Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it L LaVita dal 1897 G I O R N A L E a terza domenica di pasqua, centrata sulla figura del buon pastore (o bel pastore, come dice il testo originale) diventa l’occasione per riflettere in termini sempre aggiornati sul ministero pastorale voluto da Cristo, anzitutto sulla figura del vescovo, che di questa funzione ecclesiale rimane il primo e massimo rappresentante. La revisione della sua immagine è andata di pari passo con la riscoperta della chiesa particolare, praticamente dimenticata nel corso dei secoli, che egli è chiamato a presiedere in forza della sua stessa consacrazione e non per benevola concessione di un’autorità esterna. “In principio erano i vescovi”, diceva con forza uno dei più grandi teologi contemporanei, Karl Rahner. Un’affermazione che rispecchia l’intera nuova impostazione della teologia del ministero ordinato, al di là del vecchia concezione, basata sul concetto di sacerdozio, che per forza di cose doveva ridurre l’episcopato a una funzione semplicemente giuridica, delegata e onorifica. Guida e pastore della chiesa particolare (o diocesi), manifestazione e incarnazione della chiesa cattolica, il vescovo trova nel concilio Vaticano II l’espressione definitiva della sua vera identità e della sua funzione, fondamentale nella vita e nell’organizzazione della sua chiesa. Maestro della Parola, primo responsabile della vita liturgica, egli è la guida pastorale indiscussa del gregge che gli è stato affidato, suo visibile principio e fondamento di raccordo e di unità. In più, come membro del collegio episcopale, egli partecipa con tutti gli altri vescovi, “cum papa et sub papa”, alla direzione della chiesa universale. Accanto a lui si trovano i ministri subordinati (i presbiteri), suoi necessari collaboratori nell’adempimento di una missione che egli non può eseguire da solo. Fra tutti esiste (o dovrebbe esistere) una collaborazione fraterna e solidale, cui, per la loro parte, sono chiamati a partecipare anche i diaconi, con l’ultima parola lasciata al vescovo: ai collaboratori è concessa solo la facoltà del consiglio. Un’affermazione che, così come suona e come sta dimostrando ogni giorno l’attuale situazione della chiesa, sembra eccessivamente generosa nei suoi riguardi e ingiustamente limitativa per i suoi collaboratori, laici compresi. Su tale questione verte la discussione più animata in questo momento. È il problema della sinodalità. Ogni volta che si parla di potere, si pone anche il problema dei suoi limiti. Un discorso che vale anche (si direbbe soprattutto) all’interno di una comunità come quella cristiana, in cui tutti i componenti sono inabitati e animati dallo Spirito Santo. È vero che uno dei grandi testimoni della chiesa primitiva, Ignazio di Antiochia, scriveva giustamente che niente si deve fare senza il vescovo, 19 Anno 117 C A T T O L I C O 18 MAGGIO 2014 T O S C A N O e1,10 1,10 e Il vescovo nella sua chiesa ma è anche vero che un altro testimone dello stesso tempo, Cipriano di Cartagine, aggiungeva che altrettanto deve saper fare il vescovo nell’esercizio del suo ministero: “Niente senza il presbiterio”; anzi addirittura: “niente senza il popolo di Dio”. La chiesa attuale è sospesa a questa problematica, di cui da più parti si avverte l’importanza decisiva per il nostro futuro. Il concilio ci ripete che la partecipazione alla vita della chiesa (insegnamento compreso) è comune a tutti i membri battezzati, anche se la responsabilità dei singoli componenti è diversificata e complementare. Una questione delicatissima in cui non si può procedere per sentito dire e per approssimazione, ma comunitariamente e con il contributo di tutti, compresa la gerarchia. Papa Francesco, con le sue azioni e le sue parole, ci sta dando un aiuto decisivo per la soluzione dell’importante problema. Ma il popolo cristiano è attualmente capace di usufruire pienamente delle responsabilità di cui l’ha investito la riflessione teologica e lo stesso magistero della chiesa? Certamente no, se si pensa al popolo cristiano nella sua totalità; però è anche vero che ci sono persone e gruppi già in possesso di questa capacità, che rimane comunque da approfondire ed estendere il più possibile per una crescita qualitativa e collettiva delle nostre comunità. Le grandi idee, come quella di cui stiamo parlando, esigono attenzione, concentrazione, volontà decisa per poterle mettere in pratica. Per questo, le nostre comunità sono chiamate a svestirsi dell’abito comodo della delega e del dolce far nulla e rivestire i panni della partecipazione responsabile e della corresponsabilità. La chiesa appartiene indistintamente a tutti. La sinodalità è la parola d’ordine del momento. Nessuna usurpazione di potere e nessuno spirito rivoluzionario. Siamo nell’ordine voluto dalla chiesa conciliare e post-conciliare. Essendo la comunione la nota fondamentale della chiesa – è stato detto dallo stesso magistero-, ci deve essere partecipazione e corresponsabilità in ogni suo ordine e grado. Cioè nella chiesa universale, nella chiesa particolare o diocesana, nella chiesa parrocchiale. Una indicazione preziosa da valorizzare a pieno, perché su questa tematica saremo giudicati da Dio e dalla storia. Su di essa sta il segreto della nostra riuscita o del nostro fallimento. Giordano Frosini L’identità del vescovo ideale Papa Francesco ha tracciato l’identikit del vescovo indicando in tal modo i temi fondamentali per la nostra riflessione e la nostra preghiera in attesa della nomina del nuovo vescovo. Un invito rivolto alle parrocchie, alle associazioni, ai gruppi e a tutte le persone della nostra diocesi A PAGINA 2 2 primo piano Le doti di un vescovo Vescovi “kerigmatici” Secondo At. 6,10-7, gli Apostoli impongono le mani su coloro che devono servire le mense perché non possono «lasciare da parte la Parola di Dio». Poiché la fede viene dall’annuncio, abbiamo bisogno di vescovi kerigmatici. Uomini che rendono accessibile quel “per voi” di cui parla san Paolo. Uomini custodi della dottrina non per misurare quanto il mondo viva distante dalla verità che essa contiene, ma per affascinare il mondo, per incantarlo con la bellezza dell’amore, per sedurlo con l’offerta della libertà donata dal Vangelo. La chiesa non ha bisogno di apologeti delle proprie cause né di crociati delle proprie battaglie, ma di seminatori umili e fiduciosi della verità, che sanno che essa è sempre loro di nuovo consegnata e si fidano della sua potenza.Vescovi consapevoli che anche quando sarà notte e la fatica del giorno li troverà stanchi, nel campo le sementi staranno germinando. Uomini pazienti perché sanno che la zizzania non sarà mai così tanta da riempire il campo. Il cuore umano è fatto per il grano, è stato il nemico che di nascosto ha gettato il cattivo seme. Il tempo della zizzania tuttavia è già irrevocabilmente fissato. Bisogna quindi impegnarsi piuttosto sulla preparazione del terreno, sulla larghezza della semina. Agire come fiduciosi seminatori, evitando la paura di chi si illude che il raccolto dipenda solo da sé, o l’atteggiamento disperato degli scolari che, avendo tralasciato di fare i compiti, gridano che ormai non c’è più nulla da fare. Vescovi oranti Il medesimo testo di At 6,1-7 si riferisce alla preghiera come ad uno dei due compiti essenziali del vescovo: «Dunque, fratelli, cercate tra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della parola» (vv. 3-4). Ho parlato di vescovi kerigmatici, adesso segnalo l’altro tratto dell’identità del vescovo: uomo di preghiera. La stessa parresia che deve avere nell’annuncio della parola, deve averla nella preghiera, trattando con Dio nostro Signore il bene del suo popolo, la salvezza del suo popolo. Coraggioso nella preghiera di intercessione come Abramo, che negoziava con Dio la salvezza di quella gente (cfr Gen 18,22-33); come Mosè quando si sente impotente per guidare il popolo (Nm 11,10-15), quando il Signore è stufo del suo popolo (cfr Nm 14,10-19), o quando gli dice che sta per distruggere il popolo e promette a lui di farlo capo di un altro popolo. Quel coraggio di dire no, non negozio il mio popolo, davanti a lui! (cfr Es 32,11-14.30-32). Un uomo che non ha il coraggio di discutere con Dio in favore del Vita La n. 19 18 Maggio 2014 I vescovi secondo Papa Francesco Pastori Per scegliere tali ministri abbiamo bisogno tutti Vescovi Nelle parole che ho rivolto ai noi di elevarci, di salire anche noi al “piano rappresentanti pontifici, ho così superiore”. Non possiamo fare a meno di salire, tracciato il profilo dei candidati siano pastori vicini non possiamo accontentarci delle misure basse. all’episcopato: alla gente, «padri e fratelli, siano Dobbiamo alzarci oltre e sopra le nostre eventuali miti, pazienti e misericordiosi; preferenze, simpatie, appartenenze o tendenze amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche per entrare nell’ampiezza dell’orizzonte di Dio esteriore come semplicità e aue per trovare questi portatori del suo sguardo sterità di vita, che non abbiano una psicologia da “Principi”; … dall’alto. Non uomini condizionati dalla paura non siano ambiziosi e che dal basso, ma Pastori dotati di parresia, capaci che non ricerchino l’episcopato … di assicurare che nel mondo c’è un sacramento siano sposi di una chiesa, sendi unità e perciò l’umanità non è destinata allo za essere in costante ricerca di un’altra - questo si chiama sbando e allo smarrimento adulterio. Siano capaci di “sorsuo popolo non può essere vescovo -questo lo dico dal cuore, sono convinto-, e neppure colui che non è capace di assumere la missione di portare il popolo di Dio fino al luogo che lui, il Signore, gli indica (cfr Es 32,33-34). E questo vale anche per la pazienza apostolica: la medesima hypomone che deve esercitare nella predicazione della parola (cfr 2 Cor 6,4) la deve avere nella sua preghiera. Il vescovo dev’essere capace di “entrare in pazienza” davanti a Dio, guardando e lasciandosi guardare, cercando e lasciandosi cercare, trovando e lasciandosi trovare, pazientemente davanti al Signore. Tante volte addormentandosi davanti al Signore, ma questo è buono, fa bene! Parresia e hypomone nella preghiera forgiano il cuore del vescovo e lo accompagnano nella parresia e nella hypomone che deve avere nell’annuncio della parola nel kerigma. Questo capisco quando leggo il versetto 4 del capitolo 6 degli Atti degli apostoli. vegliare” il gregge che sarà loro affidato, di avere cioè cura per tutto che lo mantiene unito; … capaci di “vegliare” per il gregge» (21 giugno 2013). Ribadisco che la chiesa ha bisogno di pastori autentici; e vorrei approfondire questo profilo del pastore. Guardiamo il testamento dell’apostolo Paolo (cfr At 20,17-38). Si tratta dell’unico discorso pronunciato dall’Apostolo nel libro degli Atti che è diretto ai cristiani. Non parla ai suoi avversari farisei, né ai sapienti greci, ma ai suoi. Parla a noi. Egli affida Dall’Evangelii gaudium Ogni chiesa particolare, porzione della chiesa cattolica sotto la guida del suo Vescovo, è anch’essa chiamata alla conversione missionaria. Essa è il soggetto dell’evangelizzazione, in quanto è la manifestazione concreta dell’unica chiesa in un luogo del mondo, e in essa «è veramente presente e opera la chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica». È la chiesa incarnata in uno spazio determinato, provvista di tutti i mezzi di salvezza donati da Cristo, però con un volto locale. La sua gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella sua preoccupazione di annunciarlo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali. Si impegna a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del risorto. Affinché questo impulso missionario sia sempre più intenso, generoso e fecondo, esorto anche ciascuna chiesa particolare ad entrare in un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma. Il vescovo deve sempre favorire la comunione missionaria nella sua chiesa diocesana perseguendo l’ideale delle prime comunità cristiane, nelle quali i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola (cfr At 4,32). Perciò, a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo, altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e -soprattutto- perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. Nella sua missione di favorire una comunione dinamica, aperta e missionaria, dovrà stimolare e ricercare la maturazione degli organismi di partecipazione proposti dal codice di diritto canonico e di altre forme di dialogo pastorale, con il desiderio di ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i complimenti. Ma l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principalmente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti. i pastori della chiesa «alla parola della grazia che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità». Dunque, non padroni della parola, ma consegnati a essa, servi della parola. Solo così è possibile edificare e ottenere l’eredità dei santi. A quanti si tormentano con la domanda sulla propria eredità – “qual è il lascito di un vescovo? L’oro o l’argento?” - Paolo risponde: la santità. La chiesa rimane quando si dilata la santità di Dio nei suoi membri. Quando dal suo cuore intimo, che è la Trinità santissima, tale santità sgorga e raggiunge l’intero corpo. C’è bisogno che l’unzione dall’alto scorra fino all’orlo del mantello. Un vescovo non potrebbe mai rinunciare all’ansia che l’olio dello spirito di santità arrivi fino all’ultimo lembo della veste della sua chiesa. Il concilio Vaticano II afferma che ai vescovi «è pienamente affidato l’ufficio pastorale, ossia l’assidua e quotidiana cura del gregge» (Lumen gentium, 27). Bisogna soffermarsi di più su questi due qualificativi della cura del gregge: assidua e quotidiana. Nel nostro tempo l’assiduità e la quotidianità sono spesso associate alla routine e alla noia. Perciò non di rado si cerca di scappare verso un permanente “altrove”. Questa è una tentazione dei pastori, di tutti i pastori. I padri spirituali devono spiegarcelo bene, affinché noi lo capiamo e non cadiamo. Anche nella chiesa purtroppo non siamo esenti da questo rischio. Perciò è importante ribadire che la missione del vescovo esige assiduità e quotidianità. Io penso che in questo tempo di incontri e di convegni è tanto attuale il decreto di residenza del concilio di Trento: è tanto attuale e sarebbe bello che la Congregazione dei Vescovi scrivesse qualcosa su questo. Al gregge serve trovare spazio nel cuore del pastore. Se questo non è saldamente ancorato in sé stesso, in Cristo e nella sua chiesa, sarà continuamente sballottato dalle onde alla ricerca di effimere compensazioni e non offrirà al gregge alcun riparo. Conclusione Alla fine di queste mie parole mi domando: dove possiamo trovare tali uomini? Non è facile. Ci sono? Come selezionarli? Penso al profeta Samuele alla ricerca del successore di Saul (cfr 1 Sam 16,11-13) che domanda al vecchio Iesse: «Sono qui tutti i suoi figli?», e sentendo che il piccolo Davide era a pascolare il gregge ordina: «Manda a prenderlo». Anche noi non possiamo fare a meno di scrutare i campi della chiesa cercando chi presentare al Signore perche egli ti dica: «Ungilo: è lui!». Sono certo che essi ci sono, perché il Signore non abbandona la sua chiesa. Forse siamo noi che non giriamo abbastanza per i campi a cercarli. Forse ci serve l’avvertenza di Samuele: «Non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». È di questa santa inquietudine che vorrei vivesse questa congregazione. dal discorso di Papa Francesco del 27 febbraio 2014 Vita La 18 Maggio 2014 n. 19 LEGGERE è PENSARE Storia del “giallo” La Veronica di Péguy 3 di Alessandro Orlando “ Invece è l’uomo di famiglia a essere un avventuriero, colui che vive non solo alcune avventure, ma una sola, una grande, un’immensa, una totale avventura; l’avventura più terribile, la più costantemente tragica; la cui vita stessa è un’avventura, il tessuto stesso della vita, la trama e l’ordine, il pane quotidiano”. L’elogio del quotidiano, dell’apparentemente “borghese” e insulso, non appartiene solo a Chesterton e a Manzoni, oltre che a Pascoli, solo per fare pochi nomi. Anche Charles Péguy (1873-1914) di cui cade quest’anno il centenario della morte in battaglia durante la prima fase della Grande Guerra, riteneva che ci fosse più eroismo nel labirinto della quotidiana lotta del signor nessuno che nei duelli tra cavalieri medioevali. Anche lui, come Kierkegaard, aveva di fronte la scelta estetico-intellettuale, anche lui conosceva le tentazioni del don Giovanni o, all’opposto, del misticismo senza materia. E anche lui aveva capito, anzi, soprattutto lui, che il grande coraggio è quello di offrire se stessi non per una roboante causa, ma per costruire una vita comune nella modestia e nell’apparente noia, se non nell’indigenza e nella paura. Gli snob alla Wilde sarebbero inorriditi di fronte a questa professione di scelta etica: l’uomo sposato e padre contro il superuomo-dandy o il nichilista imbevuto di Nietzsche o Schopenhauer. Il suo maestro semmai era stato il grande filosofo Bergson, colui che dalla cattedra della Sorbona aveva contribuito a demolire il materialismo del positi- Pubblicato da Marietti un testo che è un unicum nella letteratura moderna di Marco Testi vismo, riscoprendo l’intuizione e lo spirito. Ora è possibile leggere una sua sorprendete opera postuma, dalla quale abbiamo tratto le parole d’inizio, “Véronique. Dialogo della storia e dell’anima carnale” (Marietti, 207 pagine, con una postfazione di Giacomo Tantardini), che è un unicum nella letteratura moderna, perché non è né un romanzo, né un poema, né un saggio. Sarebbe, il condizionale è d’obbligo, un dialogo, se non fosse che i personaggi non sono persone vere e proprie e che vi è una presenza ostensiva, vale a dire continuamente presente anche quando non appare: la Veronica. Che c’entra la Veronica, colei che secondo alcuni apocrifi asciuga il sudore del Cristo durante il Calvario, con la personificazione della storia e con l’anima incarnata nell’uomo e nella donna? Péguy è convinto che la storia, la vecchia, stanca storia, non sia né quella ordinata e divisa in tanti bei periodi degli storici di professione, né quella senza senso dei nichilisti, ma che ad un certo punto ci sia stata una svolta, rappresentata dall’incarnazione di Cristo e dalla sua passione. L’umile, piccola, sco- nosciuta Veronica asciuga il mortale sudore di Gesù, e diviene scheggia che fa impazzire la storia, facendola uscire fuori dai binari razionalistici e deterministici. Quel semplice gesto fa della donna qualcosa di incomparabilmente diverso dai grandi gesti, di condottieri, avventurieri ed eroi che siano. Ma la storia, ammonisce Péguy, se non è solo materia, non è neanche solo spirito: “Negare il cielo quasi sicuramente non è pericoloso (…). E’ talmente superficiale. Negare la terra, invece, è allettante. (…) E’ là quindi, l’eresia pericolosa, l’eresia senza futuro”. Consapevole delle tentazioni apparentemente meno pericolose, l’antico socialista e poi cristiano ma ancora socialista in senso morale, Péguy attacca senza tregua le sirene della modernità, le mode, alcuni settori della Chiesa stessa, la fede vista come impiego e il socialismo usato come trampolino di lancio per la carriera politica, accollandosi sempre e comunque le conseguenze economiche e sociali della sua solitaria e coraggiosa battaglia. Una lezione morale valida anche e soprattutto ai nostri giorni. I l termine “giallo” che identifica questo genere letterario in verità trae origine dal colore che contrassegnava la collana specializzata italiana di genere, edita da Arnoldo Mondadori. In altri paesi si è parlato di “noir”, di “roman policier” (Francia), di “detective novel”, “mistery”, “thriller”, “suspense”, “crime novels”, “true novels” (paesi anglosassoni), “krime” (Germania). Anche su cosa si intenda per “romanzo giallo” si è parlato molto, varie le definizioni, ma sostanzialmente il romanzo poliziesco presuppone il racconto di un fatto criminoso con l’autore che presenta una storia, dei personaggi che la animano, disseminando la storia stessa di enigmi, quesiti, personaggi e eventi vari, in un crescendo di misteri da svelare. Insieme ai protagonisti ci sarà anche il lettore coinvolto in questa sorta di caccia al colpevole. Quindi una storia, un crimine, la caccia al responsabile, l’abilità nel trascinare anche il lettore a diventare parte attiva in tutto questo. Una cosa che fa sempre discutere è da quando si può cominciare a parlare di “giallo”. Alcuni partono da Shakespeare, altri da Sofocle, alcuni addirittura dalla Bibbia. Certamente spunti, indicazioni, personaggi, temi, ma tutto può dare inizio a un libro giallo, o meglio tutto può aver contribuito ROMANZO SUL DECLINO DEL REGIME COMUNISTA “Albania. Ultimo atto” di Leonardo Soldati D ebutto in lingua italiana per lo scrittore albanese Qerim Skenderaj, che vive da più di dieci anni a Pistoia, con “Albania. L’ultimo atto” edito da Albatros: un romanzo nato dall’esperienza del declino del regime comunista nel Paese d’origine, in una cornice di fatti realmente accaduti ma letterariamente inoltrati in una realtà simbolica, segno dell’amore dell’autore per il suo popolo e la sua terra d’origine, con le contraddizioni delle vicende narrate.Vito, il protagonista della storia, è scampato ad un eccidio, riesce dunque ad infiltrarsi nel regime autoritario, del quale si iniziano ad intravedere le prime “crepe”. Lo fa partendo dai livelli più bassi, venendo in contatto con la parte più pura del sottomesso popolo albanese che vive grandi difficoltà. Una testimonianza delle sofferenze vissute al tempo in Albania, con la personale indignazione dello scrittore verso una dittatura assolutista. L’opera è dedicata in particolare alle giovani generazioni, affinché «possano riconoscere il passato, riflettere sul presente e progettare il futuro» dice Skenderaj. Due i veri personaggi del romanzo, spiega, la vita e la morte. Con la prima che attacca la seconda «perché questa è capace di scrivere la storia. -afferma- La battaglia è terribile.Vengono puniti e muoiono innocenti soltanto perché la pensano diversamente dagli alleati della morte». Crollato il regime, però, viene meno anche il “muro” di silenzio che attraversa tutte le dittature più o meno velate. La vita dunque alla fine trionfa, in queste pagine piene di sentimenti e poesia, inizia una nuova epoca piena di luce e futuro. Adesso occorrono nuove pagine di storia e di sentimenti, su ciò che è accaduto successivamente in Albania, tra luci ed ombre. a piantare le radici di questa forma di letteratura. In effetti il romanzo giallo non è altro che la narrazione di un fatto criminale, del mistero che verte intorno a esso, cioè un delitto, la ricerca del colpevole, della motivazione del fatto, di come il delitto è stato commesso. Il detective conduce l’indagine attraverso la quale arriverà a individuare il colpevole. Certamente anche il lettore può avventurarsi su questa strada pur ignorando quello che poi per l’autore sarà il finale. Specialmente nei gialli “classici” la sfida a cui era chiamato il lettore basava su una serie di domande e anche di trappole a cui certamente dovevano rispondere l’incaricato delle indagini ma anche il lettore stesso. Sarebbe sbagliato definire il giallo solo come un enigma, nel giallo occorre una causa aderente alla realtà della vita quotidiana e a questo si arriva seguendo il processo investigativo, e d’altra parte ulteriore caratteristica del giallo è quello di ristabilire l’ordine e eliminare il mistero. Infine si può ricordare in questa specie di premessa che la narrativa poliziesca si affida molto al metodo deduttivo, cioè si parte dal generale per arrivare a basarsi sul particolare, ed in questo era maestro Sherlock Holmes, anche se molti giallisti sono ricorsi al metodo induttivo che si identifica nello studio di un minimo indizio, a volte insignificante, per arrivare al generale. Ma a parte le definizioni è importante ribadire che la letteratura gialla si affida al ragionamento, allo stimolare il lettore nell’analisi del caso, molti critici hanno parlato di letteratura di evasione, certo è che gli autori di romanzi gialli non scriveranno dei saggi ma nemmeno delle banalità. Poeti Contemporanei Virtù Grido al mondo l’innocenza torturata dei virtuosi, che dall’abisso della luce lottano e muoiono ogni giorno. Pace a chi soffre per essere migliore. Simone Magli www.simonemagli.blogspot.it 4 attualità ecclesiale Oltre 300mila persone in piazza san Pietro per un grande incontro della scuola italiana. “Si vede -ha scandito Francesco- che questa manifestazione non è contro, è per. Non è un lamento, è una festa!” n. 19 18 Maggio 2014 10 MAGGIO 2014 “Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola” di M. Michela Nicolais T ornare tra i banchi, con il cielo e il sole al posto del soffitto. Tutti insieme, senza etichette o distinzioni perché la scuola pubblica è statale e paritaria. Piazza San Pietro, è una grande aula in festa, abitata da tre generazioni: studenti, insegnanti, genitori. Non era mai accaduto che il mondo dell’educazione al completo si radunasse intorno al Papa. E Papa Francesco non ha deluso le attese.“Questo incontro è molto buono, un grande incontro della scuola italiana, tutta la scuola”, ha esordito.“Si vede che questa manifestazione non è contro, è per”, ha esclamato quasi rivolgendosi a ciascuno dei presenti: “Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola”. “Per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!”, il suo appello di congedo. Dall’“I care” di Barbiana al “We care” di Roma e dell’Italia Perché il futuro del Paese passa da qui: dalla passione per l’educare. A testimoniare che “la chiesa è per la scuola”, “ Dove sei?” è forse una delle domande più frequenti che un sacerdote impegnato nella scuola si sente rivolgere dai cristiani della propria parrocchia. Una domanda, che potrebbe essere avvertita quasi come un rimprovero, ma che rivela molto più il segno di una relazione radicata nelle nostre comunità e provocata da una discontinuità inattesa. Il tempo e la dedizione pastorale del sacerdote è sempre a servizio di tutta la chiesa, ma quando questo si realizza anche in ambienti non comuni alla storia recente dei nostri paesi, ecco il disappunto, lo sconcerto, la sorpresa e talvolta la fatica a comprendere. Papa Francesco ci chiede di non rimanere “pettinatori di pecore”, ma di essere sempre più “pescatori”, di non aver paura d’essere anche chiesa “incidentata”, perché osa frequentare strade diverse. I pochi sacerdoti impegnati nella scuola statale o nella scuola in genere possono a buona ragione essere annoverati tra i pescatori inviati a tessere reti non scontate e non sempre così evidenti. Dai corridoi alle aule scolastiche, dagli spazi di ricreazione ai collegi docenti, dalle lezioni ai dialoghi in chat con alunni e colleghi docenti, il mare nel quale un sacerdote docente di religione si trova a navigare è assai vasto e popolato. La maggioranza dei giovani che incontra nelle classi della scuola secondaria di secondo grado non frequenta più abitualmente i luoghi del sacro, siano essi la chiesa o l’oratorio. Qualcuno ancora per un po’ si ripresenta al Grest, ma sono i protagonisti di un inesorabile congedo dai noti spazi religiosi, quelli che un Vita La come recita il titolo dell’appuntamento di oggi, sono le oltre 300mila persone che hanno gremito piazza san Pietro e via della Conciliazione.Alle 14.30, solo mezz’ora dopo l’apertura dei varchi, la piazza era già tutta piena. Ha cominciato ad animarsi alle 15, con l’esibizione dal palco degli artisti seguiti dalle testimonianze. Colore dominante: il blu delle migliaia di fazzoletti sventolati a più riprese.Variopinti i cappellini degli studenti di tutte le età, dai 1.500 bambini delle scuole dell’infanzia fino agli agguerriti ragazzi dei licei. Fantasiosi e spiritosi gli striscioni. Uno per tutti: “Papa Francesco pensaci tu: brutti voti non ne vogliamo più”.Alle 16.15, puntuale, la jeep bianca scoperta con il Papa ha fatto il suo ingresso nella piazza: tre quarti d’ora la durata del “bagno di folla” da san Pietro fino alle sponde del Tevere. Poi il momento di spettacolo con attori come Max Giusti, Giulio Scarpati,Veronica Pivetti, e cantanti del calibro di Francesco Renga e Fiorella Mannoia. Ma anche saliti di recente all’attenzione del grande pubblico, come Niccolò Agliardi, autore della colonna sonora di “Braccialetti rossi”. Il segreto della scuola? “Imparare a imparare” Ne è convinto il Papa, che nel suo discorso ha rivelato: “Io amo la scuola, l’ho amata da alunno, da studente e da insegnante, e poi da vescovo”. Poi una confidenza, fuori testo, per spiegare che “non si cresce da solo, c’è sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere” : “Ho un’immagine, l’immagine del mio primo insegnante, quella maestra che mi ha preso a sei anni al primo livello della scuola. Mai ho potuto dimenticarla, lei mi ha fatto amare la scuola e poi io sono andato a trovarla durante tutta la vita, fino a quando è venuta a mancare, a 90 anni.Amo la scuola perché quella donna mi ha insegnato ad amarla”. La scuola, ha proseguito il Papa, è un luogo dove scuola/buone pratiche Nell’era del “touch” il sacerdote in classe è narrazione pura Il papa chiede ai preti di essere sempre più “pescatori”. I sacerdoti impegnati nella scuola statale o nella scuola in genere possono a buon ragione essere annoverati tra i pescatori inviati a tessere reti non scontate e non sempre così evidenti di Mario Da Ros docente di religione, sacerdote o laico, si trova nell’ora settimanale di Irc. È certamente una sfida dagli sviluppi mai prevedibili, quella di far ritrovare le coordinate culturali e sociali della dimensione spirituale dell’uomo alla fascia giovanile della popolazione presente a scuola. Non si tratta di fare catechesi, ma di una ricerca di senso, di un pellegrinaggio attraverso le domande e le testimonianze, l’eredità e le provocazioni di comunità cristiane oggi in seria difficoltà nel custodire e nell’accompagnare le giovani generazioni a vivere in modo personale la propria libera vicenda religiosa. Un sacerdote a scuola è memoria di una tradizione e insieme occhi spalancati sulle anche più piccole scintille di speranza. Ricorda il dono della fede o almeno la storia di un insegnamento di cui spesso la nostra famiglia ci ha fatto eredi, accende una possibile domanda di senso, che non sia semplice verifica di un’idea, ma effettivo cammino di ricerca personale e condivisa. A centinaia di giovani per i quali Eucaristia e Riconciliazione sono diventate parole lontane, Vocazione e Spiritualità dimensioni intime e senza interferenze con legami comunitari forti, la presenza di un sacerdote tra i banchi di scuola rinnova la possibilità di una riscoperta diretta e graduale di un’esperienza sempre attesa dal cuore umano: la fede. Nella scuola il sacerdote non compie una liturgia, non predica, non amministra i sacramenti, ma ne è memoria personale e viva, ne è narrazione presente e tangibile. Nell’era del “touch”, del toccare per vedere e dunque credere, la presenza fisica di un sacerdote tra docenti e studenti, anche senza agire alla maniera del presbitero, rimette in contatto battezzati e non con la Chiesa del Risorto, che non è solamente fatto storico e illustrazione in vario modo stampata sui libri, ma vissuto contemporaneo all’uomo e alla donna di oggi. Il sacerdote a scuola è un vaccino contro quel virus, che vorrebbe fare dello spirituale, e del cristianesimo in particolare, un oggetto da museo. Per il sacerdote trovarsi tra fratelli e sorelle laici, docenti e studenti, è anche un banco di prova per la propria fede e il ministero, ora sempre più sfidato a farsi vicinanza e ascolto, prossimità solidale e solida per un’umanità la cui libertà invoca paternità e gioia. Non sarà soddisfazione e leaderismo, ma rischio e affiancamento, non gratificazione e seguito, ma simpatia e fatica, il percorso da una classe all’altra, da un colloquio con i genitori ad una uscita didattica... “Dove sei?”, a questa non banale questione il sacerdote che insegna a scuola potrà rispondere: “Dove il Signore mi ha inviato perché l’uomo non dimentichi e la sua ricerca non tralasci il Volto che l’ama e continuerà ad amarlo ovunque egli andrà”. Forse a questo punto sarà proprio quella catechista o quell’anziano o l’animatore a dirgli: “Vai don, perché non ci siamo solo noi!” con un sorriso di complicità e un cuore carico di preghiera per una missione speciale, ma non altra da quella che egli vive in oratorio o nella liturgia. “nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza”. “Ma se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre”, come insegnava “un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani”. “Se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante”, ha ammonito Francesco, e i ragazzi “hanno fiuto” per quegli insegnanti che “contagiano” gli studenti. Scuola come “luogo di incontro fondamentale nell’età della crescita”, come “complemento alla famiglia, perché “la famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte”, devono collaborare “nel rispetto reciproco”. “La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”, perché “l’educazione non può essere neutra: o è positiva o è negativa, o arricchisce o impoverisce, o fa crescere la persona o la deprime”. “È più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca” È la frase, detta poco prima dal campione olimpico Juri Chechi, che il Papa ha chiesto alla folla di ripetere con lui. Poco prima, una analoga richiesta per un proverbio africano “molto bello”, che recita: “per educare un figlio ci vuole un villaggio”. E ancora, sempre a braccio: “la scuola non è un parcheggio, ma un luogo di incontro e di cammino, e noi abbiamo bisogno di questa cultura dell’incontro”. Le tre lingue della scuola “Si educa per conoscere tante cose importanti, per avere certe abitudini e anche per assumere certi valori”, ha ricordato il Papa nella parte finale del suo discorso, dove ha abbandonato definitivamente il testo per descrivere “le tre lingue che una persona matura deve saper parlare”, grazie alla scuola:“la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani, ma armoniosamente. Pensare quello che tu senti e quello che tu fai, sentire quello che tu pensi e quello che tu fai e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti”. “La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita” Parola di Papa. Una missione impossibile, senza la sapiente ed esigente arte del dialogo e della prossimità. Senza la voglia di spendersi, ognuno per la propria parte. “I problemi della scuola sono strutturali”, ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, salutando il Papa e definendo la scuola “un tassello decisivo nella costruzione della città dell’uomo”. “Non scommettete su quello che farete, ma su quello che sarete”, il consiglio agli studenti del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Ogni mattina - ha ricordato 22.500 scuole statali e paritarie aprono le porte ad otto milioni di studenti e ai loro insegnanti. “In questo modo, l’Italia cresce ogni giorno”. Ma “è un esercizio quotidiano che non fa rumore”. Vita La L e elezioni al Parlamento europeo si svolgeranno il 22–25 maggio 2014. Il loro esito darà forma alla legislatura Ue per i prossimi cinque anni e avrà rilevanti implicazioni per coloro che guideranno l’Unione nel corso dei prossimi anni. È essenziale che i cittadini Ue partecipino al processo democratico esprimendo il loro voto il giorno delle elezioni. Più elevata sarà l’affluenza, più forte sarà la nuova legislatura. Il periodo che precede le elezioni offre un’opportunità alla società europea nel suo insieme di dibattere le questioni socio-economiche centrali che daranno forma all’Unione negli anni a venire. Sentiamo come nostro dovere, quali vescovi della Comece, di offrire orientamenti all’elettore Ue formandone la coscienza, e desideriamo farlo sottolineando le questioni di rilievo, valutandole attraverso il prisma della dottrina sociale cattolica. Anche se ci rivolgiamo, in prima istanza, ai cittadini Ue cattolici, ci auguriamo che le nostre raccomandazioni possano essere ascoltate con favore anche da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il successo del progetto europeo. Ci auguriamo che la nostra voce venga udita anche da coloro che intendono ricevere un mandato per prestare servizio presso il Parlamento europeo. In primo luogo, intendiamo attirare l’attenzione su alcune considerazioni generali: 1. Ciascun cittadino Ue ha il diritto e il dovere di esprimere il proprio voto. Molti milioni di giovani cittadini voteranno per la prima volta, alcuni ancora inseriti nel sistema educativo, altri nel mercato del lavoro, ma molti, purtroppo, disoccupati. Incoraggiamo i nostri giovani a fare in modo che la loro voce venga ascoltata, impegnandosi nel dibattito politico e, soprattutto, votando. 2. È importante che coloro che aspirano all’ufficio di parlamentare o che cercano la rielezione al Parlamento Europeo siano coscienti del danno collaterale causato dalla crisi bancaria/economica iniziata nel 2008. Papa Francesco ha attirato l’attenzione pubblica sulla difficile situazione di coloro che sono già poveri e vulnerabili, dei giovani e dei disabili, senza dimenticare coloro che sono stati spinti nella povertà di recente dalla crisi. I numeri dei “nuovi poveri” stanno crescendo ad un ritmo allarmante. 3. Il messaggio cristiano è un messaggio di speranza. È nostra convinzione che il progetto europeo sia ispirato da una visione nobile del genere umano. Singoli cittadini, comunità e anche L attualità ecclesiale n. 19 ELEZIONI PARLAMENTARI EUROPEE 2014 18 Maggio 2014 a meditazione che siamo invitati a fare in questa domenica ruota attorno alle domande che due apostoli, Tommaso e Filippo, pongono a Gesù (lettura evangelica, Gv 14,1-12): «Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” […] Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”». Ambedue le domande sono provocate da Gesù con dichiarazioni contenenti già in anticipo le risposte. Questo gioco di domande-risposte getta una luce viva sulla missione di Gesù e, prima ancora, sulla sua persona. Le due domande sembrano derivare ambedue da un’unica domanda, non espressa ma evidentemente sottintesa: «Ma tu cosa sei venuto a fare in terra?». Rovesciando l’ordine delle risposte, avremmo: «Io sono la perfetta immagine del Padre, ovverosia in me voi vedete esattamente ciò che il Padre vuole che di lui sia da voi conosciuto e vedete anche ciò che è funzionale per il raggiungimento della pienezza della vostra esistenza [si potrebbe dire anche “della vostra salvezza” ma questo suonerebbe riduttivo]. Guardando il Padre attraverso me, sua perfetta immagine, voi trovate ciò che vi serve per raggiungerlo». Dicendo, poi, “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”, Gesù rispondeva non solo a Tommaso, ma anche a Filippo prima ancora che gli facesse la domanda. Il fine che si propone Gesù nel diventare per noi “via, verità e vita” è ben delineato dall’apostolo Pietro (seconda lettura, Pt 2, 4-9): «Quali pie- 5 Dichiarazione dei vescovi europei stati-nazione devono essere capaci di mettere da parte l’interesse particolare alla ricerca del bene comune. L’esortazione papale Ecclesia in Europa emessa da Papa Giovanni Paolo II nel 2003 è stato un testo di speranza, ed è con ferma convinzione in un futuro migliore che la Chiesa si accosta alla sfida Europea. 4. La temperanza è una delle virtù naturali poste al cuore della spiritualità cristiana. Una cultura di moderazione deve dare forma all’economia sociale di mercato e alle politiche ambientali. Dobbiamo imparare a vivere con meno, ma allo stesso tempo fare in modo che coloro che si trovano in una condizione di reale povertà ottengano una parte più giusta. Possiamo altresì indirizzare l’attenzione dei nostri concittadini verso aree specifiche delle politiche UE: 1. È importante che il susseguirsi dei passi nella direzione dell’unità all’interno dell’Ue non sacrifichi il principio di sussidiarietà, un pilastro basilare dell’unica famiglia di stati-nazione che costituiscono l’UE, né comprometta le risalenti tradizioni prevalenti in così tanti tra gli stati membri. 2. Un altro pilastro dell’Unione ma anche un principio posto alla base della dottrina sociale cattolica è quello di solidarietà. Occorre fare in modo che esso guidi le politiche ad ogni livello all’interno dell’Ue, tra le nazioni, le regioni e i gruppi della popolazione. Dobbiamo costruire un mondo differente, con la solidarietà al suo cuore. 3. È essenziale ricordare che tutte le aree delle politiche socio-economiche sono sorrette da una visione dell’uomo radicata in un profondo rispetto della dignità umana. La vita umana deve essere protetta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale. La famiglia, quale elemento costruttivo fondamentale della società, deve anch’essa godere della protezione di cui necessita. 4. L’Europa è un continente in movimento e l’immigrazione interna e dall’esterno ha un impatto sulla vita dell’individuo e della società. L’Ue ha una frontiera esterna comune. La responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo deve essere condivisa in maniera proporzionata dagli stati membri. È vitale che il trattamento dei migranti al punto d’accesso al territorio sia umano, che i loro diritti umani vengano scrupolosamente rispettati, e che di conseguenza ogni sforzo venga compiuto, anche da parte delle chiese, per assicurare un’integrazione efficace nelle società riceventi all’interno dell’Ue. 5. Siamo responsabili per la creazione e dobbiamo approfondire la nostra determinazione a rispettare e raggiungere obiettivi di emissione di CO2, promuovere una visione internazionale in tema di cambiamento climatico, impegnarci ad un approccio più verde e insistere sul fatto che la sostenibilità è un elemento fondamentale di qualsiasi politica di crescita o sviluppo. 6. La libertà religiosa è una caratteristica fondamentale di una società tollerante e aperta.Tale libertà include il diritto di manifestare le proprie convinzioni in pubblico. Accogliamo con favore le linee guida Ue sulla promozione e la protezione della libertà di religione e credo e ci auguriamo che il nuovo Parlamento europeo intensificherà il proprio lavoro su questa importante materia. 7. Supportiamo tutte le misure volte a proteggere il giorno di riposo settimanale comunemente condiviso, che è la domenica. La Parola e le parole V Domenica di Pasqua anno a tre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo […].Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa». Davvero, dunque, si tratta di ben più della semplice “salvezza”! In realtà, il vero tema di questa domenica è Gesù quale unico ed insostituibile tramite per arrivare al Padre, come dice, sempre nella seconda lettura, l’apostolo Pietro citando il salmo 118, 22: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo”, ripetendo quello che di Gesù aveva preannunciato il vecchio Simeone quando Maria glielo pose in braccio nel tempio di Gerusalemme: « «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione» (Lc 2, 34). Il concetto di Gesù “pietra d’angolo” doveva tornare spesso, giustamente, nella predicazione di Pietro. Ecco, per esempio, quello che egli proclama decisamente davanti ai capi del popolo e agli anziani: « Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti […] è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4, 10-12). Quindi, almeno secondo questa netta affermazione di Pietro, solo Gesù è salvezza, con conseguente esclusione di altri “salvatori”, siano essi Budda, Maometto, Marx o chiunque altro, che, a noi cristiani, nella migliore delle ipotesi, non solo non servono, ma che, abbastanza facilmente, possono essere invece di danno. Nel dialogo con i non cristiani non dovremmo, dunque, mai nascondere o minimizzare, per malintesa arte diplomatica, questa nostra profonda convinzione, se non altro perché potremmo correre il rischio di creare nei nostri interlocutori l’illusione di possibili sincretismi. Splendido esempio di questa limpida “strategia” è l’incontro di S. Francesco, accompagnato da un suo frate, con Malik al-Kamil, sultano d’Egitto, nel 1219: «Giunti alla presenza del sultano, lo salutarono. Il sultano rispose al saluto e poi domandò loro se intendevano farsi saraceni oppure se erano venuti a portare qualche messaggio. Essi risposero che giammai si sarebbero fatti saraceni, ma piuttosto erano venuti a lui portatori di un messaggio da parte del Signore Dio, per la salvezza della sua anima. E proseguirono: “Se voi non volete credere, noi consegneremo la vostra anima a Dio, perché vi diciamo in verità che 8. Nel corso dei prossimi cinque anni il cambiamento demografico avrà un impatto più profondo sulla vita dell’Ue. Invochiamo a nome dei nostri cittadini anziani il livello e la qualità delle cure alle quali essi hanno diritto, ma invocheremmo anche politiche che creino nuove opportunità per i giovani. L’Unione Europea è a un punto di svolta. La crisi economica, provocata dal collasso bancario del 2008, ha messo alla prova le relazioni tra gli stati membri, ha messo in discussione il principio fondante della solidarietà all’interno dell’Unione, e ha portato con sé un incremento della povertà per un grande numero di cittadini, oltre ad aver compromesso le future prospettive di molti tra i nostri giovani. La situazione è drammatica, per molti addirittura tragica. Noi, vescovi cattolici, chiederemmo che il progetto Europeo non venga messo a rischio o abbandonato sotto le attuali costrizioni. È essenziale che tutti noi – politici, candidati all’ufficio di parlamentare, tutti i soggetti interessati – contribuiamo in maniera costruttiva a plasmare il futuro dell’Europa. Abbiamo troppo da perdere da un eventuale deragliamento del progetto Europeo. È essenziale che tutti noi cittadini Europei ci rechiamo ai seggi elettorali il 22–25 maggio. Noi vescovi raccomanderemmo che il voto venga espresso in risposta alle sollecitazioni di una coscienza informata. se morirete in questa legge che ora professate, voi sarete perduto, né mai Dio avrà la vostra anima”» (racconto di Jacques de Vitry, vescovo d’Acri, in una lettera del 1220 a papa Onorio III). Questo non vuol affatto dire che chi non conosce Cristo debba per forza andare incontro alla dannazione. Lo spiega bene la costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta» (n. 16). Una considerazione speciale merita la strategia degli Apostoli, per noi molto istruttiva, descrittaci dalla prima lettura (At 6, 1-7): «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini […] ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Evidentemente, piaccia o non piaccia, gli Apostoli fanno scendere il “sociale” al secondo posto, affinché non impedisca loro le attività che invece ritenevano primarie, ovverosia la preghiera, ivi compresa, naturalmente, l’attività liturgica, e il “servizio” della predicazione. mons. Umberto Pineschi Pistoia Sette N. 19 18 Maggio 2014 IN CATTEDRALE Il saluto di monsignor Mansueto Bianchi alla diocesi « Sorelle e Fratelli miei, ci incontriamo stasera nell’abbraccio austero e solenne della nostra Cattedrale per darci l’Addio. Non nel senso nostalgico o lacrimoso da tardo romanticismo, ma nel senso sobriamente cristiano, di chi umilmente e fiduciosamente affida un tratto di strada, un segmento di vita, nelle mani paterne di Dio. Non è stata lunga la nostra strada: neppure otto anni, non certo il tempo di una fruttificazione, ma appena quello di una seminagione; davvero un “tempo pellegrino” nel quale ha dominato più la fatica del camminare che la gioia per le mete raggiunte. Non è questo dunque il tempo dei bilanci o delle sintesi: altri le faranno se e quando sarà possibile. È invece il tempo di ringraziare insieme il Signore per il dono di questo incontro, per le strade che si sono intrecciate, per quanto siamo riusciti ad essere di sostegno gli uni per gli altri ed a costruire non solo rapporti funzionali, ma vicinanza di cuori e passione condivisa per il Signore e per il Suo Vangelo. La nostra Diocesi non ha grandi risorse né numeri forti per costruire vicende o risultati pastorali da vetrine: ha ricevuto dal Signore il difficile dono della piccolezza, della limitatezza, della fatica. E questo deve fare: non trasformare le difficoltà e le sofferenze in inasprimento, in reciproca accusa, in recriminazione, ma in spinta alla vicinanza fraterna ed all’abbandono confidente nelle mani del Signore. È così che la povertà diventa ricchezza, e la debolezza diventa forza: se e quando viviamo il nostro limite come mano tesa verso il Signore e verso il fratello, anziché come dito puntato nell’accusa o come insaccamento nelle nostre depressioni e nei nostri sconforti. Ad una Chiesa debole ed affaticata, come la nostra, il Signore nell’Apocalisse dice “Io conosco la tua fatica e la tua povertà: eppure tu sei ricca!” (2,9). Ed il Vangelo che poco fa abbiamo ascoltato ci diceva che il Signore “chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori”. Il Buon Pastore dunque conosce la povertà e la fatica di questa nostra Chiesa, ne pronuncia il nome con tenerezza d’amore e ci avvia su una strada che è secondo la nostra possibilità e la nostra forza. Chiesa di Pistoia, le tue ferite sono anche le tue gemme, la tua preziosità, che chiama l’amore e la dedizione di Cristo Buon Pastore; la tua piccolezza e la tua fatica sono la tua risorsa e la tua forza se sai trasformarle in gesto di fraternità, di affidamento, di Fede. Che cosa deve dire un Vescovo nel momento in cui saluta la sua Diocesi? Certo molte cose, per tanti aspetti scontate e routinarie. Possiamo risparmiarcele stasera. Di una cosa però devo ringraziare l’intera Chiesa di Pistoia: quella di avermi insegnato che la sofferenza e l’amore camminano insieme, come inseparabili compagni di strada. Non è una visione afflizionista: è una verità elementare che qualunque genitore o qualunque coniuge potrebbe insegnarmi. Essi si illuminano, si motivano, si purificano reciprocamente. È la stessa verità che la festa liturgica di oggi ci consegna attraverso la figura di Cristo Buon Pastore: “Io sono il Buon Pastore. Il Buon Pastore dà la vita per le sue pecore”, dove il gesto supremo dell’amore, dare la vita, ed il vestire del dolore, la Croce, si corrispondono e si sovrappongono. È un dono prezioso, anche se difficile che, spero, mi sarà fedele compagno di viaggio nel tempo che mi rimane. Una seconda cosa di cui devo ringraziare questa Chiesa di Pistoia è di avermi insegnato il cammino della comunione. Nome facile e frequente a pronunciarsi quello della comunione, ma tanto difficile a viversi; riempie più facilmente la bocca che la volontà ed il cuore. È una strada in salita quella su cui la nostra Diocesi sta camminando, sia per la particolare eppur positiva configurazione del suo Presbiterio, cui va tutto il mio affetto e la mia gratitudine, sia per certi risorgenti individualismi, personalismi e ruvidezze che ci vengono dalla formazione ricevuta ma anche dal carattere e dal genio toscano. In questi anni ho visto la fatica del mio popolo, ho misurato l’impegno e la tenacia della mia Chiesa a camminare sulla strada della comunione. E questo è stato un grande dono ed una grande forza anche per me a cercare di percorrere sempre, nel governo della Diocesi e nel rapporto con le persone, la strada dell’ascolto, della persuasione, talora dell’attesa o dei piccoli passi, anche a costo di apparire debole o indeciso, sempre confrontandomi con qualche organismo di partecipazione ecclesiale. La strada della Comunione mi ha anche insegnato a non ritagliarmi una Chiesa dentro la Chiesa, un gruppo di seguaci o di amici all’interno o contro quelli che non lo erano, una Chiesa elitaria o alternativa (non si capisce bene a chi od a che cosa) nei confronti di tutto il concreto popolo di Dio che vive a Pistoia. Mi sembra di poter dire che ho cercato l’incontro, l’accoglienza, possibilmente il coinvolgimento da parte di tutti, anche se tante volte ciò non è accaduto, certo per un mio limite od una mia colpa. Un giorno il Signore giudicherà. C’è una terza cosa di cui devo ringraziare la Chiesa di Pistoia ed è quella di avermi insegnato uno stile di presenza dentro la città. Una presenza fatta non di giudizi o di freddi ammaestramenti, ma di immersione concreta dentro i problemi ed i disagi, di assunzione di responsabilità, di vicinanza umana e collaborativa verso chi soffre. Ho incontrato ed imparato a Pistoia una Chiesa “in uscita” verso le periferie, ancor prima che Papa Francesco ci insegnasse queste terminologie e questi percorsi di fede e di umanità. Credo che sia questa una grande testimonianza della lunga presenza e dell’opera di Mons. Simone Scatizzi in mezzo a noi. Questa presenza dentro la vita ed i problemi della città si è arricchita di un dialogo franco e costruttivo con i responsabili della vicenda civile, amministrativa ed istituzionale del territorio: anche a loro stasera dico grazie, certamente per il reciproco rispetto, ma anche per l’intensità umana, che oserei chiamare amicale, di cui il rapporto si è arricchito ed avvantaggiato. C’è un ultimo grazie che vorrei pronunciare, ed è il più intenso ed il più commosso di tutti: grazie a voi sorelle e fratelli miei, grazie a voi gente di Pistoia. Siete stati la cosa più bella e più preziosa che ho incontrato in questi otto anni, siete stati la perla custodita e racchiusa nello scrigno di questa città e del suo territorio. Ricordo come un dono di Dio, come una sua carezza la mia presenza in mezzo a voi, nella bellezza di questa Cattedrale o nelle diverse Chiese della Diocesi, dall’Abetone a Limite sull’Arno. Ricordo le cresime e migliaia di ragazzi, la partecipazione alle feste, la celebrazione dell’Eucarestia nel cuore delle varie Comunità, il contatto ed il colloquio personale, l’amicizia e l’affetto che molti di voi mi hanno donato, fino a farmi l’onore di aprirmi la porta di casa ed accogliermi nella loro famiglia. Allora, nel momento intenso e sobrio dell’addio cristiano, consentitemi di dirvi che all’ombra del Cupolone porterò nel cuore l’immagine cara di un’altra cupola, quella della Madonna dell’Umiltà; tra le basiliche romane carezzerò l’immagine delle Chiese della nostra montagna e della nostra campagna, e non credo che San Pietro se ne avrà a male se nella sua città, Roma, ci sarà qualcuno che, sotto sotto, continuerà a pensare a Pistoia, alla città di San Jacopo: Lui che, peraltro, non fu concorrente di Pietro, ma suo amico, compagno di pesca e fratello di martirio. Che il Signore, nostro Buon Pastore, tutti vi benedica e possa farvi Lui quel bene che non sono stato capace di fare io: sorelle e fratelli miei!ı 8 comunità ecclesiale n. 19 18 Maggio 2014 Il saluto di monsignor Palazzi al vescovo Mansueto Vita La “La sua voce ha gettato profumi di sapienza e santità” « Il Cantico dei cantici è antologia di poesie di amore di un giovane (sposo, diletto, amato) e una ragazza del cuore (fidanzata, amata, sposa, sorella, amica) che vivono intensamente il loro rapporto, che si incontrano a volte non si trovano e sono felici nel loro stare insieme. Ogni brano, ogni dialogo, ogni monologo e coro, canti delle figlie di Gerusalemme rivelano freschezza, felicità, aria profumata, sogni e realtà che palesano una impressionante forza e un incantevole bellezza di relazioni profonde e sincere, anche se a volte sofferte. È una parabola nuziale che è penetrata intensamente di religiosità e di mistero e parla del rapporto di amore tra Jahvè e Israele e dopo la rilettura cristiana proclama l’amore di Cristo per la sua sposa, la chiesa popolo della nuova alleanza. Il valore alto del suo magistero di vescovo di Pistoia è stata ed è la voce forte dell’amato, del re che ha gettato a piene mani gli aromi profumati della regalità e della sapienza, che sono dono dello spirito santo. Una parola di vescovo di Pistoia autorevole, fresca e godibile che ha coperto la sua sposa che ha ascoltato, ma a volte qualcuno non ha accolto. Il Cantico parla anche di “Volpi piccoline” (2, 15) che sono gli amanti della vigna, sono gli idoli che hanno la bocca e non parlano gli occhi e non vedono, ma pretendono di vedere e di imporsi alla verità. L’amore dello sposo è migliore del vino, la grazia, il dono dello spirito santo è migliore dell’alleanza fondata sulla legge perché accetta la croce come benedizione e non come condanna e nella croce da lei portata, vescovo Mansueto, in Cristo e con Cristo, hanno forse riposato anche queste piccole volpi. È l’amore che dall’alto della croce grida “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Si legge nel salmo 131 “Signore il mio cuore non è ambizioso, non si leva con superbia il mio sguardo” per ricordarci che ciò che è contrario alla misericordia e tenerezza di Dio, l’alterigia, la violenza e la superbia fanno parte dell’uomo vecchio sepolto nelle acque del battesimo e nella tomba vuota di Cristo risorto. Ci lascia una chiesa viva, una chiesa conciliare, una chiesa missionaria che attraverso i gruppi del vangelo e di altre realtà annuncia Cristo risorto nei frammenti più lontani, o nelle periferie del nostro territorio.“Annunciare Cristo significa mostrare che credere in lui e seguirlo non è soltanto una cosa vera e giusta, ma anche bella capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda”(E.G. 167). La riforma dei vicariati, non tanto come modifica geografica, ma sopratutto per favorire la fraternità presbiterale attraverso incontri mensili con valenza spirituale, formativa, partecipativa e conviviale ed offrire un servizio presbiterale e pastorale in persona Cristi ad ogni comunità parrocchiale, secondo la parola di san Paolo “Caritas Cristi urget nos”. La sua presenza pastorale ha partecipato con attenzione, con passione e con forza alla difficile esistenza di numerose famiglie che hanno perduto il posto di lavoro a motivo della crisi economica italiana. La lettura da lei espressa anche pubblicamente è stata rigorosa e puntuale, sottile e autorevole, esplicitata con attenta e curata conoscenza delle problematiche sociali ed economiche delle varie aziende che lei ha visitato. (Ne cito una per tutte, la sua forte voce all’Ansaldo Breda di Pistoia). Il liberismo senza regole, ci ricorda ancora papa Francesco, produce l’idolatria del denaro, l’adorazione dell’antico vitello d’oro che è la brama del potere e dell’avere che produce una dittatura economica ingiusta e disumana. Il volto delle persone sofferenti per l’incertezza del futuro è una traccia indimenticabile di solidarietà e di amore che rimangono fissate indelebilmente nella sua mente e nel suo cuore, come anche lo sguardo sofferto e delicato da loro mostrato e che attendeva con fiducia soluzioni positive. La sua chiamata a Roma voluta dalla santa sede come assistente generale dell’Azione cattolica italiana significa un nuovo e fondamentale servizio che certamente produrrà effetti positivi sul piano pastorale e personale per far crescere la presenza qualitativa dell’associazione all’interno della chiesa italiana. Siamo certi che il suo ministero episcopale porterà un nuovo entusiasmo non superficiale ma motivato e incarnato nella centralità del mistero pasquale che fa esultare nel viverlo quotidianamente. Esprimo il pensiero del popolo di Dio della chiesa di Pistoia e del territorio provinciale, in particolare di oltre 100 presbiteri che faranno memoria a lungo della sua presenza di pastore che ha donato un’acqua viva che ha fatto crescere l’albero della vita, e un pane, non come la manna nel deserto, ma che discende dal cielo. Ma anche il saluto di tutte le autorità civili e militari che sono state in relazione dialogica nel rispetto di tutte le diversità costitutive del tessuto cittadino. La vita nostra appartiene al Signore e a lui il nostro grazie per la sua presenza come vescovo in mezzo a noi. Ma grazie anche a lei, vescovo Mansueto, per le tracce di santità che ci ha lasciato nella certezza di un apostolato nuovo ricco di frutti spirituali di pace e di serenità. L’amore di Cristo risorto, buon pastore emani sempre dal suo cuore e dalla sua parola per entrare e uscire e trovare pascolo e gustare la bellezza eterna e primaverile del volto di Dio. Grazie di cuore vescovo Mansueto.» INCONTRO A ROMA DELL’AZIONE CATTOLICA Corresponsabili della gioia di vivere G iungere nella città e diocesi di Roma per “Videre Petrum” significa sempre entrare nel cuore della chiesa. Salutare ed ascoltare il successore di Pietro, di colui cioè che per primo vide il Sepolcro vuoto, ricevere il mandato apostolico e la sua benedizione apre la nostra vita spesso stanca ed offuscata ai doni della grazia. Sulla piazza i tanti volti gioiosi di giovani e adulti riuniti sabato 3 maggio per incontrare papa Francesco; semplice ed eloquente il logo stampato sul libretto per la preghiera, al centro la croce di Gesù dalla quale scaturiscono raggi di luce, ai lati la chiesa ed il mondo, la casa e la città. Entrati nell’aula Paolo VI ed ammirata la bellissima scultura del risorto, abbiamo avuto la possibilità di salutare direttamente monsignor Mansueto Bianchi assistente generale dell’Azione cattolica dal 30 aprile, eravamo circa quindici rappresentanti di alcuni gruppi parrocchiali della nostra diocesi. Ed è stato proprio lui ad esprimere una riflessione sul brano delle beatitudini tratto dal vangelo di Matteo proclamato durante la preghiera. Il centro del vangelo dov’è? Ha domandato il ve- scovo, potremmo rispondere che è l’amore di Dio ma possiamo affermare che centrali sono anche le beatitudini perché ci conducono al volto di Dio; esse sono pronunciate per la chiesa e attraverso di lei sono destinate a tutte le genti. Ma Gesù le beatitudini dove le ha imparate? Le ha lette nel cuore della trinità, prima di dirci cosa dobbiamo fare, Gesù ci dice chi è Dio e qual è il suo volto. Parlano di persone che piangono nelle diverse situazioni della vita, tuttavia esprimono l’impegno che Dio assume nei loro confronti nella garanzia della persona di Gesù, è la croce del Signore che ha ribaltato la storia. Le beatitudini sono la soglia per la nostra entrata incontro a Cristo e la porta di uscita incontro al mondo. Siate corresponsabili nella storia ha concluso il vescovo, sentitevi presenza accanto a coloro che soffrono per essere semi di gioia dentro la vita che geme. L’ingresso di papa Francesco nella Sala Nervi gremita è stato salutato con la gioia della festa. Franco Miano, presidente nazionale che ha terminato il suo mandato, ha espresso il saluto al santo padre. L’Azione cattolica in ogni parrocchia egli ha detto, ha lo stesso progetto della chiesa, questo è per noi un impegno ed una promessa, un impegno di fedeli laici che quotidianamente cercano di tradurre nella vita i principi evangelici, una promessa di uomini e donne consapevoli dei propri limiti ma animati dal proposito di servire il Signore e di contribuire a migliorare questo nostro paese. Successivamente il saluto del vescovo Bianchi: “Beatissi- mo Padre, conti su di noi per quell’immagine di Chiesa delineata nell’Evangelii Gaudium. Parafrasando l’affermazione di un noto teologo potremmo dire che l’Azione cattolica vuole essere come l’asino con cui Gesù compì il suo ingresso in Gerusalemme, non siamo cavalli di razza! ma desideriamo portare il Signore dentro le città”. Papa Francesco si è rivolto a noi con queste parole: “Cari amici dell’Azione cattolica do il benvenuto a tutti voi, partecipanti all’assemblea nazionale, presidenti parrocchiali, sacerdoti assistenti e amici di altri paesi. Il tema della vostra XV assemblea “Persone nuove in Cristo Gesù” si inserisce bene nel tempo pasquale che è un tempo di gioia, la quale richiede di essere interiorizzata dentro uno stile evangelizzatore capace di incidere nella vita. Nell’attuale contesto sociale ed ecclesiale siete chiamati a rinnovare la scelta missionaria, aperta agli orizzonti che lo spirito indica alla chiesa, questo è il paradigma e la scelta che oggi fa l’Azione cattolica. Le parrocchie sono spesso segnate da chiusure, hanno bisogno di dinamismo creativo, accogliete chi si sente lontano, si tratta di aprire le porte perché “Gesù” possa andare fuori, siamo chiesa in uscita! Vi è di aiuto la popolarità della vostra associazione, che agli impegni intraecclesiali sa unire quello di contribuire alla trasformazione della società per orientarla al bene. Ho pensato di consegnarvi tre verbi che possono costituire una traccia di cammino: rimanere in Gesù per godere della sua compagnia, andare sulle strade nelle città e nei paesi per annunciare che Dio è padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere, gioire sempre nel Signore, che significa “cantare la fede” come dice sant’Agostino. Il Signore ci accompagna sempre anche nelle giornate buie, evitate le tentazioni della quiete inoperosa, della serietà formale e di chiudervi nell’intimismo. Se volete prendere il consiglio dell’assistente generale siate pure “asinelli”, ma per favore mai statue da museo! Chiediamo al Signore occhi che sappiano vedere oltre l’apparenza, orecchie per udire il grido dei poveri, mani per sostenere e curare. Vi accompagni nel cammino Maria immacolata ed anche la mia benedizione”. Parole che hanno toccato in profondità i presenti e che sono di orientamento per tutta la chiesa. Massimo Gori Vita La 18 Maggio 2014 A nche quest’anno si sono svolti gli esercizi spirituali promossi dalle associazioni laicali e guidati da don Diego Pancaldo,presso il monastero della Santa Croce a Bocca di Magra. Con l’aiuto degli scritti di Sant’Ignazio di Loyola che ha indicato come compiere gli esercizi spirituali i quali “predispongano l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate e, dopo averle eliminate, a cercare e trovare la volontà di Dio nell’organizzazione della propria vita in ordine alla salvezza dell’anima” e con quello delle encicliche “Lumen Fidei”,“Spe Salvi”,“Deus Caritas est” e “Evangelii gaudium”, don Diego ci ha introdotto, con grande sapienza ed estrema delicatezza, alla ricerca della gioia che proviene dall’incontro e dall’abbandono a Dio. Le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, predispongono i cristiani a vivere in relazione con la santissima Trinità e sono donate da Dio all’uomo per renderlo capace di agire secondo la sua parola. La realtà della fede è una realtà donata che però necessita costantemente di essere rafforzata,come succedeva agli apostoli dopo la Pasqua di resurrezione: essa trasforma la vita dell’uomo, la mette in relazione con Cristo che ci ama con donazione totale, ci dona occhi nuovi, gli occhi della fede, che ci permettono di riconoscere i segni dell’amore di Dio. La luce della fede illumina tutta l’esistenza e nasce dall’incontro con il Dio vivente che ci svela il suo amore, amore che ci precede e associazioni laicali Esercizi spirituali a Bocca di Magra trasforma la nostra vita. L’incontro con la fede è un incontro a cuore aperto, in cui Cristo ci parla con parole che spesso non sono quelle che vogliamo sentire, ma è sempre un racconto d’amore: noi ci lasciamo incontrare, ci abbandoniamo a lui e con l’abbandono, atto più libero della libertà, ci lasciamo amare. La speranza, secondo il catechismo della chiesa cattolica, corrisponde alle aspirazioni alla felicità, le assume, le purifica e salvaguarda l’uomo dallo scoraggiamento, sostiene nei momenti di abbandono, dilata il cuore CEIS di PISTOIA Progetto A.ma.mi. Accoglienza mamme e minori I l 12 aprile scorso è stata inaugurata, con una cerimonia ufficiale, una Casa di accoglienza per mamme e minori nelle adiacenze della Comunità del Ceis “il Poggiolino” a Larciano, in attuazione del progetto denominato A.ma.mi. (Accoglienza mamme e minori). A questa ha fatto seguito la celebrazione della Messa e un momento conviviale tra gli intervenuti e gli ospiti attuali della struttura. Il progetto nasce da una collaborazione tra il Ceis di Pistoia e la società della salute della Valdinievole per rispondere ad una esigenza crescente di ospitare giovani madri o gestanti che versano in gravi difficoltà economiche e condizioni di disagio psico sociale nell’ambito di una struttura idonea di accoglienza e sostegno alla genitorialità. Questa collaborazione è stata formalizzata in una convenzione tra i due organismi e intende dare risposte concrete ed immediate a situazioni di disagio sociale che interessano gestanti o giovani madri che necesitano di un temporaneo allontanamento dal contesto familiare come fase intermedia di un intervento sociale più ampio. In particolare, il progetto A.ma. mi. ha come obiettivo qualificante lo sviluppo di azioni educative con le madri al fine di rafforzarne e recuperarne la capacità genitoriale. La sua attuazione prevede una serie di fasi che vanno dall’ospitalità, all’osservazione ed alla valutazione comunità ecclesiale n. 19 delle specifiche situazioni individuali, fino allo svolgimento di attività di socializzazione, ricreative e di guida verso un reiserimento sociale e lavorativo con guida a servizi di orientamento e formazione professionale prelavorativa (tirocini, stages). La programmazione e l’attuazione degli specifici inteventi si collocano all’interno di progetti individuali concordati con i servizi sociali territoriali. La struttura di accoglienza (una ex casa colonica:“la casina”), adeguata, in parte, a tali interventi, è in grado di garantire alle ospiti un sostegno materiale durante il periodo della gravidanza e durante i primi mesi/ anni di crescita ed educazione dei figli, in quanto prive del sostegno di relazioni familiari, parentali e sociali, oppure perchè si trovano i condizioni di disagio psicologico e richedono pertanto una preparazione alla maternità ed alla relazione con il figlio/i. Per la fase di avvio di questo nuovo servizio, è stato predisposto anche un progetto più ampio di sostegno allo “start up” presentato al Cesvot per un suo eventuale cofinanziamento ad integrazione delle risorse del Ceis di Pistoia. La struttura è prioritariamente rivolta a casi emergenti nei comuni dell’area valdinievole, ma è in grado di dare rispose anche ai territori limitrofi, potendo ospitare una decina tra mamme e minori. Franco Burchietti presidente del Ceis di Pistoia e conduce alla gioia; qual è l’opposto della speranza? È l’accidia,la chiusura dell’orizzonte di Dio, e quando si verifica questa chiusura l’uomo cerca altrove, cerca la compagnia delle figlie dell’accidia che San Tommaso d’Aquino mirabilmente nomina: evagatio mentis, il moderno sballo, la fuga da sé; instabilitas loci vel propositi, la fuga dalla realtà; rancor ed altre.Per questo la speranza è il contrario dell’accidia, è, come dice San Bonaventura,“volare, alzare il capo verso l’alto, alzare il cuore verso il sommo amore e verso i suoi effetti sull’umanità”: questo movimento verso Dio trascina con sé tutto l’uomo che usa la preghiera e l’agire e soffrire come luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza; così ci insegna il cardinale Van Thuan nel suo “Testimoni della Speranza “ e così il martire vietnamita Le BaoThin il quale, nonostante i tormenti dell’inferno del lager,“per la grazia di Dio è pieno di gioia perché non è solo ma Cristo è con lui! Vince la luce, la sofferenza, senza cessare di essere sofferenza, è sempre un canto di lode”; la sofferenza si trasforma in dolcezza mediante la forza della speranza che proviene dalla fede. La terza meditazione ha avuto come centro la Enciclica “Deus Caritas est” con la relazione tra Eros ,amore che tende all’infinito, e Agape, pienezza, sovrabbondanza d’amore che si dona. La fede cristiana ha sempre considerato le due nature dell’uomo,spirito e materia, come una cosa sola e quindi l’eros ci solleva, sì, verso il divino ma con un percorso di rinunce e purificazioni. Il percorso dell’eros 9 che diventa agape è proprio nel Cantico dei Cantici, dove l’amore non cerca più se stesso ma cerca il bene dell’amato, si sacrifica addirittura: l’amore è più forte del peccato e della morte e l’incarnazione più alta di quest’amore è Gesù. Ma non bisogna ridurre l’agape alla filantropia perché se non ho contatto con Dio impoverisco l’agape nei confronti dell’altro mentre se guardo solo in alto perdo di vista l’altro. L’eros di Dio per l’uomo è anche agape perché riesce anche a perdonare, non solo perché si dona interamente e gratuitamente: lo dimostra quando non rompe il patto con Israele che lo ha tradito, Dio ama appassionatamente il suo popolo! E degna conclusione del cammino nelle tre Virtù Teologali è la gioia (Evangelii Gaudium) perché il desiderio di Dio è riempirci della sua gioia, una gioia che, come dice Sant’Ignazio, nasce da dentro, ti quieta, ti calma. La gioia della fede è contrapposta alla tristezza del mondo e, dice Papa Francesco, proviene da un cuore comodo e avaro,da una coscienza isolata che ricerca solo il piacere superficiale e non palpita più per il desiderio di fare il bene. Ma la grazia dell’incontro con l’amore di Dio, che si è donato a noi e per noi, ci spinge verso gli altri e ci restituisce la speranza,la freschezza di un amore sempre attuale, innovativo, che ci stupisce ogni volta perché Lui ci ha preceduto, ci ha amati per primo e ci ha offerto tutto! Chiara Geri Parrocchia San Germano Santonuovo Rassegna di cori in memoria di monsignor Cinotti Domenica 18 maggio alle 16,30 presso la chiesa di Santonuovo, si svolgerà una rassegna di cori in memoria di monsignor Cinotti, parroco per 73 anni che ha speso tutta la sua vita per Santonuovo e che se ne è andato all’età di 99 anni il 19 dicembre scorso. Saranno presenti: il coro dei bambini della parrocchia, il coro dei cresimandi della parrocchia, il coro parrocchiale ‘Maria Forever’, il coro giovanile ‘Madonna della Salute’ di Capostrada, il coro ‘Incipit’ di Valdibrana, il coro parrocchiale di San Piero Agliana. in cattedrale S Alessio Tagliafierro e Gildas Sangou diventano accoliti abato 24 maggio alle 18 in Cattedrale l’amministratore diocesano, monsignor Paolo Palazzi, conferirà ai seminaristi Gildas Sangou ed Alessio Tagliafierro il ministero di accolito. Chi è l’accolito e quale il suo compito? La lettera apostolica “Ministeria quaedam” di Paolo VI al n. 8 ci dice che: “l’ufficio liturgico dell’accolito è di aiutare il presbitero e il diacono nelle azioni liturgiche; di distribuire o di esporre, come ministro straordinario, l’eucarestia. Di conseguenza deve curare con impegno il servizio all’altare e farsi educatore di chiunque nella comunità presta il suo servizio alle azioni liturgiche. Il contatto che il suo ministero lo spinge ad avere con i “deboli e gli infermi” lo stimola a farsi strumento dell’amore di Cristo e della chiesa nei loro confronti. Il suo impegno sarà quindi quello di conoscere e penetrare lo spirito del- la liturgia e le norme che la regolano; di acquisire un profondo amore per il popolo di Dio e specialmente per i sofferenti”. 10 comunità e territorio n. 19 18 Maggio 2014 EVENTI Torna «Un altro parco in città», l’iniziativa nata dall’idea di un gruppo di giovani architetti che l’8 giugno trasformerà il centro storico in un grande giardino di Patrizio Ceccarelli F are un pic-nic sdraiati sull’erba in piazza della Sala? Non è un sogno irrealizzabile, si potrà farlo domenica 8 giugno, quando Pistoia ospiterà la terza edizione di «Un altro parco in città». L’iniziativa nata dall’idea di un gruppo di giovani architetti sostenuti inizialmente dalla Giorgio Tesi Group e dalle imprese del comparto Sala, Piazzetta degli Ortaggi e zone limitrofe, che ha già riscosso grande successo nel 2012 e nel 2013 e che quest’anno sarà ulteriormente sviluppata. Nella prima edizione l’iniziativa si è svolta in Piazzetta dell’Ortaggio, mentre nel corso del 2013 si è estesa anche a Piazza della Sala e ad un tratto di via dei Fabbri. La Sala si veste di verde Quest’anno l’appuntamento è per domenica 8 giugno, con una connotazione ancora più ampia e strutturata. Naturalmente rimane centrale l’installazione a verde nell’area della Sala, che sarà impreziosita anche da attività convegnistiche sui temi del verde e dell’ambiente curate dalla Giorgio Tesi Group, ma con questa edizione si svolgeranno anche altri eventi collaterali che prenderanno il via già venerdì 6 giugno e si amplierà la porzione di città interessata dalla manifestazione. Il Giardino zoologico di Pistoia allestirà una vera e propria fattoria didattica in piazza S. Leone, con capre, galline e molti altri animali domestici. Aci Pistoia esporrà da venerdì 6, presso il palazzo comunale di Pistoia, i lavori dei ragazzi che hanno partecipato al concorso Aci km green, e sempre venerdì organizzerà un incontro con i bambini delle scuole elementari pistoiesi sull’eco-sostenibilità. Tra le idee di Aci anche quella di installare in piazza Duomo uno spazio di pratica golf, in collaborazione con il Golf ANSALDO-BREDA Contratto da 98 milioni di euro con Ferrovie Nord N Riguarda la fornitura di sette treni a due piani. Il design è realizzato in collaborazione con Pininfarina uovo contratto per AnsaldoBreda. L’ad Maurizio Manfellotto ha firmato con Ferrovie Nord un ac- cordo per la realizzazione di 7 treni, modello TSR (Treno Servizio Regionale), per un valore complessivo di 98,8 milioni di euro. Questa fornitura LOTTA ALLA SLA Raccolti 22mila euro per il progetto Gughi Serviranno per formare medici in grado di assistere al meglio i malati di sclerosi laterale amiotrofica. Il progetto prende il nome di un medico pistoiese colpito dalla Sla e promotore dell’iniziativa S ono 22.200 gli euro raccolti nel corso di tre diverse iniziative promosse dai Rotary club di Pistoia e di Montecatini e da Aisla Pistoia. Serviranno a finanziare il Progetto Gughi, l’iniziativa ideata dal dottor Guglielmo Bonacchi, colpito dalla Sla, che prevede la formazione, presso il Centro Nemo di Milano, di medici e personale sanitario per metterli in grado di assistere al meglio i malati di sclerosi laterale amiotrofica. La giornata dedicata al torneo pomeridiano di burraco e alla cena di beneficienza a Villa Cappugi, ha fruttato oltre 7.000 euro. All’evento hanno partecipato anche il direttore dell’ospedale San Jacopo, Roberto Biagini, il direttore della neurologia,Volpi e Chiara Sonnoli che avrà la funzione di tutor del progetto. La serata è stata allietata dalle creazioni floreali di Erica Bartolini che ha saputo mettere in luce quello che nelle intenzioni della referente di Aisla Pistoia, Daniela Morandi Matteoli, era l’aspetto più bello della serata: quello della donazione e della speranza nella cura di una patologia così orribile e devastante. Ai 7.000 euro raccolti si aggiungono quelli ottenuti nel corso dell’iniziativa che si è svolta presso il Centro Hidron, organizzata dai due club rotariani di Pistoia e Lucca, e che ne ha fruttato 14.000. L’ultima iniziativa in ordine di tempo si è tenuta a Porcari, presso lo splendido ambiente della Fondazione Lazzareschi messo a disposizione da Cristina Lazzareschi per un evento benefico organizzato dalle mogli rotariane del distretto di Montecarlo Piana di Lucca. Si è trattato di un torneo di burraco nel corso del quale sono stati raccolti altri 1.200 euro. si aggiunge a quella della fine del 2013 che riguardava altri 7 convogli. Il TSR è un veicolo a due piani componibile in veicoli da 3, 4, 5 e 6 casse. Costituisce da anni l’ossatura portante del trasporto lombardo e può raggiungere la velocità di 140 km/h. La motrice (con cabina e toilet per disabili) può trasportare 91 passeggeri, le carrozze intermedie 113. Ogni veicolo consta di 2 motrici e 4 carrozze intermedie. Il TSR possiede anche la caratteristica di mantenere invariate le prestazioni in tutte le composizioni possibili e può contare su una elevata accelerazione, che permette gestioni ottimizzate in percorsi con fermate frequenti ottimizzando i tempi di percorrenza dei percorsi suburbani e regionali. Il design del treno è stato realizzato in cooperazione con Industrial Designer “Pininfarina”. Intanto si apprende che le ferrovie belghe, AnsaldoBreda e la sua capogruppo Finmeccanica hanno raggiunto un accordo che definisce la controversia sui treni V250 e la risoluzione del relativo contratto. La soluzione prevede il pagamento alle ferrovie belghe di un importo pari a 2,5 milioni di euro da parte di AnsaldoBreda. “L’accordo - si legge in una nota dell’azienda pistoiese - è stato raggiunto in considerazione dei vantaggi previsti da entrambe le parti nell’evitare lunghi procedimenti giudiziari e consente ad AnsaldoBreda di concentrare le proprie energie e risorse finanziarie sui progetti di treni ad alta velocità con altri clienti”. Vita La club di Montecatini. Gli architetti di «Un altro studio», il Consorzio Turistico Città di Pistoia, l’Amministrazione comunale, l’Aci, la Giorgio Tesi Group, Publiambiente e Giardino Zoologico di Pistoia, con il contributo della Camera di Commercio, collaboreranno da qui all’8 giugno, ciascuno per il proprio ambito di competenza, su questo importante progetto con l’obiettivo di rafforzare il messaggio del rapporto tra città, verde, natura e sostenibilità. Si muoverà così il primo passo verso un percorso che intende portare l’iniziativa a divenire un vero e proprio elemento di valorizzazione e promozione turistica della città di Pistoia e dell’intero territorio pistoiese. Lo scopo è anche quello di sensibilizzare i pistoiesi e i visitatori sul tema del verde e dell’ambiente, elementi centrali nell’economia pistoiese e temi particolarmente attuali dal punto di vista della sostenibilità. Migliorano i conti della Bcc Pistoia La raccolta complessiva aumenta di 26 milioni, mentre il disavanzo si riduce del 40% M igliorano i conti della Banca di credito cooperativo di Pistoia, che ha chiuso il bilancio 2013 con una sostanziale riduzione del disavanzo economico passato dai 5 milioni di euro del 2012 ai 3 milioni del 2013, mentre la raccolta complessiva è stata di 671 milioni (+26 rispetto al 2012). Numeri che tutto sommato inducono a guardare al futuro con ottimismo, come sottolineano i vertici di piazza Treviso. «Continueremo a prestare massima attenzione nei confronti di soci, famiglie e imprese che operano nel nostro territorio di competenza – dicono all’unisono il presidente Vittorio Nardini e il direttore generale Maurizio Farnesi -, impegnandoci ad allargare la base sociale, incrementare il patrimonio, fidelizzare ancora di più chi ha sempre creduto in noi facendoci avvertire quotidianamente e concretamente fiducia e stima. Crediamo nella forza di questi valori, certi che saranno vincenti». «Un leggero calo degli impieghi per rispettare il doveroso riequilibrio nel rapporto con i depositi», sottolineano ancora da piazza Treviso, e un disavanzo economico di circa 3 milioni «su cui incidono le pesanti svalutazioni ma che comunque riduce di oltre il 40% le perdite rispetto allo scorso esercizio». Confortanti i numeri del primo quadrimestre 2014, con un aumento del capitale sociale di oltre 800mila euro, ma soprattutto una netta riduzione delle posizioni rubricate a incaglio. L’aumento del numero dei soci (4.611 al 31 dicembre 2013, +538 rispetto al 31 dicembre 2012) è uno degli elementi che testimonia la fiducia riposta nei vertici aziendali, con l’avvocato Maurizio Farnesi, già vicedirettore generale, che da pochi mesi siede sulla poltrona più importante dell’esecutivo. PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633 - [email protected] - [email protected] SEDE PISTOIA Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected] PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected] MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected] MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected] SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected] LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected] PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected] S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected] CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected] BOTTEGONE Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected] Vita La n. 19 GALLERIA VANNUCCI L’affresco di un’epoca nelle opere di Alfiero Cappellini « Io per mia natura non potevo essere fra gli incoronati. Ho dovuto riscaldarmi solo al fuocherello della stima di tanti amici artisti e basta”, così scriveva Alfiero Cappellini all’amico Colacicchi, in una delle tante fitte corrispondenze che il pittore pistoiese, nato nel 1905, intrattenne con i più noti e apprezzati artisti e intellettuali del suo tempo. Da Guttuso a Bigongiari, da Moravia a Michelucci: molti furono i grandi ai quali Alfiero Cappellini fu legato da reciproci rapporti di stima e affetto, e dai quali l’artista, nato da una famiglia di umili origini, trasse profonda ispirazione e insegnamento. Riscoprire la poetica e il lavoro del pittore pistoiese – Cappellini fu presente alla Biennale di Venezia nel ‘36 e addirittura nel ‘40 con una sala interamente a lui dedicata – è dunque l’intento della Galleria Vannucci, che venerdì 9 maggio ha aperto nei suoi spazi squarci rivelatori sull’arte diretta, vivace e autentica di Cappellini, nell’auspicio che questo possa essere il punto di partenza per una nuova e doverosa rilettura critica. La mostra, curata da Massimiliano Vannucci, si snoda perciò a partire dai grandi quadri tutti dedicati al tema del lavoro – opere serie e potenti, dai colori scuri – per arrivare – passando da una ricca carrellata di ritratti dai toni brillanti e accessi, eseguiti in punta di pennello (fra i tanti volti, vi è anche quello del pittore Vinicio N ei giorni scorsi è tornata a visitare i vivai di Pistoia Onofria Burgio, del Ministero politiche agricole, alimentari e forestali, dove recentemente ha avuto un importante incarico alla direzione degli affari generali, delle risorse umane, dei rapporti con le regioni ed enti territorali. La Burgio, (nella foto con la figlia Benedetta) che nel soggiorno pistoiese è stata guidata da Renzo Benesperi, segretario generale dell’Associazione internazionale produttori del verde “Moreno Vannucci” ha detto, fra l’altro, che il nuovo ed importante “Nursery Park” all’uscita dell’autostrada è meraviglioso e molto utile per gli operatori del settore, favorendo un’educazione ambientale a tutti i livelli. Inoltre con la presenza di suo marito Nikolay Bogatzky, noto direttore d’orchestra, è stata fatta una ipotesi progettuale molto articolata dell’iniziativa “Verde & musica”, da effettuare nell’ambito della XV edizione del “Meeting 2014 sul Florovivaismo in Europa”, tra natura, colori, arte e cultura del verde. Berti) – fino alle sorprendenti ed inedite incursioni nell’astrattismo, con sperimentazioni perfino successive agli anni della malattia. Ma non solo: Cappellini, uno dei sodali del cosiddetto “Cenacolo di Pistoia”, fu anche un punto di riferimento per la generazione artistica successiva e, da Lando Landini a Francesco Melani, da Alfredo Fabbri NURSERY PARK Una visita eccellente IN PROGRAMMA S comunità e territorio 18 Maggio 2014 Giugno aglianese 2014 aranno circa 170 gli eventi, tra concerti, iniziative gastronomiche e culturali, danza, sport e talk show, che caratterizzeranno il Giugno Aglianese 2014.“Festival delle culture popolari” è il titolo di un’edizione che si annuncia completamente rinnovata, nata dalla collaborazione tra il Comune e l’associazione Artigiano di Luca Nesti. Il budget messo a disposizione dell’amministrazione è di 10mila euro, mentre altre risorse per circa 32mila sono giunte dai contributi degli sponsor. Un programma che si snoda dal 6 al 29 giugno, con qualche anticipazione già dall’ultimo giorno di maggio, e che tornerà ad interessare diverse zone di Agliana. Gli eventi saranno localizzati principalmente in 6 aree: le piazze Gramsci, Magnani, IV Novembre e Bellucci, via Roma ed il Parco Pertini. Al centro resterà piazza Gramsci ed assumerà un ruolo di primo piano il Parco Pertini, che, spiega l’organizzatore Luca Nesti,“sarà il circolo degli artisti”, vero centro della programmazione musicale, dove troveranno spazio il rock, il jazz, la musica classica, i dj set e l’anteprima del Pistoia Blues con “Obiettivo Blues In” la sera del 10 giu- gno. Saranno ambientati al parco, tra gli altri, il concerto dei Diaframma di Federico Fiumani (11 giugno), quello di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti (18 giugno) e “La Notte degli Indipendenti”, a cura dell’etichetta fiorentina Pippola Music (23 giugno). Sempre al Pertini “Cento Voci per Agliana” (19 giugno), “La Notte delle Chitarre Classiche (24 giugno), la finale del premio Magnino (25 giugno). Sul palco di Piazza Gramsci il concerto di Paola Turci e Veronica De Simone (14 giugno) e le serate di teatro. La piazza centrale di Agliana sarà il luogo della tradizionale sagra del pesce del 29 giugno, giunta alla 46ª edizione, delle esibizioni delle scuole di danza, dei concerti della banda “I Tigrotti” (27 giugno) e del coro “Terra Betinga” (25 giugno) e delle iniziative delle associazioni locali. Anche la Festa dei Popoli sarà in piazza Gramsci (21 e 22 giugno): “un’inziativa – sottolinea il sindaco Eleanna Ciampolini – alla quale l’amministrazione tiene particolarmente e che rappresenta Agliana come comunità multietnica composta anche da persone provenienti da paesi e culture diverse”. M.B. a Fernando Melani – con il quale in particolare fu legato da profonda stima e conflittualità –, molti furono coloro che guardarono al lavoro dell’esperto pittore pistoiese. Grazie alle opere di questi stessi artisti – esposte per l’occasione dal collezionista Mario Lucarelli – la Galleria ha dunque il merito di esplicitare, in modo diretto ed immediato, le similitudini, i reciproci legami e le influenze che definirono l’arte di Cappellini. Un lavoro quasi dal sapore museale. La mostra chiude una stagione espositiva della Galleria durata più di cinquant’anni:“Quando mio nonno Ermanno aprì la Galleria nel ‘59 fu molto aiutato da Alfiero Cappellini, al quale inizialmente si appoggiò per coinvolgere gli altri artisti pistoiesi”, chiarisce Massimiliano Vannucci. “Ci sembrava perciò giusto concludere questo primo ciclo proprio con l’esposizione delle opere di Cappellini, in attesa della riapertura a settembre che ci vedrà operare in due diverse direzioni: mio padre 11 Enrico manterrà il tradizionale focus sull’arte moderna, mentre io aprirò la Galleria alle sperimentazioni dell’arte contemporanea”. Non poteva davvero esserci artista migliore di Alfiero Cappellini per rappresentare idealmente queste due nuove anime: tradizione ed innovazione hanno entrambe trovato una felice e proficua convivenza nella sua produzione, e nel fitto scambio di stimoli, idee, temi e soggetti che lo vide confrontarsi con il mondo artistico del suo tempo, un’intera epoca ha trovato la sua più intensa e veritiera rappresentazione. Una vocazione per l’arte e “un destino inequivocabile”, quelli di Cappellini, come ben spiega Lorenzo Cipriani nel testo critico della mostra. L’esposizione “Alfiero Cappellini. Una vita d’artista” rimarrà aperta al pubblico fino al 14 giugno, dal martedì al sabato, dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19.30. Per informazioni: 0573-20066, [email protected]. Silvia Mauro Resistenze attive A La strage di San Lorenzo e il dramma della famiglia Puglia La Schetta, sopra la frazione di Candeglia a Pistoia, i tedeschi se ne erano già andati nel corso del 1944, ritirandosi sopra il paese di Villa di Baggio muniti di cannoni. Era rimasto qualche soldato tedesco sbandato raccontava Gina Gualandi all’età di 87 anni, affamati e disperati tanto che qualcuno della popolazione gli dava da mangiare come atto di misericordia umana. Il 12 settembre di quell’anno la famiglia Gualandi udiva uno schianto improvviso seguito da un urlo, raccontava la signora con i fatti ricostruiti da Renzo Corsini, esponente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) di Pistoia. Gina e sua madre Attilia si precipitarono quindi fuori casa, correndo lungo il sentiero che scende verso gli orti e vedendo così il corpo di un giovane riverso a terra, sanguinante, colpito da schegge di un albero di pero spezzato da una cannonata tedesca. Aveva il corpo squarciato all’altezza del fegato, Gina, 23 anni, lo trascinò verso la stalla aiutata dalla mamma, dove la famiglia si era sistemata sentendosi più al riparo da proiettili di cannone e bombe, ma il ragazzo morì tra le loro mani. Era un giovane sfollato verso Villa di Baggio dove viveva pressoché “murato” in casa come tanti altri a quel tempo, per sottrarsi alle razzie dei tedeschi. Solo un anno era trascorso dal tragico 12 settembre 1943, quando in piazza San Lorenzo a Pistoia vennero mitragliati sei civili contro il muro del vecchio distretto militare: Ivo Bovani, Dino Chiti, Lino Lotti, Gino Puglia con il figlio minore Alfio di ventisette anni, Maria Tasselli. Una lapide del 1945, posta dai cittadini del rione San Marco ricorda la strage, una delle prime in Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43. L’altro figlio di Gino Puglia,Vinicio, sposato con un figlio, si era rifugiato con altri nel vivaio di Riccardo Lotti, in San Lorenzo, poi catturato da tedeschi. Suo padre Gino, noto calzolaio del quartiere, corse verso di loro, implorandogli di lasciarlo libero ma finendo pure lui al muro. Anche Maria Tasselli, abitante in via Buonfanti, saputo della cattura della figlia incinta, si precipitò a chiedere la sua liberazione, ma finendo anch’essa al muro in cambio del rilascio della figlia, subito ricoverata in ospedale per aborto a causa del trauma, la cui creatura, settima vittima della strage, nacque morta. Nel 2002 il n. 4 dei Quaderni di Farestoria dell’Istituto storico provinciale della Resistenza ricostruì questi fatti drammatici, mentre a distanza di anni i ricordi di Gina Gualandi e del figlio Francesco permisero di legare la strage di San Lorenzo con l’episodio di La Schetta, dove il giovane ucciso era Vinicio Puglia, esattamente lo stesso giorno, seppur un anno dopo, della trucidazione di suo padre e suo fratello. Adesso la memoria cittadina non può che legare il progetto di riqualificazione di piazza San Lorenzo al ricordo della famiglia Puglia oltre che di tutte le altre vittime innocenti. Secondo i racconti di Gina Gualandi, scriveva già Corsini, la moglie di Vinicio Puglia e la mamma della signora si conobbero durante le visite alla piccola croce posta dalla moglie sul luogo della scomparsa, poi sostituita da una in ferro con ovale in bronzo, su cui impresso nome e data del fatto. In memoria, in piazza San Lorenzo vi è una scultura del maestro pistoiese Flavio Bartolozzi, nipote di una delle vittime, oltre alla lapide del Comitato rionale San Marco sulla quale, come osserva Renzo Corsini, spetterebbe di aggiungere dunque i nomi di Vinicio Puglia e della nipotina di Maria Tasselli, alla quale la vita fu negata prima ancora di nascere dalla barbarie dei nazi-fascisti. Leonardo Soldati 12 T comunità e territorio ra il 22 e il 25 maggio ognuno dei 28 paesi dell’Unione europea si recherà alle urne in giorni diversi e con un sistema elettorale diverso, che discende dalle diverse storie elettorali dei singoli paesi. Il voto in Italia In Italia vige un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 4%. Nel voto di domenica 25 maggio (urne aperte dalle 8 alle 22) i 73 seggi che spettano all’Italia saranno scelti con il principio proporzionale “tanti voti, tanti seggi”. Unico limite: la soglia di sbarramento al 4%. Quei partiti che Vita La n. 19 18 Maggio 2014 Elezioni Europee 2014 Come si vota in Italia Tra il 22 e il 25 maggio circa 400 milioni di persone si recheranno alle urne in tutti i 28 Paesi dell’Unione Europea per eleggere il nuovo Europarlamento. In Italia si vota domenica 25 maggio 2014 dalle ore 8,00 alle 22,00. Ogni Stato ha una legge elettorale diversa a livello nazionale non raggiungeranno almeno quella soglia non entreranno nell’europarlamento. Il territorio nazionale è diviso in 5 circoscrizioni: Nord-Est (14 seggi), NordOvest (20), Centro (14), Sud (17) e Isole (8). Possono votare tutti i cittadini che hanno compiuto 18 anni e sono eleggibili quelli che hanno compiuto 25 anni. Non sono previste coalizioni, con l’eccezione della possibilità di collegamento per le liste delle minoranze linguistiche con un’altra lista. Nell’Italia centrale le schede sono 11, ognuna con 14 candidati. L’elettore dovrà scegliere una delle liste candidate semplicemente facendo un segno sul simbolo relativo. Inoltre può esprimere fino a tre preferenze, scrivendo il nome dei candidati negli spazi accanto al simbolo. Il Parlamento ha appena introdotto una norma sulle cosiddette ‘quote rosa’ che entrerà in vigore a pieno nel 2019 ma che avrà parziali effetti anche per il voto del 25 maggio: in caso in cui venissero espresse tre preferenze per candidati dello stesso sesso, la terza preferenza sarà annullata. Quindi nell’esprimere tre preferenze bisogna ricordarsi che almeno una deve essere per un candidato di sesso diverso dagli altri due. Fax simile della scheda elettorale della circoscrizione Italia centro in cui sono disponibili 14 seggi spor t pistoiese Un memorial Bardelli di valori in una società di disvalori T rent’anni e non sentirli. È stato presentato (nella foto un momento della conferenza stampa tenuta all’Hotel Villa Cappugi di Pistoia) in questi giorni il “Memorial Giampaolo Bardelli”, prestigioso premio a chi compie atti tangibili contro il doping, da qualche anno assegnato anche a chi ha meriti sportivi e alle eccellenze pistoiesi, ideato dal giornalista e scrittore Renzo Bardelli, organizzato dal Gruppo Sportivo Giampaolo Bardelli per lo sport etico e che quest’anno festeggia il trentesimo anniversario. Riconoscimento di valori sportivi e umani, che lo scorsa edizione insignì anche Monsignor Giordano Frosini, voglia di distinguersi da una società che, invece, rincorre il facile e non il giusto. La cerimonia di premiazione si terrà sabato 7 giugno, dalle ore 9, nella suggestiva Sala Maggiore del Comune di Pistoia. Per la sezione “Lotta al doping”, il Memorial sarà attribuito allo staff della Mapei SP Sport di Milano, con in testa il presidente, nonché numero uno di Confindustria e massimo dirigente del Sassuolo calcio, Giorgio Squinzi, il direttore di “Tuttobici” Pier Augusto Stagi, il giornalista UNVS (Unione Nazionale Veterani dello Sport) Gianfranco Guazzone, i medici delle giovanili della Fiorentina, Giovanni Serni, e dell’Asl di Lucca, Carlo Giammattei. Per l’“Handicap” i premiati saranno Gianni Nerozzi, pianista non vedente dalla nascita, e a Rossano Baronti, atleta paraolimpico. Per l’“Attività operativa per i Mondiali di ciclismo in Toscana 2013”, Benedetto Piccinini di Lucca, Annalisa Giunti, comandante della Polizia Municipale di Pistoia, Iginia Bartoletti, funzionario servizio Cultura del Comune di Pistoia, e Simona Pallini, funzionario servizio Sport della Provincia di Pistoia.Tra gli “Ex ciclisti 80enni”, troveremo Marcello Chiti di Chiazzano Pistoia, Paolo Guazzini di Prato, Francesco Bertini di Livorno, Damasco Bocconi di Lamporecchio (Pistoia) e Giacomo Fini di Pietrasanta (Lucca). Fra le “Eccellenze pistoiesi”, l’Avis comunale, Ugo Baldi, amministratore delegato della Conad del Tirreno, Simone Balli, presidente di Confartigianato, Gessica Beneforti, segretaria provinciale della CGIL, Marcello Bucci, ex sindaco, Remo Fattorini, portavoce del presidente della Regione Toscana Rossi, Annalia Galardini, già dirigente scolastica del Comune, Massimiliano Irrati, primo arbitro pistoiese a dirigere una gara di serie A, il medico Alberto Marini, Vittorio Nardini, presidente della Banca di Pistoia, Andrea Ottanelli, scrittore, e Alessandra Sala, pittrice. Gli ospiti d’onore, di fama internazionale, verranno comunicati una decina di giorni prima dell’evento. Gianluca Barni Calcio - Basket Tempi Supplementari F di Enzo Cabella avola cinque. Cinque come le vittorie consecutive dello straordinario finale di ‘regular season’, cinque come i punti di scarto su Caserta nel decisivo spareggio per la conquista dell’ultimo posto (l’ottavo) dei playoff, appendice riservata alla conquista dello scudetto tricolore. Il Pistoia Basket ha realizzato un sogno, raggiungendo un traguardo così lontano da non poterlo nemmeno immaginare. Considerando il modesto budget iniziale della società, le scommesse fatte in sede di campagna acquisti, gli investimenti in giocatori americani pressoché sconosciuti e inesperti del campionato italiano, la veste di neo promossa, l’inizio assai incerto della stagione, la consapevolezza di dover lottare fino all’ultima giornata per la salvezza: tutti buoni e validissimi motivi per essere soddisfatti e orgogliosi di quanto la squadra ha fatto. Oltre alle qualità tecniche, ha fatto affidamento allo spirito provinciale, di gruppo, alla tenacia di non doversi mai arrendere. E’ successo così che le scelte tecniche si siano rivelate giuste e vincenti, che la squadra si sia ben presto ambientata nella massima categoria, abbia cominciato a vincere e battere addirittura squadre che da anni sono tra le protagoniste del campionato. C’è da aggiungere che la squadra è stata guidata da un coach intelligente, con le idee chiare, che ha trovato nell’ambiente pistoiese l’habitat ideale per dare il meglio di sé e da ciascun giocatore. Non bisogna dimenticare il ruolo, a volte decisivo, del pubblico al PalaCarrara, sempre straripante, sempre caldissimo, che ha trascinato la squadra verso successi impensabili. La squadra biancorossa ha raggiunto il massimo della forma nel finale di campionato, vincendo le ultime cinque partite e conquistando il pass per i playoff, dove esordirà contro l’Armani Milano, la superfavorita per il successo finale. Nella partita-spareggio contro Caserta c’è stato anche l’omaggio dei tifosi e dei compagni di squadra a Gek Galanda, monumento della pallacanestro italiana venuto a Pistoia con l’obiettivo di dare un contributo importante alla crescita della squadra biancorossa. C’è riuscito, il grande Gek, non solo sotto l’aspetto tecnico ma anche dal punto di vista morale e umano, da vero uomo-spogliatoio, rendendosi protagonista fuori dal parquet di tante iniziative sociali. A 40 anni ha appeso le scarpette al classico chiodo e ha detto basta: domenica 11 maggio, proprio lo stesso giorno in cui vinse il suo primo scudetto a Varese. Chapeau. La Pistoiese ha cominciato la ‘poule scudetto’ pareggiando in casa con la Lucchese. Un derby classico e antico, tra squadre illustri, che si sono divise la partita: primo tempo a favore della Pistoiese, che ha fallito un paio di gol che sembravano... già fatti, secondo a favore della Lucchese che ha avuto anche lei due grosse occasioni per segnare. Pari e patta, con la Lucchese però che è uscita favorita dal confronto. La Pistoiese, ora, deve vincere ad Ancona per continuare la strada verso lo scudetto tricolore. Ma sarà molto dura. Vita La 18 Maggio 2014 Addio salotti buoni Chi va e chi viene... PRESENTATE LE LINeE GUIDA SUL TERZO SETTORE C 13 Raccogliere la sfida riformista di Nicola Salvagnin ome stiamo uscendo dalla crisi che ha squassato l’economia italiana negli ultimi sette anni? Uscendo all’esterno, e lasciando entrare. Fiat è la punta di diamante della prima tendenza: lasciando perdere una storica propensione a campare grazie agli aiuti di Stato, con Marchionne l’azienda automobilistica torinese ha allargato sia la propria stazza sia i propri mercati grazie anche a una gamma di prodotti ben più ampia delle solite utilitarie. Pagherà un prezzo ma sta salvando gli stabilimenti italiani, valorizzando marchi come Maserati e rilanciando ora pure l’Alfa Romeo. Dietro di lei, una miriade di aziende della moda, del lusso, dell’agroalimentare, della meccanica di precisione e quant’altro, che hanno preso d’assalto ogni mercato del mondo per vendere i propri prodotti: è l’export che sta salvando la nostra economia. Per competere a livello globale, dobbiamo innovare prodotti e lavorazioni, allargare il marketing, conoscere i mercati, allargare le spalle per affrontare il mondo. Tanto sano “allenamento” che ci permetterà di essere un’economia valida e competitiva anche nel post-globalizzazione, fenomeno che sta spegnendo la vecchia manifattura italiana ormai sempre più dislocata laddove il lavoro costa meno. Ma la crisi ha anche costretto molte aziende a lasciar entrare capitali stranieri nel loro azionariato. Comprando marchi prossimi al fallimento o portando capitali freschi laddove quelli nostrani erano ormai stremati o riluttanti: vedi l’arrivo di fondi d’investimento americani o arabi nelle banche, nelle assicurazioni, nelle comunicazioni, nelle catene alberghiere, nelle maison della moda. Rompendo due vecchie logiche italiche: quella del “salotto buono” che intrecciava soldi dei soliti noti in azionariati quanto mai confusi e riluttanti agli investimenti; quella dell’ultima istanza chiamata Stato. Se va male, ci si rivolge a lui. Privatizzare gli utili, socializzare le perdite. Nessun pasto è gratis, dicono gli inglesi. Un conto, comunque, alla fine si paga. Le aziende che escono, rischiano di perdere velocemente le radici italiane. Se si ragiona a livello globale, gli interessi tricolori non hanno più l’importanza di prima. Così come il mescolamento dei capitali fa sì che le decisioni non si prendano più a Milano o Roma, ma magari a Londra, New York, Abu Dhabi. Ultimo ma non meno importante: perde peso “l’interesse nazionale”: non è sciovinismo alla francese, ma un fenomeno che interessa l’intera economia globalizzata. Sanzioni alla Russia di Putin? Non scherziamo, i suoi ricchi connazionali hanno importanti investimenti ovunque. Se poi pensiamo ai cinesi… Insomma non è né un bene né un male: è così. Queste sono le regole del nuovo gioco mondiale, dove gli attori principali non sono i soliti sette-otto Paesi occidentali. Possono piacere o meno, ma gli asfittici mercati interni, le piccole dimensioni, l’autarchia nazionale, la politica che sovrintende e s’intromette sono ormai asset al tramonto ovunque. E l’Italia si trova ora nel guado: se fa crescere i propri “campioni” nazionali, giocherà ancora in serie A. Se perderà i nuovi treni, si troverà nella B delle nuove colonie economiche, con scarsissime possibilità di promozione. In una parola: declino dall’Italia n. 19 Le importanti modifiche bastano per un giudizio positivo di Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore di Luigi Crimella T erzo Settore: una realtà con 301.191 enti non profit presenti oggi in Italia (erano 235.232 nel 2001). Vi prestano servizio oltre 4.700.000 volontari, con la creazione di 957.000 posti di lavoro di cui 681.000 dipendenti. Il Pil generato ogni anno è di 67 miliardi di euro, pari al 4,3% di quello nazionale. Ne parliamo perché il premier Matteo Renzi ha rese pubbliche le “Linee guida per una riforma del Terzo Settore”, annunciando che entro il 13 giugno verranno raccolti suggerimenti e nelle due settimane successive il governo predisporrà il disegno di legge delega, da approvare nel Consiglio dei ministri del 27 giugno 2014. Nelle “linee guida” ci sono varie novità: sostenere il Terzo Settore “con adeguati incentivi”, valorizzare “la sussidiarietà verticale e orizzontale”, far decollare l’impresa sociale, ripristinare il “servizio civile” universale per giovani dai 18 ai 29 anni (100mila all’anno), ampliare il sostegno economico pubblico e privato, fiscalità di vantaggio, 5 per mille, titoli finanziari etici detassati. Su tutto, si chiede trasparenza, bilanci pubblici, aggiornamento delle leggi 266/91 (volontariato) e 383/2000 (associazioni di promozione sociale), creazione di una specifica Authority. Per commentare questa ipotesi di riforma il abbiamo intervistato il portavoce del Forum del Terzo Settore, Pietro Barbieri. M atteo Renzi, che è stato sindaco di Firenze fino a ieri, ma che ora si trova dalla parte opposta -e cioè a capo del governo- ha minacciato di farlo, senza però farlo ancora: mettere le mani dentro la giungla di enti locali e municipalizzate che in questi anni sono spuntati come funghi in tutt’Italia. Migliaia di realtà -storiche o nuove di zeccache fanno riferimento a Regioni, Province, Comuni, enti intermedi e che fanno di tutto, di più. La stampa nazionale ha recentemente scoperto un’avanguardia locale di questa tendenza: il Comune benzinaio. A Verona -in verità da un paio d’anni- la locale Agsm (energia, gas, rifiuti) ha creato una partnership con dei privati per gestire alcune pompe di benzina. Scandalo. Ma dipende dalla parte dalla quale si guarda la questione: se le municipalizzate oggi producono elettricità, bruciano rifiuti, erogano gas, perché non dovrebbero fare affari nel campo della distribuzione di carburanti? Perché non dovrebbero fare affari ovunque questi si prospettino? Giusto. E consideriamo pure la motivazione che sorregge siffatte attività imprenditoriali: gli utili fini- È sorpreso dai contenuti delle Linee guida per la riforma del Terzo Settore? “No, assolutamente. Era stata annunciata da Renzi la volontà di fare interventi di riforma strutturale e abbiamo partecipato al gruppo di lavoro promosso dal ministro Boschi per arrivare a questo risultato. Ci aspettavamo un documento più di tipo elettoralistico e invece è uscito un testo attento anche a questioni tecniche, cosa che valutiamo positivamente”. In che modo la proposta di Renzi appare così positiva? “Ridisegna un quadro nuovo, più attinente, meno attento alle regole che devono certificare la singola organizzazione, ma orientato a come accompagnare lo sviluppo dell’impegno civico. In ogni territorio e ambito i cittadini conoscono associazioni e cooperative che si occupano delle persone in maggior difficoltà, o dell’ambiente, o di circoli ricreativi e di quelli per i giovani, promuovendo capacità e innovazione, anche sviluppando talenti. Tutto questo nelle linee guida viene rafforzato, rinnovato e rilanciato”. Il Terzo Settore non “vive d’aria”. Ha bisogno di fondi e finanziamenti. Cosa dite al riguardo? “L’aspetto finanziario è importante. Fare azioni di welfare, di promozione culturale e dell’ambiente esige risorse, ma queste azioni sono le meno finanziate. Sicuramente meno rispetto alle imprese profit. Ci si deve invece rendere conto che sono ambiti dove si può produrre buona occupazione. Penso al tema della povertà oggi, un problema gigantesco che sta attraversando ormai non solo le fasce degli immigrati e non riguarda solo il Sud Pietro Barbieri del Paese. Mi pare che il Terzo Settore sia, sotto questo aspetto, uno strumento straordinario che rigenera la capacità d’includere chi è in difficoltà, chi ha perso il lavoro o lo cerca, e offre la possibilità che queste persone si emancipino”. Qual è la genesi culturale del Terzo Settore? “Il volontariato interpreta un’idea di fraternità, che nella storia dell’Occidente è la terza gamba del motto ‘liberté, égalité, fraternité’ della rivoluzione francese. Tra chi propende per il liberalismo, e chi per l’egualitarismo, la terza opzione, quella della ‘fraternità’, è alla base della scelta del Terzo Settore, che punta alla vicinanza all’altro, alla prossimità, all’aiuto. Ciò definisce l’impegno civico nella cooperazione, nelle attività educative e nell’impresa sociale”. Le imprese del Terzo Settore rifiutano l’idea di “fare utili”? E se li fanno, come li usano? “Le nostre imprese si definiscono ‘no profit’ e non distribuiscono utili.Altrimenti si rischierebbe che il tipo di attività che mettono in campo divenga preda del settore in cui operano. Concepiscono, invece, il concetto di equilibrio dell’impresa. Andare in perdita significherebbe rendere non utilizzabile lo strumento di partecipazione civica e di sussidiarietà. C’è un dato su tutti che spiega questa convinzione e ce lo dicono le banche: le sofferenze che registrano sul settore ‘profit’, a seguito della crisi, sono a 2 cifre; il ‘no profit’ invece è al 2% massimo. Stiamo parlando di estrema credibilità del settore, senza sbilanci economici”. In un’era di “tagli” alla spesa pubblica, chiedete e chiederete “aiuti di Stato”? “Non bisogna pensare al settore come a un semplice fornitore d’opera o come a dei sub-appaltatori dello Stato. Invece la partecipazione dei cittadini è un contributo straordinario al bene pubblico. Perciò si devono trovare spazi nuovi per gestire beni comuni e lavorare su beni relazionali, nella direzione della fratellanza e della riduzione delle diseguaglianze”. ECONOMIA La giungla delle municipalizzate Renzi avrà il coraggio di disboscare le rendite dei sindaci? di Nicola Salvagnin scono alla collettività e non nelle tasche di pochi; c’è la possibilità di calmierare le tariffe e di aiutare chi è più debole. C’è un forte legame con la politica quand’essa disegna il futuro di una comunità. Allora, qual è il problema? Che siamo in Italia, che la teoria è sempre una cosa, la realtà un’altra. E la fotografia di questo vasto mondo è scoraggiante: sono attività gestite spesso in regime di monopolio; il fatto che le tariffe siano più basse è molto discutibile; che gli utili finiscano alla collettività anche: spesso corroborano i bilanci comunali, quindi le politiche (o gli sprechi) di questo o quel sindaco. Discutibilissima la qualità del servizio, soprattutto per le aziende monopolistiche che raramente brillano per efficienza e, appunto, qualità. Discutibile che gli enti locali s’immischino nella creazione e/o gestione di autostrade, aeroporti, porti, metropolitane e quant’altro. Ancor più discutibile che poi gli stessi enti locali si svenino per coprire i buchi di bilancio che spesso queste aziende creano, dai trasporti pubblici in giù. Il caso di Roma è esemplare: un Comune in dissesto finanziario cronico a causa proprio delle sue avventure imprenditoriali, a volte mascherate da “servizi” da erogare. E i cittadini romani sono costretti a pagare le più alte tasse comunali d’Italia, di conseguenza. Ma vogliamo parlare dei poltronifici? Della pletora di consigli di amministrazione, di presidenti e direttori, di revisori dei conti con gettone allegato? Delle assunzioni fatte per colore politico? Per sistemare cognati e cugine? Delle consulenze esterne che beneficano legioni di persone o con motivazioni assurde o fittizie, o per far sì che qualcuno, al di fuori, faccia quello che chi è assunto non ha particolare voglia di fare all’interno? Alla fine paga Pantalone, come al solito. Forse un po’ stufo di farlo, visto che capisce sempre meno le motivazioni. E si irrita quando poi vede i sindaci piangere miseria in diretta televisiva, allungando la mano per ottenere fondi statali mentre non si sognano manco morti di dismettere queste proprietà o di lasciare spazio ai privati. Che se falliscono o lavorano male, pagano in prima persona e non si fanno confezionare decreti legge ad hoc per chiudere l’ennesimo occhio. 14 dall’italia n. 19 18 Maggio 2014 GIOVANI & LAVORO Vita La Arriva “Garanzia giovani in Toscana” A l via dal 1° maggio scorso, Festa del lavoro, il piano nazionale per l’occupazione “Garanzia Giovani”, rivolto a persone dai 15 ai 29 anni d’età che non lavorano e non sono impegnati in percorsi scolastici o di formazione professionale. Oltre due milioni infatti i giovani che non lavorano, così a differenza di altri Paesi europei, dove il limite d’età nell’accesso al progetto è di 24 anni, in Italia arriva perciò a 29. L’obiettivo è di offrire entro quattro mesi, dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione, un’offerta di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio o praticantato professionale retribuito, altre misure di formazione, oppure proposte di auto imprenditorialità ed autoimpiego. Le regioni potranno offrire delle specificità nel servizio oltre a gestirlo per meglio adattarlo alle caratteristiche dei territori, non tutte hanno sottoscritto la convenzione con il ministero del lavoro fin dal 1° maggio, la Toscana è invece tra quelle già operative. Stanziati in totale 1,513 miliardi di euro per il 2014 e 2015, «verranno spesi tutti» osserva il ministro del lavoro Poletti. Per la Toscana lo stanziamento è di circa 64,8 milioni di euro, cui è da aggiungersi il cofinanziamento regionale. La Regione è già stata apripista in quest’ambito con il progetto Giovanisì, al quale va adesso ad integrarsi Garanzia giovani: ai cinque ambiti d’in- P rima l’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola accusato di essersi adoperato per l’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente a Dubai in attesa di estradizione. Poi la notizia del micidiale giro di mazzette per gli appalti dell’Expo di Milano con tanto di video che riprende la consegna di una busta contenente 15mila euro. Cade in questa Italia del malaffare, un libro dedicato alla “Onestà” (edito da Cortina) scritto dalla filosofa Francesca Rigotti. Che cosa si è rotto in Italia? Quando e dove si è allentato il senso dell’onestà? “È difficile ascriverlo solo all’Italia. Un grosso contributo a questa rottura, per esempio, sono stati i nuovi media che hanno dato luogo ad una società di non commitment, di non impegno perché l’impegno può essere continuamente corretto dallo strumento stesso. Ma questo è un discorso generale che vale per tutti i Paesi mentre nel discorso italiano è forse legato alla costruzione del mito della casta. Mito per il quale tutto è uguale a tutto, la destra uguale alla sinistra, Berlusconi uguale a Cofferati. Tutto è un unico minestrone in cui tutti sono ladri. Intanto, primo: questo non è vero. Secondo, ha dato luogo ai famosi populismi alla Grillo che fanno presa perché si oppongono alla casta indifferenziatamente”. di Leonardo Soldati tervento già previsti si aggiungeranno via via nuove iniziative. Riguardo ai requisiti si deve essere residenti in Italia, comunitari o stranieri extra Ue regolarmente soggiornanti, occorre registrarsi sul portale www. garanziagiovani.gov.it; possedendo un indirizzo e-mail ed un telefono cellulare e fornendo codice fiscale e cap di residenza e domicilio. Si riceve quindi una mail con la password provvisoria per completare il proprio profilo sul sito www.cliclavoro.gov.it; Al primo collegamento si sostituisce la password provvisoria con una propria, accedendo alla pagina personale, è possibile iscriversi anche usando il proprio account Facebook NUOVA TANGENTOPOLI “Ma l’onestà è molto più del non rubare” La filosofa Francesca Rigotti sottolinea come sia trascurato “l’aspetto legato alla verità, al dire il vero, o almeno a dire ciò che si pensa sia il vero. Parlo della onestà intellettuale e dell’integrità morale”. Il ruolo dei nuovi media nella costruzione di una società del non impegno di Maria Chiara Biagioni Che non esista più la destra e la sinistra a molti sembra però un fatto evidente. “Certo, in Italia ha influito molto il venire meno della destra e della sinistra come classificazioni che a mio avviso per lo meno aiutavano a indentificarsi nel panorama, a indicare quale fosse la concezione del bene. Ma dire che viviamo tutti in un mondo in cui tutti sono disonesti, fa venire meno da una parte la fiducia nel bene che esiste, e dall’altra fa venir meno l’impegno, la parola data. Siamo stati abituati nell’ultimo ventennio al fatto che si poteva dire qualsiasi cosa e negarla il giorno dopo e nessuno protestava”. Chi è allora la persona onesta? “Negli ultimi decenni che coincidono con la mercificazione del mondo, il termine onesto ha acquisito una accezione squisitamente economica legata al denaro. Per cui onestà è astenersi dalla sottrazione indebita del denaro, dalla frode o dalla corruzione. È onesto colui che non ruba. Ma nell’onestà c’è molto di più. E molto di questo di più si è perso per strada. Prendiamo per esempio tutto l’aspetto legato alla verità, al dire il vero, o almeno a dire ciò che si pensa sia il vero. Parlo della onestà intellettuale, dell’integrità morale, intesa come comportamento coerente in tutte le scelte secondo le proprie convinzioni”. Ma vale la pena essere onesti oggi? La virtù dell’onestà appare una strada in salita. “Certo, la strada della disonestà è tutta in discesa ma porta nel fosso”. L’impressione è che si tratti comunque di un fosso dorato? “La strada della disonestà è comoda. Mi chiedo però: davvero oggi tutto si può comprare? Una laurea comprata non è un traguardo che si è meritato. Certo, la si può esibire su una scrivania, mettere sotto vetro, ma rimarrà pur sempre qualcosa di comprato o con i soldi o con altri favori. E mi voglio illudere che in qualche modo quella persona si senta a disagio”. Sta dicendo che parlare di onestà significa parlare di felicità? “Sì, alla fine sei più contento: se hai fregato ed hai viaggiato sull’autobus gratis, provi sicuramente una piccola felicità. Ma se ricevi un premio per qualcosa che hai fatto, il sentimento che provi vale molto di più di quel piccolo istante di godimento. Attenzione però a non creare un mondo adamantino di cavalieri erranti”. o Twitter. La domanda di adesione prevede la selezione di un Centro per l’impiego (Cpi), con cui concordare un percorso personalizzato (Patto di servizio) a partire dal primo appuntamento disponibile fornito. Entro quattro mesi dalla stipula del Patto, l’utente riceverà un’opportunità di lavoro o formativa. Il sistema incrocia una serie di variabili, territoriali, demografiche, familiari ed individuali, sulla base di informazioni fornite dall’utente. Le Regioni contatteranno quindi gli iscritti, proponendo corsi di formazione mirati come stage in aziende, servizio civile ecc. oppure offerte di lavoro vere e proprie. Oltre 7.500 le iscrizioni nei primi giorni, comprendendo il sito www. garanziagiovani.gov.it; o i singoli portali regionali (2.700), circa mille in Toscana. Garanzia giovani è espressione del piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile, usufruendo di uno specifico capitolo di spesa previsto per i Paesi, come l’Italia, dove il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 25%. Per informazioni consultare su internet la pagina dedicata: http://www.giovanisi. it/2014/04/28/garanzia-giovani-intoscana-2/ per contatti: numero verde Giovanisì lunedì-venerdì, ore 9.30-16, 800 098 719; Fse Toscana lunedì-venerdì, ore 10/18, 800 142 020. Una curiosità: le donne sono più oneste degli uomini? “Le donne oggi sembrano meno corruttibili degli uomini e più disposte a scusarsi per gli errori commessi. Naturalmente ci sono donne disoneste. Ma nella quotidianità o sul lavoro si può dire che le donne hanno una maggiore propensione all’onestà. Forse perché sono appena arrivate. Forse perché devono stare più attente. Forse perché per loro nulla è scontato e devono essere più brave perché altrimenti il posto va al maschio. Forse allora perché questo maggior impegno le porta ad una maggiore attenzione sul lavoro”. Allora il mondo in mano alle donne sarebbe un mondo più onesto? “Mah. A vedere queste sciacquette che riempiono il panorama politico, non direi proprio. Non spingiamoci troppo. Sono frasi fatte”. E allora il suo libro sulla onestà a chi lo consegnerebbe? “A chi si deve occupare della formazione dei funzionari e degli amministratori. Una volta c’erano le scuole di partito: il Pci nel quale io militavo, aveva la scuola di Frattocchie. E così pure i democristiani, i socialisti educavano in questo senso. Ecco, ci vuole una formazione di chi va a fare politica. Cominciamo almeno da loro”. Vita La Il partito dell’Anc (African nazional congress) si ferma al 60%. Dal voto emerge la difficoltà del partito di Mandela, sempre più rappresentativo della maggioranza nera della popolazione, di realizzare il sogno della “Nazione Arcobaleno” di Davide Maggiore H a vinto l’Anc, come previsto, ma lo scrutinio potrebbe riservare qualche delusione imprevista al presidente in carica Jacob Zuma e ai suoi compagni di partito. A un terzo circa dello spoglio, lo storico movimento di liberazione sembra aver ottenuto intorno al 60% dei voti nelle elezioni generali di ieri: con il passare delle ore la percentuale aumenta, ma la maggioranza dei due terzi, in cui Zuma sperava, resterà quasi certamente lontana, e nemmeno il risultato del 2009 (oltre il 65%) dovrebbe ripetersi. In grande crescita, invece, la Democratic Alliance, opposizione di centrodestra, guidata da Helen Zille: anche L e inaudite violenze a sfondo religioso che insanguinano la Nigeria, perpetrate dai famigerati Boko Haram, sono un fenomeno non solo inquietante, ma anche rivelatore della debolezza sistemica di un Paese sempre più in bilico tra democrazia e anarchia. Al grido di “Allah Akbar”, “Dio è grande” i Boko Haram ultimamente hanno preso grande dimestichezza nel rapire giovani donne, addirittura adolescenti, con l’intento dichiarato di venderle negli Stati confinanti, come schiave o concubine, alla cifra irrisoria di 12 euro. In questo modo vorrebbero seminare il panico tra coloro, cristiani e musulmani, che intendono far studiare le proprie figlie, in contrasto con la sharìa. Nel frattempo, i Boko Haram, continuano a ricevere aiuti militari dal Camerun, Ciad e Niger, a riprova dell’esistenza di legami con organizzazioni quali al Qaida nel Maghreb islamico, come peraltro ben documentato da oltre tre anni dall’intelligence nigeriana. Sta di fatto che l’accresciuta attività dei Boko Haram va anche inserita nel contesto dei fragili equilibri politici e sociali della Nigeria. Il loro obiettivo, infatti, è quello di destabilizzare l’intera nazione. A parte un coinvolgimento del salafismo saudita, lo stesso che ha foraggiato alacre- 18 Maggio 2014 dall’estero n. 19 IL VOTO IN SUDAFRICA Gli eredi di Mandela vincora ancora ma non sfondano se il partito di riferimento di molti bianchi non raggiungerà, come pure aveva sperato nelle scorse ore, il 30%, il 25% verso cui sembra avviato significa 9 punti in più rispetto alle scorse consultazioni. Distante, con il 4%, il terzo partito, gli Economic Freedom Fighters di Julius Malema, leader di estrema sinistra. A favorire i partiti d’opposizione e a penalizzare l’Anc potrebbe essere anche l’affluenza, ferma al 72% e in calo rispetto a cinque anni fa. Ciononostante, ieri alcune sezioni elettorali sono dovute restare aperte fin oltre le 21, orario previsto di fine delle operazioni, per permettere a tutti di esprimere il voto.Tranquilla anche la situazione di sicurezza, nonostante i timori della vigilia, quando alcuni seggi a Bekkersdal, nel Gauteng, e nel KwaZulu-Natal erano stati dati alle fiamme. Chiuse le urne, per i vincitori è però il momento di affrontare i nodi irrisolti del Paese, in particolare quelli economici. Problemi strutturali “Tutti i problemi di questo tipo che esistevano prima della campagna elettorale, continueranno ad essere presenti - prevede Raymond Perrier, direttore del Jesuit Institute di Johannesburg - perché nessun partito ha fatto proposte davvero risolutive”. Questa, prosegue è anche la ragione per cui “gli Economic Freedom Fighters hanno destato interesse: sembrano avere delle soluzioni, che in realtà non sono buone, ma quando le persone sono preoccupate, cercano qualsiasi rimedio che abbia una minima possibilità di funzionare”. A peggiorare lo scenario, e a porre ulteriori sfide al prossimo governo, continua Perrier, contribuiscono anche fattori macroeconomici, che incidono sul costo della vita, “sempre più difficile da sopportare”, non solo per le categorie tradizionalmente più deboli, ma “anche per i comuni cittadini sudafricani”: è questo, conclude, uno dei motivi per cui “tra la popolazione c’è tanta rabbia”. Un altro fattore importante da questo punto di vista è la corruzione: secondo il direttore del Jesuit Institute, “quel che il governo dovrebbe fare per sconfiggerla è semplicemente cominciare ad affrontarla” e in questo senso la comunque scontata conferma di Jacob Zuma al vertice dello Stato non aiuta, perché Viaggio nel pianeta “Boko Haram” che soffoca la Nigeria Il Paese è governato da oligarchie incapaci di garantire il benessere del popolo. In questo contesto si inserisce l’azione degli estremisti islamici che hanno rapito giovani donne che vengono vendute di Giulio Albanese mente al-Qaeda, vi sarebbero, come vedremo più avanti, complicità interne al “sistema Paese”, sia nelle forze armate nigeriane sia anche nel Parlamento federale. Tutto ciò avviene in un Paese che galleggia sul petrolio, con oltre 250 gruppi etnici, ma in cui l’unico vero collante, a parte i confini geografici, è rappresentato da un ordinamento costituzionale di tipo federale, che dall’indipendenza ad oggi è passato dalla gestione civile a quella militare. La frammentazione interna alla società nigeriana ha fatto sì che si affermassero col tempo oligarchie in forte competizione. Ciò ha determinato una gestione clientelare delle risorse di oro nero e acuito a dismisura la povertà della maggioranza della popolazione. È bene rammentare che i Boko Haram sono nati proprio a Maiduguri, capitale del Borno, per iniziativa dell’imam Ustaz Mohammed Yusuf, nel 2002, con l’idea di instaurare la sharìa, grazie all’appoggio dell’ex governatore Ali Modu Sheriff. Animato da un fanatismo religioso, fortemente intollerante nei confronti del governo centrale di Abuja,Yusuf diede vita ad un complesso religioso che comprendeva una moschea ed una scuola, dove le famiglie appartenenti ai ceti meno abbienti di fede islamica potessero iscrivere i propri figli. La setta comunque, fin dalle origini, venne concepita in funzione antioccidentale, anche se rimase nell’ombra fino al 2009, quando diede il via a una serie di attacchi diretti principalmente contro obiettivi governativi e in particolare nei confronti della polizia locale. L’arresto di Yusuf, morto in prigione in circostanze misteriose, ha di fatto lasciato spazio a una forte segmentazione del movimento in varie cellule. Col tempo, però, si è affermata la componente estremista. Per comprendere i tratti fisiognomici del movimento eversivo, vi sono due ricercatori che hanno fornito delle utilissime indicazioni. Secondo Eric Guttschuss, ricercatore di Human Rights Watch, che ha raccolto numerose testimonianze tra alcuni ex adepti di Yusuf, quest’ultimo riusciva ad adescare con successo giovani seguaci tra i disoccupati “parlando loro male della polizia e della corruzione politica”. Abdulkarim Mohammed, un altro autorevole studioso di Boko Haram, ritiene, comunque, che le insurrezioni violente in Nigeria siano dovute “alla frustrazione per la corruzione e al malessere sociale sulla povertà e la disoccupazione”. Non sorprende allora sapere che un portavoce di Boko Haram abbia dichiarato nel 2012 che Ibrahim Shekarau e Isa Yuguda, ambedue musulmani, rispettivamente governatore dello Stato di Kano e governatore di Bauchi, abbiano entrambi pagato mensilmente il gruppo terroristico. Com’è noto, i Boko Haram vorrebbero imporre la sharìa a tutta la Repubblica Federale, che finora ha goduto di una costituzione garante della laicità delle istituzioni - ricorda Perrier - il presidente in carica “è stato accusato da un procuratore di essersi impadronito di denaro pubblico”. Una mossa del genere, sintetizza lo studioso “mostra che non c’è un vero impegno contro la corruzione”, anche se si continua a parlarne. “Nazione arcobaleno” e società civile Il voto ha coinciso anche con il ventennale della giovane democrazia sudafricana, fondata sull’ideale della “Nazione Arcobaleno” sognata da Manpolitiche. Il problema di fondo è che la legge islamica è già stata introdotta nella Nigeria settentrionale ben 14 anni fa, in flagrante violazione del dettato costituzionale. Si trattò, a detta di autorevoli osservatori, di una debolezza dell’allora presidente Olusegun Obasanjo (cristiano), sul quale pesa la responsabilità storica di aver ceduto alle pressioni dei poteri forti che intendevano minare la stabilità nazionale. In questi anni, l’episcopato cattolico ha fortemente criticato la decisione di Obasanjo, ricordando che nel Corano non v’è traccia di sharìa. È menzionata invece nella Sunna, ovvero la tradizione del profeta Mohammed, da cui molti giureconsulti conservatori attingono, prendendola alla lettera. In questo contesto, comunque, alla contrapposizione tra il Nord musulmano ed il Sud cristiano, si aggiunge la lotta per il potere su base etnicoregionale. Ecco perché le vere ragioni dell’accresciuta attività del movimento vanno rintracciate nei rapporti che in questi anni i suoi componenti hanno stretto con politici altolocati e membri delle forze armate appartenenti alle etnie del Nord, interessati alla radicalizzazione della violenza al fine di destabilizzare il Paese. A questo punto viene spontaneo chiedersi in che modo sarà mai possibile sconfiggere questi sobillatori islamici. 15 dela.Anche in questo, secondo Perrier, l’Anc di oggi si sta allontanando in qualche modo dal sogno del suo storico leader: “la campagna dell’Anc ha mostrato uno spostamento dalla visione di un movimento che è sempre stato multirazziale - giudica - nella direzione di un partito dei neri, come se l’Anc avesse deciso di non poter più ottenere il voto degli elettori bianchi, coloured e indiani e si accontentasse di concentrarsi sul gruppo che costituisce la maggioranza della popolazione”. Nell’affrontare le sfide future del Sudafrica, però, riconosce il direttore del Jesuit Institute, può essere prezioso anche il contributo di realtà diverse dai partiti, come quelle della società civile. In questo senso le Chiese “continuano a giocare un ruolo importante nel campo dei servizi educativi”, nota. E aggiunge: “Parliamo di un contributo non enorme in termini di numeri, ma importante quando si tratta di mostrare che le scuole pubbliche gestite da organizzazioni religiose possono ottenere risultati migliori di quelle gestite dal governo utilizzando lo stesso budget”, rappresentando dunque un esempio “di ciò che si potrebbe fare nella fornitura dei servizi”. Da alcune settimane, lo stato maggiore nigeriano ha avviato, oltre ai rastrellamenti a tappeto da parte delle forze speciali, una serie interminabile di bombardamenti aerei per snidare gli estremisti nella foresta Sambisa, lungo il confine con il Camerun. Purtroppo i risultati lasciano molto a desiderare, col risultato che si verificano costantemente episodi gravissimi, come il sequestro di oltre 200 ragazze, avvenuto il 14 aprile scorso nella scuola Chibok. In questi mesi, l’attuale presidente, Goodluck Jonathan, ha tentato ripetutamente di fare piazza pulita di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno fallito nella lotta contro l’estremismo islamico e la corruzione dilagante nelle istituzioni. Dopo aver silurato in gennaio i vertici delle forze armate e nominato 12 ministri in sostituzione di quelli da lui giudicati inefficienti, ha addirittura licenziato, a febbraio, il suo capo di gabinetto, Mike Oghiadomhe, altro tassello di una serie di cambiamenti nei vertice del Paese. I detrattori del presidente lo accusano di essersi accorto troppo tardi delle inadempienze dei suoi collaboratori, poco importa se politici o militari, non foss’altro perché non è ancora riuscito a sconfiggere i terroristi. D’altronde, il fenomeno dei Boko Haram, parafrasando un proverbio africano, è come “quel serpente che ha già posto le sue uova nel nido delle aquile”. 16 musica e spettacolo Vita La n. 19 18 Maggio 2014 QUALE SERVIZIO PUBBLICO? Nella Rai dei cittadini si gioca la sfida della relazione umana N el 2016 scadrà la convenzione con la quale lo Stato riconosce alla Rai il compito esclusivo di svolgere servizio pubblico, e in vista del rinnovo della concessione il mondo cattolico rilancia il dibattito su questo tema cruciale per la comunicazione. A dare il via al processo di riflessione è stato l’incontro promosso a Roma, nella sede de La Civiltà Cattolica, dalla rivista dei gesuiti e dall’Unione cattolica stampa italiana. “Anche noi”, ha esordito p. Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, inaugurando la tavola rotonda “La Rai dei cittadini. Il servizio pubblico per la qualità della comunicazione”, vogliamo “discutere sulle condizioni e sui criteri della convenzione. Lo facciamo nello stile di questo Pontificato in cui per noi è più importante far nascere nuovi processi umani che conquistare spazi”. No a “sindrome dell’imbarazzo” Spadaro si è soffermato sull’evoluzione del concetto di informazione, che da “broadcasting” sta diventando sempre più “sharing”, mentre sta sfumando la figura del semplice “utente”. Necessaria “una conversione radicale” verso “una convergenza È una ghiottissima occasione per gli amanti delle gite fuoriporta la mostra su Camille Pissarro che è stata allestita nelle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia, che una volta Petrarca definì “il più bel monumento che possasi vedere”. Si tratta, in effetti, di una retrospettiva assai interessante, non solo per la trentina di pregevolissime opere esposte –anche un paio di Corot e alcune del figlio Lucien Pissarro- ma anche per lo scenario suggestivo che, immerso quasi nel buio di una sala cinematografica, offre al visitatore, in ogni ambiente, anche un documentario, proiettato a parete intera, di un vecchio attore che impersona l’artista, che è stato –tutti lo sanno- non solo uno dei primi artefici del nuovo movimento impressionista ma anche uno dei suoi principali teorici, soprattutto per quanto riguarda la ricerca luministica e il ruolo del colore –sfumature e pigmentazioni comprese. La pennellata “a tratti” è ben visibile in molti quadri, tutti di piccolamedia grandezza, da quelli che raffigurano i castagni coperti dalla neve a Louvenciennes, per diversi anni residenza del “La Rai dei cittadini. Il servizio pubblico per la qualità della comunicazione” di Giovanna Pasqualin Traversa dei media”, per cui il flusso dei contenuti “avvenga in maniera integrata, interattiva, partecipativa su più piattaforme”. Per la Rai, ha concluso, è forse tempo, di porsi “al centro di una fase approfondita di riflessione pubblica sul proprio futuro”. Da monsignor Galantino, segretario della Cei, l’invito ai cattolici a scrollarsi di dosso “una sorta di ‘sindrome dell’imbarazzo’, che troppo spesso sembra aver catturato alcune fasce del mondo credente e che porta ad avallare la dissociazione tra fede e cultura”. Il presule ha messo in guardia dal “pericolo” di un “eccessivo lobbismo intorno agli argomenti”. Occorre, ha ammonito, “dare a tutti la possibilità di dire le proprie ragioni su ogni argomento”. La comunicazione “rimane una sfida essenzialmente umana”, e se non spetta alla chiesa “suggerire come vada gestita la Rai”, essa può tuttavia “ricordare che nel nostro Paese c’è ancora bisogno di un servizio pubblico” in grado di “stimolare l’ambiente comunicativo, elevando la qualità dei modelli culturali offerti”. Di qui la raccomandazione di pen- sare ai giovani, facendosi carico della “trasmissione di un sistema credibile di valori che possa essere” da loro “intercettato e fatto proprio”, e l’invito ai cattolici a “riscoprire una presenza di lievito”. Baluardo della civiltà italiana “Essere sulla frontiera della tecnologia, puntare alla qualità e varietà dell’offerta, essere efficienti, efficaci, solidi e trasparenti”. Queste, per Anna Maria Tarantola, presidente della Rai, le caratteristiche che dovrebbero avere i servizi pubblici. A leggere il suo messaggio inviato all’incontro è stato il giornalista Massimo Bernardini, moderatore della tavola rotonda. Per Luigi Gubitosi, direttore generale Rai, “Se la Rai dovesse avere un sottotitolo, questo dovrebbe essere ‘ultimo baluardo della civiltà italiana’”.“Dobbiamo continuare -ha esortato- a spingere sulla cultura, perché è la nostra principale missione”. Nel richiamare il successo di “Braccialetti rossi”, Gubitosi ha sottolineato l’importanza di “far passare ai giovani messaggi positivi”. L’azienda “è attrezzata sul fronte della tecnologia, ma saranno i valori a portarci nel 2016”. Parlare a tutti i cittadini Il servizio pubblico deve restare al centro della comunicazione”, ha sostenuto il presidente dell’Ucsi,Andrea Melodia, secondo il quale la Rai “deve diventare una media company” per “presidiare il sistema comunicativo garantendone qualità e diffusione universale”. Qualità che è “utilità sociale; capacità di contrastare le emergenze educative; dialogo interculturale, interreligioso e intergenerazionale”; lotta al “divide”; stimolo all’innovazione, “capacità di mantenere valori nel tempo”. Secondo Melodia, occorre salvaguardare la televisione generalista che “può essere la vera leva della coesione sociale”, e il servizio pubblico deve “parlare a tutti i cittadini”, ma per questo la Rai ha bisogno di “un’operazione editoriale complessiva e coordinata”. Crescita e utili sociali Sulla stessa linea Giuseppe Roma, direttore del Censis: “Più che l’idea di un servizio pubblico, è importante l’idea di un grande patrimonio comune a tutti gli italiani”. Richiamando la riflessione di mons. Galantino, Roma ha osservato: “Il mondo dei giovani non è facile da ‘convertire’ ma non lo ritengo impossibile” a condizione di “lavorare sul territorio”. Quanto alla Rai, è necessaria “qualche operazione di bonifica interna”. Per Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, l’azienda “non deve produrre utili economici, ma utili sociali”. Fondamentale “l’accountability, la capacità di rendere conto ed essere in relazione”. Un tema sollevato da diversi relatori è stato la riforma del canone e l’ipotesi di legarlo alla capacità di spesa dei cittadini.“Dobbiamo fare una riforma” ha concluso il sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, “che instauri un rapporto positivo con la tassa, garantisca equità ed elimini il dato imbarazzante dell’evasione”. Sostieni LaVita Abbonamento 2014 Sostenitore 2014 2014 Amico euro 45,00 euro 65,00 euro 110,00 c/c postale 1 1 0 4 4 5 1 8 I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero 0573.308372 (c/c n. 11044518) intestato a Settimanale Cattolico Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia. Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio. arte Pissarro, l’anima dell’impressionismo Una mostra al Castello Visconteo di Pavia di Francesco Sgarano pittore, a quelli che offrono squarci di suprema bellezza di roseti fioriti o frutteti o la fila di meli ad Eragny, tarda dimora di Pizzarro. Un lavoro totalmente en plein air, come nella rigorosa concezione impressionista, un’attenzione e un amore nei confronti della natura che, in questo frangente particolare, trova un esito indimenticabile. Chi guarda non può provare che un immenso piacere, non dimenticandosi di quanto sia stato tortuoso il cammino dei vari Renoir, Monet, Manet e compagnia verso il successo, che non arrise mai a Pizzarro se non negli ultimi anni. Impreziosiscono il catalogo un autoritratto, tipico genere assimilato tout-court dagli impressionisti, che Pizzarro sa rendere con realismo convincente, due vedute di intensità straordinaria della Parigi fin-de-siecle, quando era la capitale assoluta del benessere e dell’armonia in piena Belle Epoque, tra cui “Il Boulevard Montmartre nel Mardi Gras”, con precisissimi tocchi di pennello per restituire una folla sterminata per strada. Che Pizzarro sia partito quasi come epigono di Corot e della scuola di Barbizon è evidente da un paio di tele, in debito evidente con la corrente paesaggista, poi però si scorge un’evoluzione costante –da vero artista apripista e anticonvenzionale- che, attraverso la cifra stilistica dell’ “impressione”, lo conduce addirittura a sposare le innovazioni puntiniste e divisioniste di Seurat e Signac (inequivocabili nel “Ritratto di Felix con la gonna”), che in seguito abbandona per l’eccessivo impiego di tempo che –come esplicita in una lettera- lo fa crollare in una profonda crisi artistica. Scorrendo, in preda all’ammirazione più profonda, i vari titoli –provenienti da collezioni di tutto il mondo, dai musei di Belgrado a Johannesburg- si scorgono anche due ritratti d’autore di Gauguin e –in acquaforte, altra tecnica in cui Pizzarro eccelleva- di Cezanne, che si proclamò sempre fiero seguace e allievo dello spesso bistrattato maestro. Proprio attraverso il vincolo cezanniano, che –come gli storici dell’arte sovente hanno sottolineato- ha influenzato tutte le avanguardie del primo Novecento –il Cubismo su tutti, per la ricerca della tridimensionalità pittorica- Pizzarro può trovare ancora oggi un posto di sicuro prestigio nell’arte odierna. LaVita Settimanale cattolico toscano Direttore responsabile: Giordano Frosini STAMPA: Tipografia GF Press Masotti IMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.308372 e-mail: [email protected] - [email protected] Registrazione Tribunale di Pistoia N. 8 del 15 Novembre 1949 e-mail: [email protected] sito internet: www.settimanalelavita.it CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 14 MAGGIO 2014