Albino, 23 febbraio 2013 CECILIA COGNIGNI (autrice del libro “La biblioteca raccontata ad una ragazza venuta da lontano”) ALESSANDRA MASTRANGELO (Sistema Bibliotecario Valle Seriana) Abbiamo pensato di invitare Cecilia questa mattina perché ci porta l’esperienza della realtà torinese, come una delle più forti e rappresentative in Italia, che è stata capace di costruire una serie di esperienze molto differenziate sia per tipologia di destinatari che per caratteristiche dell’offerta in molte biblioteche della città di Torino. Certo, una realtà metropolitana come quella della città di Torino non necessariamente deve aderire ad una realtà diffusa sul territorio come quella del nostro sistema bibliotecario, ma ci sembrava uno spunto davvero prezioso di cui tener conto. Cecilia Cognigni, che da moltissimi anni si occupa non solo di biblioteche ma anche nello specifico di tematiche legate alle culture altre, ha trasposto la sua esperienza in un libro di cui ci parlerà: “La biblioteca raccontata ad una ragazza venuta da lontano”. Qui ci porta testimonianza delle attività realizzate in Torino e degli spunti pratici che potremmo utilmente copiare. Cecilia ci aveva inviato una collega, la Dott.ssa Del Piede, sociologa che lavora a stretto contatto con lei e che nella giornata del 22 di ottobre ci aveva parlato dell’esperienza sul Piemonte ed anticipato di che cosa sono capaci. Le lascio la parola perché so che deve dire molte cose. Grazie, buongiorno a tutti. Vi ringrazio per questa opportunità. Non mi sento un’esperta avendo sentito le cose che fate in questo territorio. Sono una bibliotecaria che ha avuto la fortuna di iniziare la propria attività professionale in una realtà simile a quella in cui sono qui oggi, in una dimensione di un comune dell’area metropolitana di Torino. Mi sono sempre occupata di biblioteche pubbliche, oggi lavoro per il sistema bibliotecario urbano della città Torino che è molto articolato: abbiamo più di 20 strutture bibliotecarie in città, due biblioteche nell’istituto minorile e nel carcere circondariale delle Vallette, diverse esperienze in ospedale . Quindi la mia esperienza professionale è quella di chi lavora in una biblioteca pubblica. Per cui necessariamente nel mio C.I.C. CULTURE IN CORSO. Biblioteche della Valle Seriana per la coesione sociale e l’intercultura Sostenuto da: Albino, 23 febbraio 2013 percorso professionale ho iniziato ad occuparmi anche delle esigenze di lettura e di informazione di chi arrivava da altri paesi. Il libro si rivolge ad una ragazza venuta da lontano -uso il femminile perché parto dal mio punto di vista nel racconto- ma dedico questo volume a una serie di compagni di scuola di mia figlia e ad un ragazzino arrivato dalla Tunisia, che ho conosciuto alla biblioteca pubblica di Orbassano e che aveva due grandi passioni: la grande passione della storia di Cartagine e della Rivoluzione Francese. Fin da piccolo arrivava in biblioteca con la sua mamma e leggeva libri su queste due storie diverse, che facevano però parte della sua storia. Ho pensato di scrivere non per un pubblico di solo bibliotecari, perché questo libretto può essere usato da chiunque. L’ambizione della casa editrice era raccontare le biblioteche con uno stile e un linguaggio che non fossero quello di chi lavora nelle biblioteche, ma piuttosto di chi le utilizza. Quindi troverete un racconto che si rivolge a chi oggi nasce in Italia e non è cittadino italiano perchè figlio di genitori che arrivano da altri paesi e questo è un elemento che segna un’istanza nel nostro paese rispetto ad altri paesi dell’Unione europea, ma più in generale rispetto alla storia da cui parto. Negli Stati Uniti, chi nasci da genitori stranieri ottiene la cittadinanza statunitense e questa è una grossa differenza. In termini giuridici la nostra legislazione fa prevalere il diritto di sangue rispetto al diritto di permanenza sul territorio che, in realtà, è il territorio in cui nasco o nel quale i miei genitori vivono. Mi lego a questo tema perché ho scelto di rivolgermi ad una ragazzina che non ha ancora raggiunto la maggiore età e quindi che pur essendo italiana non ha ancora la possibilità di essere cittadina italiana. Ho deciso di partire da lontano, da una storia che riguarda noi. Questo credo che sia uno dei modi per arrivare al grigio. È un gioco di punti di vista, bisogna raccontare la storia dal verso giusto. Io ho pensato di partire raccontando la nostra storia, cioè quella degli italiani che nella seconda metà dell’Ottocento partivano per cercare fortuna negli Stati Uniti, spinti da esigenze di necessità, perché allora il nostro Paese era segnato da una povertà diffusa e spesso si era costretti a varcare l’oceano e ad arrivare al di là in cerca di fortuna, ovviamente senza aver la possibilità 2 Albino, 23 febbraio 2013 di mantenere un contatto con i familiari attraverso la rete internet, che sappiamo essere uno degli strumenti più utilizzati nelle nostre biblioteche da chiunque e soprattutto da chi arriva da altri paesi. Questa è una storia interessantissima se letta volendo raccontare la funzione che hanno avuto le biblioteche pubbliche negli Stati Uniti per noi italiani. Parto raccontando la storia di tre bibliotecarie che nella seconda metà dell’Ottocento hanno impostato i loro servizi di biblioteca -pensate già allora- costruendo in quelle città, che vedevano raddoppiare la loro popolazione grazie ai flussi migratori che venivano dall’Irlanda, dall’Italia, dalla Germania, dai paesi dell’Est Europa (movimenti molto diversi in termini numerici rispetto a quelli che stiamo vivendo noi nei nostri territori, erano decisamente più massicci, più corposi). Quindi queste bibliotecarie decisero che fosse necessario creare nelle proprie biblioteche pubbliche delle occasioni per apprendere la lingua americana, ma decisero anche che fosse altrettanto necessario mettere a disposizione giornali e libri nelle lingue madri, cioè nelle lingue d’origine. Pensate, siamo nella seconda metà dell’Ottocento. Se non l’avete visto vi consiglio di visitare un museo bellissimo che si chiama “Galata Museo del mare”, si trova a Genova e ha una sezione dedicata a Lamerica -perché per noi era “Lamerica” con la L attaccata ad America- che racconta la storia della migrazione italiana negli Stati Uniti ed è una storia straordinaria e interessantissima per cui in questo capitoletto brevemente cerco solo di offrire degli spunti per raccontare. Mi sembrava un buon modo partire da noi, cioè partire da un problema legislativo, di riconoscimento: la mancata cittadinanza di chi nasce in Italia da genitori stranieri. L'altro elemento è la nostra storia. Troverete anche tanti spunti bibliografici, c’è tutto un filone della letteratura destinato a tutti gli adolescenti, c’è un libro bellissimo di una scrittrice francese che si intitola “Il figlio della fortuna” e racconta la storia di un ragazzo che arriva dal Caucaso in guerra. È una storia molto interessante perché i motivi per cui si arriva in un altro paese possono essere tantissimi, lo sapete, ci può essere un progetto di vita, la ricerca del lavoro, il fatto che si è costretti a migrare per trovare asilo politico o perché si è rifugiati, eccetera. “Una lingua, tante lingue” affronta il tema delle lingue madri anche nell’ottica delle nostre biblioteche. A Torino, nelle nostre sedi, grazie alla presenza attiva di associazioni di volontariato culturale e anche di singoli volontari, abbiamo attivato un progetto chiamato “Senior civico”, che non è solo un progetto della biblioteca, ma della città. Oggi i volontari sono 700, sono persone in pensione che prestano la loro attività volontaria per sostenere progetti di valorizzazione di settori particolari del nostro servizio pubblico che vanno dai parchi alle scuole, ai musei civici, alle biblioteche, in tante forme diverse. Molti di loro hanno competenze diverse ed esperienze professionali interessanti e tengono corsi di lingua o gruppi di conversazioni in lingua. Poi vi racconterò, finendo il rapido excursus attraverso l’indice, ancora altre esperienze che facciamo grazie al volontariato civico, in particolare una che penso che per il vostro territorio possa essere interessante. Un altro elemento fondamentale che trovo significativo è il seguente: quando si parla di biblioteche si pensa spesso al patrimonio in più lingue. In realtà, raccontando la storia delle biblioteche pubbliche che ha attraversato l’oceano, 3 Albino, 23 febbraio 2013 si vede come il grande cambiamento non è stato fatto dai libri ma dalle persone. Il valore aggiunto passa dalla messa a disposizione dei libri in più lingue -elemento oggi indispensabile per facilitare apprendimento dell’italiano con grammatiche, corsi di lingue- ma anche, e soprattutto, da chi utilizza le biblioteche. Molto spesso, incontrando diversi operatori del nostro settore, la cosa che mi trovo a dire più spesso è: nella nostra esperienza cosa è accaduto? Le nostre biblioteche dalla fine degli anni Novanta circa iniziano ad essere frequentate visibilmente da persone che arrivavano da altri paesi, quindi era necessario cominciare a ragionare sulla messa a disposizione di documenti anche in altre lingue. Siamo partiti da quotidiani e giornali, quindi abbiamo moltissime testate in lingua nelle nostre biblioteche sia giornali e riviste stampati all’estero che stampate in Italia e destinate alle comunità che vivono nel nostro territorio, che contengono informazioni per gruppi linguistici e culturali specifici. Non esiste un modello, ci sono in Italia esperienze diverse, poi ogni territorio risponde alle sollecitazioni di come cambia la comunità di riferimento in maniera diversa, però la nostra esperienza è un’esperienza dove la raccolta multiculturale e multilingue e l’offerta dei corsi si è andata inserendo naturalmente, gradualmente dentro gli obiettivi di servizi della biblioteca pubblica. Pertanto, la cosiddetta biblioteca multiculturale nella nostra realtà è un’estensione, un’espressione della vocazione della biblioteca pubblica come luogo di tutti e per tutti. Per questo mi interessava anche raccontare la storia delle biblioteche americane in una forma semplice, accessibile, perché ci dice molto su quello che è il ruolo che le nostre biblioteche svolgono all’interno di comunità che si è arricchita di lingue e culture differenti. Anche nelle nostre biblioteche si tengono corsi in dialetto piemontese, quindi anche da questo punto di vista il riconoscimento della specificità e del valore del dialetto locale e della letteratura -perché molta letteratura nel nostro territorio si è espressa in quel dialetto- è un elemento di valorizzazione. Da questo punto di vista nel libro troverete un paragrafo dedicato alle fiabe. Nel linguaggio specialistico la “circolarità del fiabesco” mostra che -nelle fiabe di Calvino che possono essere usate ancora in maniera straordinaria per costruire dei percorsi di lettura e di promozione di lettura nelle biblioteche e nelle scuole- si ritrovano molti personaggi che ci sono in tradizioni favolistiche del Nord Africa. Quindi si ritrovano molti elementi comuni all’interno di un territorio che va molto al di là del nostro confine nazionale. Un altro paragrafo interessante è dedicato alla paura dell’altro e di come si sconfigge questa paura, andando a distruggere i monumenti, i libri, le biblioteche. Questa è una storia recentissima, non è solo la storia della grande biblioteca di Alessandria d’Egitto ma anche della biblioteca nazionale di Baghdad ed è la storia mancata per poco, della distruzione della neo-nata biblioteca di Alessandria d’Egitto perché lì un gruppo di cittadini è riuscito 4 Albino, 23 febbraio 2013 durante le rivolte che ci sono state ad evitare che quelle collezioni venissero toccate. In realtà, la stessa sorte non è toccata all’archivio dell’Accademia d’Egitto che ha perso 200.000 documenti. Quindi molto spesso la paura dell’altro passa attraverso la distruzione dell’oggetto, dei monumenti, degli edifici e dei libri che rappresentano un certa cultura, una certa lingua e questa è una storia anche italiana. Nel libro racconto una cosa che non sapevo, a Torino, negli anni ‘30 ci fu un rogo di libri in Piazza San Carlo, che è nel centro città. Quindi avvenne non solo in Germania, ma anche in Italia. Poi c’è una bellissima storia che è quella di Jella Lepman che è stata la fondatrice della Biblioteca Internazionale di Monaco di Baviera. Nel dopo guerra -lei era ebrea, giornalista- le fu dato l’incarico di dare un contributo nella ricostruzione della Germania e decise di farlo allestendo una mostra internazionale di libri per bambini, che ebbe un successo straordinario -anche perché molti di quei libri per dodici anni non erano stati pubblicati e non era stato possibile leggerli- e chiese aiuto a tutti i paesi che si resero disponibili a fare arrivare in Germania libri in più lingue. Dedico ancora due parole ad un altro capitolo importante, anche perché credo possa essere interessante raccogliere vostre domande. Mi ricollego ancora a quello che diceva il direttore artistico Tiziano, come arrivare al grigio. Io non sono ancora riuscita a proporlo nella biblioteca in cui lavoro. La Biblioteca Civica Centrale di Torino ha una straordinaria raccolta di periodici. Abbiamo tutti i quotidiani di tutti i partiti politici del nostro paese, tutti i principali quotidiani dell’Unione europea anche di paesi extraeuropei. Quindi abbiamo una raccolta notevolissima. In uno degli ultimi capitoli del libro dedico poche pagine ad affrontare un tema che però è molto importante, “La biblioteca e le parole”, ovvero la biblioteca fa contro-informazione. Voi sapete quanto i giornali contribuiscano a creare la cosiddetta “opinione pubblica”, quindi quello che noi pensiamo rispetto a quello che accade nei nostri territori. Spesso i giornali lo fanno partendo da punti di vista, spesso utilizzano slogan, spesso lo fanno portandoci anche fuori strada, soprattutto se leggiamo un giornale solo. Ecco, le nostre biblioteche da questo punto di vista sono dei luoghi straordinari per fare contro informazione cioè per leggere lo stesso evento, la stessa notizia da diversi punti di vista diversi, per cercare di esercitarci ed aiutarci a capire quale può essere il nostro punto di vista rispetto ad un certo evento. Allora per esempio, nell’ambito del festival “Biennale democrazia”, che c’è ogni due anni a Torino, si tiene un gruppo di lettura di giornali facendo un lavoro comparativo. Mi piacerebbe moltissimo proporre un gruppo di lettura di questo tipo nella Biblioteca Civica Centrale, perché i giornali hanno vincolato spesso termini che ci hanno portato fuori strada e la realtà è molto più complessa di come i giornali ce la rappresentano. Quindi, utilizzare più fonti di informazioni è importante per farsi un’opinione che tenga conto del pluralismo dei punti di vista rispetto ad un certo evento. 5 Albino, 23 febbraio 2013 Concludo con “La biblioteca e la lettura”, con una fotografia di quanto le biblioteche pubbliche siano utili per tutti. In quest’ultimo capitolo non racconto tanto di biblioteche e di stranieri, ne parlo un po’ in tutto il libro, ma voglio proprio raccontare di quanto la biblioteca sia stata utile per chi non ha avuto la possibilità di disporre di libri in casa propria, quindi di poter avere le fonti di informazione dentro casa. Sappiamo che è uscito l’anno scorso un bell’articolo su Repubblica che diceva che In un paese come il nostro, dove la crisi sta impoverendo le famiglie, le biblioteche pubbliche stanno registrando un incremento nel numero delle frequenze e dei prestiti. La Val Seriana ha una delle reti, per quello che vedo io dall’esterno, più avanzate, consolidate, dove la cooperazione tra comuni è più forte ma non è così in tutto il territorio. La biblioteca è uno strumento straordinario soprattutto per chi non ha accesso , perché non può comprarsi libri e giornali ed è una cosa che andrà a crescere in un paese come il nostro. Ora vi voglio raccontare due esperienze che abbiamo realizzato nelle nostre biblioteche. Noi facciamo tanti corsi di italiano, come ne fate anche voi in questo territorio, ho visto che sono previsti all’interno del progetto finanziato dalla Cariplo. Da due anni abbiamo avviato un'esperienza con il volontariato civico che è una forma straordinaria anche per far conoscere i servizi della biblioteca, diventa un amplificatore, un passaparola rispetto all'utilità del servizio nel quale io lavoro e nel quale lavorano alcuni di voi. Qual è questa esperienza? Questo è uno spazio che abbiamo attivato in una nostra biblioteca civica nel quartiere di Miliano di Torino, che sta all’imbocco della tangenziale per Milano. In questa biblioteca grande 2000 metri quadri, vengono offerti molti corsi. Oggi le biblioteche sono cambiate anche negli spazi, cioè c’è bisogno che non ci sia più solo il servizio di prestito libri o di internet, ma è importante che si facciano tante attività diverse, come la presentazione del libro e i corsi di formazione che da noi vanno tantissimo (la patente europea del computer, il corso di arabo, di inglese, di cinese, i gruppi di conversazioni in più lingue e i corsi di italiano). C’è poi questo sportello, lo chiamo sportello perchè è diverso dal corso di italiano, che prevede orari e giorni specifici in cui si tengono le lezioni. Abbiamo visto che molto spesso, per chi ha esigenze di lavoro, diventava un problema frequentare il corso in quegli orari e giorni. Allora grazie ai volontari di quella biblioteca abbiamo impostato uno spazio - lo chiamo sportello perchè il rapporto è uno a uno- in cui molti insegnanti volontari, che hanno alle spalle esperienza di insegnamento oppure hanno fatto corsi per insegnare l’italiano come seconda lingua, aiutano persone che vengono con esigenze diverse. Questo sportello è aperto dal lunedì al giovedì, dalle 15.30 alle 18.30, quindi con un orario abbastanza ampio e le persone vengono perché hanno bisogno di esercitarsi per un colloquio di lavoro o devono stendere il curriculum in italiano o hanno l'esigenza di ripassare un po' di regole soprattutto di italiano parlato. In quegli orari, senza avere il corso e la lezione programmata -noi facciamo circa 50 colloqui alla settimana - arrivano anche tantissimi italiani e tantissimi ragazzini. Sapete che la scuola oggi spesso fa fatica a garantire, non solo per gli stranieri, momenti per l'apprendimento della lingua e occasioni per perfezionarla. Per questo motivo facciamo anche tanta attività di supporto ai compiti, perché questa è una grande esigenza. Spesso nella mia esperienza mi è capitato di sentire che la biblioteca è diversa 6 Albino, 23 febbraio 2013 rispetto alla scuola. Verissimo. La biblioteca svolge un'altra funzione, la scuola ha una funzione didattica e ha i suoi programmi. È vero che la scuola abitua poco i ragazzi a leggere, quindi ad acquisire l'abitudine della lettura che è altra cosa che fornire l’elenco dei libri da leggere durante le vacanze estive. In un paese come la Francia la lettura è curriculare, fa parte del curriculum scolastico obbligatorio dell'allievo. La scuola ha delle competenze, la biblioteca altre quindi bisogna sempre calibrare, non esistono dei modelli precostituiti. Nel nostro territorio, ma anche in un altro territorio della città dove opera la biblioteca Italo Calvino, si è consolidata l'esperienza "SOS compiti" che funziona molto bene ed è molto frequentata da bambini di tutte le provenienze, estrazioni sociali, lingue, culture, che hanno l'esigenza di essere supportati perchè spesso in casa non hanno una persona che li possa aiutare. Da questo punto di vista il nostro approccio parte dalle esigenze espresse dal territorio, non da un’idea precostituita dove la scuola fa determinate cose e la biblioteca delle altre, ci si incontra anche sui territori comuni. Il volontariato civico pertanto è estremamente utile, così come fare queste attività che sono meno direttamente collegabili alle esperienze di servizio bibliotecario pubblico. "Diamoci una mano" è un'esperienza partita da uno spunto arrivato da uno scrittore romano, Eraldo Affinati, che lavora in una struttura chiamata la "Città dei ragazzi" a Roma e che ci ha dato spunti per offrire un modello didattico diverso che non fosse quello del corso ma che fosse quello del rapporto individualizzato. I volontari tengono un diario di bordo, hanno predisposto un armadio di documentazione, ognuno porta un po’ di materiale. C'è quindi molto scambio e soprattutto nel diario di bordo si racconta delle esperienze diverse di chi torna e chi non torna allo sportello. Per noi la flessibilità rispetto all’offerta dei servizi è importantissima ed è uno dei punti su cui abbiamo lavorato di più. Abbiamo valutato cosa ci poteva offrire il nostro territorio anche dal punto di vista delle risorse messe a disposizione dai volontari, perchè noi bibliotecari abbiamo un'altra formazione mentre spesso i volontari hanno un alta formazione e arricchiscono di esperienza e valore lo spazio della biblioteca. In questo progetto di senior civico ci sono 130 volontari e collaboriamo con 2025 associazioni di volontariato sulla città che a diverso livello operano. In Lombardia c'è questo straordinario contenitore del Bando Cariplo perchè pensato per le biblioteche, pensato come luogo di inclusione sociale quindi è pensato molto bene, oltre ad avere a disposizione un bel quantitativo di risorse messe ogni anno a disposizione per un territorio come questo. A Torino abbiamo un impostazione diversa ,oltre all'ente pubblico, abbiamo la compagnia di San Paolo, che sostiene molti nostri progetti attraverso altri progetti che vengono presentati dalle associazioni di volontariato. Per esempio da dieci anni facciamo con il Meic, associazione di estrazione cattolica, un corso 7 Albino, 23 febbraio 2013 pensato per le donne magrebine appena arrivate a Torino, sono circa 80 donne all'anno nella nostra biblioteca e da quest'anno anche altre 40 in altre 2 strutture della città, che hanno fatto il corso, dove l’associazione che lo promuove mette a disposizione il servizio di babysitteraggio. Quindi le signore possono arrivare con i loro figli e questo è un elemento aggiunto, cioè pensare delle attività tarate su quel determinato segmento di popolazione, perchè quelle donne arrivano da determinate famiglie con una certa impostazione culturale, diversa dalla nostra ma altrettanto legittima, quindi bisogna andare incontro a quella esigenza mettendo a disposizione servizio di babysitteraggio. Vengono privilegiate le donne all'interno dei corsi, quindi non sono più solo corsi di lingua ma anche di cittadinanza: abbiamo fatto incontri con pediatra, insegnante, estetista, le abbiamo portate a vedere i principali musei cittadini a fare passeggiate storiche dentro Torino, a vedere il Museo Nazionale del Cinema, Museo Egizio, perchè il percorso di lingua sia finalizzato all'utilizzo pratico della lingua ma sia anche di cittadinanza, cioè permetta di sentire quella città come tua e non è così scontato. Io ricordo che anni fa, quando andai in Svezia a vedere delle strutture bibliotecarie, a Malmoe, alle 15.30 era già buio e faceva freddissimo - era dicembreentrai nella biblioteca pubblica e vi assicuro che la prima sensazione era di straniamento: non è il mio posto , è un altro paese. In quella biblioteca trovare uno scaffale di libri in lingua italiana, circa 3000, con libri di Pavese, Calvino e tutti i nostri autori è stato straordinario, perché trovi un pezzo della tua terra in un’altra biblioteca. A me è capitato spesso sentire da colleghi “chi arriva da un altro paese non ha bisogno di libri nella propria lingua, perché utilizza maggiormente libri in lingua italiana”. Io credo che ci siano più motivi perché è importante che nelle biblioteche ci siano libri scritti in più lingue. Prima di tutto perché servono a noi italiani, si possono fare tante attività con i ragazzini lavorando sugli alfabeti nelle lingue diverse. Ad esempio Cartusia è una collana straordinaria con fiabe scritte in due lingue e quella è un’esperienza editoriale interessantissima. Quella è la prima utilità, la seconda è che servono alle seconde generazioni. A me è capitato di incontrare recentemente l’Associazione dei Giovani Musulmani d’Italia, di Torino, che fa parte della rete G2,cioè quella rete che raccoglie le associazioni delle seconde generazione. Loro si lamentavano perché nelle nostre biblioteche trovavano libri che raccontavano i loro paesi prevalentemente da un certo punto di vista, quindi lamentavano un limite della nostra editoria rispetto ad una rappresentazione più vera dei loro paesi. Poi dicevano una cosa straordinaria: “Noi vogliamo leggere i grandi poeti italiani, Montale, Leopardi..”. Non è un caso che i ragazzi della rete G2, nel 2011, per i 150 anni d’Italia, a Roma, hanno letto, insieme ad altri attori e lettori, i Promessi Sposi di Manzoni. È stata una lettura pubblica lunghissima in cui è stato letto tutto il romanzo e pare sia stata un’esperienza interessantissima Ritorno al perché delle collezioni in più lingue. Anche le seconde generazioni, benchè spesso si trovano gusti di lettura che privilegiano i testi in lingua italiana, magari ad un certo punto, avendo perso il contatto con la lingua dei loro genitori o del loro paese, hanno voglia di riscoprirla. Quindi le motivazioni sono le più diverse. È importante quindi che nelle biblioteche ci sia tutto, che sia rappresentato l’universo dei punti di vista per esempio attraverso i giornali, ma anche le diverse editorie, le 8 Albino, 23 febbraio 2013 diverse lingue. Credo che la sensazione che ho provato quella volta a Malmo possa essere importante riprodurla nelle nostre biblioteche per chi arriva da un altro paese che si trova uno scaffale con libri in lingua araba, cinese o romena -per citare le comunità prevalenti nel mio territorio- perché questo è un valore identitario importante per chiunque, come per me. Voglio concludere con questa frase che in realtà è riportata nel progetto del comune di Nembro, tratta da questo libro “La sfida della mente multiculturale. Nuove forme di convivenza”, Raffaello Cortina Editori. Mi ha colpita subito e ho pensato di usarla per chiudere e dice: “La mente multiculturale è una menta aperta, flessibile, tollerante, creativa. È una mente al plurale in grado di offrire molteplici e consistenti vantaggi che vanno dalla convivenza sociale al management, ai sistemi educativi”. Mi interessa soprattutto il termine creativo perché nelle nostre biblioteche pubbliche noi dobbiamo essere in grado di mettere tutti nelle condizioni di essere cittadini migliori, più integrati -tutti indistintamente, anche noi italianicittadini creativi, perché le nostre biblioteche sono capaci di produrre cultura, sono dei moltiplicatori straordinari di cultura intesa nel senso più ampio del termine quindi non solo pensando alle forme tradizionali a cui pensiamo abitualmente. Le nostre biblioteche, da questo punto di vista, presidiano la base, la cultura di base. Quando mi confronto con colleghi che operano in altri comparti della cultura come musei, musica, cioè comparti considerati più alti, va ribadito il ruolo della cultura di base nei territori è presidiato dalle biblioteche pubbliche. E questo è un principio imprescindibile che mi ha fatto piacere sentire nei discorsi che arrivavano anche da punti di vista politici diversi. Quindi complimenti al vostro territorio, continuante così. Grazie. 9