Albino, 23 febbraio 2013
CECILIA COGNIGNI
(autrice del libro “La biblioteca raccontata
ad una ragazza venuta da lontano”)
ALESSANDRA MASTRANGELO
(Sistema Bibliotecario Valle Seriana)
Abbiamo pensato di invitare Cecilia questa
mattina perché ci porta l’esperienza della realtà
torinese,
come
una
delle
più
forti
e
rappresentative in Italia, che è stata capace di
costruire una serie di esperienze
molto
differenziate sia per tipologia di destinatari che
per caratteristiche dell’offerta in molte biblioteche
della città di Torino. Certo, una realtà
metropolitana come quella della città di Torino
non necessariamente deve aderire ad una realtà diffusa sul territorio come
quella del nostro sistema bibliotecario, ma ci sembrava uno spunto davvero
prezioso di cui tener conto.
Cecilia Cognigni, che da moltissimi anni si occupa non solo di biblioteche ma
anche nello specifico di tematiche legate alle culture altre, ha trasposto la sua
esperienza in un libro di cui ci parlerà: “La biblioteca raccontata ad una ragazza
venuta da lontano”. Qui ci porta testimonianza delle attività realizzate in Torino
e degli spunti pratici che potremmo utilmente copiare. Cecilia ci aveva inviato
una collega, la Dott.ssa Del Piede, sociologa che lavora a stretto contatto con
lei e che nella giornata del 22 di ottobre ci aveva parlato dell’esperienza sul
Piemonte ed anticipato di che cosa sono capaci. Le lascio la parola perché so
che deve dire molte cose.
Grazie, buongiorno a tutti. Vi ringrazio per questa
opportunità. Non mi sento un’esperta avendo sentito le
cose che fate in questo territorio.
Sono una
bibliotecaria che ha avuto la fortuna di iniziare la
propria attività professionale in una realtà simile a
quella in cui sono qui oggi, in una dimensione di un
comune dell’area metropolitana di Torino. Mi sono
sempre occupata di biblioteche pubbliche, oggi lavoro
per il sistema bibliotecario urbano della città Torino che
è molto articolato: abbiamo più di 20 strutture
bibliotecarie in città, due biblioteche nell’istituto
minorile e nel carcere circondariale delle Vallette,
diverse esperienze in ospedale . Quindi la mia
esperienza professionale è quella di chi lavora in una
biblioteca pubblica. Per cui necessariamente nel mio
C.I.C.
CULTURE IN CORSO.
Biblioteche della Valle Seriana
per la coesione sociale e l’intercultura
Sostenuto da:
Albino, 23 febbraio 2013
percorso professionale ho iniziato ad occuparmi anche delle esigenze di lettura
e di informazione di chi arrivava da altri paesi.
Il libro si rivolge ad una ragazza venuta da lontano -uso il femminile perché
parto dal mio punto di vista nel racconto- ma dedico questo volume a una serie
di compagni di scuola di mia figlia e ad un ragazzino arrivato dalla Tunisia, che
ho conosciuto alla biblioteca pubblica di Orbassano e che aveva due grandi
passioni: la grande passione della storia di Cartagine e della Rivoluzione
Francese. Fin da piccolo arrivava in biblioteca con la sua mamma e leggeva
libri su queste due storie diverse, che facevano però parte della sua storia. Ho
pensato di scrivere non per un pubblico di solo bibliotecari, perché questo
libretto può essere usato da chiunque. L’ambizione della casa editrice era
raccontare le biblioteche con uno stile e un linguaggio che non fossero quello di
chi lavora nelle biblioteche, ma piuttosto di chi le utilizza. Quindi troverete un
racconto che si rivolge a chi oggi nasce in Italia e non è cittadino italiano
perchè figlio di genitori che arrivano da altri paesi e questo è un elemento che
segna un’istanza nel nostro paese rispetto ad altri paesi dell’Unione europea,
ma più in generale rispetto alla storia da cui parto.
Negli Stati Uniti, chi nasci da genitori
stranieri ottiene la cittadinanza
statunitense e questa è una grossa
differenza. In termini giuridici la
nostra legislazione fa prevalere il
diritto di sangue rispetto al diritto di
permanenza sul territorio che, in
realtà, è il territorio in cui nasco o
nel quale i miei genitori vivono. Mi
lego a questo tema perché ho scelto
di rivolgermi ad una ragazzina che
non ha ancora raggiunto la maggiore
età e quindi che pur essendo italiana
non ha ancora la possibilità di essere
cittadina italiana. Ho deciso di
partire da lontano, da una storia che
riguarda noi. Questo credo che sia
uno dei modi per arrivare al grigio. È
un gioco di punti di vista, bisogna
raccontare la storia dal verso giusto.
Io ho pensato di partire raccontando
la nostra storia, cioè quella degli
italiani che nella seconda metà
dell’Ottocento partivano per cercare
fortuna negli Stati Uniti, spinti da
esigenze di necessità, perché allora
il nostro Paese era segnato da una
povertà diffusa e spesso si era
costretti a varcare l’oceano e ad
arrivare al di là in cerca di fortuna,
ovviamente senza aver la possibilità
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di mantenere un contatto con i familiari attraverso la rete internet, che
sappiamo essere uno degli strumenti più utilizzati nelle nostre biblioteche da
chiunque e soprattutto da chi arriva da altri paesi. Questa è una storia
interessantissima se letta volendo raccontare la funzione che hanno avuto le
biblioteche pubbliche negli Stati Uniti per noi italiani. Parto raccontando la
storia di tre bibliotecarie che nella seconda metà dell’Ottocento hanno
impostato i loro servizi di biblioteca -pensate già allora- costruendo in quelle
città, che vedevano raddoppiare la loro popolazione grazie ai flussi migratori
che venivano dall’Irlanda, dall’Italia, dalla Germania, dai paesi dell’Est Europa
(movimenti molto diversi in termini numerici rispetto a quelli che stiamo
vivendo noi nei nostri territori, erano decisamente più massicci, più corposi).
Quindi queste bibliotecarie decisero che fosse necessario creare nelle proprie
biblioteche pubbliche delle occasioni per apprendere la lingua americana, ma
decisero anche che fosse altrettanto necessario mettere a disposizione giornali
e libri nelle lingue madri, cioè nelle lingue d’origine. Pensate, siamo nella
seconda metà dell’Ottocento.
Se non l’avete visto vi consiglio di visitare un museo bellissimo che si chiama
“Galata Museo del mare”, si trova a Genova e ha una sezione dedicata a
Lamerica -perché per noi era “Lamerica” con la L attaccata ad America- che
racconta la storia della migrazione italiana negli Stati Uniti ed è una storia
straordinaria e interessantissima per cui in questo capitoletto brevemente
cerco solo di offrire degli spunti per raccontare. Mi sembrava un buon modo
partire da noi, cioè partire da un problema legislativo, di riconoscimento: la
mancata cittadinanza di chi nasce in Italia da genitori stranieri. L'altro
elemento è la nostra storia.
Troverete anche tanti spunti bibliografici, c’è tutto un filone della letteratura
destinato a tutti gli adolescenti, c’è un libro bellissimo di una scrittrice francese
che si intitola “Il figlio della fortuna” e racconta la storia di un ragazzo che
arriva dal Caucaso in guerra. È una storia molto interessante perché i motivi
per cui si arriva in un altro paese possono essere tantissimi, lo sapete, ci può
essere un progetto di vita, la ricerca del lavoro, il fatto che si è costretti a
migrare per trovare asilo politico o perché si è rifugiati, eccetera.
“Una lingua, tante lingue” affronta il tema delle lingue madri anche nell’ottica
delle nostre biblioteche. A Torino, nelle nostre sedi, grazie alla presenza attiva
di associazioni di volontariato culturale e anche di singoli volontari, abbiamo
attivato un progetto chiamato “Senior civico”, che non è solo un progetto della
biblioteca, ma della città. Oggi i volontari sono 700, sono persone in pensione
che prestano la loro attività volontaria per sostenere progetti di valorizzazione
di settori particolari del nostro servizio pubblico che vanno dai parchi alle
scuole, ai musei civici, alle biblioteche, in tante forme diverse. Molti di loro
hanno competenze diverse ed esperienze professionali interessanti e tengono
corsi di lingua o gruppi di conversazioni in lingua. Poi vi racconterò, finendo il
rapido excursus attraverso l’indice, ancora altre esperienze che facciamo grazie
al volontariato civico, in particolare una che penso che per il vostro territorio
possa essere interessante.
Un altro elemento fondamentale che trovo significativo è il seguente: quando si
parla di biblioteche si pensa spesso al patrimonio in più lingue. In realtà,
raccontando la storia delle biblioteche pubbliche che ha attraversato l’oceano,
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si vede come il grande cambiamento non è stato fatto dai libri ma dalle
persone. Il valore aggiunto passa dalla messa a disposizione dei libri in più
lingue -elemento oggi indispensabile per facilitare apprendimento dell’italiano
con grammatiche, corsi di lingue- ma anche, e soprattutto, da chi utilizza le
biblioteche.
Molto spesso, incontrando
diversi operatori del nostro
settore, la cosa che mi
trovo a dire più spesso è:
nella nostra esperienza
cosa è accaduto? Le nostre
biblioteche dalla fine degli
anni Novanta circa iniziano
ad
essere
frequentate
visibilmente da persone che arrivavano da altri paesi, quindi era necessario
cominciare a ragionare sulla messa a disposizione di documenti anche in altre
lingue. Siamo partiti da quotidiani e giornali, quindi abbiamo moltissime testate
in lingua nelle nostre biblioteche sia giornali e riviste stampati all’estero che
stampate in Italia e destinate alle comunità che vivono nel nostro territorio,
che contengono informazioni per gruppi linguistici e culturali specifici. Non
esiste un modello, ci sono in Italia esperienze diverse, poi ogni territorio
risponde alle sollecitazioni di come cambia la comunità di riferimento in
maniera diversa, però la nostra esperienza è un’esperienza dove la raccolta
multiculturale e multilingue e l’offerta dei corsi si è andata inserendo
naturalmente, gradualmente dentro gli obiettivi di servizi della biblioteca
pubblica. Pertanto, la cosiddetta biblioteca multiculturale nella nostra realtà è
un’estensione, un’espressione della vocazione della biblioteca pubblica come
luogo di tutti e per tutti. Per questo mi interessava anche raccontare la storia
delle biblioteche americane in una forma semplice, accessibile, perché ci dice
molto su quello che è il ruolo che le nostre biblioteche svolgono all’interno di
comunità che si è arricchita di lingue e culture differenti. Anche nelle nostre
biblioteche si tengono corsi in dialetto piemontese, quindi anche da questo
punto di vista il riconoscimento della specificità e del valore del dialetto locale e
della letteratura -perché molta letteratura nel nostro territorio si è espressa in
quel dialetto- è un elemento di valorizzazione. Da questo punto di vista nel
libro troverete un paragrafo dedicato alle fiabe. Nel linguaggio specialistico la
“circolarità del fiabesco” mostra che -nelle fiabe di Calvino che possono essere
usate ancora in maniera straordinaria per costruire dei percorsi di lettura e di
promozione di lettura nelle biblioteche e nelle scuole- si ritrovano molti
personaggi che ci sono in tradizioni favolistiche del Nord Africa. Quindi si
ritrovano molti elementi comuni all’interno di un territorio che va molto al di là
del nostro confine nazionale.
Un altro paragrafo interessante è dedicato alla paura dell’altro e di come si
sconfigge questa paura, andando a distruggere i monumenti, i libri, le
biblioteche. Questa è una storia recentissima, non è solo la storia della grande
biblioteca di Alessandria d’Egitto ma anche della biblioteca nazionale di
Baghdad ed è la storia mancata per poco, della distruzione della neo-nata
biblioteca di Alessandria d’Egitto perché lì un gruppo di cittadini è riuscito
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durante le rivolte che ci sono state ad evitare che quelle collezioni venissero
toccate. In realtà, la stessa sorte non è toccata all’archivio dell’Accademia
d’Egitto che ha perso 200.000 documenti. Quindi molto spesso la paura
dell’altro passa attraverso la distruzione dell’oggetto, dei monumenti, degli
edifici e dei libri che rappresentano un certa cultura, una certa lingua e questa
è una storia anche italiana. Nel libro racconto una cosa che non sapevo, a
Torino, negli anni ‘30 ci fu un rogo di libri in Piazza San Carlo, che è nel centro
città. Quindi avvenne non solo in Germania, ma anche in Italia.
Poi c’è una bellissima storia che è quella di Jella Lepman che è stata la
fondatrice della Biblioteca Internazionale di Monaco di Baviera. Nel dopo guerra
-lei era ebrea, giornalista- le fu dato l’incarico di dare un contributo nella
ricostruzione della Germania e decise di farlo allestendo una mostra
internazionale di libri per bambini, che ebbe un successo straordinario -anche
perché molti di quei libri per dodici anni non erano stati pubblicati e non era
stato possibile leggerli- e chiese aiuto a tutti i paesi che si resero disponibili a
fare arrivare in Germania libri in più lingue.
Dedico ancora due parole ad un altro
capitolo importante, anche perché
credo possa essere interessante
raccogliere vostre domande.
Mi
ricollego ancora a quello che diceva il
direttore artistico Tiziano, come
arrivare al grigio. Io non sono ancora
riuscita a proporlo nella biblioteca in
cui lavoro. La Biblioteca Civica
Centrale
di
Torino
ha
una
straordinaria raccolta di periodici.
Abbiamo tutti i quotidiani di tutti i
partiti politici del nostro paese, tutti i principali quotidiani dell’Unione europea
anche di paesi extraeuropei. Quindi abbiamo una raccolta notevolissima. In
uno degli ultimi capitoli del libro dedico poche pagine ad affrontare un tema
che però è molto importante, “La biblioteca e le parole”, ovvero la biblioteca fa
contro-informazione. Voi sapete quanto i giornali contribuiscano a creare la
cosiddetta “opinione pubblica”, quindi quello che noi pensiamo rispetto a quello
che accade nei nostri territori. Spesso i giornali lo fanno partendo da punti di
vista, spesso utilizzano slogan, spesso lo fanno portandoci anche fuori strada,
soprattutto se leggiamo un giornale solo. Ecco, le nostre biblioteche da questo
punto di vista sono dei luoghi straordinari per fare contro informazione cioè
per leggere lo stesso evento, la stessa notizia da diversi punti di vista diversi,
per cercare di esercitarci ed aiutarci a capire quale può essere il nostro punto
di vista rispetto ad un certo evento. Allora per esempio, nell’ambito del festival
“Biennale democrazia”, che c’è ogni due anni a Torino, si tiene un gruppo di
lettura di giornali facendo un lavoro comparativo. Mi piacerebbe moltissimo
proporre un gruppo di lettura di questo tipo nella Biblioteca Civica Centrale,
perché i giornali hanno vincolato spesso termini che ci hanno portato fuori
strada e la realtà è molto più complessa di come i giornali ce la rappresentano.
Quindi, utilizzare più fonti di informazioni è importante per farsi un’opinione
che tenga conto del pluralismo dei punti di vista rispetto ad un certo evento.
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Concludo con “La biblioteca e la lettura”, con una fotografia di quanto le
biblioteche pubbliche siano utili per tutti. In quest’ultimo capitolo non racconto
tanto di biblioteche e di stranieri, ne parlo un po’ in tutto il libro, ma voglio
proprio raccontare di quanto la biblioteca sia stata utile per chi non ha avuto la
possibilità di disporre di libri in casa propria, quindi di poter avere le fonti di
informazione dentro casa. Sappiamo che è uscito l’anno scorso un bell’articolo
su Repubblica che diceva che In un paese come il nostro, dove la crisi sta
impoverendo le famiglie, le biblioteche pubbliche stanno registrando un
incremento nel numero delle frequenze e dei prestiti. La Val Seriana ha una
delle reti, per quello che vedo io dall’esterno, più avanzate, consolidate, dove
la cooperazione tra comuni è più forte ma non è così in tutto il territorio. La
biblioteca è uno strumento straordinario soprattutto per chi non ha accesso ,
perché non può comprarsi libri e giornali ed è una cosa che andrà a crescere
in un paese come il nostro.
Ora vi voglio raccontare due esperienze che abbiamo realizzato nelle nostre
biblioteche. Noi facciamo tanti corsi di italiano, come ne fate anche voi in
questo territorio, ho visto che sono previsti all’interno del progetto finanziato
dalla Cariplo. Da due anni abbiamo avviato un'esperienza con il volontariato
civico che è una forma straordinaria anche per far conoscere i servizi della
biblioteca, diventa un amplificatore, un passaparola rispetto all'utilità del
servizio nel quale io lavoro e nel quale lavorano alcuni di voi. Qual è questa
esperienza? Questo è uno spazio che abbiamo attivato in una nostra biblioteca
civica nel quartiere di Miliano di Torino, che sta all’imbocco della tangenziale
per Milano. In questa biblioteca grande 2000 metri quadri, vengono offerti
molti corsi. Oggi le biblioteche sono cambiate anche negli spazi, cioè c’è
bisogno che non ci sia più solo il servizio di prestito libri o di internet, ma è
importante che si facciano tante attività diverse, come la presentazione del
libro e i corsi di formazione che da noi vanno tantissimo (la patente europea
del computer, il corso di arabo, di inglese, di cinese, i gruppi di conversazioni
in più lingue e i corsi di italiano). C’è poi questo sportello, lo chiamo sportello
perchè è diverso dal corso di italiano, che prevede orari e giorni specifici in cui
si tengono le lezioni. Abbiamo visto che molto spesso, per chi ha esigenze di
lavoro, diventava un problema frequentare il corso in quegli orari e giorni.
Allora grazie ai volontari di quella biblioteca abbiamo impostato uno spazio - lo
chiamo sportello perchè il rapporto è uno a uno- in cui molti insegnanti
volontari, che hanno alle spalle esperienza di insegnamento oppure hanno fatto
corsi per insegnare l’italiano come seconda lingua, aiutano persone che
vengono con esigenze diverse. Questo sportello è aperto dal lunedì al giovedì,
dalle 15.30 alle 18.30, quindi con un orario abbastanza ampio e le persone
vengono perché hanno bisogno di esercitarsi per un colloquio di lavoro o
devono stendere il curriculum in italiano o hanno l'esigenza di ripassare un po'
di regole soprattutto di italiano parlato. In quegli orari, senza avere il corso e la
lezione programmata -noi facciamo circa 50 colloqui alla settimana - arrivano
anche tantissimi italiani e tantissimi ragazzini. Sapete che la scuola oggi spesso
fa fatica a garantire, non solo per gli stranieri, momenti per l'apprendimento
della lingua e occasioni per perfezionarla. Per questo motivo facciamo anche
tanta attività di supporto ai compiti, perché questa è una grande esigenza.
Spesso nella mia esperienza mi è capitato di sentire che la biblioteca è diversa
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rispetto alla scuola. Verissimo. La biblioteca svolge un'altra funzione, la scuola
ha una funzione didattica e ha i suoi programmi. È vero che la scuola abitua
poco i ragazzi a leggere, quindi ad acquisire l'abitudine della lettura che è altra
cosa che fornire l’elenco dei libri da leggere durante le vacanze estive. In un
paese come la Francia la lettura è curriculare, fa parte del curriculum scolastico
obbligatorio dell'allievo. La scuola ha delle competenze, la biblioteca altre
quindi bisogna sempre calibrare, non esistono dei modelli precostituiti. Nel
nostro territorio, ma anche in un altro territorio della città dove opera la
biblioteca Italo Calvino, si è consolidata l'esperienza "SOS compiti" che
funziona molto bene ed è molto frequentata da bambini di tutte le
provenienze, estrazioni sociali, lingue, culture, che hanno l'esigenza di essere
supportati perchè spesso in casa non hanno una persona che li possa aiutare.
Da questo punto di vista il nostro approccio parte dalle esigenze espresse dal
territorio, non da un’idea precostituita dove la scuola fa determinate cose e la
biblioteca delle altre, ci si incontra anche sui territori comuni. Il volontariato
civico pertanto è estremamente utile, così come fare queste attività che sono
meno direttamente collegabili alle esperienze di servizio bibliotecario pubblico.
"Diamoci una mano" è un'esperienza partita da
uno spunto arrivato da uno scrittore romano,
Eraldo Affinati, che lavora in una struttura
chiamata la "Città dei ragazzi" a Roma e che ci
ha dato spunti per offrire un modello didattico
diverso che non fosse quello del corso ma che
fosse quello del rapporto individualizzato. I
volontari tengono un diario di bordo, hanno
predisposto un armadio di documentazione,
ognuno porta un po’ di materiale. C'è quindi
molto scambio e soprattutto nel diario di bordo
si racconta delle esperienze diverse di chi
torna e chi non torna allo sportello. Per noi la
flessibilità rispetto all’offerta dei servizi è
importantissima ed è uno dei punti su cui
abbiamo lavorato di più. Abbiamo valutato
cosa ci poteva offrire il nostro territorio anche
dal punto di vista delle risorse messe a
disposizione
dai
volontari,
perchè
noi
bibliotecari abbiamo un'altra formazione mentre spesso i volontari hanno un
alta formazione e arricchiscono di esperienza e valore lo spazio della biblioteca.
In questo progetto di senior civico ci sono 130 volontari e collaboriamo con 2025 associazioni di volontariato sulla città che a diverso livello operano.
In Lombardia c'è questo straordinario contenitore del Bando Cariplo perchè
pensato per le biblioteche, pensato come luogo di inclusione sociale quindi è
pensato molto bene, oltre ad avere a disposizione un bel quantitativo di
risorse messe ogni anno a disposizione per un territorio come questo. A Torino
abbiamo un impostazione diversa ,oltre all'ente pubblico, abbiamo la
compagnia di San Paolo, che sostiene molti nostri progetti attraverso altri
progetti che vengono presentati dalle associazioni di volontariato. Per esempio
da dieci anni facciamo con il Meic, associazione di estrazione cattolica, un corso
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pensato per le donne magrebine appena arrivate a Torino, sono circa 80 donne
all'anno nella nostra biblioteca e da quest'anno anche altre 40 in altre 2
strutture della città, che hanno fatto il corso, dove l’associazione che lo
promuove mette a disposizione il servizio di babysitteraggio. Quindi le signore
possono arrivare con i loro figli e questo è un elemento aggiunto, cioè pensare
delle attività tarate su quel determinato segmento di popolazione, perchè
quelle donne arrivano da determinate famiglie con una certa impostazione
culturale, diversa dalla nostra ma altrettanto legittima, quindi bisogna andare
incontro a quella esigenza mettendo a disposizione servizio di babysitteraggio.
Vengono privilegiate le donne all'interno dei corsi, quindi non sono più solo
corsi di lingua ma anche di cittadinanza: abbiamo fatto incontri con pediatra,
insegnante, estetista, le abbiamo portate a vedere i principali musei cittadini a
fare passeggiate storiche dentro Torino, a vedere il Museo Nazionale del
Cinema, Museo Egizio, perchè il percorso di lingua sia finalizzato all'utilizzo
pratico della lingua ma sia anche di cittadinanza, cioè permetta di sentire
quella città come tua e non è così scontato.
Io ricordo che anni fa, quando andai in Svezia a vedere delle strutture
bibliotecarie, a Malmoe, alle 15.30 era già buio e faceva freddissimo - era
dicembreentrai nella biblioteca pubblica e vi assicuro che
la prima
sensazione era di straniamento: non è il mio posto , è un altro paese. In quella
biblioteca trovare uno scaffale di libri in lingua italiana, circa 3000, con libri di
Pavese, Calvino e tutti i nostri autori è stato straordinario, perché trovi un
pezzo della tua terra in un’altra biblioteca. A me è capitato spesso sentire da
colleghi “chi arriva da un altro paese non ha bisogno di libri nella propria
lingua, perché utilizza maggiormente libri in lingua italiana”. Io credo che ci
siano più motivi perché è importante che nelle biblioteche ci siano libri scritti
in più lingue. Prima di tutto perché servono a noi italiani, si possono fare tante
attività con i ragazzini lavorando sugli alfabeti nelle lingue diverse. Ad esempio
Cartusia è una collana straordinaria con fiabe scritte in due lingue e quella è
un’esperienza editoriale interessantissima. Quella è la prima utilità, la seconda
è che servono alle seconde generazioni. A me è capitato di incontrare
recentemente l’Associazione dei Giovani Musulmani d’Italia, di Torino, che fa
parte della rete G2,cioè quella rete che raccoglie le associazioni delle seconde
generazione. Loro si lamentavano perché nelle nostre biblioteche trovavano
libri che raccontavano i loro paesi prevalentemente da un certo punto di vista,
quindi lamentavano un limite della nostra editoria rispetto ad una
rappresentazione più vera dei loro paesi. Poi dicevano una cosa straordinaria:
“Noi vogliamo leggere i grandi poeti italiani, Montale, Leopardi..”. Non è un
caso che i ragazzi della rete G2, nel 2011, per i 150 anni d’Italia, a Roma,
hanno letto, insieme ad altri attori e lettori, i Promessi Sposi di Manzoni. È
stata una lettura pubblica lunghissima in cui è stato letto tutto il romanzo e
pare sia stata un’esperienza interessantissima Ritorno al perché delle collezioni
in più lingue. Anche le seconde generazioni, benchè spesso si trovano gusti di
lettura che privilegiano i testi in lingua italiana, magari ad un certo punto,
avendo perso il contatto con la lingua dei loro genitori o del loro paese, hanno
voglia di riscoprirla. Quindi le motivazioni sono le più diverse. È importante
quindi che nelle biblioteche ci sia tutto, che sia rappresentato l’universo dei
punti di vista per esempio attraverso i giornali, ma anche le diverse editorie, le
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diverse lingue. Credo che la sensazione che ho provato quella volta a Malmo
possa essere importante riprodurla nelle nostre biblioteche per chi arriva da un
altro paese che si trova uno scaffale con libri in lingua araba, cinese o romena
-per citare le comunità prevalenti nel mio territorio- perché questo è un valore
identitario importante per chiunque, come per me.
Voglio concludere con questa frase che in realtà è riportata nel progetto del
comune di Nembro, tratta da questo libro “La sfida della mente multiculturale.
Nuove forme di convivenza”, Raffaello Cortina Editori. Mi ha colpita subito e ho
pensato di usarla per chiudere e dice: “La mente multiculturale è una menta
aperta, flessibile, tollerante, creativa. È una mente al plurale in grado di offrire
molteplici e consistenti vantaggi che vanno dalla convivenza sociale al
management, ai sistemi educativi”. Mi interessa soprattutto il termine creativo
perché nelle nostre biblioteche pubbliche noi dobbiamo essere in grado di
mettere tutti nelle condizioni di essere
cittadini migliori, più integrati -tutti
indistintamente, anche noi italianicittadini creativi, perché le nostre
biblioteche sono capaci di produrre
cultura,
sono
dei
moltiplicatori
straordinari di cultura intesa nel senso
più ampio del termine quindi non solo
pensando alle forme tradizionali a cui
pensiamo abitualmente. Le nostre
biblioteche, da questo punto di vista,
presidiano la base, la cultura di base.
Quando mi confronto con colleghi che
operano in altri comparti della cultura
come musei, musica, cioè comparti
considerati più alti, va ribadito il ruolo
della cultura di base nei territori è
presidiato dalle biblioteche pubbliche.
E questo è un principio imprescindibile
che mi ha fatto piacere sentire nei
discorsi che arrivavano anche da punti
di
vista
politici
diversi.
Quindi
complimenti
al
vostro
territorio,
continuante così. Grazie.
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ATTI del convegno CULTURE IN CORSO