IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
Marzo 2012 - n° 93
LE LETTERE DI AUGIAS
2386 - Quello sconto che segna la differenza
2387 - La Chiesa e il diritto alla cremazione
2388 - Diritti dei gay e il ritardo dell’Italia
ARTICOLI, INTERVISTE, COMUNICATI STAMPA
2389 - Infallibile? - di Walter Peruzzi
2390 - Procreazione assistita: legge bocciata già da 16 sentenze
2391 - Economia, egonomia, egemonia – di Franco Cassano
2392 - Abbadia Lariana: sì al testamento biologico
2393 - Lasciarsi morire: ora la chiesa comprende - di Mauro Favaro
2394 - In ricordo del giudice Guido Stanzani – di LiberaUscita
2395 - Questione morale ultimo atto -di Stefano Rodota’
2396 - Seneca: un’etica fondata sul primato della ragione - di Marco Rizzi
2397 - Il governo non può trascurare i diritti civili - di Laura Matteucci
2398 - Gesù e l'etica della speranza - di Marco Ansaldo
2399 - E’ indecente questo Vaticano off-shore - di Vittorio Malagutti
2400 – Battaglie di libertà: libro di Sergio Lariccia
2401 - L’integralismo e i colpi alla nuca – di Federico Orlando
2402 - Ma di quale Stato parla Bagnasco? di Carlo Troilo
2403 - La teologia della libertà: libro di Vito Mancuso - di Roberto Esposito
CREMAZIONE E DISPERSIONE DELLE CENERI
2404 - La Chiesa: si alla cremazione, no alla dispersione delle ceneri
2405 - La Chiesa apre alla cremazione. e poi? di Giampietro Sestini
OMOSESSUALITA’ E TESTAMENTO BIOLOGICO
2406 – I “valori” di Alfano e Giovanardi – comunicato di LiberaUscita
2407 - La Cassazione sulle coppie gay - la sentenza
2408 - L’anomalia italiana - di Natalia Aspesi
2409 - L’omosessualità - dialogo fra Carlo Maria Martini e Ignazio Marino
CIMITERO DEI FETI
2410 - Cimiteri dei feti: una ulteriore violenza alle donne
2411 - Donne PD contro Renzi per il cimitero dei feti - di Marco Gasperetti
2412 - Furio Colombo risponde a Valdo Spini sul cimitero dei feti
2413 - Italia: la laicità perduta – di Giampietro Sestini
OBIEZIONE DI (IN)COSCIENZA
2414 - Niente aborti al policlinico di Napoli: tutti i medici sono obiettori
2415 - Come cambia l’obiezione di coscienza - di Paolo Izzo
2416 - La mozione bipartisan a favore dell’obiezione di coscienza
2417 - Obiezione di (in)coscienza – comunicato stampa di LiberaUscita
2418 - La libertà e l’obiezione di coscienza - di Paolo Izzo
2419 - Tremate, Roccella e Binetti son tornate - di Cinzia Sciuto
CONCLUSIONE…
2420 - Richiesta intervento militare Nato contro il Vaticano – Ennio Montesi
DALL’ESTERO
2421 - Europa - LiberaUscita a sostegno della RtDE
2422 -.Olanda - Eutanasia a domicilio
2423 – Olanda - Suicidio assistito per anziani?
2424 - GB – L’uomo che vuole decidere come morire
PER SORRIDERE…
2425 - Le vignette di Maramotti – voleva lo stipendio ogni mese…
2426 - Le vignette di Virus – troviamo un accordo…
2427 - Le vignette di Gianfalco - obiezione anche per le mercerie
2386 - QUELLO SCONTO CHE SEGNA LA DIFFERENZA - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di sabato 3 marzo 2012
Egregio Augias, mio figlio frequenta una scuola dell’infanzia privata. Grazie a una
cooperativa di donne, impegnate e fantasiose, ha a disposizione uno spazio di circa 100
mq che condivide con altri 20 bambini, 2 maestre in compresenza e una terza maestra, di
inglese, che si aggiunge una volta a settimana. Un laboratorio pieno di cose misteriose,
appiccicose, colorate, lisce e ruvide, scricchiolanti o silenziose con le quali colorano e
costruiscono cose bellissime. Alla modica cifra di 280 euro mensili, oltre a tutto ciò, ha una
merenda mattutina a base di frutta fresca, pranzi cucinati benissimo. Fanno gite nel bosco,
al parco giochi e alla mostra di Chagall all’Ara Pacis. Con 8 euro in più al mese i bambini
seguono un corso di musica e con 12,50 euro in più al mese le maestre li accompagnano
e accudiscono alla piscina comunale per un corso di nuoto. Non hanno fini di lucro, a volte
neppure pareggiano spese ed entrate, pagano Irpef e altre tasse, non ricevono alcun
contributo dallo Stato, rilasciano sempre la ricevuta. Governo di tecnici, dove siete?
Perché solo le scuole cattoliche non a fini di lucro dovrebbero avere sconti? E gli altri?
Claudia Leoni — [email protected]
Risponde Corrado Augias
La spinosissima questione delle scuole paritarie, per lo più cattoliche, s’è chiusa con un
compromesso sospinto anche dall’incombente procedura d’infrazione europea per la quale
avremmo pagato a caro prezzo ogni ulteriore inerzia. Pare che la soluzione trovata
soddisfi la Commissione di Bruxelles. Anche se il provvedimento riguarda tutti gli enti noprofit, è chiaro che sono le scuole confessionali ad essersi tirate dietro il resto,
associazioni sportive comprese. Il criterio di base è che questi enti non devono fare utili; in
altri termini che ove risultasse un avanzo di gestione dev’essere reinvestito nell’ente
stesso. Nel caso delle scuole vuol dire in attività didattiche. Il criterio in verità non sembra
decisivo se si considera con quanta facilità i bilanci possano essere manipolati facendo
scomparire nelle pieghe eventuali utili. In parte però questo criterio è rafforzato da altri: le
scuole paritarie devono garantire l’accesso a tutti, devono applicare la contrattazione
collettiva agli insegnanti, accogliere alcuni disabili, insomma per essere considerate
paritarie devono avvicinarsi il più possibile a un vero servizio pubblico. Tanto più che resta
una differenza di fondo: le scuole dello Stato costano quasi niente; le private vogliono
essere-pagate mentre (fino a oggi) hanno pagato pochissimo gli insegnanti. Per di più il
loro insegnamento ha un’impronta confessionale che mal si concilia con la laicità dello
Stato.
Era il massimo che si potesse fare? Nelle condizioni date probabilmente sì. Resta il
rimpianto per scuole come quelle descritte dalla signora Leoni.
2387 - LA CHIESA E IL DIRITTO ALLA CREMAZIONE - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di giovedì 8 marzo 2012
Caro Augias, con la seconda edizione del libretto “Rito delle Esequie”, la Conferenza
episcopale italiana ha pronunciato un primo “in” per quanto riguarda la cremazione. Ora
essa non è più, ob torto collo, semplicemente tollerata come dopo il Concilio Vaticano Il (a
patto che fosse seguita da sepoltura ecclesiastica), ma ha, anche per la Chiesa italiana,
cittadinanza, pur sempre malvista, tra i modi di dare eterno riposo ai defunti. Resta la
duplice riserva purché non venga decisa “in odium fidei”, cioè per negare “la fede nella
risurrezione della carne”, e che le ceneri vengano sistemate in un cimitero o altro luogo
sacro e in nessun altro posto, meno che mai disperse nella natura.
Possibile che qualcuno creda davvero che l’Onnipotente possa avere, quel giorno,
qualche problema in più a far risorgere i morti secondo il tipo della loro sepoltura? Sarebbe
un bel guaio per quelli che esalavano l’anima sui roghi e nel fumo dei lager o finiscono
divorati dai pescicani o dissolti nell’acido.
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Marlis Ingenmey — [email protected] (*)
Risponde Corrado Augias
E’ storia antica questa della cremazione dei cadaveri. Accompagna da sempre le vicende
degli esseri umani soprattutto in certe aree del pianeta dove ha assunto carattere sacro.
Notissime per esempio le pire in India. Il cattolicesimo in questa materia ha ereditato
dall’ebraismo (Deuteronomio2l, 23) il divieto di cremare i cadaveri che dovrebbero quindi
essere inumati, cioè sepolti in terra. Fino a non molti anni fa la cremazione infatti era
proibita ed è stata ammessa solo in tempi piuttosto recenti anche se continua ad essere
vista con molta diffidenza per ragioni essenzialmente teologiche. Lo ha spiegato bene
monsignor Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato e presidente della Commissione
Episcopale per la liturgia, presentando poche settimane fa alla stampa il nuovo libro sul
Rito delle Esequie. Tra l’altro ha detto: «La Chiesa accetta la cremazione, se non è decisa
in odio alla fede, cioè per negare la risurrezione dei corpi proclamata nel Credo, ma non la
incoraggia».
Su queste materie è necessario ragionare con estrema delicatezza. La sepoltura dei
cadaveri o la loro incinerazione rituale è stato storicamente uno dei primi sintomi
dell’incivilimento, quando siamo passati dalla condizione ferma “Tutto stupore e ferocia”
(G. B. Vico) a quella umana. La forte diffidenza della Chiesa verso la dispersione delle
ceneri viene dal timore che il rito assuma un significato panteistico o naturalistico, il che
per una religione rivelata è chiaramente inammissibile. Per la cultura laica invece contano
soprattutto le intenzioni. Si può disprezzare un morto tra i fumi degli incensi e i cori
angelici, si può compiangerlo nel proprio cuore mentre se ne disperdono amorevolmente
le ceneri su una montagna o in un fiume che lui amava.
(*) – Marlis è socia di LiberaUscita
2388 - I DIRITTI DEI GAY E IL RITARDO DELL’ITALIA - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di martedì 20 marzo 2012
Caro Augias, non credo sia necessaria una sentenza, per quanto autorevole, per stabilire
un diritto inalienabile dei nostri concittadini gay. Non si capisce perché non debbano
godere dei nostri stessi diritti e piaceri della vita, e sposarsi tranquillamente come
facciamo "noi". Non mi meravigliano tanto le stolide ritrosie da destra, quanto i mille
distinguo e ipocrisie di casa nostra, dove ci si appiglia a motivazioni ridicole che nulla
hanno a che vedere con il sacrosanto diritto all'uguaglianza.
Quello che più mi addolora (ormai vicino ai 50), è vedere questo astio, questa mancanza
di sensibilità nei confronti di due persone che si vogliono bene, che si amano, che hanno
deciso di condividere i! tubo di dentifricio spremuto a metà, la tazzina lasciata sul
comodino, i cassetti disordinati, lo stare seduti accanto la sera a godere di un film stupido.
Insomma, i! gusto e la fortuna di condividere la vita fino a perdere i capelli, indossare la
dentiera, camminare mano nella mano ...
Alessandro Loppi - [email protected]
Risponde Corrado Augias
Già, perché succede? Perfino la Cassazione ha riconosciuto che le unioni gay sono in
linea di principio equiparabili a quelle etero. Mi ha scritto Cristina Cusumano: «La suprema
Corte sembra essere, anche in questo caso, ben più avanti di un Parlamento distante
anniluce dalle esigenze di un Paese disilluso». La coppia omosessuale, hanno stabilito i
giudici, "è titolare del diritto alla vita familiare". Si parla di alcuni riconoscimenti per una
coppia che conviva stabilmente e che diventa pertanto titolare "del diritto alla tutela
giurisdizionale di specifiche situazioni". La Corte ha anche dichiarato "superata la
concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile,
per così dire naturalistico, della stessa esistenza del matrimonio". In altre parole i giudici
sembrano aver voluto stimolare un Parlamento che appare ormai svuotato da ogni
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capacità d'iniziativa. Con questa sentenza si sono allineati al sentimento dominante non
solo in Europa e nel mondo ma nella stessa Italia. Infatti le stesse reazioni negative ne
hanno dovuto tener conto con un'insolita moderazione nei toni. Solo un vescovo ha avuto
il coraggio di dichiarare la sentenza «una ferita mortale alla Costituzione» dimenticando le
altre vere e gravi ferite alla Costituzione causate dalle ingerenze ecclesiastiche nella vita
del Paese. Prevedibili le critiche da parte di alcuni deputati integralisti cattolici. La verità è
che l'Italia ha un enorme ritardo nella tutela dei diritti individuali e non solo per i gay ma per
tutti quei cittadini che intendono condividere alcuni diritti e doveri senza per questo
contrarre un vero matrimonio.
Ovunque nel mondo è possibile, da noi no.
2389 - INFALLIBILE? - DI WALTER PERUZZI
da: www.cronachelaiche.it di martedì 28 febbraio 2012
L’infallibilità del papa rientra nelle verità di fede, benché si tratti di una delle più recenti. Fu
infatti fermamente voluta da Pio IX e proclamata, dopo aspre discussioni e fra molte
opposizioni, solo nel 1870, dal Concilio Vaticano I, ma con ovvio valore retroattivo. Esso
decretò: «Insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano
pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e
maestro di tutti i cristiani, definisce, in virtù della sua suprema autorità apostolica che una
dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ammessa da tutta la chiesa, gode, per
quell’assistenza divina che gli è stata promessa nella persona del beato Pietro, di quella
infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto fosse dotata la sua chiesa, allorché
definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi”.
L’elastico dell’infallibilità
Il papa si ritiene dunque infallibile sia per quanto riguarda i dogmi, sia per quanto riguarda
le norme morali anche se la formulazione è abbastanza elastica da permettere di far
rientrare o uscire questa o quella affermazione dal novero di quelle infallibili restando ad
esempio indeterminato quando il papa parli ex cathedra e quando no.
A rendere la formula ancor più elastica concorsero poi i successori di Pio IX, che in più
occasioni liquidarono con fastidio le obiezioni sentenziando in modo perentorio, come
Leone XIII: «quello che si deve credere e quello che si deve operare, appartiene per
diritto divino… alla Chiesa e al Sommo Pontefice. Per tali motivi il Pontefice deve poter
giudicare con la sua autorità quali siano le cose contenute nella parola di Dio, quali
dottrine sono ad esse conformi, e quali no. Allo stesso modo deve indicare ciò che è
onesto o turpe; ciò che si deve fare e cosa fuggire per raggiungere la salvezza; altrimenti
non sarebbe più il sicuro interprete della parola di Dio, né guida sicura all’uomo nell’agire»
(Sapientiae Christianae, 1890).
Ancora più arrogante e stizzito Pio X, per il quale «quando si ama il Papa, non si fanno
discussioni intorno a quello che esso dispone od esige, o fin dove debba giungere
l’obbedienza ed in quali cose si debba obbedire… non si limita il campo in cui Egli possa e
debba esercitare la sua autorità; non si antepone all’autorità del Papa quella di altre
persone per quanto dotte che dissentano dal Papa, le quali se sono dotte non sono sante,
perché chi è santo non può dissentire dal Papa» (Discorso agli iscritti dell’unione
cattolica,1912).
Ma, specie dopo il Concilio Vaticano II, l’elastico funzionò anche nel senso di limitare e
ridurre i pronunciamenti sicuramente infallibili – specie nel tentativo di fronteggiare le
smentite provenienti dalla storia, cioè i numerosi “errori” commessi dagli “infallibili”. I
teologi cattolici in particolare, nota il teologo dissidente Hans Küng nel suo saggio su
L’infallibilità, si sono industriati a «arginare la messa in questione dell’infallibilità con una
ricetta in fondo abbastanza semplice: o l’errore non sussisteva affatto, oppure – quando
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alla fine non si era più in grado di contestare, reinterpretare, minimizzare e sfumare – non
c’era stata una decisione infallibile».
Anche la Chiesa è infallibile
Va poi ricordato che se a far discutere è soprattutto l’infallibilità personale del papa,
secondo la dottrina cattolica è infallibile anche la Chiesa nel suo insieme. Essa, come
afferma il Catechismo romano del Concilio di Trento, «appunto perché governata dallo
Spirito Santo non può errare nell’insegnamento della fede e dei costumi» (§ 115). E il
Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 ribadisce: «Cristo, che è la verità, ha voluto
rendere la sua Chiesa partecipe della propria infallibilità» (§ 889). Oltre che nel Romano
Pontefice «L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel Corpo episcopale, quando
questo esercita il supremo Magistero col Successore di Pietro, soprattutto in un Concilio
Ecumenico» (§ 891).
Le smentite della storia
Ma i papi e la Chiesa si sono poi dimostrati davvero infallibili? In realtà non sembra, dato
che la Chiesa ha cambiato molte dottrine importanti.
Qualche esempio, in materia di norme morali: ieri legittimava la schiavitù e oggi la
condanna; fino a Pio XII affermava che la donna deve essere subordinata all’uomo e oggi
almeno verbalmente ammette la parità (fuorché nell’accesso al sacerdozio…); la libertà di
coscienza, oggi difesa da Benedetto XVI, fu condannata in forma solenne come “delirio”
da Gregorio XVI e Pio IX; uccidere in nome di Dio è ritenuto un grave peccato da
Benedetto XVI mentre era un dovere, premiato con la remissione dei peccati, per Urbano
II, Innocenzo III, Gregorio IX, Pio V e tanti altri papi.
La Chiesa ha cambiato idea anche su questioni di fede: Pelagio fu condannato nel 391 per
avere sostenuto che i bambini si salvano anche senza battesimo e il Concilio di Trento
lanciò contro tale posizione l’anatema. Oggi una commissione approvata da Benedetto
XVI afferma che si può sperare, con «solide basi teologiche», che vadano in Paradiso.
Altri dogmi, come quelli sulla verginità e l’immacolata concezione, sono contestati da preti
e laici cattolici. E la Chiesa tace su questo dissenso ma scomunica per gli stessi motivi
teologi più famosi (come Tissa Balasurya).
Per non dire di papa Onorio che professò la dottrina monofisita (secondo cui in Cristo v’è
una sola natura e non due) poi condannata dal III Concilio ecumenico di Costantinopoli
del 680-81, che lo dichiarò eretico. O “l’infallibile” Adriano VI che nel 1523 dichiarò che il
papa può «errare, persino in materia di fede» e che «molti pontefici romani …erano
eretici».
E potremmo continuare.
2390 - PROCREAZIONE ASSISTITA: LEGGE BOCCIATA GIÀ’ DA 16 SENTENZE
da: Aduc Salute n° 9/2012
Quattro volte in tutto la legge 40 è finita sui banchi della Corte Costituzionale (nel 2005,
due volte nel 2009 e una nel 2010).
Se si considerano anche i ricorsi per altre parti della legge come quelli per ottenere la
possibilità di congelamento degli embrioni, la diagnosi preimpianto e il limite di utilizzo di
tre embrioni per ciclo di fecondazione, sono complessivamente 16 le volte che i giudici
hanno ordinato l'esecuzione delle tecniche di fecondazione secondo i principi
Costituzionali affermando i diritti delle coppie e non secondo la legge 40. Attualmente è
attesa l'udienza in Corte Costituzionale per tre procedimenti e la corte dovrà valutare la
costituzionalità del divieto di eterologa.
Questi i precedenti.
- 2004 - Il tribunale di Cagliari sentenzia che non c'è differenza tra gravidanza ottenuta con
Pma e gravidanza naturale se sussistono i presupposti per accedere alla 194 la donna
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può abortire. Una donna a causa dell'obbligo contemporaneo di impiantare tutti gli
embrioni prodotti aveva avuto un gravidanza trigemina. Il giudice ha permesso l'aborto.
- 2005 - Il 16 luglio un giudice del tribunale di Cagliari aveva sollevato questione di
legittimità costituzionale dell'articolo 13. Ad una donna portatrice sana di beta-talassemia
era stata negata la possibilità della diagnosi preimpianto. Il 9 novembre 2006, la Corte
Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso perché formulato in modo
contraddittorio, ma senza entrare nel merito.
- 2007 - Una sentenza del Tribunale di Cagliari ha riconosciuto che la diagnosi preimpianto
è consentita.
A dicembre anche il tribunale di Firenze ha confermato la decisione di Cagliari per un altra
coppia, consentendo l'indagine preimpianto.
- 2008 - Il 23 gennaio il Tar del Lazio, oltre ad annullare le linee guida per l'applicazione
della legge per 'eccesso di potere' nella parte in cui vietavano le indagini cliniche sull'
embrione, ha sollevato la questione di costituzionalità delle norme (articolo 14, commi 2 e
3) che prevedono la possibilità di produrre un numero di embrioni non superiore a tre e
l'obbligo del contemporaneo impianto.
Il 26 agosto del 2008 il tribunale di Firenze per due procedimenti diversi ha sollevato
nuove questioni di costituzionalità sul limite della creazione di soli tre embrioni. Inoltre il
giudice ha formulato anche una proposta per ampliare la possibilità di congelare gli
embrioni in più.
- 2009 - La Consulta ha accolto la prima parte delle osservazioni con sentenza 151 del
primo aprile, quanto alla seconda parte è stata introdotta una deroga al divieto di
crioconservazione degli ovuli.
- 2010 - Il 13 gennaio il giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, ha autorizzato,
per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice
di una grave malattia ereditaria, l'Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1. Seguono decisioni in
tal senso presso i tribunali di Firenze, Bologna e Salerno per altre coppie. In tutti questi
casi il giudice consente anche le indagini preimpianto sull'embrione e il trasferimento in
utero dei soli embrioni sani. Il 6 ottobre la prima sezione del Tribunale civile di Firenze ha
sollevato il dubbio di costituzionalità sul divieto delle coppie sterili di accedere alla
fecondazione eterologa, con ovuli o seme donati da persone esterne alla coppia. Il 22
ottobre il tribunale di Catania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla
parte della legge 40 che vieta la fecondazione eterologa, quella con seme o ovuli che
arrivano da donatori esteri. Nel novembre dello stesso anno anche il tribunale di Milano ha
conferma il dubbio di legittimità costituzionale sul divieto di eterologa sollevato al Tribunale
di Firenze.
2391 - ECONOMIA, EGONOMIA, EGEMONIA – DI FRANCO CASSANO (*)
da: la Repubblica di giovedì 1 marzo 2012
Tutto è iniziato quando le conquiste degli anni Sessanta (diritti del lavoro, consumi di
massa ed espansione dello stato sociale) hanno incrinato il compromesso tra capitalismo
e democrazia nato in Occidente dopo la Seconda guerra mondiale. Lo stato nazionale,
divenuto democratico, si rivela pericolosamente esposto alle pressioni provenienti dal
basso: la massima ”un uomo - un voto” ha una grammatica ugualitaria difficilmente
compatibile con gli imperativi della redditività e del profitto. La controffensiva capitalistica
che parte negli anni Settanta segue quindi una strategia nuova: essa non cerca lo scontro
frontale, ma svuota la politica, ne ridimensiona drasticamente la sfera.
I flussi del capitale finanziario si sottraggono sempre più al controllo degli stati nazionali e,
liberi da ogni vincolo, moltiplicano a dismisura la propria forza. La politica invece rimane
ancorata alla vecchia casa dello stato nazionale, costretta a fronteggiare, con budget
sempre più ridotti e contestati, le pressioni che vengono dai cittadini. Nel nuovo quadro
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dell’economia globalizzata il suo compito principale non è più quello di dirigere, ma di
garantire un certo grado di coesione sociale; essa non può più coltivare disegni ambiziosi,
ma solo rattoppare e tamponare. E’ allora che la politica e i suoi interpreti iniziano a
perdere autorità e qualità: le loro “disinvolture” etiche, che le ideologie avevano permesso
di riscattare e trasfigurare, non possono più nascondersi sotto la gonna di una grande
giustificazione. E questa politica degradata e improduttiva appare al senso comune
sempre più solo come lo strumento attraverso cui una “casta” custodisce la propria autoriproduzione. E’ una sorta di delitto perfetto: la decadenza della politica, che nasce
soprattutto dal fatto che il grande capitale l’ha abbandonata al suo destino, viene
tranquillamente imputata all’insaziabile appetito dei suoi protagonisti, mentre il potere vero
gode della massima libertà di movimento e di tutte le franchigie.
Ma sarebbe profondamente sbagliato limitarsi ad osservare solo ciò che avviene nei piani
alti della società, il conflitto tra le élites. Se la. controffensiva liberista fosse rimasta nelle
stanze del nuovo potere non sarebbe riuscita ad affermarsi, come poi è successo, e si
sarebbe trovata di fronte ad una massa immensa di nemici. Invece essa ha sbaragliato
l’avversario perché si è rivelata capace di produrre una forte e capillare egemonia. La
grande narrazione che essa propone sa parlare anche al popolo, perché ha messo al
centro dell’immaginario il tema dell’affermazione individuale, del successo: per realizzare i
nostri sogni non abbiamo bisogno degli altri, ma solo di una grande fiducia in noi stessi. Il
legame con gli altri può solo bloccarci, mentre, se saremo compiutamente individui, un
intero mondo è a disposizione. Non è un caso che proprio negli anni Settanta questo mito
conquisti il centro della scena: Rocky Balboa e Tony Manero sono i protagonisti di due film
famosi, due favole popolari sul tema del successo e della redenzione individuale. Stallone
e Travolta (testimonial perfetti in quanto figli di immigrati) diventano delle star perché i loro
film parlano di eroi che provengono dai piani bassi della società. E anche se è vero che
solo “uno su mille ce la fa”, sono in mille a sognare di farcela specialmente quando le altre
vie non sembrano praticabili. E’ questa irruzione dell’individuo a completare dal basso quel
ridimensionamento della politica a cui il grande capitale aveva dato inizio dall’alto. “La
società non esiste, esistono solo gli individui”, diceva la Thatcher, e l’unica mediazione
possibile tra individui soli di fronte al proprio destino, è quella del mercato. Il primato del
mercato tiene insieme i capitali senza confini e i sogni degli individui. E una società
siffatta, che non vede più contraddizioni sociali, ma solo successi o sconfitte individuali,
non sembra aver più bisogno della politica. Dal Quarto Stato di Pel lizza da Volpedo siamo
passati alle solitudini di Hopper. I progetti e il cuore degli uomini sono trasmigrati fuori
della politica. A quest’ultima spetta solo il compito dii garantire la libertà di movimento degli
individui e delle merci, e un grado minimo di ordine pubblico. La società civile non è più il
luogo di formazione delle domande collettive, ma la trama degli interessi privati, non è
l’agorà ma il mercato.
Ma dopo tre decenni di egemonia incontrastata questa cura fondata sulla libertà dei
capitali e dell’individuo inizia a mostrare la corda. La nostra società è attraversata da
lacerazioni e disuguaglianze crescenti prodotte in gran parte dai giochi spericolati del
capitale finanziario. Ma l’egemonia liberista inizia a logorarsi anche ai piani bassi, perché
la carta dell’individualismo non riesce più a reggere il peso che le è stato scaricato
addosso, a risalire il piano inclinato delle disuguaglianze crescenti. Certo, essa riesce
ancora a tenere gli uomini lontani gli uni dagli altri, a impedire che riconoscano ciò che
hanno in comune, ma remunera sempre di meno. Né sarà l’ideologia debole e ambigua
della meritocrazia a riassestare l’edificio. Certo, essa può lubrificare i canali della mobilità
sociale, ma si tratta di ben poca cosa se tanto commosso rigore serve solo a cooptare i
migliori nelle aree più forti, mentre lascia cadere via con l’altra mano tutto il resto,le Grecie
del mondo. Ma sono proprio le Grecie a smascherare il gioco, che si gioca solo fino a
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quando giova ai più forti. Se si avrà la forza di non lasciarle sole, potrebbero diventare
l’inizio di un’altra storia.
Dal canto suo l’individuo, costretto a vivere in una costante precarietà ed incertezza, ha
iniziato a sospettare di non essere più quello che ce la fa, ma uno dei
novecentonovantanove. Anche per questo ogni tanto una politica diffusa sembra
riaffacciansi nella società: per macchie, per ondate che, pur disperdendosi, mostrano che
le crepe dell’edificio in cui abitiamo si stanno allargando, anche se l’orchestra ha l’ordine di
continuare a suonare. Eppure queste tensioni rifluiscono troppo spesso su se stesse, non
riescono a decollare ed espandersi, a costruire una cornice teorica e pratica stabile per la
politica, un nuovo paradigma di riferimento. E qui si torna a quanto si è detto all’inizio: fino
a quando la politica si confronterà con le tensioni sociali rimanendo priva di ogni peso sulle
grandi decisioni, non riuscirà a produrre soluzioni e finirà per avvitarsi nella spirale dello
screditamento.
Se vuole ripartire la politica democratica deve far capire a tutti qual è il punto decisivo:
essa deve tornare ad avere potere, costruire meccanismi di controllo sui movimenti del
capitale finanziario, porre fine alla latitanza di quest’ultimo rispetto alle sofferenze di quel
pianeta in cui si aggira come un uccello predatore. Essa deve mutare il proprio rapporto di
forza con l’economia, ricostruire un rapporto equilibrato tra capitalismo, e democrazia, tra
consumatori e cittadini, tra libertà ed uguaglianza, tra il presente e il futuro. Si tratta di un
passo tutt’altro che semplice: un paradigma in declino, si sa, continua ad avere influenza e
ad essere popolare mentre quello in gestazione è visibile solo a pochi, che è facile
scambiare per visionari. Ma la direzione di marcia è tracciata perché l’irresponsabilità del
capitale finanziario è diventata indecente e la timidezza con cui essa viene affrontata dai
governi del mondo è sempre meno accettabile. Ciò che appare innegabile è che confidare
nella politica senza porre il problema del suo ricongiungimento con il potere è tempo
gettato aria. Chi esita e ha paura ricorda quella poesia di Brecht in cui gli abitanti di una
casa in fiamme, invece di uscire si attardano a chiedere a Buddha che tempo fa fuori, se
piove o tira vento. A costoro, risponde Buddha, non abbiamo niente da dire.
(*) Franco Cassano è docente di Sociologia della conoscenza nell’Università di Bari.
2392 - ABBADIA LARIANA: SÌ AL TESTAMENTO BIOLOGICO
da: il Giornale di Lecco di lunedì 5 marzo 2012
Abbadia Lariana - Il testamento biologico è stato approvato. L'incontro di martedì sera
sulla delicata tematica è stato molto partecipato e al cospetto di una sala al gran completo
hanno esposto le proprie argomentazioni monsignor Angelo Riva e Mauro Piazza.
«I due relatori hanno illustrato molto bene le problematiche che possono nascere con
1'adozione del testamento biologico da parte dell'Amministrazione comunale - ha
commentato il capogruppo di minoranza Mattia Micheli Entrambi hanno convenuto che
attualmente c'è un vulnus legislativo che ha permesso il crearsi di casi come quello
discusso di Eluana Englaro. Ciò su cui la sala era d'accordo è che adottare il cosiddetto
testamento biologico in Comune non ha molto senso se non per la valenza politica e
culturale che ha per alcuni. E' molto difficile, infatti, individuare gli ambiti di applicazione di
una dichiarazione anticipata di trattamento e soprattutto rischia di essere sorpassato dalla
legge che attualmente è in approvazione in Parlamento. Personalmente sono contrario a
questi tipi di dichiarazioni anticipate di trattamento».
Al contrario di Micheli, però, l'Amministrazione comunale ha approvato la richiesta con
l'astensione del sindaco Cristina Bartesaghi e di due consiglieri. (bbv)
2393 - LASCIARSI MORIRE: ORA LA CHIESA COMPRENDE - DI MAURO FAVARO
da: il Gazzettino di Treviso – lunedì 5 marzo 2012
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Possibile che un malato di cancro in fase terminale chieda ai medici e agli infermieri di
lasciarlo morire di fame e di sete? E, soprattutto, possibile che l'equipe medica scelga di
assecondare una richiesta del genere? All'indomani della rivelazione della decisione choc
di Antonio, 70enne che qualche tempo fa ha detto al personale dell'hospice "Casa dei
gelsi" di voler attendere la morte a letto senza più mangiare e bere, preghiera assecondata
dai sanitari, la discussione sul fine vita torna ad accendersi.
«A un certo punto se ci si lascia andare si segue solamente quella che è una legge
naturale: confesso che se fossi stato io nei panni dei medici non l'avrei mai costretto a
mangiare e a bere - rivela don Aldo Danieli, parroco di Paderno di Ponzano da sempre in
prima linea sulle questioni morali ed etiche - perché bisogna dare vita ai giorni e non
limitarsi a dare dei giorni alla vita, aspetto che è valido anche quando si parla di
accanimento terapeutico e che non va certo fuori dalle indicazioni date dalla Chiesa».
Quando una malattia terribile come un tumore fa scattare il conto alla rovescia, insomma,
la persona che sta soffrendo, ma che è ancora lucida, ha il diritto di lasciarsi spegnere. Ed
è esattamente quello che ha fatto Antonio. «A un certo punto ci ha detto di non voler più
mangiare e bere - ha raccontato la presidente dell'Advar, Anna Mancini, alla fine del
convegno sul testamento biologico organizzato venerdì sera
all'Eden - era lucido e si è disteso a letto dove ha aspettato, immobile, la morte». Nessuno
poteva fermarlo.
«Non si può certamente costringere una persona lucida a mangiare e bere - ha precisato
Umberto Gasparotto, presidente del comitato di Bioetica dell'Usl 9 - ma non è un suicidio,
perché si arriva a un momento in cui è l'organismo stesso a rifiutare acqua e cibo».
Don Aldo Danieli, invece, è ancora più diretto. «Leggo questa difficile decisione come il
suicidio di una persona che non ha più veri spazi di libertà - conclude il sacerdote - è un
dolore che va guardato con rispetto e senza dare giudizi».
Commento. E’ vero che “ora la Chiesa comprende”? E’ facile comprendere chi, capace di
intendere e di volere, decide di non mangiare e bere e di lasciarsi morire, in quanto
l’alternativa sarebbe quella, assurda e inumana, di immobilizzarlo e ingozzarlo, visto che
potrebbe strapparsi i vari sondini per l’alimentazione forzata. Il problema è un altro: la
Chiesa comprende (e rispetta) anche coloro che essendo capaci di intendere e di volere,
in previsione di non esserlo più in futuro, dichiarano e sottoscrivono la loro volontà di non
essere più alimentati? Non solo: la Chiesa comprende anche coloro che, capaci di
intendere e di volere, vorrebbero finire la loro esistenza in modo rapido e indolore senza
affrontare i dolori della fame e della sete? La vera risposta della Chiesa è un’altra: no, non
comprendo.
2394 - IN RICORDO DEL GIUDICE GUIDO STANZANI – DI LIBERAUSCITA
Comunicato stampa di LiberaUscita di martedì 6 marzo 2012
L'Associazione LiberaUscita per il diritto di morire con dignità esprime il più profondo
cordoglio per la morte del giudice Guido Stanzani, dal 2001 al 2009 Magistrato presso il
Tribunale di Modena, Giudice Tutelare, presidente della seconda sezione civile.
E' con estrema gratitudine che ne ricordiamo l'opera meritoria e l'alta figura morale. Primo
in Italia ha utilizzato, la civilissima Legge Cendon del 2004 che istituisce la figura
dell'Amministratore di Sostegno, per tutelare la volontà della Signora Vincenza Santoro
Galano che ammalata di Sla, ormai terminale, non voleva essere posta in respirazione
artificiale. Grazie al Decreto del Giudice Stanzani il Sig. Galano nominato Amministratore
per la moglie, negò ai sanitari l'autorizzazione alla tracheostomia. La Signora morì,
serenamente, come aveva chiesto, pochi giorni dopo.
Grazie a Lui, apri-pista in Italia, decine di modenesi, sostenuti dalla nostra Associazione,
hanno potuto ottenere la nomina di un proprio Amministratore di Sostegno per le cure,
oggi per domani, in previsione di una possibile incapacità d'intendere e di volere o
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semplicemente di comunicare, quello che è stato definito il “testamento biologico per
decreto”. Non v'è dubbio che il Giudice Guido Stanzani ha regalato a Modena, con la sua
opera, un primato di civiltà in Italia. E' con commozione profonda che Lo ricordiamo e Lo
ringraziamo!!!
Maria Laura Cattinari - Presidente Ass. Libera Uscita
2395 - QUESTIONE MORALE ULTIMO ATTO - DI STEFANO RODOTA’
da: la Repubblica di lunedì 12 marzo 2012
Lo stillicidio delle informazioni sui fatti di corruzione, quasi un quotidiano bollettino di
guerra, rende sempre più insopportabile l'attesa di qualche nuova norma che consenta di
opporsi in modo un po' più efficace ad un fenomeno dilagante.
Le cronache confermano che la corruzione è ormai una struttura della società italiana, è
penetrata ovunque, come testimonia la presenza tra i corrotti di politici e amministratori,
imprenditori e primari medici, poliziotti e vigili urbani.
Ogni ritardo del Parlamento diventa un aiuto a questo nuovo ceto sociale. E proprio la
"disattenzione" politica spiega perché, a vent'anni da Mani pulite e dalle speranze allora
suscitate, la corruzione sia divenuta sempre più diffusa.
Ricordiamo quel che disse il cardinale Tettamanzi, lasciando la diocesi di Milano: "Gli anni
della cosiddetta Tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla, visto che
purtroppo la questione morale è sempre d'attualità". Ma vi è un documento recentissimo
che descrive con spudoratezza una condizione della politica. È la memoria difensiva di un
politico calabrese accusato di rapporti con ambienti criminali, dov'è scritto: "La mentalità
elettoralistico-clientelare è diventata cultura, costume e inevitabilmente anche modo di
governare" e quindi, per il politico che "vive ed opera in questo difficilissimo ambiente,
mettersi a disposizione è quasi d'obbligo, senza grandi possibilità di crearsi una difesa che
lo garantisca da immorali e infedeli strumentalizzazioni. Il mettersi a disposizione è
condizione quali fisiologica dell'attività politica svolta in Calabria, con la conseguenza di
affidarsi supinamente alla lealtà dell'interlocutore". Questa richiesta di una "assoluzione
sociologica" riguarda i rapporti con ambienti criminali, ma descrive una più generale regola
di comportamento dove il "mettersi a disposizione" s'intreccia con le pratiche corruttive alle
quali, peraltro, proprio i poteri criminali ricorrono sempre più ampiamente. Siamo oltre il
"mostruoso connubio" tra politica e amministrazione denunciato nell'Ottocento da Silvio
Spaventa. Conosciamo altri connubi: tra politica e affari, tra politica e criminalità, che tutti
insieme hanno provocato un connubio obbligato tra politica e malapolitica, con
quest'ultima che corrode l'intera società. Proprio per questo è necessario guardare alla
dimensione politica, pur sapendo, ovviamente, che non è soltanto questa ad essere il
luogo della corruzione e che i politici corrotti sono una minoranza. Ma quando la
corruzione si insedia nel ceto politico, e da questo non è adeguatamente contrastata, essa
finisce con l'assumere una particolare natura, diventa fatto istituzionale, modo di governo
della cosa pubblica. Proprio per questo è grandissima la responsabilità dei politici onesti,
che non possono chiamarsi fuori in nome della loro personale integrità, poiché hanno
l'obbligo di ricostruire le condizioni anche istituzionali per il ritorno dell'etica pubblica.
Finora non è avvenuto. Si è ceduto al patriottismo di partito, si sono cercate misere
scorciatoie, si sono coltivate illusioni politico-istituzionali. Spicca, tra queste ultime, la tesi
secondo la quale la corruzione era figlia di un sistema bloccato sì che, una volta approdati
ad una democrazia dell'alternanza, la corruzione si sarebbe automaticamente ridotta. Non
è andata così. L'alternanza tra diverse forze politiche nel governo centrale e in quelli locali
ha coinciso con l'espansione della corruzione. Questa, da modalità di esercizio del potere,
si è fatta potere essa stessa, ha prodotto le sue istituzioni, le sue reti formali e informali, le
sue aree di influenza, una sua economia. Non più fenomeno selvaggio, ma forte e
autonomo potere corruttivo.
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Non lo scopriamo oggi, nessun politico può invocare l'attenuante della mancanza di
informazione. Da anni in Italia sono state prodotte eccellenti ricerche sul tema, sono state
fatte proposte dettagliate. Se questa buona cultura è rimasta senza echi, è perché era
stata imboccata una diversa via istituzionale. Discutendo delle differenze tra il tempo di
Mani pulite e il tempo nostro, bisogna ricordare le diverse linee istituzionali che proprio in
Tangentopoli trovarono il loro spartiacque. Per anni la politica difese le pratiche corruttive
senza toccare sostanzialmente il sistema generale delle regole, alle quali ci si sottraeva
attraverso una robusta rete di protezione. Si negava la messa in stato d'accusa di ministri
(unica eccezione il caso Lockheed, ma questa falla fu prontamente chiusa). Si negavano
le autorizzazioni a procedere contro i parlamentari sospetti di corruzione. Si portavano
inchieste scottanti nel "porto delle nebbie" della Procura di Roma, che provvedeva ad
insabbiarle. Si rifiutava di prendere atto di clamorose responsabilità politiche, con
l'argomento che qualsiasi sanzione poteva scattare solo dopo una definitiva sentenza di
condanna (e così si allontanava nel tempo ogni iniziativa). Questa rete si smaglia con
l'arrivo delle inchieste del febbraio 1992. Si cancella una immunità parlamentare di cui si
era abusato. La magistratura, che aveva assicurato protezione, ritrova il suo ruolo di
garante della legalità. Questo provoca sconcerto, e per qualche tempo si spera che un
tempo nuovo sia davvero cominciato. Ma le vecchie resistenze erano tutt'altro che
sconfitte, come subito dimostrarono le difficoltà nel riformare la legge sugli appalti.
Una nuova strategia era alle porte, e trovò nel berlusconismo il clima propizio. Una diversa
rete di protezione è stata costruita, cambiando le stesse regole di base. È storia nota,
quella delle leggi sulla prescrizione e sul falso in bilancio, delle norme sulla Protezione
civile. Il mutamento è radicale. L'intero sistema istituzionale viene configurato come
"contenitore" della corruzione.
Di fronte a questa reale emergenza è pura ipocrisia rifiutare interventi immediati dicendo
che si tratta di materia estranea al programma di governo e che nuove norme sulla
corruzione devono far parte di un più largo "pacchetto" di riforme della giustizia.
La questione morale, evocata dal cardinale Tettamanzi e che richiama l'intuizione
lungimirante di Enrico Berlinguer, è tema ineludibile della politica di oggi.
Ma non è solo affare di leggi. Bisogna tornare alla responsabilità politica, rifiutando la
scappatoia del "non è un comportamento penalmente rilevante". L'etica pubblica non ha il
suo fondamento solo nel codice penale. Lo dice bene l'articolo 54 della Costituzione,
affermando che le funzioni pubbliche devono essere adempiute con "onore" e "disciplina".
Questo significa che, anche se verranno nuove norme, la partita non è chiusa. Oltre le
leggi vi è la ricostruzione della moralità pubblica, il dovere della politica d'essere
inflessibile con se stessa, se vuole riconquistare la fiducia dei cittadini. Una domanda, per
intenderci. Le frequentazioni mafiose possono essere considerate penalmente non
rilevanti e consentire a Dell'Utri l'assoluzione. Ma sono compatibili con l'onore e la
disciplina richiesti dalla Costituzione? Per i candidati alle future elezioni dovrebbe essere
obbligatoria la lettura del Viaggio elettorale raccontato da Francesco De Sanctis nel 1875,
che così parlava ai cittadini: "Avete intorno al mio nome inalberata la bandiera della
moralità. Siate benedetti!".
2396 - SENECA: UN’ETICA FONDATA SUL PRIMATO DELLA RAGIONE - DI M. RIZZI
Corriere della Sera mercoledì 14 marzo 2012
Più di chiunque altro, Seneca illustra la grandezza e il fallimento della filosofia antica. Nato
qualche anno prima di Cristo a Cordova, in Spagna, da una famiglia di elevata condizione
sociale, ricevette un'educazione completa e raffinata, sia in campo retorico e letterario, sia
filosofico. Stabilitosi a Roma, potendo contare sulla fitta rete di relazioni della famiglia, si
avviò alla carriera politica nella corte di Caligola prima, e di Claudio poi. Da quest'ultimo
Seneca venne condannato all'esilio in Corsica, per motivi che restano in gran parte oscuri
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(l'accusa di avere intrattenuto una relazione adulterina appare strumentale); solo nel 49
dopo Cristo fu richiamato a Roma, grazie alla nuova moglie di Claudio, Agrippina, che gli
affidò l'educazione del figlio ed erede al trono, Nerone. Seneca rimase al suo fianco
durante i primi anni di regno, dal 54 al 62, quando le divergenze tra i due si fecero
insanabili; ritiratosi a vita privata, nel 65 Seneca fu costretto al suicidio dall'imperatore, che
l'accusava di aver congiurato ai suoi danni. Grazie alla penna di Tacito, il racconto della
sua morte è divenuto una delle pagine più celebri della letteratura latina, consacrando la
fama di Seneca quale perfetto filosofo, impassibile di fronte a ogni avversità, come egli
stesso aveva teorizzato nel trattato su La fermezza del saggio.
La fede assoluta nella capacità della ragione di indirizzare l'agire dell'uomo è alla base
dell'opera di Seneca, come pure di tutta la filosofia antica. Se lo sforzo dei primi pensatori
greci era stato quello di indagare la realtà del mondo fisico, da Socrate ad Aristotele era
divenuto centrale il problema politico di individuare e costruire la migliore forma di
convivenza tra gli uomini; il fallimento dei loro tentativi aveva portato al ripiegamento della
filosofia ellenistica nella dimensione individuale dell'etica, alla ricerca della felicità possibile
per il singolo. Nell'opera senecana si intrecciano tutte queste tematiche, attorno alla
frattura segnata dallo scacco subito, ancora una volta, nel tentativo di affiancare il sovrano
per realizzare il miglior governo; tale compito è ancora affidato al sapiente nel saggio su
La tranquillità dell'animo, mentre La vita ritirata segna il definitivo congedo di Seneca dalla
scena pubblica e il ritorno a indagini di tipo fisico con le Questioni naturali e di etica
individuale con le Lettere morali a Lucilio.
Nel rapporto epistolare assistiamo al dipanarsi di una vera e propria direzione spirituale,
mirata alla formazione intellettuale e morale dell'amico, cui Seneca raccomanda letture e
riflessioni, suggerisce comportamenti e scelte, impartisce consigli e ammonimenti. Tutto,
nell'etica senecana, ruota attorno al ruolo egemonico della ragione e delle sue capacità
cognitive, che mettono in grado l'uomo di desumere dalla struttura della realtà in cui vive i
precetti generali per agire in conformità al principio razionale immanente, il logos, che
governa l'intero universo. L'individuo deve semplicemente seguire il proprio logos, riflesso
di quello cosmico; l'errore etico costituisce la conseguenza di un deficit di conoscenza.
Seguendo le indicazioni della ragione, è possibile mantenere il giusto equilibrio tra le
diverse pulsioni dell'animo e conservare la propria stabilità, interiore ed esteriore, nel
mutare delle circostanze. L'impassibilità e la serenità del sapiente non determinano però
indifferenza e distacco verso gli altri, bensì una controllata solidarietà, lontana da ogni
eccesso. Tuttavia, in Seneca emerge anche un lato più inquieto e contraddittorio, che in
parte lo distanzia dalla tradizione stoica cui si rifà nei trattati filosofici; le sue tragedie
rappresentano ciò che accade quando la ragione perde il controllo e il furor ne prende il
posto: la passione travolge ogni limite disposto dal logos, ma i protagonisti, come Fedra,
ne appaiono del tutto consapevoli.
Per il rigore morale che ne ispira gli scritti, Seneca ha affascinato i primi scrittori cristiani,
da Tertulliano a Lattanzio ad Agostino, sino all'epistolario apocrifo tra Paolo e Seneca
approntato nel IV secolo. Tuttavia, un punto decisivo li distingue; nella visione stoica, tutto
quanto accade risponde a un impersonale disegno provvidenziale, cui l'uomo non può in
alcun modo sottrarsi: secondo una celebre formula delle Lettere a Lucilio, «ducunt
volentem fata, nolentem trahunt» («il destino guida chi lo asseconda, travolge chi si
oppone»). Rifiutando ogni determinismo, il cristianesimo riconoscerà nell'agire etico il ruolo
della ragione, ma soprattutto della libertà.
2397-IL GOVERNO NON PUÒ TRASCURARE I DIRITTI CIVILI -DI LAURA MATTEUCCI
da: l’Unità di martedì 20 marzo 2012
«L'attacco o la non tutela dei diritti civili è il primo passo per l'offensiva ai diritti sociali, per
rendere negoziabili alcune delle conquiste del Novecento, come sta accadendo oggi con
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la discussione sull'articolo 18. L'Italia rispetto al resto d'Europa continua a vivere una
condizione di inciviltà: anche i diritti basilari, direi naturali, stentano a venire riconosciuti».
Strade percorribili per uscirne?
«Diritti degli omosessuali, ricerca sulle cellule staminali, fecondazione assistita e
testamento biologico: credo che su questi temi il governo Monti prima dello scadere del
mandato un segnale lo dovrebbe dare. Appena si chiuderà la partita sulla trattativa lavoro,
chiederò un incontro al ministro Fornero, che ha la delega alle Pari opportunità».
Parla Ettore Martinelli, responsabile Diritti civili per il Pd, a una settimana da due segnali
importanti sul tema: il rapporto approvato dal Parlamento europeo, col quale è stato
chiarito che i governi dei Paesi membri non devono dare «definizioni restrittive di famiglia»
e negare diritti agli omosessuali e ai loro figli, e la sentenza della Cassazione per la quale
una coppia di fatto, nell'impossibilità legislativa a contrarre matrimonio in Italia, ha diritto a
vivere la propria condizione con pari diritti rispetto alle coppie etero.
Una sentenza che ha reso evidente una volta di più il vuoto legislativo italiano, a fronte di
normative codificate nel resto d'Europa. A che punto sono i lavori del Parlamento?
«Ci sono disegni di legge già depositati, il cui obiettivo è equiparare diritti e doveri delle
coppie omosessuali a quelli delle coppie etero. In questo senso, i registri delle unioni civili
nati in molte città (l'ultimo è di Napoli, Milano ci sta lavorando, ndr) sono un passaggio di
sensibilizzazione, e possono funzionare da spinta per la politica nazionale. Il problema è
che questo come altri temi relativi ai diritti civili sono stati derubricati dall'attività politica,
perché si ritiene che un governo tecnico nato in un momento d'emergenza si debba
occupare solo d'altro. Ma i diritti non sono una questione marginale, non si può restare
fermi, quando peraltro tutto il resto d'Europa è molto più avanti di noi. Sull'Italia già
gravano sanzioni Ue per il trattamento dei profughi, potremmo dover pagare questo vuoto
legislativo anche sotto il profilo economico».
L'altro giorno un'altra aggressione omofoba, in un locale fuori Varese.
«In questi casi rileva che il Parlamento abbia bocciato in sede giuridica l'aggravante della
motivazione omofoba nelle aggressioni. Scontiamo anche questo tipo di arretratezza.
Qual è la posizione del Pd, il punto di sintesi che tenga conto anche della sua anima
cattolica?
«La discussione non è sul matrimonio (come aveva chiarito Rosy Bindi l'altro giorno, ndr):
il Pd lavora ad un programma che, con qualsiasi alleanza elettorale, preveda un istituto
giuridico che equipari coppie omosessuali ed etero quanto a diritti e doveri, andando oltre i
Dico, e trattando punti quali la reversibilità della pensione, la possibilità di richiedere
alloggi popolari, il diritto all'assistenza in ospedale al compagno malato. Quanto all'anima
cattolica, un invito: guardiamo tutti di più alla Chiesa e meno alle gerarchie ecclesiastiche.
Ricordando che alcuni leader Dc degli anni 70 erano molto più avanti di quanto sia oggi la
politica».
2398- GESU’ E L'ETICA DELLA SPERANZA - DI MARCO ANSALDO
da: la Repubblica di giovedì 22 marzo 2012
Quanto resta oggi degli insegnamenti di Gesù? Della sua indignazione, della sua carità,
del sacrificio. E dov'è, nel mondo, la comprensione, l'amicizia? Ma soprattutto dov'è più
l'uomo?
Domande pesanti come macigni che propone un libro denso e forte e che fanno
riferimento anche al caso italiano, con le tante storture della giustizia, dell'inefficienza,
delle oscurità a livello istituzionale.
Un alto prelato e uno scrittore attento ai temi della religione si sono messi in cammino
portando questi interrogativi. E lo hanno fatto a Gerusalemme, città intrisa di fedi diverse (i
cui abitanti, diceva Arthur Koestler, l' autore di Buio a mezzogiorno, «sono intossicati dalla
religione«), in un pellegrinaggio ragionato nei luoghi della Passione.
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Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, consigliere principe della Comunità di Sant'Egidio e da
sempre impegnato in un' attività diplomatica tesa alla conquista della pace, e Franco
Scaglia, camoglino, dunque uomo di mare e autore di romanzi fortunati, hanno scelto di
dialogare nella sola città al mondo dove la spiritualità è in movimento continuo. Un luogo
mèta di pellegrini e di grandi scrittori, da Chateaubriand a Disraeli, da Gogol a Flaubert, da
Melville a Mark Twain.
E in questo Cercando Gesù, sottotitolo "In un mondo sempre più confuso siamo ancora
capaci di amore?" (Piemme), continuazione ideale del loro precedente In cerca dell'anima,
vincitore del Premio Hemingway, hanno insieme tentato un' esplorazione della figura del
profeta di Nazaret, ancorandola alla necessità di una nuova alleanza conl'uomo.
Ma se i due autori nel loro primo lavoro illustravano il rischio di una paralisi, dell'inerzia
morale e spirituale del mondo (e soprattutto dell'Italia), qui cambiano passo. E
Gerusalemme, emblema delle divisioni fra gli uomini, diventa il centro del loro colloquio,
«in una realtà contemporanea - spiega Scaglia usando parole dure - che ci colpisce per la
sua inerzia e ingiustizia, e sempre per la sua sordità». La scelta di Gerusalemme, città in
guerra con sé stessa, non è casuale. Averla sotto i piedi, percorrerla, accarezzarne le
pietre, significa misurarsi ogni giorno con la memoria del passato. E dunque la domanda
su Gesù, dice Paglia, «è centrale anche per l'uomo contemporaneo. C'è una dimensione
che comunque inquieta o interroga oltre la semplice fenomenologia storica». Un'altezza
morale che il vescovo in più passi ricorda di aver affrontato in un dialogo con Eugenio
Scalfari.
In questo contesto, l'artificio di far ripercorrere da Gesù la Via Dolorosa partendo dalla fine,
dal Golgota, diviene il tentativo di passare per tutte le "vie dolorose" di oggi, perché solo
attraversandole è possibile progettare un futuro migliore. E il pellegrinaggio prosegue,
stazione per stazione, non senza aver analizzato però le ultime sette frasi pronunciate da
Gesù sulla croce. Parole che possono essere reinterpretate nell'attualità: dalle rivolte dei
Paesi arabi, al come conciliare etica e affari. Folgoranti diventano così le pagine che
descrivono la corona di spine posta sul capo di Gesù, paragonata al filo spinato che
ancora oggi, nonostante il progresso e la tecnologia sempre più avanzata, resiste nella
sua brutale efficacia a segnare «le frontiere e i campi di battaglia». E poderosa è
l'immagine di Gesù di spalle. Dove quel che conta non è il volto, ma la figura appunto, le
spalle che sorreggono la sofferenza e il riscatto del mondo.
Paglia e Scaglia tentano una visione del futuro per uno sviluppo che non sia meramente
economico. E nelle radici del Cristianesimo individuano la forza di un coinvolgimento
offerto a tutti gli uomini di «buona volontà». Così, nella parte ultima, scritta a quattro mani,
avanzano proposte concrete. Individuando tre parole d'ordine: integrità del Creato,
perdono, gratuità.
Può soccorrere, sostengono, l'immagine dell'Arca di Noè, posta a simbolo della nuova
Alleanza di Dio con l'uomo. E sotto quell'immagine scorre un elenco di idee concrete, per
«prepararsi alle sfide che la vita ci presenta» e «sopportare il dolore e le avversità senza
lamentarsi». All' esempio italiano sono dedicate righe amare, eppure ricche di speranza:
«In un paese in cui !'inerzia sembra bloccare gli animi, è urgente avere un sogno che
scaldi i cuori, che apra le mani, che muova in maniera collettiva verso un nuovo futuro.
Solo una nuova visione può sciogliere il nodo profondo della crisi odierna».
Ma l'etica da sola non basta. Norberto Bobbio è arrivato a sostenere, per la sopravvivenza
della democrazia, l'indispensabilità della religione. E dall'alto del suo magistero il cardinale
Martini ha intimato che «un uomo non si cambia a forza di prescrizioni etiche!». L'uomo
oggi soffre per mancanza di visione. Invaso da troppe luci, è tentato di chiudersi in sé
stesso. Perché il futuro non si realizza solo con la scienza. C'è bisogno di profondità, e di
mettere insieme le tante diversità con il fine di un destino unico.
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2399 E’ INDECENTE QUESTO VATICANO OFF-SHORE - DI VITTORIO MALAGUTTI
da: il Fatto di giovedì 22 marzo 2012
Lo Ior? “E che vuole che dica? Certo, è indecente. È indecente il Vaticano off shore. È
indecente il comportamento della Chiesa quando pretende che la sua banca sfugga alle
leggi che valgono per tutti gli altri”. Marco Vitale, economista e consulente di grandi
aziende, non ha mai sfoggiato gran doti di diplomatico. E come cattolico (ci tiene a
precisarlo) nonché studioso delle encicliche sociali della Chiesa, non può proprio fare a
meno di prendere di petto anche la questione dello Ior.
Il Fatto ieri ha rivelato che l’indagine della Procura di Roma sulla banca vaticana per
violazione delle norme anti-riciclaggio, è approdata in Germania, alla sede di Francoforte
dell’istituto americano Jp Morgan, crocevia di molte operazioni targate Ior.
Dopo tante promesse di trasparenza sembra che il Vaticano sia tornato all’antico,
collaudato metodo del muro di gomma. È d’accordo?
Non posso e non voglio entrare nel merito di un’indagine così complessa. Da osservatore
provo un grande dolore nel vedere la mia Chiesa che si comporta in modo così diverso da
quanto va predicando. La trasparenza assoluta nella gestione bancaria è un obbligo pe
tutti gli operatori. A maggior ragione per un istituto di credito che di fatto fa capo al Papa.
Le disavventure del passato non hanno insegnato niente, quindi?
Guardi, da Sindona a Calvi lo Ior ha commesso il tragico errore di aprire le sue banche ai
peggiori malfattori. Per venire a tempi più recenti anche Calisto Tanzi della Parmalat era
portato in palmo di mano dal Vaticano. Questa gente porta denaro, fa grandi favori. Come
dimenticare Tanzi che metteva a disposizione il suo aereo ad alcuni alti prelati? In
passato, purtroppo lo stile era questo .
Forse gli uomini di Chiesa, non proprio ferrati in materia finanziaria, cadono più facilmente
nelle trappole di questi truffatori.
Non credo. I cardinali capiscono benissimo come vanno queste cose. Solo che alcuni non
riescono a opporsi e si rassegnano, soffrono in silenzio. Altri invece approfittano della
situazione, con tutti i vantaggi personali che ne conseguono.
Abbiamo capito: lei vede nero. Ma concretamente lo Stato italiano che cosa potrebbe fare,
come dovrebbe intervenire, a parte ovviamente perseguire i presunti reati legati al
riciclaggio?
Lo Stato dovrebbe prendere una posizione molto più incisiva.
In concreto?
Prima di tutto si potrebbe cominciare rivedendo le norme del concordato che riguardano in
generale la materia finanziaria, norme che per molti aspetti io trovo semplicemente
scandalose.
Si riferisce all’8 per mille?
Certo. La legge prevede il trasferimento alla Chiesa di fondi ingentissimi che provengono
dalle tasche di milioni di italiani. Il problema è che non ci sono controlli sufficienti su come
questi soldi vengono effettivamente spesi.
Mi scusi, chi dovrebbe controllare che cosa?
Un nuovo accordo con il Vaticano dovrebbe mettere a disposizione dello Stato italiano
maggiori strumenti per verificare l’impiego dei fondi provenienti dalle tasse. Vanno alle
parrocchie e ai preti sempre più in difficoltà? Oppure vanno altrove? Su un tema come
questo non bastano più le dichiarazioni di principio di parte vaticana. Lo Stato dovrebbe
controllare di più e meglio. Lo dico da cattolico.
2400- BATTAGLIE DI LIBERTA’: LIBRO DI SERGIO LARICCIA
Su iniziativa della Fondazione Lelio e Lisli Basso, martedì 27 marzo si è svolta
un'interessante discussione sul libro di Sergio Lariccia "Battaglie di libertà. Democrazia e
diritti civili in Italia". Ne hanno parlato, alla presenza dell'autore, Piero Bellini, Giovanni
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Palombarini ed il ns. socio onorario Stefano Rodotà. Fra i vari interventi, anche quello del
sottoscritto in rappresentanza di LiberaUscita. Il libro, pubblicato nel 2011 da Carocci
editore, "ripercorre le vicende che hanno riguardato il riconoscimento dei diritti,
l'adempimento di compiti e doveri e l'esercizio di poteri pubblici, privati, civili e religiosi, con
una valutazione strettamente collegata ai principi di dialogo, uguaglianza, libertà e
solidarietà: valori e obiettivi per i quali anche nel nostro paese, come in molte altre parti del
mondo, si sono combattute negli ultimi decenni intense e appassionate battaglie di
impegno civico e democratico". Ne riportiamo qui sotto l'incipit:
"Buongiorno, sono il signore che paga il biglietto del tram. La volontaria che assiste gli
anziani soli. Il cittadino che paga le tasse. La signora che chiede per favore. Il pensionato
che fa la coda negli uffici. La dirigente che sa ascoltare. Il medico che non guarda
l'orologio. L'artigiano che non bara sui conti. Lo studente che non crede alle lotterie. lo non
sgomito. Non appaio. Non cerco scorciatoie. Non mi arrendo. Lavoro a volte anche per gli
altri. Mi fermo sulle strisce. Non getto mozziconi sulle strade. Aspetto il mio turno per
parlare. Non parcheggio sul marciapiede e neanche in seconda fila. Faccio il mio dovere.
Studio, perché penso sia importante per vincere i concorsi. Vado a votare e non al mare.
Mando i miei figli alla scuola pubblica. Non penso a veline o tronisti. A volte inseguo le mie
passioni. Lettere dal Paese dei Nessuno, dall'Italia dei cittadini dimenticati che scrivono ai
giornali per avere una speranza (G. Schiavi, La lotta delle formiche. Disagi e speranze nel
Paese dei nessuno. Quell'Italia che fa ancora il proprio dovere, in "Corriere della Sera",
135, 18 luglio 2010, p. 29)".
Fra i tanti temi sui diritti civili affrontati dal prof. Lariccia nel suo libro non poteva mancare
quello del fine vita e del testamento biologico.In proposito, al capitolo "I registri delle biocard" (pag. 198) si ricorda l'iniziativa di LiberaUscita per l'istituzione del primo registro
italiano dei biotestamenti, realizzato dal X Municipio di Roma grazie all'impegno del
Presidente Sandro Medici e della delegata ai servizi sociali Mina Welby, poi divenuta ns.
socia onoraria.
2401 - L’INTEGRALISMO E I COLPI ALLA NUCA – DI FEDERICO ORLANDO
Cara Europa, eccoci all'ennesima prodezza dell'integralismo.
In Francia, l'ex parà francese d'origine marocchina, con criminalità nazista alla Kappler,
uccide e finisce a colpi alla nuca tre ragazzini ebrei a Tolosa e il loro padre rabbino e
insegnante.
In America, l'avanzata di Rick Santorum - ahinoi, italo americano - nelle primarie del partito
repubblicano.
A Firenze la decisione del comune di istituire un cimitero per feti e residui abortivi, come
da tempo chiedono senza successo in tutti Italia i confratelli del parà franco-marocchino e
di Santorum, nella loro battaglia contro la legge sull'aborto legale (quanto a quello illegale,
cioè praticato e che si praticava fuori in libera clandestinità, non gliene frega niente:
l'essere sta nel parare, diceva qualcuno, e questi confratelli sono coerenti). Ma mi
meraviglio di Renzi, che è un cattolico moderno.
Alma Sgaravati, Firenze
Risponde Federico Orlando
Cara signora, non mi riferisco a Renzi, ma la modernità non esclude mitologie, anticaglie e
provocazioni. Spesso i regimi ideologici sono stati tecnicamente avanguardisti: pensi ai
voli transcontinentali di intere squadriglie inaugurati dal fascismo, alle V1 o V2 di Hitler, al
primo sputnik nello spazio dell'Unione Sovietica, allo sviluppo economico della Cina che,
quanto a colpi alla nuca, non se ne fa mancare e poi mette la spesa a carico delle famiglie
dei giustiziati. Eccetera.
Come meravigliarci se alla presidenza degli Stati Uniti, che tutti giudichiamo la più forte
democrazia dell'Occidente, concorre un signore come Santorum (peraltro credo in calo)
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che può perrnettersi di dire agli elettori che la sua candidatura alla Casa Bianca è
«espressa volontà di Dio»? Piuttosto dovremmo meravigliarci che i diretti rappresentanti di
Dio, come si proclamano i preti, glielo consentano, e forse lo incoraggino visto che anche
oltreatlantico ci sono problemi come divorzio, aborto, ricerca scientifica, darwinismo (!),
scuole e sanità "laiche", di cui i preti di tutte le religioni (o quasi) farebbero volentieri piazza
pulita.
Pensi alle polemiche scoppiate nei giorni scorsi in Italia per i cosiddetti matrimoni gay,
celebrati in Europa e omologati in Italia dalla corte di cassazione 'con grande frastuono di
fondamentalisti, santoriani, vescovi, stampa cattolica (non tutta). La tolleranza, proclamata
da secoli di cultura laica, e poco frequentata da molti degli stessi laici, è una conquista di
là da venire: non si può decidere con legge, come si trattasse di dare i voti per i senatori ai
diciottenni e domani, chissà, il Quirinale ai ventunenni.
L’unica cosa che possiamo fare per conquistare nuovi spazi alla contemporaneità, è
rifiutare - e in questo sono d'accordo perfino con Sandro Bondi, che ne ha scritto di
recente - non solo l’alternativa fra tutto stato o tutto individuo, ma anche gli esclusivismi
del tipo "fede o razionalità".
Se c'è chi riesce a conciliarli, mi sembra vada incoraggiato: guardi, per esempio, al
tentativo del vescovo di Terni monsignor Paglia che in questi giorni proclama, con un suo
libro, l’ineluttabilità di una fratellanza universale, fondata sull'etica cristiana e aiutata dal
globalismo. Non credo che in quanto globalizzati riusciremo ad affratellarci, e per di più in
un'etica religiosa specifica. Ma ogni discorso che tenda a superare le divisioni va
incoraggiato. Così come vanno additati, ridicolizzati, condannati, repressi - secondo i casi i tentativi di integralismo violento, subdolo, o addirittura omicida, che sono privilegio non
esclusivo degli islamici: dai quali, in nome dell'accoglienza, ci siamo lasciati invadere e, in
nome della democrazia, rischiamo anche di farci schiacciare in casa nostra.
I partiti politici fuggono davanti a questi problemi, non prendono posizione. I cittadini sono
soli. Non per questo dobbiamo rinunciare a batterci perché i partiti possano migliorare la
propria natura e facciano la loro parte. A cominciare dall'interdire la Casa Bianca a invasati
come Santorum, sostenuto da invasati peggiori di lui; e dal vietare i nostri paesi a
intolleranze pseudoreligiose che cedono alla religione della violenza; o anche
semplicemente chiamare "matrimoni" le unioni che, in quanto tali, vanno rispettate e
aiutate, non ribattezzate con nomi di altre culture.
2402 - MA DI QUALE STATO PARLA BAGNASCO? DI CARLO TROILO
da: [email protected] di mercoledì 28 marzo 2012
“Una ennesima, inaccettabile interferenza del Cardinale Bagnasco nella politica italiana”:
così Carlo Troilo, autore del libro Liberi di morire. Una fine dignitosa nel Paese dei diritti
negati, edito da Rubbettino e disponibile sia in libreria che in formato ebook, dirigente della
Associazione Luca Coscioni, definisce le dichiarazioni del presidente della CEI, che ha
preso spunto dal dibattito sull’articolo 18 per ribadire le tesi del Vaticano sui “valori non
negoziabili”.
Bagnasco – dichiara Troilo – non prende nemmeno spunto, come in passate occasioni, da
una qualche polemica in corso. Attacca a freddo, chiedendosi "quale tranquillità può
garantire uno Stato che permette l'aborto, l'eutanasia, il suicidio assistito". Non si capisce
di quale Stato parli, visto che da noi eutanasia e suicidio assistito sono temi che il
Parlamento si è ben guardato dall’affrontare, benché sia noto a tutti che in Italia ogni anno
duemila malati terminali si suicidano o tentano di farlo, mentre una ricerca della Università
Cattolica ci dice che oltre il 60% dei malati terminali sono clandestinamente aiutati a
morire dai medici.
Bagnasco – conclude Troilo - condanna "le tesi scientifiche internazionali che chiedono la
sospensione di nutrizione e idratazione" per i pazienti in stato vegetativo permanente.
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"Siamo all'inaccettabile rovesciamento - dice il Cardinale - di quanto in Italia prevede il
disegno di legge che, approvato alla Camera, attende l'auspicabile sì del Senato". Così il
Vaticano, nel momento in cui il governo Monti è costretto a navigare per la salvezza
dell’Italia fra pericolosi scogli dell’economia e del lavoro, non esita a gettare un macigno
sulla sua strada e chiede di approvare definitivamente la legge del centro destra,
incostituzionale e inumana, sul testamento biologico: una legge che ancor di più ci
allontanerebbe dai paesi europei, compresi i grandi paesi cattolici, che sulle scelte di fine
vita hanno da anni leggi avanzate che non hanno portato a nessuna delle “derive
eutanasiche” perennemente paventate dalle gerarchie ecclesiastiche”
2403 - LA TEOLOGIA DELLA LIBERTÀ: LIBRO DI VITO MANCUSO - DI R. ESPOSITO
da: la Repubblica di venerdì 30 marzo 2012
C´è qualcosa, nell´ultimo libro di Vito Mancuso - edito da Fazi col titolo Obbedienza e
libertà. Critica e rinnovamento della coscienza cristiana - che va anche al di là delle sue
tesi originali ed ardite. Si tratta di una forza emotiva, di un´energia viva, che coinvolge il
lettore in una sfida cui risulta difficile sottrarsi. La posta in gioco è alta e decisiva per una
tradizione, come la nostra, radicata nel dialogo critico con il cristianesimo. E ciò anche a
prescindere dal punto di vista religioso, laico o perfino ateo, dell´interlocutore. Nessuna di
queste posizioni assume senso, d´altra parte, fuori dal rapporto, affermativo o negativo,
con la questione di Dio. Più precisamente, con la relazione tra Cristo e la verità. Ma,
perché essa diventi davvero la nostra questione - perché in essa ne vada della vita e della
morte di ciascuno di noi, credenti o meno - bisogna che venga formulata nella sua
modalità più radicale, a rischio di spezzare il guscio protettivo in cui tutti noi, cristiani e
laici, custodiamo le nostre certezze. È questo l´obiettivo che da tempo Mancuso ha
assegnato alla propria ricerca teologica, congiungendo il più inteso impegno spirituale alla
massima libertà teoretica, secondo l´esigente richiesta di Giacomo (2, 12) «Parlate e agite
come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà».
L´elemento su cui va concentrata l´attenzione, in questa teologia della libertà, è proprio il
nesso costitutivo tra parola ed azione. Un pensiero, non misurato alla prova dell´azione
concreta, si ripiega su se stesso e si spegne. Ma anche un´azione che perda il rapporto
con il pensiero è destinata a smarrire il proprio senso. È appunto quanto accade oggi alla
Chiesa cattolica che, certo presente nella società dal punto di vista delle opere, appare
sempre più incerta ed esitante su quello dei principî. Perché? si chiede Mancuso. Cosa,
quale peso gravoso, sembra trattenere la Chiesa di Roma sempre al di qua di se stessa,
chiudendola alla comprensione del mondo che la circonda e così sottraendola alla propria
missione evangelica? La risposta, netta fino all´asprezza, dell´autore è che si tratta del
timore di confrontarsi con quella parte di sé, del suo passato ma anche del suo presente,
che la trascina in basso, portandola a preferire alla parola di Cristo quella dei suoi
persecutori, a rinnegarlo e a rinchiuderlo in una cella come fa il Grande Inquisitore di
Dostoevskij.
Del resto la figura sinistra che compare ne I Fratelli Karamazov non è un´invenzione
fantastica dello scrittore russo, se quel concentrato di superstizione e di orrore, istituito da
Paolo III con il nome famigerato di Sacra Congregazione della Romana e Universale
Inquisizione, solo nel 1965, alla conclusione del Concilio vaticano II, è potuto diventare
l´odierna Congregazione della Dottrina della Fede. Ebbene, se il Cristianesimo non trova il
coraggio di tornare su questa vergognosa macchina del sangue, che ha mortificato,
tormentato, stritolato, letteralmente mandandola in cenere, l´intelligenza o la vita di un
numero impressionante di uomini straordinari, come Hus e Serveto, Bruno e Galileo, se
non fa questo passo decisivo nel proprio passato delirio di cui il papato stesso si è fatto
per secoli garante, non sarà capace di ritrovare quella forza necessaria a riformarsi nel
profondo. Non è solo questione di riparare torti, ormai irreparabili, rispetto a coloro che
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furono dichiarati eretici, ma di porre l´eresia al centro stesso della fede, come la linea di
fuoco nei confronti della quale solamente il cristianesimo può ancora sperimentare la
propria ispirazione e profondità. Solo se incorpora quella esigenza assoluta di verità -«La
verità è avanti tutte le cose, è con tutte le cose, è dopo tutte le cose», affermava Giordano
Bruno - scelta dagli eretici come propria ultima testimonianza, la fede potrà confrontarsi
senza complessi con un mondo che sembra metterla ai margini anche per la sua
mancanza di onestà intellettuale. Ma per conquistare questa estrema libertà interiore nella,
e anche contro, la dottrina ufficiale, per abbattere quel generale dispositivo
dell´obbedienza elevato da grandi e piccoli inquisitori, è necessaria una svolta senza
compromessi nella stessa concezione della verità, di cui la Chiesa si ritiene depositaria al
punto di aver voluto a lungo convertire ad essa, anche con la forza, coloro che la
negavano. Da un lato essa va pensata non contro, ma attraverso la contraddizione che
porta dentro, secondo la traduzione che una volta il cardinale Martini dette del motto Pro
veritate adversa diligere «essere contenti della contraddizione»; dall´altro va rimessa a
contatto diretto con la vita, dal momento che «il pensiero, quando è vero, è pensiero della
vita, e in ciò e perciò è pensiero di Dio» (Karl Barth). Non è la verità che può verificare la
vita, ma la vita che verifica, di volta in volta, la verità. La quale non va pensata come un
insieme di dottrine statiche e bloccate su se stesse, ma come un farsi dinamico che
risponde alle domande della contemporaneità.
Qui Mancuso si impegna in un vero corpo a corpo con il più grande antagonista moderno
del cristianesimo, vale a dire quel Nietzsche che appunto alla vita riconduceva la realtà del
pensiero. Ma con la differenza decisiva che mentre egli individuava nella potenza il
significato stesso della vita, Mancuso, in conformità con il messaggio di Cristo, lo pone nel
bene. Nulla come un passo di Simone Weil, vera fonte di ispirazione dell´autore, ne
illumina il senso, allorché ella scrive che su questa terra non c´è altra forza che la forza,
ma che anche la forza suprema deve sottostare a un limite cui la tradizione ha dato il
nome impersonale di giustizia.
Sul carattere "impersonale" della giustizia può farsi una riflessione, che segnala, se non un
punto cieco, un passaggio mancato, o almeno incompleto, del discorso di Mancuso. Si
tratta del lessico personalista che egli - peraltro in buona compagnia (si veda in proposito il
libro di Roberta De Monticelli La novità di ognuno. Persona e libertà, Garzanti) ï- adopera
nella sua intera opera, senza accorgersi che è stato proprio attraverso di esso che, dai
primi secoli cristiani, è stata elaborata quella teologia politica che pure contesta. Del resto
nella sua originale ricerca filosofica sul significato dell´anima, richiamando l´intelletto attivo
di cui parla Aristotele, Mancuso perviene a sfiorare la più eretica teoria di Averroé - altra
vittima dell´intransigenza religiosa, in quel caso islamica - di un´intelligenza separata e
impersonale. Solo in questo modo il bene può essere inteso come pura relazione che
riguarda tutti, anziché come prerogativa di un singolo individuo. Nel punto forse più ispirato
del suo libro, Mancuso scrive che la formulazione «In principio era il logos» può essere
intesa non solo come «In principio era l´azione» (Goethe), ma anche come «In principio
era la relazione» - l´essere in comune non ancora diviso, e discriminato, tra i vari soggetti
personali. Del resto questa era anche la tesi di quel Sigieri di Brabante, citato dall´autore
perché trucidato per le sue posizioni averroiste e posto invece nel Paradiso da Dante.
D´altra parte perché fu condannato Bruno, se non per aver negato il concetto di persona,
sia nell´uomo che in Dio, a favore del principio impersonale della vita infinita?
Non c´è modo migliore di congedarsi da un libro, alto e forte, come quello di Mancuso che
citando la sua autrice preferita: «Ciò che è sacro, ben lungi dall´essere la persona, è ciò
che, in un essere umano, è impersonale. Ognuno di quelli che sono penetrati nella sfera
dell´impersonale vi incontra una responsabilità verso tutti gli esseri umani. Quella di
proteggere in loro, non la persona, ma tutto ciò che la persona racchiude di fragili
possibilità di passaggio nell´impersonale» (Simone Weil, La persona e il sacro).
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2404 - LA CHIESA: SI ALLA CREMAZIONE, NO ALLA DISPERSIONE DELLE CENERI
da: la Repubblica di sabato 3 marzo 2012
ROMA — «La Chiesa accetta la cremazione, se non è decisa in odio alla fede, cioè per
negare la risurrezione dei corpi proclamata nel Credo, ma non la incoraggia». La
Conferenza episcopale italiana apre all’idea della cremazione dei defunti, ma resta
contraria allo spargimento delle ceneri. È quanto emerge dalla seconda edizione del libro
liturgico “Rito delle Esequie” presentata ieri che ha un’apposita appendice con le preghiere
“in caso di cremazione”.
Nel testo ci sono molte indicazioni sulla liturgia funebre, particolarmente importante è
l’affermazione che la cremazione si ritiene conclusa con la deposizione dell’urna nel
cimitero. Questo soprattutto per contrastare la prassi di spargere le ceneri in natura o di
conservarle in casa o in luoghi diversi dal cimitero, scelte che risultano inammissibili per la
Chiesa. «Tale prassi — sottolinea infatti il documento Cei — solleva non poche perplessità
sulla sua piena coerenza con la fede cristiana, soprattutto quando sottintende concezioni
panteistiche o naturalistiche».
La Chiesa comunque continua a ritenere la sepoltura del corpo dei defunti la forma più
idonea a «esprimere la fede nella risurrezione della carne e ad aumentare la pietà dei
fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre».
2405 - LA CHIESA APRE ALLA CREMAZIONE. E POI? - DI GIAMPIETRO SESTINI
Criticaliberale.it di lunedì 12 marzo 2012 ha pubblicato il seguente commento di
Giampietro Sestini al sopra riportato articolo della Repubblica sulla cremazione e la
dispersione delle ceneri.
In altre parole la cremazione non è più un peccato ed è accettata – meglio tardi che mai! dalla Chiesa Cattolica Romana. Resta comunque peccato per coloro che vi ricorrono “in
odio alla Chiesa”, i quali – peraltro – se ne strafregano delle conseguenti sanzioni.
Nulla dice la CEI sui credenti che, in numero crescente, sono convinti che la “risurrezione
della carne” non necessiti di una salma imputridita e per di più ritengono che la
dispersione delle ceneri rappresenti una forma civile di contribuire all’ecologia del pianeta
e alla vita delle future generazioni.
Ciò detto, la Chiesa è libera di considerare un “peccato” la dispersione delle ceneri, ma
non si azzarda a pretendere una legge dello Stato che la vieti, tramutandola in un “reato”.
Vorremmo soltanto che altrettanto facesse per la procreazione assistita, l’aborto, l’uso
degli antifecondativi, il divorzio, il testamento biologico e l’eutanasia, senza attendere che
il tempo la costringa a farlo.
2406 – CHI E’ CONTRO LA COSTITUZIONE - COMUNICATO DI LIBERAUSCITA
da: www.criticaliberale.it del 12 marzo 2012
Leggiamo su "la Repubblica" di domenica 11 marzo 2012 che il segretario PDL Angelino
Alfano alla convention di Orvieto ha dichiarato, fra l’altro, che la sinistra ”va all’attacco di
valori che noi difendiamo, come abbiamo fatto con il decreto su Eluana Englaro" e se
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andrà al Governo "farà quello che ha fatto in Spagna: il matrimonio tra uomini, le coppie di
fatto”.
Carlo Giovanardi si congratula con lui: "Alfano ha ricordato la necessità di sostenere i
principi costituzionali", vale a dire la "famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio tra uomo e donna".
Evidentemente siamo già in campagna elettorale per le prossime amministrative di
primavera, il cui esito influenzerà moltissimo le elezioni politiche del 2013. Ed allora riecco
slogan desueti e privi di fondamento, finalizzati a bucare la comunicazione e convincere la
Chiesa e gli elettori cattolici a votare per loro.
Nel merito delle dichiarazioni di Alfano e Giovanardi si ricorda che:
- Nessuno chiede la celebrazione di “matrimoni” fra omosessuali appellandosi all’art. 29
della Costituzione, bensì “Patti civili di convivenza” per riconoscere legalmente le unioni di
coloro che, volendosi bene, decidono di convivere e assistersi reciprocamente, anche nel
rispetto del principio costituzionale che “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale”;
- Se il “decreto su Eluana Englaro” cui si riferisce Alfano è la circolare emanata nel
novembre 2010 dai Ministri Fazio, Sacconi e Maroni nonché dalla sottosegretaria
Roccella, con cui si voleva vietare ai Comuni di autenticare e registrare le dichiarazioni
anticipate di volontà (testamenti biologici) sottoscritti dai cittadini, allora si tratta di un atto
CONTRO l’art. 32 della Costituzione (Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana), CONTRO l’art. 114 della
Costituzione (I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi
con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione) nonché
CONTRO il DPR n. 445/2000 che all’art. 76 ha istituito le “dichiarazioni sostitutive dell’atto
di notorietà”. Stupiscono, in particolare, i comportamenti di Ministri o deputati della Lega
(Maroni, Giovanardi) i quali quando si tratta di quattrini sono i primi a battersi per il
“federalismo” e le autonomie locali, e degli ex-socialisti (Sacconi) che evidentemente
hanno rinnegato la loro storia;
- Se invece il “decreto sul caso Eluana Englaro” si riferisce alla richiesta della Camera e
del Senato, approvata con i voti PDL, Lega e UDC, di sottoporre alla Corte Costituzionale
il “conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato” contro le sentenze della Cassazione e
della Corte d’Appello di Milano sul caso Englaro, si ricorda che tale richiesta è stata
respinta dalla suprema Corte nell’ottobre 2008 perché CONTRO la Costituzione;
- Chi “va all’attacco dei principi fondamentali” della Costituzione sono invece proprio
Alfano e Giovanardi, i quali dimenticano che la laicità dello Stato è un principio
fondamentale stabilito dall’art. 7 (Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio
ordine, indipendenti e sovrani) e ribadito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 203
del 1989. Tale principio, che ricalca “Libera Chiesa in Libero Stato” di cavourriana
memoria, significa che lo Stato e la Chiesa (o meglio, le Chiese, come specificato nel
successivo art. 8) si dotano di proprie norme indipendenti, ma significa anche che
ciascuna parte non può e non deve entrare nel merito delle regole altrui. Mentre tale
comportamento è rispettato dallo Stato, appunto perché laico, non è rispettato dalla
Chiesa cattolica romana, la quale continuamente indica ai cittadini quali leggi debbono
sostenere e quali no.
Anche se alla infallibilità del Papa ormai non crede più nessuno.
2407 - LA CASSAZIONE SULLE COPPIE GAY - LA SENTENZA
da: www.repubblica.it di venerdì 16 marzo 2012
Le coppie omosessuali, se con l'attuale legislazione "non possono far valere il diritto a
contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all'estero",
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tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di
coppia" con la possibilità, in presenza di "specifiche situazioni", di un "trattamento
omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata". Lo afferma la
Cassazione, in una sentenza depositata oggi.
Il verdetto è arrivato a conclusione di un iter giudiziario avviato da una coppia gay della
provincia di Roma che si era sposata all'Aja, in Olanda, e chiedeva la trascrizione dell'atto
di nozze in Italia. Richiesta che la prima sezione civile della Cassazione ha respinto,
stabilendo però che anche per le coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla
legge a qualsiasi coppia etero e pertanto "possono adire i giudici comuni per far valere, in
presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato
dalla legge alla coppia coniugata".
Il pronunciamento della Suprema corte viene definito storico dall'Arcigay. La sentenza,
sottolinea presidente nazionale Paolo Patanè, "ha segnato un altro importante passo
avanti sulla strada di una sempre più efficace protezione delle coppie omosessuali".
"Sono almeno tre i punti che - spiega - ci sembrano configurare un'autentica rivoluzione
copernicana. Da una parte la Corte afferma che le coppie omosessuali godono
pienamente di un 'diritto alla vita familiare', recependo quindi l'orientamento già espresso
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2010. In secondo luogo la Cassazione
riecheggia quasi testualmente la decisione già adottata dalla nostra Corte costituzionale
sempre nel 2010, riconoscendo alle persone omosessuali 'il diritto a vivere liberamente
una condizione di coppia' con la possibilità di ricorrere ai giudici 'a prescindere
dall'intervento del legislatore in materia’. Ma soprattutto - osserva Patanè - la Corte
formula importanti affermazioni di principio che sembrano smentire le posizioni
recentemente espresse da alcuni politici circa la natura necessariamente eterosessuale
del matrimonio".
Per il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo, "la sentenza di oggi è importantissima:
fa una fotografia della realtà delle coppie lesbiche e gay, stabilendo che anche per le
coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla legge a qualsiasi coppia
eterosessuale. Sono parole chiare e nette di fronte alle quali il Parlamento e il Governo
sono chiamati a dare una risposta".
Reazioni positive alla sentenza anche dal mondo politico. "Le coppie di fatto per la
Cassazione hanno diritto a un 'trattamento omogeneo alle coppie coniugate'. W la
Cassazione abbasso, su questo, Alfano", scrive su twitter il capogruppo di FLI alla
Camera, Benedetto Della Vedova. Massimo Donadi, presidente del gruppo IDV alla
Camera, si chiede come "è possibile che in questo paese, quando si parla di temi etici e di
diritti civili, la politica arrivi sempre in ritardo? E' accaduto nel recente passato con la
vicenda di Eluana Englaro. Stavolta, sul tema della coppie gay, è la Cassazione a
prendere atto dei cambiamenti sociali e ad esprimersi in base al diritto"
"Non posso che ringraziare la Cassazione per la sentenza emessa oggi perché, come la
coppia omosessuale che si è sposata all'Aja, anche a me e a mia moglie Ricarda è stata
rifiutata la registrazione del matrimonio dal Comune di Roma e avevamo già deciso di fare
esattamente quello che la Cassazione propone", dichiara Anna Paola Concia, deputata
del Partito democratico. Soddisfazione per il verdetto è espressa anche dal senatore Pd
Roberto Della Seta, componente della commissione straordinaria per i diritti umani.
"L'auspicio - afferma - è che ora questo principio di elementare buon senso trovi piena
applicazione nelle leggi". "Il nostro paese - continua - è uno dei più arretrati quanto a diritti
delle persone omosessuali, e questo alimenta e legittima persistenti atteggiamenti omofobi
e discriminatori, che talvolta non risparmiano anche esponenti politici".
Commento – Come avevamo scritto nel comunicato stampa di LiberaUscita (vedi sopra), il
riconoscimento dei diritti delle “coppie di fatto” è un corollario dei principi di libertà e di
laicità della Costituzione Italiana. Per tale riconoscimento non c’è stato bisogno che “la
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sinistra vada al potere”: è bastata una sentenza della Cassazione, la quale ha ripreso gli
orientamenti già espressi nel 2010 dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalla stessa
Corte Costituzionale italiana. Ma a Giovanardi non basta: a suo giudizio “la sentenza della
Cassazione è solo il parere di un qualsiasi cittadino”. Bel modo di “sostenere i principi
costituzionali” come aveva dichiarato! (GS)
2408 - L’ANOMALIA ITALIANA - DI NATALIA ASPESI
da: la Repubblica di sabato 17 marzo 2012
La Corte di Cassazione con una sua sentenza che qualche analfabeta di ritorno definirà
shock, e che invece è solo finalmente giusta, ha stabilito una cosa ovvia. Ci ha detto che
se in questo Paese, dove avvengono le massime trasgressioni ladrone non sempre
perseguite, due persone che si amano ma appartengono allo stesso genere (detto anche
sesso) non possono (per ora) sposarsi, hanno però i diritti di tutte le coppie diciamo
tradizionali, che in chiesa e municipio hanno potuto sposarsi per il solo fatto di essere un
uomo o una donna; il diritto di vivere liberamente la loro condizione di coppia, il diritto di
condurre una vita familiare come gli garba, il diritto di pretendere “un trattamento
omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Era ora!
Visto che nella famosa Europa dove tutti i cittadini di tutti i paesi dovrebbero godere più o
meno delle stesse leggi, noi siamo (o eravamo?) i soli fuori posto, fuori tempo, fuori realtà,
fuori civiltà, fuori giustizia e anche fuori legge e fuori morale umana, per quel che riguarda
la vita privata delle persone. Perché per il resto, se non si tratta di Giovanardi che ieri ha
perso la testa, del povero Alfano che qualche giorno fa parlava a vanvera di nozze gay
come della fine della civiltà, pochi altri peccatori incattiviti, più qualche scemo razzista, la
maggior parte degli italiani non ne può più di tutti questi tremebondi legislatori e di questi
monotoni prelati senza fede, e di anni e anni di su e giù sulle stesse posizioni polverose,
mentre il mondo va avanti e il nostro paese arretra anche su altri temi più fondamentali del
letto coniugale e di chi ha il diritto, legale, di occuparlo.
Ormai il nostro paese, come il mondo, è pieno di coppie cosiddette di fatto, e c’è da dire
che le più invidiate sono quelle gay, perché sono sempre meno litigiose di tante etero e
non potendo, per ora, far l’ errore di sposarsi, non gli viene neppure in mente di divorziare.
Ogni volta che in Italia si è tentato di formulare una legge (vade retro matrimonio!) che
consentisse come in Francia (e Svizzera e Germania) i cosiddetti Patti Civili di Solidarietà
(anche Saint Laurent lo aveva sottoscritto con il compagno Pierre Bergè), ne sono
successe di ogni colore, a destra come a sinistra, per non parlare dei pulpiti.
Insomma ogni tentativo di instaurare una legge simile a quella dell’Europa più timida (le
coppie omo si sposano persino in Spagna e Portogallo, in Inghilterra adottano bambini),
da noi è sempre caduta in un frastuono generale. Neanche i più convinti sostenitori dei
diritti omosessuali, per intelligenza e prudenza, hanno mai affrontato discussioni sull’
eventualità del matrimonio gay: ma la ridicola e violenta ipocrisia della destra peggiore e
della sinistra bigotta ha sempre chiamato “matrimonio” ogni proposta di una legge di
rispetto dei diritti civili delle omocoppie, satanizzandola.
Ancora più vergognosa, per falsità, è la predica, di nuovo da ieri in circolazione, con
probabili vaneggiamenti del segretario del PdL, che se due giovanotti cucinano insiemee
dormono nella stessa camera e vanno a trovare la mamma dell’ uno e dell’ altro, tutte e
due contentissime per quei cari affettuosi ragazzi che si vogliono così bene, le famiglie
“vere” si sfasciano. E non importa se queste unioni benedette da parroci e sindaci, e
anche da vescovi, sono composte da un marito che cornifica la moglie anche con
giovanotti, da una moglie che perde la casa giocando d’azzardo, e da figli presi
regolarmente a ceffoni o spinti a partecipare tutti dipinti a gare canore tivu.
La famiglia è la famiglia, si sa, anche le coltellate alla moglie (o al marito) fanno parte del
vero matrimonio. Fantastica la reazione del rustico Giovanardi, che se incazzato,
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straparlando manda scintille: per lui infatti, e qui ci si chiede come possa rappresentare
politicamente anche solo un paio di sfortunati etero, la sentenza della Cassazione è solo il
parere ovviamente sbagliato, di un qualsiasi cittadino. Certo, la Cassazione non fa leggi,
però è intervenuta con tutta la sua autorità nel vuoto codardo della nostra politica: il suo
parere conta moltissimo non solo nella giurisprudenza, ma anche nella vita di tutti. E’ un
gran bel giorno non solo per i gay, ma per chiunque creda che anche l’Italia non sia
esclusa dalla civiltà europea.
2409 - L’OMOSESSUALITÀ - DIALOGO FRA CARLO M. MARTINI E IGNAZIO MARINO
da: Corriere della Sera di venerdì 23 marzo 2012
Marino — A proposito dei cambiamenti sociali e culturali con cui ci confrontiamo in questa
nostra epoca, si pone naturalmente a questo punto anche la questione dell'omosessualità.
Mi sembra che l'ipotesi della possibilità di un distacco completo fra sessualità e
procreazione porti a interrogarci anche su questo punto.
Martini — Tenendo conto di tutto questo vorrei esprimere anche una mia valutazione sul
tema dell'omosessualità. È difficile parlarne con poche parole, perché oggi ha assunto
soprattutto in alcuni Paesi occidentali anche un rilievo pubblico e ha fatto sue quelle
suscettibilità che sono proprie dei gruppi minoritari, o che si credono tali, e che aspirano a
un riconoscimento sociale. Di qui si possono capire (non necessariamente approvare)
certe insistenze che in un primo momento potrebbero parere esagerate, penso per
esempio a manifestazioni come il Gay Pride, che riesco a giustificare solo per il fatto che
in questo particolare momento storico esiste per questo gruppo di persone il bisogno di
autoaffermazione, di mostrare a tutti la propria esistenza, anche a costo di apparire
eccessivamente provocatori. Personalmente ritengo che Dio ci ha creato uomo e donna e
che perciò la dottrina morale tradizionale conserva delle buone ragioni su questo punto.
Naturalmente sono pronto ad ammettere che in alcuni casi la buona fede, le esperienze
vissute, le abitudini contratte, l'inconscio e probabilmente anche una certa inclinazione
nativa possono spingere a scegliere per sé un tipo di vita con un partner dello stesso
sesso. Nel mondo attuale tale comportamento non può venire perciò né demonizzato né
ostracizzato. Sono pronto anche ad ammettere il valore di una amicizia duratura e fedele
tra due persone dello stesso sesso. L'amicizia è sempre stata tenuta in grande onore nel
mondo antico, forse più di oggi, anche se essa era per lo più intesa nell'ambito di quel
superamento della sfera puramente fisica di cui ho parlato sopra, per essere un'unione di
menti e di cuori. Se viene intesa anche come donazione sessuale, non può allora, mi
sembra, venire eretta a modello di vita come può esserlo una famiglia riuscita.
Quest'ultima ha una grande e incontestata utilità sociale. Altri modelli di vita non lo
possono essere alla stessa maniera e soprattutto non vanno esibiti in modo da offendere
le convinzioni di molti.
Marino — Non si può ignorare, tuttavia, che le unioni di fatto, comprese quelle tra persone
dello stesso sesso, sono una realtà del nostro tempo sebbene in molti Paesi non siano
riconosciute. Di conseguenza, a coppie legate da un sentimento di amore vengono negati
alcuni diritti fondamentali, per esempio la possibilità di assistenza al proprio compagno o
compagna ricoverato in ospedale, la condivisione di contratti assicurativi, fino
all'esclusione dall'eredità dei beni acquistati insieme o condivisi durante la vita e via di
seguito. Non capisco perché lo Stato incontri delle difficoltà nel riconoscere tali unioni, pur
nel rispetto del ruolo fondamentale della famiglia tradizionale per l'organizzazione della
società, e d'altro canto fatico a comprendere perché le maggiori resistenze arrivino dalla
Chiesa cattolica che, per lo meno in Italia, si mostra molto poco tollerante nei confronti
dell'idea di ampliare i diritti a tutte le unioni. Perché tanta contrarietà, a giudicare dal
pensiero che viene comunemente diffuso e reso pubblico?
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Martini — Io ritengo che la famiglia vada difesa perché è veramente quella che sostiene la
società in maniera stabile e permanente e per il ruolo fondamentale che esercita
nell'educazione dei figli. Però non è male, in luogo di rapporti omosessuali occasionali,
che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe
anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni
civili. Io sostengo il matrimonio tradizionale con tutti i suoi valori e sono convinto che non
vada messo in discussione. Se poi alcune persone, di sesso diverso oppure anche dello
stesso sesso, ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilità alla loro coppia,
perché vogliamo assolutamente che non sia? Io penso che la coppia omosessuale, in
quanto tale, non potrà mai essere equiparata in tutto al matrimonio e d'altra parte non
credo che la coppia eterosessuale e il matrimonio debbano essere difesi o puntellati con
mezzi straordinari perché si basano su valori talmente forti che non mi pare si renda
necessario un intervento a tutela. Anche per questo, se lo Stato concede qualche
beneficio agli omosessuali, non me la prenderei troppo. La Chiesa cattolica, dal canto suo,
promuove le unioni che sono favorevoli al proseguimento della specie umana e alla sua
stabilità, e tuttavia non è giusto esprimere alcuna discriminazione per altri tipi di unioni.
Marino — Con una certa frequenza si ascoltano dichiarazioni pubbliche, anche di uomini e
donne che ricoprono cariche istituzionali, che sostengono come l'omosessualità sia in
qualche modo correlata alla pedofilia. Il 13 aprile 2010 in un'intervista a una radio cilena il
cardinal Bertone, segretario di Stato del Vaticano, ha affermato che: «Numerosi psichiatri
e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri
— e mi è stato confermato anche recentemente — hanno dimostrato che esiste un legame
tra omosessualità e pedofilia». Va ricordato che il portavoce della Santa Sede, padre
Federico Lombardi ha poi spiegato che il segretario di Stato del Vaticano si riferiva «alla
problematica degli abusi all'interno della Chiesa e non nella popolazione mondiale». Sono
affermazioni che disorientano. Già nel 1973 l'American Psychiatric Association ha indicato
che l'omosessualità non è una patologia psichiatrica ma un orientamento normale della
sessualità umana, alternativa alla prevalente eterosessualità. È anche ben noto che
l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha riaffermato con chiarezza lo stesso principio il
17 maggio 1990. Quindi la scienza ha chiarito che l'omosessualità non è una malattia, non
è un comportamento anomalo e gli omosessuali devono essere rispettati, avere gli stessi
diritti degli eterosessuali e non essere discriminati. Invece, la pedofilia è una patologia
psichiatrica e i pedofili rappresentano un gravissimo pericolo sociale. Purtroppo, negli
ultimi anni sono emersi molti dati che illustrano come un crimine così orribile e ripugnante
quale la pedofilia abbia trovato spazio all'interno della Chiesa.
Martini — Mi limiterò a ricordare che in questo caso c'è un inganno e una violenza che
vengono usati verso chi è incapace di difendersi, anche se appare consenziente. Inoltre,
gli si fa un danno incalcolabile, le cui conseguenze potranno durare per tutta la vita. Per
questo l'opinione pubblica, di solito così permissiva, ha seguito con orrore queste vicende.
In alcune c'era poi l'aggravante di un patto almeno implicito in cui si esprimeva la fiducia
dei genitori e che veniva violato da coloro che avrebbero dovuto educare i ragazzi. È con
molto dolore che abbiamo veduto che erano implicati in tali vicende anche alcuni sacerdoti
e religiosi. Ma abbiamo appreso dall'esperienza che occorre essere inflessibili
nell'individuare tempestivamente coloro che hanno l'inclinazione per tale pericolosa
patologia e rigorosi nell'escluderli subito dalla vita sacerdotale e dalla consacrazione
religiosa. Tali persone dovrebbero essere sottoposte a cure psicologiche
27-03-2012 Esce oggi 'Credere e conoscere', l'ultimo libro del cardinale Carlo Maria
Martini, arcivescovo emerito di Milano. Il volume si presenta come una riflessione su alcuni
dei temi più spinosi oggi per la Chiesa: inizio della vita umana, la fecondazione artificiale e
la donazione degli embrioni, la sessualità e l'omosessualità, il celibato per i sacerdoti, per
arrivare al fine vita e all'eutanasia.
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Il volume, edito da Einaudi e curato da Alessandra Cattoi, giornalista specializzata sulle
tematiche della medicina, è frutto di una conversazione, avvenuta a più riprese, tra il
porporato e Ignazio Marino, chirurgo che ha lavorato a lungo in America, senatore del Pd.
Edito da Einaudi, nella collana delle 'Vele', il testo si presenta come una vera e propria
conversazione tra Ignazio Marino e Carlo Maria Martini. (da Aduc notizie n. 13/2012)
2410 - CIMITERI DEI FETI: UNA ULTERIORE VIOLENZA ALLE DONNE
da: www.radicali.it - Comunicato stampa di Maria Antonietta Farina Coscioni,
Dopo la Regione Basilicata con l'azienda ospedaliera «San Carlo» di Potenza, è stata la
regione Lombardia del presidente Formigoni, che ha varato provvedimenti che vanno ben
oltre le sue competenze, disponendo la sepoltura dei feti come fossero esseri umani; sono
poi seguiti casi analoghi in altre realtà, come Cremona e Caserta. Ben si comprende che
all’appello non poteva mancare la Roma del sindaco Alemanno: protagonista, con la sua
giunta di una delle sindacature più tetre e fallimentari che la storia della capitale ricordi:
dalle vicende di “parentopoli” alla gestione del trasporto pubblico, della nettezza urbana e
dell’ordine pubblico che sono sotto gli occhi di tutti. Non si è zuavi pontifici per nulla
(indimenticabile la commemorazione della breccia di Porta Pia alla presenza di cardinali,
per celebrare anche le guardie papaline), non sorprende dunque che il Comune di
Alemanno si sia dotato di un cimitero per i bambini “mai nati”.
Non risultano significative ed efficaci campagne di informazione sessuale a beneficio di
minorenni e donne extracomunitarie, quelle cioè che con più frequentemente fanno ricorso
all’aborto. Nulla si fa contro quei farmacisti che illegalmente praticano obiezione di
coscienza e rifiutano di fornire la pillola del giorno dopo; però, ci si scherma dietro un
umanitarismo ipocrita, e si creano le condizioni per colpevolizzare chi ha scelto di ricorrere
all’aborto. E’ una inaccettabile violenza nei confronti delle donne: che, quando sono
costrette ad interrompere la gravidanza già vivono una situazione traumatica e di
solitudine, senza che ci sia alcuna necessità di ulteriori colpevolizzazioni da parte di
istituzioni che – al contrario – dovrebbero mostrarsi solidali e sostenerle.
Si tratta inoltre di iniziative illegali. Una situazione che ho già denunciato in passato con
interrogazioni e iniziative parlamentari, e che torno a denunciare oggi. Sollecito il governo
e i ministri a prendere, finalmente, una posizione e ad assumere iniziative perché abbiano
fine questi clamorosi conflitti tra normativa nazionale e legislazioni regionali e iniziative
locali”.
2411 - DONNE PD CONTRO RENZI PER IL CIMITERO DEI FETI - DI M. GASPERETTI
da: il Corriere della Sera di mercoledì 21 marzo 2012
Firenze - Un articolo di un regolamento comunale, uno dei tanti. Tre righe appena, quasi
invisibili. Eppure destinate a sconquassare la relativa calma del Pd (e della sinistra)
fiorentina. E suscitare polemiche tra le donne del partito, soprattutto tra quelle approdate
al Pd dai Ds e da altre forze laiche e socialiste. Insomma, quelle iscritte al partito che
hanno combattuto per l'approvazione prima e la difesa poi della legge 194 sull'aborto.
Il regolamento sulla graticola, appena approvato dalla giunta comunale con il placet del
sindaco Matteo Renzi, è quello cimiteriale. Che individua nel camposanto di Trespiano,
uno dei principali della città sulla via Bolognese, un luogo ad hoc dove seppellire i feti, ma
anche «i prodotti abortirvi e i prodotti del concepimento», come si legge testualmente.
I problemi non sono arrivati dalle assessore (sono 5 per 10 poltrone complessive), ma da
parlamentari, consigliere comunali, esponenti di partito e delle associazioni vicine alla
sinistra e ai democratici. Tra le prime a far sentire la propria voce critica è stata la
senatrice fiorentina Vittoria Franco. Che ha definito il regolamento «una provocazione
verso il dramma dell'aborto e del rapporto delle singole donne con la maternità» e ha
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chiesto un immediato ripensamento della giunta guidata da Renzi. «Agghiacciante», lo ha
invece definito un'altra parlamentare democratica, la senatrice Magda Negri.
Ma è a Palazzo Vecchio, sugli scranni del Salone de' Dugento, sede del consiglio
comunale, che si giocherà la partita decisiva del provvedimento. «Molto ideologico e poco
pratico — spiega la consigliera e parlamentare del Pd, Tea Albini —. Anche perché già
oggi la legge consente la sepoltura di feti e aborti e non c'era nessuna necessità di
presentarlo. Si rischia una spaccatura forte all'interno del gruppo consiliare e nella sinistra.
Ne valeva la pena? Io sono per la politica come arte della mediazione. Il sindaco, invece,
cerca lo scontro. Spesso mediatico». Ancora più dura Claudia Livi, vicecapogruppo pd:
«Mi dissocio da un atto che mi offende profondamente come donna».
Difficilmente però la spaccatura, se ci sarà, si registrerà all'interno della giunta Renzi. Tutti
gli amministratori, comprese le cinque donne, sembrano favorevoli. E l'assessore Rosa
Maria Di Giorgi (Pd) ha anche diffuso un comunicato nel quale stigmatizza «le sortite di
alcune parlamentari e di consiglieri comunali», sottolineando che l'area per seppellire i feti
«esiste a Trespiano dal 1996 e che si tratta di un luogo dove i genitori possono chiedere di
seppellire i bambini nati morti». Spiegando poi che in quel regolamento non c'è niente di
più. «Nessun attacco alla laicità, né alla legge sull'aborto — sottolinea Di Giorgi —. Solo il
riconoscimento di una sensibilità, nel rispetto di quelle donne che avrebbero voluto un
figlio e purtroppo lo hanno perso. Nulla a che vedere con offese alle donne che hanno
invece liberamente scelto di interrompere la gravidanza».
Le donne della sinistra, però, non sembrano fidarsi troppo. E c'è chi minaccia una battaglia
in aula. Il regolamento, infatti, dopo il sì della giunta deve arrivare in consiglio comunale.
L'approvazione è scontata, perché su questo punto il centrodestra si dichiara favorevole.
«Però la spaccatura sarebbe reale e per certi versi pure devastante», spiega Ornella De
Zordo, docente universitaria e consigliera di Perunaltracittà, una lista civica di sinistra.
«Non è una novità e altre città hanno approvato provvedimenti simili — spiega De Zordo
— ma sono stati sempre Comuni amministrati da giunte di centrodestra. Firenze è la prima
di centrosinistra. Un record preoccupante. Proporrò un emendamento abrogativo
dell'articolo». Si muove anche il mondo dell'associazionismo. Liberetutte di Firenze,
un'associazione che nello statuto ha tra gli obiettivi la difesa della libertà e
l'autodeterminazione delle donne, ha chiesto a tutte le consigliere comunali un incontro.
«Vogliamo discutere quello che per noi è un attacco alla 194 — spiega la portavoce Luisa
Petrucci —. Il regolamento vuole trasformare feto ed embrione in una persona e non è
questo lo spirito della legge. L'articolo del regolamento approvato ci pare una macabra
trovata che lede la sfera privata delle donne e la loro dignità».
2412 - FURIO COLOMBO RISPONDE A VALDO SPINI SUL CIMITERO DEI FETI
da: il Fatto di mercoledì 21 marzo 2012
Caro Furio, in un comunicato stampa la Giunta comunale di Firenze annuncia di avere
approvato un nuovo regolamento di polizia mortuaria nel quale si afferma “il diritto alla
sepoltura dei feti (compresi i prodotti abortivi e i prodotti da concepimento) prevedendo la
realizzazione di un’area a ciò destinata”. In caso di approvazione, assisteremo
all’istituzione di un “cimitero degli aborti”. Questa delibera accetta la posizione che il feto
sia una persona, con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano, e ciò contro una
legge dello Stato confermata da referendum. La nostra opposizione in Consiglio comunale
sarà quindi molto ferma, come fermo è il nostro appello al Partito democratico perché
intervenga a fare chiarezza su questo tema così importante e delicato”.
Valdo Spini
Risponde Furio Colombo
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Ho scelto di pubblicare la lettera di Valdo Spini che, dopo essere stato deputato e ministro
in vari governi del centrosinistra e oppositore di Matteo Renzi nelle primarie del Pd a
Firenze, è adesso uno dei leader dell’opposizione allo strano sindaco Pd.
La prima cosa che colpisce, nell’iniziativa (per ora tentata, ma non realizzata dal giovane
promesso sposo del Partito democratico italiano) è la cattiveria. L’intento è di insinuare
l'immagine del delitto e la colpa di omicidio contro le donne che hanno abortito. Ma lo
sguardo del sultano, nel paesaggio squallido degli ospedali italiani, dove, per ragioni di
carriera, sempre più medici fanno obiezione di coscienza contro il diritto delle donne a
decidere, vede più lontano. Vede l'abolizione di un diritto fondamentale delle donne
attraverso impedimenti di fatto: un simbolo terrificante (il cimitero degli aborti); più
pressione violenta sull’opinione pubblica; astensione ancora più estesa del personale
sanitario. C'è cattiveria, ho già detto, c’è abuso del più forte (maschio e sindaco). E c'è
viltà, perché un fatto di tale portata viene imposto senza il coraggio di affrontarlo.
Naturalmente il sindaco di Firenze potrebbe negare tutto. Speriamo.
2413 - ITALIA: LA LAICITA’ PERDUTA – DI GIAMPIETRO SESTINI
Al cimitero Laurentino di Roma un’area di 600 metri quadrati con piante di camelie bianche
e statue di angeli ospitano il cimitero dei bambini mai nati. Su di un pezzo di pietra bianca
la scritta “il giardino degli angeli”. Dietro le lapidi, tutte uguali, ci sarà un codice mentre
davanti si potranno mettere anche nomi di fantasia.
Si tratta di una iniziativa del sindaco Alemanno, non prevista dalle leggi in vigore e
certamente costosa per le casse comunali, iniziativa dello stesso sindaco che si è opposto
alla istituzione del registro dei testamenti biologici, che consistono nella autenticazione da
parte degli impiegati comunali di dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà previste
dall’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, le cui spese sono coperte dalla marca da bollo pagata
dai cittadini. E ciò in base alla ridicola circolare del Governo Berlusconi a firma dei ministri
Maroni, Fazio e Sacconi che nel novembre 2010 ha ammonito i Comuni, con il plauso di
Mons. Sgreccia, a non istituire i registri perché “nessuna norma di legge abilita il Comune
a gestire il servizio relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento” e perché avrebbero
comportato “un uso distorto di risorse umane e finanziarie, con eventuali possibili
responsabilità di chi se ne sia fatto promotore per i loro costi”.
Perché in questo Paese debbono sempre prevalere gli integralismi? Perché insieme ai
cimiteri dei feti e alle cerimonie cattoliche per le nascite, i matrimoni e le morti non
possono coesistere i registri per i testamenti biologici e gli spazi per le cerimonie laiche e
delle altre religioni?
Da: Pier Giorgio Nicoletti ([email protected])
Inviato: giovedì 22 marzo 2012 10:12:01
Elementare, caro Sestini. Se uno non nasce, poi non è possibile inchiappettarlo – in senso
metaforico, e talora anche letterale – per tutta la vita. Se uno non è nato, come fai a
spiegargli che deve lavorare di più e più a lungo, e avere meno diritti, e magari
guadagnare di meno, e starsene imprigionato in un labirinto di condizionamenti “ad
maiorem Dei gloriam”? Pier Giorgio Nicoletti
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2414 - NIENTE ABORTI AL POLICLINICO DI NAPOLI: TUTTI I MEDICI OBIETTORI
da: Aduc salute n° 12/2012 di venerdì 16 marzo 2012
Niente aborti al Policlinico federiciano di Napoli. Manca il personale, di qui la decisione di
sospendere il servizio di IVG e la somministrazione della pillola Ru486. Le rappresentanti
dell'UDI, l'Unione donne italiane, di Napoli hanno chiesto - come riferisce Il Mattino che si
occupa della vicenda - spiegazioni all'azienda universitaria.
Dopo il blocco delle liste d'attesa, le donne sono state dirottate in altri presidi ospedalieri.
Un cartello affisso all'ingresso del reparto di Ginecologia del Policlinico cita testualmente
'Prenotazioni sono sospese'. La situazione è peggiorata anche dopo la morte del
ginecologo Francesco Leone, responsabile del servizio ed unico non obiettore di
coscienza inquadrato nell'Ateneo con contratto a tempo indeterminato.
Il direttore generale del Policlinico, Giovanni Persico, insieme con il capo dipartimento di
Ostetricia e Ginecologia, Carmine Nappi, hanno chiesto alla Regione l'autorizzazione, in
deroga al blocco del turn over, di assumere un altro ginecologo non obiettore.
Ora si attende la risposta dell'istituzione
2415 - COME CAMBIA L’OBIEZIONE DI COSCIENZA - DI PAOLO IZZO
Da: www.cronachelaiche.it di martedì 20 marzo 2012 – Intervista a Chiara Lalli
Negli anni 70 a definirsi obiettori di coscienza erano coloro che, chiamati alla leva, si
rifiutavano di usare le armi e, in nome di quel principio, non volevano svolgere il servizio
militare. Le conseguenze, per loro, erano gravi e, prima di tutto, finivano in un carcere
(militare) per lungo tempo. Da allora, l’obiezione di coscienza è stata inserita tra le
possibilità di un cittadino e riconosciuta come un diritto, ma si è anche allargata ad altri
settori, dominando soprattutto quello medico, in materia di interruzione di gravidanza da
un lato e di fecondazione assistita dall’altro.
Diffusamente e con precisione, ne parla la bioeticista Chiara Lalli nel suo ultimo volume
C’è chi dice no – Dalla leva all’aborto. Come cambia l’obiezione di coscienza (Il
Saggiatore), un saggio molto interessante su questi temi, declinati in tempi e modi molto
diversi tra loro. L’abbiamo intervistata, puntando il nostro sguardo prevalentemente sulla
interruzione di gravidanza, dove la versione moderna della cosiddetta obiezione fa più
danni in assoluto.
Leggendo il suo libro, sembra che dagli anni 70 ad oggi si sia passati dall’obiezione di
coscienza come diritto civile a un’altra forma di obiezione che, al contrario, viene puntata
contro i diritti civili, soprattutto quelli delle donne. Mi sbaglio?
La prima questione è formale e terminologica. Nel senso che la mia premessa è che
l’obiezione di coscienza genuina sia quella contra legem e cioè sia una azione, una scelta
individuale che va contro un divieto o un obbligo: è come Antigone che si oppone al divieto
di dare sepoltura al corpo del fratello. Chi si oppose all’obbligo di leva faceva altrettanto.
Nel momento in cui accogliamo questa possibilità dentro una legge, perché non le
cambiamo nome? Quando la leva era obbligatoria c’era soltanto un’opzione: a parte per
quelli che venivano riformati, la chiamata arrivava a tutti e se non volevi fare il servizio
militare, facevi obiezione di coscienza e andavi quindi contro la legge (in galera). Da un
certo punto in poi, quella alternativa è diventata una possibilità che la legge ha deciso di
proteggere.
Com’è possibile chiamare con lo stesso nome Antigone e il medico che decide di non
eseguire un’interruzione di gravidanza, quando la prima si oppone a un divieto e il
secondo invece è protetto dalla legge?
Lei sottolinea molto questo aspetto: nel caso della leva c’erano delle conseguenze per gli
obiettori. Oggi, al contrario, un medico che si dichiari obiettore diventa quasi il vessillo di
chi si oppone alla legge 194 o di chi ha scritto la legge 40.
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Dopo tanti anni di battaglie siamo arrivati anche a questa semplificazione. Però non è
corretto identificare gli obiettori di coscienza con i medici che non vogliono eseguire
l’aborto. Ridurli, cioè, soltanto a questo. Perché quella che va sotto il nome di “obiezione di
coscienza” varia da caso a caso. Per esempio, nel libro cerco di spiegare perché sono più
d’accordo con il permettere la “esenzione” – questo secondo me è il termine più corretto –
dalla sperimentazione animale piuttosto che nel caso della legge 194.
Che differenza c’è?
Nel primo caso, se sono uno scienziato, ma non voglio fare sperimentazione sugli animali,
non vado a violare in senso forte nessun diritto altrui. Se invece faccio il medico nel
pubblico, di fatto mi trovo ad avere di fronte un’altra persona: arriva una donna che mi
chiede un’interruzione di gravidanza e io mi esento dicendo “no, io questo non lo faccio”.
Anche se, almeno sulla carta, la legge 194 prende una posizione molto chiara in merito:
dice che in questo conflitto di richieste, il diritto più forte dovrebbe essere quello della
donna e il servizio di IVG dovrebbe essere sempre garantito.
Di fatto, però, è un principio che rimane soltanto sulla carta, visto che il numero di obiettori
è cresciuto esponenzialmente e l’obiezione sono arrivati a dichiararla persino i farmacisti…
Questa è un’altra cosa ancora, perché si va proprio fuori dalla legge. Cioè non ci
muoviamo più in quel recinto in cui ci domandiamo se c’è una cattiva interpretazione della
legge oppure se ci sia qualcosa di sbagliato a monte.
Nel caso di un farmacista che si dichiari obiettore, siamo proprio nell’illegalità: perché non
c’è nessuna legge che glielo consenta. Anzi per loro è ancora in vigore il decreto regio del
1938 in cui si dice chiaramente che sono obbligati a vendere i farmaci richiesti. In più i
farmacisti hanno il monopolio di questi farmaci, perché non si può andare al supermercato
a comprarseli, pur avendo la prescrizione di un medico.
Tornando all’IVG, è evidente che nel momento in cui si formulava la legge 194 sia stato
messo l’articolo sull’obiezione di coscienza per tutelare i medici dell’epoca, che avevano
intrapreso ginecologia e ostetricia quando non era prevedibile di dover eseguire una
interruzione di gravidanza. Adesso, per legge, tra le mansioni di un medico c’è anche
l’aborto: gli specializzandi dovrebbero saperlo, no?
Infatti. Se tu scegli liberamente una professione, non si vede perché potresti poi in qualche
modo sottrarti a un dovere professionale, ammesso che riusciamo a dimostrare che
eseguire una IVG debba rientrare in quei doveri.
Interrogandomi su quale sia la soluzione che più mi piacerebbe, io sono sempre per quella
che garantisca il maggior numero possibile di libere scelte. Nel mio mondo ideale, diciamo
così, sarebbe bello poter distinguere le scelte sofferte di alcuni da quelle “di comodo” di
altri. Una corretta applicazione, per esempio, di quell’articolo 9 sull’esenzione in materia di
aborto – che tutto sommato è un buon articolo – sarebbe auspicabile, a patto che vada
rispettata anche la parte della legge che impone alla struttura sanitaria di garantire il
servizio di IVG. In troppi casi pare che, al contrario, non ci sia la volontà di eliminare le
conseguenze più disastrose di una applicazione estremamente disinvolta dell’obiezione di
coscienza oggi.
E’ chiaro che quando si arriva al 90 percento di operatori obiettori, la struttura non può fare
molto per garantire il servizio!
Dall’inizio alla fine del suo libro riecheggia infatti questa domanda: “Che cosa faremmo se
tutti i medici decidessero di essere obiettori di coscienza?”. Ecco, si è data una risposta?
Intanto non possiamo far finta di dormire, come dico alla fine del libro. Dobbiamo
inventarci un modo per poter applicare sempre e bene la legge 194. Che resta una buona
legge. Ma che rischia, in sostanza, di non potere essere nemmeno più applicata se
andiamo avanti così.
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Per concludere, non trova che – pensando anche alla legge 40 – ci sia la volontà di
spostare tutto dal pubblico al privato, con il risultato di penalizzare – come al solito – le
categorie più deboli?
E’ chiaro che ci sono anche queste zone d’ombra nell’obiezione di coscienza. E chi non è
informato o chi non ha soldi è sempre il più danneggiato. Sono arrivati alla magistratura
casi di medici, obiettori nel pubblico, che interrompevano gravidanze nel privato. Oppure di
strutture sempre private dove, pur essendo vietato dalla legge, si eseguono interruzioni
volontarie di gravidanza e poi nella cartella clinica si registra che c’è stato un avvio di
aborto spontaneo e che quindi si è operato di conseguenza.
Tra i casi che racconto nel libro, c’è persino il caso dell’usciere di un ospedale pubblico
che “inviava” le pazienti a un medico privato (ma obiettore nel pubblico), con la scusa che
avrebbero abortito più velocemente e con meno traumi. Ecco, alla fine delle indagini,
l’unico risultato tangibile è stato che l’usciere è stato rimosso dall’incarico… E’ soprattutto
per questo clima e per le condizioni in cui avviene che l’aborto, nel nostro Paese, è ancora
vissuto come un trauma inenarrabile.
2416 - LA MOZIONE BIPARTISAN A FAVORE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Comunicato stampa della Consulta di bioetica - Roma, 23 marzo 2012
La Consulta di Bioetica Onlus esprime profondo sdegno per la recente mozione bipartisan
a favore dell’obiezione di coscienza nei confronti dell’interruzione di gravidanza
presentata alla Camera per iniziativa dei deputati Luca Volontè (Udc), Giuseppe Fioroni
(Pd), Eugenia Roccella (Pdl), Massimo Polledri (Lega Nord), Rocco Buttiglione (Udc),
Paola Binetti (Udc), Luisa Capitanio Santolini (Udc), Marco Calgaro (Udc), Domenico Di
Virgilio (Pdl) e Alfredo Mantovano (Pdl) e sottoscritta da altri parlamentari delle maggiori
forze politiche.
Chi avanza la richiesta di un maggiore rispetto nei confronti delle scelte e delle convinzioni
dei medici obiettori non mostra alcun rispetto nei confronti delle scelte delle donne e dei
medici non obiettori, che trovano ulteriori difficoltà nelle loro vite private e professionali.
Alcuni firmatari della mozione, poi, sono privi di quel minimo di autorevolezza morale che
sarebbe richiesta per aver titolo a sollevare “questioni di coscienza”, non avendo essi fatto
nulla (pur potendolo fare) contro azioni socialmente scandalose come per esempio il voto
in Parlamento circa la vicenda di Ruby Rubacuori come nipote dell’ex leader egiziano
Mubarak.
Promuovere oggi un’azione a favore dell’obiezione di coscienza all’aborto è soltanto una
mossa ideologica, dal momento che ad essere a rischio di discriminazione sia negli
ospedali che nelle altre istituzioni sanitarie non sono i medici obiettori ma quelli che hanno
scelto di impegnarsi ogni giorno al servizio delle donne e della loro salute. La mozione è
stata presentata non per allargare e difendere la libertà e i diritti di tutti, ma per rendere più
difficile la condizione di quelle donne che si trovano a vivere una gravidanza non
desiderata o che non hanno possibilità di portarla avanti.
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Deplorando l’ennesimo attacco ai diritti e alle libertà civili, la Consulta di Bioetica Onlus
esprime ancora una volta la propria solidarietà sia alle donne che decidono di
interrompere la gravidanza sia a quei medici che praticano la medicina come professione
di aiuto. L’auspicio è che nel nostro Paese la politica ritorni ad essere vicino ai bisogni dei
cittadini e delle persone, rinunciando a voler imporre con la forza della legge una
particolare concezione morale della vita.
Maurizio Mori, Presidente
Maurizio Balistreri, coordinatore Sezione di Roma
2417 - OBIEZIONE DI (IN)COSCIENZA – COMUNICATO STAMPA DI LIBERAUSCITA
L'associazione nazionale LiberaUscita, appresa dalla stampa la notizia della
presentazione alla Camera dei Deputati di una mozione "bipartisan" per tutelare
l’obiezione di coscienza non solo da parte di coloro che sono impegnati a vario titolo nelle
strutture ospedaliere, ma anche dei farmacisti, ritiene che in uno stato di diritto le leggi
debbano essere rispettate da tutti.
Coloro che, sanitari o farmacisti, ritengono che la coscienza non consenta loro di rispettare
le leggi (per l'aborto: legge 194/1978, per i profilattici: decreto legge 1219/1937), sono
liberi di esercitare un'altra professione.
Sotto questo profilo, come rilevato dalla Consulta di Bioetica, la predetta mozione non è
diretta ad ampliare e difendere la libertà e i diritti di tutti, ma a rendere più difficile il rispetto
della legge nei confronti delle donne che si trovano a vivere una gravidanza non
Desiderata o degli uomini che non desiderano tramutare in gravidanza un atto sessuale.
Maria Laura Cattinari – Presidente
Giampietro Sestini – Segretario
Da: Antonia Sani
Data: 25 marzo 2012 - 5:39 PM
Ottimo! Bravi!
Antonia Sani (Centro Romano Iniziative Difesa Diritti nella Scuola)
Data: 26 marzo 2012 - 9.15
Allora, un militare italiano pacifista in Afganistan potrebbe fare obiezione di coscienza
sull'uso delle armi senza essere nè processato nè rimpatriato. Un dipendente animalista di
un macello potrebbe obiettare sull'uccisione di animali senza incorrere nell'articolo 18; un
medico testimone di Geova di un reparto di emergenza, sulla trasfusione di sangue senza
andare in galera se lascia morire dissanguato un malato. A meno che l'obiezione di
coscienza possa solo riguardare gli eventi che si collocano tra l'ombelico e le ginocchia.
Saluti indignati a tutti
Franco Toscani
Data: lunedì 26 marzo 2012 - 09:52:59
Concordo pienamente su quanto affermato
Luigi Boncinelli
2418 - LA LIBERTÀ E L’OBIEZIONE DI COSCIENZA - DI PAOLO IZZO
da: l’Unità di domenica 25 marzo 2012
Una mozione tetra-partisan (Pdl, Pd, Udc e Lega) si aggira in Parlamento. Dice che si
deve «tutelare l’obiezione di coscienza non solo di coloro che sono impegnati a vario titolo
nelle strutture ospedaliere, ma anche quella dei farmacisti. Il diritto all’obiezione di
coscienza non può essere in nessun modo ‘bilanciato’ con altri inesistenti diritti e
rappresenta il simbolo, oltre che il diritto umano, della libertà nei confronti degli Stati e
delle decisioni ingiuste».
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Ecco che arrivano dunque i paladini di quei poveri obiettori indifesi che, impegnati nelle
strutture ospedaliere, sono quotidianamente vessati da donne aggressive e senza
scrupoli.
Quelle megere, titolari di "inesistenti diritti", non sembrano aver altro da fare che attaccare
quel simbolo, anzi quel diritto umano che si chiama “obiezione di coscienza”! E che presto
sarà un diritto universale e sovrano: a disposizione degli avvocati che non vogliono
difendere le donne vittime di violenza o di stupro, dei tassisti che non vogliono portarle in
tribunale o in ospedale, degli uscieri che vogliono impedire la loro accettazione nei servizi
pubblici, degli infermieri che non le vogliono assistere.
Continuate a piacimento la lista degli obiettori possibili, perché il diritto alla obiezione sarà
totale e ramificato. E nessuno pensi che possa mai, in alcun modo, essere bilanciato con
gli "inesistenti diritti" delle donne.
2419 - TREMATE, ROCCELLA E BINETTI SON TORNATE - DI CINZIA SCIUTO
da: www.micromega.it di lunedì 26 marzo 2012
Troppo preoccupata di spread, debiti, liberalizzazioni e articoli 18, l’azione del governo
Monti ha del tutto messo in un cassetto (per fortuna, verrebbe da dire) molte delle battaglie
sui temi “eticamente sensibili” (ma quale questione politica non lo è?) che tanto stavano a
cuore ad alcuni esponenti del vecchio esecutivo. Ma, poiché il governo è cambiato ma il
parlamento, ahinoi!, è sempre lo stesso, ecco che l’armata ‘pro-life’ – e rigorosamente
bipartisan – torna alla carica. E lo fa con una mozione presentata alla Camera lo scorso
venerdì sull’obiezione di coscienza in tema di aborto.
Un documento bizzarro, dotato della stessa coerenza logica di un quadro astratto, che fa
affermazioni contraddittorie per poi arrivare al punto che interessa ai nostri combattenti per
la vita: “Il diritto alla obiezione di coscienza non può essere in nessun modo ‘bilanciato’
con altri inesistenti diritti”. Il corsivo è mio. Il diritto che per Binetti, Roccella, Volontè,
Fioroni e compagnia bella sarebbe inesistente è ovviamente principalmente quello della
donna di abortire.
L’attacco alla 194 non poteva essere più esplicito, né più rozzo. La legge che regolamenta
l’aborto – e l’obiezione di coscienza – non è citata esplicitamente nella mozione, ma,
giacché l’unico diritto con cui si pretende di bilanciare quello all’obiezione di coscienza è
proprio quello della donna di abortire, non si può negare – a meno di diventare rossi per la
vergogna – che nel mirino ci sia proprio la 194.
Sull’obiezione di coscienza abbiamo già scritto, ma val la pena ripetersi: quella che poteva
essere una norma transitoria ragionevole nel momento in cui la 194 è entrata in vigore –
giacché legalizzava un atto medico fino al giorno prima qualificato addirittura come reato –
è del tutto priva di qualunque giustificazione a oltre 30 anni di distanza.
Ciascuno di noi sceglie la professione che intende svolgere anche facendo i conti con la
propria coscienza ed evitando, di conseguenza, quelle che ci metterebbero di fronte a
mansioni non conciliabili con i nostri convincimenti etici.
Cosa si direbbe del medico Testimone di Geova che si rifiutasse di praticare una
trasfusione di sangue, vietata dalla sua fede? E non ci si venga a dire che l’esempio non è
congruo, giacché, se quella che va tutelata è la coscienza di ciascuno, non si può poi
pretendere di fare una classifica delle coscienze più meritevoli.
I paradossi a cui il fondamentalismo conduce sono evidenti, e pericolosissimi. Se poi al
fondamentalismo si unisce la malafede, i danni sono incalcolabili.
Cosa può esserci, infatti, se non malafede dietro la frase finale della mozione con la quale
“si impegna il Governo a dare piena attuazione al diritto all’obiezione di coscienza in
campo medico e paramedico e a garantire la sua completa fruizione senza alcuna
discriminazione o penalizzazione”?. Il corsivo è di nuovo mio.
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Hanno letto gli estensori di questo documento le cifre che il ministero della Salute – non
noi femministe incallite – fornisce ogni anno sull’obiezione di coscienza? Un tasso di
obiezione di coscienza tra i ginecologi del 71,5 per cento (con punte dell’85) rivela forse
una scarsa attuazione del diritto all’obiezione di coscienza? A meno che l’intenzione dei
firmatari sia quella di estendere l’obiezione di coscienza anche al di là del perimetro della
194, per esempio ai farmacisti per la vendita della pillola del giorno dopo. A pensar male si
fa peccato, ma…
2420 -RICHIESTA INTERVENTO MILITARE NATO CONTRO VATICANO- E. MONTESI
da: nochiesa.blogspot.it di venerdì 23 marzo 2012
Il Vaticano ha invaso l’Italia (Termidoro edizioni, Milano, 180 pagine, 10 euro) è una dura,
spietata e feroce denuncia internazionale contro lo Stato "dittatoriale" del Vaticano, come
aggettiva l'autore Ennio Montesi. Il volume è una richiesta ufficiale inviata alla
Commissione di Sicurezza della Nato, alle Nazioni Unite, alla Commissione europea, al
Consiglio d’Europa, al Tribunale internazionale penale dell’Aja per genocidio, crimini
contro l’umanità e crimini di guerra, alla Casa bianca, al Pentagono e a molti potenti della
terra.
Montesi è uno scrittore ateo dichiaratamente contro la Chiesa cattolica e contro il
Vaticano, i cui libri, scritti e conferenze sono spesso fonte di accese polemiche, come
quando la Lega Nord organizzò una manifestazione ateofoba contro di lui, una specie di
fatwa cattolica lanciata ad personam. Considerato il massimo esperto dei problemi legati
al fondamentalismo e al "terrorismo cristiano-cattolico della setta oltranzista della Chiesa
cattolica", come lui stesso definisce la Santa sede e la sua organizzazione, Montesi ha
ricevuto minacce di morte per le sue posizioni. Significativo il suo scambio epistolare con
lo scrittore statunitense Henry Roth, che ha dedicato a Montesi il racconto Prose-writer’s
Threnody. Montesi è fondatore di Axteismo, movimento internazionale di libero pensiero,
che concentra studiosi, cristologi laici, docenti, ricercatori, scienziati, magistrati, giornalisti,
scrittori e persone che non accettano imposizioni e influenze religiose. Montesi ha inoltrato
richiesta ufficiale di asilo politico al primo ministro del governo della Svezia per
discriminazioni e persecuzioni religiose-politiche da parte del governo italiano poiché, a
suo dire, gli "viene imposto il simbolo religioso e politico del crocifisso nelle pubbliche
strutture".
Tuttavia, Il Vaticano ha invaso l’Italia, nulla ha a che vedere con ateismo, agnosticismo,
credenze, fideismo, teologia, filosofia. Il volume è una denuncia storica legata ai diritti
dell’uomo, alla libertà e all’uguaglianza dei popoli, come afferma Montesi, che auspica la
conquista del Vaticano da parte del popolo italiano "come il popolo francese assaltò e
prese la Bastiglia". Nell'attesa non resta che leggere questa divertente invettiva in stile
radicale, pensando all'8 per mille, alle esenzioni dall'Ici garantite agli immobili del Vaticano
e ai mille privilegi concessi al clero cattolico.
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Commento. Nel febbraio 2011 LiberaUscita ha scritto:
“Il prof. Fausto Pocar, già presidente del Tribunale penale internazionale per i crimini nella
ex Jugoslavia e membro del Tribunale internazionale per il Ruanda, ha affermato che “La
giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell’Aja su crimini contro l’umanità si
esercita per i crimini commessi in uno Stato che abbia ratificato lo Statuto di Roma” (v.
l’Unità del 23 febbraio).
Poiché papa Ratzinger continua a scagliarsi contro l’uso del profilattico, della pillola del
“giorno dopo”, dei contraccettivi in genere e del diritto a morire con dignità, col risultato di
agevolare la diffusione dell’AIDS, di incrementare la “bomba demografica” che porterà alla
desertificazione del pianeta Terra, di limitare il diritto universale alla autodeterminazione
della persona sul proprio corpo, e poiché papa Ratzinger risiede (purtroppo) a Roma, mi
chiedo: è possibile denunciarlo alla Corte di giustizia dell’Aja per istigazione a crimini
contro l’umanità?” (G. Sestini)
2421 - EUROPA - LIBERAUSCITA A SOSTEGNO DELLA RTDE
In data 13 marzo 2012 la Federazione europea per il diritto di morire con dignità, RtD
Europe, ha chiesto alle 27 associazioni aderenti di sostenere presso i parlamentari europei
dei rispettivi paesi la richiesta di inserire la Federazione nell’elenco europeo delle
Organizzazioni Non Governative.
Si riporta qui sotto il messaggio inviato alle varie associazioni da Aycke Smook,
Presidente della RtDE, l’interessamento immediato di Libera Uscita presso gli
europarlamentari di sua conoscenza ed il ringraziamento, sempre nella stessa giornata, di
Michael Irwin, tesoriere della Federazione mondiale per il diritto di morire con dignità.
Da: A.O.A. Smook ([email protected])
Inviato: martedì 13 marzo 2012 - 13:29:22
Dear friends,
am very pleased to tell you that, with the assistance of my colleagues on the RtD-Europe
Board, I have just sent our official application for NGO status to the Council of Europe.
Now, our application will be considered by the Division of NGOs and Civil Society in the
Council of Europe. At present, it is not expected that a decision on our application will be
known before November or December.
It would be very helpful, for our application to be successful, if it was supported by as
many members as possible of the Council's Parliamentary Assembly. The list of all the
national delegations can be seen on the website of the Council of Europe. Therefore, I
would like you and your colleagues to contact those members in your country's delegation,
who you know believe in our objectives, and ask them to send a brief message in support
of our application.
This message should be sent to Mrs. Jutta Gutzkow, Head of Division, Division of NGOs
and Civil Society, at the Council of Europe. I am asking Michael Irwin to coordinate our
efforts to obtain this NGO status with the Council of Europe. Therefore, if you have any
questions about this matter, please contact him ([email protected]).
Also, please let him know, during the coming months, which of the members in your
country's national delegation to the Parliamentary Assembly will be sending messages of
support to Mrs. Gutzkow.
Best wishes, Aycke Smook, President, RtD-Europe
Da: Associazione Libera uscita
A: Luigi Berlinguer; David Sassoli; [email protected];
[email protected]
Inviato: martedì 13 marzo 2012 - 2:51 PM
Oggetto: NGO Europe
Cari amici,
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l'organizzazione europea per il diritto di morire con dignità, RtD Europe, ha chiesto
all'apposito ufficio europeo (Division of NGOs and Civil Society) di essere inserita
nell'elenco delle Organizzazioni Non Governative (v. questionario allegato). Nel confidare
sul vs. appoggio e degli altri parlamentari laici, riporto qui sotto il messaggio inviato dalla
RtDE alle 27 associazioni aderenti, fra cui anche LiberaUscita.
Grazie in anticipo per un vs. interessamento.
Giampietro Sestini, Segretario nazionale LiberaUscita
Da: [email protected]
A: [email protected]
Oggetto: NGO Europe
Inviato: martedì 13 marzo 2012 - 17:36:04
Many thanks, Giampietro, for a copy of your e-mail.
Libera Uscita is the first European Society to respond to Aycke Smook's request.
Best wishes, Michael
2422 - OLANDA - EUTANASIA A DOMICILIO
da: Aduc salute n. 9/2012
Sei squadre specializzate itineranti, ciascuna guidata da un medico, saranno a
disposizione di quelle famiglie olandesi che intendano avvalersi della possibilità di
un'eutanasia nel caso in cui i propri medici curanti abbiano deciso di rifiutarsi di eseguirla:
lo ha annunciato l'associazione Diritto alla Morte olandese (Nvve).
I pazienti dovranno ovviamente rispettare i criteri necessari stabiliti dalla legge olandese
per poter optare alla morte assistita, legale dal 2002: essere mentalmente vigili nel
momento in cui hanno effettuato la richiesta e avere come prospettiva quella di una
"sofferenza insopportabile e interminabile"; inoltre sia il paziente che il medico - obbligato
a richiedere una seconda opinione - devono essere d'accordo sul fatto che non vi sia
alcuna cura. Attualmente vengono effettuate ogni anno oltre 3mila eutanasie; la Nvve (la
cui iniziativa è stata approvata dal Ministero della Sanità) si aspetta di ricevere circa un
migliaio di richieste l'anno.
2423 – OLANDA - SUICIDIO ASSISTITO PER ANZIANI?
da: Aduc salute n. 11/2012
Si apre una nuovo fronte della battaglia per "la dolce morte": il suicidio assistito per anziani
che non hanno una malattia terminale ma considerano che non abbia più senso vivere.
L'iniziativa è portata avanti dal gruppo "Uit Vrije Wil", per la libera scelta, che ha inviato
una lettera al Parlamento olandese, la cui maggioranza appare contraria alla misura. Gli
animatori della campagna, coordinata da Yvonne van Baarle, da quattro mesi portano
avanti un'azione di lobby all'interno del governo olandese affinché si modifichi la legge per
l'eutanasia, varata 10 anni fa, in modo da comprendere anche la possibilità di un suicidio
assistito per le persone che hanno superato i 70 anni e che non intendano più continuare
a vivere.
In questi mesi sono arrivate 120mila lettere e mail di persone che appoggiano questa
iniziativa, secondo quanto riporta il giornale olandese "De Volkskrant" citando la lettera
inviata al Parlamento in cui la campagna chiede che si avvii un dibattito per poter
comprendere anche il suicidio assistito nella legge sull'eutanasia.
"In alcune situazioni non si vede la possibilità di andare avanti con una vita che abbia un
pieno significato e si sente che invece di vivere si sopravvive", si legge nella lettera inviata
dalla campagna che finora ha ottenuto l'appoggio di personaggi del mondo dello
spettacolo olandese, come la conduttrice televisiva Mies Bouwman e l'attore Paul van
Vliet, e di politici come Frits Bolkenstein, del partito di destra VVd che fa parte della
coalizione di governo, o Hedy d'Ancona, del partito dell'opposizione Pvda.
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Nonostante questo, la maggioranza dei parlamentari appare contraria all'allargamento
della legge sull'eutanasia anche al suicidio assistito di over 70.
Per il Vvd - che governa con il democristiano Cda, con l'appoggio del partito dell'estrema
destra Pvv di Geert Wilders - è proprio il limite d'età la questione più controversa: "come si
fa a decidere che qualcuno di 69 anni debba essere distinto da qualcuno di 70 e più?" su
una questione così sensibile, afferma un portavoce del partito. Anche l'ordine nazionale
dei medici ha espresso la sua contrarietà.
2424 - GB - L’UOMO CHE VUOLE DECIDERE COME MORIRE
da: www.giornalettismo.com del 12 marzo 2012
Tony Nicklinson non è un malato terminale, ma vuole ugualmente smettere di vivere
Nel 2005 ha sofferto un attacco cardiaco che lo ha lasciato quasi completamente
paralizzato, tanto che comunica principalmente sbattendo le palpebre.
Ma per lui non è vita, così ha chiesto a un tribunale inglese una specie di nulla-osta con il
quale questi dovrebbe preventivamente dichiarare l’immunità per il medico che accetti di
assecondare la sua volontà di morte. Diversamente lo si priverebbe di un diritto, quello
d’uccidersi, che la stessa legge inglese gli riconosce.
Il caso di Nicklinson (nella foto con la moglie) non è il primo in assoluto, ma è il primo che
arriverà ad essere discusso, perché il tribunale ha rigettato il ricorso del governo che
invocava una riserva di giurisdizione intoccabile dalla magistratura. Per il tribunale inglese
la denuncia, che lamenta come la legge inglese leda i diritti garantiti dalla Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo, merita di essere esaminata.
Tuttavia la strada per l’appellante sembra essere in salita, anche una commissione inglese
d’esperti a favore di una modifica della legge vigente, che proibisce la pratica, ha suggerito
che il suicidio assistito sia consentito solo ai malati terminali, casi che escludono Nickilson
e tutti gli invalidi più o meno gravi, nonostante l’uomo sia praticamente rinchiuso in un
corpo che non risponde più ad alcun comando.
Solo Belgio Olanda, Lussemburgo e Svizzera in Europa consentono il suicidio assistito.
Nota. L’autorizzazione a portare il caso in tribunale è stata decisa da un giudice dell'Alta
Corte di Londra.
Dopo l'annuncio del giudice la moglie di Nicklinson, Jane, ha letto alla radio un comunicato
del marito in cui egli afferma: “Sono felice che i temi che riguardano la morte assistita
siano esposti in tribunale. I politici e il pubblico non si possono lamentare se i tribunali
forniscono una piattaforma di dibattito mentre la politica continua ad ignorare una delle
problematiche più importanti della nostra società di oggi.
Non è accettabile che la medicina del 21esimo secolo sia governata dalle attitudini verso
la morte del 20esimo”.
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2425 - LE VIGNETTE DI MARAMOTTI – VOLEVA LO STIPENDIO OGNI MESE…
2426 - LE VIGNETTE DI VIRUS – TROVIAMO UN ACCORDO…
2427 - LE VIGNETTE DI GIANFALCO - OBIEZIONE ANCHE PER LE MERCERIE
LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5127174 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.
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