Modelli di durata : terminologia di base Stato = caratteristica di una unità statistica che ha una estensione temporale definita Evento = istante temporale (di norma connesso ad un fatto) in cui inizia/finisce uno Stato Tempo = adeguata misura dell’estensione temporale di uno Stato Durata = misura del periodo di tempo compreso tra un evento INIZIALE e uno FINALE, quindi di permanenza in uno Stato Durata del corso di studi secondo un tempo assoluto 5 Evento iniziale: Immatricolazione oggi Durata ?? Sudente n. 4 3 2 1 Evento finale: Laurea Durata: anni di iscrizione 0 1998 2000 2002 2004 2006 anni 2008 2010 2012 Durata del corso di studi secondo un tempo relativo 5 ??????? Sudente n. 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5 anni di iscrizione 6 7 8 Per poter costruire un modello che ha al suo interno il tempo dobbiamo preliminarmente ragionare e dedicare un po’ di “tempo” a capire come possiamo definire e come possiamo misurare il tempo Soprattutto dobbiamo cercare di ragionare su una sua caratteristica fondamentale: Il tempo è continuo o discreto????? Tanto per essere concreti, questi grafici rappresentano lo stesso fenomeno a diverse scale temporali Come questi: Un problema spinoso: IL TEMPO Un po’ di (prei) storia: Circa 24.000 anni fa NASCONO I PRIMI NUCLEI FAMIGLIARI (sepolture di coppie) Circa 24.000 anni fa DIVISIONE DEI COMPITI NELLA FAMIGLIA (sopravvive anche chi non caccia) (in alcune tribù) COMPAIONO PER LA PRIMA VOLTA GLI ANZIANI (prima neppure sepolti) Gli anziani non cacciano e hanno tempo per osservare, pensare e ricordare Figure sempre più importanti nella tribù: e' infatti lui, questo anziano, a raccogliere le molteplici notizie, i fatti; a osservare la cronologia degli avvenimenti del mondo (e' lui libro, giornale, radio, tv , del villaggio) E' sempre lui a ricombinare le notizie a metterle in associazione, a creare quindi nuove strategie di organizzazione, a raccontare agli altri le storie dei singoli, a immagazzinare le esperienze indirette Nasce la cultura verbale, il racconto di gesta, di felici periodi e di cose che non ha mai visto, ma che sa che esistono, di cose che non ha mai fatto ma sa come si fanno; e' il vecchio saggio! SORPRESA! Le tribù con un saggio hanno un vantaggio competitivo, elaborano strategie di sopravvivenza più efficaci, prevalgono sulle altre. Il vecchio diventa sempre più abile ad osservare, capire e ricordare: Guadagna carisma,diventa prima IL SAGGIO, poi LO STREGONE, SCIAMANO, MAGO, PROFETA, SACERDOTE, (PSICOLOGO, NEUROPSICOLOGO??) Tra le altre cose, come tutti vecchi, dorme poco: Nelle notti, insonne, osserva il cielo fuori dalla sua caverna, scopre che ogni tanto la luna è PIENA, capisce che questo avviene a intervalli regolari, scopre la periodicita', afferra la nozione del tempo piu' lungo, quello oltre il quotidiano. Allora prende un bastone e ogni notte fa una tacca (tag=giorno - in sanscrito), dopo 28 notti, la luna e' ancora piena: e il bastone è ora diventato la misura del tempo (mas (mese) in sanscrito e' misura) La radice arcaica me/mas= misura segue tutte le lingue, mensis in latino, messen in tedesco, in inglese measure e dal sanscrito mas-mon=misura luna da' nome a luna e mese (moon-month). Ma anche a metro/mestruazioni e chissà quanti altri Il ns. Vecchio si accorge delle 4 fasi , una fase ogni 7 tag (giorni- ancora in tedesco!) Nasce cosi' la set-mas. (settimana). Continua ad osservare, e fa una scoperta ancora piú interessante e strabiliante: dopo 13 mas (dopo 13 bastoni-misura) la luna sorge esattamente dietro la stessa collina! Intuisce tutto, chiama tutti fuori dalla grotta ; predice che quella sera la luna sorgera' esattamente in quel preciso punto del cielo. Spiega, col suo bastone in mano, il fenomeno, tracciando per terra, per farsi capire, un cerchio e cerchio-anello in sanscrito e' anu. E' nato l'anno, l'anno lunare dei mesi (anu del mas del mon) ETC….ETC…. Cosa insegna la storiella? 1. La forza del vecchio è l’idea di prevedere: cercare di immaginare il futuro, implicando con ciò il primo e fondamentale elemento costitutivo dell’idea del tempo: la tripartizione passato, presente, futuro. Non c’è idea di tempo se non prendendo coscienza di un’aspettativa che può o non può avverarsi, in contrapposizione ad una memoria che posso rievocare a piacimento ma non più realizzare; l’idea, appunto, di un flusso temporale unidirezionale e irreversibile. 2. L’arte della previsione (e la moderna scienza in questo non ha nulla di diverso), non può che fondarsi sulla ricerca delle regolarità, delle ripetizioni cicliche. Dunque in primo luogo quelle cosmiche: l’alternarsi del giorno e delle notte, delle fasi lunari, delle stagioni, ecc… e, connessi con questi, tutti quei fenomeni ciclici che, come le alternanze climatiche e i cicli vegetativi della natura, condizionano la nostra vita sulla terra. Sembra tutto ovvio, il fatto è che viviamo in una civiltà in cui tutto è scandito secondo un ordine preciso e regolare, continuamente controllato da strumenti tecnologici, che in qualche modo riassumono in sé e quasi materializzano concetti astratti e sfuggenti come il tempo. Il tempo ci sembra oggi talmente sotto controllo da non consentirci di vedere quali abissi concettuali esso nasconde. … E POI QUEL MATTO DI ZENONE… “In ogni momento dato un corpo occupa uno spazio esattamente uguale alla sua grandezza, e quando un corpo occupa uno spazio uguale a se stesso è in quiete. Pertanto in ogni istante di un movimento il mobile sarà in quiete, e un movimento non può risultare da una somma di stati di quiete.” Il movimento è (sembra) continuo……. ….ma in ogni istante la freccia è FERMA! … CIOE’ IL TEMPO PROCEDE “A SCATTI” ????… In questo caso il movimento che ci appare continuo, sarebbe in realtà una specie di montaggio di fotogrammi… Proprio come un film, in cui il movimento è una impressione generata da una sequenza di immagini “FISSE” Quasi incredibile, anche se questo risolverebbe il problema di Achille e la tartaruga… “Achille gareggia con una tartaruga che parte in posizione avvantaggiata. Per quanto Achille possa essere veloce non potrà mai superare la tartaruga , per quanto essa possa essere lenta. Infatti, quando Achille raggiungerà la posizione iniziale della tartaruga, questa sarà andata avanti coprendo una certa breve distanza; e quando Achille avrà attraversato questa breve distanza, la tartaruga si sarà spostata un po’ più in avanti; e così via il processo continua indefinitamente, con il risultato che il veloce Achille non potrà mai superare la lenta tartaruga.” Naturalmente Achille raggiunge la tartaruga Perché la somma di infiniti termini che via via si riducono ha un valore finito: 100 + 10 + 1 + 0,1 + 0,01 + 0,001 + 0,0001 + …=111,1111 Ma questo nulla dice circa la divisibilità infinita del tempo e dello spazio, cioè sulla loro continuità … SE IMMAGINIAMO CHE IL TEMPO E LO SPAZIO SIANO DISCRETI , CIOE’ CHE IL MOVIMENTO PROCEDA “A SCATTI” … Basta immaginare che mentre la tartaruga fa uno scatto (movimento) Achille ne faccia (per sempio) due: … …SE AUMENTIAMO LA VELOCITA’ IL MOVIMENTO “SEMBRA” CONTINUO OGGI La nostra vita è regolata secondo precise scansioni temporali. Molti orologi digitali segnano l’ora esatta continuamente regolata da un impulso radio proveniente da una centrale situata in Germania. Sul monitor del computer appare ancora una volta l’ora esatta. Se le due ore non coincidono penso subito che qualcosa non funziona, perché escludo a priori che le due ore si riferiscano a cose diverse. Controllo con una terza fonte “sicura”. Poi l’orologio da polso che indica, ad esempio,l’ora della lezione. Se non trovo gli studenti in aula penso che sia successo qualcosa, ma non certo che la mia ora sia qualcosa di diverso da quella degli studenti. Tutto questo ci fa percepire il tempo come qualcosa di oggettivo e di molto preciso, misurabile con approssimazioni sempre più strette, che raggiungono ormai i miliardesimi di secondo E IERI? NON COSI’ SEMPLICE ANZI STRAORDINARIAMENTE COMPLICATO Ragioniamo su come si può misurare il tempo: Supponiamo allora che si vogliano scandire i tempi di un’azione, di un evento, mediante una serie di intervalli uguali. Tutto sommato è questa la prima fondamentale condizione perché il tempo ci appaia come una grandezza: che un intervallo di tempo si possa confrontare con un altro. Ma cosa significa dire che due intervalli di tempo sono uguali? Possiamo adattare le stesse esperienze che usiamo per le lunghezze? NO! Se voglio spiegare il significato dell’espressione “queste due lunghezze sono uguali” devo solo prendere un’asta che si sovrappone esattamente alla prima lunghezza e poi spostarla in modo da verificare se è possibile sovrapporla anche alla seconda. Per misurare intervalli di tempo, posso confrontarli solo con altri intervalli di tempo, cioè con la durata di qualcosa che avviene esattamente in contemporanea. Dunque se voglio confrontare la durata di un evento A con la durata di un evento successivo B, devo prima confrontare la durata di A con un evento campione C che avviene contemporaneamente ad A. Solo che in questo caso quando avviene B non ci sono più ormai né A né C. Entrambi sono svaniti e appartengono ad un passato che posso evocare nella memoria ma non più rendere presente. L’irrevocabile annullarsi del tempo è ciò che lo rende percepibile alla nostra coscienza, perché ci consente di separare passato e futuro, ma è allo stesso tempo ciò che lo rende evanescente e inafferrabile. Ma se ogni evento è divorato e annullato da quel tempo stesso che vorremmo misurare, com’è possibile trovare un evento campione, un’unità di misura che si possa confrontare con un evento di oggi e poi con un evento che avverrà domani quando l’oggi non ci sarà più? Dobbiamo usare qualcosa che si ripete REGOLARMENTE CON LA STESSA DURATA! LA CICLICITA’ DIVENTA LA CHIAVE DELLA MISURA DEL TEMPO ! l’alternarsi del giorno e della notte, il ripetersi delle fasi lunari, il succedersi regolare delle stagioni. La ciclicità degli eventi assume allora, rispetto alla misurabilità del tempo, lo stesso ruolo che ha il movimento rigido rispetto alla misurabilità delle distanze. L’evento ciclico diventa il nostro regolo temporale, a condizione che i cicli si possano considerare tutti di uguale durata. Ma non è questa la difficoltà più grossa, perché la convenzionalità di questa assunzione non è poi molto diversa dalla convenzionalità con cui suppongo invariabile la lunghezza del regolo durante gli spostamenti. Il fatto è che mentre un regolo si può spostare con continuità, e quindi non è difficile porre una sua estremità all’inizio della lunghezza da misurare, gli eventi ciclici che si presentano spontaneamente In natura seguono delle scansioni ben precise, per cui non possiamo ad esempio far coincidere l’alba di questo giorno con l’inizio di un evento che avrà luogo a partire dalle 11:25. Inoltre un regolo si può spezzare per ottenere oggetti più piccoli anch’essi utilizzabili come regoli, mentre un evento ciclico spezzandosi dà luogo ad eventi più piccoli, ma generalmente non più ciclici. Così, ad esempio, il giorno, inteso come ciclo completo di 24 ore, può essere suddiviso in dì e notte, ma queste due entità non sono tra loro, in alcun modo equivalenti o equiparabili. Se poi andiamo a dividere ulteriormente ciascuna di queste due parti, le cose diventano ancora più complesse. Potremmo dividere il giorno in 12 ore e la notte in 12 ore. Il guaio è che in questo modo la durata di ciascuna ora sarà sensibilmente diversa tra notte e dì e tra estate e inverno. Eppure fu questo il sistema di misura usato in tutta l’antichità fino in epoca romana. La suddivisione di una giornata in 24 ore era infatti derivata dalla civiltà mesopotamica, le ore tuttavia non erano uguali, ma ne venivano assegnate 12 al giorno e 12 alla notte, con inizio del nuovo giorno ad ogni tramonto. Ovviamente le ore diurne erano lunghe d’estate e brevi d’inverno, mentre il contrario avveniva per le ore notturne. Qui appare assolutamente chiara la convenzionalità del termine di paragone e quindi del concetto stesso di misura. Dire che erano le ore tre dopo l’alba, significava che dal sorgere del sole era trascorso un quarto della durata complessiva del giorno (dall’alba al tramonto), ma non indicava nulla in termini assoluti. Così l’anno solare non è costituito esattamente da un numero intero di giorni, l’alternarsi del giorno e della notte varia con le stagioni, i cicli lunari hanno a loro volta una periodicità non esattamente raccordabile con gli altri eventi ciclici. La soluzione può essere allora di produrre artificialmente eventi ciclici il cui inizio si può porre in corrispondenza con qualcosa d’atro. E’ il caso della clessidra e poi degli orologi. Per misurare ad esempio il tempo concesso a degli oratori, in modo da non favorirne alcuno rispetto agli altri, si poteva capovolgere la clessidra al momento in cui aveva inizio il discorso. Più unità di tempo si potevano ottenere capovolgendo manualmente la clessidra nel momento esatto in cui la sabbia era terminata. La storia degli orologi meccanici è lunga e complessa, anche molto interessante, Quello che però qui vogliamo notare è come nel corso della storia il tempo non si è presentato come qualcosa di unico e di oggettivo, qualcosa che era lì e la cui misurazione era solo un problema tecnico di maggiore o minore precisione. Il fatto è che non vi era un solo tempo, ma una molteplicità di tempi, tra loro diversi concettualmente e quindi non commensurabili. Il tempo della giornata di dodici ore tra alba e tramonto era cosa ben diversa dal tempo della clessidra o dal tempo dell’orologio ad acqua; altra cosa ancora erano il ciclo annuo e quello cosmico misurato sui moti degli astri. La conquista di un significato univoco nelle misura del tempo si viene a realizzare molto lentamente nei secoli, e per tappe, da un lato con le riforme del calendario (ricordiamo quella di Giulio Cesare e quella Gregoriana), dall’altra con il progressivo perfezionamento degli orologi e con l’adozione del ciclo giornaliero di 24 ore. Dare un significato univoco alla misura del tempo, non significa però conquista di un tempo assoluto, infatti: • l’adozione delle varie riforme non è uniforme e contemporanea in tutti i paesi, • la diffusione degli orologi avviene con lentezza: fino a qualche secolo fa pochi ne possedevano uno. •Nelle campagne l’ora o la data civile servivano ben poco: il tempo continuava ad essere scandito dai cicli naturali, secondo le necessità del lavoro dei campi In ogni caso gli orologi andavano comunque regolati, e ciò poteva avvenire su base astronomica, luogo per luogo, determinando per esempio l’istante in cui il sole appariva all’orizzonte in un determinato giorno dell’anno. Ma come coordinare gli orologi che si trovavano in luoghi diversi? •Il problema della sincronizzazione, il peso di latitudine e longitudine. •Segnale di sincronizzazione, velocità della luce, tempo finito, cioè discreto. Se esiste una velocità assoluta, non superabile, allora il tempo è per forza DISCRETO … POI CI SI METTE ANCHE LA FISICA…. Tutto prende le mosse dal tentativo di risolvere un apparente paradosso della fisica dell'epoca, dovuto all'emissione di onde elettromagnetiche da parte di un corpo quale un forno. Seguendo le teorie riconosciute valide, un simile corpo avrebbe propagato durante il proprio riscaldamento onde in ogni lunghezza e frequenza possibile, la cui energia sarebbe andata aumentando proporzionalmente a quest'ultima. Facendo i conti risultava però che tale forno avrebbe pertanto emesso una quantità infinita d'energia, perché infinite sono le lunghezze d'onda che si possono generare tra le sue pareti interne ed ognuna di esse porta un contributo al totale dell'energia emessa, per quanto piccolo: la somma di un numero infinito di addendi, qualunque sia la loro dimensione numerica, porta comunque ad un risultato infinito. Questo calcolo era però in evidente contraddizione con l'osservazione e con la logica, dato che nessun forno (e nessun altro oggetto, se è per questo) emette mai una quantità infinita d'energia: l'emergere di infiniti all'interno di una teoria fisica è sempre sintomo di qualche sua lacuna. Questa contraddizione portò Planck ad ipotizzare nel 1900 che non tutte le lunghezze d'onda siano in realtà possibili: solo alcune particolari configurazioni energetiche si verificano effettivamente, e pertanto l'energia totale emessa dal corpo è pari alla somma delle sole onde permesse. Questo costituisce un grande passo avanti, in quanto elimina l'infinito di cui parlavamo più sopra. Secondo Planck perciò la distribuzione delle onde possibili non è continua ma discreta, ovvero esse non si dispongono senza soluzione di continuità lungo lo spettro delle energie possibili ma si posizionano solo in corrispondenza di determinati punti, corrispondenti a precise lunghezze d'onda e frequenze. Ma l’energia è un flusso, cioè si esplica nel tempo, e quindi anche il tempo sarebbe discreto. Zenone si vendica: aveva ragione lui???? Infatti la definizione di secondo fa riferimento all’emissione di energia: In questo sistema discreto, il secondo è definito come la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3, MF=0), dello stato fondamentale dell'atomo di cesio-133 “Il tempo di Planck” diventa l'unità naturale del tempo. È considerato il più breve intervallo di tempo misurabile. 5.391 × 10−44 secondi dove: h è la costante di Planck, G è la costante gravitazionale ,c è la velocità della luce nel vuoto Il tempo di Planck è il tempo che impiega un fotone che viaggia alla velocità della luce per percorrere una distanza pari alla lunghezza di Planck. È il "quanto del tempo", la più piccola misurazione del tempo che abbia qualche significato. L'età stimata dell'universo (4.3 × 1017 s) è di circa 8 × 1060 tP. La lunghezza di Planck, è un'unità di misura della lunghezza, approssimativamente pari a 1,6 × 10-35 metri. Fa parte di un sistema di unità di misura detto "Unità di misura di Planck"; può essere inoltre definita come "unità naturale", dal momento che viene ricavata a partire da tre costanti fisiche fondamentali: la velocità della luce, la costante di Planck e la costante di gravitazione universale. Dunque il tempo è “granuloso” come la materia? Esistono quark di tempo come esistono quark di materia? MAH, in ogni caso le nostre misure hanno un livello di risoluzione minimo fisso Sicuramente avremo a che fare con tempi discreti Probabilmente perché il tempo è discreto in sé… Ma in ogni caso lo sono le nostre misure. Vedremo che questo influirà sulla definizione della funzione di rischio! Un esempio: contratto telefonico Disdette del contratto secondo gli anni di abbonamento 200 180 160 140 numero utenti 120 disdetti 100 in corso 80 60 40 20 0 1 2 3 4 durata abbonamento = numero di anni 5 6 In percentuale Disdette del contratto secondo gli anni di abbonamento 100% 90% 80% percentuale utenti 70% 60% Disdetti 50% In corso 40% 30% 20% 10% 0% 1 2 3 4 durata abbonamento = numero di anni 5 6 Consideriamo (per ora) solo le disdette (274 casi su 1000) Disdette del contratto secondo i semestri di abbonamento 120 100 numero utenti 80 60 40 20 0 1 2 3 4 mesi 5 6 Organizziamo i dati: consideriamo (per ora) solo le disdette (274 casi su 1000) anni di contratto Ampiezza intervallo Abb. inizio intervallo Non disdetti Esposti al rischio Disdetti t(i) b(i) n(i) c(i) r(i) * u(i) Proportion Terminating Proportion Surviving Cum.Prop.Surviving Probability Density Hazard Rate q(i) * p(i) * S(i) * f(i) * h(i) * n(i 1) n(i ) 0.5c(i ) u (i ) p(i ) 1 q(i ) f (i ) 1 2 3 4 5 6 12 274 0 12 274 0 12 215 0 12 169 0 12 135 0 12 105 0 274 0 274 59 215 46 169 34 135 30 105 31 0 1 1 0 0 0,22 0,78 0,78 0,22 0,24 0,21 0,79 0,62 0,17 0,24 0,20 0,80 0,49 0,12 0,22 0,22 0,78 0,38 0,11 0,25 0,30 0,70 0,27 0,11 0,35 r (i ) n(i ) 0.5c(i ) S (i ) S (i 1) p(i ) S (i 1) S (i ) b(i ) f (1) 1 S (1) b(1) q(i ) S (1) p (1) h(i ) d (i ) b(i )r (i ) u (i ) r (i )