Roma, 26 giugno 2013
Atti del convegno
2007 - 2013
Sette anni di
Gioventù in Azione:
una storia
di inclusione
e protagonismo
giovanile
a cura dell’Agenzia Nazionale per i Giovani
Roma, 26 giugno 2013
Atti del convegno
2007 - 2013
Sette anni di
Gioventù in Azione:
una storia
di inclusione
e protagonismo
giovanile
a cura dell’Agenzia Nazionale per i Giovani
Ideazione e progettazione: Silvia Strada, Valentina Marcellini e Sara Pietrangeli
Revisione finale bozze: Silvia Strada, Valentina Marcellini e Sara Pietrangeli
Indice
Introduzione a cura di Paolo Giuseppe Di Caro
Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale
2007 - 2013
Sette anni di Gioventù in Azione:
una storia di inclusione e di protagonismo giovanile
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Carmelo Lentino
Consigliere Vicario Forum Nazionale Giovani
Un paese per giovani:
associazionismo, volontariato e formazione
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Ramon Magi
Presidente della Rete Eurodesk - Italy
Cittadinanza europea dei giovani:
una sfida tra informazione e orientamento
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Jean Philippe Restoueix
Amministratore della Division per le Politiche educative del Consiglio d’Europa
Riconoscimento delle competenze
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Giorgio Guazzugli Marini
Commissione Europea - Direzione Generale Educazione e Cultura Unità Gioventù
Coordinatore del Team Azioni del Programma
Programma europeo Gioventù in Azione:
presente e futuro
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Paolo Di Caro
Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale
Gioventù in Azione in Italia:
una storia di partecipazione
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Introduzione a cura di
Paolo Giuseppe Di Caro
Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale
2007 - 2013
SETTE ANNI DI GIOVENTÙ IN AZIONE:
UNA STORIA DI INCLUSIONE
E DI PROTAGONISMO GIOVANILE
Ringrazio tutti per la partecipazione alle tre giornate
dedicate alla Settimana di Gioventù in Azione ed in particolare per la vostra presenza oggi a questo Convegno.
Crediamo opportuno fare un ragionamento di più ampio
spettro su che cosa accadrà nel futuro ed è questa la ragione per la quale sono qui con noi i Rappresentanti della
Commissione Europea, del Consiglio d’Europa e anche
capire come i programmi di educazione non formale, che
5
Introduzione a cura di Paolo Giuseppe Di Caro
abbiamo attuato in questi anni, si siano intersecati con le
politiche per la gioventù. Lo faremo con Carmelo Lentino
che oggi rappresenta il Forum Nazionale dei Giovani e
con un’attenzione particolare al punto di vista che viene
dalle reti, in particolare dall’Eurodesk, con Ramon Magi,
con Giorgio Guazzugli Marini, che rappresenta la Commissione Europea. Si occupa di Gioventù in Azione a 360°
e sta lavorando, con grande difficoltà e con grande passione, al futuro programma, al settennato, che andrà dal
2014 al 2020. Sarà lui il nostro interlocutore privilegiato
perché, com’è legittimo che sia, c’è grande attenzione
per quello che dovrà essere il programma visto che, a Dicembre, l’esperienza di Gioventù in Azione finirà. E lo fa-
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Introduzione a cura di Paolo Giuseppe Di Caro
remo con Jean Phillip Restoueix, Rappresentante del Consiglio d’Europa, con il quale faremo un approfondimento
sul riconoscimento delle competenze.
Abbiamo voluto questa iniziativa con beneficiari, rappresentanti di associazioni, giovani di gruppi informali
che, quotidianamente, hanno lavorato sul programma
e vorrebbero continuare a lavorare nel campo dell’educazione non formale. Sono animatori, formatori, quindi
youthworker che hanno non solo lavorato ma che hanno
costruito il programma negli anni e che hanno indicato
un percorso e stanno realizzando delle attività. Nel corso
di queste tre giornate, abbiamo voluto selezionare alcune
storie. Non per fare una graduatoria ma per raccontare,
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Introduzione a cura di Paolo Giuseppe Di Caro
meglio di qualsiasi documento, di qualsiasi filmato, di
qualsiasi conferenza, che cos’è Gioventù in Azione. Attraverso la testimonianza dei ragazzi, la testimonianza
di chi, poi, ha realizzato i progetti sul territorio. Ovviamente abbiamo voluto tracciare un bilancio e quindi,
nel tracciarlo, volevamo degli interlocutori che ci dessero
le loro suggestioni, le loro impressioni e le loro prospettive per il futuro.
Paolo Giuseppe Di Caro
Direttore Generale Agenzia Nazionale per i Giovani
Agosto 2008 - Luglio 2013
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Carmelo Lentino
Consigliere Vicario Forum Nazionale Giovani
UN PAESE PER GIOVANI:
ASSOCIAZIONISMO, VOLONTARIATO
E FORMAZIONE
Come premessa, il Forum Nazionale dei Giovani, che si
avvicina al decennale dalla nascita, è quella piattaforma
che, in Italia, riunisce 82 organizzazioni giovanili, cercando
di mettere a sistema la realtà di una visione europea. Noi
siamo cresciuti, come piattaforma, grazie ai progetti Gioventù in Azione. Quando, nel 2007, partiva quest’avventura, la nostra era ancora una fase embrionale. Eravamo
pochissime organizzazioni, una ventina. Grazie a Gioventù
in Azione abbiamo conosciuto quelle che sono, ad esem-
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
pio, le tecniche di educazione non formale. Io vengo da
una formazione completamente diversa ed ero un po’
scettico all’inizio di questo percorso ma ho avuto sicuramente modo di ricredermi! Vedo in sala tantissimi amici
con i quali abbiamo cercato di costruire qualcosa di importante, assieme all’Agenzia Nazionale per i Giovani e
all’altro partner storico che è il Dipartimento della Gioventù. Abbiamo cercato di costruire momenti di integrazione, non solo nazionale, e mi viene in mente, ad
esempio, il Progetto Euro-Arabo per l’integrazione fra i
popoli che, proprio la prossima settimana, ci vedrà presenti a Tunisi. Mi vengono in mente anche molti momenti
che tendevano a favorire quella che è la partecipazione
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
giovanile, quindi anche l’integrazione tra Istituzioni e Associazionismo. Proprio lo scorso anno, con un filone di
Youth in Action abbiamo promosso un’iniziativa che è finalizzata alla nascita di Strutture di Rappresentanza,
quindi Forum, Consigli Comunali, Provinciali, Regionali,
dove si possa mettere a sistema l’esperienza dei giovani
associati e dei giovani non associati. Vi assicuro che riunire attorno ad un tavolo Rappresentanti di un’ottantina di
organizzazioni, che sono le più diverse tra di loro, non è
semplice. Noi riusciamo a far sintesi tra le Giovanili di
Partito e, fuori dal contesto Forum, ciascuno di loro porta
avanti, legittimamente, un’opinione all’interno di questo
contesto. Noi siamo arrivati ad avere documenti unici, in
materia di lavoro, che, probabilmente, è una delle cose più
spinose e più di attualità, visto che su questo tema, anche
oggi, si è riunito il Consiglio dei Ministri. E questo avviene,
probabilmente, facendo buone prassi ed un sistema di lavoro che esiste sui territori. Vedo, ad esempio, amici del
Forum Regionale della Campania con cui, proprio qualche
settimana fa, a Salerno, abbiamo cercato di portare avanti
un’iniziativa sulla legalità e un’altra iniziativa sul dialogo
strutturato che unisce la nostra collaborazione con
l’Agenzia per i Giovani e con il Dipartimento della Gioventù.
Quando si parla di organizzazione giovanile a 360° ci si domanda, in qualche modo, se questo sia un paese per i giovani di impeto. Dovrei rispondere di no nel senso che,
perlomeno, ancora non è un paese per giovani. Il nostro è
un paese che ha dovuto attendere il 2004 per avere un Sottosegretario che avesse, per la prima volta, una Delega
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
espressa alle politiche giovanili, ha dovuto attendere il
2006 per avere un Ministro che avesse, nel nome del suo
Dicastero, le Politiche Giovanili, che è Giovanna Melandri
che, attualmente, presiede la Fondazione per il Maxxi. Il
nostro è un paese che ha dovuto attendere il 2008 per
avere un Ministro per la Gioventù che, nella stragrande
maggioranza dei casi - gli Assessori a livello comunale o
provinciale e, in alcuni casi, anche regionale - supera di
gran lunga l’età di 35 anni. L’età media per la Delega alle
Politiche Giovanili è di 55-56 anni e ci siamo accorti che,
nelle Istituzioni, spesso, parlare di Politiche per i Giovani,
viene inteso come Politiche per il Tempo Libero. Questa
cosa è l’esatto opposto a quella a cui stiamo lavorando,
assieme alla ANG e al Dipartimento per la Gioventù. Lavoriamo ad un’inversione di tendenza, cercando di far capire che le politiche per i giovani sono politiche trasversali,
che occuparsi di politiche giovanili significa occuparsi, in
tutti i settori, di quelle prospettive che dovrebbero essere,
in qualche modo, assicurate alle generazioni che verranno.
Qualche mese fa abbiamo commissionato a Cittalia,
l’Ente di Ricerca dell’Anci, una ricerca proprio sulla partecipazione giovanile nel volontariato e nelle amministrazioni, chiedendo, prima di tutto, qual’era la percezione del
pubblico degli intervistati. Tra i vari dati che emergevano
ce n’era uno sull’importanza dell’impegnarsi attivamente
per i giovani, che parlava di volontariato, dove si vede un
30% dei giovani tra i 18 e i 24 anni che sono impegnati attivamente in organizzazioni di volontariato, tra i 25 e i 34
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
anni un 34% e, oltre i 35 anni, un 38%, intendendo con organizzazioni di volontariato non solo organizzazioni che si
occupano di volontariato sociale, come potrebbero essere
la Croce Rossa, una delle organizzazioni che aderisce al
Forum ma intendendo proprio la mentalità, lo spirito di
un impegno anche sociale. Tale impegno cala sensibilmente di quasi 10 punti percentuali quando, invece, si
parla di impegno amministrativo o politico. La conclusione
che abbiamo tirato fuori con Anci Giovani è che i giovani
danno la disponibilità a un coinvolgimento e a una partecipazione dove gli viene data l’opportunità di farlo. Oltre il
40% dei giovani che sono impegnati attivamente lo sono
in Istituzioni di prossimità quindi nei Consigli Comunali o
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
Circoscrizionali. Tale dato scende sensibilmente, a meno
del 15%, quando si parla di Regioni. È una cosa un po’ a
parte adesso ma diciamo che la questione della formazione del Parlamento che, come saprete, è uno dei Parlamenti più giovani d’Europa, è però un meccanismo indotto.
Non ci è data l’opportunità di decidere chi saranno i nostri
Rappresentanti, a differenza delle Regioni e dei Comuni
dove esiste un sistema di preferenza. Tuttavia, questa
volta, ci è andata bene perché quei sette o otto personaggi,
che si sono chiusi in una stanza e hanno composto le
liste, hanno deciso che era il momento dei giovani. Nella
legislatura precedente c’era andata piuttosto male perché
si contavano sulle dita delle mani. Credo che l’importanza
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Carmelo Lentino / Un paese per giovani: associazionismo, volontariato e formazione
dei Progetti, della partecipazione, da quanto è scaturito
da questi sette anni di Youth in Action va proprio nella direzione di favorire l’integrazione, la conoscenza tra i giovani di tutta Europa, e di varie realtà. L’educazione non
formale, come base per un apprendimento interculturale,
in modalità educativa e internazionale, è qualcosa che
l’esperienza diretta ha favorito in molti processi, come
quelli dell’integrazione tra culture completamente diverse,
come, ad esempio, tra paesi europei e mondi arabi, mettendo all’interno di una stessa stanza, più che attorno ad
un tavolo, ragazzi che provengono da mondi completamente diversi come, ad esempio, israeliani e palestinesi.
Se devo fare un bilancio, faccio un bilancio positivo dell’esperienza di Youth in Action e di quello che abbiamo
condotto, come Forum, in collaborazione con la ANG. È
sicuramente qualcosa che ha fatto crescere la nostra piattaforma e che ha dato l’opportunità alle nostre organizzazioni, molte delle quali non sono organizzazioni grandissime, di avere occasioni in più. L’opportunità di avere,
ad esempio, un pool di riformatori, che non si potrebbero
permettere come singole organizzazioni, e che invece,
grazie a questa realtà, adesso possono utilizzare.
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Ramon Magi
Presidente della Rete Eurodesk - Italy
CITTADINANZA EUROPEA DEI GIOVANI:
UNA SFIDA TRA INFORMAZIONE
E ORIENTAMENTO
Con alcuni di voi abbiamo una amicizia di lunga durata
e sono contento, finalmente, di parlare davanti a una platea di colleghi il che renderà il mio lavoro più facile. Volevo
ringraziare, innanzitutto, Paolo e tutta l’Agenzia perché in
questi sette anni sul Tibet, di cui stiamo parlando oggi, il
nostro ruolo è stato molto facilitato dall’avere una struttura come quella dell’Agenzia, che ci ha supportato, particolarmente a livello locale, nel diffondere informazione
su quello che fa l’Unione Europea, sul Consiglio d’Europa
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
per i giovani e, in particolare, sul Programma Gioventù in
Azione. Un vero e proprio ringraziamento per la capacità
che abbiamo avuto nel lavorare insieme, nonostante Eurodesk sia una struttura privata e l’Agenzia sia una struttura pubblica.
Cercherò di darvi qualche spunto su cosa vuol dire essere Cittadino Europeo oggi, visto che questo è l’Anno Europeo della Cittadinanza, come ben tutti sapete. In realtà
vorrei parlarvi di come i giovani entrano nella Strategia
Europa 2020. Come sapete l’obiettivo che noi abbiamo,
come Comunità Europea, nel senso di popoli che fanno
parte dell’Europa a 28 - a partire dal primo Luglio 2013
anche la Croazia farà parte della nostra Comunità - parla
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
di crescita, intelligente e sostenibile. Ciò rappresenta una
rivoluzione culturale, rispetto agli ultimi 500 anni di sviluppo nel mondo occidentale. È una cosa interessante, se
uno l’analizza in questa maniera. Sta di fatto che sono già
passati due anni e mezzo dall’inizio di questa strategia,
cominciata nel 2011 e, come sapete, invece della crescita
abbiamo avuto esattamente l’opposto, ossia la decrescita
soprattutto in Italia. Cosa ha fatto l’Unione Europea in
questo periodo? Ho alcuni punti focali che mi piace ricordare prima del 2001, quando l’Unione Europea ha fatto il
primo Libro Bianco sulla Gioventù che diceva che, senza
informazione, non vi è partecipazione dei giovani. È una
cosa ancora più importante oggi, che sono passati dodici
anni da questa affermazione, che è stata appunto fatta
dai giovani non tanto dai Governi. Come sapete, in Italia,
ma anche in altri paesi, a causa della crisi degli ultimi
due, tre anni, i punti di informazione per i giovani sono
stati chiusi nella quasi totalità. Faccio un salto al 2005.
Fu lanciato il Patto Europeo della Gioventù. Quattro paesi,
Francia, Germania, Spagna, Svezia, che, nel 2005 appunto,
cioè otto anni fa, si resero conto che il mercato del lavoro
e il sistema di istruzione e di formazione erano totalmente
disallineati. Non tutti i paesi erano messi male, dal punto
di vista dell’occupazione, soprattutto nel 2005. Diceva poi
il Patto della Gioventù che era necessario: “[…] cambiare,
cioè aggiustare, i sistemi di formazione e istruzione affinché i famosi nuovi job avessero la formazione con i nuovi
skills, cioè le persone devono essere capaci di fare i nuovi
lavori”. Nel 2005 il tasso di disoccupazione giovanile in
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
Italia, tanto per ricordarvelo, era del 12%. Nel 2009 c’è il
passaggio successivo al Libro Bianco e la strategia europea, che arriva fino al 2018, dice, tra le tante cose, una
cosa banale, per noi che lavoriamo in questo settore e
quindi anche per tutti voi. Dice che: “I giovani non sono
solo destinatari di politica ma sono gli attori diretti da
coinvolgere nelle procedure di decisione che riguardano
le politiche che sono loro destinate”. Qui abbiamo dei Rappresentanti del Forum Nazionale della Gioventù e sarebbe
da chiedere a loro, che sono, dal punto di vista nazionale,
l’espressione di quello che poi succede a livello locale,
quanto siano coinvolti, in questo momento, nel Tavolo che,
nel Consiglio dei Ministri, sta decidendo cosa fare contro
la disoccupazione giovanile. Aldilà di avere una pletorica
rappresentazione in cui si è convocati una volta e gli si
chiede: “Cosa ne pensate voi?” “Ah, grazie ok! Adesso voglio tornare a casa” nel senso che quello che dice l’Unione
Europea è che questa partecipazione è in tutto il percorso,
quello decisionale o forse no, perché chiaramente ancora
non vi è una diretta responsabilizzazione in questo senso.
È chiaro tuttavia che i giovani non possono essere solo i
destinatari delle politiche. Devono esserne gli attori. Arrivo
velocemente al 2010 perché, come sapete, la strategia
2020 lancia una delle sette iniziative che riguarda solo la
gioventù. È la prima volta che l’Unione Europa dà questa
importante possibilità ai giovani. Si chiama Gioventù in
Movimento e, lo sapete tutti, dice riprendendo quello che
nel 2005 fu il Patto Europeo della Gioventù: “È necessaria
un’istruzione/formazione di qualità, affinché ci sia un’ef20
Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
ficace integrazione nel mondo del lavoro e, soprattutto,
una maggiore mobilità”. La mobilità è la chiave di volta,
anche per questo paese, in questo momento, per quello
che riguarda la disoccupazione giovanile, e cercherò di
spiegarvi perché. La cosa interessante, però, come sapete,
è che nel 2011 e nel 2012, la crisi in Italia è talmente peggiorata che abbiamo dovuto anche cambiare il Governo
alla fine del 2011. Non so chi se lo ricorda ma alla fine del
2011 l’Unione Europea ci ha inviato un Action Team, un
gruppo di persone che sono venute in Italia per incontrare
il Ministro dell’Istruzione e il Ministro del Lavoro. Eravamo
già nel governo Monti, appena insediato, perché era necessario, visti i numeri di quel momento, intervenire im-
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
mediatamente contro la disoccupazione giovanile. I numeri, in quel momento, erano 10 punti percentuale più
bassi di quelli che abbiamo oggi. Fu deciso, semplicemente, di fare questo: considerando che il Fondo Sociale
Europeo che, all’epoca, aveva circa il 60% del Fondo non
speso - tanto per darvi un’informazione che vi tirerà su di
morale, oggi siamo al 50% dei fondi non spesi e mancano
sei mesi alla fine della programmazione - si diceva: “Utilizzate parte di quei fondi, che già sapete che non potete
allocare in nessuna maniera, per fare queste cose qui:
promuovere l’occupazione giovanile mediante 1) un maggiore ricorso al Fondo Sociale Europeo; 2) approcci innovativi; 3) un più facile accesso a lavori all’estero, in un
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
altro paese dell’UE; 4) una più stretta collaborazione tra
Autorità Politiche, Imprese, Sindacati a livello europeo,
nazionale, regionale e locale; 5) in particolare un più facile
accesso a lavori esteri, attraverso però non semplicemente
l’offerta del posto, ma un accompagnamento ai giovani
che volessero andare fuori”. Torneremo su questo perché
è un elemento importante ma, forse, sarebbe da chiedersi:
“Che è stato fatto nel 2012 e nel 2013? È passato un anno
e mezzo da questa raccomandazione. Quanti soldi sono
stati, effettivamente, riallocati per aiutare i giovani a fare
la scelta di andare a lavorare all’estero?”. Chi lo sa? In
realtà non lo sa nessuno perché, di fatto, il Fondo Sociale
Europeo è un Fondo gestito a livello regionale e, in particolare, ha risvolto in 5 regioni del sud dell’Italia. Di fatto
esiste un documento, reperibile su internet, perché a livello nazionale non si trova niente, in cui lo Stato italiano,
molto recentemente, a Marzo 2013, ha detto che, con questi Fondi, sono stati creati 50.000 posti di lavoro in Sicilia.
È un dato interessante. La notizia positiva è che la riprogrammazione dei Fondi arriverà fino al 2015 però questo
ha a che fare con la cittadinanza, soprattutto dei giovani e
di come si fa l’informazione. Oggi lo sapete, domani lo
dovrebbero sapere tutti quelli con cui siete in contatto e,
dopodomani, dovreste essere sotto la Regione a chiedere
dove sono questi Fondi, in Sicilia, come in Calabria come
in Sardegna e come in Puglia perché, se non si fa così,
non siete dei cittadini molto attivi. Ma andiamo avanti.
Come sapete, nel 2013, oltre questi Fondi, che dovevano
essere impiegati, viene lanciata l’iniziativa Garanzia per i
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
Giovani. Dal 2014 al 2020, 6 miliardi di euro saranno destinati a trovare lavoro ai giovani. Cos’è garanzia per i Giovani? In questo momento il Ministro Giovannini, insieme
al Governo, sta decidendo come utilizzare questi Fondi.
Dice che tutti i giovani, inferiori ai 25 anni di età, devono
assolutamente ricevere, entro 4 mesi dalla fine dei loro
studi, una di queste quattro proposte: 1) offerte di lavoro
di buona qualità, quindi non raccolta di pomodori; 2) opportunità di formazione senza interruzione; 3) opportunità
di apprendistato; 4) opportunità di tirocinio.
Attenzione! Questo è un obbligo! La cosa interessante è
che, in Italia, quest’idea qui non è una novità. In Italia esiste
una Legge, che è la 181, che, teoricamente, dice esattamente le stesse cose. Non ha trovato lavoro nessuno con
la 181. I numeri sono talmente bassi che è meglio non citarli. La cosa da capire è che visto che il Governo Letta, e
lui in particolare, dice: “Anticipiamo i soldi al 2013 o, addirittura, facciamoli partire subito perché dobbiamo far sì
che questa cosa prenda piede” mi lascia un attimo dubitare.
Ma se abbiamo una legge simile che non ha funzionato,
perché questa dovrebbe funzionare? E poi: il giovane che,
entro 4 mesi, deve avere questa opportunità a chi si deve
rivolgere per averla? Perché questo non è secondario.
Vado velocissimo. Uno dei punti importanti di questa
politica è che, a differenza della Legge 181, queste proposte devono essere in Italia o all’estero, e all’estero fa
una grande differenza.
Da quando è iniziata la crisi globale, in Italia, si sono
persi 1.000.000 di posti di lavoro. La Sicilia è a meno
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
133.000. È la regione che ne ha persi di più. La cosa interessante è questa. Nel 2008 il tasso di occupazione era al
58,20%. Non so se lo sapevate ma, in Italia, il 70% dei
posti di lavoro è nel settore dei servizi. La grande industria,
quella che occupa molta gente in pochi posti, copre si e
no il 25%. I sistemi di aiuto alla disoccupazione, in Italia,
sono tutti tarati su quest’ultima parte, lasciando fuori il
70% di quelli che potrebbero essere interessati. Lisbona
diceva che, entro il 2010, il tasso medio di occupazione, in
Europa, doveva essere del 70%. Noi, nel 2008, stavamo al
58,7.
Ora la situazione è molto interessante perché l’Europa
2020 ha alzato questo limite, portandolo al 75%, visto che
25
Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
il 70%, in media molti paesi lo avevano raggiunto. Non
noi. La cosa interessante è che l’anno scorso, in Italia, il
tasso di occupazione, a causa della perdita di posti di lavoro, è diventato il 56,8% cioè non solo siamo arretrati rispetto agli obiettivi di Lisbona, ma siamo ancor più in ritardo rispetto agli obbiettivi dell’Europa 2020. Ora questo
è il mercato del lavoro che un giovane italiano si trova davanti. Sento che i Ministri del Governo, attualmente riunito,
propongono sgravi fiscali per assumere giovani, come se
le aziende avessero difficoltà perché ci sono troppe tasse.
Tuttavia, quando si sono persi 1.000.000 di posti di lavoro
in 5 anni, gli sgravi fiscali non aiuteranno di certo a fare
crescere le imprese. Allora il punto è che, nell’attesa della
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
crescita delle imprese in Italia, che bisogna stimolare, diventa importante dare l’opportunità ai giovani di trovare
comunque un posto di lavoro.
Questo è il dato che spaventa tutti. Questo è il dato che
dice che il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia
di età tra i 15 e i 24 anni, è quasi al 42%. Vuol dire che
sono circa 700.000 i giovani che cercano lavoro. Io non
credo che sia un dato preoccupante, perlomeno, se lo
confrontiamo con l’altra grande classe di giovani, in Italia,
cioè quella che va dai 25 ai 34 anni, che sono 1.800.000.
Altrettanto sono i famosi Neet. L’80% dei Neet sono tra la
fascia 25/34 anni e questo non è strano. Fino a 20 anni sei
all’Università o Scuola Media Superiore quindi la base di
occupati è molto più bassa e, quindi, è molto più alta la
percentuale. Tuttavia il punto di riferimento è che l’UE sta
cercando di intervenire su questa fascia di età qui. La fascia 25/34 anni non è che non gli interessa, ma è uno
degli elementi degli Stati Nazionali. Chi deve pensare a
quei giovani? Lo Stato. Non l’Europa direttamente. Di questo bisogna essere estremamente consapevoli perché
sennò si suppone che l’UE non sia in grado di aiutarli ma,
invece, non può. Garanzia per i Giovani arriva a 25 anni.
Vado molto velocemente. Il vero dato preoccupante, in Italia, sono i 2.250.000 Neet. Questi sono la bomba sociale
che si ritroverà a gestire chi avrà 50/60 anni fra 20/30
anni e sarà in cariche elettive per amministrare la cosa
pubblica. Non ci sarà previdenza per queste persone. Queste persone, non avendo lavorato, non avranno neanche
una pensione minima su cui poter contare. Come si fa ad
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
essere cittadini attivi? Beh, basta leggere i giornali. In Europa, l’Italia è ultima nella lista di investimenti in cultura
e al penultimo posto in istruzione. Quindi questo vuol dire
che se un cittadino attivo si prendesse il bilancio dello
Stato e cominciasse a scrivere ai propri Deputati e Parlamentari lettere alla Circoscrizione, scrivendo: “Nel prossimo Bilancio dello Stato voglio che sia raddoppiata la
percentuale di istruzione e cultura” questo vorrebbe dire
essere cittadini attivi. I giovani dovrebbero essere consapevoli visto che oggi, con il web 2.0, dovrebbe essere più
facile partecipare. Se non si fa così, continueremo ad
aspettare che sia qualcuno con i caschi blu ad aiutarci.
Torno velocemente a Garanzia per i Giovani. Chi deve fare
questa offerta? Sono i Centri Pubblici per l’Impiego. E
quanti sono questi centri? Ci sono 6.600 addetti in Italia
che devono gestire tutti i disoccupati. Per fare un paragone, siamo in rapporto con la Germania di 1 a10. Le opportunità di lavoro dovrebbero esistere anche per noi,
come in Germania. Il Sole 24 Ore diceva che sarebbe meglio ammettere la sconfitta del sistema, in Italia. All’estero
il lavoro c’è. C’è anche per i nostri laureati. Non a caso,
ogni anno, 20.000 - 30.000 se ne vanno dall’Italia senza
che nessuno li aiuti. Cosa bisogna fare? Oggi ti dicono
che, se vuoi trovarti un lavoro, se vuoi avere la capacità di
essere pronto ad accettare le sfide, non serve sapere né
leggere né scrivere. Serve sapere imparare, disimparare
e imparare nuovamente. Se questo è vero, vediamolo. Il
Sole 24 Ore di qualche giorno fa dice: “Negli Stati Uniti la
App Economy ha creato mezzo milione di posti di lavoro”.
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
E le app il 43% le usa per giocare, quindi vuol dire che c’è
un sacco di gente che ha del tempo libero che, però, crea
posti di lavoro. La questione è: “Perché negli Stati Uniti ci
sono 500.000 posti di lavoro, nel giro di 2 anni, in questo
settore e in Italia no?”. Beh ho provato a pensarci e almeno
una ragione del perché è che negli Stati Uniti è facile trovare gente che sa fare App. Prendiamo ad esempio la
parte social della Microsoft che, ogni anno, fa, in tutti gli
Stati Uniti e nel Canada, una cosa. Dice ai bambini, tra gli
8 e i 13 anni: “Venite! Vi faccio giocare con tutti i nuovi
gadget che ci sono e voi, magari, non è che giocate e
basta ma provate a inventare storie, a fare della progettazione con le App”. È come dire: “Diventate non solo fruitori
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
del digitale ma creatori del digitale”. Allora uno dice: “Lì
stanno in America. Chissà dove lo fanno?!”. I summer
camps li fanno presso gli shopping center. La Microsoft
manda tutte le sue macchine e tutto il suo personale
presso questi centri commerciali. I ragazzini cominciano
a giocare. Di quelli più brillanti prendono nome e cognome
e, nel giro di 5 anni, hanno un lavoro da qualche parte, indipendente dalla loro qualifica universitaria perché non ci
sono i corsi per App. Allora cosa ci vorrebbe alla Microsoft
a farla venire qui in Italia e a metterli un po’ sparsi sul
territorio? Bisognerebbe semplicemente chiedere alla Microsoft di venire qua e di offrire quest’opportunità a ragazzini tra gli 8 e i 13 anni.
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Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
Termino molto velocemente. Settore dell’informazione.
Quello che io sto cercando di fare con voi e che voi a vostra
volta dovrete rifare a livello locale. Oggi è un settore molto
difficile soprattutto per chi è strutturato perché l’informazione viaggia su altre piattaforme e, come sapete, oggi
l’informazione ha un grosso problema: ve n’è talmente
tanta che avere un’informazione giusta, verificabile, e anche utilizzabile, è molto difficile, soprattutto per un giovane. Nella battaglia sull’informazione si fa quel che si
può ma, chiaramente, non abbiamo grandi opportunità.
Credo che, però, soprattutto a livello locale, la vera sfida
per un giovane di oggi sia quella sull’orientamento. Orientamento inteso come funzione stessa dei giovani, perché
siete voi che siete moltiplicatori, perché magari partecipando a uno scambio, siete diventati animatori e poi magari avete intrapreso delle attività all’estero; potreste
quindi rappresentare esattamente il testimonial perfetto
per dire a un giovane che è possibile fare qualcosa di diverso in Italia. Poi serviamo noi, i professionisti, perché,
chiaramente, oggi è molto importante fare orientamento,
cosa che manca, drammaticamente, in Italia.
Mi soffermo un attimo su Garanzia per i Giovani. Siccome i 6.600 addetti al Pubblico Impiego non possiamo
farli scomparire, né si può pensare di raddoppiarli perché
un Concorso pubblico, in Italia, ci mette 5 anni per essere
espletato, quello che si può fare, e che noi stiamo cercando
di fare, è che tutti i Centri Pubblici per l’Impiego diventino
dei terminali intelligenti e attivi delle Reti di Comunicazione dell’UE. Questo perché solo la Rete Eures, che è la
31
Ramon Magi / Cittadinanza europea dei giovani: una sfida tra informazione e orientamento
nostra diciamo “cugina”, ha un’offerta di 1.500.000 di posti
di lavoro in tutta Europa, occasioni concrete di lavoro. Se
nei Centri per l’Impiego Pubblici, e anche privati, ci fosse
una più forte collaborazione con le Reti Europee, anche
soprattutto nella preparazione dei giovani per andare all’estero, di sicuro la percentuale di lavoratori giovani in
Europa aumenterebbe molto perché ci sarebbero molti
italiani pronti a prendere le occasioni che ci sono.
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Jean Philippe Restoueix
Amministratore della Division per le Politiche educative
del Consiglio d’Europa
RICONOSCIMENTO DELLE COMPETENZE
Grazie per l’invito e scusate il mio italiano che, forse,
sarà troppo… francese. Esso è, infatti, il risultato di un’educazione non formale. Ho vissuto per quattro anni in Toscana con una ragazza, ed è stata una questione di sopravvivenza parlare italiano. Sono un Amministratore del
Consiglio Europeo. Vengo dall’ambiente giovanile. Ho lavorato sulle Politiche Giovanili nell’Europa dell’Est e,
adesso, lavoro sulle Riforme dell’Educazione Superiore
nel Consiglio d’Europa.
Lo scopo del mio intervento è parlare di dieci punti sul
Riconoscimento delle Competenze acquisite nel processo
33
Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
dell’educazione non formale. La questione del Riconoscimento delle Competenze acquisite con l’educazione non
formale non è una delegittimazione del sistema formale.
Bisogna notare che il sistema formale ha responsabilità
sociali, culturali, politiche per tutta la società. La responsabilità dello Stato è quella di avere un sistema di qualità
e anche un sistema che sia veramente aperto a tutti,
senza nessuna discriminazione. Il sistema non formale
non ha le stesse obbligazioni. Inoltre, come secondo
aspetto, c’è da notare che l’educazione formale ha l’obbligo
di dare a tutti competenze di base di matematica, letteratura, lingua, ancora una volta senza discriminazioni, e
sappiamo tutti che esistono società dove la diversità è
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
una realtà ed è molto difficile, per il sistema formale, rispondere in maniera valida, e di qualità, a questa realtà.
Da notare anche che, per l’inserimento superiore, c’è una
forte ricerca del sapere, di trasmissione del sapere, e anche un grande riconoscimento, nella società, di una critica
sociale e questi, nell’ambiente dell’educazione formale,
sono valori per la società. Ma passiamo alla conoscenza
del percorso non formale seguendo questi tre punti:
Primo punto: Il sistema formale ha dei limiti. Ha limiti
a livello del drop out, nei confronti dell’accesso e anche a
livello di sviluppo personale.
Il sistema formale non è più l’unico luogo di trasmissione, e anche di produzione, del sapere e questa è una
realtà della società di oggi. Anche su questo i due sistemi
differiscono, nella questione della validazione del sapere,
e il sistema formale ha bisogno soprattutto dell’Università
e questo è veramente un problema molto grande. Infatti
l’Università non è più l’unico luogo di validazione del sapere. C’è il bisogno di fare il riconoscimento della necessità di avere complementarietà nel processo educativo tra
educazione formale ed educazione non formale.
Secondo punto: La validità dell’educazione non formale
è quella di essere non formale. In francese abbiamo una
parola: lapalisse, lapalissiano cioè è lampante che l’educazione non formale debba essere non formale. Questo
sembra essere lo stesso tipo di argomento ma non è esattamente così, primo perché, a livello pedagogico, l’educazione non formale offre un processo in cui sbagliare è
possibile, errare humanum est, e di riconoscimento che
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
si può apprendere dai nostri errori, realtà che, nel sistema
formale è molto difficile da capire e da accettare. Secondo
perché l’educazione non formale si vive come forma di
educazione non formale tra associazionismo giovanile,
gruppi informali, lavori con e tra i giovani. Questa diversità,
che esiste nell’ambiente dell’educazione non formale, è
una ricerca per tutta la società perché offre un laboratorio
sociale, culturale e anche politico, al servizio della società
stessa.
Terzo punto: L’educazione non formale vive valori che
non sono pesanti come quelli dell’educazione formale:
valori di solidarietà, di ricerca collettiva, di forme di vivere
assieme. Abbiamo bisogno, nelle stessa società, di difendere questi valori, di poter testimoniare la validità del volontariato, la validità di avere uno spazio senza fini di lucro.
In una società come questa, in cui tutto sembra far credere
ai cittadini che l’unica cosa che ha valore sono i soldi, anche solo alcuni testimoni del volontariato hanno una
grande importanza. La gratuità ha un valore e questo valore ha bisogno di ritornare in questa società. Il mercato
non può essere l’alfa e l’omega di tutti noi esseri umani.
L’educazione non formale è il luogo in cui l’errore è accettabile e vuol dire anche che è uno spazio dove nessuno
si impegna nella ricerca del potere per il potere. Su questo
riconosco sono molto utopico, ed anche idealista, ma
credo che anche questo sia un valore, il valore di stare insieme in questa associazione.
Quarto punto: nell’educazione non formale i giovani
possono apprendere, acquisire competenze specifiche che
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
non sono rintracciabili nel sistema formale. Faccio una
lista: 1) lavorare insieme, 2) fare peer to peer, 3) lavorare
per le competenze di tutti, per la capacità di tutti verso
un’azione comune, dal livello locale a quello europeo, vivendo anche la diversità, utilizzando, per questo, le competenze interculturali e dell’educazione non formale, soprattutto nei gruppi giovanili. Fatti, questi, che sono la
migliore scuola di democrazia vissuta con senso reale e
come cittadinanza attiva.
Quinto punto: Che significa riconoscimento delle competenze? Per l’educazione formale, quando si parla di riconoscimento, si fa soprattutto riferimento alla validità
delle competenze. Al livello dell’educazione non formale,
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
quando parliamo di riconoscimento, forse per qualcuno,
si parla anche di validazione ma, soprattutto, si parla di
valorizzazione delle competenze, ossia come le competenze acquisite nel processo dell’educazione non formale
possano essere valorizzate per le cose che le persone
hanno bisogno vengano valorizzate. Se parliamo di valorizzazione, abbiamo anche bisogno di esperienza e qui
entra l’importanza del portfolio, del libretto di cittadinanza,
o Europass, importante in quanto dà la possibilità di dimostrare le competenze acquisite con il processo dell’educazione non formale.
Sesto punto: qui si trova la questione della difficoltà
della qualità dell’esperienza. Se l’oggetto è quello di avere
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
una validazione delle competenze acquisite nell’educazione non formale, abbiamo anche la necessità che i nostri
progetti, le nostre azioni siano di qualità. Ci sono molti
progetti che pensano di mettere insieme giovani di diversi
paesi, diverse regioni e questo ha un valore. Certo non è
sufficiente e, se non c’è un progetto educativo, è una responsabilità di tutti gli animatori/formatori avere un processo di qualità ed educativo pensato e riflettuto. D’altra
parte la soluzione non può essere di creare un’Agenzia di
Qualità, come esiste per il sistema formale. Qui il rischio
sarebbe di formalizzare troppo il non formale e, dal mio
punto di vista, questo sarebbe un errore, anche perché
esiste già un mercato del riconoscimento delle competenze acquisite nel sistema formale o non formale, e i
gruppi giovanili o le organizzazioni giovanili, non hanno in
realtà peso nei confronti di questo mercato. Bisogna anche
ammettere che i gruppi giovanili, o le associazioni giovanili,
non hanno la capacità di entrare in questo campo della
qualità e delle competenze acquisite nell’educazione non
formale.
Settimo punto: Come uscire da questa contraddizione
che ha la necessità di valorizzare le competenze acquisite
nell’educazione non formale e il restare formali? Qui vi
sono due strade: una è quella di avere sviluppo, ricerca e
azione, dove per azione si pensa anche al senso dell’azione, trovare cioè differenti attori, a livello locale, tra
Università, gruppi giovanili e associazioni giovanili, che
pensino veramente all’azione, estrapolando un pensiero
sociale che valorizzi l’esperienza acquisita nel processo
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
di educazione non formale. Secondo, costruire un ponte
tra ricercatori e lavoratori giovanili e formatori per sviluppare ricerca insieme. Bisogna dire che la realtà della
società ha bisogno che tutti gli attori sociali pensino come
vivere insieme e anche come vivere insieme tra generazioni e questo è un punto molto importante, e lo sarà ancora di più nel futuro. Se non troviamo un modo di cooperare insieme, tra generazioni, l’Europa potrebbe perdere
le pensioni dei più anziani poiché non vi sarà nessuno che
lavorerà per pagarle.
Ottavo punto: l’apprendimento durante l’arco della vita.
Il fattore educativo non può essere legato unicamente a
una parte della nostra vita, ma deve divenire un processo
costante che segue i continui cambiamenti della nostra
mente. Bisogna quindi avere la possibilità di dedicare un
po’ di tempo a questo processo educativo, ritornando, poi,
al lavoro e ripensando il modo di educazione formale e
non formale come bene sociale al quale, in qualche momento della vita, i cittadini, hanno la possibilità di ritornare.
Due punti finali prima della conclusione. In questo tempo
di crisi è ancora più importante che i giovani capiscano il
mondo di oggi nella sua complessità, nella sua difficoltà
e anche il fenomeno della globalizzazione. Questo non significa dare via libera al mercato, perché un essere umano
non si esaurisce unicamente nel rapporto con il lavoro o
con le situazioni di disoccupazioni. Siamo anche genitori,
persone che hanno passioni e che contribuiscono alla società. Certo il lavoro è un fattore molto importante per la
nostra vita e adesso, per l’Europa, è divenuto anche un
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
problema ma anche la democrazia è un problema, è un
problema anche il come si vive insieme. Anche questo è
un problema per l’Europa. Vuol dire che nella strategia,
nella prospettiva Europa, vi è la necessità di riflettere insieme su come vivere insieme e come costruire insieme
l’Europa stessa. Per concludere: pensare al riconoscimento dell’educazione non formale delle competenze che
abbiamo acquisite, tra questi progressi, è anche un modo
di pensare che, nella società dove vogliamo vivere insieme,
fare questa domanda su come si fa la valorizzazione dell’educazione non formale, vuol dire anche pensare al futuro che vogliamo costruire, dal livello locale al livello europeo. Tutti i processi educativi hanno bisogno della
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Jean Philippe Restoueix / Riconoscimento delle competenze
speranza di guardare all’orizzonte, della volontà e del tentativo di essere, e divenire, uomini e donne migliori, di essere persone che vivono l’umanità in un modo molto più
fraterno e più solidale. Forse questo si chiama utopia.
Di Caro - Grazie Jean Philippe. Italiano molto buono,
direi, e assolutamente comprensibile. Passerei adesso la
parola a Giorgio Guazzugli e, ovviamente, con lui, più che
tracciare un bilancio, cerchiamo di capire che cosa, di
questa esperienza di Gioventù in Azione, si potrà portare
nella nuova generazione dei programmi e proviamo anche
a fare, in maniera molto rapida, un punto della situazione.
A che punto siamo Giorgio?
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Giorgio Guazzugli Marini
Commissione Europea - Direzione Generale Educazione e Cultura
Unità Gioventù Coordinatore del Team Azioni del Programma
PROGRAMMA EUROPEO GIOVENTÙ IN AZIONE:
PRESENTE E FUTURO
Prima di iniziare su quello che è il futuro del Programma
Gioventù in Azione, su cui immagino ci sia molto interesse,
voglio soffermarmi su alcuni dati che danno un’idea del
bilancio del Programma Gioventù in Azione al livello europeo. Quest’anno si celebra il 25° anno dei Programmi in
favore della Gioventù al livello europeo. Alcuni di noi hanno
visto nascere il Programma Gioventù per l’Europa nel 1988.
Da allora l’UE ha stanziato più di 2 miliardi di euro a favore
di questi programmi e ha permesso a più di 2.500.000 di
giovani, di animatori giovanili e di formatori, di partecipare
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
ad attività che voi conoscete bene: gli scambi giovanili, il
Servizio Volontario Europeo, i corsi di formazione, i seminari per gli animatori giovanili e i professionisti del settore.
Nel periodo 2007-2011, sono questi gli ultimi dati ufficiali,
il Programma ha offerto questa opportunità a 725.000 partecipanti, 540.000 giovani e 185.000 youth workers, come
li definiamo noi nel nostro linguaggio tecnico, e ha permesso di approvare più di 40.000 progetti in Europa, su
82.000 progetti presentati. Questo dà anche l’idea del fatto
che c’è una crescente domanda e volontà delle organizzazioni giovanili di presentare idee progettuali nel quadro
del Programma. 27.000 organizzazioni sono state coinvolte,
sia come partner, sia come coordinatrici di progetto. Da
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
un punto di vista qualitativo vi do alcuni dati. Ogni anno
l’UE, la Commissione, lancia un questionario che è indirizzato ai giovani e ai partecipanti delle azioni di Gioventù
in Azione o alle organizzazioni che hanno presentato progetti per avere un’idea di quelli che sono i risultati dei
progetti dal punto di vista qualitativo. Alcune cifre e alcuni
dati sono interessanti. Il 77% di coloro che hanno risposto
al questionario considerano che il fatto di aver partecipato
al Programma Gioventù in Azione gli abbia permesso di
imparare a lavorare insieme, a lavorare all’interno di un
team. Il 56% di coloro che hanno risposto affermano di
aver sviluppato la capacità di sviluppare un’idea progettuale e di metterla in pratica. Il 76% dei partecipanti afferma di essere più pronto a fare un’esperienza di studio,
di lavoro di formazione all’estero. Il 76% di quelli che hanno
risposto afferma di avere idee più chiare su quello che
vuole fare in futuro, da un punto di vista professionale e
dal punto di vista del percorso educativo. L’87% di coloro
che hanno risposto vuole continuare dei percorsi educativi
e il 75% afferma di considerare, grazie al Programma Gioventù in Azione, di avere maggiori probabilità di trovare
un impiego o di lavorare. Questi sono dati che, ovviamente,
vanno presi con cautela, si tratta di un questionario.
Sappiamo che il Programma finirà alla fine dell’anno e,
per il futuro, è previsto che la Commissione Europea presenti una proposta di riunire il Programma Gioventù in
Azione all’interno di un Programma più ampio che unisce
i Programmi LLP, all’interno del quale il famoso Erasmus,
ma anche Leonardo, Comenius, Grundtvig. Oltre a Lifelong
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
Learning Programme e Youth in Action, il nuovo Programma prevede anche di integrare dei Programmi esistenti che promuovono la cooperazione internazionale
nell’ambito dell’istruzione superiore. L’idea della Commissione di presentare un programma integrato era quella
di inviare dei messaggi importanti anche agli Stati Membri
che poi saranno, insieme al Parlamento Europeo, i legislatori del Programma. Un messaggio, in primis, di semplificazione, secondo di rafforzamento delle sinergie tra i
vari ambiti educativi, quindi l’educazione non formale,
l’educazione formale, la formazione professionale, l’ambito
scolastico e via dicendo. Questo messaggio è importante,
soprattutto in un momento di crisi in cui vediamo che, in
generale, a livello nazionale, ma anche a livello europeo
purtroppo, le Istituzioni devono fare dei tagli per far fronte
alle difficoltà della spesa pubblica. La proposta della Commissione Europea è stata presentata nel 2011 e, in questi
giorni, è alle fasi conclusive. C’è stata una riunione del
Trilog, così si chiama il processo che vede il Consiglio e il
Parlamento Europeo discutere, informalmente, sulle loro
posizioni, rispetto alla proposta della Commissione Europea, per cercare di trovare un accordo, in fase di prima
lettura, della proposta della Commissione. Questa fase di
negoziati informali quindi è in dirittura di arrivo, nei prossimi giorni, ci sarà un accordo di sostanza su quello che
sarà il nuovo Programma, promosso dalla DG Educazione
e Cultura. Il Programma comunque non sarà adottato
nelle prossime settimane perché, come tutti gli altri Programmi dell’EU, questo potrà essere adottato solamente
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
a seguito dell’adozione del quadro di prospettive finanziarie
dell’EU, molto simile a quello che è una Finanziaria a livello nazionale però per un periodo più ampio, di 7 anni.
Se non c’è accordo a livello europeo sulle prospettive finanziarie, ovviamente non c’è una copertura di budget di
tutti quelli che sono poi, i programmi e le iniziative dell’UE.
Dal punto di vista tecnico, anche se il contenuto del Programma ormai è definito nelle sue linee generali, esso
non sarà adottato prima di settembre-ottobre proprio perché c’è questa clausola, ossia l’approvazione del quadro
delle prospettive finanziarie. Per quanto riguarda il contenuto, con particolare riferimento a Gioventù in Azione,
ci sono da considerare due elementi fondamentali.
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
Primo che le Azioni, le Azioni faro, le Azioni tradizionali
del Programma Gioventù in Azione, quindi gli scambi giovanili, il servizio volontario europeo, i corsi di formazione,
saranno mantenuti. Le Azioni del Programma saranno
mantenute ma anche rafforzate in termini di budget. Il
secondo elemento è che ci saranno delle novità, ci saranno
delle nuove opportunità per le organizzazioni che presentano progetti nel quadro del nuovo Programma. Per venire
un po’ alla nuova struttura del nuovo Programma, le azioni
in favore della gioventù saranno strutturate su tre azioni
chiave. La prima azione sarà un’azione di mobilità e, all’interno di quest’azione, saranno finanziati e sostenuti,
gli scambi giovanili, il servizio volontario europeo e la for-
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
mazione degli animatori giovanili. La novità, rispetto ad
oggi, sarà che le associazioni potranno anche combinare,
all’interno di un unico progetto, queste tre attività. Questo
non sarà necessario ma sarà possibile, per permettere
alle organizzazioni che hanno anche più esperienza all’interno del Programma, di combinare delle attività, di
avere dei progetti di lunga durata e ridurne anche il peso
burocratico perché, ciò che oggi viene presentato in tre
azioni potrà essere racchiuso in un’unica domanda di cofinanziamento. Un altro elemento di novità, rispetto ad
oggi, sarà che nell’Azione 1 riguardo la mobilità, si cercherà di attrarre nuovi attori, nuove organizzazioni anche
se con condizioni diverse rispetto alle organizzazioni che
oggi partecipano. Si cercherà di attrarre nel Programma
anche organizzazioni a scopo lucrativo, attive nella responsabilità sociale d’impresa, Regioni, Fondazioni. Il livello di finanziamento sarà differente e ridotto rispetto
alle organizzazioni standard, e questo per permettere di
aumentare l’impatto che il Programma Gioventù in Azione
ha attualmente. Ci sarà poi una seconda azione, mirante
a promuovere la cooperazione tra le organizzazioni che
operano nel settore dell’educazione e della formazione
della gioventù e, per quanto riguarda il Settore Giovani, vi
saranno tre Azioni principali: i Partenariati Strategici, ossia
l’idea di dare la possibilità alle organizzazioni di entrare
in progetti di network, di rete, di cooperazione con organizzazioni di altri paesi, per sviluppare dei progetti più
flessibili, meno standardizzati, in termini di attività, che
mirino all’innovazione nell’ambito della gioventù, allo
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
scambio di buone prassi, al riconoscimento dell’educazione informale, attraverso lo sviluppo di metodi da utilizzare all’interno dei progetti e di metodologie da attuare
nei progetti stessi. Si tratta di una nuova Azione che permette grande flessibilità, all’interno di queste organizzazioni, che potranno veramente sperimentare delle attività,
cercare di trovare quello che veramente ha senso nella
cooperazione con organizzazioni giovanili e organizzazioni
di altri paesi. Poi ci sarà un’Azione che promuove il Capacity Building con organizzazioni nei paesi dell’Africa, Caraibi del Pacifico, Asia, America Latina. Questi progetti
saranno delle “Azioni specchio” rispetto ai Partenariati
Strategici ma con un focus geografico diverso. Queste
azioni permetteranno anche di promuovere attività di mobilità come il Servizio Volontario Europeo, gli scambi giovanili o la formazione ma non come attività fine a sé stesse
ma inquadrate, inserite in progetti che hanno degli obiettivi
e mirano a un impatto più ampio, più ambizioso. La terza
azione, che si ritrova nell’Azione chiave 2, è il Portale della
Gioventù, che sarà rafforzato nel lungo periodo e che vuole
essere una piattaforma per lo scambio virtuale tra gli animatori giovanili per promuovere azioni di volontariato virtuale e per dar voce ai giovani, per esempio, anche nell’ambito del dialogo strutturato. Ovviamente si tratta di
idee che non saranno attuate dal primo anno ma in un
orizzonte di medio e lungo termine. La terza e ultima
Azione chiave è un’azione che promuove le riforme al livello di Policy. In quest’Azione saranno finanziati progetti
di dialogo strutturato, come nel quadro di Programma
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
Gioventù, quindi progetti che mirano a promuovere il dialogo tra i giovani e i decisori politici. Ci saranno dei progetti,
anche ambiziosi, che cercheranno di coinvolgere i Ministeri
ed i grandi Consorzi, per cercare di promuovere, a livello
sistemico, il riconoscimento dell’educazione non formale
e il ruolo degli animatori giovanili nel quadro più ampio
del riconoscimento dei profili professionali e delle competenze, acquisite nell’ambito dell’educazione non formale. Ci saranno Azioni di cooperazione con il Consiglio
d’Europa, di Partenariato con il Consiglio d’Europa e altre
Azioni attuate direttamente dalla Commissione, come
studi e ricerche per migliorare quella che è la conoscenza,
a livello europeo, della situazione giovanile in Europa.
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Giorgio Guazzugli Marini / Programma europeo Gioventù in Azione: presente e futuro
Questo è il quadro a livello generale. La Commissione è
già in una fase avanzata di definizione delle linee guida
del Programma.
Senza entrare troppo nei dettagli: non ci saranno grosse
sorprese, dal punto di vista di quelle che sono le Azioni
standard. Rimarranno, per esempio, tre scadenze annuali
anche se, nel primo anno, bisognerà tenere conto del
fatto che il Programma dovrà essere adottato e che quindi
la prima scadenza potrebbe essere posticipata. Ci saranno
degli elementi di semplificazione nei criteri di eleggibilità,
dovute anche al fatto che si cercherà di permettere la
flessibilità, in termini di attività, nel rispetto di alcuni obiettivi importanti.
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Paolo Di Caro
Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale
GIOVENTÙ IN AZIONE IN ITALIA:
UNA STORIA DI PARTECIPAZIONE
Vorrei tracciare un bilancio di cosa è accaduto in questi
anni, di che cosa sia stato Gioventù in Azione in Italia,
quali risultati abbia prodotto. Molte delle cose che dirò
saranno conosciute dalla Commissione. Lo sono meno a
chi, nel programma, ci lavora quotidianamente perché
pensa, giustamente, a portare avanti nel migliore dei modi
il proprio progetto e, a volte, non si rende conto dell’impatto straordinario che poi il Programma ha avuto, invece
a livello nazionale, di quanto esso abbia contribuito alla
crescita dei giovani, di quanto abbia favorito non solo la
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
mobilità giovanile ma l’acquisizione di competenze dei
giovani, dal punto di vista lavorativo ed occupazionale. Ho
incontrato i giornalisti in questi giorni, alcuni dei quali si
sono accorti, fortunatamente, dopo sette anni, che esisteva
un Programma che si chiama Gioventù in Azione, ho sottolineato l’interesse quasi esclusivamente rivolto ai possibili sbocchi occupazionali. Sapete già quanto sia importante, quanto sia fondamentale in alcuni ambiti, dare ai
giovani opportunità che poi diventino anche professionalizzanti e capaci di portare i giovani all’interno del mercato
del lavoro. Quindi quando dico che Gioventù in Azione è
una storia di inclusione e protagonismo giovanile non ho
sostanzialmente bisogno di spiegare che cosa sia stato
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
Gioventù in Azione in questi anni e quali siamo state le
priorità, che cosa abbia mosso chi ha lavorato sul Programma, e i giovani che hanno avuto accesso al Programma, rispetto all’opportunità di muoversi in Italia e in
Europa, di essere artefici del proprio destino. Partecipazione significa anche e soprattutto questo. È stato un programma per tutti ed è l’elemento sul quale abbiamo anche
lavorato molto in questa fase di negoziato con il network
delle Agenzie perché, anche all’interno di Erasmus for All
fosse molto forte l’impronta di una parte del Programma
che restasse per tutti e non fosse limitato a un’élite, nel
senso migliore, nel senso più nobile del termine, che è
quella degli studenti universitari o comunque di chi può
accedere, con grande facilità, alle informazioni. Sapete
meglio di me quanto Gioventù in Azione abbia esaltato le
identità senza pregiudizi, abbia contribuito a fare in modo
che i giovani europei avessero un concetto di cittadinanza
non indotto ma partecipato. L’Europa non per imposizione,
né per annullamento all’interno di un unico calderone,
ma un’esaltazione dell’identità che è venuta dal confronto
e dall’incontro con gli altri. Questo è stato alla base delle
priorità finalizzate dalla Commissione Europea Gioventù
in Azione, dal 2007 al 2013 e, naturalmente anche dei programmi che lo hanno preceduto.
Ecco come si è modificato il livello dei fondi per l’Italia,
dal 2007 al 2013. Siamo partiti da 7 milioni di euro per finire, adesso, ai 12 milioni di euro del 2013. Vedrete i dati
e vi dirò, anche, come questo ha impattato con la realtà
dell’Agenzia, perché questo non vi è probabilmente noto,
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
ma è un elemento significativo il fatto di gestire fondi in
maniera molto più importante. Ovviamente questo comporta, dal punto di vista tecnico, alcune cose ed il primo
aspetto sul quale la Commissione ci ha chiesto di lavorare,
immediatamente - io sono arrivato nel 2008 in Agenzia era quello gestionale. Noi avevamo delle grandissime difficoltà, rispetto all’attuazione del Programma, legate ad
una situazione occupazionale, all’interno dell’Agenzia,
molto particolare perché non c’erano dipendenti a tempo
indeterminato. C’erano dei dipendenti che lavoravano sul
Programma con una mole di progetti importanti e, ovviamente con dei ritardi, che si erano accumulati nel tempo.
Questo non ci poneva come interlocutore affidabile rispetto
alla Commissione Europea. Abbiamo quindi lavorato su
questo. Oggi, alla fine di questo percorso, come risultato,
portiamo l’intero stanziamento dei fondi, cioè una percentuale del 99,9% sui fondi impegnati. Questo a livello
europeo suona un po’ strano che si riporti come risultato.
Le ultime dichiarazioni del Ministro Moavero ci dicono
esattamente il contrario: in Italia si restituiscono fondi
che provengono dall’UE e questo è, in un momento di
grande crisi, un comportamento quasi criminale nei confronti dei giovani. Il rispetto dei tempi previsti per i report
e per le procedure nei confronti dei beneficiari: chi lavora
da tempo nel programma sa che, per mille ragioni, non è
sempre stato così e quindi il fatto che, oggi, siamo finalmente nelle condizioni di essere considerati affidabili, nei
confronti dei beneficiari, è un elemento di crescita rispetto
alla gestione del Programma, con tutto quello che questo
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
significa, avere un interlocutore, avere qualcuno che ti risponda, qualcuno che ti dia gli elementi per proseguire
nella quotidianità, nella gestione dei progetti con Gioventù
in Azione. Questo lo abbiamo fatto amplificando, anche,
la visibilità del programma. Non credo sia sfuggito a nessuno. L’abbiamo fatto anche con la grande collaborazione
della Rete Eurodesk con la quale abbiamo trovato, immediatamente, un punto di contatto ma anche grazie, e soprattutto, a una gestione delle informazioni e delle consulenze che è stata, da parte dell’Agenzia, ritenuta un
elemento fondamentale. Per fare che cosa? Per evitare
che il Programma Gioventù in Azione fosse soltanto un
programma per gli addetti ai lavori. Non credo che l’idea
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
della Commissione, quando è nato Gioventù in Azione,
fosse che quattro, cinque, sei, dieci organizzazioni lavorassero al Programma senza che questo significasse il
coinvolgimento dei tanti giovani potenziali fruitori delle
tante organizzazioni che potevano usufruire dei finanziamenti del Programma e soprattutto del numero straordinario di gruppi informali di giovani con i quali abbiamo lavorato. Questa è stata la grandissima novità del
Programma. Noi, oggi, abbiamo un numero di progetti
presentati, anche approvati, sulle iniziative giovanili importante; questo ci ha consentito di iniziare un percorso
nel campo dell’educazione non formale anche rispetto a
chi, probabilmente, senza GiA, non lo avrebbe potuto fare.
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
Sempre parlando di dati, che poi raccontano delle storie,
dal 2010 al 2012 sono stati realizzati 175 Info Day locali e
InfoDay nazionali, che sono dei numeri estremamente significativi anche se parametrati a quello che accadeva nel
passato. Tra l’altro il personale che ha lavorato su questo
è sempre lo stesso: Chi realizza, organizza questi InfoDay a livello locale, sono le stesse persone che vi rispondono al telefono quando chiedete una consulenza, quando
avete bisogno di informazioni sul Programma e questo,
certamente impatta sul lavoro dell’Agenzia. In ogni Regione d’Italia ci sono stati progetti finanziati. Non era così.
Il Programma non raggiungeva, in modo capillare, il territorio nazionale. Anche su questo la strategia di informazione è stata fondamentale. Lavoriamo sull’inclusione,
lavoriamo sull’inclusione di quelle aree che, sicuramente,
hanno difficoltà a raggiungere le informazioni, quindi anche le piccole, le piccolissime Regioni, che non avevano
accesso al Programma, hanno avuto, nell’arco di questi
sette anni, dei progetti finanziati. Sul resto credo che non
ci sia molto da aggiungere. Parliamo di quantità ma è
giusto anche parlare di qualità. Quindi, con un numero
maggiore di progetti presentati, con una capacità di raggiungere quante più persone possibili sul territorio, la
fase successiva, soprattutto a metà del percorso di questi
sette anni, è stata quella di interrogarsi sulla qualità dei
progetti. Sulla quantità c’eravamo già. Era opportuno, necessario, importante che si puntasse l’attenzione sulla
qualità. Ovviamente, per questo, i corsi di formazione, in
giro per l’Europa, sono stati fondamentali e, quindi, il la59
Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
voro fatto con i Centri Salto, il lavoro fatto con la Commissione ci ha dato una grossa mano. I momenti di valorizzazione, dell’educazione non formale e dello youth working
è stato, da questo punto di vista, decisivo. Noi ci auguriamo, a proposito di youth working, di avere presto anche
gli interlocutori a livello governativo che ci diano gli elementi grazie ai quali questo percorso di valorizzazione
non resti soltanto una discussione accademica fra cento,
duecento, trecento persone che di questo si occupano
nella quotidianità, ma diventi anche una scelta strategica,
in questa Nazione, diventi un’indicazione che va verso un
mondo che oggi riesce a mettere in movimento un numero
straordinario di giovani e che, soprattutto, va nella direzione di un quadro europeo di mobilità che la Commissione
oggi punta a rafforzare. Giorgio non ha parlato di cifre
perché non c’è il Bilancio, ma le indicazioni iniziali facevano cenno a circa il 70% in più di stanziamento, in termini
di fondi, rispetto alla precedente programmazione, su Erasmus for All. Questo, da un lato, è una sfida, dall’altro
non può essere una sfida della Commissione Europea e
basta, né, tantomeno, una sfida delle organizzazioni. È
una sfida dei paesi che fanno parte dell’UE perché, senza
un’azione sinergica, non esiste mobilità per ciascuno dei
giovani in Europa, che è l’obiettivo della strategia Europa
2020. Non si muoveranno tutti i giovani europei, di età
compresa fra i 13 e i 30 anni, se non ci sarà la capacità, la
forza, da parte degli Stati, non solo di pensare, dal punto
di vista intellettuale, alla strategia Europa in mobilità ma,
dico io, anche di togliere risorse là dove non vengono
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
spese e dirottarle sulla mobilità giovanile. Ecco questa è
stata la grande incapacità. Non possiamo confrontarci sui
numeri per dire soltanto che i fondi non vengono spesi,
no! Va fatta una valutazione su quali siano i settori, quali
siano le scelte strategiche di un paese e su quelle, fare
un investimento se necessario in maniera meritocratica,
rispetto a un quadro generale nel quale c’è chi la mobilità
la fa, c’è chi la mobilità la sa fare, c’è chi spende i Fondi
Europei e c’è chi non sa farlo, chi non ci riesce e restituisce
questo denaro. Ancora qualche numero. Sono stati 2.702
i progetti approvati dall’Agenzia dal 2007 in poi. Parliamo
delle priorità dei progetti approvati quindi cittadinanza europea, diversità culturale, partecipazione dei giovani e in-
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
clusione sociale. C’è stato un grande incremento. Secondo
le nostre statistiche, secondo quanto rileviamo dalle relazioni finali, i giovani coinvolti sono stati, in totale, circa
49.674. Ovviamente prendete questo dato con il beneficio
d’inventario. Noi abbiamo un dato finale che è questo. Più
o meno bisogna basarsi su questi dati e i partecipanti italiani, circa 20.419. Credo che questo sia un dato estremamente significativo. Parla di una mole di giovani che sono
stati, complessivamente, coinvolti in un processo che non
può non essere considerato un dato importante: 8.041
sono i partner coinvolti, 1.256 esperti e personale di supporto. Partecipanti con minori opportunità. Ecco lo vedete
nella nostra scala rispetto alle differenze culturali. È stato
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
possibile anche fare una suddivisone dei partecipanti per
genere dal 2007 al 2013: 51% di donne e 49% di uomini e
per fascia d’età. Nella fascia tra i 18 e i 25 anni abbiamo
circa il 70% dei partecipanti, dato un po’ diverso se poi
andassimo alle Azioni perché, come ci siamo detti più
volte, quando parliamo dello SVE in Italia, quindi mobilità
di medio e lungo termine, contrariamente a quando accade in Europa, si comincia a fare lo SVE quando probabilmente ci si accorge che gli sbocchi, dal punto di vista
occupazionale, non ci sono mentre nel resto d’Europa, a
18 anni, fanno già un’esperienza di mobilità all’estero.
Questo continua ad essere un dato in forte controtendenza
rispetto agli altri paesi. A proposito di volontari, quanti
sono stati i volontari italiani? In questi sette anni sono
stati 2.595 nei progetti approvati dall’Agenzia e dalle Agenzie Nazionali del Programma Gioventù in Azione e 337 organizzazioni italiane accreditate per il Servizio Volontario
Europeo. Quando diciamo che lo SVE è probabilmente la
locomotiva del Programma Gioventù in Azione, lo vediamo
anche da questi dati. Dove hanno svolto lo SVE i volontari
italiani? Spagna, Germania, Francia, Regno Unito sono ai
primi quattro posti, con una nettissima predominanza
della Spagna.
Abbiamo anche provato a somministrare un questionario ai partecipanti al Programma per capire alcuni dati in
termini di impatto del Programma, quindi parliamo di un
campione sulla totalità dei partecipanti. A proposito della
ripresa degli studi, a seguito della partecipazione al Programma Gioventù in Azione, come vedete circa il 57% ri63
Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
prende gli studi dopo un’esperienza di Gioventù in Azione.
Altri dati non sono considerati determinanti però ecco per
farvi capire che, comunque, c’è anche un impatto da questo punto di vista. Sbocco occupazionale. Il campione che
ha risposto ci dice che circa il 40% ha trovato lavoro dopo
un’esperienza fatta con Gioventù in Azione. Ovviamente
sono dati che prendiamo con le pinze perché non tutti rispondono e non tutti ci dicono che tipologia di lavoro. Però
qualcosa significa. Significa che le competenze acquisite,
in qualche modo, sono state spese. Tenete conto anche
che la domanda del questionario è abbastanza chiara.
Non li si chiede: “Hai trovato lavoro?” si chiede: “Dopo
l’esperienza con Gioventù in Azione hai trovato lavoro?”.
Ecco quindi, anche dal punto di vista psicologico, c’è un
collegamento tra l’esperienza fatta e l’eventualità del lavoro trovato. Ma l’Agenzia va al di là del Programma Gioventù in Azione. Il programma lo raccontano meglio i ragazzi che noi. Lo raccontano meglio le esperienze. Ed in
questi giorni abbiamo lasciato che fossero le organizzazioni a parlare, sulle priorità poste dalla Commissione.
Grazie anche a dei fondi nazionali che ci sono arrivati, in
alcuni anni, in Convenzione con l’ex Ministero della Gioventù, abbiamo fatto anche altre cose, concentrandoci su
temi che avessero, in qualche modo, elementi di contiguità
con quelle che erano le priorità dal punto di vista europeo.
Basta pensare alla mostra “Buon appetito, l’alimentazione
in tutti i sensi”. Sul tema dell’alimentazione, degli stili di
vita abbiamo scelto di fare un investimento con alcuni
partner, che abbiamo negli anni considerato affidabili, e
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
continueremo a farlo nei prossimi due anni con l’Agenzia
perché il tema degli stili di vita è stata una delle priorità
della Commissione Europea rispetto alla quale abbiamo
trovato grande interesse anche da parte dei soggetti coinvolti. Siamo riusciti, anche anticipando un processo, a
unire due elementi nel campo dell’educazione formale e
in quello dell’educazione non formale, sia con la mostra
Buon Appetito ma ancora meglio, con un progetto che
partirà da settembre nelle scuole italiane, in collaborazione con il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano. Per chi non lo sapesse, non so
quanti Lombardi e milanesi ci sono oggi in sala, questo
Museo ha un laboratorio permanente sull’alimentazione,
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
dove fanno sperimentare ai ragazzi come si combinano
gli alimenti. Li fanno stare ai fornelli per far capire loro
qual è il prodotto della cottura dei cibi. Li fanno giocare
attraverso alcuni strumenti per raggiungere l’obiettivo di
capire perché si debba andare verso un’alimentazione
sana e come questo impatti sugli stili di vita. Le altre cose
riguardano il talento giovanile, il Festival dei Giovani Talenti, un truck itinerante che nell’Anno Europeo del Volontariato ha girato le piazze d’Italia per raccontare esperienze di volontariato e raccogliere elementi da parte dei
ragazzi, il Meeting Mondiale dei Giovani, a Bari, che ha visto coinvolti molti ragazzi provenienti da ogni parte del
mondo. Direttamente collegato al tema dell’alimentazione
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
c’è quello dello sport. Su questo, in questo momento, c’è
un progetto in corso che si chiama Sport Modello Di Vita
che ha messo insieme tutte le nostre iniziative in tema di
sport e di stili di vita sani. Ovviamente non sport agonistico
ma sport così come la Commissione lo intende e sul quale
la Commissione oggi sta investendo, in uno spezzone di
Erasmus for All espressamente dedicato allo sport con
dei finanziamenti dedicati che non saranno erogati a livello
decentrato ma a livello centralizzato. Quindi stili di vita,
lotta al doping, lotta alla discriminazione. Insomma questi
sono elementi che ci hanno consentito, naturalmente, di
avvicinare molti giovani al Programma. Noi siamo andati,
stiamo andando, con Sport Modello Di Vita in tutte le occasioni sportive in cui ci sono molti giovani e ragazzi coinvolti, spesso giovani con minori opportunità, perché quasi
tutte le Federazioni Sportive e gli Enti di Produzione Sportiva lavorano anche con il settore scolastico, con i disabili,
con chi non ha la possibilità di pagare per fare sport. Questo ha avvicinato giovani e organizzazioni al Programma.
È un dato che non abbiamo qui ma sono tante anche le
associazioni dilettantistiche che stanno provando ad applicare il Programma, con alterni risultati, ma capiscono
che Gioventù in Azione può essere anche un programma
dedicato a chi si muove in questo ambito, in questo mondo.
Oggi siamo in diretta streaming sul sito gioventù.org. Gioventù.org è uno strumento ancora in fase di test, e molti
di voi non lo conoscono, ma può diventare uno strumento
interessante per arrivare, in maniera capillare, sul territorio. Cosa fa Gioventù.org? Cos’è un sito? Uno dei tanti
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
siti di informazioni che ci sono? Forse questo non servirebbe a nulla anche perché i ragazzi si mettono su internet
e vanno a cercare opportunità. Gioventù.org è qualcosa di
più. Il problema, su internet, è la certificazione delle notizie. Si trova tutto e il contrario di tutto. Spesso le informazioni sono scadute, non sono corrette, perché sono
mediate, e si perde un mare di tempo. I ragazzi arrivano
su internet e non riescono a capire quale sia la strada da
seguire. Gioventù.org ha l’ambizione di fornire informazione qualificata, intanto perché vi lavora una redazione
dedicata che si occupa della certificazione delle informazioni, le raccoglie, le rilascia in rete e lo fa per settori e
ambiti di intervento. Se non siete riusciti ancora a vederlo
vi assicuro che è uno strumento molto utile per riuscire a
reperire le informazioni e, ovviamente, farlo in maniera
bilaterale. Abbiamo realizzato Radio Yang. Dal prossimo
mese ci sarà anche un app scaricabile che consentirà di
ascoltare la web radio dell’Agenzia direttamente dai vostri
Smartphone. Gli obiettivi sono due. Intanto raccogliere,
all’interno del palinsesto della nostra radio, le tante esperienze delle web radio che vengono create oggi, attraverso
la partecipazione a Gioventù in Azione. Vi assicuro: sono
decine! È uno strumento molto utilizzato, da parte dei ragazzi, per comunicare. Ecco noi vorremmo che semplicemente, trasmettendoci il podcast, questa programmazione
diventasse una programmazione condivisa con tutti gli
altri che volessero ascoltarla. L’altro aspetto è informativo.
Come dicevo prima, il Programma lo raccontate voi, lo
raccontano i volontari, lo raccontano coloro che fanno gli
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
scambi e allora, attraverso la web radio, riteniamo possibile e opportuno che siano i nostri ragazzi, in giro per
l’Europa, a raccontare che cos’è il Servizio Volontario Europeo, o i ragazzi che fanno gli scambi, e spiegare ad altri
giovani come questi possono essere realizzati. Qualche
minuto anche su un progetto che siamo in attesa di capire
se continuerà o meno ma che ritengo abbia dato dei risultati significativi. Qualche tempo fa l’Inpdap, che oggi è
Inps, perché non esiste più l’Inpdap, ci ha affidato dei fondi
per gestire dei tirocini formativi all’estero, proprio sul
filone di quello che dicevamo prima, cioè quanto le esperienze di mobilità possano essere professionalizzanti. Grazie a questo progetto con fondi limitati, perché era una
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
fase sperimentale, 314 giovani hanno fatto un’esperienza
di tirocinio in un paese europeo da 16 a 24 settimane.
Dopo l’esperienza più del 20% ha trovato lavoro all’estero
o in Italia. Ecco anche questo è un dato molto significativo.
Ovviamente l’Inpdap lo faceva su un campione che era
quello che interessava a loro come ente previdenziale,
cioè i figli dei dipendenti statali. Oggi invece Inps, come
capirete bene, ha un campione estremamente significativo.
Noi ci auguriamo che questo progetto possa proseguire e
dare i risultati che abbiamo già visto in questa prima fase.
Ultima considerazione. Abbiamo un canale su youtube,
un sito sempre aggiornato, siamo attivi su facebook e
twitter. Questo perché cerchiamo di parlare ai giovani con
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
buona pace di chi non ha mai aperto un account facebook
perché lo considera una maledizione. Noi parliamo con i
ragazzi, non parliamo con noi stessi, e abbiamo l’esigenza
di parlare il loro linguaggio.
Ci tengo a dire che queste giornate hanno anche lo
scopo di presentare il lavoro che l’Agenzia ha fatto e che,
chi lavora in Agenzia ha fatto in questi anni. Per noi non ci
sono stati risultati individuali, è chiaro. Mi sento in questa
fase che è comunque una fase finale, di ringraziare chi
oggi lavora in Agenzia, e ci ha lavorato in questi anni.
Hanno sopportato uno stress non indifferente. Vi ho detto
che i numeri sono cresciuti, in maniera incredibile. Voi
non avete visto il numero dei progetti presentati che sono
quelli che poi, materialmente, diventano il lavoro quotidiano di chi si occupa di valutare le relazioni finali. Nonostante questo, noi abbiamo garantito, e stiamo garantendo,
il rispetto dei tempi nei confronti dei beneficiari. Non è
usuale il fatto che chi lavori nella Pubblica Amministrazione lo faccia anche con amore nei confronti del proprio
lavoro come chi, oggi, sta lavorando quotidianamente su
Gioventù in Azione. Ma questo potete dircelo voi che, con
loro, avete un contatto quotidiano. Io ce l’ho dal 2008 e
comunque ad agosto 2014, seguirò un’altra strada. Credo
che quest’esperienza mi lascerà, dal punto di vista personale e umano, un patrimonio, un bagaglio straordinario.
Credo che voi dovrete continuare ad apprezzare e sperare
che sia sempre così, di avere degli interlocutori che lavorano su un Programma come questo, non solo conoscendolo molto bene ma avendo una grande passione, un
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Paolo Di Caro / Gioventù in Azione in Italia: una storia di partecipazione
grande amore, dimostrato dal fatto che fino ad oggi, fino
a questi giorni, più che la loro quotidianità dava molto fastidio il fatto che, del Programma si parlasse poco. Se
siamo riusciti a farne parlare un po’ di più, e se riusciremo
domani a portare nel nuovo Programma il patrimonio di
Gioventù in Azione - patrimonio umano, culturale, di
scelte, di impegno - credo che questo nuovo Programma
partirà con il piede giusto. Credo che chi lavora oggi nel
campo dell’educazione non formale, chi lavora sull’inclusione, non si aspetti necessariamente che siano gli altri a
dare l’input, ma continuerà a farlo perché questo ha sempre fatto. Grazie. Grazie a tutti e buon lavoro.
Agenzia Nazionale per i Giovani
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https://www.facebook.com/agenziagiovani
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una storia di inclusione e protagonismo giovanile