Anno XV - Numero 71 - 29 ottobre 2009
L’Intervista
Parla il regista Filippo Crivelli
A Pag.
2
Analisi Musicale
Wagner e la melodiosa
partitura del Tannhäuser
A Pag.
7
I trovatori
La lirica sapiente dei cantori
dell’ “amor cortese”
A Pag.
11
Papa Urbano IV
Il pontefice di Tannhäuser e
del Corpus Domini
A Pag.
13
Falso mito su Wagner
In realtà tra gli autori
meno eseguiti
nella Germania nazista
A Pag.
14
TANNHÄUSER
d i R i c h a r d Wa g n e r
Tannhäuser
2
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Parla il regista Filippo Crivelli
«Ad 80 anni debutto in Wagner, con alcuni esperimenti»
E
gravata da tagli di finanziamenti. Ogni
sera, infatti, oltre al costo dei mimi, sarebbe stato necessario cambiare - in
tempi rapidi – l’intero tappeto di copertura del palcoscenico. Inoltre, la nuova
sovrintendenza e direzione artistica, in
linea con i gusti del pubblico romano,
hanno ritenuto inadatta una regia così
d’avanguardia come questa scelta dalla
passata gestione.
Puntando sul classico, sul rispetto verso l’autore, si è pensato di
affidare la nuova regia a Filippo Crivelli, noto come
regista che ama lo spirito
musicale e che al Costanzi
ha già lavorato nel 2005 con
l’elegante allestimento dell’operetta Il Pipistrello e poi
con La Figlia del Reggimento.
«Amo l’allegria e l’ironia ed
ho sempre lavorato in quel
senso – dice Crivelli – ma
questa volta voglio cimentarmi con una cosa nuova. All’età di 80 anni debutto con
Wagner che non ho mai fatto.
In poco tempo abbiamo messo in piedi un
nuovo allestimento realizzato tutto con le
forze interne al Teatro. Con Maurizio Varamo, che firma le scene, abbiamo optato per
una realizzazione tradizionale: nessuno conosce bene la storia di Tannhäuser per la
difficoltà della lingua e così noi la vogliamo
raccontare in modo semplice ed accessibile.
Ci sarà una bellissima realizzazione della
sala del castello di Wartburg, dove si svolge
la tensone amorosa. I costumi poi sono della costumista del Teatro Anna Biagiotti».
«Ma la grande novità – continua Crivelli
- sarà nell’introduzione, dove l’Overture è
collegata direttamente al balletto: non ci
sarà, dunque, una chiusura con applausi,
ma il percorso continuerà. Il bosco iniziale,
in cui il protagonista si perde, rappresenta
il suo smarrirsi nella passione, in una notte di peccato, in una esperienza sensuale e
surreale che ha quasi dell’allucinazione. Qui abbiamo
avuto l’idea di usare uno specialista di quella che potrebbe
John Maler Collier (1850-1934)
essere la scenografia del futuIn the Venusburg (Tannhauser), 1901
ro, quella fatta di proiezioni.
Per questo siamo ricorsi a
Roberto Rebaudengo che ha
Il G iornale dei G randi Eventi
realizzato i video usati per
l’apertura delle Olimpiadi di
Direttore responsabile
Torino 2006 e dei recenti
Andrea Marini
Mondiali di Nuoto. Spero sia
Direzione Redazione ed Amministrazione
uno spettacolo apprezzato
dal pubblico, anche perché
Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma
abbiamo un cast davvero di
e-mail: [email protected]
primissimo ordine, tutti di
matrice wagneriana. Alcuni,
Editore A. M.
come ad esempio il baritono
Stampa Tipografica Renzo Palozzi
Via Vecchia di Grottaferrata, 4 - 00047 Marino (Roma)
Mathias Görne che interpreta Wolfram, cui è legata l’aRegistrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995
© Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore
ria più famosa, è richiesto in
tutto il mondo».
Le fotografie sono realizzate in digitale
’ stato chiamato solo nel giugno
scorso Filippo Crivelli – che si definisce «regista di tradizione» -, per
realizzare la regia di questo Tannhäuser,
titolo che da cartellone - redatto dalla
passata direzione artistica - doveva essere affidata al giovane e discusso canadese Robert Carsen, noto a livello internazionale e che ha firmato anche per La
Scala regie d’avanguardia. Carsen, per
le sue scelte ardite, è pure recentemente entrato nella polemica
con Lorin Maazel e Franco
Zeffirelli sulle moderne regia d’opera, sostenendo:
«Quel che c’ è di valido nella
parola “tradizione”, relativamente alle arti, è che le Arti
“tradizionalmente” sono uno
specchio della società da esse
influenzata (o forse viceversa?). La società è in continua
evoluzione, dunque lo sono
anche le Arti». Il suo
Tannhäuser che sarebbe dovuto andare in scena qui a
Roma, era quello nato per l’Opera Notori Tokyo, poi portato nel dicembre
2007 a Parigi all’Opéra Bastille (dove è
stato aspramente contestato, anche se
musicalmente apprezzato grazie al direttore Seiji Ozawa) per poi approdare
al Gran Teatre del Liceu di Barcellona.
Si caratterizzava per l’ambientazione
anni ’70, nel periodo e nell’atmosfera
della Pop Art, con il protagonista che
più di un trovatore era un pittore. Così,
per esempio, nel 1° atto, dopo aver verniciato di fresco il pavimento alla maniera della corrente pittorica americana, nel famoso baccanale, ben 90 mimi
si sarebbero dovuti rotolare nudi in
quella pittura fresca. Questo però – sul
piano pratico - avrebbe fatto lievitare i
tempi dei cambi di scena e soprattutto i
costi dell’allestimento, in un periodo di
transizione in cui l’Opera di Roma e
~~
La copertina ~ ~
con fotocamera Kodak Easyshare V705
Andrea Marini
~~
La Locandina ~ ~
Terme Costanzi, 29 ottobre 2009
TANNHÄUSER
und der Sängerkrieg auf Wartburg
Grande opera romantica in tre atti
Musica e libretto di Richard Wagner
Prima rappresentazione: Dresda, Königliches Hoftheater,
19 ottobre 1845 (seconda versione: Parigi, Opéra, 13 marzo 1861).
Maestro concertatore
e Direttore
Maestro del Coro
Regia
Scene
Costumi
Coreografia
Video Designer
Daniel Kawka
Andrea Giorgi
Filippo Crivelli
Maurizio Varamo
Anna Biagiotti
Gillian Whittingham
Roberto Rebaudengo
Matthias Schnabel
Disegno luci Agostino Angelini
Personaggi / Interpreti
Venus (Ms)
Béatrice Uria-Monzon (29, 31, 3, 5) /
Natascha Petrinsky (30, 4, 6)
Tannhäuser (T)
Stig Andersen (29, 31, 3, 5) /
Mario Leonardi (30, 4, 6)
Elisabeth (S)
Martina Serafin (29, 31, 3, 5) /
Tina Kiberg (30, 4, 6)
Wolfram von Eschenbach (Bar)
Mathias Görne (29, 31, 3, 5) /
Otto Katzameier (30, 4, 6)
Hermann (B)
Christof Fischesser
Biterolf (B)
Ralf Lucas
Walther von der Vogelweide (T) Vicente Ombuena (29,30,31,3,5,6) /
Ulfried Haselsteiner (4)
Pastore (S)
Silvia Colombini
Heinrich der Schreiber (T)
Gianluca Floris
Reinmar von Zweter (B)
Alessandro Guerzoni
Primo Paggio
Flavia Scarlatti (29, 31, 4, 6) /
Marta Pacifici (30, 3, 5)
Secondo Paggio
Benedetta Malvagna
Terzo Paggio
Vittoria Scacchi (29, 31, 4, 6) /
Camilla Malpicci (30, 3, 5)
Quarto Paggio
Carlo Maria Zanetti
La Donna
Alessia Barberini (29, 30, 31, 3, 4) /
Anjella Kouznetsova (5, 6)
L'Uomo
Riccardo Di Cosmo (29, 31, 4, 6) /
Alessandro Tiburzi (30, 3, 5)
ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA
Coro delle Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
e del Teatro dell'Opera diretto da José Maria Sciutto
Nuovo allestimento
In lingua originale con sovratitoli in italiano
~ ~ Prossimo Appuntamento ~ ~
18 - 31 Dicembre
LA TRAVIATA
di Giuseppe Verdi
Per gli abbonati il balletto Papavero Rosso
sarà sostituito da Il lago dei cigni
Saranno sospese le produzioni di Daniele Lombardi Futurismo. The bad
boys of piano” (28-31 novembre, Teatro Nazionale), e quella di Maurice Béjart – Samuel Beckett. L’heure exquise (12-15 novembre, Teatro
Nazionale) ed Il papavero rosso (17- 22 novembre, Teatro dell’Opera).
Lo ha annunciato con rammarico il Sovrintendente ad interim del Teatro dell’Opera di Roma, Catello De Martino. Il taglio di queste produzioni si è reso opportuno, esclusivamente, per sostenere le indispensabili esigenze di risparmio, in base alle note difficoltà di bilancio in cui versano tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche. Il balletto Il papavero rosso
previsto, in abbonamento, dal 17 al 22 novembre, verrà sostituito nelle
stesse date dal balletto Il lago dei cigni (di cui restano invariate le recite
già inserite in cartellone dal 27 novembre al 2 dicembre).
Visitate il nostro sito internet
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dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale
Il
Tannhäuser
Giornale dei Grandi Eventi
D
opo 24 anni di assenza il Tannhäuser torna al Teatro
dell’Opera di Roma. Una
grande opera romantica
in tre atti, composta in
età giovanile e diversa
dai lavori della maturità
wagneriana, che il compositore lipsiano rimaneggiò più volte e di cui
però non fu soddisfatto
fino alla morte. Quella
presentata è la versione
francese andata in scena
a Parigi il 13 marzo 1861,
con in sala, tra gli altri, il
poeta Baudelaire e Giochino Rossini.
Il nuovo allestimento,
deciso dopo la rinuncia decisa dalla nuova gestione del Teatro - a
quello troppo costoso e
troppo d’avanguardia
del discusso canadese
Robert Carsen, è affidato
all’esperienza ed al gusto di Filippo Crivelli
che ne ha fatto una lettura fedele del libretto, realizzarla interamente con
le forze interne all’Opera
di Roma, spesso in passato troppo poco sfruttate. Grazie ad un gioco di
videoproiezioni non ci
sarà – come d’altronde
pensato anche dal compositore, ma talvolta non
applicato – una separazione tra Overture e la
prima scena.
Sul podio il direttore
francese Daniel Kawka.
Il cast è di primissimo livello, tutti di collaudata
matrice wagneriana.
3
Le Repliche
Venerdì, 30 Ottobre ore 18.00
Sabato, 31 Ottobre ore 17.00
Martedì, 3 Novembre ore 19.00
Mercoledì, 4 Novembre ore 19.00
Giovedì, 5 Novembre ore 19.00
Venerdì, 6 Novembre ore 19.00
Un Tannhäuser senza “note” per la testa
La vicenda si svolge in Turingia al principio del
XIII secolo
mento di una tenzone poetica sul tema “la natura dell’amore”. Rivela anche che il premio per
il miglior compositore sarà la mano della nipote Elisabeth. Le trombe danno inizio alla competizione: Wolfram,
dedica il suo canto al valore sacro dell’amore celeste, Biterolf celebra
l’amore come virtù, Tannhäuser loda invece l’amore carnale. Nel
tessere un elogio a Venere racconta dell’esperienza nel regno sotterraneo della Dea, suscitando l’indignazione dei cavalieri che vogliono punirlo. Elisabeth, pur ferita dalla lode, supplica Hermann di
concedere all’amato assoluzione cristiana. Il trovatore dovrà unirsi
ai pellegrini in viaggio verso Roma e non potrà far ritorno alla fortezza, finché non avrà ottenuto l’espiazione delle proprie colpe direttamente dal Papa.
La Trama
ATTO I - Venusburg, regno sotterraneo di Venere. Il trovatore
Tannhäuser si trova da lungo tempo sul monte di Venere, amante e
cantore della dea della bellezza. Circondato da un’orgia di satiri,
baccanti e ninfe, il poeta è ormai sazio del troppo amore e dei costumi lascivi, tanto da rimpiangere la vita terrena e desiderare penitenza cristiana. Nonostante la Dea tenti di trattenerlo, Tannhäuser è
fermo nella sua decisione e dopo aver elevato un inno a Venere, cerca la salvezza invocando Maria. Il nome della Vergine rompe l’incanto e il Venusburg si inabissa. Il cantore si ritrova nella valle, presso la fortezza della Wartburg, dove un pastorello intona un’ode per
celebrare il ritorno della primavera. Una processione di pellegrini
procede sul sentiero alpestre verso Roma e Tannhäuser tormentato
dai rimorsi, esprime l’intento di unirsi a loro. Il suono delle fanfare
rivela l’arrivo di Hermann, il Langravio di Turingia, accompagnato
dai compagni di un tempo, Walther, Heinrich, Biterolf e Reinmar. I
poeti stupiti accolgono con calore l’antico rivale e lo invitano a tornare al castello, sua dimora. Il trovatore inizialmente rifiuta, ma venuto a conoscenza che Elisabeth, nipote del Langravio, è ancora sofferente per la sua lontananza, accetta l’invito.
ATTO II - Sala dei bardi del castello della Wartburg in Turingia.
Tannhäuser può rivedere Elisabeth, la quale, sorpresa ed emozionata, chiede il motivo della lontananza. Il poeta giura di non rammentare in quale remota terra si fosse trattenuto e dichiara con ardore il suo amore alla giovane. Nel salone giungono cavalieri, dame
e nobili. Il Langravio può così solennemente annunciare lo svolgi-
ATTO III – Valle della Wartburg. E’ arrivato l’autunno e nella valle Elisabeth prega davanti all’immagine della Madonna. I pellegrini
percorrono la via del ritorno raccontando della grazia ricevuta da
Roma, ma tra di loro non c’è Tannhäuser. La fanciulla disperata offre alla Vergine Maria la sua vita, in cambio della salvezza dell’amato e si accinge a tornare Wartburg per compiere l’estremo gesto.
Wolfram, che ne è innamorato, suona tristemente l’arpa, intonando
un canto rivolto alla stella della sera. Giunge nella vallata anche
Tannhäuser, l’unico a non aver ricevuto al grazia del perdono. Il
poeta vuole tornare nel regno di Venere, unico luogo dove può essere accolto, dato che l’unica possibilità per non essere condannato
in eterno, consiste nel far fiorire il suo bastone da pellegrino. Per un
istante Venere invocata appare, nello stesso momento giunge anche
il corteo funebre che accompagna la bara di Elisabeth. Grazie al sacrificio d’amore il poeta è salvo: dal bastone sbocciano fiori e
Tannhäuser e può ora morire con serenità sulla salma dell’amata.
(Trama a cura Lucia Cuffaro)
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Tannhäuser
5
Martina Serafin e Tina Kiberg
Sting Andersen e Mario Leonardi
Elisabeth, nipote del
Langravio
Il Trovatore Tannhäuser
I
soprani Martina Serafin (29, 31/X 3,5/XI) e Tina Kiberg (30/X 4,6/XI)
si alterneranno nel ruolo della innamorata nipote del Langravio. Nata a Vienna, il soprano Martina Serafin, ha iniziato una carriera internazionale che la vede anche protagonista dei principali Teatri d’Opera del
mondo, quali il Covent Graden di Londra, il
Weiner Staatoper, il Liceu di Barcellona, l’Opernhaus di Zurigo, Il Teatro Massimo di
Palermo, il Bellini di Catania e nelle più importanti capitali mondiali quali Berlino,
Tokyo, Monaco e Bruxelles. Torna al Teatro
dell’Opera di Roma nel ruolo di Elisabeth in
Tannhäuser, dopo il debutto nel ruolo di Tosca, sotto la direzione del M° Gelmetti. Il suo
repertorio spazia da Mozart a Puccini, passando da Wagner a Strauss. Ha debuttato recentemente all’Opera di San Farcisco con Rosenkavalier e Turandot con l’Orchestra Filarmonica della Scala, diretta dal M° Riccardo
Martina Serafin
Chailly in occasione de Festival di Santa Cecilia, a Torre del Lago. Tra le opere da lei interpretate annoveriamo inoltre, La Valchiria, Andrea Chenier e Don Giovanni.
Tina Kiberg, soprano di origine danese, ha costruito la sua brillante carriera internazionale interpretando ruoli come Mascallin in Der Rosenkavalier, a Copenaghen, Berlino e Ginevra; Contessa in Le Nozze di Figaro, esibendosi a Francoforte, Berlino e Houston. Inoltre è stata Desdemona in
Otello, Liu in Turandot, Donna Elvira in Don Giovanni ed Elisabeth in
Tannhäuser, E’stata già Chysothemis in Elektra a Roma, Berlino, Tolosa e in
numerosi Festival. Recentemente ha debuttato a Copenaghen, con i ruoli
di Rosalinde (Die Federmaus) e Foreign Princess (Rusalka) e a Berna con il
ruolo di Senta, in una nuova produzione de L’Olandese Volante. Torna a
Roma con il Tannhäuser (Wagner), come interprete di Elisabeth, nipote del
Langravio. Il suo repertorio operistico comprende Bohème, I Vespri Siciliani, Fidelio e Falstaff. Vanta anche collaborazioni con direttori di fama internazionale. Intensa la sua attività concertistica, il suo repertorio comprende Beethoven, Mahler, Schuber, Strauss, Verdi e Britten.
Christof Fischesser
Hermann, Langravio
di Turingia
N
ato a Wiesbaden, in Germania, il basso Christof Fischesser,
ha studiato canto presso l’Accademia di Arti Sceniche di
Francoforte. Interpreterà all’Opera di Roma Herman, il Langravio di Turingia. Dopo aver vinto il primo premio al Concorso
Nazionale di Canto a Berlino nel
2000, è iniziata la sua carriera da
interprete, ottenendo numerosi
ruoli presso l’Opera di Karlsruhe,
è stato Figaro ne Le Nozze di Figaro, Sir Giorgio ne I Puritani e interprete del titolo di Mefistofele di
Boito. Nel 2004 ha debuttato alla
Staatsoper di Berlino come Rocco
in Fidelio, sotto la direzione di Simone Young. E’stato inoltre Sarastro nel Flauto Magico, Banco nel
Macbeth, Ramfis nell’Aida, Klingsor in Parsifal, Landgraf in
Tannhäuser, Escamillo nella Carmen e Don Basilio ne Il Barbiere di Christof Fischer
Siviglia. Recenti impegni lo hanno visto protagonista con la WestEastern Divan Orchesta, in tournée in Spagna, e con la Bavarian State Orchestra diretta da Kent Nagano.
Pagina a cura di Martina Proietti; Foto di Corrado M. Falsini
I
l protagonista avrà la voce dei tenori Sting Andersen (29, 31/ X; 3,5 / XI)
e Mario Leopardi (30/X; 4, 6 /XI). Sting Andersen, è uno dei tenori
membri e più richiesti del Teatro Reale di Copenaghen, interpreterà all’Opera di Roma nell’opera di Wagner, Tannhäuser, il trovatore protagonista. La sua carriera lo ha portato a esibirsi con il Lohengrin di Wagner nelle più importanti città del mondo tra le quali Dresda, Copenaghen e
Tokyo. Il suo repertorio comprende Richard Wagner (L’olandese Volante, La
Valchiria e Sigfrdo), Paul Hindemith (Mathis der Maler) e Thomas Adés (Re
di Npoli in La Tempesta). Ha collaborato con diversi direttori quali Christian Armino, Daniel Barenboim, Myun-Whun Chung, James Conlon,
Mark Elder, Christoph Eschenbach, Armin Jordan, Fabio Luisi, Kent Nagano, Simon Ratte, Simone Jung, Franz Welser-Möst, Esa-Pekka Salonen
e Leif Segerstam. Il suo repertorio concertistico comprende opere di
Haydn, Bramhs, Mahler, Schmidt e Shönberg. Nel 2006 ha presentato la
sua prima produzione come direttore di scena al Teatro Studio del Teatro
Reale di Copenaghen, Kain og Abel. E’ stato insignito del titolo di «Kammersänger» dello stesso Teatro.
Il tenore Mario Leonardi, si è diplomato al Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara ed ha completato i suoi studi all’Accademia Lirica di Osimo.
Vincitore del concorso “Adriano Belli” di Spoleto, ha cantato in numerosi
Teatri italiani quali il Teatro Nuovo di Spoleto, il Viotti di Vercelli, il Verdi di Trieste, Teatro Cilea di Reggio Calabria, Teatro Rendano a Cosenza e
al Chiabrera di Savona. Riceve il prestigioso premio Caruso dal Teatro Bellini di Napoli. Il suo repertorio, presentato nei maggiori teatri d’Europa e
del mondo, comprende Madama Butterfly, Norma, Cavalleria Rusticana, Tosca, Boheme, Aida, Turandot, Carmen e Otello. E’stato diretto da Morandi e De
Bernard nel ruolo di Cavaradossi in Tosca. Tra le sue esperienze internazionali, c’è il concerto da solista al museo Fernando Blanco di Buenos Aires e l’interpretazione del Requiem di Verdi al Teatro Municipal di Rio de
Janeiro. Inoltre, in Turchia è stato Radames in Aida, a Varsavia Don José in
Carmen, a San Paolo del Brasile Alfredo in Traviata e a Opava (Repubblica
Ceca), è stato Edgardo in Lucia di Lammermoor. Intensa la sua attività concertistica, con l’Orchestra di Grosseto ha eseguito la IX Sinfonia di Beethoven e per l’ambasciata italiana un concerto da solista, con l’orchestra nazionale armena a Erevan, capiatale dell’Armenia.
Béatrice Uria-Monzon e Natascha Petrinsky
La carnale dea Venere
A
dar voce a Venere saranno i mezzisoprani Béatrice UriaMonzon (29, 31/ X; 3,5/XI) e Natascha Petrinsky (30/X; 4, 6
/XI). Il mezzosoprano Béatrice Uria-Monzon, ha completato
i suoi studi alla scuola Art Lyrique all’Opera de Paris. Da subito impegnata nei più importanti teatri francesi, si è esibita al Capitol di
Tolosa con i ruoli di Beatrice in Beatrice e Benedetto e Charlotte in
Werther, diretta da Michel Plasson. E’stata invitata ad interpretare
Marguerite in Damnation de Faust al Bregenz Festival ed alla Köln
Opera. Dopo aver interpretato Carmen con successo all’Opera Bastille, canta questa parte in tutti i teatri d’opera nazionali ed internazionali, quali il Teatro Colon di Buenos Aires, l’Opera di Miami,
il Teatro Regio di Torino, l’Arena di Verona Festival, il Vienna Stasstsoper e Metropolitan Oper di New York. E’ anche interprete del
grande repertorio italiano. Ha debuttato alla Scala di Milano con
Giulietta, ne I racconti di Hofmann, ruolo successivamente interpretato anche a Madrid. Torna all’Opera di Roma con Tannhäuser nel
ruolo della dea Venere, dopo esser stata già Charlotte dell’opera di
Goethe, ne I dolori del giovane Werther. Il suo repertorio concertistico
comprende opere quali il Requiem, (Verdi), La morte di Cleopatra ed
Herminie, (Berlioz).
Natascha Petrinsky, mezzosoprano, nasce a Vienna, ma studia canto in Israele, debuttando con la New Israeli Opera in Carmen. Intensa la sua attività concertistica, ha eseguito il Requiem, (Verdi) Missa
Solemnis (Beethoven), la III Sinfonia (Mahler) ed Elias (Mendelssohn). La sua carriera l’ha portata ad esibirsi in città quali Dresda e
Londra (Covent Garden). Ha già debuttato all’Opera di Roma con
L’oro del Reno di Wagner; torna come dea Venere in Tannhäuser, ruolo già interpretato nelle città di Nancy e Bruxelles. A Tokyo esegue
la IX Sinfonia, (Beethoven). Nel 2008 è stata protagonista di Phaedra
e Sonetka in Lady Macbeth of Mzensk, al Maggio Fiorentino diretta da
Roberto Abbado e James Colon.
6
Tannhäuser
Il
Giornale dei Grandi Eventi
La storia dell’opera
Del Tannhäuser Wagner mai soddisfatto
C
hi pensa che l’opera romantica
Tannhäuser
di
Wagner sia stata da subito accolta come un capolavoro deve ricredersi. Le prime rappresentazioni, sia a Dresda che
a Parigi, si rivelarono un
fiasco. Ma andiamo con
ordine.
Le versioni di quest’opera, a cui il musicista
cominciò a lavorare all’età di trent’anni ed alla
quale ha ripensato tutta
la vita, sono quattro.
L’opera, strutturata in
tre atti, ha come titolo
originale Tannhäuser und
der Sängerkrieg auf Wartburg, ovvero Tannhäuser
e la gara dei cantori della
Konigliches Hoftheater di Dresda
Wartburg.
Il libretto si ispira a due
zione del libretto in francese di
leggende medievali tedesche,
Charles Nuitter e una nuova
sovrapposte tra loro con l’agversione del primo atto, nella
giunta di personaggi e contesti
prima e nella seconda scena e
nuovi e particolari. La prima,
ulteriori modifiche di scarso riche risale ad un racconto popolievo nelle altre parti. Il comlare del XIV secolo, tratta della
positore dedicò l’opera, a cui
storia di Tannhäuser, crociato
lavorò con ulteriori piccoli rie in seguito poeta e cantore gitocchi alla partitura fino al
ramondo, vissuto un anno nel
1861, a M.me Camille Erard.
regno sotterraneo di Venere e
poi peccatore pentito. L’altra
A Parigi per farsi conoscere
trae spunto da un racconto storico del XIII secolo, sulle gare
Il musicista, in giro per l’Europoetiche dei Minnesänger, i
pa dal 1849 perché fuggito docantori d’amore della Wartpo un suo coinvolgimento in
burg (fortezza della Turingia).
una rivolta armata rivoluzioAl centro dell’opera romantica
naria, era arrivato a Parigi alla
c’è l’amore, inteso come redenricerca di nuovi spunti in quelzione per mezzo dell’amore
la che era tra le città europee
stesso e come contrasto tra
più ricche di fermenti culturali.
amore sacro e amore profano.
Una capitale, cuore del bel
Ne scaturisce un’opera ardente
mondo, ma anche fucina di ared esuberante, ricca di idee
tisti, poeti e musicisti e qui le
drammatiche e di invenzione
sue opere non erano mai state
musicale.
rappresentate. La sua fama di
Alla prima stesura del testo
compositore cominciava però a
Wagner lavorò ad Aussig (oggi
spargersi. Del Tannhäuser, anUstí nad Labem, capoluogo
dato in scena 14 anni prima, ne
della Boemia settentrionale),
parlavano in molti, anche senTeplice e Dresda, tra il giugno
za conoscerlo, ma c’erano delle
1843 e l’ottobre 1845. Da luglio
difficoltà per allestirlo. In pri1843 vi lavorò anche alla stesumis la mancanza di cantanti
ra della musica.
appropriati. Da qui il nervosiL’opera venne messa in scena
smo di Wagner.
per la prima volta, sotto la diMa Parigi era la città della sperezione dello stesso autore, il
ranza e per preparare il pubbli19 ottobre 1845 al Königliches
co all’ascolto, Wagner decise di
Hoftheater di Dresda, dove,
organizzare tre concerti preliperò, venne accolta tiepidaminari. Il primo si tenne il 25
mente.
gennaio 1860 e se gli spettatori
Due anni dopo Wagner rielaacclamarono, i giornali furono
borò il III atto e questa è la semalevoli. «Wagner è un grande
conda versione.
musicista, ma ha delle tendenze
Alla terza cominciò a lavorare
deplorevoli», scriveva il “Menea Parigi nel 1859, con la tradu-
strel”. E ancora, «Cinquant’anni di questa musica e la musica
sarà morta». A Parigi non si
comprendeva troppo bene l’artista, anche se si intuiva che la
sua arte era destinata ad avere
un seguito.
Nella capitale francese la sua
musica aveva anche degli amici importanti. Baudelaire che si
era fatto suonare al piano il
Tannhäuser, Théophile Gautier,
Malfida von Meysenbug e
Blandina Ollivier. E ancora
Léon Leroy insegnante di musica e il dottor Gasperini. E, col
passare del tempo, tante altre
personalità fecero lega attorno
al musicista maltrattato: la
principessa Paolina di Metternich-Sandor, moglie dell’ambasciatore d’Austria; il conte
Alberto di Pourtalès, allora
ambasciatore di Prussia a Parigi, il conte Hatzfeld, suo addetto d’ambasciata. Erano i cosiddetti appoggi “seri”, perché legati all’imperatrice Eugenia.
Ecco che cosi al Palazzo delle
Tuileries si parlava di lui. Wagner venne presentato al conte
Biciocchi, Ciambellano di Sua
Maestà, al quale raccontò il
soggetto nei minimi dettagli.
In questo modo il signor de
Rouyer, sovrintendente del
Grand Opéra, ricevette l’ordine di far rappresentare il
Tannhäuser all’Academie Imperiale de Musique.
La rappresentazione a Parigi
L’attesissima prima parigina
ebbe luogo il 13 marzo 1861,
dopo ben 164 prove divenute leggendarie e 16
anni dopo la prima rappresentazione di Dresda. La direzione era di
Louis Dietsch ed in sala
erano presenti, tra gli altri, il poeta Baudelaire e
Rossini. Del primo atto
venne applaudito soprattutto il concerto finale. Ma al duetto esplose una bordata di fischi.
I giorni successivi non
furono più benevoli e
così le rappresentazioni
vennero sospese dopo
solo tre recite.
Poco dopo Wagner partì
per Vienna.
Qui tra agosto e settembre del 1861, mise a
punto la quarta versione, quella definitiva,
con la traduzione tedesca del libro francese e alcune
modifiche alla musica, fra cui il
nuovo “ponte” tra Ouverture e
la prima scena.
Al ritorno a Parigi, nel 1862, arrivò un’inattesa notizia per il
compositore: l’ottenimento di
un passaporto prussiano che
gli riaprì le porte della Germania. Dopo 12 anni d’esilio rivide la sua terra.
Mai soddisfatto
Complessivamente, dunque,
dell’opera Wagner ne stese
quattro versioni, ma in realtà
del risultato Wagner non fu
mai soddisfatto. Questo continuo lavorare a tale opera testimonia quanto l’autore ci tenesse e quanto ne fosse coinvolto,
tanto da confidare alla moglie
Cosima Liszt, fin poco prima
di morire, l’intenzione di revisionare Tannhäuser.
L’opera in Italia
In Italia la prima rappresentazione si tenne il 7 novembre
1872 al Teatro Comunale di
Bologna. Il libretto era stato
tradotto nella nostra lingua da
Salvatore De Castrone della
Rajata e l’opera fu diretta da
Angelo Mariani. A Roma il debutto fu nell’aprile del 1900.
Ma passarono altri cinquant’anni per la prima rappresentazione, in lingua originale,
al Teatro Alla Scala di Milano.
Era il 27 dicembre 1950.
Filomena Leone
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Tannhäuser
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L’analisi musicale
Wagner e la melodiosa partitura del Tannhäuser
U
no degli aspetti certamente più affascinanti del teatro wagneriano è costituito dalla sua straordinaria coerenza costruttiva e narrativa. Una
imponente celebrazione della cultura tedesca nella quale mito e
storia si fondono in un tutt’uno,
coinvolgendo spesso personaggi
che passano da un titolo ad un altro in una visione evocativa comune di rara efficacia.
Così, ad esempio, il tema della redenzione, centrale in Parsifal è anticipato in Tannhäuser, Lohengrin è
il figlio di Parsifal, il tema delle
dispute poetiche e filosofiche passano dal Tannhäuser ai Maestri
Cantori. E a Hans Sachs, figura
centrale dei Maestri Cantori si deve uno scritto dedicato a Tannhäuser, anche questo personaggio storico: nato nel 1205 da nobile famiglia bavarese, morì intorno al
1268. Fu un poeta dotato di ironia, cantore dell’amore cortese
(come era proprio del movimento
dei Minnesänger), ma pure dell’amore sensuale.
Una fitta rete di rimandi, insomma, che rendono l’esplorazione
del teatro wagneriano quanto mai
suggestivo e ricco di sorprendenti scoperte.
In Tannhäuser (1845, argomento
tratto da varie leggende medioevali nordiche che hanno per protagonista il Minnesänger omonimo) ai temi della dannazione e
della redenzione si aggiunse
quello del contrasto fra amore
sensuale e amore spirituale.
Tannhäuser irretito da Venere
(amore sensuale) ottiene la propria salvezza grazie al sacrificio
di Santa Elisabetta (amore spirituale).
La vicenda è ambientata nella
Wartburg, la sontuosa dimora del
Langravio di Turingia che Wagner aveva visitato quando, di ritorno a Parigi e diretto a Dresda,
si era fermato con la moglie Minna a Eisenach (città natale di Bach) ed era appunto andato in
quella austera abitazione assurta
a simbolo della cultura germanica. Lì, alla Wartburg, si erano
svolte tenzoni di canto e poesia
dei Minnesänger, fra i quali von
Eschenbach e von der Vogelweide (tra i protagonisti del Tannhäuser); lì aveva dimorato Elisabetta,
moglie del Langravio di Turingia
Ludovico IV, proclamata santa da
papa Gregorio IX a Perugia il 27
maggio 1235 (giorno di pentecoste); sempre in quel luogo avrebbe trovato rifugio nel 1521 Martin
Lutero che proprio alla Wartburg
iniziò la traduzione in tedesco
della Bibbia. Luogo, insomma,
“sacro” alla cultura germanica,
non a caso scelto come scenario
per la propria opera da Wagner.
Melodie flessibili
ed orchestrazione ricca
Sul piano musicale, Tannhäuser è
partitura di straordinaria concezione; la struttura si articola in
una successione di scene composite (4 nel primo atto, 4 nel secondo, 3 nel terzo)
che se da una
parte possiedono
momenti
strofici concepibili come singole unità (arie,
duetti, concertati),
dall’altra
vantano un melodizzare flessibile, con una vocalità che oscilla
fra il declamato
e l’arioso ed
un’orchestrazione
quanto
mai ricca che
conferisce compattezza e unità
alla partitura.
Non siamo ancora nella sfera
della struttura
drammaturgica
wagneriana
propria dei titoli più maturi,
contrassegnata
da un fluire musicale non definibile con le tradizionali forme
chiuse, ma piuttosto la varietà
con cui la musica si piega alle esigenze teatrali, la ricchezza armonica che oscilla fra due estremi,
fra diatonismo e cromatismo
(amor sacro e amor profano), la
ricchezza coloristica dello strumentale pongono la partitura in
una posizione di apertura verso
il nuovo. Wagner, insomma, imboccata la strada del Mito con
l’”Olandese”, lasciata alle spalle la
tradizione operistica (Rienzi), iniziava una ricerca di novità linguistica che proprio negli stessi anni
aveva codificato nei suoi testi di
estetica.
L’inno a Venere
cuore dell’opera
E’ stato notato che il Tannhäuser si
costituisce musicalmente e drammaturgicamente attorno all’Inno
a Venere, così come l’Olandese volante era nato dalla Ballata di Senta che ne forma il nucleo centrale.
In effetti l’Inno a Venere è pagina
sublime e fondamentale nell’economia dell’opera, ma non è la sola. Proprio per l’intersecarsi di
elementi narrativi e psicologici
diversi, le “anime” musicali sono
numerose. In questa opera giovanile protagonisti sono anche certi
tratti vocali “italianizzanti” che
scompariranno totalmente 5 anni
dopo nel Lohengrin. Ecco, dunque, l’importanza che assume il
Coro dei Pellegrini annunciato
già nella Ouverture e più volte ripreso nel corso dell’opera. Così il
tema dell’amor cortese, che nella
scena nella sala della Wartburg
assume connotati di marcia, in
realtà è un poetico, appassionato
inno all’amore di cui scrisse Berlioz: «Il ritmo vi assume andature
fiere, cavalleresche, robuste. Si è ben
sicuri, anche senza vedere la rappresentazione di questa scena, che una
tal musica accompagna i movimenti
di uomini validi, forti, rivestiti di
splendide armature». Da ricordare,
ancora, la preghiera di Elisabetta
nel terzo atto e lo slancio lirico di
Wolfram, ancora nel terzo. Pagine
che mostrano anche una intensità
lirica notevole.
Nel Tannhäuser (così come poi accadrà anche nel Lohengrin) si avverte l’influenza di Weber (musicista che Wagner aveva conosciuto e ammirato profondamente, artefice della nascita del teatro romantico tedesco e, in quanto direttore di teatri, anche fautore di
un nuovo modo di pensare gli allestimenti scenici), sia in certi dettagli essenziali (profili melodici,
movimenti armonici e strumentazione), sia nella concezione generale: basta ricordare l’uso del leitmotiv anticipato (sia pure in una
prospettiva completamente diversa) in “Eurianthe” che è forse
l’opera più direttamente “pre-wagneriana” nel repertorio tedesco.
Infine, del Tannhäuser occorre segnalare la Ouverture, bellissima,
che è l’ultima composizione
sinfonica nell’ambito delle opere
wagneriane a essere identificata
con tale denominazione e non come preludio. Ha una struttura bipartita che riflette il bipartitismo
drammaturgico:
nell’Andante
maestoso e nell’Allegro si ritrovano il corale dei pellegrini e i temi
del baccanale.
Roberto Iovino
Tannhäuser
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Il
Giornale dei Grandi Eventi
Attingendo alla tradizione germanica
La minuziosa ricerca di Wagner
per la composizione del libretto
L’
intreccio tra le
due
tradizioni
leggendarie
–
quella di Tannhäuser e
quella della tenzone di
Wartburg – costituisce la
base letteraria dell’opera
di Wagner, che doveva
essere intitolata in origine
Der Venusberg (Il Monte
della Venere) e successivamente Tannhäuser und
der Sängerkrieg auf Wartburg (Tannhäuser e la tenzone dei cantori sulla Wartburg), titolo quest’ultimo
nel quale appare esplicitamente indicata la contaminazione tra i due soggetti.
All’interno di questa operazione di sintesi si inserisce inoltre, quale originale apporto wagneriano, il
personaggio di Elisabeth,
la nipote di Herrmann, il
Langravio della Turingia.
Oggetto dell’amore di
Wolfram, cantore alla
tenzone di Wartburg e
amico di Tannhäuser,
Elisabeth ama Tannhäuser di un amore puro e incrollabile. Dopo il lungo
periodo della
sua assenza,
ella lo saluta
con entusiasmo nella sala
dei cantori in
Wartburg,
nella
quale
non ha più
messo il piede
da quando egli è partito. La
gara a cui il
Langravio invita i cantori
ha per argomento l’essenza il vero
amore e, mentre Wolfram
e Walther von der Vogelweide tessono l’elogio di
una Minne ideale, astratta e moraleggiante, Tannhäuser rievoca le immagini del monte di Venere,
dedicando la propria canzone estatica alla dea
dell’amore. Allorchè il
protagonista conclude il
suo canto con le parole
«Infelici, che non avete mai
goduto amore, / andate! Andate alla montagna di Venere!», i cavalieri gli si lanciano contro con le spade
sguainate, ma Elisabetta
si frappone, facendo scudo all’amato, e chiede al
Langravio di rendergli la
vita, concedendogli di recarsi a Roma con i pellegrini affinchè possa trovare redenzione. Raccolta
in preghiera, Elisabetta si
offre a Dio come pegno
della salvezza dell’anima
di Tannhäuser. Rientrato,
infine, dal pellegrinaggio,
senza aver ricevuto l’assoluzione e ormai risoluto a far ritorno al monte
della Venere, il protagonista si avvicina ad un
corteo di pellegrini e cantori che trasportano una
bara aperta, entro la qua-
Leggende germaniche
In un antico Lied
la storia di Tannhäuser
E
’ tramandata da un Lied, il cui
testo fu stampato nel 1515 e la
cui melodia era conosciuta già
intorno al 1500, ma si rifaceva prima
ancora all’antico e famoso Codice
Manesse della prima metà del XIV
secolo, la storia del valoroso cavaliere Tannhäuser, il quale, dopo aver
trascorso un anno di piaceri amorosi nel monte di Venere, comincia a
pentirsi della propria vita dissoluta.
«Mein leben das ist worden krank» (letteralmente «La mia esistenza è diventata malata»), dice alla dea del piacere, la quale cerca invano di convincerlo a dedicarsi una volta ancora alle delizie dei sensi, invitandolo a seguirla nella sua cameretta. Tannhäuser resiste, invocando l’aiuto della
Vergine Maria, e Venere, finalmente,
lo lascia libero, ingiungendogli tut-
tavia di esaltarne il nome per il mondo. Rattristato e afflitto dai rimorsi,
Tannhäuser si reca a Roma per ricevere dal Papa in persona remissione
ai suoi peccati, ma Papa Urbano –
più esattamente Urbano IV, come
specifica il testo del Lied – gli nega
l’assoluzione: il peccatore non otterrà mai la misericordia di Dio, così
come non fiorirà mai la verga che il
pontefice tiene in mano. Scoraggiato, Tannhäuser lascia Roma deciso a
tornare alla sua dolce Venere, che
riaccoglie con gioia l’amante tanto
desiderato. A Roma, tre giorni dopo,
accade però il miracolo: la verga papale si copre di fiori. Urbano fa cercare ovunque il cavaliere, ma inutilmente: egli ha ormai fatto definitivamente ritorno al monte di Venere e il
Papa è condannato per l’eternità.
Tannhäuser in una illustrazione del Codice Manesse - conservato
nella Biblioteca di Heidelberg - che ci tramanda il meglio della poesia cortese tedesca e, in riquadri finemente miniati, le immagini dei
Minnesänger, i poeti che la composero.
le scorge il corpo di Elisabetta. «Beato il peccatore,
per cui ella ha pianto / a cui
ella ha impetrato la salute
celeste!» canta il coro.
Tannhäuser, accompagnato da Wolfram, si getta sul cadavere di Elisabetta, quindi si china lentamente al suolo e muore.
Elisabetta simbolo di
abnegazione
Elisabetta, come simbolo
dell’abnegazione, dell’amore come sacrificio, della vera umanità, costituisce il polo di una molteplice opposizione, in
contrasto sia con la rigore
inanimato dell’establishment dei cantori, sia con
la chiesa istituzionalizzata che non sa perdonare,
sia con il mondo di Venere, l’amore falso, che domina e distrugge. Attraverso la contaminazione
tra la leggenda di Tannhäuser sul monte di Venere e quella della tenzo-
ne dei cantori a Wartburg, e ancor più mediante l’introduzione del
personaggio di Elisabetta,
Wagner offre un’interpretazione assolutamente
originale del materiale
leggendario. Elisabetta
diviene la personificazione del principio della redenzione attraverso la
forza del vero amore.
Tannhäuser, dopo l’esperienza dell’amore come
dominio assoluto dei sensi compiuta sul monte di
Venere, aspira ad una redenzione che non troverà
nè entro i limitati orizzonti spirituali della corte
del Langravio, nè attraverso il pellegrinaggio romano, bensì grazie al
sacrificio di Elisabetta.
L’importanza del Monte
di Venere
Del Tannhäuser di Wagner si è soliti distinguere
due versioni: quella di
Dresda del 1845 e quella
Il
Tannhäuser
Giornale dei Grandi Eventi
del fiasco parigino
del 1861. In verità
Wagner non parlò
mai di una versione
di Dresda e di una
di Parigi. E tuttavia
fuor di dubbio,
però, che in occasione della versione
parigina
l’opera
aveva compiuto un
notevole
passo
avanti, soprattutto
nella parte che ci interessa, per effetto del
nuovo rilievo accordato
alla scena del monte di
Venere, nel primo atto.
L’aggiunta di un Baccanale, nel quale ci è mostrata la folla lasciva che
popola la grotta della dea
dell’amore, da un lato era
giustificata dalla necessità di corrispondere alle
esigenze dell’Opèra di
Parigi, inserendo nella
partitura l’indispensabile
Ballet, ma dall’altro rispondeva a ragioni squisitamente drammaturgiche, che Wagner illustrò
in una lettera indirizzata
nel 1860 alla sua «fanciulla
prediletta», Mathilde Wesendonck: «Questa corte
della ‘signora Venere’ era
manifestamente il punto debole dell’opera. Non avendo
ancora un buon corpo di ballo a mia disposizione, io mi
ero contentato di far le cose
alla meglio, e quindi le guastai molto: lasciai specialmente l’impressione del Venusberg debole e indecisa, il
che ebbe per conseguenza di
rovinare la base stessa, su
cui doveva edificarsi in seguito la commovente tragedia. Tutti i ricordi e gli
avvertimenti ulteriori così
decisivi, che devono riempire
d’orrore (e così soltanto si
può spiegare l’azione) perdevano quasi tutto il loro effetto; il terrore e l’angoscia
continua venivano a mancare.[...] Evidentemente bisogna qui inventar tutto per
poter prescrivere al maestro
da ballo le minime sfumature: è certo che soltanto la
danza può qui produrre effetto, ma quale danza! Le
persone resteranno stupefatte da tutto ciò che io ho
cambiato!»
Il Monte di Venere
Segue poi una descrizione minuziosa di ciò che
accade durante questa
scena, descrizione che
non posso tralasciare, in
quanto non esiste spiegazione migliore e più autentica di come Wagner
immaginò il monte della
Venere di quella che ci
viene data dalle sue stesse parole: «Venere e Tannhäuser riposano [...]: solamente le tre Grazie sono stese ai loro piedi, abbracciate
graziosamente. Tutta una
massa compatta di testine
infantili circonda il letto come piccoli Amori che, nei loro giuochi infantili, siano
caduti gli uni sugli altri
picchiandosi e siano stati
presi dal sonno. Intorno, le
rocce della grotta sono circondate da coppie d’amanti.
In mezzo danzano soltanto
delle Ninfe, inseguite da
Fauni che esse cercano di
evitare. Questo gruppo accelera i suoi movimenti: i Fauni diventano più impetuosi:
la fuga provocante delle
Ninfe invita gli uomini delle
coppie coricate a difenderle.
Gelosia delle donne abbandonate; audacia crescente
dei Fauni. Tumulto. Le Grazie si alzano e intervengono,
i Fauni le inseguono, ma sono cacciati dai giovani. Le
Grazie circondano le coppie... Delle sirene si fanno
sentire... Da lontano, tumulto: i Fauni volendo vendicarsi, hanno chiamate le
Bacchanti. Rumorosa, la
truppa selvaggia si approssima, dopo che le Grazie si sono coricate di nuovo dinanzi
a Venere. Il giubilante corteo conduce ogni sorta di
animali mostruosi: si sceglie
un cignale nero, lo si esamina accuratamente per vedere
se non ha alcuna macchia bianca e lo si conduce, con gridi di gioia presso una cascata, un prete l’uccide e lo
sacrifica con gesti orribili.
A un tratto sorge dall’acqua,
fra la gioia turbolenta della
folla un personaggio che voi
conoscete bene, il Strömkarl
[letteralmente Carlo dei torrenti] delle leggende del
Nord, col suo grande violino
meraviglioso. Egli suona
una danza, e voi potete pensare ciò che bisogna inventare per dare a questa danza il
suo giusto carattere. Tutta
la gente mitologica a poco a
poco vi corre attratta dal
violino e così gli animali
consacrati agli dei.
Infine i Centauri in mezzo
alla frenesia generale, si
mettono a caracollare qua e
là. Le Grazie intimidite non
sanno come metter fine al
delirio».
La Corte di Venere
Allo scopo di rappresentare la corte che circonda
la dea Venere, Wagner
mobilitò un vasto campionario di figure mitologiche, che divise in vari
gruppi e organizzò in una
trama vera e propria, nella quale troviamo coinvolte anche coppie di uomini e donne. Questa trama si sviluppa attraverso
un progressivo passaggio
da momenti di tenera effusione ad altri di sfrenata ebbrezza, quali l’inse-
9
Bacchanti scelgono e che
viene poi consacrato da
un prete, e non troviamo
più neppure lo strano
personaggio di Strömkarl, tratto dalla mitologia nordica, di cui nella
stessa lettera Wagner dice: «Io mi diverto molto di
aver messo a profitto il mio
Strömkarl per l’undicesima
variazione. Ciò spiega perchè Venere è andata nel
Nord con la sua corte; là soltanto poteva trovare il violinista che doveva sonare dinanzi agli dei antichi.».
Pur tornando utile allo
sviluppo della trama e
pur contenendo un coro
di Sirene, la scena del
Baccanale è innanzitutto
pura illustrazione, resa
attraverso elementi mitologici correlati in modo
più o meno stretto o significativo al mondo di
Venere; è insomma più
Bonaventura Gemelli: Prometeo
guimento delle Ninfe da
parte dei fauni, l’arrivo
dello stuolo di Baccanti, il
caracollare dei Centauri,
fino al delirio generale
che le tre grazie cercano
invano di ricomporre. Solo le frecce degli Amorini,
destati dalla dea, possono
mettere fine a tanta frenesia. Se confrontiamo
l’analisi della scena contenuta nella lettera di
Wagner con la didascalia
definitiva vediamo che
intervengono molte novità: in più ci sono le
Naiadi bagnanti, i Satiri,
il ratto d’Europa sul torro
bianco ornato di fiori e
Leda con il cigno. E viceversa scomparso un altro
cigno, di cui leggiamo
nella lettera, quello che le
un quadro che un’esposizione del mito, cosicchè
non sorprende quanto
Wagner scrisse nella lettera già citata: «Io vorrei
avere sotto mano degli acquarelli di Genelli: egli ha
rappresentato queste scene
mitologiche in modo perfetto». Bonaventura Genelli
(1798–1868) fu uno tra i
più attivi illustratori
dell’Ottocento; nato a
Berlino, egli si recò a Roma per perfezionarsi tra il
1822 e 1832 e morì a Weimar nel 1868. I suoi cicli
di illustrazioni, destinati
tra l’altro ai poemi di
Dante e di Omero, sono
rimasti celebri.
Markus Engelhardt
Musicologo
Tannhäuser
10
Il
Giornale dei Grandi Eventi
La filosofia nelle opere di Richard Wagner
Da lettore ad utilizzatore
di diversi fermenti ideologici
E
’ stato rilevato che le
tre
figure
storiche attorno a
cui si è sviluppata
la bibliografia più
ampia sono, in ordine di dimensioni, Gesú Cristo,
Napoleone Bonaparte e Richard
Wagner.
Wagner fu un lettore onnivoro e
un posto importante ebbe per lui
la filosofia. Affrontò testi come
il Simposio di Platone, la Filosofia
della storia di Hegel, Principi della
filosofia dell’avvenire, Pensieri sulla
morte e l’immorta- Richard Wagner
lità, Essenza del cridel Nibelungo, il Parsifal e
stianesimo e Essenza della
anche i Maestri cantori di
religione, di Feuerbach;
Norimberga. In Schoinoltre Che cos’è la propenhauer e nella sua teoprietà, di Proudhon e il
ria del sogno, Wagner
testo che più di ogni altrovò anche spunti che,
tro lo influenzò, ovvero
interpretati personalIl mondo come volontà e
mente, gli permisero di
rappresentazione
di
giustificare la tesi della
Arthur Schopenhauer.
superiorità dell’unione
Schopenhauer, il suo
tra musica e testo lettepensiero filosofico e la
rario, rispetto all’idea di
sua esaltazione della
musica pura. A Feuermusica, influenzarono
bach Wagner si ispirò,
innanzitutto il Tristano e
per la propria concezioIsotta, oltre che L’Anello
ne di “Opera
d’arte totale”, per
l’idea di amore
quale antidoto al
pericolo della singolarità, dell’egoismo e della separazione. In Wagner si riscontra
anche
qualche
spunto hegeliano: nella concezione ciclica del
Ring e soprattutto nell’idea (in
realtà invertita rispetta alla sequenza di Hegel)
di arte quale naturale evoluzione, trapasso, dalla religione. Inoltre, ancora a proposito di Opera
d’arte totale, la
musica pura è vista hegelianamente da
Wagner solo come una
tappa, soggetta ad essere poi superata.
La grande quantità di
spunti riversati da Wagner nelle sue opere, la
personale fusione di elementi alquanto eterogenei tra loro e la gestazione delle opere stesse,
spesso avvenuta durante periodi di tempo che
vanno da qualche anno
fino in alcuni casi a
qualche decennio, fanno
sì che alle volte ci si trovi davanti ad opere delle quali non solo non è
possibile definire con
certezza il significato ul-
Wagner e Nietzsche
La personalità di Nietzsche invece, sempre associata a Wagner, non fu
così capace di influenzare il compositore (già celebre al momento del loro incontro e più anziano
di trent’anni). Nietzsche
divenne inizialmente importante per Wagner in
quanto sorta di “cassa di
risonanza”, di amplificazione, di sostegno e chiarimento filosofico alle
idee che egli stava maturando; poi, dopo la crisi
tra i due, diventò fondamentale in Nietzsche la
voce critica capace di
mettere in evidenza, con
grande anticipo sui tempi, tutti gli aspetti “decadenti” dell’opera del
compositore, all’epoca
ancora poco leggibili e
percepibili dai suoi contemporanei.
Wagner ed
il problema religioso
Arthur Schopenhauer
Vico, ad Hegel, all’antisemitismo, alla rivoluzione, all’ateismo, al capitalismo e all’esaltazione del superuomo. Il
problema religioso fu
sempre presente nella
speculazione di Wagner
fino da opere come
Tannhäuser e Lohengrin
per culminare nel Parsifal. Anche in quest’ultima opera confluiscono
molte tematiche, da una
libera fusione di elementi buddistici e cristiani, fino alla compas-
Nel Ring è possibile trovare tematiche legate al
pensiero pre-socratico, a
Friederich Nietzsche
sione schopenhaueriana
ed a spunti che sono stati letti a posteriori come
esaltazione del sangue
ariano e della razza pura. Wagner tradusse,
quindi, spunti filosofici
in nuove figurazioni
musicali: soprattutto nel
Tristano (il cromatismo e
la melodia infinita come
rappresentazione musicale della volontà schopenhaueriana), nel Ring
(il parallelo tra la natura
inorganica e il basso
fondamentale in armonia) e nel Parsifal (diatonismo e cromatismo come espressioni del dualismo bene-male).
timo, mentre è addirittura legittimo leggervi
conclusioni contrastanti.
Il fascino delle creazioni
wagneriane risiede nella
ricchezza ed apertura all’indefinito che offrono
le complesse figure simboliche da lui create e
soprattutto nello straordinario potere della sua
musica. Potere al quale
hanno soggiaciuto figure come Nietzsche, Liszt,
Baudelaire, Mallarmé,
Mahler, Bruckner, Debussy, Schönberg, D’Annunzio, Proust, Mann,
tanto per citarne alcune.
Aurelio Canonici
Il
Tannhäuser
Giornale dei Grandi Eventi
11
Cantori dell’ “amor cortese”
La lirica sapiente e poetica
dei trovatori e la sua eredità
E
’ nel secondo atto
del Tannhäuser, che
assistiamo alla tenzone poetica tra Wolfram,
Tannhäuser e gli altri trovatori; i cavalieri-cantori
si sfidano a suon di versi
per celebrare il «risveglio
d’amore» e il suo significato più profondo.
De resto, i poeti di ogni
tempo hanno sempre
considerato le donne, l’amore e l’eroismo temi degni d’essere celebrati e
cantati: i trovatori ne fecero addirittura la ragion
d’essere della loro ispirazione. Furono essenzialmente poeti lirici di lingua d’oc (locuzione con la
quale si designa la lingua
provenzale, distinguendola da altre due lingue
neolatine, il francese, detto lingua d’oil, e l’italiano,
lingua del si) in uso nei secoli XII e XIII.
Il termine trovatore trae le
sue radici dall’antico francese trobar, che indica l’arte di comporre versi; un’
altra ipotesi fa risalire il
verbo trovare al latino turbare, che, nel gergo ittico,
indica l’atto compiuto dai
pescatori di battere con
appositi strumenti la superficie dell’acqua per
spaventare i pesci e favorirne la cattura.
Essi avevano origini diverse, alcuni erano nobili
e persino reali, come Ric-
cardo Cuor di Leone, la
cui morte pare fosse stata
cantata da un confratello
trovatore provenzale. Altri erano di origine più
umile, come chierici, borghesi e plebei.
Lo sviluppo del commercio nel sec. XII portò molta ricchezza nelle corti di
Francia meridionali e una
maggiore attenzione al
gusto e alla raffinatezza;
dame e signori amavano
circondarsi di tutto ciò
che veniva considerato
elegante ed erano i più generosi mecenati dei trovatori, che, usufruendo di
grandi privilegi, finirono così per influenzare il gusto e le abitudini dell’aristocrazia.
Un buon professionista doveva essere
istruito, raffinato nei
modi e conoscere alla
perfezione le notizie
di attualità, saper suonare almeno due strumenti in voga all’epoca (tra cui, ad esempio, il liuto), improvvisare versi per un signore o per una dama
e avere orecchio perfino nei riguardi dei
pettegolezzi. Questo
genere di poesia da
recitare accompagnati
da un sottofondo musicale, rispecchiava un
mondo, quello francese,
in cui il significato di corte si ampliava, trasformandosi in quello di un’isola di civiltà e cultura
dove si svolgeva una vita
autonoma, slegata spesso
dalle vicende politiche e
dai conflitti religiosi, ispirata agli ideali di “cortesia” e della “cavalleria”,
fondata sull’omaggio galante e sul divertimento
spensierato.
Le composizioni erano
sempre accompagnate da
musica e venivano cantate. Tipiche erano la “canzone” e la “tenzone poetica”
che consisteva in un duello verbale tra due o più
interlocutori i quali, sostenendo tesi opposte, si
scambiavano, alternandosi, accuse - anche infamanti - costruendo a battute alterne un componimento unico che si concludeva spesso con l’appello all’arbitrato di un
giudice.
Il Sirventese
Un altro genere di componimento era il «Sirventese» (dal latino sirven, servitore, cortigiano) di genere diverso da quello
amoroso, veniva dedicato
al signore per celebrarne
le gesta. E’ quello ricorda-
to anche da Carducci nella poesia Davanti San Guido parlando della nonna
Lucia: «…/ Canora discendea, co ‘l mesto accento / De
la Versilia che nel cuor mi
sta / Come da un Sirventese
del trecento / pien di forza e
di soavità». Il primo esempio francese (Roman de
Thèbes) si riferiva a motteggi militareschi, successivamente venne applicato a poesie morali e religiose. In Italia il Serventese apparve nell’ultimo
scorcio del Duecento, detto anche Sermontese, e col
suo omologo provenzale
aveva in comune solo il
nome. Trattava, infatti, argomenti di tipo giullaresco e contenuto popolareggiante, come il sirventese bolognese dei Lambertazzi e Geremei (1280
circa), argomenti di genere didascalico, come in
quello dello Schiavo da Bari e amoroso, come negli
esempi dei Memoriali Bolognesi. Un altro sirventese assai noto è di Ruggieri
Apugliese, un intellettuale ghibellino nell’Italia del
Duecento, vissuto a Siena.
Dante Alighieri menziona
nella Vita Nuova una «pistola sotto modo di sirventese» da lui composta a lode
di sessanta donne fiorentine, ma il testo non è
giunto sino a noi. Il sirventese esce di scena in
Italia in epoca umanistica.
Altri generi sono la “pastorella”, caratterizzato
dal dialogo in ambito
campestre tra un cavaliere e una pastora (cui l’uomo rivolge profferte galanti, con vari esiti); l’“alba”, che descrive la separazione di due amanti al
termine di una lunga notte, e il “pianto”, un canto
funebre.
Il più antico trovatore di
cui ci sono giunti componimenti è Guglielmo IX
d’Aquitania, delle sue rime rimangono una decina di canti: alcuni sono di
ispirazione amorosa, alquanto convenzionali nella stilizzazione del rituale
cortese, altri più originali
a carattere erotico, libertini, sarcastici e di accesa
sensualità.
Guglielmo fu un modello
per generazioni di poeti
provenzali, francesi e italiani, mentre la Germania
vide la nascita di un genere autonomo, il Minnesang. Il più celebre minnesänger fu Walther von der
Vogrlweide (1170-1230).
Si conoscono, per il periodo aureo della lirica trobadorica (sec XII e XIII)
circa 470 trovatori della
cui produzione ci sono
pervenuti circa 300 melodie e 2600 componimenti.
E’ ipotizzabile che la cultura cortese si sia manifestata anche tramite l’opera delle “trovatrici”; le
donne infatti esercitarono
notevole influenza decisionale sulla cultura e la
politica del tempo, basti
pensare all’esempio di
Eleonora d’Aquitania e a
molte sue parenti e affini
presso la fastosa corte
aquilana, nel sud-ovest
della Francia. La donna
trovatrice era altamente
considerata: nessun trobadore aveva il diritto di alzare la voce contro una
trobairitz, altrimenti il disprezzo nei suoi confronti
sarebbe stato assicurato.
Livio Magnarapa
12
Tannhäuser
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Il direttore della prima esecuzione italiana
Angelo Mariani fra Verdi e Wagner
I
l 1° novembre 1871 Bologna
ospitò la prima nazionale del
Lohengrin. Per la prima volta un’opera di Wagner approdava in Italia. Sul podio era un direttore cinquantenne, Angelo
Mariani, che fino ad un anno
prima aveva mantenuto stretti
rapporti con Verdi per poi romperli bruscamente e che un anno
dopo, il 7 novembre 1872 sempre al Comunale di Bologna,
avrebbe diretto la prima rappresentazione
italiana
del
Tannhäuser.
Il successo di quello spettacolo
spinse il Comune di Bologna a
concedere la cittadinanza onoraria al compositore tedesco che
il 3 ottobre 1872 ringraziò con la
seguente lettera: «Un successo
come quello del mio Lohengrin
a Bologna non era neppure immaginabile in veruna città della
Francia. Sotto l’usbergo soltanto
della parola Libertas era possibile che un’opera, la quale anzi
tutto presentavasi, e per vero
dire in modo singolarmente
strano, contraria alle abitudini
di un pubblico, come la mia al
pubblico di Bologna, potesse tosto ottenere amichevole ospitalità, al pari di una produzione
del Paese. Con ciò l’Italiano ebbe a confermare, che la sua potenza creatrice è sempre inesauribile, che il suo genio già un
tempo rigeneratore del bello é
ancora suscettibile di accogliere
nuova, e benefica luce poiché
soltanto chi sa e può produrre,
sentesi libero da ogni ostacolo e
indipendente per fare buon viso
a produzioni straniere».
Primo direttore moderno
Nato a Ravenna nel 1821, Angelo Mariani, artefice del successo
italiano
di
Lohengrin
e
Tannhäuser, è stato il primo
grande direttore italiano nel
senso moderno del termine per
la sua visione unitaria dell’opera e per il rigore artistico che lo
rendeva scevro delle convenzioni ed esigentissimo con cantanti
ed orchestra. A questo proposito leggiamo cosa scrisse “La
Al Costanzi il Tannhäuser
solo sei volte
S
olo sei volte il Tannhäuser di Richard Wagner è stato rappresentato al Teatro Costanzi di Roma. La prima volta il 9
aprile del 1900, ben 55 anni dopo il debutto avvenuto a
Dresda il 19 ottobre 1845. Sul podio in quell’occasione, quando
l’opera venne cantata in italiano per 9 rappresentazioni, il maestro Leopoldo Mugone, lo stesso che meno di 4 mesi prima (il
14 gennaio) aveva diretto in questo medesimo teatro la prima
rappresentazione assoluta della Tosca di Puccini. Tra i cantanti
Maria De Marchi (Elisabetta), Augusto Brogi (Tannhäuser), Mario Ancona (Wolframo di Escimbach).
Passarono poi 22 anni per la ripresa dell’opera, il 22 marzo per
6 rappresentazioni dirette dal maestro Fritz Reiner e la regia di
Romeo Francioli. Tra i cantanti Delia Reinhardt, Rosa Rodrigo,
Laura Pasini, Luigi Montesanto.
Ci fu poi la rappresentazione dell’ 8 dicembre 1938 con 4 recite
dirette dal grande Tullio Serafin e la regia di Marcello Covoni.
Anche questa volta si cantò in Italiano. Gabriella Gatti fu Elisabetta, Anna Reali (Venere), Fiorenzo Tasso (Tannhäuser), Armando Borgioli (Volframo).
Nel dopoguerra quest’opera giovanile di Wagner andò in scena
il 24 marzo 1951 sotto la bacchetta di Hans Knappertsbusch e la
regia di Josef Witt. Interpreti: Maria Reining, Ira Malanik, Torsten Ralf, Alfred Poell.
Nell’anno olimpico 1960 il Tannhäuser fu in scena dal 27 febbraio per 4 recite sotto la direzione di Heinz Wallberg e la regia
di Adolf Rott con Christl Goltz, Margarita Kenney, Josef
Greindl.
Infine l’ultima volta è stata nel 1985, dal 21 maggio per 6 rappresentazioni. Direttore l’austriaco, allora 44enne, Uwe Mund.
A dividersi il ruolo del protagonista furono Rainer Goldberg e
Ake Ljungholm (quest’ultimo per una sola recita, quella del 26
maggio).
Lo. Di Di.
Teatro Comunale di Bologna
Maga”, giornale genovese satirico ma anche di cultura il 28 dicembre 1852 recensendo Rigoletto in scena al Carlo Felice:
«Faremo pure i nostri complimenti al Signor Mariani Direttore dell’Orchestra per la sua solita bravura nel dirigerla, ma
avremmo preferito di vederlo
dirigere col suo solito archetto e
col violino anziché con quella
certa cosa, che non sapevamo
che fosse, ma che ci venne detto
essere una bacchetta».
Fino ad allora la responsabilità
di una messa in scena era divisa
fra due persone, il maestro direttore d’orchestra (di solito il primo violino), e il maestro concertatore, il quale assemblava le
parti vocali all’orchestra: questa
distinzione rimane anche oggi
nella doppia dicitura di “maestro concertatore e direttore d’orchestra” che si dà al direttore
d’opera moderno. Mariani fu il
primo ad assumere su di sé in toto la realizzazione della parte
musicale.
Direttore stabile al Carlo Felice
di Genova, Mariani aveva con
Bologna un rapporto molto stretto, tanto che vi aveva portato al
successo nel 1867 Don Carlos alla sua prima esecuzione italiana.
Fu un grande e profondo ammiratore di Verdi al quale lo legò
anche una sincera amicizia.
Successivamente – siamo nel
1870 - i rapporti fra i due si deteriorarono. Incomprensioni sul
piano artistico (culminate con la
decisione di Mariani di dirigere
appunto la prima di Lohengrin
a Bologna), rivalità sul piano
sentimentale: Mariani era l’amante ufficiale di Teresa Stolz,
ma fu scaricato dalla cantante
che subì il fascino di Verdi (e
certamente ne fu ricambiata).
Questo divorzio artistico indusse, dunque, Mariani a rivolgere
le proprie attenzioni al repertorio wagneriano, continuando,
dopo il Lohengrin, in stretta sequenza con il Tannhäuser.
Il 24 giugno 1872 Mariani scrisse a Wagner: «Probabilmente
sarò chiamato a dirigere in autunno, l’esecuzione di un vostro
capolavoro e se non sono all’altezza delle vostre creazioni poetiche, sento tuttavia che la mia
anima le comprende».
Il 7 novembre successivo Mariani diresse a Bologna Tannhäuser con esito più contrastato rispetto all’opera precedente. C’erano ormai i contrapposti partiti dei wagneriani e dei difensori
dell’opera italiana (rossiniani e
verdiani) e lo spettacolo fu l’occasione per un aspro scontro:
frasi del tipo «Viva Rossini!
Morte a Wagner!» si contrapponevano a grida come «Andate a
scuola! Alla porta!»
Anche in questo caso, comunque, fu unanime il giudizio positivo sulla direzione di Mariani
che strinse un rapporto sempre
più stretto con Wagner il quale
lo aveva già invitato ad assistere alla posa della prima pietra
del suo teatro a Bayreuth. E sicuramente lo avrebbe accolto
fraternamente alla prima del
“Ring” nell’agosto del 1876. Il
direttore italiano, si era però
spento tre anni prima nel suo
appartamento in quel Palazzo
del Principe a Genova dove di lì
a poco si sarebbe trasferito il
suo vecchio ex-amico Giuseppe
Verdi.
Roberto Iovino
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Tannhäuser
13
Papa Urbano IV (1261-1264)
Il Pontefice di Tannhäuser e del Corpus Domini
A
lla morte di Alessandro
IV, Rinaldo dei conti di
Segni, i cardinali riuniti a
Viterbo ci misero tre mesi per
trovare un successore: non avendo raggiunto la maggioranza a
favore di uno di loro, si accordarono infine il 20 agosto del 1261
su una persona estranea al Sacro
Collegio, il francese Jacques Pantaleon, patriarca di Gerusalemme, in quei giorni in visita in Curia per questioni relative alla
Terra Santa.
Un personaggio, questo, di umili origini, figlio di un calzolaio di
Troyes, dove era nato verso il
1200. Aveva studiato a Parigi ed
era stato canonico a Leòn e arcidiacono a Liegi. Innocenzo IV lo
aveva nominato vescovo di Verdun e, in qualità di legato in Germania, si era fatto apprezzare
per la notevole attività religiosa
e diplomatica, tanto da meritare
la fiducia di Alessandro IV che
dal 1255 lo aveva inviato in Terra Santa come Patriarca di Gerusalemme. Fu consacrato 182°
successore di Pietro il 4 settembre a Viterbo, assumendo il nome di Urbano IV. Nei suoi tre
anni di pontificato non metterà
mai piede a Roma.
Il problema del
Senatore di Roma
L ‘elezione di un francese era il
concretizzarsi di un nuovo corso
nelle relazioni politiche del pa-
Papa Urbano IV
pato, già preannunziato con
Alessandro IV; il problema più
urgente da risolvere veniva comunque da Roma, dove per la
carica di Senatore i guelfi avevano proposto Riccardo di Corno-
Francia Carlo d’Angiò per offrirgli la corona siciliana. A Roma di conseguenza i guelfi abbandonarono la candidatura di
Riccardo e appoggiano quella
del conte francese, riuscendo a
farlo nominare Senatore
a vita nell’estate del
1263, senza peraltro che
l’elezione fosse ufficialmente comunicata al
Papa.
Urbano IV si trovava ad
Orvieto e comunque non
aveva più alcun potere
civile in Roma, avendo
perso l’investitura del
Senato dai tempi di
Brancaleone. Si trattava
però di un doppio gioco
di Carlo che, mentre negoziava con i romani,
nello stesso tempo acconsentiva ad accettare
l’investitura feudale della Sicilia. Il Papa pur dispiaciuto, di fronte al pericolo di un insediamento di Manfredi, finì per
accettare il fatto compiuto e cancellare, negli ac“Il corporale del miracolo di Bolsena conservato nel cordi per l’investitura,
Duomo di Orvieto”
l’articolo che vietava al
conte d’Angiò di assuvaglia e i ghibellini Manfredi. mere a Roma la carica di SenatoC’era lotta aperta tra le due fa- re. Ottenne però che essa fosse
zioni con scontri armati, che riu- mantenuta solo per un massimo
scivano ad essere controllati a di cinque anni, con la decadenza
distanza dal papa; subentrò così immediata non appena Carlo
una sorta di “sede vacante” del conquistasse il Regno di Sicilia:
Senato e una commissione mista da allora sarebbe spettata nuoresse il governo vamente al Papa l’assegnazione
del Comune per della nomina senatoriale. L’inapiù di un anno. dempienza di questi impegni
Nel
frattempo avrebbe comportato la scomuniManfredi, presen- ca, l’interdetto e la perdita del
tava ufficialmente feudo. Il contratto venne firmato
al Papa la propria il 15 agosto 1264.
candidatura a Re Carlo d’Angiò accettò, dunque,
di Sicilia con pro- la nomina di Senatore, ma non
poste allettanti sia venne subito a prenderne possul piano finanzia- sesso: inviò a Roma come vicario
rio, per quel che ri- Jacques Gaucelin Vano risultò
guarda il tributo un estremo tentativo ghibellino
annuale feudale, di conquistare il Comune: Mansia su un piano po- fredi stesso abbozzò un colpo di
litico con i ricono- mano contro il Pontefice ad Orscimenti territoria- vieto, ma dovette arrestare la
li ed un appoggio sua marcia di fronte a un consiconcreto ad una stente blocco operato in tutto il
nuova crociata in Lazio da vescovi e baroni guelfi.
Terra Santa. Ma Urbano si sentiva ugualmente
ormai in seno alla insicuro. La situazione in GerCuria l’indirizzo mania, inoltre, appariva caotica:
politico era ben il Papa non sapeva scegliere tra i
lontano dalla casa due pretendenti alla corona,
sveva. Urbano IV Alfonso di Castiglia e Riccardo
entrò così di nuo- di Cornovaglia, rinviando ogni
vo in contatto col decisione al novembre 1265 e lifratello del re di mitandosi a riconoscere entram-
bi come «prescelti re dei Romani»,
nonostante Riccardo fosse già
stato incoronato Re di Germania
ad Aquisgrana nel 1257.
Urbano trascorse gli ultimi mesi
del suo pontificato nella vana attesa della ratifica del contratto di
Carlo d’Angiò e, soprattutto,
dell’arrivo di questi a Roma per
ricoprire la carica di Senatore,
che avrebbe forse potuto assicurargli finalmente l’insediamento
in Laterano.
Il Corpus Domini
Nel frattempo Urbano IV, a seguito del miracolo dell’ostia sanguinante di Bolsena dell’estate
1263, con la bolla Transiturus de
hoc mundo dell’8 settembre 1264
compi una grande opera di carattere strettamente religioso,
l’introduzione nella liturgia ecclesiastica della festa del Corpus
Domini, già oggetto di particolare culto a Liegi sulla base delle
visioni della monaca agostiniana
Giuliana di Mont-Cornillon.
Tommaso d’Aquino ricevette
l’incarico di compilarne l’uffizio
con una serie di inni, ma l’effettiva totale instaurazione liturgica
del Corpus Domini non avvenne
a causa della morte del Papa:
sarà introdotta dal concilio di
Vienne (Francia) del 1311 con il
rinnovo della bolla di Urbano IV
da parte di Clemente V nel 1314.
Questo Papa morì, dunque, senza vedere attuata alcuna delle
sue iniziative. Il 9 settembre del
1264 aveva abbandonato Orvieto per paura di un’incursione
ghibellina e durante il viaggio
verso Perugia si ammalò gravemente. Il 2 ottobre del 1264 morì
a Perugia e venne sepolto, come
Innocenzo III, nel duomo di
quella città.
Fr. Pi.
14
Tannhäuser
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Un falso mito su Richard Wagner
Il presunto “Compositore del Terzo Reich” tra
gli autori meno eseguiti nella Germania nazista
N
onostante
siano
trascorsi più di sessanta anni dalla caduta del Terzo Reich, illustrare e comprendere il
ruolo svolto dall’arte e dal
pensiero di Richard Wagner all’interno del mondo
musicale tedesco durante
la dittatura nazionalsocialista richiede non poca cautela ed un sano distacco. Se
non vi è dubbio che Wagner ed il wagnerismo siano stati oggetto di appropriazione da parte del Reich millenario e della sua
propaganda ideologicoculturale, è altrettanto vero
che troppe volte il compositore è stato frettolosamente additato in maniera
quasi acritica e superficiale
quale precursore – se non Adolf Hitler a teatro durante l’esecuzione dell’inno nazionale prima di un concerto
peggio ispiratore – dell’ico la nazione tedesca, ma anche
care che tra i fattori che più di
deologia nazionalsocialista.
e soprattutto di sospendere il penogni altro hanno contribuito alsiero del singolo, di suscitare lo
la identificazione di Richard
La musica di Wagner
scatenamento delle passioni ad
Wagner quale icona musicale
fondente di una Nazione
uso e consumo ideologico e podel Terzo Reich e del suo appalitico.
rato propagandistico andrebbe
Facendo giustizia di ogni possimenzionata da un lato la persoCosì infatti illustrano le innubile speculazione, pare ragionenale amicizia tra Hitler ed i
merevoli polemiche e strumenvole accennare e distinguere gli
membri della famiglia Wagner,
talizzazioni cui egli è stato ogaspetti che più hanno contribuitra i quali spiccava Winifried
getto dal secondo dopoguerra
to a costruire l’immagine di una
Williams, nuora del compositoin avanti, ma si tratta di una
dangereuse liason tra Wagner e la
re. Un rapporto – quello intratsemplicistica scorciatoia che
dittatura hitleriana, un’immagitenuto con la vedova di Siegnon rende giustizia all’uomo ed
ne che nonostante la sua infonfried Wagner – destinato a proall’artista Wagner, e che ha in
datezza permane ancora oggi.
seguire molto a lungo nel temparte origine da una certa idea
Tra di essi va innanzitutto rampo, al limite tra fanatismo ed
della musica tedesca.
mentata la gran mole di scritti
opportunismo: non è un caso
Una interpretazione che – affondalla forte vena polemica proche proprio il Festival di Baydando le proprie radici nel modotti da Wagner durante la sua
reuth – il più prestigioso evento
vimento romantico, passando
vita, alcuni dei quali dal caratculturale tedesco – abbia goduto
per il nazionalsocialismo, e
tere apertamente antisemita
durante il Terzo Reich di abbongiungendo quasi intatta sino a
(anche se – bisogna dirlo poidanti finanziamenti e di una innoi – è andata via via compoché la storia va letta con il medipendenza artistica sconosciunendosi divenendo quasi la sola
tro della storia – allora questo
ta ad analoghe manifestazioni
possibile, almeno nell’immagisentimento non aveva il peso
ed organizzazioni musicali.
nario collettivo: la musica colta
ed il rilievo odierno): ne è magDall’altro, la personale affeziogermanica – ed in particolare
giore testimonianza il famigene del Führer per la produzione
l’universo melodrammatico warato Das Judenthum in der Musik
musicale del genio di Lipsia ha
gneriano con i suoi miti fondati(1850), pamphlet nel quale il
radici lontane: è lo stesso Hitler
vi – sarebbe espressione più immaestro strumentalizzava i
ad affermare nel suo Mein
mediata delle passioni e della
luoghi comuni più discutibili
Kampf che «all’età di dodici anni
natura, ma diviene sublime
attorno al popolo ebraico per
assistetti […] alla prima opera delespressione della Volksgemeinrivolgerli contro alcuni suoi
la mia vita, Lohengrin. Da quel
schaft (Comunità popolare) tecolleghi come Meyerbeer,
momento non ne potetti più fare a
desca contrapposta ai cosiddetti
Halévy e Mendelssohn, tacciati
meno. Il mio giovanile entusiasmo
“nemici della razza”. Una rapdi meccanicità ed artificiosa
per il maestro di Bayreuth era sconpresentazione distorta che sotto
imitazione parassitaria dei mufinato». Nel 1906, come riportato
il regime nazionalsocialista
sicisti ariani, colpevoli solaparecchi anni dopo da August
giunge a maturazione: integrata
mente di un successo che fino
Kubizek, suo amico di infanzia,
nelle liturgie cerimoniali del
ad allora non aveva arriso al fuun Adolf Hitler appena adoleReich, l’arte di Orfeo si fa “totaturo autore dei Meistersinger.
scente ebbe occasione di assistele”, è in grado non soltanto di
Non bisogna, inoltre, dimentire a numerose rappresentazioni
fondere in un unico corpo misti-
wagneriane presso il teatro
di Linz, infatuandosi ben
presto di opere dal carattere messianico quali il
Lohengrin o il Parsifal.
Wagner meno eseguito
in Germania durante
il periodo hitleriano
Al di là di questa personale passione hitleriana, occorre sfatare i luoghi comuni che hanno dominato
la ricezione di Wagner per
oltre mezzo secolo. E’ Hitler che si è appropriato di
Wagner con la sua musica
forte, possente, che incarnava in pieno lo spirito
fiero del popolo tedesco e
no, ovviamente, Wagner
di Hitler. Se è indubbio
che il Preludio dal Meistersinger accompagnava le cerimonie ufficiali, la Cavalcata
delle Walchirie o la Morte di
Siegfried erano diffuse radiofonicamente per annunciare un
raid aereo o la notizia della
morte di personaggi importanti (compresa quella di Hitler),
lo stesso non può dirsi per altre
immagini tramandate da luoghi comuni. Che i tedeschi si
accalcassero nei teatri per assistere alle rappresentazioni wagneriane non risponde del tutto a verità e lo stesso vale persino per i più fedeli accoliti del
Führer. Wagner era ben lungi
dall’essere “Il Compositore”
del Terzo Reich, tanto più che
egli fu paradossalmente meno
eseguito proprio durante il periodo hitleriano. Come testimoniato dai più recenti studi
storici, il popolo germanico si
dimostrò molto più affascinato
da opere quali la Carmen di Bizet, i Pagliacci di Leoncavallo o
la Madama Butterfly di Puccini
– nessuna delle quali particolarmente appropriata ai dettami dell’ideologia totalitaria.
Per non parlare di Giuseppe
Verdi le cui opere, alla vigilia
del secondo conflitto mondiale, superarono per numero di
messe in scena quelle dello
stesso Wagner. Un vero affronto per chi si affannava a
guidare le coscienze dei cittadini del Reich.
Lorenzo Lorusso
Musicologo e saggista
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Dal Mondo della Musica
15
Filatelia Musicale
Tre Francobolli con un CD dal Vaticano
P
er la prima volta in assoluto nella storia
della filatelia mondiale, lo Stato della Città
del Vaticano ha unito ad una serie di francobolli dedicati a tre musicisti, un
Compact Disk con alcuni brani selezionati di ogni compositore. La serie è stata emessa il 24 ottobre scorso nei valori
da 0,65, 0,85 e 5,00 Euro, riuniti in fogli
di 10 esemplari. Il prezzo della confezione (CD e serie filatelica) è, invece,
di € 9,90.
Non è facile trovare un legame tra
tre grandi compositori come
Händel, Haydn e MendelssohnBartholdy.
Handel, considerato uno dei più
grandi musicisti del Barocco, dopo
essere stato direttore musicale della corte di Hannover si trasferisce a Londra dove fonda il Teatro Reale dell’Opera (The Royal
Academy of Music) per il quale scrive diverse opere. In seguito la
sua produzione musicale si incentra sugli Oratori, considerati forse il punto più alto della sua arte, basti ricordare il Messiah con il
suo celeberrimo Allelujah. Le sue opere influenzarono decisamente i compositori contemporanei ma anche quelli delle generazioni
successive, tra i quali troviamo anche Haydn, considerato il “padre” della sinfonia ed in particolare del quartetto d’archi. Nell’anno in cui Haydn muore, nel 1809, nasce MendelssohnBartholdy. Pianista molto dotato, scrisse le sue prime dodici
sinfonie in adolescenza e a soli 17 anni compose l’Ouverture per
il Sogno di una notte di mezza estate, forse il suo più grande successo. Mendelssohn-Bartholdy fu notevolmente influenzato da Bach,
che in quel periodo storico non era particolarmente apprezzato,
facendolo conoscere al grande pubblico e rivalutare dalla critica.
Lu. Cuf.
Novità in libreria
Totalitarismo e musica
nella Germania del Terzo Reich
«D
as Land der Musik», così la Germania ama definirsi, e
non a torto. In quella terra, il ruolo dell’arte di Orfeo ha
contribuito, nei secoli, a dar vita alla nazione e alla Volksgemeinschaft (Comunità popolare) tedesca.
Basti ricordare che, quando la Germania era ancora costituita da un
gruppo eterogeneo di staterelli, vescovadi e baronìe, la musica corale, in lingua, della liturgia luterana era l’unica forma di espressione
che riuscisse ad accomunare i tedeschi.
Dalla Riforma fino all’Ottocento borghese, la musica entra, attraverso
i suoi meno ingombranti pianoforti verticali, in tutte le case borghesi,
rendendo abitudine comune l’Hausmusik, il fare musica in casa.
La prodigiosa evoluzione formale ed estetica della musica durante il
Romanticismo riuscì a far entrare la musica persino nel dibattito filosofico e farla assurgere al rango di musa rivelatrice di realtà superiori.
Date queste premesse, l’analisi dei rapporti intercorsi fra musica e
politica nella Germania nazionalsocialista significa affrontare coraggiosamente uno dei periodi più interessanti per quel che riguarda il
rapporto tra Musica e Potere.
Il volume del giovane studioso barese Lorenzo Lorusso “Orfeo al servizio del Führer. Totalitarismo e musica nella Germania del Terzo Reich”
affronta coraggiosamente il ponderoso tema, proponendo una documentazione amplissima ed abbracciando un lasso di tempo che parte dall’analisi della vita musicale negli inquieti anni di Weimar, per
arrivare agli ultimi brani wagneriani trasmessi alla radio per onorare la morte di Hitler.
Tra questi due estremi temporali, Lorusso ricostruisce la struttura
organizzativa della Reichsmusikkammer, il ruolo ambiguo della musica jazz, tra rigore ideologico ed esigenze della propaganda, l’utilizzo
della radio da parte del regime, il processo di arianizzazione della
musica, la marginalizzazione di direttori e
compositori nemici del regime e tutta l’attività della propaganda culturale nazista.
Un lavoro curato, anche dal punto di vista
del linguaggio, elegante e scorrevole, che
ha riscosso subito un’ottima considerazione nell’ambito degli studi musicologici e
storico-politici.
Orfeo al servizio del Führer.
Totalitarismo e musica nella
Germania del Terzo Reich
Editrice Lepos - Palermo
Pag. 290 in brossura
€ 28,30
La filosofia di Wagner
“M
usica e sofìa – problematiche filosofiche nell’opera di Richard Wagner” è il titolo di una recente pubblicazione edita da “Le Cariti”. Autore è Aurelio Canonici,
genovese, pianista e direttore d’orchestra, laureato in filosofia, direttore artistico della sezione sinfonica “Richard Wagner” del Ravello Festival e docente al Conservatorio di Piacenza.
L’autore offre una accurata analisi della concezione filosofica wagneriana quale emerge dalla sua complessa visione teatrale, andando a individuare le diverse fonti che hanno nel tempo affascinato e influenzato il compositore tedesco. Se, infatti, è vero che il
maggior debito è quello nei confronti di Schopenhauer, è anche
vero che Wagner lesse con avidità
Platone, Hegel, Feuerbach, oltre alla
poesia di Novalis. Una esplorazione
profonda quella di Canonici che aiuta a capire cosa c’è dietro al grande
monumento teatrale wagneriano.
«Scrivere su Wagner – ha notato l’autore nella premessa – vuole dire affrontare un argomento di estrema vastità. E’ stato rilevato che le tre figure
storiche attorno a cui si è sviluppata la
bibliografia più ampia sono, in ordine di
dimensioni, Gesù Cristo, Napoleone Bonaparte e, appunto, Richard Wagner».
Il libro, dunque, si articola in cinque
complessi capitoli. Nel primo è affrontato il rapporto di Wagner con
Schopenhauer e la presenza di quest’ultimo nel teatro wagneriano. Nel
successivo capitolo Canonici prende in esame il concetto di opera
d’arte totale, premessa necessaria al terzo capitolo incentrato sul
Ring, analizzato come opera d’arte totale aperta a interpretazioni
politiche sociali e religiose.
Non poteva mancare, naturalmente, una parte dedicata ai controversi rapporti (umani, filosofici e culturali) fra Wagner e Nietzsche. Infine il problema religioso che vede “Parsifal” punto di incontro fra Cristianesimo e buddismo.
Aurelio Canonici
Musica e sofìa – problematiche
filosofiche nell’opera di Richard Wagner
Le Cariti Editore – Firenze
Pag. 150 - € 16,00
A. C.
R. I.
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