. . . le ce ll u le f u
il giornale del
n z iona
no!
COMITATO STEFANO VERRI
PER LO STUDIO E LA CURA DELLA LEUCEMIA ONLUS
O r g a n i z z a z i o n e i s c r i t t a a l R e g i s t r o G e n e r a l e R e g i o n a l e a l n . VA - 1 4 , c o m e d a D . D . n . 3 6 5 0 d e l 1 8 - 1 2 - 2 0 0 1
S p e d i z i o n e i n a b b o n a m e n t o p o s t a l e D . L . 3 5 3 / 2 0 0 3 ( c o n v. i n L . 2 7 / 0 2 / 2 0 0 4 , n . 4 6 ) a r t . 1 , c o m m a 2 , D C B Va r e s e
anno VII - MARZO 2013 - n. 12copia omaggio
La mia vita con le
mani di un’altra
di Carla Mari
gennaio 2010
“… domani mi faranno il prelievo di midollo, per preparare queste “cellule staminali” prima dell’intervento e della
somministrazione dei farmaci immunosoppressori.
Non voglio farmi troppe domande, più o
meno ho capito, saranno come un mio
libretto di risparmio, in caso di rigetto, e
anche per tenere al minimo la terapia…
ho un po’ paura, ho letto che dopo si sente un po’ di male, ma è l’ultimo step, poi
se tutto proseguirà bene, come finora,
entrerò in lista d’attesa…
… fatto, non ho sentito quasi niente,
non ho dolore, già prima di sera posso
tornare a casa.
… e adesso, aspettiamo…”
segue a pagina 8
Editoriale
Carla Mari
Vivo
con le mani
di un’altra
LE CELLULE FUNZIONANO!
di Giovanni Dacò
Pensando alla straordinaria avventura
di Carla Mari, la donna che nell’ottobre
del 2010 ha subito il trapianto di entrambe le mani, sarebbero davvero innumerevoli i temi da affrontare e da approfondire. Sul nostro giornale abbiamo
già parlato degli aspetti mediatici di un
intervento praticamente unico in Italia
(nel mondo, in tutto, ne sono stati realizzati una ventina), soffermandoci sulla
necessità di tenere alta l’attenzione sul
mondo della ricerca medica, al di là del
caso eclatante; abbiamo già parlato, anche dal punto di vista squisitamente tecnico (grazie ai tanti articoli di medici e
ricercatori coinvolti in modo più o meno
diretto), di come è stato possibile realizzare un’operazione chirurgica a dir poco
complicata, descrivendo l’immenso “dietro le quinte” necessario; abbiamo seguisegue a pagina 2
... verso il futuro...
il giornale del
COMITATO STEFANO VERRI
per lo studio e la cura della leucemia ONLUS
Anno 7 - marzo 2013 - n. 12
Chiuso in tipografia il 12 febbraio 2013
Semestrale d’informazione
Comitato Stefano Verri
via Chiesa, 61
21045 Gazzada Schianno
tel. 0332-463545 - cell. 328 2158274
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Iscritto nel Registro Stampa
del Tribunale di Varese in data
19 luglio 2007 al n. 916
Editore: Comitato Stefano Verri
Direttore responsabile: Giovanni Dacò
Redazione: Aldo Rossi, Emilio Verri,
Giovanni Dacò
Art Director: Jon Coda
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Artestampa srl, Galliate Lombardo
Tiratura: n. 5.000 copie
Copyright © 2013
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dello stesso numero a comunicarlo
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In copertina:
le mani di Carla Mari
Il glossario è curato da Emilio Verri
segue da pagina 1
to con passione l’inizio del lungo periodo di
terapia e riabilitazione della signora Carla
Mari e abbiamo esultato (sì, è davvero il termine giusto) quando la paziente ha superato
indenne il periodo a rischio di rigetto.
E ci siamo naturalmente soffermati sull’importanza che, nell’economia dell’intervento
chirurgico, hanno ricoperto le cellule staminali “messe a punto” dal Laboratorio di
Terapia Cellulare e Genica Stefano Verri.
È, questo, un argomento sul quale dobbiamo tornare per forza. Il successo del trapianto ci ha infatti detto, senza tanti giri di parole, che le cellule funzionano, ed è forse il
caso di ripetere ancora una volta il percorso
seguito: le staminali sono state prelevate dalla donna, sono state trattate e moltiplicate
dal laboratorio Stefano Verri fino a raggiungere un numero sufficiente, e infine sono state congelate fino al momento del trapianto.
Oggi l’intera vicenda, conclusa con il successo del trapianto e l’assenza di rigetto, appare
dunque agli stessi medici come il coronamento di un lavoro complesso. Inutile
dire, comunque, che il lavoro sulle cellule
staminali è ancora all’inizio, e molta strada
dovrà essere fatta prima di arrivare a poter
parlare quotidianamente di applicazioni
sull’uomo. Ma la vicenda di Carla Mari ha
di certo portato una ventata di ottimismo e
speranza. Lo testimoniano le parole del dottor Del Bene che, proprio su questo numero
del Giornale, ha scritto “Carla Mari, con la
sua testimonianza, ci ha riportati indietro
nel tempo. Quelle giornate cariche di aspettative, tensioni morali e professionali hanno
profondamente modificato il team dei medici
che ha effettuato il trapianto, e seguito nel
tempo l’aspetto immunologico e le variazioni
delle terapie immunosoppressive. Molte
aspettative sono diventate certezze”.
Ma, in effetti, la certezza più grande ce l’ha
trasmessa la stessa Carla Mari. È con immenso onore infatti che ospitiamo un suo
articolo (mai fatto per alcun giornale) nel
quale ci racconta, fra l’altro con una capacità di sintesi davvero degna di nota, la sua
esperienza. Dal periodo in cui si preparava
all’operazione, in attesa della chiamata del
dottore, al momento dell’anestesia, del risve-
glio e poi della fisioterapia, della riabilitazione… Inutile dire che nel testo della Mari si
leggono tante emozioni, raccontate però con
una profonda leggerezza, capace di evitare
ogni forma di retorica. In questo modo, con
uno stile in certi momenti romanzato, con
tanto di similitudini e di morale conclusiva,
ci fa capire che qualsiasi risultato, qualsiasi
obiettivo può essere raggiunto, grazie alla
forza di volontà e insieme alle persone che
abbiamo di fianco nella vita.
Noi, da piccolo giornale quale siamo, riteniamo che l’articolo della Mari dovrebbe
essere letto nelle Scuole, all’Università, al
telegiornale… intanto lo pubblichiamo e,
naturalmente, ringraziamo l’autrice.
Grazie Carla!!!
Indice
La mia vita con le mani di un’altra
di Carla Mari Editoriale di Giovanni Dacò 1
1-2
Bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto
di Andrea Biondi
3
La Fondazione Tettamanti
di M. Grazia Pessina Grande 4
il delicato e privato mondo del Bambino
PreverbaleOncologico di L. Magnani
5
Il più grande scrittore del mondo
di Fiorenzo Croci 6
Un’arma formidabile per la lotta
alla leucemia di Giuseppe Gaipa
7
La mia vita con le mani di un’altra
di Carla Mari
8
Così abbiamo preparato le cellule
per Carla di Staff del lab. Stefano Verri 9
Che cosa è la GvHD? di Attilio Rovelli 10
Progetto “Adotta un ricercatore”
di Erica Dander
11
Le ragazze coreane e l’uomo
di Emilio Verri
12
Microscopia: atomi e elettroni
di Carlo Pellicciari e Antonello Villa
13
Manifestazioni 14
Uova di Pasqua 15
Il 5x1000 per adottare un ricercatore 15
Neve, Fiocco e Candida
di Ileana Bercella
16
BICCHIERE MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO
… ovvero la difficile arte del saper comunicare.
C
ontinuo a condividere con gli
amici che, con il passare degli anni di
professione medica,
mi sento sempre più
fragile…!
Le sicurezze del camice bianco, sostenute certamente da un maggior
fardello di conoscenze ed esperienze, lasciano il passo ad una consapevolezza sempre maggiore su quanto
di faticoso racchiuda la comunicazione con un bambino/adolescente e
i suoi genitori. Soprattutto di fronte
ad una malattia grave.
Come rendere ragione, sempre, della speranza ed essere capaci di comunicare in modo corretto i dati delle conoscenze mediche ed alimentare
una corretta informazione? Come relazionarsi ad una famiglia di fronte
ad una diagnosi che “cambia la vita”,
che genera un grande senso di impotenza, che proietta nell’incertezza
del futuro? Con la capacità di comunicare non solo con parole di una
conoscenza scientifica asettica ma
di una partecipazione empatica?
Quante volte siamo così preoccupati
di dover comunicare la gravità della
situazione (che è sempre nel cuore
dei Genitori!) senza renderci conto
che, con le nostre parole o i nostri
sguardi, abbiamo privato chi ci
ascolta della percezione di una possibile via di uscita. “Stuck in the corner!” (Chiusi nell’angolo!) Mi sono
sentito dire proprio così da un Genitore quando dalla gravità di una diagnosi hanno avuto la percezione di
sentirsi improvvisamente abbandonati (e ancora adesso mi chiedo quali siano stati il mio sguardo, le mie
parole!).
Il prof. Masera ed il dr. Jankovic hanno fatto, proprio di questa attenzione, uno degli impegni prioritari delle
loro attività professionali. Da questo
impegno sono scaturiti momenti di
comunicazione che potremmo definire “istituzionali” perché previsti/
inseriti dal percorso di accoglienza a
Monza. Un protocollo atto ad evitare
che nulla sia lasciato all’improvvisazione. Ad esempio: “... il medico che ti
accoglie è sempre quello che ricordi” oppure “... deve proprio dirmi ciò che vorrei non
sentire?” La comunicazione di diagnosi al bambino/adolescente con le
modalità che il dr. Jankovic ha costruito facendo tesoro di tanti anni
di esperienza... Il colloquio con il
Primario: “dare un volto ad un nome di
cui ho sentito parlare”! (Qualche anno fa
il prof. Masera aveva sperimentato la
possibilità di registrare il colloquio
iniziale per poter dare ai genitori la
registrazione/cassetta in modo da
poterla riascoltare… Oggi forse non
è più necessario perché l’accesso
alla comunicazione via internet ha
modificato ulteriormente aspettative ed attenzioni.)
C’è poi la comunicazione di tutti i
giorni, quella della visita in Day Hospital e quella durante la degenza in
reparto. Si è attenti ad ogni espressione del Medico che ci ha accolto.
Impariamo che quando “va tutto
bene” l’informazione ci viene restituita con sorriso, con calore… Quando
qualcosa non va per il verso giusto lo
intuiamo ancora prima delle parole.
Bicchiere mezzo pieno e mezzo
vuoto: è quanto sinteticamente mi
ha espresso un Genitore per dirmi
che “... tutti i Medici del team sono
bravi, ma non tutti sono dei bravi comunicatori”. Certamente comunicare è un’arte che si può apprendere
ma il dono dell’empatia di alcuni è
“Come rendere ragione,
sempre, della speranza
ed essere capaci di
comunicare in modo
corretto i dati delle
conoscenze mediche ed
alimentare una corretta
informazione?”
un valore aggiunto per tutto il team
medico e certamente per chi si rivolge a noi per le cure!
Lo stesso contenuto può essere declinato con parole che hanno un impatto completamente differente in
chi ci ascolta. Dire di fronte ad un’infezione grave “Purtroppo esiste un solo
antibiotico per curare questo germe; se non
funziona non abbiamo altre armi per combatterlo” oppure “Fortunatamente abbiamo capito il problema ed abbiamo un farmaco per affrontarlo”. E ancora, di
fronte alla recidiva della malattia: “Ci
resta solo il miracolo” oppure “È un percorso difficile e pieno di insidie… sull’Everest ci si arriva con sentieri di questo tipo
non con autostrade”. Il contenuto non è
diverso… ma lascio a voi riconoscere il “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto…”
Essere consapevoli della complessità, abbandonare un po’ di autoreferenzialità, sapere che non esistono
risposte giuste in senso assoluto ma
che ci sono modi più corretti di dare
risposte, non provare invidia per chi
è più bravo di noi e ci riesce meglio...!
Sono tutte pillole di saggezza che
ogni giorno cerchiamo di ripeterci
nello spirito giusto di chi vuole essere sempre in cammino perchè capace di mettersi continuamente in discussione.
Ma proprio perché l’arte è certamente qualcosa per cui si è dotati ma che
si può anche apprendere e continuamente coltivare, abbiamo concordato come Team Medico un programma di approfondimento, proprio
sulle complessità della nostra comunicazione al bambino/adolescente per voi Genitori!
In questo piccolo passo ci sembra di
ritrovare lo spirito giusto di chi vuole
essere sempre in cammino perché
capace di mettersi continuamente in
discussione.
prof. Andrea Biondi
Direttore della Clinica Pediatrica
... dalla Clinica Pediatrica...
Empatia...
3
... dalla Fondazione Tettamanti...
Una storia iniziata 25 anni fa
LA FONDAZIONE TETTAMANTI
Pioniere nella ricerca medica
L
a Fondazione Matilde TettamantiMenotti De Marchi
nasce come Ente Morale dal 1987, diviene
ONLUS nel 2007, ed è
una Istituzione Scientifica “no profit” che opera nel campo
della Ricerca Medica sulle leucemie
ed emopatie infantili all’interno
dell’ospedale San Gerardo di Monza.
Con Decreto del Presidente della Repubblica 24-2-1987 fu riconosciuta la
personalità giuridica ed approvato lo
Statuto, vistato anche dal Ministero
della Sanità, con il parere favorevole
del Consiglio di Stato.
È iscritta al registro delle Persone
Giuridiche con DPR 10-2-2000 n. 361
della Prefettura di Monza e Brianza.
La Fondazione è sorta in attuazione
delle disposizioni testamentarie della sig.ra Rita Minola Fusco del 4-111981, in ricordo dei genitori Matilde
Tettamanti e Menotti De Marchi.
Collabora con il Comitato Maria Letizia Verga che dall’anno 1978 sostiene
l’attività assistenziale ed i programmi di supporto psicologico e sociale
alle famiglie dei bambini leucemici
Maria Grazia
Pessina Grande
È nata nel 1939 a Monza.
È diplomata in ragioneria
e per 41 anni è stata
dirigente amministrativa
dell’Ospedale San Gerardo
di Monza fino al termine
della carriera lavorativa.
Svolge, a titolo volontario,
da 15 anni attività
amministrativa presso la
Fondazione Tettamanti con
la funzione di Segretario
Generale.
ricoverati nella Clinica Pediatrica
all’interno dell’ospedale.
Comitato e Fondazione condividono
gli obiettivi ed agiscono in modo sinergico nella realizzazione di numerosi programmi stipulando fra gli
stessi apposita convenzione.
La Fondazione Tettamanti ha concentrato le proprie risorse nel Centro
di Ricerca ...leucemie e emopatie...
Fu il primo esempio, in Italia, di una
struttura di ricerca nel campo delle
leucemie del bambino a operare in
un ospedale pubblico.
Con deliberazione n. 859 del 16-91992, il Consiglio di Amministrazione dell’ospedale San Gerardo di
Monza approvò il protocollo d’intesa
per la realizzazione del Centro di Ricerca su area ospedaliera concessa
in comodato gratuito per 30 anni.
Il Centro è oggi dotato delle più moderne strumentazioni per gli studi di
biologia cellulare e molecolare.
Nell’anno 1995, data di inaugurazione, l’attività iniziò con alcuni operatori strutturati e alcuni borsisti: complessivamente erano 18 unità. Da
allora ha avuto uno sviluppo notevole; con la collaborazione dei ricercatori svolge, oggi, anche attività di formazione di giovani studenti di facoltà
scientifiche e mediche. L’attività è
andata via via aumentando, con diverse tappe di adeguamento in attrezzature scientifiche e personale
qualificato, laureato e tecnico. Attualmente il personale è di 52 unità
che comprende anche laureandi e
dottorandi.
Dal 1998 è stato istituito il Centro
Operativo e di Ricerca Statistica che
opera stabilmente con il Centro di
Ricerca per la conduzione ed analisi
di studi clinici sulle malattie ematooncologiche.
Due laureate in statistica operano
con il gruppo interdisciplinare della
Fondazione Tettamanti, coordinate
dalla Titolare della cattedra di Statistica Medica dell’Università di Milano Bicocca.
Inizia in questo numero
del giornale la storia
della Fondazione
Tettamanti, l’Ente
titolare del Centro
di Ricerca.
È raccontata da una
protagonista, testimone
diretta delle attività di
studio e lavoro di tanti
anni, che l’ha vista
crescere di importanza
a livello italiano e
internazionale:
la sig.ra Maria Grazia
Pessina Grande.
In attuazione delle norme Statutarie,
la Fondazione Tettamanti è gestita
da un Consiglio di Amministrazione
e da un Collegio dei Sindaci, che
svolge attività di controllo sulla gestione finanziaria e patrimoniale.
Dall’eredità pervenuta è stato realizzato e costituito, con titoli ed obbligazioni, il patrimonio della Fondazione, la cui rendita ha, per molti
anni, contribuito a finanziare le spese di gestione.
Purtroppo l’andamento negativo degli interessi sui titoli ne ha costantemente diminuita l’entità, per effetto
della riduzione dei tassi.
L’impegno costante dell’Amministrazione ha comunque sempre garantito
il pareggio di bilancio, per il grande
impegno profuso nell’effettuare idonee operazioni finanziarie, con costante verifica del portafoglio titoli.
È comunque sempre intervenuto il
prezioso contributo da parte di Associazioni, Enti e Privati che hanno
messo a disposizione risorse a favore
della Fondazione e delle sue finalità.
continua
Maria Grazia Pessina Grande
Il delicato-e-privato mondo del
BambinoPreverbaleOncologico
Dagli studi iniziali all’applicazione in ospedale
Dott. Prof.
Luisella Magnani
Il curriculum di Luisella
Magnani è stato
pubblicato sul n. 9.
Dal 2 novembre 2011, è
membro dell’International
Infant Sign Researchers,
Michigan State University.
quarta parte
e il dolore è privato e così delicato, se il dolore è soggettivo ed intimo al Bambino, se il dolore è così
interno ed intenso nel Bambino,
come è possibile accedervi? Con il
nostro esser-Ci.
È possibile.
È possibile, quando viene applicato
il processo delle cinque vocali, a-e-io-u, l’attenzione, l’elevataAttenzione, l’interpretazione, l’osservazione e
l’unicapartecipazione. Un paradigma
che richiede la sua attualizzazione a
favore del benessere del Bambino, il
quale si sente capito, rispettato, custodito. Interpretato, osservato, partecipato. E, questa enucleazione di
participi passati porta a quel trittico
essenziale, cullato-curato-e-amato.
Il Bambino ci sorride (3 mesi). Cerchiamo di capire il suo sorriso. Che
cosa porta con sé il suo sorriso? Che
cosa lo motiva? Che cosa lo mantiene? Che cosa contiene il suo sorriso?
Per quanto tempo il Bambino sorride? Per quanti minuti? Raccogliamo
il Bambino nel suo sorridere, non
solo raccogliamo il suo sorriso.
Come è il suo sorriso? Il bambino
può sorridere, anche se ha dolore
(4 mesi). Così come il Bambino
può giocare, anche se ha dolore
(10 mesi). Il suo sorriso è particolare. Le labbra del piccolo paziente disegnano una linea. Il Bambino vuole,
comunque, entrare in empatia con il
suo Altro da Sé, perché lo sente e lo
S
vede con lui, ma il suo sorriso detta il
suo dolore, dolore che si riflette nel
suo sguardo. Ed è proprio in questo
contesto, che l’attenzione deve essere azione al Bambino, esaltazione di
ogni segno o gesto, esaltazione di
ogni lallazione, entro un istante di
tempo. Ma, l’attenzione si eleva
quando più la condizione del Bambino vive in un contesto di Alta Terapia
Farmacologica. Ed è in questa realtà
che l’attività dell’attenzione diventa
azione continua-costante-pulsante
che sfocia in una interpretazione,
quel dare senso ad ogni evento, portarlo alla luce della comprensione,
Ai piccoli pazienti piace
il suono della voce e la
presenza di Colui-cheCura il Bambino.
alla superficie della sua manifestazione nascosta, al fine di far sentire
al Bambino l’assoluta comprensione. Il sentirsi capito (6 mesi), perché
è osservato, e nell’ob-serva– re, c’è il
serbare con sé, quel custodire con
pudore il suo candore e in questo
tutto, c’è l’assoluta partecipazione,
l’unicapartecipazione all’essere del
Bambino, l’assoluta promozione del
suo esser-Ci, l’assoluta condivisione,
il prendere parte unicamente e assolutamente al suo tempo e al suo spazio. E, il primo passo per l’attualizzazione di questi paradigmi è il porre
domande al BambinoPreverbale,
(12 mesi). La domanda posta al piccino è una stanza che si apre alla sua
natura interiore. Il porre domande al
piccolo è un incontrarlo, considerarlo, esaltarlo, ascoltarlo. Questo è
quanto il piccolo paziente accoglie
volentieri, comunque, malgrado tutto e contro tutto. Alla nostra domanda verbale avremo risposte gestuali,
segnali singolari, particolari, unici,
propri del piccolo paziente preverba-
le. Segni incomparabili, ma assolutamente interpretabili. All’intonazione
della domanda, il Bambino (7 mesi),
si sente chiamato e considerato. La
domanda viene ripetuta più volte,
per intensificare il suo senso, per
dare maggior spessore, entro il quale
il piccolo può selezionare la sua risposta gestuale. Ai piccoli pazienti
piace il suono della voce, ai piccoli
piace la presenza di Persona, che apporta a loro quel suono di voce.
Colui-che-Cura il Bambino si approccia al piccolo in modo olistico,
totale, assoluto con la sua professionalità e la sua presenza di Persona.
Più il Bambino si sente accolto,
ascoltato e capito, più si sente alimentato nel suo intimo. Il comportamento di Colui-che-Cura il Bambino, che dal Bambino viene accettato,
è un’implementazione di partecipazione al Bambino (6 mesi). Partecipazione al suo pianto, che viene raccolto, costruendo con le mani un
gesto simile al gesto di raccogliere
“Ma, l’attenzione si
eleva quando più la
condizione del Bambino
vive in un contesto di
Alta Terapia
Farmacologica.”
acqua da una fontana, per dissetarsi.
Quel gesto, denominato un panierino, contiene, trattiene il piantino del
Bambino. E, questo il piccolo paziente (8 mesi) lo percepisce pienamente
e totalmente. Perché il suo dolore è
con-diviso.
Chi scrive vuole proporre questo articolo quale breve sintesi del primo risultato di questo essere-nel-fare in
favore del Bambino, che vede - già - la
sua applicazione nei Reparti Pediatrici.
continua
Febbraio 2013
Luisella Magnani
... educazione e comprensione...
La PsicoLinguisticaOncologica
... collaborazioni...
L’Associazione “Il Cavedio” è con noi
Il più grande scrittore del mondo
Un racconto corto
FIORENZO CROCI
Ha fondato l'associazione culturale e sportiva “Il Cavedio”
di Varese nel 1997. È ideatore del premio “Il corto letterario”
e de “La vetrina da leggere”. Dal 2008 collabora con il
Comune di Varese per la gestione di “Varese Corsi”.
L
inorridito dalla scoperta, e infatti lui,
come qualsiasi scrittore, non poteva
trattenersi dallo scrivere, e anche se
il mondo non lo sapeva, lui scriveva
ogni giorno, e poi rileggeva, e riscriveva fino a quando ogni sua pagina
era come doveva essere, e allora la
metteva in un cassetto, e a distanza
di qualche mese la riprendeva e la
correggeva ancora, e dopo alcune di
queste stesure, quando era convinto
che quella pagina era pronta per la
pubblicazione sapete che cosa faceva, sapete che cosa faceva il più grande scrittore del mondo, quella pagina
la bruciava… si comportava cioè
come se quel lavoro non fosse suo, e
quel lavoro valeva miliardi, e al di là
del profitto, ciò che mi
sembrava riprovevole erano tutte quelle persone lasciate inattese, e pensai
che il successo gli aveva
dato alla testa, e al suo
servitore, che aveva il compito di bruciare tutti gli
scritti il giorno della sua
morte, io avrei voluto
dire… senti un po’ tu, ti do
quello che vuoi ma quegli
scritti dalli a me, e per un
anno intero ho pensato e
ripensato a quella pazzia, e
non vi sto a spiegare tutti i
processi che mi hanno portato alla maturazione di
questo pensiero, ma semplicemente vi dico che oggi
niente mi soddisfa di più e
che, e non mi importa
quello che voi penserete di
me, lo ritengo ancora il più
grande scrittore del mondo, e non perché ha scritto
il libro più venduto, ma
perché ha capito come
stanno veramente le cose.
o conobbi un anno fa, per caso, e
scritto anche un solo rigo buttato giù
io scrivo sempre così, salvo poi
in qualche modo milioni di persone
aggiungere il mio credo, e cioè che
si sarebbero precipitate in libreria, e
nella vita niente avviene per caso, e
io mi chiedevo sempre il perché di un
scusate se solo ora vi parlo di quell’intale comportamento, la letteratura è
contro, ma il fatto è che ho impiegato
comunicazione, e poi c’erano tutti
tutto questo tempo per maturare il
quei lettori che aspettavano uno spimio pensiero… Lui era, ed è, il più
raglio attraverso cui guardare… E
grande scrittore del mondo, e lo è per
quel giorno che lo conobbi rimasi
davvero, non come quelli
che vanno in televisione e
poi vendono i libri, e all’inizio forse era stato fortunato, e una serie di circostanze lo aveva portato alla
notorietà, ma poi, dopo
quel primo mitico romanzo, non si è fatto più vedere in giro, e gli bastava
mandare una volta ogni
cinque anni un manoscritto all’editore, e anzi era
l’editore che bussava alla
sua porta e lui diceva per
favore, non mi rompa, le
ho detto fra cinque anni e
fra cinque anni avrà quanto promesso, non prima, e
poi, dopo la pubblicazione
di altri due libri, all’editore
disse da oggi basta, e quello telefonava tutti i giorni,
anche i festivi, e allora
staccò il telefono, e quando arrivava qualcuno a
suonare alla porta lui faceva la voce della donna di
servizio e al citofono diceva… il signore riferisce che
per voi non c’è, e se avesse L’uomo che scriveva nel vento - illustrazione di Renato Pegoraro
6
Fiorenzo Croci
Un’arma formidabile per la lotta alla leucemia
Una tecnica di diagnosi e ricerca
dr.
Giuseppe Gaipa
È responsabile della Unità di Citometria
del Centro di Ricerca Tettamanti dal 1997.
È Presidente Nazionale della Società
Italiana di Citometria (GIC).
Il curriculum del Dr. Gaipa è stato
pubblicato sul n. 2.
parte seconda
ella prima parte, pubblicata sul
n. 10 di questo giornale, avevamo spiegato che cos’è la citometria
a flusso e su quali principi funziona.
Questa volta vogliamo raccontarvi
perché è cosi importante nel lavoro
di chi studia e cura le leucemie infantili.
Le cellule del sangue non sono visibili ad occhio nudo. Se ci produciamo
una piccola ferita vediamo scorrere il
nostro sangue sotto forma di un liquido rosso, ma non vediamo i globuli bianchi che sono le cellule di nostro interesse; per farlo dobbiamo
ricorrere ad un microscopio. Tuttavia
anche il microscopio ha molte limitazioni perché il nostro occhio può vedere solo poche decine di cellule per
volta e perché, a volte, quelle che cerchiamo (le cellule leucemiche) sono
pochissime rispetto al totale delle
cellule ed oltretutto, anche quando
riesce a vederle, il nostro occhio potrebbe confonderle con quelle sane.
Il riconoscimento, la conta e la caratterizzazione delle cellule leucemiche sono i capisaldi per poter
dare al paziente la cura più appropriata, per poter controllare nel tempo la sua capacità di risposta alla terapia e per poterla, eventualmente,
adeguare in modo da rendere massima la possibilità di cura. Diventa
quindi fondamentale avere uno strumento che ci consenta di fare ciò in
modo affidabile ed oggettivo. Questo
strumento si chiama citofluorimetro.
Per capire la differenza tra i due strumenti faccio un esempio. Proviamo
ad immaginare di dover riconoscere e
N
contare poche decine di individui, tra
migliaia di persone in movimento,
valutando visivamente solo la loro
forma esteriore; oppure di far passare
gli stessi individui, forzatamente, sotto un potente detector che analizzi,
oltre la loro forma, anche le loro caratteristiche strutturali e funzionali
misurabili con dei numeri. Sicuramente i risultati saranno differenti.
Ciò è paragonabile alla differenza tra
il microscopio ed il citofluorimetro
(al fine del riconoscimento e dello
studio delle cellule leucemiche che si
trovano nel sangue insieme ai normali globuli bianchi.)
Ho avuto la fortuna, agli inizi degli
anni ‘90, di imparare ad usare uno
dei primi citofluorimetri commerciali
presso il laboratorio di ematologia
del dr. Angelo Cantù Rajnoldi negli
Istituti Clinici di Perfezionamento
(ICP) di Milano. Per un legame storico tra la Clinica Pediatrica di Monza
e gli ICP, mi sono ben presto ritrovato ad analizzare i campioni di sangue
dei bambini ammalati di leucemia ed
ho vissuto, sul campo, il passaggio
“dal microscopio al citofluorimetro”
sotto la preziosa guida del dr. Cantù
e di Costantino Valeggio tra i migliori
tecnici di laboratorio che abbia mai
incontrato. Qualche anno dopo, al
nascere del Centro Ricerca Tettamanti, sono arrivato al San Gerardo
con lo scopo di far nascere l’Unità di
Il citofluorimetro
Esempio di analisi cellulare al citofluorimetro.
In rosso le cellule leucemiche; gli altri colori rappresentano tipi diversi di globuli bianchi sani
Citometria. Oggi l’attività di citofluorimetria costituisce un pezzo importante sia della diagnostica che della
ricerca nel campo delle leucemie.
Con essa è possibile ottenere una
gamma notevole di parametri di interesse clinico e biologico di cui non è
più possibile fare a meno, tra questi:
diagnosi di laboratorio, classificazione ai fini terapeutici, segni prognostici, risposta alla terapia, meccanismo biologico.
Oggi nel nostro laboratorio sono installati tre citofluorimetri, tutti strumenti di ultima generazione ad alta
tecnologia, ottenuti grazie all’impegno della Fondazione Tettamanti e
delle Associazioni dei Genitori che ci
sostengono come il Comitato M. Letizia Verga ed il Comitato Stefano Verri.
... dal Laboratorio Stefano Verri...
La citometria a flusso e il citofluorimetro
Fine
Giuseppe Gaipa
7
... dal reparto chirurgia della mano...
Carla Mari racconta
La mia vita
con le mani di un’altra
La straordinaria storia di una donna coraggiosa
Carla Mari
È nata e abita a Gorla
Minore, in provincia di
Varese. È sposata con
Giovanni e ha due figli:
Matteo e Benedetta.
Ha lavorato come contabile
in una piccola azienda per
32 anni, fino al
sopraggiungere della
malattia che l’ha "fermata".
Ora si occupa della
gestione familiare e, con
l'aiuto di una ragazza, per
quanto le è possibile, della
casa. Il computer è stato in
questi ultimi anni un amico
prezioso. Quando può, e
come può, si mette a
disposizione della
parrocchia per l'animazione
di piccole feste familiari.
segue da pagina 1
11 ottobre 2010
… sta suonando il cellulare… sono quasi
le otto di sera, guardo verso la porta, Giovanni sta venendo verso di me, ha il telefono
in mano, le sue mani tremano, è pallido,
dice “no, no, è qui, gliela passo...”
Sento un brivido, mi batte il cuore. È lui,
il dr. Del Bene, è arrivato il momento.
“Sei pronta? c’è ancora un po’ di tempo,
ma preparati, ti mando a prendere dall’auto medica...”
Non capisco più, non sento più cosa sta dicendo, mi gira la testa…
Stai calma, riprenditi, ormai sono due anni
che ti stai preparando a questo momento,
si ma non ci hai mai pensato troppo, come
al solito “quando sarà il momento...”
Eccolo qui, il momento...
Mio marito è qui davanti me, con uno
sguardo ci siamo già capiti, la borsa è pronta da mesi, andiamo, è meglio se vado senza le protesi, mi lasciano sempre quei brutti
segni sulle braccia...
e poi tutto è così veloce, il tragitto senza una
parola, siamo come congelati…
8
ecco l’anestesista… mi fa sentire tranquilla… un bacio a mio marito, ciao, sono
pronta, vado…
12 ottobre 2010
… mi sto svegliando, ok, sono viva, mi sento
le braccia in fiamme, vedo solo bende, però mi
sembra di star bene. È fatta, adesso ricomincia tutto.
febbraio 2013: oggi
Ripenso a questi due anni, il dolore, le
scosse, la fisioterapia, i controlli, i prelievi, i punti, tutto sembra così lontano. Ricordo la prima volta che ho sentito il calore del mio dito sul viso, la
mano non aveva ancora sensibilità, ma
sulla guancia quel dito era caldo, era
“vivo”, ancora oggi ho la pelle d’oca al
solo pensiero… o quando ho potuto
usare il touchpad del mio pc, con la
protesi era impossibile, o quando passandomi un dito della mano sinistra
sul palmo della destra, ho avuto i brividi: “in questo piccolo punto sento, sento il
mio dito sul mio palmo…”, o quando, durante la S. Messa, ho potuto scambiare
il segno della pace, ora posso porgere
una mano e non una protesi.
E poi, piano piano, ho ricominciato a
sentire i sapori, a dormire meglio, ad
essere meno nervosa, a non misurare
più la glicemia perché mi è stato tolto
il cortisone e diminuito la terapia, e
tutto questo, mi dicono, grazie alle infusioni delle mie cellule…
Certo, ci sono cose che ormai sapevo
fare anche con le protesi, e che ancora
non riesco a fare con queste mani, ma
ora sento l’acqua scorrere tra le dita,
sento se è fredda o calda, sento il
morbido o il ruvido, posso stringere
la mano alle persone, posso farmela
prendere tra le sue da mio marito,
posso fare un buffetto sulla guancia
dei miei figli, posso lavarmi i capelli
da sola, posso stare da sola per ore
perché la mia autonomia cresce ogni
giorno, posso lavorare la creta, ora
posso “vivere” di nuovo.
A pensarci bene è stata un’esperienza
pazzesca, mi dicono sempre che ho
avuto un gran coraggio, ma io ripeto
che ci voleva più coraggio a dire di no,
a non partire per quest’avventura, o a
fermarsi prima del traguardo. Mi piaceva camminare in montagna e paragono
A più di due anni dal
trapianto, Carla Mari con
la sua testimonianza, ci ha
riportati indietro nel
tempo. Quelle giornate
cariche di aspettative,
tensioni morali e
professionali hanno
profondamente modificato
il team dei medici che ha
effettuato il trapianto,
seguito nel tempo
l’aspetto immunologico e
le variazioni delle terapie
immunosoppressive.
Molte aspettative sono
diventate certezze, il buon
recupero funzionale e
sensitivo, la terapia
immunosoppressiva di
mantenimento molto
ridotta rispetto agli altri
trapianti, ci fa ben sperare
per il futuro dei trapianti
delle mani.
Monza, febbraio 2013
dr. Massimo Del Bene
Direttore della chirurgia della mano
ospedale S. Gerardo di Monza
spesso il mio percorso ad una lunga
scarpinata: sai quando parti, sai qual è
la meta, sai più o meno quali sono le
tue forze, ma non sai di preciso, quel
giorno, cosa potresti trovare su quel
sentiero, se farà freddo, se ci sarà troppo sole, se avrai sete o fame, ma sai
che dovrai, perché lo vorrai, arrivare là
dove ti eri prefissata di arrivare, insieme a tutti quelli che ti hanno accompa-
Le cellule funzionano
gnato, a godere di quel panorama stupendo che ti verrà concesso di vedere.
Penso spesso al generosissimo gesto
dei parenti di quella donna che mi ha
voluto donare una parte così importante della sua vita, per fare della mia
una nuova vita, e veramente non ho
parole, non ci sono parole sufficientemente grandi…
Gorla Minore, febbraio 2013
Carla Mari
COSì abbiamo preparato le cellule
per Carla
Le mesenchimali prodotte nel laboratorio Stefano Verri
E
ravamo già pronti quando ci è
giunta la richiesta di preparare le
cellule per la sig.a Carla Mari, dal reparto di chirurgia della mano del nostro ospedale: il San Gerardo di Monza. Il prof. Andrea Biondi ce lo aveva
già anticipato. Anche se la preparazione delle cellule è il nostro lavoro
quotidiano, in questo caso le cellule
staminali dovevano servire a supportare il primo trapianto di due mani
che si sarebbe eseguito in Italia, uno
dei pochi mai eseguiti al mondo: un
evento decisamente speciale.
Per preparare le cellule mesenchimali
siamo partiti dalle cellule del midollo osseo prelevate alla sig.a Carla
nel reparto di ematologia adulti. Queste cellule contenevano una piccola
quantità di cellule staminali mesenchimali (circa n. 300.000) che noi
avevamo il compito di espandere.
La lavorazione è iniziata con la semina delle cellule midollari in fiasche di
plastica sterili, su cui solo le poche
mesenchimali presenti cominciarono
ad aderire. Dovevamo anche separare
tutte le altre cellule (globuli bianchi,
rossi e piastrine) perché dovevano
essere eliminate in quanto non sarebbero servite. Le mesenchimali che
hanno aderito al pavimento della fiasca continuavano a moltiplicarsi grazie alla presenza dei nutrimenti del
liquido di coltura (lisato piastrinico).
La coltura è stata portata avanti per
17 giorni, sostituendo periodicamente il liquido esausto con quello fresco.
Quando le cellule hanno riempito
funzionano!
quasi completamente il pavimento
della fiasca sono state distaccate,
contate e caratterizzate per verificarne
la loro qualità. Sono state, quindi, in
parte, riseminate in nuove fiasche di
coltura per un’ulteriore fase di espansione. Questa seconda fase è durata
altri 18 giorni. Alla fine della produzione le cellule sono state nuovamente staccate dalla fiasca, contate
(erano diventate 113 milioni!) e ca-
Le cellule funzionano!
Cos'altro possiamo dire, noi che crediamo fortemente
nella terapia cellulare. La sig.a Carla sta bene
(lo dice lei), i medici sono ottimisti (lo dicono loro),
i ricercatori sono ottimisti (lo dicono loro).
Non a due mesi... non a sei mesi... non a un anno... non
a due anni... ma a due anni e mezzo abbiamo
preparato queste pagine. Nessuno del gruppo dei
ricercatori, nessuno dello staff medico, nessuno dello
staff del laboratorio afferma che, se non vi è stato
rigetto, “il merito” è delle cellule ma, io sono sicuro,
che in cuor loro... lo pensano
Emilio Verri
Gazzada Schianno, febbraio 2013
ratterizzate in dettaglio per verificarne
qualità, identità, purezza, vitalità e
sterilità. Le cellule mesenchimali,
quindi, sono state poste in apposite
fiale e congelate in azoto liquido, a
–190 °C, dove sarebbero rimaste fino
al giorno del trapianto. Tutta l’operazione è durata circa un mese ed ha
coinvolti, nei vari compiti cinque operatori. Le lavorazioni sono state eseguite in una delle stanze sterili a maggior grado di protezione ambientale
(grado A) del nostro laboratorio GMP
Stefano Verri.
Prima del rilascio delle cellule per la
somministrazione alla paziente, tutti i
test di Controllo Qualità erano stati
completati ed avevano fornito un risultato di idoneità e di conformità
alle specifiche stabilite. Anche questo
è un iter piuttosto lungo; dura più di
40 giorni ed è obbligatorio per tutti i
lotti cellulari da noi prodotti, per tutti
i pazienti.
Il giorno del trapianto arrivò otto mesi
dopo quando fu trovato il donatore
compatibile. I parenti di una donna,
deceduta poche ore prima, avevano
autorizzato l’espianto delle due mani.
L’infusione delle cellule, dopo lo
scongelamento, è avvenuta il 13 ottobre del 2010, il giorno successivo il
trapianto delle due mani.
Dopo il trapianto ci è stato richiesto,
per sicurezza e per eventuale necessità in caso di rigetto, di preparare un
secondo lotto per avere a disposizione una scorta di cellule. Abbiamo
provveduto utilizzando le cellule congelate e seguendo la stessa procedura. Il rigetto non è mai avvenuto e le
cellule sono rimaste in azoto liquido
per due anni.
Nell’ottobre 2012, a due anni dal trapianto, sono state infuse per ridurre i
farmaci immunosoppressori (vedi articoli del dr. Del Bene pubblicati sui n. 9-11
n.d.r.).
... dal Laboratorio Stefano Verri...
Le cellule staminali mesenchimali hanno aiutato il trapianto delle mani
Monza, febbraio 2013
Lo staff del laboratorio GMP Stefano Verri
Ettore Biagi, Giuseppe Gaipa,
Daniela Belotti, Benedetta Cabiati,
Stefania Cesana, Giada Matera,
Valentina Colombo
Glossario
cellule staminali mesenchimali: categoria di cellule staminali adulte
che possono dare origine a tessuti
differenziati
espandere: far aumentare di numero
le cellule in laboratorio
fiasca: contenitore di laboratorio per
coltivare le cellule in un mezzo liquido
crescita in adesione: capacità delle
cellule di moltiplicarsi pur rimanendo attaccate ad una parete generalmente di plastica
liquido di cultura: liquido nutriente
e fisiologico utilizzato per coltivare le
cellule
farmaci immunosoppressori: farmaci che agiscono sul sistema immunitario volti a impedire il rigetto
9
... dal Centro Trapianti Midollo Osseo...
Una malattia del trapianto potenzialmente molto grave
CHE COSA È LA GvHD?
La malattia vista dal medico in ospedale e non dal ricercatore in laboratorio
dr.
Attilio Rovelli
Laureato in medicina e
chirurgia nel 1984, in
Pediatria nel 1989 presso
l’Università degli Studi di
Milano. Dal ’86 al ’90 è
stato presso la Clinica
Pediatrica dell’ospedale
S. Gerardo di Monza con
compiti in ematologia e
trapianto di midollo
osseo. Dal ’90 al ’08 è
stato Dirigente medico
presso il Centro Trapianti
Midollo Osseo del
S. Gerardo e nel ’09 ne è
divenuto Responsabile.
È autore di oltre n. 100
pubblicazioni su riviste
internazionali.
L
a malattia del trapianto contro
l’ospite GvHD (Graft = trapianto,
versus = verso, Host = ospite, Disease
= malattia) è una complicazione del
trapianto allogenico (da donatore)
nella quale le cellule del donatore
(Graft) reagiscono contro le cellule
del ricevente (Host). Nella GvHD le
cellule (linfociti T) del donatore aggrediscono gli organi e i tessuti del
ricevente compromettendo la possibilità di svolgere le loro normali funzioni. Questo succede perché le cellule del donatore vedono le cellule
dell’organismo del ricevente come
estranee (non self) e montano un attacco che è proprio la GvHD. I linfociti T sono globuli bianchi del sangue
che distinguono il “self” (cellule del
proprio organismo) dal “non self”
(cellule che non dovrebbero essere in
quell’organismo, come ad esempio i
batteri o i virus). Una volta che le cellule staminali donate iniziano a cre-
10
scere ed a svilupparsi nell’organismo
del ricevente, le cellule T del donatore
iniziano a diventare molto attive e
identificano i tessuti dell’organismo
ricevente come “non self”.
È difficile predire, prima del trapianto,
chi esattamente svilupperà una GvHD
e di che gravità. Quando i donatori (familiari e non) sono confrontati col ricevente, il lavoro fatto in laboratorio
ha lo scopo di identificare la miglior
compatibilità possibile proprio per
predire il rischio di GvHD e darci la
possibilità di scegliere il miglior donatore. Molti pazienti svilupperanno un
certo grado di GvHD, di solito è modesta e può essere trattata, ma in qualche caso può essere severa.
Durante e dopo il trapianto, vengono
usati diversi farmaci per prevenire, ridurre o trattare la GvHD. Questi farmaci servono a controllare l’attività
delle cellule T del donatore. Per alcuni pazienti il trattamento può essere
molto lungo, ma è una parte importante del progetto di cura. I farmaci
usati per prevenire la GvHD vengono chiamati immunosoppressori, in
particolare uno chiamato ciclosporina. Vi sono molti altri farmaci che
possono essere usati se questa si fa
più complicata. Il trattamento viene
personalizzato sulla base delle caratteristiche del paziente, del trapianto e
della GvHD. Lo scopo è sopprimere il
sistema immunitario senza compromettere le nuove cellule del donatore
e la loro attività contro le cellule maligne. Il trattamento è spesso molto
complesso e tutti i medici del team
trapianto sono sempre disponibili a
discutere, in modo individuale, i dettagli di ogni specifico caso.
La GvHD può manifestarsi in ogni
parte dell’organismo, ma gli organi
più colpiti sono la cute, l’intestino e il
fegato. Ci sono due tipi di GvHD: una,
spesso più precoce, chiamata GvHD
acuta e una, talora più tardiva e di
maggior durata, chiamata GvHD cronica. Nella forma acuta la pelle si arrossa, diventa pruriginosa, si può avere nausea, mal di stomaco e diarrea e
È dal primo numero di
questo giornale che
scriviamo di GvHD. Ce ne
ha sempre parlato la dr.
ssa Giovanna D’Amico la
ricercatrice che abbiamo
adottato nel 2005 e che
ne ha fatto, per se e per
il suo Gruppo, parte
importante dei loro studi
di ricerca. Negli ultimi
tre numeri ne ha parlato
anche la dr.ssa Erica
Dander, la ricercatrice
adottata da Provincia di
Varese e Whirlpool.
Con questo articolo il
punto di vista del medico
al letto del malato.
infiammazione del fegato. Anche la
forma cronica può interessare qualunque organo, ma più spesso sono
colpite la pelle, la bocca, il fegato, gli
occhi, l’intestino, i muscoli e le articolazioni. La GvHD stessa e i farmaci
immunosoppressori usati per trattarla, riducono le difese corporee ed aumentano il rischio di infezioni.
Anche se la GvHD è soprattutto una
complicanza del trapianto, nel caso di
leucemia, linfoma o altre malattie tumorali la GvHD può essere ”utile”. Infatti nel contesto del processo di reazione delle cellule T contro l’organismo, queste riconoscono anche le
cellule del sangue del ricevente, incluse le cellule della leucemia e del linfoma, come “non self” e cercano di distruggerle (questo è il meccanismo di
guarigione col trapianto, è la cosiddetta “GvL” o graft-versus-leukemia).
La ricerca in questo ambito è molto
ampia e complessa. Gli studi sono
portati avanti in tutto il mondo ed a
Monza, in particolare, per gli studi dei
biomarcatori, dalla dr.ssa Giovanna
D’Amico e dal suo Gruppo.
Attilio Rovelli
PROGETTO “ADOTTA UN RICERCATORE”
Nel 2012 la promessa è stata mantenuta
C
ome abbiamo scritto sul n. 9 di
questo giornale nella presentazione del progetto “Adotta un ricercatore”, abbiamo spiegato, che la
fase n. 4 prevede il controllo della
vita lavorativa del ricercatore.
La dr.ssa Erica Dander, adottata da
Provincia di Varese e Whirlpool,
ha già inviato due relazioni.
La prima in data 6-7-2012 riguardante i primi sei mesi
dell'anno 2012 e la seconda in
data 15-1-2013 riguardante i
secondi sei mesi dell'anno
2012. Le relazioni sono state
trasmesse, da questo Comita-
to, a Provincia e Whirlpool quali Enti
titolari dell'adozione.
Della prima relazione è stato dato
ampio spazio sul n. 11 di questo giornale. Della seconda pubblichiamo di
seguito il testo integrale.
Erica Dander
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... dal laboratorio Matilde Tettamanti...
Grazie a Provincia di Varese e Whirlpool
Erica Dander
11
... esperienze...
Verso Santiago de Compostela
Le ragazze coreane e l’uomo
Incontri lungo il Cammino
undicesima puntata
l rifugio di Orisson, sui Pirenei
francesi, la prima notte del suo
peregrinare, incontrò anche un giapponese. Erano insieme, al tavolo per
la cena, con due francesi e un olandese e i discorsi, nella lingua del
Cammino, passavano dalla politica
internazionale ai vigneti nazionali. Si
meravigliò della presenza di un
uomo che venisse da tanto lontano
per essere pellegrino.
A
...insieme per la cena...
Il giorno dopo in cima a Collada de
Leopoeder, il passo di confine che separa Francia e Spagna, incontrò due
ragazze con lo zaino, sedute a guardare a ovest, l’orizzonte dei Pirenei
spagnoli e la terra di Navarra, prima
di iniziare la discesa verso Roncisvalle. I lineamenti asiatici e le poche parole di inglese gli fecero capire la
provenienza:
“...dalla Corea a Santiago per essere pellegrine…”
Venivano anch’esse da molto lontano ed erano sole. Lo salutarono sorridendo. Erano giovani, carine ed allegre con un cappellino bianco uguale in testa e la guida, da leggere, in
mano. Volevano proseguire con lui
dopo un po’ di riposo. Non riuscì,
con il suo pessimo inglese, a far capi-
12
Collada de Leopoeder: il passo di confine
Sui Pirenei francesi
re che doveva, invece, ripartire subito
perché il suo passo era lento a causa
dei piedi già rovinati dalle vecchie
scarpe. E la discesa era ancora lunga.
Le salutò e ripartì zoppicando: buen
camino.
Lo raggiunsero in una radura colorata di tanti fiori selvatici. Lo salutarono sorridendo, scattando foto ai fiori
e ripartirono veloci: buen camino.
Le ritrovò a cena, nel restaurante de peregrinos, affollato, di Roncisvalle. Gli
sorrisero e si sedettero accanto a lui
anche se il suo inglese era pessimo.
Lo aiutarono l’atmosfera e la lingua
del Cammino. Insegnò loro a pulire
la trota al forno, specialità della casa,
senza premura e facendo attenzione
a come tenevano le posate.
Ridevano divertite e mangiarono tutta la trota. Gli dissero che se fosse
andato a casa loro, in Corea, gli avrebbero insegnato a mangiare il riso
usando i bastoncini.
Andò a letto presto e, quella notte,
dormì poco per la stanchezza. Ma anche per il dolore ai piedi spelati e per
il gran russare di tanta gente, in quella grande camerata ricavata in una
costruzione antica; poi lo tennero
sveglio il temporale, i pensieri di
quella seconda notte lontana da casa
ed i tanti chilometri che lo attendevano. Al mattino partì solo, nella bruma e nella luce incerta dell’alba.
Le incontrò ancora il giorno dopo.
Erano in compagnia di un uomo
francese che conosceva bene l’inglese. Gentile ed educato, parlava con
voce calda e si fermava ad aspettarle. Ridevano divertite e lo seguivano.
“... hanno trovato una guida.”
Il giorno successivo non le vide sul
Cammino ma solo a cena nel restaurante de peregrinos. Una lo salutò e venne al tavolo con lui ma non sorrideva; l’altra agitò la mano ma rimase
lontana, seduta con l’uomo, in un tavolino a parte.
Le incontrò ancora nei giorni successivi: una, ormai sola, dormiva negli
albergue de peregrinos, l’altra, con l’uomo, si fermava in hotel privati.
segue
Emilio
L’arrivo a Roncisvalle
Glossario
buen camino: buon cammino
restaurante de peregrinos: ristoranti ove si serve il menù del pellegrino e si può mangiare con pochi euro
albergue de peregrinos: alberghi
molto spartani riservati a coloro che
fanno il Cammino - rifugio riservato
ai pellegrini
MICROSCOPIA: atomi, FOTONI e elettroni
Il microscopio elettronico
Curriculum
I curriculum del prof. Carlo Pellicciari e del
dr. Antonello Villa sono stati pubblicati sui
numeri 7 e 8.
quinta puntata
l microscopio elettronico utilizza
come sorgente per la formazione
dell’immagine un fascio di elettroni
che, avendo una lunghezza d’onda di
molto inferiore a quella dei fotoni
(che compongono la luce visibile utilizzata nei microscopi ottici), permettono di ottenere una risoluzione
estremamente elevata, così da discriminare particolari dell’ordine del milionesimo di millimetro (scusate il refuso apparso nella scorsa puntata). Ciò
consente di visualizzare dettagli subcellulari non visibili con la microscopia ottica. La fig. 1 riporta l’immagine di una sezione di cute osservata al
microscopio elettronico a trasmissione (TEM) e, nell’inserto, un’immagine dello stesso tessuto al mi-
I
Figura 1
croscopio ottico (MO). Una differenza
che subito si nota riguarda la mancanza di colore nell’immagine al
TEM: la luce visibile è composta da
radiazioni di differenti colori che vengono assorbite selettivamente dal
campione “colorato”, producendo
un’immagine colorata, mentre il fascio di elettroni non è una “luce colorata” e la formazione dell’immagine
dipende dagli elettroni assorbiti o
deviati dagli atomi presenti nel campione. Per ottenere un adeguato contrasto, le sezioni per il TEM vengono
trattate con sali di metalli pesanti
(come piombo, osmio, uranio) che si
legano chimicamente alle diverse
componenti cellulari. L’immagine, in
bianco e nero al TEM si forma a seguito della collisione degli elettroni del fascio su uno schermo fluorescente. Quando un elettrone non
incontra ostacolo sul suo percorso va
a colpire lo schermo, che risulterà luminoso in quel punto; se invece un
elettrone è bloccato o deviato da
atomi metallici non proseguirà linearmente il suo cammino e, in corrispondenza, si ritroverà sullo schermo un punto nero. Le due immagini
differiscono anche per il diverso ingrandimento: mentre al MO si possono osservare contemporaneamente sezioni di più cellule (in blu sono
identificabili i nuclei), al TEM solitamente si osserva solo parte di una
singola cellula (il nucleo, ad esempio, occupa la parte superiore
dell’immagine). Come illustrato nelle puntate precedenti, la differenza
più significativa fra i due tipi di microscopi non sta però nel differente
ingrandimento ma nel diverso potere di risoluzione. Per dimostrarvelo,
la fig. 2 mostra le stesse cellule tagliate in due sezioni seriate dello
CONSORZIO M.I.A.
via Cadore 48, Monza
tel. 02 64488113
www.consorziomia.org
[email protected]
Figura 2
stesso campione. Nella parte sinistra
della figura è mostrata una sezione al
MO, stampata in b/n per renderla più
confrontabile con quella di destra,
acquisita al TEM. L’ingrandimento è
il medesimo ma è evidente che
nell’immagine al TEM i particolari
che si possono distinguere sono
molti di più e assai meglio risoluti.
continua
Carlo Pellicciari
Antonello Villa
... dal laboratorio Consorzio MIA...
Storia della ricerca con il microscopio
13
Microscopio elettronico a trasmissione (TEM)
... manifestazioni... così ci aiutano...
Mercatino di
Gazzada Schianno
18 novembre 2012: una bella giornata di tardo autunno ha accolto tante
bancarelle e tanta gente nel nucleo
antico di Schianno. Musica, profumo
di polenta e vin brulè hanno pervaso
le strade del paese. Il nostro banchetto con i presepi di cioccolato e le stelle di natale è stato visitato ma soprattutto il “gira e vinci sempre” ha avuto
successo con i piccoli. Grazie a tutti
coloro che sono venuti a trovarci.
Presepi di cioccolato
S. Natale 2012: la preoccupazione
era grande anche quest’anno. Ai primi di dicembre, per la generale situazione economica, avevamo timore per
la campagna “Anche questo Natale
aiuta la ricerca per guarire un bambino in più” con la proposta dei nostri
presepi di cioccolato. Poi le cose si
sono messe al meglio. La partecipazione della nostra Gente è stata forte
ed i nostri tanti Volontari hanno fatto
il resto. Tanti banchetti nei paesi, sui
sagrati, i mercatini, il porta a porta e
Whirlpool ci hanno fatto superare tutti i timori. Grazie a tutti.
e antico, sempre alla ricerca di musica dimenticata ma ricca di potenzialità spirituale. È in grado di presentare
n. 300 brani, n. 3 concerti di Natale e
n. 3 Meditazioni Quaresimali.
Il programma della chiesa di Schianno, ricco di bella musica e di emozioni, ha avuto una suggestiva conclusione nell’atmosfera dell’Ave Maria
eseguito a luci spente e lumini accesi. Grazie della bella serata e per essere con noi.
Incontro con i piccoli
gennaio 2013: Abbiamo tenuto due
incontri con i più piccoli. Il 29 novembre 2012 con le classi di 4a elementare e il 28 gennaio 2013 con le
classi di 5a elementare della scuola
di Gazzada Schianno. Il dr. Vincenzo
Saturni, ematologo del nostro ospedale di Varese ha raccontato e risposto alle numerose domande. Si è parlato di midollo osseo, di sangue, di
donazioni e di leucemia. I bambini si
sono dimostrati attenti ed interessati
durante tutto l’incontro che è durato
ben due ore. Grazie ai bambini e alle
loro Maestre che li hanno preparati.
Concerto del Coro
Cantemus Domino
12 gennaio 2013: anche quest’anno
il coro Cantemus Domino di Varese
ci ha donato un concerto in memoria di Stefano. Ancora nel tempo di
Natale, la “Rapsodia di canti natalizi”
magistralmente interpretato dal coro,
con la voce straordinaria del soprano
solista Marta Bonomi, gli organisti
Carlo Perelli e Riccardo Colombo, diretti dal m° Luigi Bonomi ci hanno
fatto rivivere atmosfere di altri Paesi.
Il Coro si esprime in varie lingue, con
un repertorio religioso pre-conciliare
I bambini di quinta
Incontro con i nostri
medici
aprile 2013: si terrà l’incontro con i
nostri medici e ricercatori di Monza.
Saremo ospiti di Whirlpool, a Comerio, in Auditorium. In una prestigiosa
sala ci sentiremo raccontare le ultime novità di ricerca e cura per la leucemia dei bambini. Sarà presente anche la dr.ssa Erica Dander, la ricercatrice “adottata” da Provincia di Varese
e Whirlpool.
Corsa podistica
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La chiesa parrocchiale di Schianno
21 aprile 2013: si terrà la 8a edizione
di “Corri con noi per la vita”, una bella manifestazione che vede sempre
una numerosa partecipazione di atleti. Organizzata dal Gruppo Podistico
Gazzada Schianno, nel calendario del
Piede d’Oro, attraversa il territorio
comunale con percorso variato di
prato, bosco e asfalto. Possono partecipare tutti.
Il vino per la vita
maggio 2013: si terrà la 4a edizione
di una bella manifestazione “Il vino
per la vita”, incanto di bottiglie d’antiquariato e da collezione. Ci sarà anche una sezione di vini giovani da
bere. Ospiti prestigiosi: Alessandro
Scorsone, sommelier di Palazzo Chigi
ed un Brunello di Montalcino di
Biondi Santi del 1955.
P.s.: cerchiamo donatori di bottiglie
Motori e sapori
9 giugno 2013: si terrà, in piazza Repubblica a Varese, la 6a edizione di
“Motori e sapori”. La grande piazza di
Varese ospiterà una esposizione di
auto non facili da vedere tutte assieme. F1, F3, GT, Sport, Ferrari, Lamborghini, ecc. auto d’epoca e moto.
Affiancheranno le prestigiose auto le
bancarelle dei sapori con prodotti a
Km0 di Aziende del nostro territorio.
Da non perdere!
Regata dei
Mazzarditi
13 luglio 2013: anche quest’anno il
Circolo della Vela di Ispra, organizzerà la regata dei Mazzarditi. Una classica del Lago Maggiore giunta alla
XXXVIII edizione. Il 14 luglio 2013 il
raduno delle barche d’epoca davanti
al lungolago di Ispra.
Crociera
sul lago Maggiore
settembre 2013: andremo ancora sul
Lago Maggiore. Rifaremo la crociera
che tanto successo ha avuto nelle
edizioni precedenti. Navigheremo con
un battello della Navigazione Laghi
e ascolteremo della bella musica
all’Eremo di S. Caterina del Sasso.
Le nostre tradizionali
uova di cioccolato per una
grande iniziativa
Richiedile direttamente al Comitato in cambio
di un contributo a partire da € 10.
Adotta un ricercatore
Anche il 5x1000 può avere un ricercatore adottato!
Adottiamo un ricercatore con il 5x1000 dell’anno 2013
... così potete aiutarci...
Anche questa
Pasqua aiuta
la ricerca
Quest’anno ci sono stati accreditati due 5x1000:
il primo nel mese di marzo identificato come anno 2008-2007 di € 22.418,46;
il secondo nel mese di novenbre identificato come anno 2010-2009 di € 18.343,69.
COMITATO STEFANO VE
RRI
per lo studio e la cura de
lla
leucemia ONLUS
Organizzazione iscritta al
Registro Generale Regio
nale al n. VA-14, come da
D.D. n. 3650 del 18-12-2001
ri c o rd a ti d e l
5 x 1000
scrivi il numero di codice
fiscale
95044910123
AGEVOLAZIONI FISCALI
per chi dona al Comitato Stefano Verri
Se il donatore è persona fisica le donazioni rappresentano oneri detraibili dall’imposta lorda ai sensi dell’art. 15 lettera ibis)
TUIR fino ad un massimo di € 2.065,83. Si detrae dall’imposta il 19% della donazione. A fronte di € 1.000 donati al Comitato,
si risparmiano quindi € 190 di IRPEF. Se chi dona é un’impresa le donazioni sono “oneri di utilità sociale” deducibili dal reddito di impresa, ai sensi dell’art. 100 TUIR, fino a € 2.065,83 qualunque sia il reddito di impresa. Se la donazione supera
€ 2.065,83 é deducibile fino al 2% del reddito di impresa dichiarato, al netto della donazione stessa. Le donazioni in denaro,
per essere fiscalmente deducibili, non devono essere effettuate per contanti ma, invece, mediante assegno bancario non
trasferibile, assegno circolare, bonifico bancario, bollettino di conto corrente postale o vaglia postale.
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Nev e, Fiocco e C andida
Neve, Fiocco e Candida erano tre oche bianche
dal becco arancione. Vivevano nel cortile di una
vecchia fattoria abbandonata e la notte, quando il cielo si sbriciolava di stelle, trovavano riparo sotto un porticato che profumava di lillà.
Ogni mattina, al levarsi del sole, si allontanavano dalla fattoria. Starnazzando e procedendo
l’una dietro l’altra, attraversavano un ponticello
di legno e proseguivano sino a giungere in un
grande prato fiorito. Qui si accovacciavano
nell’erba alta, indossavano tre cappellini di paglia dai fiocchi rosa, azzurro e giallo e chiacchieravano del più e del meno.
Una mattina, mentre conversavano fra loro,
scorsero nel verde tre uova di cioccolato lasciate lì per loro da un coniglietto di Pasqua. Curiose, si avvicinarono e le aprirono col becco. Neve
trovò nel suo uovo un sacchettino di molliche di
pane, Candida un cartoccino di chicchi di mais
e Fiocco…Fiocco, ahimè, non trovò nulla: il suo
uovo era vuoto! Il coniglietto, distratto, si era
dimenticato di mettere la sorpresa.
Per consolarla, Neve e Candida
rovesciarono nell’erba le briciole
e il mais e proposero di fare merenda
tutte e tre insieme.
Inoltre, regalarono a Fiocco la mollica
di pane più morbida e il chicco
di mais più grosso.
Terminato lo spuntino,
poiché erano un po’
grassottelle, fecero una
corsetta nel prato
per tenersi in forma.
Si diressero verso un piccolo stagno vestito
dal bianco delle ninfee.
Salutarono la signorina Raganella e fecero due
chiacchiere con le anatre dal collo verde.
Poi, accaldate, bevvero un sorso d’acqua, si
specchiarono e si diedero una sistematina alle
piume.
Quando il porpora del tramonto s’impadronì
del cielo, fecero ritorno alla fattoria. Girando in
tondo attorno al pozzo, recitarono i loro “ QuaQua” della sera e poi si accovacciarono, l’una
accanto all’altra, al riparo del porticato. Infilarono la testa sotto l’ala e s’addormentarono in
compagnia delle stelle e dei loro sogni.
Buonanotte.
Ah! Dimenticavo…
Buona Pasqua!
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