpi come sacrificio vivente,
santo e gradito a Dio”8.
A una condizione: che curiamo prontezza a fare e, prima, a individuare e a
scegliere, meglio, e con proprietà di linguaggio, a “discernere la volontà di Dio”
(Rm 12,2). Non possiamo offrire alla SS. Trinità cose che non sono di suo gradimento e, per questo, per offrire al Signore cose di suo gusto, dobbiamo (la
conclusione è di Paolo!) “… discernere la volontà di Dio, ciò che è buono a lui
gradito e perfetto”.
Per questo - altra conclusione e condizione posta dall’Apostolo – per bene
operare il discernimento, dobbiamo sintonizzarci con il Signore e
1. smantellare quanto a Lui chiude: “Non conformatevi (un imperativo) alla
mentalità di questo secolo” (Rm 12,1);
2. lavorare per acquistare una nuova mentalità: “Trasformatevi rinnovando
la vostra mente” (Rm 12,1-2).
Non conformatevi, meglio: apritevi all’azione dello Spirito purificatore e
santificatore. Perché solo Lui può dare di reagire al modo di pensare umano e
mondano, anzi, di aborrire e di allontanare da noi “le cose mondane e vane”
[63]. È lo scopo della prima tappa.
Trasformatevi, metamorfoûste (altro imperativo!): lasciatevi trasformare,
ovviamente e ancora, dal Paraclito.
Lasciatevi trasformare. Dobbiamo, dunque, metterci alla scuola dello Spirito, perché, nella sua qualità di Maestro interiore,
- ci modelli su Gesù, oltre che realmente (in forza dei sacramenti), anche
psicologicamente, e
8
Ci ritorneremo nell’ultima parte.
- faccia maturare in noi un’evangelica concezione di vita: “Rinnovando la
vostra mente”.
È lo scopo della seconda, terza e quarta tappa: tutte e tre ordinate a instaurare il processo di cristificazione.
Come arrivare a verificare questa, che, diciamolo subito, è condizione essenziale per qualunque discernimento?
Impegnandosi a restare in attento, docile ascolto dello Spirito di Gesù e del
Padre e, quindi, continuando a:
1. puntare sulla preghiera. Si ricordi l’inizio e la conclusione di tutti e singoli
gli esercizi: “Chiedere a Dio nostro Signore quello che voglio e desidero”
[48,1]. “Qui sarà chiedere conoscenza interiore del Signore, che per me si è
fatto uomo”, ha ricevuto l’adorazione dei Magi, è stato esiliato, ha vissuto
vita nascosta, ha incontrato la Samaritana…, oppure, ha affrontato la passione e la morte, è risorto, è salito al cielo, ha effuso lo Spirito Santo “perché più lo ami e lo segua” [104], oppure, mi unisca a Lui nel dolore (cfr.
[193. 203]), o nella gioia (cfr. [221]);
2. contemplare - sempre lasciandosi animare da chi, solo, può introdurre a tutta intera la Verità! – Gesù nei misteri della sua vita, dall’Incarnazione alla
discesa dello Spirito Santo, con lo scopo di ottenere il dono di stabilire un
contatto conviviale con Lui;
3. collaborare con la divina grazia. Ignazio9 suggerisce un metodo che mira
al coinvolgimento della persona: si pensi all’incalzante “riflettere per ricavare frutto da tale vista” [106,4], “per ricavare frutto dalle loro parole”
[107,3], “per ricavare qualche frutto da ciascuna di queste cose” [108,4]; e
al progressivo approfondimento, come risulta dall’identificante nota metodologica: “Non il molto sapere sazia e soddisfa l'anima, ma il sentire e gustare le cose internamente” [2,4], attraverso
• le quotidiane ripetizioni e riassunti (cfr. [62-63. 118-120]);
• il costante richiamo a intrattenersi sui punti in cui “ho sentito maggiore
consolazione o desolazione o maggior sentimento spirituale” [62,2],
• la pratica della lectio pia10, nella sua classica scansione, ma con ulteriori arricchimenti: sull’identico mistero bisogna dare spazio, oltre che alla lectio,
meditatio, oratio, contemplatio, anche
a) all’applicazione dei sensi per un’ulteriore immedesimazione e assimilazione degli esempi e degli insegnamenti di Gesù;
b) alla riflessione, che dovrebbe seguire a ogni esercizio, e che unitamente
9
Ma si tenga ben presente che le indicazioni da lui offerte intendono “dare un’introduzione” e
suggerire “un metodo per poi meglio e più compiutamente contemplare” [162,1-3] . Non si dimentichi,
inoltre, l’istanza di adattare il tutto alle concrete capacità e possibilità dei singoli (cfr. [4,5-7. 8-10.
7,3. 18,1. 72,2. 162,1. 209,6. 226,5].
10
Siamo in gratificante sintonia con la Chiesa dei nostri giorni. Mi riferisco al Sinodo sulla Parola!
c) all’esame di coscienza, aiuta a puntualizzare le differenti mozioni
degli spiriti con il successivo, necessario discernimento;
d) al dialogo con la guida spirituale, il cui compito - diciamolo di passaggio, ma memorizziamolo bene! - è “aiutare a discernere gli effetti del buono e del cattivo spirito” (Directoria 77,19), per una ulteriore e, direi, ufficiale, precisazione dei messaggi dello Spirito di
Dio, e, finalmente,
e) al doveroso passaggio all’azione.
Consentitemi una provocazione. Perché tanta nostra predicazione è come
acqua che scorre su marmo, senza lasciare traccia? Perché non poche volte riscontriamo vera quella spiegazione del Signore Gesù: il seme “che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con
gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato” (Mt
13,20s)?
Come può un soggetto del genere arrivare a capire quello che è gradito a Dio? Sarà il suo un discernimento serio e fruttuoso? Non finirà per scegliere quello
che è di suo personale gradimento?
Dall’esistenziale contatto con Cristo Signore dovrebbe nascere desiderio di
essere con Lui e di fare come Lui, meglio, consapevole attenzione e convinto
impegno a sintonizzarsi con Lui in tutto e, in particolare - condizioni previe e
concomitanti, essenziali per la riuscita di un discernimento • nella carità, che è donazione eucaristica al Padre e ai fratelli: perché “chi
ama è generato da Dio e conosce Dio […] perché Dio è amore: o Θεόϛ άγάπη
εστιν (1Gv 4,7-8). Conosce, γινωσκει: practica agnitio et cum obiecto conformatio11;
• nella scelta dei mezzi di salvezza in consonanza con il Dio dall’amore più
grande: con il Crocifisso redentore, quindi e sempre, sotto il segno dell’Eucaristia,
• nel culto di un’autentica libertà, intesa
• e come indipendenza da tutto e da tutti (aspetto ascetico)
• e (siamo all’aspetto mistico) come passione di amore per il Signore
Gesù che in tutto glorifica il Padre, precisamente perché: “Io faccio sempre le cose che gli sono gradite” (Gv 8,29).
Cosa succederebbe se questa libertà non animasse, e in ogni suo passaggio,
il soggetto che discerne?
Cosa succederebbe se il soggetto in discernimento, invece di trovarsi “come
nel mezzo di una bilancia” [179,3], fosse disordinatamente affezionato verso una
11
Zerwick. γινωσκω: il verbo di “Questa è la vita eterna: che conoscano te…” (Gv 17,3).
delle cose da scegliere? Non finirebbe per optare per quella che ha continuato a
tenerlo catturato?
Cosa succederebbe se un responsabile, in discernimento per dare una missione, una destinazione, fosse soggetto e coltivasse volontarie simpatie o antipatie?
Un classico, convincente esempio?
Dopo la risurrezione di Lazzaro, “i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il
sinedrio e dicevano: 'Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni […] verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione'. Ma
uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro:
'Voi non capite nulla […] meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non
perisca la nazione intera' […]. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo"
(Gv 11, 47-52).
Decisero: frutto di discernimento tarato!
Imbastiscono il processo - farsa, attenti, tuttavia, a salvare le apparenze e
l’osservanza delle regole legali: “… non vollero entrare nel pretorio per non
contaminarsi e poter mangiare la Pasqua” (Gv 18,28), e si coordinano e fanno di
tutto per fare condannare l’innocente.
Eppure, contemporanei di Gesù, avevano visto, avevano esperimentato e
toccato con mano, avevano dialogato…
Ma…, superbi e obbedienti, sì, ma di obbedienza legalista e rubricista, non
hanno voluto ascoltare, non si sono sottoposti al processo di purificazione e di
liberazione dai preconcetti, tanto meno hanno curato contatto conviviale e amicale con Lui, hanno tutto e sempre operato in obbedienza e a conferma dei loro
pregiudizi.
Conseguenza: “Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: ‘Che
bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?’. Tutti sentenziarono che era reo di morte” (Mr 14,63-64; cfr. Mt 26,65-66).
Sentenziarono in seguito, anche qui, a un discernimento fasullo.
Anzi: “I sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù (Mt 27,20). “Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie
gridarono: ‘Crocifiggilo, crocifiggilo!’…” (Gv 19,6.16).
Quanti i crocifissi dei nostri giorni (anche nei nostri ambienti?...) a motivo
dell’attaccamento all’avere, al piacere e al potere (politico, militare e sindacale,
ma anche intellettuale e spirituale…), per mancanza di rettitudine e di libertà evangelica in chi pretende e, perfino, proclama di avere deciso in seguito a un discernimento!...
Aspetto strumentale
Intendo dire degli strumenti, dei sussidi di cui servirsi. Mi riferisco in particolare alle regole.
Abbiamo ricordato che occupano le ultime pagine del libretto. Ma sono tutte
regole di discernimento che devono regolamentare ognuna delle tappe degli EE.
In estrema sintesi:
quelle della prima tappa [313-327], dopo avere esposto i segni da cui riconoscere quando si è sotto l’azione dello spirito buono e quando sotto quella del cattivo, danno indicazioni sul significato e sui contenuti sia della consolazione
[316], sia della desolazione [317], di quanto, cioè, caratterizza la presenza degli
spiriti buono e cattivo [314-315]; pongono norme di comportamento nell’uno e
nell’altro caso [318-324]; presentano alcuni modi di agire delle forze del male
[314-315. 325-327].
A queste bisogna aggiungere le Note “per avere l’autentico sentire e capire
gli scrupoli e insinuazioni del nostro nemico” [345-351].
Quelle della seconda tappa [328-337] offrono l’attrezzatura adeguata per affrontare i momenti e i casi che la malizia di satana, ma anche l’amor proprio, la
vanagloria, l’ambizione…, rende più difficili e ingarbugliati; suggeriscono come
sventare le astuzie e i trucchi cui il nemico ricorre, quando, più decisamente incamminati per le vie del Vangelo, si è determinati a seguire e a condividere lo
stile di vita del Signore Gesù, in uno stato di vita.
In particolare: dopo avere precisato che il Paraclito può direttamente e inequivocabilmente agire nell’intimo dei cuori, descrivono le modalità degli interventi degli spiriti, offrono più dettagliate istruzioni per discernere i veri dai falsi
messaggi e guardarsi dalle sempre possibili interferenze dello spirito cattivo.
E quando la conoscenza della divina volontà comincia ad avere più precisi
contorni, quando tutto e in maniera più diretta converge verso la configurazione
con Cristo morto (IIIs) e risorto (IV); quando si percepisce più viva l’esigenza di
essere e di dovere agire da membra attive del corpo mistico e di dover attendere
all’apostolato in comunione con gli altri, e anche a loro servizi, a quali regole
attenersi? Esistono norme che regolino l’inserimento nel Corpo mistico e
l’integrazione con le altre membra?
Danno una risposta le Regole “per avere l’autentico sentire nella Chiesa militante” [352-370].
Il discernimento, mezzo per vivere nella volontà
di Dio
Mezzo per vivere… Mi riferisco alla vita di ogni giorno, a partire dalla dinamica della Contemplazione per giungere ad amare [230-243].
In teologia spirituale si parla di differenti tipi di discernimento. Anche perché in 1Cor 12,10, Paolo ha diacríseis pneumáton. Diacríseis è plurale di diácrisis: discernimenti degli spiriti:
• in tempi successivi,
• su differenti oggetti, come la scelta dello stato di vita [1], o, come si ha al
[171,1], “cose che sono soggette a scelta immutabile, come sacerdozio e
matrimonio”, una gamma di scelte mutabili, come accettare o rifiutare un
beneficio, un bene temporale [171,2], un ufficio [178,3]12, "qualunque altra cosa” [178,3];
• con diverse modalità. E si può avere
- l’evangelico discernimento dei frutti;
- il discernimento degli spiriti o delle mozioni degli spiriti, di cui, per
esempio, 1Gv 4,1: “Non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete
alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono da Dio”;
- il discernimento morale: per cogliere la volontà di Dio nel quotidiano.
Un figlio deve sempre scrutare il volto del Padre e fare attenzione a ogni suo
cenno. Tenere conto dei paterni desideri, amare con cuore di figlio dev’essere istanza vissuta a lunghezza di giornata, in ogni posto; a qualunque lavoro si attenda.
È il senso dell’invito: “Esaminate ogni cosa, pánta dokimázete; tenete ciò
che è buono, astenetevi da ogni specie di male (1Ts 5,19-22)13.
Nel pánta “ogni cosa” gli autori vedono un “principio generale di comportamento cristiano: in ogni circostanza, discernere la volontà di Dio”, “per compierla in ogni istante nella situazione concreta”14.
Torna pressante l’esortazione di Paolo ad offrire i “corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”.
Poste le condizioni elencate, si sarà effettivamente in grado di discernere la
divina volontà, di scegliere e fare quanto è di suo gusto.
“È questo, precisa a tutte lettere Paolo, il vostro culto spirituale”.
Si può, dunque, e si deve prestare culto, non solo in tempo di celebrazione liturgica, ma anche con e nella vita.
E non per interposta persona, ma da veri sacerdoti (di sacerdozio comune) e
da vere vittime. Per dirla con Pietro: noi “stringendoci a lui [Cristo Signore],
12
“Se potria applicare ad alchun altre electioni quel modo che se insegna nelli Essercitii, non
toccando nel stato” (D 110, 17).
13
È il testo cui Ignazio si richiama nel titolo delle regole: “Regole per sentire e conoscere in
qualche modo le varie mozioni che si producono nell'anima le buone per accoglierle e le cattive per
respingerle” [313].
14
THERRIEN, Gérard, Le discernement dans les écrits pauliniens, J. Gabalda et Co, Paris 1973,
pp. 76. 79. 148.
pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio”, veniamo
“impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un
sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù
Cristo” (1Pt 2,4-5).
Per mezzo di Gesù Cristo: con, in e per Cristo, “vittima pura, santa e immacolata, pane santo della vita eterna e calice dell’eterna salvezza”15, noi, per dirla
ancora con Pietro (1Pt 2,9-10), “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione
santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di
lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi noi, che un
tempo eravamo non-popolo, ora invece siamo il popolo di Dio”, siamo abilitati a
offrire – quale prolungamento della celebrazione eucaristica e in ogni momento
della vita – noi stessi: la nostra esistenza (è il significato di corpo), fatta di pensieri, desideri, affetti, le nostre amicizie e le nostre conversazioni, il nostro studio, il nostro apostolato, le nostre attività professionali.
“È questo il vostro culto spirituale”.
Viene alla mente il dialogo di Gesù con i Giudei sulla necessità di mangiare
la sua carne, di bere il suo sangue, con le formule consacratorie: “Questo è il
mio corpo… Questo è il calice del mio sangue…”.
“È questo il vostro culto spirituale”.
Conclusione
Per un discorso un poco più completo bisognerebbe dire anche qualcosa sul
soggetto e sull’oggetto del discernimento, sui mezzi e sui metodi per cercare e
trovare la divina volontà…
E bisognerebbe pure presentare le singole regole del discernimento.
Rimando allo studio che, mi auguro, veda presto la luce. Colgo, anzi e volentieri, l’occasione per cordialmente ringraziare il nostro Presidente, ché ha avuto la compiacenza di prepararne la prefazione.
Nessuno metterà in dubbio che quello del discernimento è tema di estrema
attualità e importanza, anche per la Chiesa del terzo millennio.
Resta valido quanto abbiamo letto in un editoriale della Civiltà Cattolica:
“Se ci si domandasse, qual è il problema più importante della Chiesa di oggi, risponderemmo senza esitare che è quello del ‘discernimento degli spiriti’”16.
Basta, d’altra parte, considerare il posto che esso occupa in ogni nostra riunione e nei documenti del magistero.
I nostri Vescovi, nella Nota pastorale redatta dopo il Convegno di Verona
(16-20 ottobre 2006), “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt 1,3): testimoni
del grande “sì” di Dio all’uomo (29 giugno 2007), hanno raccomandato il ricor15
16
Canone romano.
“Esaminate se gli spiriti sono da Dio”, La Civiltà Cattolica 119 (1968) IV, 209-214, qui 209.
so al “discernimento dei credenti, che tende alla ricerca della volontà di Dio in
ogni situazione della vita individuale e sociale” (n. 14) e hanno chiesto di rendere “operativi quei luoghi in cui ci si allena al discernimento spirituale,
all’ascolto reciproco, al confronto delle posizioni, fino a maturare […] decisioni
ponderate e condivise” (n. 24).
Dobbiamo, poi, essere santamente orgogliosi ché ancora la CEI ha riconosciuto il “costante impegno” della FIES “nel promuovere e diffondere
nell’azione pastorale delle Chiese che sono in Italia gli Esercizi spirituali, intesi
come esperienza forte di Dio in un clima di ascolto della Parola in ordine a una
conversione e donazione sempre più totale a Cristo e alla Chiesa”17.
Tutti, anzi, ricordiamo che nella definizione degli EE data dalla FIES e fatta
propria da Benedetto XVI, si parla anche ed esplicitamente di discernimento:
L’attiva presenza dello Spirito durante gli EE “dona capacità di discernimento
in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita, alla sequela di
Cristo per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo”.
Quando si fanno o si danno questi Esercizi spirituali, si ha la possibilità
di esperimentare e di fare esperimentare il prezioso, biblico strumento di lavoro
che ha nome discernimento degli spiriti.
Sappiamo che Paolo, in 1Cor 12,10, elenca, tra gli altri, il carisma dei “discernimenti degli spiriti”. Sappiamo ancora che la teologia spirituale contempla,
e da sempre, anche l’arte del discernimento.
L’arte si acquista studiando e, soprattutto, esercitandosi, esperimentando.
È l’insistente proposta dell’Autore degli EE: il metodo di ricerca della divina
volontà da lui preferito è quello che si verifica “quando si acquista sufficiente
chiarezza e conoscenza per esperienza di consolazioni e desolazioni, e per esperienza di discernimento dei vari spiriti” [176].
Ricorrere e insegnare a ricorrere al discernimento, con competenza e saggezza, è servizio di primaria importanza, che, salvo meliori iudicio, anche la
FIES è chiamata a prestare alla Chiesa di oggi.
Di primaria importanza:
• per la soluzione di non poche difficoltà di ordine spirituale, non solo personale, ma anche apostolico e pastorale (mi riferisco a quelle regole del
discernimento che trattano del modo di agire degli spiriti in noi, ma anche
nel gruppo, nelle associazioni, nei conventi, nel presbiterio…);
• per la costruzione del Regno di Dio, nel migliore e nel più sicuro dei modi: perché discernere significa “cercare e trovare la volontà divina
nell’organizzare” non soltanto la “propria vita”, ma anche (mi riferisco al
17
2007.
Lettera di approvazione degli Statuti, indirizzata al nostro Cardinale Presidente, il 1° giugno
discernimento comunitario) la vita di una comunità, di una parrocchia, di
un ufficio, di una curia…
Sempre che si siano verificate le condizioni poste da Paolo, riprese e applicate da Ignazio, al punto che, come abbiamo cercato di dimostrare, le affermazioni di Rm 12,1-2 fanno gli EE: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi [prima tappa] rinnovando la vostra mente [seconda, terza
e quarta tappa], per poter discernere18 la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui
gradito e perfetto”.
È il senso della preghiera che troviamo a conclusione degli EE nella meditazione-ponte tra questi e la vita di ogni giorno, una preghiera che è un’epiclesi a
tutti gli effetti: si offre la libertà, la memoria, l’intelligenza e la volontà, tutto ciò
che si ha e si possiede; “tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà;
dammi il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta”.
Di tutto disponi: di tutto, non senza la mia collaborazione, per sintonizzarmi
con te e, quindi, cercare e trovare, discernere, quello che è di tuo gusto.
Dammi il tuo amore: perché, con la luce del tuo Spirito possa scegliere ciò
che a te gradito.
E la tua grazia: perché con il tuo aiuto possa offrirtelo a lunghezza di giornata e di vita.
18
Cfr. (diciamolo pure con i migliori autori) il carismatico sussidio delle regole del discernimento.
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TdS 179 Schiavone Sassone