anno XLIII - n. 1 - gennaio-febbraio 2010
Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza
Beato l’uomo
che confida
nel Signore.
(Salmo 1)
S I M B O L O D I PAC
PAC E E D I I D E NTIT À
A novembre dello scorso anno una singolare sentenza
della Corte di giustizia europea stabiliva che nelle scuole
pubbliche non doveva essere esposto il crocifisso in ossequio al principio di laicità che contraddistingue l’Unione
Europea. Qualche tempo prima tuttavia il Consiglio di Stato aveva sentenziato esattamente l’opposto, e cioè che il
crocifisso poteva restare esposto in quanto non era soltanto un simbolo religioso ma rappresentava un simbolo identitario della cultura nazionale. Al di là delle questioni giuridiche il problema ruota attorno al significato che si vuole
dare a questo simbolo. Credo che il crocifisso sia sempre
stato un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l’umanità. Purtroppo però sta per essere
messo in atto un tentativo di proporre questo simbolo quale segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Fortunatamente nel comune sentire della nostra
gente non è così: nel crocifisso vediamo racchiusi i valori
che stanno alla base dell’identità nazionale quali la sofferenza, l’amore verso il prossimo, l’attenzione per i più deboli, il rispetto verso coloro che appartengono a culture e
religioni differenti. Così negare il crocifisso significa in
qualche modo negare la nostra storia e la nostra identità, e
chi è senza storia è anche senza futuro. Mi chiedo anche:
per chi appartiene ad altre religioni, ma vive in Italia e frequenta le nostre scuole, è proprio così nocivo che veda il
simbolo del cristianesimo, che conosca qualcosa della religione che più di tutte ha contribuito a forgiare la cultura e
l’identità italiana? È proprio inutile che conosca le tradizioni ispirate al cristianesimo? In una Italia così confusa mettere in discussione il significato del crocifisso rischia di trasformare negativamente l’idea stessa dell’Italia da Paese
accogliente, a luogo di esclusione e di negazione della storia, dell’identità e della tradizione in nome di un falso concetto di laicità che crea spazio vuoto. Ma una laicità che
crea spazio vuoto è una laicità pericolosa, che non attira
ma disgrega. Oggi più che mai invece c’è bisogno di una
laicità capace di creare spazio per tutti i contributi positivi.
Ecco perché la presenza del crocifisso ci può aiutare a diventare uomini capaci di parlare agli altri non con l’arroganza di chi ritiene di essere il più forte, ma con l’umiltà di
chi propone messaggi di pace e d’amore.
Federico M. Fiorin
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SANTUARIO
DI PANISACCO
S. MARIA
Il tempo passa e corre veloce
Abbiamo appena celebrato il Natale del Signore Gesù.
L’evento ha ravvivato la nostra fede e siamo sempre più convinti della verità, della bontà e della bellezza di una visione cristiana della vita.
È finito un anno ed ecco già iniziato l’anno nuovo 2010.
Che fatica a stare dietro ai cambiamenti, alle novità!
Antony Giddens dice che viviamo in un mondo in fuga. Il
guaio è che questo nostro mondo è talmente preso dal correre
da non aver tempo di chiedersi verso dove stia correndo e perché.
È sì, un mondo in fuga, ma in fuga dal senso. I significati
densi, importanti, capaci di sostenere tutta un’esistenza, diventano liquidi, perdono di consistenza oggettiva. Si vive la vita a
livello di epidermide, si cercano emozioni intense, ma brevi,
gratificanti, ma sempre troppo corte.
Il tempo che corre veloce appartiene al Signore, la storia è
nelle sue mani, il sogno del suo regno è vivo e non può venir
meno, all’umanità da Lui amata continuamente viene offerta
un’opportunità di salvezza.
Ci sono cristiani che rimpiangono i tempi passati e, oggi,
non vedono quasi niente di buono e dimenticano che, nel secolo passato, abbiamo combattuto due guerre mondiali offrendo
alla storia il volto peggiore dell’umanità.
Si scordano che, impotenti, hanno visto sorgere il nazismo e
il comunismo, ideologie contro l’uomo, di rara ferocia.
Dobbiamo invece credere che oggi siamo chiamati a cambiare la società, che il Regno di Dio nella sua piccolezza è vivo e
operante in mezzo a noi perché quel Gesù Bambino che, poi è
diventato grande, ha vinto il peccato e la morte e ci ha promesso di essere con noi fino alla fine dei secoli.
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Il Regno di Dio è qui, ora e cresce in silenzio come l’erba nei
prati o gli alberi nei boschi.
Il Regno è affidato ai piccoli, è affare degli ultimi, degli inutili, di quelli che secondo la logica del mondo, non contano.
Anche se il mondo è in fuga, se proviamo un certo disagio
per i continui cambiamenti, se la religione è deprezzata e vista
dai più, perché noi siamo minoranza, come realtà effimera, insignificante, fluida, restiamo ben incollati a Colui che è la nostra speranza.
Cerchiamo non di mettere la testa sotto la sabbia o chiudere occhi e orecchi e lasciarci trasportare dagli eventi, ma guardare in faccia la realtà che in fondo è stimolante perche ci invita a studiare per capire, ascoltare e approfondire, a dialogare
con chi sta dall’altra parte, superare certe chiusure e ricercare
nuovi linguaggi.
Bisogna trovare la risposta alla grande domanda: Come annunciare la fede alle nuove generazioni in questo mondo che
cambia?
Con i tempi che corrono, come si dice in Africa, « bisogna
andare piano perché c’è tanta strada da fare », restando dentro
al mondo che corre inutili corse in disperata solitudine.
S. Maria di Panisacco, prima missionaria,ci sia maestra in
questa grande avventura di collaborare con Dio a costruire il
suo Regno.
don Livio-parroco e gli Amici di S. Maria
Orario Ss. Messe
Domenica ore 15.30
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Mercoledí ore 7
I libri
della
Bibbia
p. Flavio Toniolo C.P.
PRO FETI M I N O R I
P R I M A D E L L’ E S I L I O
( Michea , Naum , S ofonia , Abacuc )
Alcuni profeti sono detti minori perché le loro composizioni profetiche sono più ridotte, ma il valore e la qualità del loro messaggio sono sempre molto alte.
Basti ricordare Amos ed Osea, da cui hanno attinto gli
stessi profeti maggiori (Isaia, Geremia, Ezechiele).
Michea, profeta della giustizia e della speranza
Michea è originario di Moreshet, a ovest di Ebron, e ha
esercitato la missione profetica sotto i re Acaz ed Ezechia, cioè prima e dopo la presa di Samaria nel 721, forse
fino all’invasione di Sennacherib (701). È di origine contadina e si è visto depredare sia dai governanti di Israele
che dall’esercito oppressore straniero. È quindi arrabbiato contro i latifondisti, i capi che opprimono il popolo e
tutti i capi politici e religiosi che sviano la nazione (Mic 3,
9-12). È un profeta rude come Amos, di cui imita anche il
linguaggio forte e aggressivo.
Il libro di Michea si può dividere in quattro parti: minacce e condanne per Israele infedele (Mic 1,2 - 3, 12);
promesse a Sion che diventerà luogo di richiamo per tutti i popoli (Mic 4,1 - 5,14); nuovo processo a Israele (Mic
6,1 - 7,7); nuovo annuncio di speranza (Mic 7, 8-20).
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Di Michea vanno sottolineati due aspetti: un forte senso della giustizia, specialmente verso i più diseredati;
un’incrollabile speranza in un avvenire migliore, realizzato da un misterioso discendente davidico.
Il tema della giustizia appare in questi brani: Mic 2, 12; 6,8. La vera religiosità, più che in ritualistici sacrifici,
sta nella pratica della giustizia e nell’umiltà del cuore (Mic
6, 1-7).
Un famoso brano sulla speranza, ripreso poi da Matteo
(2, 5-6), è Mic 5, 1-3.
Il profeta annuncia una salvezza legata a un rampollo
della stirpe di Davide, ma che andrà ben oltre Israele, « fino agli estremi confini della terra ». Ciò è precisamente
avvenuto in Gesù di Nazaret.
polo, quindi non potrà non scatenare la Sua collera contro la città violenta (Na 1, 2-3.9).
Sappiamo poco di questo profeta. Dovette profetare
alquanto prima della caduta di Ninive, forse verso il 630
a.C., negli ultimi tempi di Assurbanipal, re di Assiria. Il
nome Naum deriva dall’ebraico naham che significa consolare: “colui che è consolato” oppure “colui che può consolare”. L’annuncio di consolazione per Israele sta appunto nella predizione certa della fine dell’odiato nemico (Na
3, 18-19).
Magra consolazione perché poco dopo (587-586) anche
Gerusalemme sarà distrutta ad opera di Nabucodonosor,
re di Babilonia, distruttore di Ninive.
Sofonia, profeta collerico, ma amante degli umili
Naum, profeta vendicativo
Quello di Naum è un libretto di appena tre capitoli,
pieno di collera contro il nemico, oppressore e crudele. È
un desiderio aspro di giustizia, rigorosa e riparatrice, se
non proprio di vendetta. Il nemico è l’Assiria, significata
nella sua capitale Ninive, di cui si prevede la distruzione,
che avverrà nel 612 (Na 3, 1-3.7). Dio è geloso del Suo po-
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Anche Sofonia scaglia minacce contro i nemici tradizionali di Israele (Sof 2, 4-15): Filistei, Moab, Ammon,
Etiopia (= Egitto), Assiria; ma non risparmia Gerusalemme per le colpe dei suoi governanti, sacerdoti e profeti
(Sof 3, 1-8). Il “giudizio di Dio” sarà devastante e inappellabile (Sof 1, 14-15.17). Questo brano ha ispirato l’autore
medievale del Dies irae, che la Chiesa ha inserito nella liturgia dei defunti per ricordare a tutti questo appuntamento con la giustizia di Dio. Nel Nuovo Testamento, però, è anche amore perdonante. Anche Gioele si è ispirato a
questo “giorno del Signore” (Gl 2, 1-11). Non significa un
momento cronologico preciso, ma l’intervento costante di
Dio che giudica il comportamento degli uomini.
Il libro, anche se carico di minacce, si conclude con
una serie di promesse (Sof 3, 9-20): i popoli pagani si
convertiranno (Sof 3, 9-10) e da Israele, decimato e disperso, Dio saprà trarre “un popolo umile e povero” che
avrà solo fiducia in Dio (Sof 3, 11-13). Quest’ultimo testo
è un’anticipazione dello spirito delle beatitudini: solo gli
umili e i poveri, che non hanno altra ricchezza che l’abbandono infinito nell’amore del Padre, possederanno il
regno dei cieli (Mt 5,3). È una delle pagine più alte dell’Antico Testamento.
Sofonia ha svolto il suo ministero al tempo di Giosia
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(640-609 a.C. ), certamente prima del 612, anno della caduta di Ninive.
Una nuova vita:
mistero e scommessa
Abacuc, profeta della “fede” che salva
Anche Abacuc è un profeta drammatico. Egli ha fede in
Dio, che però sembra impotente di fronte al male del
mondo. E simbolo del male sono i Caldei che devastano
Israele. Nella prima parte il profeta chiede conto a Dio del
perché sembra chiudere gli occhi di fronte alla violenza
(Ab 1, 2-3). Dio risponde dicendo che i Caldei sono strumento della Sua collera contro Israele (Ab 1, 5-11) e che,
comunque, chi ha fede in Lui non soccomberà mai.
Per esprimere, in ogni caso, il senso della giustizia di
Dio contro il popolo oppressore, Abacuc lancia cinque
maledizioni contro i violenti, gli adoratori del potere e del
denaro, oltre che contro gli adoratori di idoli (Ab 2, 5-29).
Segue una preghiera conclusiva che esalta la grandezza e
la potenza del Signore che viene in aiuto del suo popolo
(Ab 3, 1-19). C’è anche un grande annuncio di speranza
(Ab 3, 3-4). Questo piccolo libro dice poi una grande verità: nonostante la sciagura che Dio può mandare o permettere, come nel caso dei Caldei, chi ha piena fiducia in
Lui non perirà (Ab 2,4). Su questa frase Paolo Apostolo
intesserà tutta la sua teologia della giustificazione per la
fede (Rm 1,17; Gal 3,11; Eb 10,38).
Di Abacuc non sappiamo assolutamente niente, ma il
suo scritto dovrebbe essere stato composto fra la battaglia
di Carchemish (605), vinta da Nabucodonosor, e il primo
assedio di Gerusalemme (597). Il nostro profeta è quindi
di poco posteriore a Naum e contemporaneo di Geremia.
Puoi trovare “La Voce di Santa Maria”
anche su Internet all’indirizzo:
www.santamariadipanisacco .it
dal quale puoi comunicare
con il bollettino.
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Capodanno, i servizi televisivi entrano nel reparto maternità di un grande ospedale per conoscere i primi nati
dell’anno e verificare chi, alle ore 0 e X secondi, per primo ha toccato suolo su questa terra. Ed ecco la telecamera aggirarsi per le stanze fra esserini inconsapevoli della
momentanea celebrità, mamme raggianti, papà commossi, parenti con tutine, amici agitati con fiori, fratellini
preoccupati e accigliati (forse intuiscono che per loro
molte cose cambieranno).
Capodanno, tempo di verifiche, bilanci e buoni propositi e, perciò, pure questo servizio invita alla riflessione.
Siamo di fronte a nuove vite, da poche ore o da un
giorno questi nuovi concittadini del pianeta terra, assieme ad altre migliaia, sono entrati nel tempo. Della nostra
nascita, fortunatamente, non ricordiamo nulla, ma dovrebbe essere stato un grande spavento, tanto che in alcune teorie psicologiche si parlava fino a qualche tempo
fa di un vero “trauma della nascita”, che ci porteremmo
dietro. Ma i piccoli non se ne rendono certamente conto
e, aspettando i futuri psicologi, per ora dormono tranquilli in attesa della successiva poppata.
Percepiamo che siamo di fronte a un mistero. Dello
sviluppo per nove mesi di quell’esserino sappiamo tutto,
ma qualcosa ci sfugge sempre. Da un ovulo fecondato sono partite milioni di cellule a fare puntualmente il loro
dovere e con grandissima precisione si sono formati i
nervi, le ossa, la pelle, gli occhi della mamma, il naso di
papà, la fronte della nonna… Se è una bambina tutto è
predisposto perché un domani a sua volta diventi mamma, se è un maschietto la natura provvede…
Già, la Natura pensa a tutto (dicono che abbia sempre
operato attraverso la selezione naturale); per essere “Natura”, pare molto più brava e intelligente di qualsiasi matematico o esperto informatico per programmare così bene! Insomma crea e provvede come se fosse Dio, quasi
mai sbagliando un disegno intelligente (semmai a rovinare molto ci pensiamo noi uomini!).
I bravi atei convinti (e soprattutto dogmatici) dicono
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che Dio non c’entra proprio, è il Caso che seleziona e permette un continuo progresso naturale, così finiscono per
far diventare Dio la Natura. Ma ciò non spiega come il
Caso non sbagli mai (Il Caso, se è Caso, non può seguire
regole predeterminate. Se posso prevedere i 6 numeri del
Superenalotto che usciranno sabato prossimo, non è possibile che ciò sia prodotto dal caso!). E se la Natura fosse
espressione dell’azione creatrice e di amore di Dio? Non
è poi una domanda così banale!
Seconda riflessione: entrando nello spazio, il nostro
mondo, questi bambini sono entrati nel tempo e a quanto pare ci staranno per un bel po’. « Hanno tutta la vita davanti » si dice, ed è molto probabile che riusciranno a vedere il XXII secolo (in fondo, mancano solo 90 anni!).
La vita, la vita di chiunque, non soltanto dei nuovi nati, oltre a conservare una (gran) parte di mistero, è anche
una scommessa. L’intervistatore alle neo mamme potrebbe chiedere: « che cosa spera per il suo bambino? ». Immagino la risposta più immediata: “che sia felice”. Gran bella
risposta, visto che siamo tutti alla ricerca della felicità, migliore di quella delle mamme della pubblicità che immaginano il loro bambino futuro aviatore, architetto, ingegnere. . .
Il guaio è che a guardarci attorno, non è che vediamo
molta gente felice. Angustiati da un sacco di problemi e,
di solito, incavolati con qualcuno (il governo, il capufficio, la suocera, i vicini di casa…), non si ha molto tempo
per trovare e vivere la felicità. “Momenti felici”, sì quelli
li abbiamo tutti, la “vera felicità”, quella che riempie la vita, è un’altra cosa e molto più rara.
Auguriamo ai neonati, per intanto, che siano stati attesi e accolti, e già questo non avviene sempre, non solo nei
paesi del cosiddetto terzo mondo, magari anche di non essere viziati, di diventare capaci di amore e di accoglienza.
Non avranno l’assicurazione della felicità, ma un bel passo avanti verso di essa sì. Facciamo l’augurio di essere bravi a scuola, non di essere i primi della classe, ma di amare
la conoscenza e lo studio, di essere curiosi e attenti, di
non accontentarsi della prima risposta… e qui potremmo
proseguire per pagine e pagine augurali, ma li vogliamo riassumere in una semplice speranza: che diventino uomini
che amano la pace, e praticandola, cerchino la verità, così
essi daranno un significato alla loro vita, e, al di là delle
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più o meno prestigiose carriere o di umili lavori, lasceranno comunque un segno del loro passaggio.
Senza allontanarci troppo per il XXII secolo prossimo
venturo, che mondo troverà questo bambino tra una decina d’anni? Riusciamo noi oggi, con la maturità e l’esperienza che pure abbiamo, a rappresentarcelo? Ogni giorno un fatto, un avvenimento spesso sconvolgente ci ricorda che siamo immersi nel provvisorio, che nuotiamo
in un fiume nel quale la corrente scorre impetuosa e travolgente. Cosa fare per non essere travolti e scomparire
nei flutti? Cercare appigli solidi e chiamare aiuto. Se sono
solo, quell’appiglio non potrà reggermi a lungo perché le
mie forze alla fine cederanno. Chi potrà venire in nostro
aiuto se siamo tutti nella stessa situazione? Formiamo
una catena forte, ciascuno con il proprio ramo di appiglio. Creiamo solidarietà per vivere consapevolmente il
nostro tempo assieme.
E, mentre questi bambini giocheranno con il loro tempo, molti di noi concluderanno “qui” il loro per accorgerci in quel momento che non è vero che è il loro tempo è
finito (cioè ha sì un inizio, ma anche una ben precisa fine), ma che invece è lì che comincia un tempo nuovo, il
vero tempo, quello per il quale l’augurio di essere pienamente felici non è soltanto speranza ma completa realizzazione. Come i bambini del gennaio 2010, anche noi abbiamo tutta la vita davanti. E che vita!
Forse non ci abbiamo mai pensato, ma è abbastanza
intuibile: questi bambini, nati nel capodanno 2010, ci saranno per sempre insieme con noi. Ci sembra impossibile? A meno di pensare che, raggiunto il XII secolo, e magari oltre per mezzo delle biotecnologie, non si cada poi
nel “Nulla”. Qualcuno forse lo crede come unica certezza, ma a me pare poco convincente.
Antonio Boscato
La “Voce di S. Maria” vive con piccole
e continue gocce di carità
e ringrazia tutti coloro che
contribuiscono alla sua realizzazione.
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Se vuoi la vera pace...
La Pace verrà
Se tu credi che un sorriso è più forte di un’arma,
Se tu credi alla forza di una mano tesa,
Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più
importante di ciò che li divide,
Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non
un pericolo,
Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore,
Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo
piuttosto che l’altro,
allora... la Pace verrà!
Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo
cuore,
Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino,
Se l’ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come
quella che subisci tu,
Se per te lo straniero che incontri è un fratello,
Se tu sai donare gratuitamente un po’ del tuo
tempo per amore,
Se tu sai accettare che un altro ti renda servizio,
Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un
pezzo del tuo cuore,
allora... la Pace verrà!
Se tu credi che il perdono ha più valore della
vendetta,
Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la
loro allegria,
Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo
e guardarlo con dolcezza,
Se tu sai accogliere ed accettare un fare diverso dal
tuo,
Se tu credi che la Pace è possibile,
allora... la Pace verrà!
C HARLES DE F OUCAULD
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La gente della mia
missione mi aspetta
Il P. Vittorio Bongiovanni mio confratello che lavora con me in parrocchia mi scrive spesso che la mia gente mi aspetta. Ogni mattina all’inizio
della S. Messa domanda a più di un centinaio di giovani e adulti che frequentano regolarmente la Chiesa: « per chi preghiamo stamattina? » e il
piccolo Samuel che frequenta la scuola elementare subito con voce argentina grida “for Fr. Anthony” (per P. Antonio).
Sì purtroppo, dopo più di 9 mesi, sono ancora qui in Italia non per mio
volere ma per un inaspettato piano di Dio che certamente sarà per il bene
mio e quello dei miei parrocchiani.
Il 5 Novembre scorso, mentre attendevo un corso di aggiornamento per
noi missionari vicino a Como, sono scivolato sull’ultimo gradino della
scala in casa e mi sono strappato il tendine del mio ginocchio sinistro. Da
allora sono stato in un vicino ospedale per l’operazione e l’ingessatura e
poi ho trascorso tutto il mese di gennaio nell’ospedale Don Gnocchi di
Parma per la riabilitazione con fisioterapia intensiva. Nel momento che
scrivo questo articoletto sto finendo la riabilitazione al don Gnocchi e continuerò ancora per un po’ nella nostra casa madre dei Missionari Saveriani a Parma.
Veramente al momento dell’incidente la prima reazione è stata di disappunto oltre che di dolore intenso naturalmente perché questo rovinava i
miei piani. Col tempo però ho cercato di vedere alla luce della fede il perché Dio ha permesso questo infortunio inaspettato che mi ritarda il rientro
in missione e sospende tutta la mia attività missionaria per qualche mese.
Ed è proprio in una visione di fede, alla luce del Vangelo, che ho cercato di leggere questo misterioso piano di Dio su di me a questo punto della mia vita concludendo che senz’altro doveva essere un piano di amore
del Signore per me e per la mia gente e non una disgrazia che veniva a rovinare il mio lavoro di evangelizzazione.
In questi mesi di inattività, sdraiato per lunghi giorni su un letto di un
ospedale o seduto su una carrozzella a rotelle, impossibilitato a fare qualunque attività diretta, ho capito come una esperienza personale vissuta
giorno dopo giorno che il Signore ha bisogno non solo della mia attività
pastorale là in missione ma prima di tutto desidera la mia preghiera più
sentita e prolungata unita a tanti momenti dolorosi talvolta intensi durante le mie terapie offerte sempre con “gioia” e subito per la mia missione, per i miei parrocchiani e per tanti fratelli e sorelle non cristiani da
evangelizzare. Mi chiede ora di essere ancora missionario non tanto con la
forza dell’attività pastorale talvolta frenetica ma con la potenza della preghiera accompagnata dalla sofferenza appunto come ha fatto Gesù in croce, lui il Salvatore di noi tutti.
È stata proprio questa la mia missione in questi ultimi mesi, la pre-
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ghiera e il mio sì alla croce, che sicuramente offerti per l’attività pastorale
dei confratelli che mi aiutano in parrocchia certamente porteranno frutti
più copiosi aprendo i cuori di tanti nostri fratelli mussulmani ad accettare
Cristo come loro salvatore.
Pur nella mia lontananza fisica dalla mia missione in questi mesi sono stato sempre in continuo contatto sia con i miei confratelli e con vari
dei miei aiutanti laici, i miei catechisti e responsabili delle varie organizzazioni parrocchiali.
Ci siamo scritti, ci siamo scambiati auguri e preghiere attraverso messaggi telefonici, ci siamo spesso parlati via internet e così ho avuto la gioia
di sentire la mia gente tanto vicina e ho potuto dare miei notizie e soprattutto condividere con loro la mia esperienza di fede vissuta in profondità
durante i momenti dolorosi della malattia e della completa inattività fisica.
Questi frequenti contatti mi hanno dato la possibilità di vivere con loro tanti gioiosi e importanti avvenimenti delle varie attività missionarie
della mia parrocchia che sono stati come una risposta dell’amore di Dio
per me, un segno che ha accettato la mia preghiera e il mio soffrire con abbondanti benedizioni e grazie a favore dei miei cristiani e altra gente di
tanti villaggi della mia parrocchia.
Questi importanti avvenimenti nella mia parrocchia durante i mesi
scorsi dopo la mia partenza nel marzo dell’anno scorso sono stati tanti e
significativi.
È stata benedetta dal Vescovo Mons. Giorgio Biguzzi con la partecipazione di tanti parrocchiani la prima pietra della nuova Chiesa parrocchiale dedicata al Beato Conforti, fondatore dei Missionari Saveriani che finalmente sostituirà la sala che usiamo ora provvisoriamente come Chiesa.
I lavori di costruzione stanno per essere iniziati in questi giorni e speriamo
che la sua apertura e benedizione fra qualche mese coincida con il tempo
quando il nostro fondatore sarà dichiarato Santo dal Papa nel prossimo
futuro.
Inoltre un campo scuola per i nostri ragazzi e giovani il luglio scorso è
stato un grande successo per il numero di partecipanti, più di 1.800, e l’attiva partecipazione di tutti alle attività religiose, educative e sportive durate due settimane.
Il mio progetto agricolo, iniziato ormai da 3 anni, ha continuato le sue
attività senza la mia presenza, sotto la valida direzione e il coordinamento di alcuni dei miei laici impegnati della parrocchia. Questo fatto mi da
la speranza che questa attività agricola di alcune mie comunità cristiane
potrà continuare e diventare presto autosufficiente e assicurare cibo a tante nostre famiglie della parrocchia.
Vari incontri di preghiera e formazione cristiana sono stati organizzati
per alcuni nostri gruppi di giovani e adulti con buona partecipazione di
tanti. Gli incontri sono stati animati da due religiosi africani che con la
loro parola e la testimonianza delle loro esperienze di vita hanno mostrato come leggere il Vangelo e metterlo in pratica nelle varie attività della vita quotidiana.
La celebrazione poi del Natale 2009 è stato un avvenimento importante per la nostra gioventù per annunciare gioiosamente la nascita di Gesù
nostro Salvatore con una marcia di tanti bambini esibendosi con danze
native e canti religiosi attorno alla cittadina di Makeni all’attenzione di
una popolazione prevalentemente mussulmana.
Io ho partecipato a tutti questi eventi sempre con la mia fervida preghiera e ho potuto gioire con i miei cristiani leggendo i resoconti dettagliati di tutte queste attività che mi hanno sempre inviato.
Ringrazio infinitamente il Signore che ha benedetto la mia parrocchia
durante tutti questi mesi e mi ha dato la possibilità di sentirmi in qualche
modo presente spiritualmente e dare il mio contributo a distanza con la
mia continua richiesta di grazie e benedizioni per la buona riuscita di questi eventi ecclesiali della mia Comunità Cristiana della parrocchia del
Beato Guido Conforti.
Vi ricordo tutti nella mia preghiera e chiedo al Signore tante benedizioni per tutte le vostre famiglie. Con affetto.
P. Antonio Guiotto
Gennaio 2010
Eventuali offerte si possono effettuare con versamento
presso la BANCA SAN GIORGIO CREDITO COOPERATIVO DI FARA VIC. SCRL
(C/C: 019008012524 - EU IBAN: IT18 P088 0760 8210
1900 8012 524 - BIC: CCRTIT2TC11)
intestato a P. Antonio Guiotto.
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Perché sono nato, dice Dio
Sono nato nudo, dice Dio,
perché tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero,
perché tu
possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato per amore,
perché tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte,
perché tu possa illuminare qualsiasi
realtà.
Sono nato nella semplicità,
perché tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio,
per portare tutti alla casa del Padre.
(Lambert Noben)
LA VOCE DI SANTA MARIA
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anno XLIII - n. 1 - gennaio-febbraio 2010
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N. 1 Gennaio/Febbraio