La riorganizzazione del diritto penale in Germania Lo Statuto di Bamberga e la Carolina hanno molti punti in comune e si distinguono entrambi dalla tradizione giuridica tedesca precedente. La consuetudine, infatti, aveva per secoli fatto sì che in Germania funzionasse la procedura che di solito è denominata accusatoria. F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 Disagio sociale e necessità di provvedimenti repressivi Una pagina di una copia della Constitutio criminalis carolina. UNITÀ 4 Alla fine del XV secolo, la Germania era una terra con circa 12 milioni di abitanti, che vivevano quasi tutti nelle campagne. In effetti, dei circa 3000 centri che si fregiavano del titolo di città, almeno 2800 avevano una popolazione inferiore ai 1000 abitanti e solo 15 potevano vantarne più di 10 000. Nell’impero tedesco, non esisteva alcuna metropoli del calibro di Parigi o Napoli (con i loro 100 000 e 200 000 abitanti): Augusta e Colonia, le città più grandi di tutta l’area germanica, avevano 25-30 000 abitanti al massimo. Quanto alla Sassonia, la terra in cui iniziò la Riforma luterana, i cittadini erano al massimo 1 ogni 5, mentre Wittenberg ospitava al massimo 2500 persone. Nei primi decenni del Cinquecento, i territori del Sacro romano impero erano infestati da numerose bande armate e criminali. Nelle società preindustriali, questa era una situazione tipica dei periodi di rapido incremento demografico: il numero dei poveri e dei mendicanti aumentava repentinamente, molti contadini senza terra e senza risorse si spostavano in cerca di lavoro e il nomadismo spesso si trasformava in brigantaggio e banditismo. La rivolta dei contadini tedeschi, del 1525, fu un’altra e ancora più chiara espressione del disagio che serpeggiava nel Paese. Tale situazione di cronico disordine spinse le autorità di vari Stati tedeschi, e più tardi lo stesso Carlo V, a emanare una serie di importanti provvedimenti repressivi e, più in generale, a provvedere a una vasta opera di riorganizzazione del diritto penale. La figura di maggior prestigio, in questo periodo, fu Johann von Schwarzenberg (1463-1528), che fu incaricato di predisporre per il vescovo di Bamberga uno Statuto, nel quale fossero espressamente descritte le procedure processuali e le pene dei principali reati che meritavano la pena capitale. Nel 1521, Carlo V gli affidò un compito del tutto identico, col risultato che Schwarzenberg stese la cosiddetta Constitutio criminalis Carolina (più nota nella formula breve di Carolina: espressione che potremmo rendere con Codice dell’imperatore Carlo), pubblicata nel 1532, quattro anni dopo la morte del grande giurista. IPERTESTO B APPROFONDIMENTO DIRITTO, CITTADINANZA E COSTITUZIONE 1 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 APPROFONDIMENTO B UNITÀ 4 In questa miniatura sono raffigurati alcuni sistemi di tortura per estorcere le confessioni dei sospettati. L’ETÀ DI LUTERO E DI CARLO V 2 Lucas Cranach, Ritratto di Martin Lutero, 1529 (Firenze, Galleria degli Uffizi). Secondo tale sistema, un processo si metteva in moto solo quando un individuo (o, nel caso di un omicidio, un parente o un amico della vittima) muoveva una precisa accusa contro un altro soggetto. Durante il dibattito processuale, avevano un ruolo essenziale i giuramenti: chi dichiarava il falso, infatti, attirava su se stesso la collera divina, in un contesto religioso che credeva fermamente nella presenza operante di Dio nel mondo terreno. I due nuovi testi promulgati nel Cinquecento tedesco, invece, fanno ricorso a un modello giudiziario denominato dagli storici come inquisitorio: il suo precedente di riferimento, infatti, è il processo condotto dal tribunale dell’Inquisizione, a partire dal XIII secolo, contro gli eretici. Le differenze fra il modello accusatorio e quello inquisitorio sono radicali. Nel secondo caso, infatti, il crimine è perseguito d’ufficio, per diretta iniziativa delle autorità, mentre il primo caso vedeva la procedura processuale mettersi in moto solo in caso di denuncia. Nel modello accusatorio, inoltre, l’onere della prova era a carico di chi metteva in moto il procedimento, che doveva dimostrare la fondatezza di un’accusa infamante: nel caso in cui non fosse riuscito a farlo, l’accusatore sarebbe stato punito severamente, per il fatto di aver calunniato il prossimo. Nel nuovo sistema, al contrario, l’imputato non era più un presunto innocente: al contrario, era prima di tutto un sospettato, che doveva dimostrare la propria innocenza. Infine, in varie circostanze, era previsto l’uso della tortura, che in teoria era rigorosamente regolamentata, ma all’atto pratico era spesso praticata in maniera brutale. Anche le pene erano spesso crudeli e feroci: squartamento, per i traditori; annegamento, per gli infanticidi; rogo, per gli incendiari, le streghe e gli eretici. In altri casi, erano previste la fustigazione e il taglio delle mani. Nelle intenzioni dei legislatori, la ferocia delle punizioni doveva avere una precisa funzione educativa e pedagogica, cioè terrorizzare e spingere il potenziale delinquente a desistere dai suoi propositi criminali. Terremoto religioso e cambiamenti giuridici La travolgente rivoluzione religiosa iniziata nel 1517 per opera di Lutero ebbe ben presto numerosi risvolti anche nel campo del diritto, ove mise in moto straordinari cambiamenti, in direzione della situazione che oggi ci è familiare. Come nel campo della fede lo scontro con Roma e con il papato segnò una cesura nettissima, rispetto alla realtà religiosa medievale, così l’adesione di un gran numero di principi e di città tedesche alla Riforma protestante diede vita a un’esperienza giuridica sempre più distante da quella dell’Età di Mezzo. Inizialmente, Lutero e i suoi seguaci parvero non nutrire alcun interesse per i problemi legati alla legge e al diritto. I riformatori tedeschi, infatti, concepivano la Chiesa come una comunità puramente spirituale, che doveva attingere la propria linfa vitale solo e direttamente dal Vangelo, ripudiando il grandioso apparato del diritto canonico che il papato aveva elaborato a partire dal Decreto di Graziano (cioè dalla metà del XII secolo). Lutero iniziò a riflettere sulle tematiche della politica, del potere, e quindi del diritto, solo a partire dal 1525, cioè dal momento della grande rivolta dei contadini tedeschi. In quella occasione egli precisò che, secondo il capitolo 13 della Lettera ai romani dell’apostolo Paolo, tutti i poteri mondani esistenti provengono da Dio, che li ha istituiti a van- F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 1 pag. 7 UNITÀ 4 Il principe tedesco: un buon padre di famiglia 3 Il governo della responsabilità Nel momento iniziale della crisi, i principi e le magistrature cittadine che avevano adottato la Riforma si assunsero il compito di sopprimere un gran numero di riti e pratiche devozionali (le processioni in onore dei santi, le messe per i defunti ecc.), mentre interi conventi erano chiusi e le loro terre venivano secolarizzate, cioè confiscate e incamerate dal potere secolare. Ben presto, tuttavia, le autorità si resero conto che, dopo aver tagliato i ponti con Roma e aver soppresso e le tradizionali istituzioni cattoliche, dovevano ricostruire un intero mondo da zero. Improvvisamente, in moltissimi settori della vita che, fino ad allora, erano stati gestiti o amministrati dalla Chiesa, si creò un vuoto, che dovette essere colmato dallo Stato. Il potere civile iniziò dunque a regolamentare diverse questioni di cui, fino ad allora, si era interessato solo in modo assai marginale: si pensi, ad esempio, al matrimonio, che Lutero aveva rifiutato come sacramento e che si era dunque trasformato in un vincolo puramente umano, un contratto che i coniugi stipulavano, appunto, davanti allo Stato. Altri campi che, nel mondo protestante, divennero improvvisamente di competenza statale furono quelli dell’assistenza ai poveri, della punizione della bestemmia e di altre azioni immorali, dell’istruzione, fondamentale perché tutti i cristiani fossero messi in condizione di leggere personalmente la parola di Dio contenuta nella Bibbia. Il risultato più importante di questo immenso sforzo organizzativo fu la promulgazione di numerosi codici, che fissarono precise norme di comportamento e altrettanto chiare sanzioni per i trasgressori. Nei principati, il signore cominciò a circondarsi di consiglieri e di funzionari specializzati e competenti nei diversi settori di cui dovevano occuparsi; questo gruppo di pubblici ufF.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B Riferimento storiografico Riferimento storiografico pag. 8 2 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 taggio dell’umanità, per tener a freno i peccatori. Fu da questo principio di base che mosse la peculiare esperienza giuridica tipica dei Paesi riformati di area tedesca. Nel 1555, nei principati dell’impero germanico si impose l’idea secondo cui il principale diritto di un principe era quello di adottare il protestantesimo. Il concetto che animò il nuovo edificio dell’impero multiconfessionale, uscito dal compromesso della pace di Augusta, venne infine condensato nel principio cuius regio, eius religio: all’interno di una regione, la religione sia quella del suo principe. A livello giuridico, si trattò di un vero trionfo del principio della territorialità del diritto, in quanto all’interno di un dato principato non erano più concesse eccezioni, e tutti erano soggetti alla medesima normativa, anche se era previsto il diritto di emigrazione per chi non volesse seguire la nuova fede del sovrano. Il principe tedesco del XVI secolo rafforzò dunque in modo eccezionale il proprio potere: cancellata la Chiesa cattolica, ed espropriati i suoi beni, di fatto si poteva considerare indipendente dall’imperatore in materia di fede e in tutta la normativa che riguardasse le questioni religiose e morali. Il pericolo del dispotismo, però, venne arginato mediante il ricorso a numerosi e complementari strumenti. Innanzi tutto, i riformatori non si stancarono di paragonare il principe (e, nel caso delle città, le magistrature a guida delle comunità urbane) a un padre di famiglia. Nei suoi confronti, si doveva usare quel rispetto e quella reverenza («Onora il padre e la madre») che dal decalogo è previsto per i genitori. Nel medesimo tempo, tuttavia, proprio questa somiglianza di condizione doveva insegnare a chi deteneva il potere quali fossero i propri doveri e le proprie responsabilità. Il principe di Lutero è molto diverso da quello di Machiavelli, sebbene entrambi, spesso, si debbano rapportare con uomini tristi, cioè egoisti e malvagi. Il soggetto descritto dal segretario fiorentino concepisce la propria attività come quella di un artista, cioè mette la sua virtù al servizio di un capolavoro destinato a durare nel tempo. Il principe teorizzato da Lutero, al contrario, dev’essere prima di tutto padre della sua terra (Landsvater), buon amministratore della propria casa e dei propri beni, preoccupato del retto comportamento dei suoi figli/sudditi, prim’ancora che della conservazione e dell’ampliamento del principato. APPROFONDIMENTO B UNITÀ 4 Episodi della vita di Martin Lutero e altri ritratti di riformatori raffigurati in una stampa ottocentesca. Nella parte centrale, Martin Lutero mentre brucia in pubblico la bolla papale. L’ETÀ DI LUTERO E DI CARLO V 4 Uno Stato basato sulla legge ficiali fu denominato collettivamente autorità (Obrigkeit, in lingua tedesca). Si trattava di personaggi molto stimati, nella Germania del XVI secolo, perché dotati di un altissimo senso del proprio compito e delle proprie responsabilità, sostenuto da una profonda fede religiosa. Essi intendevano il proprio ufficio come una vocazione (Beruf, in tedesco); in altri termini, erano fermamente convinti che Dio avesse assegnato loro il compito di costruire uno Stato di diritto (Reechsstaat), uno Stato basato sulla legge: ma poiché tale normativa, ovviamente, doveva corrispondere al volere divino (e infatti, in pratica, coincideva con i Dieci comandamenti) neppure il principe poteva violarla. Neppure il sovrano che deteneva il potere era sciolto (absolutus, in latino) dalla legge: in altre parole, il principe non poteva assolutamente governare in modo assoluto, svincolato dalla norma. I funzionari tedeschi del Cinquecento non si consideravano affatto dei puri servitori del principe, dei passivi esecutori della sua volontà. Anzi, in molti casi, se il principe – a loro giudizio – non si comportava in modo degno del suo incarico di padre della sua terra, non esitarono a dare le dimissioni, per mettere le proprie competenze al servizio di un altro soggetto. Parallelamente, nacque in Germania un’importante trattatistica scientifica in materia giuridica, finalizzata a dettare criteri teorici di alto profilo e a fissare principi generali: in pratica, a dare sistematicità allo sforzo compiuto dai singoli ufficiali nella prassi concreta. Il prestigio delle università tedesche nel campo del diritto divenne enorme, come dimostra la prassi del cosiddetto invio degli atti, che rimase in vigore fino al 1878; nei casi più complessi e delicati, i giudici chiedevano aiuto ai professori, rimettendosi al loro parere e accettandolo come vincolante. Lo Stato e il problema della società cristiana La situazione che si venne a creare in Germania (e, dopo qualche tempo, anche in Svizzera) risultò per molti versi particolare e paradossale. Nell’XI secolo, la Chiesa di Roma aveva rivendicato piena autonomia dal potere imperiale e, in questo suo processo di lotta per l’indipendenza aveva dichiarato che né i re né l’imperatore tedesco avevano nulla di sacro. F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 Riferimento storiografico 3 UNITÀ 4 pag. 10 APPROFONDIMENTO B Lo Stato e la morale cristiana 5 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 I sovrani, per così dire, furono ridotti al rango di laici (privi di qualsiasi carattere sacerdotale), mentre il potere temporale – a giudizio di papa Gregorio VII e dei suoi successori – doveva restare rigorosamente subordinato a quello spirituale, esercitato dal pontefice. La Riforma cambiò drasticamente, in varie regioni d’Europa, questo assetto tipicamente medievale. Nelle regioni in cui le autorità (un principe, un re o un consiglio cittadino, a seconda dei casi) adottarono il protestantesimo, la Chiesa cattolica (universale e guidata dal papa) fu abolita e sostituita da una moltitudine di Chiese locali, nazionali o municipali, ciascuna delle quali era del tutto autosufficiente sotto il profilo organizzativo. Da un punto di vista istituzionale, dunque, la Riforma rappresentò una vera rivoluzione, segnò una cesura fortissima con l’esperienza religiosa e politica medievale e inaugurò la modernità. Tuttavia, nelle regioni diventate protestanti, la maggior parte dei teologi e dei governanti continuava a ragionare in termini di società integralmente cristiana. Si dava per scontato, cioè, che tutti i sudditi o i cittadini fossero cristiani, che tutti senza eccezioni dovessero quindi essere battezzati da bambini e che le leggi dello Stato dovessero essere ispirate a valori e criteri biblici (il Decalogo, ad esempio). Semplicemente, l’emanazione delle norme concrete e la punizione dei trasgressori cambiarono di soggetto: mentre nel Medioevo erano di competenza della Chiesa, nei territori protestanti fu lo Stato a occuparsi di fede e di morale. Il paradosso della nuova situazione consiste in questo fatto: se da un lato assistiamo a un indubbio rafforzamento del potere politico, a danno di quello ecclesiastico, dall’altro notiamo che le autorità secolari sono soggette a un processo di spiritualizzazione (l’espressione è dello storico americano H.J. Berman), nella misura in cui si trovarono a dover legiferare su temi come la corretta professione di fede, la liturgia, il matrimonio e i delitti contro la morale. Numerosi riformatori tedeschi o svizzeri, ben più radicali di Lutero, criticarono questa piega che stavano assumendo gli avvenimenti, e soprattutto negarono che la comunità dei credenti avesse bisogno di qualsiasi sostegno delle autorità pubbliche. Questi radicali ricevettero in breve tempo l’appellativo di anabattisti perché rifiutavano il battesimo dei neo- Incisione che raffigura un rogo anabattista. F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B UNITÀ 4 Gli anabattisti a Zurigo L’ETÀ DI LUTERO E DI CARLO V 6 nati, che può essere considerato il simbolo stesso dell’esistenza di una società cristiana. A giudizio degli anabattisti, nella Chiesa non si entrava in modo automatico, al momento della nascita: all’opposto, nella loro visione, quella cristiana era una comunità di dimensioni ristrette, di pochi eletti che sceglievano liberamente di vivere secondo i precetti di Cristo e uscivano dalla realtà mondana, con cui non volevano avere nulla a che fare. Pare che i primi anabattisti abbiano fatto la loro comparsa a Zurigo. La città svizzera era stata riformata nel 1522 dal teologo Ulrich Zwingli, che in un primo momento si distinse da Lutero soprattutto perché dava un’interpretazione puramente simbolica dell’eucarestia e degli altri sacramenti. Nel 1523-1524, un gruppo di giovani attaccò Zwingli e prese a sostenere che bisognava andare molto più avanti nella riforma della Chiesa; procedendo all’introduzione della prassi del battesimo degli adulti, furono i primi a sostenere che l’ingresso nella comunità cristiana doveva essere frutto di una scelta libera e consapevole, compiuta in età adulta. Per gli anabattisti non doveva né poteva esistere una società cristiana (in cui si entrava al momento della nascita, appunto in virtù del battesimo); a loro giudizio, la Chiesa era una comunità di fratelli in Cristo separati in tutto dalla società civile, immersa nel mondo e, quindi, nel peccato. Nel 1526, quando i Consigli cittadini di Zurigo condannarono a morte gli anabattisti, Zwingli non fece nulla per salvarli. A suo giudizio, la fede cristiana non poteva spingere alla fuga dal mondo: all’opposto, doveva portare all’azione, per trasformarlo in direzione della giustizia e modellarlo secondo la Legge divina. Anche luterani e cattolici, ogni volta che si trovarono di fronte a gruppi di anabattisti, si comportarono nella stessa maniera in cui avevano agito le autorità di Zurigo. Uniti, al di là delle divergenze dottrinali, dal concetto di società cristiana, gli esponenti delle confessioni più significative perseguitarono gli anabattisti in tutta Europa, nel tentativo di soffocare la loro idea secondo cui la fede era prima di tutto una questione individuale, privata e di coscienza. Questa concezione non riuscì a mettere radici in nessuna regione per almeno un secolo, ma avrebbe comunque gettato i semi (per ragioni religiose e i nome di una fede più pura e più autentica) della moderna separazione tra Chiesa e Stato, che ancor oggi distingue e caratterizza la maggior parte dei Paesi occidentali. Anabattisti arsi a Salisburgo, stampa del XVIII secolo (Parigi, Biblioteca nazionale). F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 1 APPROFONDIMENTO B Riferimenti storiografici Dalla comunità all’individuo Uno dei punti centrali della teologia luterana riguardò la diretta relazione dell’individuo con Dio. La comunità cessava di essere indispensabile, ai fini dell’esperienza religiosa. Il risultato fu il rifiuto di tutto il diritto canonico cattolico, da parte di Lutero, mentre lo Stato, in moltissimi campi, sostituì la Chiesa e legiferò al posto suo. UNITÀ 4 La Chiesa romana è protagonista nella civiltà medievale; a ogni livello, religioso, culturale, economico-sociale, politico, giuridico. Si può ben dire che quella civiltà è, per buona parte, creatura sua. Per lo storico del diritto la vicenda della comunità romano-cattolica è di un interesse tutto speciale, perché si tratta dell’unica confessione religiosa che pretende di costituire un ordinamento giuridico originario non dipendente da nessuna formazione temporale [politica, n.d.r.], ma risalente direttamente al Cristo come divino legislatore; perché, conseguentemente, pretende di produrre un diritto suo proprio e peculiare, il diritto canonico; perché questo diritto canonico (lungi dall’essere la disciplina di un’appartata collettività sacerdotale, in un mondo storico come quello medievale dove cielo e terra si toccano, sacro e profano si fondono, il cittadino e il fedele si congiungono in una unità perfetta) è dimensione dell’intiero ordine giuridico, dando un grosso contributo al suo complessivo volto tipico. Non possiamo eludere [evitare, n.d.r.] una domanda circa le ragioni di questa scelta per il diritto e dobbiamo tentare una risposta appagante: se non si deve minimizzare l’esigenza di fornirsi di uno strumento prezioso di potere e di controllo, la ragione principale è, a nostro avviso, antropologica, si fonda sul ruolo essenziale della società sacra – della comunità/Chiesa gerarchicamente strutturata – nel raggiungimento della salvezza eterna, sul necessario inserimento del fedele all’interno della struttura, sulla conseguente necessità di meccanismi giuridici ineliminabili a ordinare un tessuto comunitario. […] Il 10 dicembre 1520 delle fiamme si accesero sul sagrato della cattedrale di Wittenberg, una città della Sassonia. Era un rogo di libri ordinato dal primo dei riformatori, Martin Lutero, che, bruciando quell’ammasso di carte, voleva ridurre in cenere il loro contenuto ideale. Allo storico del diritto interessano particolarmente due oggetti di quel rogo: un grosso insieme di volumi, il Corpus iuris canonici, e uno smilzo libretto, la Summa angelica. Cerchiamo di spiegare i motivi di tanto interesse. Bruciando le pagine del Corpus iuris canonici, il breviario [il testo fondamentale, che doveva essere consultato in qualsiasi circostanza, n.d.r.] di regole giuridiche della Chiesa medievale, Lutero intendeva condannare e rimuovere con una totale estirpazione la scelta per il diritto, che gli appariva come scelta per il potere, finalizzata alla edificazione di un apparato gerarchico non più gratificato dal crisma della sacralità e sguazzante invece nel fango della temporalità. La scelta per il diritto – testimoniata dal voluminosissimo Corpus iu- Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 7 La Bibbia di Martin Lutero con i suoi commenti a margine. F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B UNITÀ 4 L’ETÀ DI LUTERO E DI CARLO V 8 Spiega l’affermazione secondo cui, nel mondo medievale, cielo e terra si toccano. Spiega l’affermazione secondo cui, nella visione di Lutero, il papato e la struttura gerarchica della Chiesa cattolica non sono più gratificati dal crisma della sacralità. Per quale motivo Lutero rifiutò la «confessione auricolare»? ris canonici – rappresenta agli occhi del riformatore il tradimento della Chiesa romana e la prova di quella che lui definiva la sua «prigionia babilonese», la sua «captivitas babylonica» [cattività babilonese, termine già usato nel Trecento, per indicare la subordinazione del papato avignonese al re di Francia, n.d.r.]: la Chiesa si era lasciata catturare dalle lusinghe temporali [dal fascino del potere, n.d.r.] e aveva dimenticato, sia la legge suprema della carità insegnata da Cristo, sia il suo fine trascendente, il suo essere guida per la conquista di un regno celeste. Più oscure sono le motivazioni della singolare attenzione per lo smilzo libretto, perché oscura e dimenticata è la Summa angelica, e indubbiamente dimenticabile se, nelle fiamme di Wittenberg, non fosse assurta al rango e ruolo di simbolo. Essa altro non è che un manuale per confessori, per i chierici chiamati ad amministrare il sacramento della confessione auricolare, compilato a fine Quattrocento da un frate francescano piemontese, Angelo Carletti (da cui il nome di angelica). Bruciandolo, Lutero condannava un sacramento di origine medievale, che gli si presentava non come mezzo di santificazione dei fedeli, ma come strumento di controllo, dal momento che metteva interamente in mani clericali l’assoluzione del penitente dai peccati. Come abbiamo già avuto modo di precisare, la scelta della Chiesa Romana per il diritto ha motivazioni complesse, e le abbiamo considerate tutte. Qui preme, invece, la valutazione drasticamente negativa che ne diede Lutero, con la conseguente espunzione [rifiuto, eliminazione, n.d.r.] della dimensione giuridica dalla nuova religiosità, tutta imperniata ormai nel colloquio immediato (e, quindi, interiore) tra il singolo e la divinità. Ma, al di là della ferma condanna di un diritto canonico, ha rilievo il contributo non indifferente che la Riforma diede al declino del prestigio del diritto e dei giuristi, personaggi – questi ultimi – pensati quali possessori di tecniche astruse e misteriose validissime per turlupinare il cittadino sprovveduto. Il giurista assurge alla immagine negativa del cattivo cristiano. E ha rilievo il contributo che la nuova religiosità fornisce al generale indirizzo individualistico e, quindi, anche al serpeggiante e tra poco imperversante individualismo giuridico. P. GROSSI, L’Europa del diritto, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 33-34 e 88-89 2 Il nuovo ruolo dello Stato, nei territori luterani Strettissimo collaboratore di Lutero, nella prima fase della Riforma, Filippo Melantone va considerato come il principale teorico della concezione giuridica protestante. La novità principale del nuovo approccio consiste nel fatto che i Riformatori incaricarono lo Stato del compito di legiferare in vari campi che, in precedenza, erano stati di competenza della Chiesa. Ai fini della comprensione del testo seguente, si tenga tuttavia presente che, per designare le norme promulgate dal potere statale, i giuristi usano l’espressione tecnica leggi positive; quest’ultimo termine, però, non significa buone, bensì poste in essere, perché approvate ed emanate da un’autorità legittimata a farlo. Per Melantone, come per Lutero, i governanti politici erano chiamati ad essere mediatori e ministri di Dio, e i loro soggetti erano sottoposti al dovere di rendere ad essi la stessa obbedienza che essi rendevano a Dio. Melantone andò oltre Lutero, tuttavia, nel formulare il compito, divinamente imposto alle autorità politiche, di promulgare «norme positive razionali» per il governo, sia della Chiesa sia dello stato nel regno terreno. […] Melantone prese le mosse dall’idea che è compito dei governanti politici essere i «custodi e guardiani sia della prima sia della seconda tavola del Decalogo». Come tali, essi sono responsabili nel definire e imporre con le leggi positive la retta relazione fra l’uomo e Dio, com’essa si riflette nei primi tre comandamenti, e la retta relazione fra gli uomini, com’essa si riflette nei restanti sette comandamenti. Come guardiani della prima tavola, i governanti politici non dovevano solo bandire e punire ogni idolatria, blasfemia [offesa nei confronti di Dio, n.d.r.] e violazione del precetto sabbatico. Essi dovevano anche «conservare pura la dottrina» e retta la liturgia, «proibire ogni dottrina erronea», «punire gli ostinati» e sradicare i pagani e gli eterodossi [gli eretici, n.d.r.]. Così Melantone gettò una base teorica per la massa di nuove leggi concernenti la religione che furono promulgate nelle città e nei territori luterani, molte delle quali contenevano interi compendi delle confessioni e delle dottrine ortodosse, inni e preghiere, liturgie e riti. Il principio cuius regio eius religio, che fu adottato (quantunque non in quei termini) nella Pace Religiosa di Augusta (1555) e di nuovo (espressamente) nelle clausole riguardanti la religione della Pace di Westfalia (1648), riposava in definitiva sulla teoria di Melantone circa il ruolo del diritto positivo nella definizione e nell’imposizione della prima tavola del Decalogo. Come guardiani della seconda tavola del decalogo, i governanti politici erano responsabili della disciplina «delle molteplicità di relazioni con le quali Dio ha vincolato gli uomini fra di loro». F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 H.J. BERMAN, Diritto e rivoluzione. II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione giuridica occidentale, il Mulino, Bologna 2011, pp. 147-151 e 177, trad. it. D. QUAGLIONI F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B 9 Quali caratteristiche doveva avere il matrimonio, per essere valido? Quale istituzione, secondo Melantone, aveva ricevuto da Dio il compito di fissava per legge i criteri e le caratteristiche di un matrimonio cristiano? Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 Così, in base al Quinto Comandamento, secondo il nostro computo odierno («Onora il padre e la madre»), gli officiali erano obbligati a proibire e punire la disobbedienza, l’insolenza o l’oltraggio di autorità come quelle dei genitori, dei governanti politici, degli insegnanti, degli impiegati e così via; in base al Sesto comandamento («Non uccidere»), le uccisioni illegali, la violenza, l’aggressione, le percosse, la collera, l’odio, la crudeltà e le altre offese contro il proprio prossimo; in base al Settimo Comandamento («Non commettere adulterio»), l’impudicizia, l’incontinenza, la prostituzione, la pornografia, l’oscenità e le altre trasgressioni sessuali; in base all’Ottavo Comandamento («Non rubare»), il furto, la rapina, la frode e le offese analoghe contro la proprietà altrui; in base al Nono Comandamento («Non dire falsa testimonianza»), tutte le forme di disonestà, contraffazione, diffamazione, calunnia, sofisticazione, simulazione, inganno ed altri abusi; e, infine, in base al Decimo Comandamento («Non desiderare»), tutti i tentativi di mettere in atto questa o altra offesa contro il prossimo. Molti di questi aspetti della convivenza sociale erano stati tradizionalmente disciplinati dalla Chiesa cattolica romana sia attraverso le norme penitenziali nel foro interno [nel tribunale della coscienza, n.d.r.], sia attraverso le norme canoniche nel foro esterno [livello pubblico, di fronte alla Chiesa e alla società cristiana, n.d.r.]. La filosofia giuridica di Melantone fornì una motivazione alle autorità politiche per portare questa materia nel dominio dello Stato. […] Il diritto canonico aveva disciplinato tutti i contratti basati sul giuramento o sulla promessa giurata delle parti, così come molti aspetti del matrimonio, della vita familiare, dell’organizzazione e dei beni della Chiesa. Nel pensiero giuridico di Melantone, questi rapporti sociali erano trasferiti alla giurisdizione dello Stato protestante e disciplinati da un elaborato sistema di diritto civile. Dio ha ordinato contratti di vario genere, scrisse Melantone, per facilitare la vendita, l’affitto, lo scambio di proprietà, l’assunzione di un lavoro o di un impiego, il prestito di denaro e il prolungamento del credito. Dio ha chiamato i suoi governanti politici a promulgare norme generali su contratti che prescrivevano accordi «giusti, equi e ragionevoli», che invalidino i contratti basati sulla frode, sulla minaccia, sull’errore o sulla coercizione, e che proibiscano i contratti irragionevoli, immorali o lesivi del pubblico bene. […] Ai governanti spettava anche di promulgare norme per la disciplina dei rapporti familiari. Le leggi civili dovevano prescrivere matrimoni monogamici eterosessuali fra due parti idonee e bandire i rapporti omosessuali o poligamici, la bigamia ed altri rapporti innaturali. Essi dovevano garantire che ogni matrimonio fosse fondato sul consenso volontario di entrambe le parti e annullare le unioni basate sulla frode, sull’errore, sulla coercizione. […] In verità, la Riforma luterana creò lo Stato secolare moderno attribuendo ai titolari dell’amministrazione statale la responsabilità ultima nell’esercizio di funzioni che erano precedentemente sottoposte alla giurisdizione dei titolari dell’amministrazione ecclesiastica. In tal modo l’amministrazione dello Stato nei territori luterani assunse la giurisdizione sopra il clero, i beni della Chiesa, l’istruzione, l’assistenza ai poveri, le cure sanitarie, le devianze morali e religiose, il matrimonio e i rapporti familiari, le ultime volontà e molte altre materie che nei territori cattolici romani erano disciplinate dall’amministrazione ecclesiastica secondo il diritto canonico. UNITÀ 4 Bottega di Lucas Cranach il Vecchio, I dieci comandamenti, 1516 (Wittenberg, Casa di Martin Lutero). 3 UNITÀ 4 APPROFONDIMENTO B Riforma, comunità dei credenti e società cristiana: magisteriali contro radicali L’ETÀ DI LUTERO E DI CARLO V 10 Anche quei principati e quelle città che si staccarono da Roma continuarono a concepire la società come una struttura organizzativa che doveva basarsi sulla dottrina cristiana in tutti i suoi ambiti. Solo un gruppo ristretto di dissidenti separò nettamente la Chiesa dallo Stato e dalla società nel suo complesso. Per questi ultimi, non era affatto ovvio che tutti i cittadini dovessero essere cristiani. Entrare nella Chiesa doveva essere una scelta libera e consapevole: di qui il rifiuto del battesimo dei neonati. Disputa teologica fra i padri gesuiti e alcuni teologi luterani e calvinisti, dipinto del 1601 (Regensburg, Museo di Stato). Fin dai primi tempi della Riforma si erano sviluppati due differenti tipi di quello che sarebbe stato chiamato Protestantesimo. Sono tradizionalmente conosciuti come magistrale (altri dice: magisteriale) e radicale. Con il primo termine s’intende un movimento strettamente legato alle autorità secolari [le istituzioni politiche, che esercitano il potere nel secolo, cioè nel mondo terreno, n.d.r.] e ai magistrati, da cui appunto la parola. Il secondo tipo, quello dei riformatori radicali, rifiutò invece gran parte delle strutture sociali ed economiche esistenti e mirò a una riorganizzazione della cultura e della società. […] Le due etichette sono utili; ma […] le due ramificazioni venivano dalla medesima radice: il rifiuto luterano di quella tipologia d’istituzioni e di quelle modalità per l’ottenimento della salvezza eterna incentrate sulla mediazione del rapporto con Dio. L’obiettivo polemico di Lutero era, infatti, quel genere di religiosità per cui la salvezza di tutti i fedeli avrebbe dovuto dipendere da un ristretto manipolo di religiosi di professione (preti, monaci, suore, cardinali, vescovi e papi). Aveva dichiarato che gli individui dovevano leggere e interpretare autonomamente la Bibbia e che, in ultima analisi, ognuno era responsabile (entro la propria coscienza) delle proprie credenze. La salvezza sarebbe stata garantita individualmente alle singole persone dalla Grazia di Dio, con la fede come intermediaria. Entrambe le tipologie di Protestantesimo dovevano condividere questo nucleo fondante; le differenze risiedevano nelle pratiche con cui esso doveva venire messo in atto. Lutero aveva dato il via a una riforma capillare e profonda delle strutture ecclesiastiche, ma non esportò mai tale idea nel contesto di cambiamenti sociali più generali. […] Lo spartiacque tra le due correnti riguardava pure l’interpretazione di termini come società e comunità. Per l’ala magistrale la società e la comunità cristiana (il corpo dei credenti) erano una sola medesima cosa. Questa visione doveva esplicitarsi, in particolare, nell’insistenza sull’importanza del Battesimo agli infanti. Quindi, a parer loro, l’intera società avrebbe potuto essere cristiana. Gran parte dell’ala radicale, al contrario, non approvava alcuna sovrapposizione tra i due concetti: la comunità cristiana non avrebbe dovuto essere che un insieme d’individui entro la società più in generale (il mondo), un gruppo chiamato da Dio a separarsi da questa. I radicali confidavano nelle istituzioni civili quanto i magistrali nutrivano fiducia nelle istituzioni della Chiesa di Roma! Il tipo magistrale di riformatori era comunitario, nel senso che interpretava la società come qualcosa che avrebbe potuto essere cristianizzato. In quanto tali, loro si affidavano alla coercizione non solo dei comportamenti, ma anche delle credenze. Invece i radicali, ritenendo che la maggior parte della società non fosse affatto cristiana, non trovava ragione alcuna alla coercizione e, al contrario, miravano a una condotta di vita pura e isolata. Qualunque tipo di coercizione abbiano di fatto esercitato, era comunque rivolta ai membri del gruppo e riguardava semplicemente l’espulsione degli individui non allineati. Erano misure forse dure, ma certamente F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B UNITÀ 4 Filippo Lippi, La disputa di Simon Mago (particolare), dipinto del XV secolo (Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine). meno drammatiche delle ben più diffuse esecuzioni pubbliche. […] Potremmo definire i magistrali come tipi di orientamento comunitaristico e i radicali come tipi d’inclinazione individualistica, ma così perderemmo l’enorme importanza rivestita dalla vita comunitaria nelle pratiche dei secondi, in nome della quale si raccolsero (gathered fu il termine caro agli inglesi), separandosi dalla società più in generale. Forse, parole come corporativi e separatisti renderebbero meglio le differenze tra le due categorie. Su un argomento, però, il disaccordo emergeva a livello macroscopico: l’uso della forza. I magistrali l’accettarono e vi ricorsero; al contrario, la maggior parte dei radicali fu pacifista. […] Molti dei separatisti trovavano il Battesimo agli infanti privo di senso, alla luce della pratica descritta dalla Scrittura che, al contrario, pareva suggerire che il Battesimo dovesse seguire, e non precedere, l’esperienza della fede. A Zurigo, i separatisti riportavano la propensione dei magistrali a cooperare con il governo cittadino ai nefasti rapporti intrattenuti dalla prima Chiesa con Costantino e l’Impero, che, come molti riformatori non mancavano di evidenziare, aveva portato alla sua corruzione. I magistrali sembravano commettere lo stesso errore che aveva condotto il cristianesimo al vicolo cieco del Cattolicesimo Romano. […] Conrad (o Konrad) Grebel, il cosiddetto Padre dell’Anabattismo, concepiva la comunità dei credenti come una pozza all’interno del più vasto mare dei miscredenti. Rifiutando tanto la figura dei magistrati quanto il potere coercitivo derivante dalla loro autorità, Grebel inavvertitamente divenne il primo esponente del movimento per la liberazione delle coscienze e di quello per la separazione della Chiesa dallo Stato. W.G. NAPHY, La rivoluzione protestante. L’altro cristianesimo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pp. 29-32 e 42-43, trad. it. A. ZAMPIERI F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 Lutero concepì la sua Riforma anche come un radicale cambiamento dell’assetto sociale e politico del suo tempo? Spiega la seguente affermazione: «I radicali confidavano nelle istituzioni civili quanto i magistrali nutrivano fiducia nelle istituzioni della Chiesa di Roma!». Quale parallelismo storico proponevano i radicali, a sostegno dei loro atteggiamenti e delle loro posizioni? Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 11