Hai il coraggio?
Piccolo lessico controcorrente
c
Supplemento gratuito n. 32 a Il Nuovo Torrazzo n. 38 dell’8.10.2011
Stampato presso IGEP Pizzorni - Cremona
ciao ciao!
Prima di tutto, un grosso
Se anche tu sei stanco di vedere i soliti “personaggi” di cartapesta, i “modelli” di cartone e i
“Vip” di plastica, questo libretto fa per te!
Ti presento alcune persone che hanno avuto il
coraggio di vivere “controcorrente” e, in ambiti e modi diversi, sono stati davvero modelli e
Vip, di quelli di cui non ci si dimentica dopo tre
giorni, ma che ancora oggi suscitano fascino in
tantissima gente.
Sono persone che non si sono vergognate di
credere nei valori che valgono e della loro fede,
prendendo sul serio il messaggio di Gesù Cristo.
Così, con un coraggio non comune, hanno cambiato la parte di mondo nel quale hanno vissuto.
Ti auguro di diventare come loro e di essere
“come lampada che brilla in un luogo oscuro!”
(2Pt 1,19).
Hai il coraggio?
Io credo di sì!
1
Più forti del male
“Non lasciarti vincere dal male,
ma vinci con il bene il male” (Rom 12,21)
M
ai visitato un campo di concentramento nazista? Se non ci sei ancora stato, vacci appena puoi. Vedendo il lager di Auschwitz o di Dachau, capisci subito a quale grado di ferocia possa
giungere l’uomo e quanto sia terribile la cultura
dell’odio (guarda che non si è ancora finito di
odiare…). L’uomo contemporaneo – se da un lato
sa realizzare cose straordinarie e meravigliose - è
anche capace di tante crudeltà; i mezzi di comunicazione non ci risparmiano notizie di violenze,
spesso anche tra familiari…
Sembrerebbe che odio e violenza siano i binari sui quali corre il mondo, tanto che può venir
da pensare che sia inutile e vano ogni appello al
bene e alla pace.
Non è così! Ciascuno di noi ha in sé una forza talmente grande per combattere il male e per
realizzare qualcosa di straordinario che può cambiare il mondo. Ma prima dobbiamo imparare a
riconoscere il male come male e vincere l’indifferenza che ci narcotizza.
Dentro di te c’è tanto bene. Hai il coraggio di
riconoscerlo e di metterlo al centro delle tue scelte? Hai il coraggio di farlo crescere? Tu sei un portatore del bene: hai il coraggio di dargli il giusto
valore? Non devi pensare che sia inutile. Prima di
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te, altri hanno seminato il bene in questo mondo
e lo hanno certamente cambiato, almeno per coloro che hanno incontrato.
Ti presento due donne
Edith Stein (1891- Auschwitz 9 agosto 1942),
appartenente ad una famiglia di Ebrei ortodossi,
diventa atea nel 1904. Terminate le scuole superiori,
si iscrive alla facoltà di filosofia per trovare risposte
al proprio bisogno dare
senso alla vita e di cercare
la verità. Dopo la laurea,
ottenuta nel 1916, diventa
membro della Facoltà di
Friburgo. Intanto riprende la sua ricerca spirituale
che la porterà a superare
l’ateismo prima, a lasciare
formalmente l’ebraismo
nel 1921 e a farsi battezzare nel 1922. Successivamente diventa suora di clausura con il nome di
Teresa Benedetta della Croce. Catturata dai nazisti perché di origine ebraica, Edith è stata interna-
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ta nel campo di concentramento di Auschwitz e
poi uccisa nella camera a gas.
Che cosa può aver fatto, di straordinario, una
suora di clausura? I testimoni raccontano della
sua fede forte e decisa, della sua serenità, capaci
di consolare i sofferenti e i disperati internati ad
Auschwitz. Raccontano della sua dedizione agli
altri nel lager nazista, proprio lì dove il bene sembrava cancellato e ogni speranza sembrava soffocata... Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata santa nel 1998 e nel 1999 l’ha dichiarata compatrona
d’Europa.

Scriveva Edith Stein:
“Oggi non è niente essere santi; occorre la
santità che il momento presente esige, una
santità nuova, senza precedenti”.
“Ciò che possiamo fare, in paragone a quanto ci viene dato, è sempre poco”.
“Chi cerca la verità, consapevolmente o inconsapevolmente, cerca Dio”.
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Etty Hillesum (1914 - Auschwitz 30 novembre
1943), laureata in giurisprudenza, era una scrittrice olandese di origine ebraica e dattilografa presso il Consiglio Ebraico. Nel 1942, pur avendo avuto la possibilità di salvarsi
dalla cattura dei nazisti,
decise di condividere fino
in fondo la sorte del suo
popolo per rispettare con
decisione le proprie convinzioni religiose. Internata
ad Auschwitz il 7 settembre del 1943 insieme alla
sua famiglia, venne uccisa
pochi giorni dopo nella camera a gas. Nel suo dramma individuale, attraverso
l’esperienza del dolore,
Etty passa dalla “paura di vivere” ad una vita che
trova il suo senso spendendosi per il prossimo:
la risposta al male presente nel mondo è l’amore
per gli altri. Nel dramma dello sterminio nazista
del popolo ebraico, Etty non ha perso la sua fede
in Dio e la fiducia nelle capacità che l’uomo ha
di compiere il bene, se lo vuole; è convinta che
Dio e l’uomo vogliano testimoni, non dei semplici
maestri.
(9)

Scriveva Etty Hillesum:
“Deve esserci qualcuno che passi attraverso
tutto ciò e testimoni che Dio è vivo, persino in
tempi come questi. E perché non dovrei essere io quel testimone?”;
“Credo che sia soprattutto la paura di sprecarsi a sottrarre alle persone le loro forze
migliori”.
“Amo così tanto gli altri perché amo in
ognuno un pezzetto di te, mio Dio. Ti cerco
in tutti gli uomini e spesso trovo in loro qualcosa di te”.
“Non credo che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza prima aver fatto
la nostra parte dentro di noi”.
( 10)
2
Ribelli per amore
Scegli di andare controcorrente
vivendo secondo il Vangelo
L’amore giunge sino alla donazione
più smisurata della propria vita
S
ei contento di come vanno le cose nel nostro
Paese? Viviamo in una grave crisi economica,
politica e sociale. Molte famiglie sono cadute
nella povertà, molti giovani non trovano lavoro e
tanti altri lo hanno perso, il futuro è incerto e fa
pura… Diverse persone appartenenti alla classe
dirigente sembrano aver dimenticato la ricerca
del bene e della giustizia per tutti (cioè i valori
morali) a vantaggio di tornaconti personali o di
partito…
Se non sei contento, allora ribellati, ma solo
per amore. E la “ribellione” di cui parlo non è
certamente quella violenta: è avere il coraggio di
dire no all’ingiustizia, da qualunque parte venga;
é impegnarsi a costruire il bene comune; è cambiare le cose con la testimonianza, portando i
valori della pace, della giustizia, del rispetto della
dignità dell’uomo in una società che tende a dimenticarli; è la “ribellione” delle Beatitudini che
domandano apertura a Dio, attenzione agli altri,
solidarietà, pace, giustizia… Per questo, se vedi
l’ingiustizia, non girare la testa: denunciala! Se
vedi odio e violenza, non fare finta di niente: pretendi la pace! Se incontri chiusure ed egoismo,
non chiudere gli occhi: insegna ad amare! Se vedi
l’ipocrisia, non adeguarti: smascherala! Se ti im-
( 13)
batti nell’opportunismo, non lasciarti lusingare:
screditalo! Se vedi l’indifferenza, non adeguarti:
apri i tuoi occhi e falli aprire agli altri! Questa è la
ribellione di cui parla il Vangelo.
Molte persone oggi sono convinte che la religione debba essere completamente separata non
solo dallo Stato, ma anche dalla società e ritengono che essa non debba influire o venire coinvolta nei processi sociali ed educativi. La religione
andrebbe considerata esclusivamente come un
affare privato, individuale, che non ha nulla a che
fare con la vita pubblica. Questo modo di concepire le cose cerca di spingere la religione in un
ghetto e di ridurla a devozione privata.
La fede ha, invece, una dimensione pubblica,
comunitaria. Il cristianesimo si interessa della
vita delle singole persone così come dei rapporti interpersonali e sociali (pensa all’impegno per
aiutare il prossimo, i poveri, gli ammalati…); coinvolge diversi popoli e culture. Promuove la dignità di tutte le persone, di tutti i poveri del mondo,
che non hanno voce tra i potenti. Il messaggio del
Vangelo difende la libertà di ogni uomo e donna, domanda il rispetto della libertà religiosa; il
Vangelo esige il rispetto della giustizia là dove i
più deboli vengono sfruttati e calpestati, pretende che l’attenzione verso le persone prevalga sul
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profitto e sugli interessi economici. Non vi è alcuna dimensione dell’uomo (individuale e comunitaria) che sia estranea a Cristo
Per questo la Chiesa incoraggia i responsabili
delle nazioni e tutti gli uomini di buona volontà
ad impegnarsi risolutamente per il bene comune
della società così da costruire un mondo libero,
solidale, dove gli uomini si diano la mano, perché
fratelli.
Ti presento
Teresio Olivelli (Bellagio, 1916 – Hersbruck
1945). Nato a Bellagio da una famiglia benestante, dopo il liceo si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e partecipa all’Azione Cattolica e alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.I.).
Entrato a far parte del fascismo, nel 1939 scrive
un documento favorevole al razzismo, nel quale
emerge con forza il suo antisemitismo, e successivamente viene chiamato a collaborare con il Ministero degli Interni fascista.
Nel 1942 si arruola volontario negli Alpini e parte con l’ARMIR per il fronte russo. Tornato in Italia, il 9 settembre, dopo l’armistizio, viene catturato dai tedeschi e inviato al carcere di Innsbruck,
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dal quale riesce ad evadere. Ma durante la prigionia Teresio entra in crisi e conosce una vera e
propria conversione che lo cambia umanamente
e spiritualmente.
Tornato in Italia, si aggrega ai partigiani e fonda
il giornale “Il Ribelle”, sul
quale scrive con lo pseudonimo “Cursor”. Nei suoi
articoli sostiene che la vera
Resistenza è la ribellione,
la “rivolta dello spirito” a
tutto ciò che è odio, violenza, sopruso, ingiustizia,
tirannide.
Entra negli scout clandestini e aiuta gli Ebrei e i
ricercati politici a fuggire in
Svizzera per metterli in salvo dai rastrellamenti nazisti e fascisti.
A Milano, il 27 aprile 1944, viene nuovamente
arrestato, incarcerato a San Vittore e torturato
per il suo impegno a favore degli Ebrei e per l’antifascismo.
Trasferito ad Hersbruck, mentre cerca di aiutare un prigioniero violentemente percosso da una
guardia, facendogli da scudo con il proprio corpo,
( 16)
riceve un fortissimo calcio al ventre, a causa del
quale muore il 17 gennaio 1945. Dal 1966 è in
corso la causa per la sua beatificazione.

Scriveva Teresio:
Preghiera del ribelle
Signore,
che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce,
segno di contraddizione,
che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito
contro le perfidie e gli interessi dei dominanti,
la sordità inerte della massa,
a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele
che in noi e prima di noi ha calpestato Te,
fonte di libere vite,
dà la forza della ribellione.
Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi:
Alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà,
moltiplica le nostre forze,
vestici della Tua armatura.
( 17)
Noi Ti preghiamo, Signore.
Tu che fosti respinto, vituperato,
tradito, perseguitato, crocefisso,
nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria:
Sii nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno,
conforto nell’amarezza.
Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario,
facci limpidi e diritti.
Nella tortura serra le nostre labbra.
Spezzaci, non lasciarci piegare.
Se cadremo, fa’ che il nostro sangue si unisca
al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti
a crescere al mondo giustizia e carità.
Tu dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita”
rendi nel dolore all’Italia una vita
generosa e severa.
Liberaci dalla tentazione degli affetti:
veglia Tu sulle nostre famiglie.
Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città,
dal fondo delle prigioni,
noi Ti preghiamo:
sia in noi la pace che Tu solo sai dare.
( 18)
Dio della pace e degli eserciti,
Signore che porti la spada e la gioia,
ascolta la preghiera di noi
ribelli per amore.
«Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo
lottare contro un persecutore ancora più
insidioso, un nemico che lusinga. Non ci
flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (donandoci così
la vita), ma ci arricchisce per la morte;
non ci spinge verso la libertà mettendoci
in carcere, ma verso la schiavitù, invitandoci e onorandoci nel palazzo. Non ci
colpisce il corpo, ma prende possesso del
cuore; non ci taglia la testa con la spada,
ma ci uccide l’anima con il denaro”
(s. Ilario di Poitiers - IV secolo)
( 19)
3
La forza del perdono
Solo il perdono sradica l’odio
I
n Algeria, e precisamente a Tibhirine, vi è un piccolo monastero con una comunità di trappisti:
monaci di clausura, dediti alla preghiera e al lavoro manuale. In Algeria tutti sono mussulmani,
non ci sono cristiani, ad esclusine di circa 600 persone: 310 religiosi (110 sacerdoti, 4 vescovi, 200
suore…) e 300 laici missionari.
Cosa ci facevano, allora, a Tibhirine i sette monaci trappisti? Non cercavano di convertire nessuno, rispettavano tutti, religione islamica compresa, pregavano e vivevano del loro lavoro nel
monastero. Eppure percepivano una crescente
ostilità da parte dei fondamentalisti islamici (non
da parte degli altri mussulmani!) e immaginavano
che, prima o poi, avrebbero potuto pagare con la
vita, semplicemente a motivo della loro fede.
Tra i loro scritti e nelle confidenze da essi fatte
ad amici, sono senz’altro due le cose che emergono: la loro fede sincera che si fa ricerca profonda
di un incontro con Dio; l’amore per gli islamici,
che diventa offerta di perdono, qualora qualcuno
di essi avesse attentato alla loro vita. Sì, perché il
perdono è amore. E richiede coraggio. Ci vuole
coraggio ad amare. Ci vuole coraggio a perdonare… Il perdono non è - come si pensa - una semplice parola, ormai logora; non è ingenuità né
debolezza. Il perdono è una scommessa sul va-
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lore dell’altra persona, è fiducia, è offrire nuove
possibilità, è vedere la grandezza dell’uomo al di
là dei suoi sbagli, è speranza… Il perdono è guardare l’altro negli occhi, prenderlo per mano e aiutarlo ad diventare “più uomo”. E come si diventa
“più uomini?”, come si fa ad essere “più umani”?
Prendendo le distanze dal male, anzi, vincendo il
male facendo il bene, con serietà, con impegno,
con determinazione… Che ci facevano quei monaci a Tibhirine? Pregavano e amavano.
Nella notte del 26 marzo 1996 i sette monaci
di questa comunità sono stati rapiti da un gruppo
di fondamentalisti islamici. Di fratel Christian de
Chergé, priore della comunità, 59 anni; fratel Luc
Dochier, 82 anni; fratel Christophe Lebreton, 45
anni; fratel Bruno Lemarchand, 66 anni; fratel Michel Fleury, 52 anni; fratel Célestin Ringeard, 62
anni; Frère Paul Favre-Miville, 57 anni, per circa
due mesi si è persa ogni traccia. Un gruppo di fondamentalisti islamici il 21 maggio annuncia: <<Ai
monaci abbiamo tagliato la gola>>. Il 30 maggio
vengono ritrovati morti...
Forse ti chiederai: “a che cosa è servita questa
follia?”. Non so darti una risposta univoca, chiara e precisa… Ma certamente ci hanno mostrato
fino a che punto si può arrivare quando si ama
l’altro, ci hanno fatto vedere concretamente la
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forza del perdono (quella stessa forza che usa Dio
anche verso di noi). Certamente ti hanno suscitato domande… Non lasciarle cadere nel vuoto, hai
il coraggio?

Scriveva Fratel Christian de Chergé:
“Di notte, quando altri prendono le armi, voi
prendete il Vangelo!” (Christian De Chergé,
Più forti dell’odio, ed. Qiqajon, 2010)
Testamento spirituale
di fratel Christian de Chergé
Quando si profila un ad-Dio
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere
anche oggi) di essere vittima del terrorismo che
sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri
che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo
paese.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non
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ne ha neanche meno. In ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza
per sapermi complice del male che sembra,
ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello
che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo
di lucidità che mi permettesse di sollecitare il
perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il
cuore chi mi avesse colpito.
[…] So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi.
So anche le caricature dell’islam che un certo
islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi
a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.
[…] Evidentemente, la mia morte sembrerà dar
ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: “Dica adesso
quel che ne pensa!”. Ma costoro devono sapere
che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio,
immergere il mio sguardo in quello del Padre,
per contemplare con lui i suoi figli dell’islam
come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti
del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà
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sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire
la somiglianza, giocando con le differenze.
[… Rivolgendosi al suo uccisore] E anche te,
amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo
quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo
grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che
ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen!
Insc’Allah
Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio 1994
Christian
Ti suggerisco:
* Leggi il libro: Christian De Chergé,
Più forti dell’odio, ed. Qiqajon, 2010
* Guarda il film: Uomini di Dio
Regia: Xavier Beauvois,
Francia 2010
(Gran premio al Festival di Cannes)
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4
Tu come loro
Custodisci la fiamma
che Dio ha acceso nel tuo cuore
C
ome padre Massimilano Kolbe o madre Teresa di Calcutta o moltissimi altri che nell’anonimato hanno iniettato nel mondo la speranza e
la testimonianza dell’amore, davanti al male Edith
Stein, Etty Hillesum, Teresio Olivelli, Fratel Christian de Chergé e i suoi compagni monaci non
si sono arresi, ma hanno combattuto portando
il bene proprio lì dove lo si voleva cancellare. Il
loro segreto è stata una fede schietta in Dio che
ha vinto il male e la morte.
Pensaci: non sono luci che splendono nella notte? Il male va combattuto con il bene e il bene
risplende proprio dove il buio è più fitto. Non limitarti a costatare i problemi: cambia il mondo!
Non lasciare spazio alla rassegnazione e alla sfiducia: diventa, per gli altri, motivo di speranza!
Non permettere che cresca la sfiducia nell’uomo:
mostra, attraverso al tua sensibilità e le tue doti,
quanto grande può essere l’uomo! Non aspettare
che comincino gli altri a cambiare le cose: fai tu il
primo passo!
San Paolo scriveva: “Non lasciarti vincere dal
male, ma vinci il male con il bene” (Rom 12,21).
Hai il coraggio?
(29)
Preghiera semplice
Signore, fa di me uno strumento della tua pace.
Dove è odio, fa che io porti amore.
Dove è offesa, che io porti il perdono.
Dove è discordia, che io porti la fede.
Dove è l’errore, che io porti la verità.
Dove è dubbio, che io porti la fede.
Dove è disperazione, che io porti la speranza.
Dove è tristezza, che io porti la gioia.
Dove sono le tenebre, che io porti la luce.
O divino maestro,
che io non cerchi tanto di essere consolato,
quanto di consolare.
Di essere compreso, quanto di comprendere.
Di essere amato, quanto di amare
Poichè, è dando che si riceve;
dimenticandosi, che si trova comprensione;
perdonando, che si è perdonati;
morendo, che si risorge alla vita eterna.
(30)
...Noi ci Impegniamo...
Noi ci impegniamo…
Ci impegniamo noi, e non gli altri;
unicamente noi, e non gli altri;
né chi sta in alto, né chi sta in basso;
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegniamo,
senza pretendere che gli altri si impegnino,
con noi o per conto loro,
con noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s’impegna,
senza accusare chi non s’impegna,
senza condannare chi non s’impegna,
senza cercare perché non s’impegna.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il primo fiore,
la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d’acqua
l’amore col primo pegno.
Ci impegniamo
perché noi crediamo nell’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta
a impegnarci perpetuamente.
don Primo Mazzolari
( 31)
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