Anno XV - Numero 71 - 29 ottobre 2009 L’Intervista Parla il regista Filippo Crivelli A Pag. 2 Analisi Musicale Wagner e la melodiosa partitura del Tannhäuser A Pag. 7 I trovatori La lirica sapiente dei cantori dell’ “amor cortese” A Pag. 11 Papa Urbano IV Il pontefice di Tannhäuser e del Corpus Domini A Pag. 13 Falso mito su Wagner In realtà tra gli autori meno eseguiti nella Germania nazista A Pag. 14 TANNHÄUSER d i R i c h a r d Wa g n e r Tannhäuser 2 Il Giornale dei Grandi Eventi Parla il regista Filippo Crivelli «Ad 80 anni debutto in Wagner, con alcuni esperimenti» E gravata da tagli di finanziamenti. Ogni sera, infatti, oltre al costo dei mimi, sarebbe stato necessario cambiare - in tempi rapidi – l’intero tappeto di copertura del palcoscenico. Inoltre, la nuova sovrintendenza e direzione artistica, in linea con i gusti del pubblico romano, hanno ritenuto inadatta una regia così d’avanguardia come questa scelta dalla passata gestione. Puntando sul classico, sul rispetto verso l’autore, si è pensato di affidare la nuova regia a Filippo Crivelli, noto come regista che ama lo spirito musicale e che al Costanzi ha già lavorato nel 2005 con l’elegante allestimento dell’operetta Il Pipistrello e poi con La Figlia del Reggimento. «Amo l’allegria e l’ironia ed ho sempre lavorato in quel senso – dice Crivelli – ma questa volta voglio cimentarmi con una cosa nuova. All’età di 80 anni debutto con Wagner che non ho mai fatto. In poco tempo abbiamo messo in piedi un nuovo allestimento realizzato tutto con le forze interne al Teatro. Con Maurizio Varamo, che firma le scene, abbiamo optato per una realizzazione tradizionale: nessuno conosce bene la storia di Tannhäuser per la difficoltà della lingua e così noi la vogliamo raccontare in modo semplice ed accessibile. Ci sarà una bellissima realizzazione della sala del castello di Wartburg, dove si svolge la tensone amorosa. I costumi poi sono della costumista del Teatro Anna Biagiotti». «Ma la grande novità – continua Crivelli - sarà nell’introduzione, dove l’Overture è collegata direttamente al balletto: non ci sarà, dunque, una chiusura con applausi, ma il percorso continuerà. Il bosco iniziale, in cui il protagonista si perde, rappresenta il suo smarrirsi nella passione, in una notte di peccato, in una esperienza sensuale e surreale che ha quasi dell’allucinazione. Qui abbiamo avuto l’idea di usare uno specialista di quella che potrebbe John Maler Collier (1850-1934) essere la scenografia del futuIn the Venusburg (Tannhauser), 1901 ro, quella fatta di proiezioni. Per questo siamo ricorsi a Roberto Rebaudengo che ha Il G iornale dei G randi Eventi realizzato i video usati per l’apertura delle Olimpiadi di Direttore responsabile Torino 2006 e dei recenti Andrea Marini Mondiali di Nuoto. Spero sia Direzione Redazione ed Amministrazione uno spettacolo apprezzato dal pubblico, anche perché Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma abbiamo un cast davvero di e-mail: [email protected] primissimo ordine, tutti di matrice wagneriana. Alcuni, Editore A. M. come ad esempio il baritono Stampa Tipografica Renzo Palozzi Via Vecchia di Grottaferrata, 4 - 00047 Marino (Roma) Mathias Görne che interpreta Wolfram, cui è legata l’aRegistrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore ria più famosa, è richiesto in tutto il mondo». Le fotografie sono realizzate in digitale ’ stato chiamato solo nel giugno scorso Filippo Crivelli – che si definisce «regista di tradizione» -, per realizzare la regia di questo Tannhäuser, titolo che da cartellone - redatto dalla passata direzione artistica - doveva essere affidata al giovane e discusso canadese Robert Carsen, noto a livello internazionale e che ha firmato anche per La Scala regie d’avanguardia. Carsen, per le sue scelte ardite, è pure recentemente entrato nella polemica con Lorin Maazel e Franco Zeffirelli sulle moderne regia d’opera, sostenendo: «Quel che c’ è di valido nella parola “tradizione”, relativamente alle arti, è che le Arti “tradizionalmente” sono uno specchio della società da esse influenzata (o forse viceversa?). La società è in continua evoluzione, dunque lo sono anche le Arti». Il suo Tannhäuser che sarebbe dovuto andare in scena qui a Roma, era quello nato per l’Opera Notori Tokyo, poi portato nel dicembre 2007 a Parigi all’Opéra Bastille (dove è stato aspramente contestato, anche se musicalmente apprezzato grazie al direttore Seiji Ozawa) per poi approdare al Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Si caratterizzava per l’ambientazione anni ’70, nel periodo e nell’atmosfera della Pop Art, con il protagonista che più di un trovatore era un pittore. Così, per esempio, nel 1° atto, dopo aver verniciato di fresco il pavimento alla maniera della corrente pittorica americana, nel famoso baccanale, ben 90 mimi si sarebbero dovuti rotolare nudi in quella pittura fresca. Questo però – sul piano pratico - avrebbe fatto lievitare i tempi dei cambi di scena e soprattutto i costi dell’allestimento, in un periodo di transizione in cui l’Opera di Roma e ~~ La copertina ~ ~ con fotocamera Kodak Easyshare V705 Andrea Marini ~~ La Locandina ~ ~ Terme Costanzi, 29 ottobre 2009 TANNHÄUSER und der Sängerkrieg auf Wartburg Grande opera romantica in tre atti Musica e libretto di Richard Wagner Prima rappresentazione: Dresda, Königliches Hoftheater, 19 ottobre 1845 (seconda versione: Parigi, Opéra, 13 marzo 1861). Maestro concertatore e Direttore Maestro del Coro Regia Scene Costumi Coreografia Video Designer Daniel Kawka Andrea Giorgi Filippo Crivelli Maurizio Varamo Anna Biagiotti Gillian Whittingham Roberto Rebaudengo Matthias Schnabel Disegno luci Agostino Angelini Personaggi / Interpreti Venus (Ms) Béatrice Uria-Monzon (29, 31, 3, 5) / Natascha Petrinsky (30, 4, 6) Tannhäuser (T) Stig Andersen (29, 31, 3, 5) / Mario Leonardi (30, 4, 6) Elisabeth (S) Martina Serafin (29, 31, 3, 5) / Tina Kiberg (30, 4, 6) Wolfram von Eschenbach (Bar) Mathias Görne (29, 31, 3, 5) / Otto Katzameier (30, 4, 6) Hermann (B) Christof Fischesser Biterolf (B) Ralf Lucas Walther von der Vogelweide (T) Vicente Ombuena (29,30,31,3,5,6) / Ulfried Haselsteiner (4) Pastore (S) Silvia Colombini Heinrich der Schreiber (T) Gianluca Floris Reinmar von Zweter (B) Alessandro Guerzoni Primo Paggio Flavia Scarlatti (29, 31, 4, 6) / Marta Pacifici (30, 3, 5) Secondo Paggio Benedetta Malvagna Terzo Paggio Vittoria Scacchi (29, 31, 4, 6) / Camilla Malpicci (30, 3, 5) Quarto Paggio Carlo Maria Zanetti La Donna Alessia Barberini (29, 30, 31, 3, 4) / Anjella Kouznetsova (5, 6) L'Uomo Riccardo Di Cosmo (29, 31, 4, 6) / Alessandro Tiburzi (30, 3, 5) ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA Coro delle Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del Teatro dell'Opera diretto da José Maria Sciutto Nuovo allestimento In lingua originale con sovratitoli in italiano ~ ~ Prossimo Appuntamento ~ ~ 18 - 31 Dicembre LA TRAVIATA di Giuseppe Verdi Per gli abbonati il balletto Papavero Rosso sarà sostituito da Il lago dei cigni Saranno sospese le produzioni di Daniele Lombardi Futurismo. The bad boys of piano” (28-31 novembre, Teatro Nazionale), e quella di Maurice Béjart – Samuel Beckett. L’heure exquise (12-15 novembre, Teatro Nazionale) ed Il papavero rosso (17- 22 novembre, Teatro dell’Opera). Lo ha annunciato con rammarico il Sovrintendente ad interim del Teatro dell’Opera di Roma, Catello De Martino. Il taglio di queste produzioni si è reso opportuno, esclusivamente, per sostenere le indispensabili esigenze di risparmio, in base alle note difficoltà di bilancio in cui versano tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche. Il balletto Il papavero rosso previsto, in abbonamento, dal 17 al 22 novembre, verrà sostituito nelle stesse date dal balletto Il lago dei cigni (di cui restano invariate le recite già inserite in cartellone dal 27 novembre al 2 dicembre). Visitate il nostro sito internet www.giornalegrandieventi.it dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale Il Tannhäuser Giornale dei Grandi Eventi D opo 24 anni di assenza il Tannhäuser torna al Teatro dell’Opera di Roma. Una grande opera romantica in tre atti, composta in età giovanile e diversa dai lavori della maturità wagneriana, che il compositore lipsiano rimaneggiò più volte e di cui però non fu soddisfatto fino alla morte. Quella presentata è la versione francese andata in scena a Parigi il 13 marzo 1861, con in sala, tra gli altri, il poeta Baudelaire e Giochino Rossini. Il nuovo allestimento, deciso dopo la rinuncia decisa dalla nuova gestione del Teatro - a quello troppo costoso e troppo d’avanguardia del discusso canadese Robert Carsen, è affidato all’esperienza ed al gusto di Filippo Crivelli che ne ha fatto una lettura fedele del libretto, realizzarla interamente con le forze interne all’Opera di Roma, spesso in passato troppo poco sfruttate. Grazie ad un gioco di videoproiezioni non ci sarà – come d’altronde pensato anche dal compositore, ma talvolta non applicato – una separazione tra Overture e la prima scena. Sul podio il direttore francese Daniel Kawka. Il cast è di primissimo livello, tutti di collaudata matrice wagneriana. 3 Le Repliche Venerdì, 30 Ottobre ore 18.00 Sabato, 31 Ottobre ore 17.00 Martedì, 3 Novembre ore 19.00 Mercoledì, 4 Novembre ore 19.00 Giovedì, 5 Novembre ore 19.00 Venerdì, 6 Novembre ore 19.00 Un Tannhäuser senza “note” per la testa La vicenda si svolge in Turingia al principio del XIII secolo mento di una tenzone poetica sul tema “la natura dell’amore”. Rivela anche che il premio per il miglior compositore sarà la mano della nipote Elisabeth. Le trombe danno inizio alla competizione: Wolfram, dedica il suo canto al valore sacro dell’amore celeste, Biterolf celebra l’amore come virtù, Tannhäuser loda invece l’amore carnale. Nel tessere un elogio a Venere racconta dell’esperienza nel regno sotterraneo della Dea, suscitando l’indignazione dei cavalieri che vogliono punirlo. Elisabeth, pur ferita dalla lode, supplica Hermann di concedere all’amato assoluzione cristiana. Il trovatore dovrà unirsi ai pellegrini in viaggio verso Roma e non potrà far ritorno alla fortezza, finché non avrà ottenuto l’espiazione delle proprie colpe direttamente dal Papa. La Trama ATTO I - Venusburg, regno sotterraneo di Venere. Il trovatore Tannhäuser si trova da lungo tempo sul monte di Venere, amante e cantore della dea della bellezza. Circondato da un’orgia di satiri, baccanti e ninfe, il poeta è ormai sazio del troppo amore e dei costumi lascivi, tanto da rimpiangere la vita terrena e desiderare penitenza cristiana. Nonostante la Dea tenti di trattenerlo, Tannhäuser è fermo nella sua decisione e dopo aver elevato un inno a Venere, cerca la salvezza invocando Maria. Il nome della Vergine rompe l’incanto e il Venusburg si inabissa. Il cantore si ritrova nella valle, presso la fortezza della Wartburg, dove un pastorello intona un’ode per celebrare il ritorno della primavera. Una processione di pellegrini procede sul sentiero alpestre verso Roma e Tannhäuser tormentato dai rimorsi, esprime l’intento di unirsi a loro. Il suono delle fanfare rivela l’arrivo di Hermann, il Langravio di Turingia, accompagnato dai compagni di un tempo, Walther, Heinrich, Biterolf e Reinmar. I poeti stupiti accolgono con calore l’antico rivale e lo invitano a tornare al castello, sua dimora. Il trovatore inizialmente rifiuta, ma venuto a conoscenza che Elisabeth, nipote del Langravio, è ancora sofferente per la sua lontananza, accetta l’invito. ATTO II - Sala dei bardi del castello della Wartburg in Turingia. Tannhäuser può rivedere Elisabeth, la quale, sorpresa ed emozionata, chiede il motivo della lontananza. Il poeta giura di non rammentare in quale remota terra si fosse trattenuto e dichiara con ardore il suo amore alla giovane. Nel salone giungono cavalieri, dame e nobili. Il Langravio può così solennemente annunciare lo svolgi- ATTO III – Valle della Wartburg. E’ arrivato l’autunno e nella valle Elisabeth prega davanti all’immagine della Madonna. I pellegrini percorrono la via del ritorno raccontando della grazia ricevuta da Roma, ma tra di loro non c’è Tannhäuser. La fanciulla disperata offre alla Vergine Maria la sua vita, in cambio della salvezza dell’amato e si accinge a tornare Wartburg per compiere l’estremo gesto. Wolfram, che ne è innamorato, suona tristemente l’arpa, intonando un canto rivolto alla stella della sera. Giunge nella vallata anche Tannhäuser, l’unico a non aver ricevuto al grazia del perdono. Il poeta vuole tornare nel regno di Venere, unico luogo dove può essere accolto, dato che l’unica possibilità per non essere condannato in eterno, consiste nel far fiorire il suo bastone da pellegrino. Per un istante Venere invocata appare, nello stesso momento giunge anche il corteo funebre che accompagna la bara di Elisabeth. Grazie al sacrificio d’amore il poeta è salvo: dal bastone sbocciano fiori e Tannhäuser e può ora morire con serenità sulla salma dell’amata. (Trama a cura Lucia Cuffaro) Il Giornale dei Grandi Eventi Tannhäuser 5 Martina Serafin e Tina Kiberg Sting Andersen e Mario Leonardi Elisabeth, nipote del Langravio Il Trovatore Tannhäuser I soprani Martina Serafin (29, 31/X 3,5/XI) e Tina Kiberg (30/X 4,6/XI) si alterneranno nel ruolo della innamorata nipote del Langravio. Nata a Vienna, il soprano Martina Serafin, ha iniziato una carriera internazionale che la vede anche protagonista dei principali Teatri d’Opera del mondo, quali il Covent Graden di Londra, il Weiner Staatoper, il Liceu di Barcellona, l’Opernhaus di Zurigo, Il Teatro Massimo di Palermo, il Bellini di Catania e nelle più importanti capitali mondiali quali Berlino, Tokyo, Monaco e Bruxelles. Torna al Teatro dell’Opera di Roma nel ruolo di Elisabeth in Tannhäuser, dopo il debutto nel ruolo di Tosca, sotto la direzione del M° Gelmetti. Il suo repertorio spazia da Mozart a Puccini, passando da Wagner a Strauss. Ha debuttato recentemente all’Opera di San Farcisco con Rosenkavalier e Turandot con l’Orchestra Filarmonica della Scala, diretta dal M° Riccardo Martina Serafin Chailly in occasione de Festival di Santa Cecilia, a Torre del Lago. Tra le opere da lei interpretate annoveriamo inoltre, La Valchiria, Andrea Chenier e Don Giovanni. Tina Kiberg, soprano di origine danese, ha costruito la sua brillante carriera internazionale interpretando ruoli come Mascallin in Der Rosenkavalier, a Copenaghen, Berlino e Ginevra; Contessa in Le Nozze di Figaro, esibendosi a Francoforte, Berlino e Houston. Inoltre è stata Desdemona in Otello, Liu in Turandot, Donna Elvira in Don Giovanni ed Elisabeth in Tannhäuser, E’stata già Chysothemis in Elektra a Roma, Berlino, Tolosa e in numerosi Festival. Recentemente ha debuttato a Copenaghen, con i ruoli di Rosalinde (Die Federmaus) e Foreign Princess (Rusalka) e a Berna con il ruolo di Senta, in una nuova produzione de L’Olandese Volante. Torna a Roma con il Tannhäuser (Wagner), come interprete di Elisabeth, nipote del Langravio. Il suo repertorio operistico comprende Bohème, I Vespri Siciliani, Fidelio e Falstaff. Vanta anche collaborazioni con direttori di fama internazionale. Intensa la sua attività concertistica, il suo repertorio comprende Beethoven, Mahler, Schuber, Strauss, Verdi e Britten. Christof Fischesser Hermann, Langravio di Turingia N ato a Wiesbaden, in Germania, il basso Christof Fischesser, ha studiato canto presso l’Accademia di Arti Sceniche di Francoforte. Interpreterà all’Opera di Roma Herman, il Langravio di Turingia. Dopo aver vinto il primo premio al Concorso Nazionale di Canto a Berlino nel 2000, è iniziata la sua carriera da interprete, ottenendo numerosi ruoli presso l’Opera di Karlsruhe, è stato Figaro ne Le Nozze di Figaro, Sir Giorgio ne I Puritani e interprete del titolo di Mefistofele di Boito. Nel 2004 ha debuttato alla Staatsoper di Berlino come Rocco in Fidelio, sotto la direzione di Simone Young. E’stato inoltre Sarastro nel Flauto Magico, Banco nel Macbeth, Ramfis nell’Aida, Klingsor in Parsifal, Landgraf in Tannhäuser, Escamillo nella Carmen e Don Basilio ne Il Barbiere di Christof Fischer Siviglia. Recenti impegni lo hanno visto protagonista con la WestEastern Divan Orchesta, in tournée in Spagna, e con la Bavarian State Orchestra diretta da Kent Nagano. Pagina a cura di Martina Proietti; Foto di Corrado M. Falsini I l protagonista avrà la voce dei tenori Sting Andersen (29, 31/ X; 3,5 / XI) e Mario Leopardi (30/X; 4, 6 /XI). Sting Andersen, è uno dei tenori membri e più richiesti del Teatro Reale di Copenaghen, interpreterà all’Opera di Roma nell’opera di Wagner, Tannhäuser, il trovatore protagonista. La sua carriera lo ha portato a esibirsi con il Lohengrin di Wagner nelle più importanti città del mondo tra le quali Dresda, Copenaghen e Tokyo. Il suo repertorio comprende Richard Wagner (L’olandese Volante, La Valchiria e Sigfrdo), Paul Hindemith (Mathis der Maler) e Thomas Adés (Re di Npoli in La Tempesta). Ha collaborato con diversi direttori quali Christian Armino, Daniel Barenboim, Myun-Whun Chung, James Conlon, Mark Elder, Christoph Eschenbach, Armin Jordan, Fabio Luisi, Kent Nagano, Simon Ratte, Simone Jung, Franz Welser-Möst, Esa-Pekka Salonen e Leif Segerstam. Il suo repertorio concertistico comprende opere di Haydn, Bramhs, Mahler, Schmidt e Shönberg. Nel 2006 ha presentato la sua prima produzione come direttore di scena al Teatro Studio del Teatro Reale di Copenaghen, Kain og Abel. E’ stato insignito del titolo di «Kammersänger» dello stesso Teatro. Il tenore Mario Leonardi, si è diplomato al Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara ed ha completato i suoi studi all’Accademia Lirica di Osimo. Vincitore del concorso “Adriano Belli” di Spoleto, ha cantato in numerosi Teatri italiani quali il Teatro Nuovo di Spoleto, il Viotti di Vercelli, il Verdi di Trieste, Teatro Cilea di Reggio Calabria, Teatro Rendano a Cosenza e al Chiabrera di Savona. Riceve il prestigioso premio Caruso dal Teatro Bellini di Napoli. Il suo repertorio, presentato nei maggiori teatri d’Europa e del mondo, comprende Madama Butterfly, Norma, Cavalleria Rusticana, Tosca, Boheme, Aida, Turandot, Carmen e Otello. E’stato diretto da Morandi e De Bernard nel ruolo di Cavaradossi in Tosca. Tra le sue esperienze internazionali, c’è il concerto da solista al museo Fernando Blanco di Buenos Aires e l’interpretazione del Requiem di Verdi al Teatro Municipal di Rio de Janeiro. Inoltre, in Turchia è stato Radames in Aida, a Varsavia Don José in Carmen, a San Paolo del Brasile Alfredo in Traviata e a Opava (Repubblica Ceca), è stato Edgardo in Lucia di Lammermoor. Intensa la sua attività concertistica, con l’Orchestra di Grosseto ha eseguito la IX Sinfonia di Beethoven e per l’ambasciata italiana un concerto da solista, con l’orchestra nazionale armena a Erevan, capiatale dell’Armenia. Béatrice Uria-Monzon e Natascha Petrinsky La carnale dea Venere A dar voce a Venere saranno i mezzisoprani Béatrice UriaMonzon (29, 31/ X; 3,5/XI) e Natascha Petrinsky (30/X; 4, 6 /XI). Il mezzosoprano Béatrice Uria-Monzon, ha completato i suoi studi alla scuola Art Lyrique all’Opera de Paris. Da subito impegnata nei più importanti teatri francesi, si è esibita al Capitol di Tolosa con i ruoli di Beatrice in Beatrice e Benedetto e Charlotte in Werther, diretta da Michel Plasson. E’stata invitata ad interpretare Marguerite in Damnation de Faust al Bregenz Festival ed alla Köln Opera. Dopo aver interpretato Carmen con successo all’Opera Bastille, canta questa parte in tutti i teatri d’opera nazionali ed internazionali, quali il Teatro Colon di Buenos Aires, l’Opera di Miami, il Teatro Regio di Torino, l’Arena di Verona Festival, il Vienna Stasstsoper e Metropolitan Oper di New York. E’ anche interprete del grande repertorio italiano. Ha debuttato alla Scala di Milano con Giulietta, ne I racconti di Hofmann, ruolo successivamente interpretato anche a Madrid. Torna all’Opera di Roma con Tannhäuser nel ruolo della dea Venere, dopo esser stata già Charlotte dell’opera di Goethe, ne I dolori del giovane Werther. Il suo repertorio concertistico comprende opere quali il Requiem, (Verdi), La morte di Cleopatra ed Herminie, (Berlioz). Natascha Petrinsky, mezzosoprano, nasce a Vienna, ma studia canto in Israele, debuttando con la New Israeli Opera in Carmen. Intensa la sua attività concertistica, ha eseguito il Requiem, (Verdi) Missa Solemnis (Beethoven), la III Sinfonia (Mahler) ed Elias (Mendelssohn). La sua carriera l’ha portata ad esibirsi in città quali Dresda e Londra (Covent Garden). Ha già debuttato all’Opera di Roma con L’oro del Reno di Wagner; torna come dea Venere in Tannhäuser, ruolo già interpretato nelle città di Nancy e Bruxelles. A Tokyo esegue la IX Sinfonia, (Beethoven). Nel 2008 è stata protagonista di Phaedra e Sonetka in Lady Macbeth of Mzensk, al Maggio Fiorentino diretta da Roberto Abbado e James Colon. 6 Tannhäuser Il Giornale dei Grandi Eventi La storia dell’opera Del Tannhäuser Wagner mai soddisfatto C hi pensa che l’opera romantica Tannhäuser di Wagner sia stata da subito accolta come un capolavoro deve ricredersi. Le prime rappresentazioni, sia a Dresda che a Parigi, si rivelarono un fiasco. Ma andiamo con ordine. Le versioni di quest’opera, a cui il musicista cominciò a lavorare all’età di trent’anni ed alla quale ha ripensato tutta la vita, sono quattro. L’opera, strutturata in tre atti, ha come titolo originale Tannhäuser und der Sängerkrieg auf Wartburg, ovvero Tannhäuser e la gara dei cantori della Konigliches Hoftheater di Dresda Wartburg. Il libretto si ispira a due zione del libretto in francese di leggende medievali tedesche, Charles Nuitter e una nuova sovrapposte tra loro con l’agversione del primo atto, nella giunta di personaggi e contesti prima e nella seconda scena e nuovi e particolari. La prima, ulteriori modifiche di scarso riche risale ad un racconto popolievo nelle altre parti. Il comlare del XIV secolo, tratta della positore dedicò l’opera, a cui storia di Tannhäuser, crociato lavorò con ulteriori piccoli rie in seguito poeta e cantore gitocchi alla partitura fino al ramondo, vissuto un anno nel 1861, a M.me Camille Erard. regno sotterraneo di Venere e poi peccatore pentito. L’altra A Parigi per farsi conoscere trae spunto da un racconto storico del XIII secolo, sulle gare Il musicista, in giro per l’Europoetiche dei Minnesänger, i pa dal 1849 perché fuggito docantori d’amore della Wartpo un suo coinvolgimento in burg (fortezza della Turingia). una rivolta armata rivoluzioAl centro dell’opera romantica naria, era arrivato a Parigi alla c’è l’amore, inteso come redenricerca di nuovi spunti in quelzione per mezzo dell’amore la che era tra le città europee stesso e come contrasto tra più ricche di fermenti culturali. amore sacro e amore profano. Una capitale, cuore del bel Ne scaturisce un’opera ardente mondo, ma anche fucina di ared esuberante, ricca di idee tisti, poeti e musicisti e qui le drammatiche e di invenzione sue opere non erano mai state musicale. rappresentate. La sua fama di Alla prima stesura del testo compositore cominciava però a Wagner lavorò ad Aussig (oggi spargersi. Del Tannhäuser, anUstí nad Labem, capoluogo dato in scena 14 anni prima, ne della Boemia settentrionale), parlavano in molti, anche senTeplice e Dresda, tra il giugno za conoscerlo, ma c’erano delle 1843 e l’ottobre 1845. Da luglio difficoltà per allestirlo. In pri1843 vi lavorò anche alla stesumis la mancanza di cantanti ra della musica. appropriati. Da qui il nervosiL’opera venne messa in scena smo di Wagner. per la prima volta, sotto la diMa Parigi era la città della sperezione dello stesso autore, il ranza e per preparare il pubbli19 ottobre 1845 al Königliches co all’ascolto, Wagner decise di Hoftheater di Dresda, dove, organizzare tre concerti preliperò, venne accolta tiepidaminari. Il primo si tenne il 25 mente. gennaio 1860 e se gli spettatori Due anni dopo Wagner rielaacclamarono, i giornali furono borò il III atto e questa è la semalevoli. «Wagner è un grande conda versione. musicista, ma ha delle tendenze Alla terza cominciò a lavorare deplorevoli», scriveva il “Menea Parigi nel 1859, con la tradu- strel”. E ancora, «Cinquant’anni di questa musica e la musica sarà morta». A Parigi non si comprendeva troppo bene l’artista, anche se si intuiva che la sua arte era destinata ad avere un seguito. Nella capitale francese la sua musica aveva anche degli amici importanti. Baudelaire che si era fatto suonare al piano il Tannhäuser, Théophile Gautier, Malfida von Meysenbug e Blandina Ollivier. E ancora Léon Leroy insegnante di musica e il dottor Gasperini. E, col passare del tempo, tante altre personalità fecero lega attorno al musicista maltrattato: la principessa Paolina di Metternich-Sandor, moglie dell’ambasciatore d’Austria; il conte Alberto di Pourtalès, allora ambasciatore di Prussia a Parigi, il conte Hatzfeld, suo addetto d’ambasciata. Erano i cosiddetti appoggi “seri”, perché legati all’imperatrice Eugenia. Ecco che cosi al Palazzo delle Tuileries si parlava di lui. Wagner venne presentato al conte Biciocchi, Ciambellano di Sua Maestà, al quale raccontò il soggetto nei minimi dettagli. In questo modo il signor de Rouyer, sovrintendente del Grand Opéra, ricevette l’ordine di far rappresentare il Tannhäuser all’Academie Imperiale de Musique. La rappresentazione a Parigi L’attesissima prima parigina ebbe luogo il 13 marzo 1861, dopo ben 164 prove divenute leggendarie e 16 anni dopo la prima rappresentazione di Dresda. La direzione era di Louis Dietsch ed in sala erano presenti, tra gli altri, il poeta Baudelaire e Rossini. Del primo atto venne applaudito soprattutto il concerto finale. Ma al duetto esplose una bordata di fischi. I giorni successivi non furono più benevoli e così le rappresentazioni vennero sospese dopo solo tre recite. Poco dopo Wagner partì per Vienna. Qui tra agosto e settembre del 1861, mise a punto la quarta versione, quella definitiva, con la traduzione tedesca del libro francese e alcune modifiche alla musica, fra cui il nuovo “ponte” tra Ouverture e la prima scena. Al ritorno a Parigi, nel 1862, arrivò un’inattesa notizia per il compositore: l’ottenimento di un passaporto prussiano che gli riaprì le porte della Germania. Dopo 12 anni d’esilio rivide la sua terra. Mai soddisfatto Complessivamente, dunque, dell’opera Wagner ne stese quattro versioni, ma in realtà del risultato Wagner non fu mai soddisfatto. Questo continuo lavorare a tale opera testimonia quanto l’autore ci tenesse e quanto ne fosse coinvolto, tanto da confidare alla moglie Cosima Liszt, fin poco prima di morire, l’intenzione di revisionare Tannhäuser. L’opera in Italia In Italia la prima rappresentazione si tenne il 7 novembre 1872 al Teatro Comunale di Bologna. Il libretto era stato tradotto nella nostra lingua da Salvatore De Castrone della Rajata e l’opera fu diretta da Angelo Mariani. A Roma il debutto fu nell’aprile del 1900. Ma passarono altri cinquant’anni per la prima rappresentazione, in lingua originale, al Teatro Alla Scala di Milano. Era il 27 dicembre 1950. Filomena Leone Il Giornale dei Grandi Eventi Tannhäuser 7 L’analisi musicale Wagner e la melodiosa partitura del Tannhäuser U no degli aspetti certamente più affascinanti del teatro wagneriano è costituito dalla sua straordinaria coerenza costruttiva e narrativa. Una imponente celebrazione della cultura tedesca nella quale mito e storia si fondono in un tutt’uno, coinvolgendo spesso personaggi che passano da un titolo ad un altro in una visione evocativa comune di rara efficacia. Così, ad esempio, il tema della redenzione, centrale in Parsifal è anticipato in Tannhäuser, Lohengrin è il figlio di Parsifal, il tema delle dispute poetiche e filosofiche passano dal Tannhäuser ai Maestri Cantori. E a Hans Sachs, figura centrale dei Maestri Cantori si deve uno scritto dedicato a Tannhäuser, anche questo personaggio storico: nato nel 1205 da nobile famiglia bavarese, morì intorno al 1268. Fu un poeta dotato di ironia, cantore dell’amore cortese (come era proprio del movimento dei Minnesänger), ma pure dell’amore sensuale. Una fitta rete di rimandi, insomma, che rendono l’esplorazione del teatro wagneriano quanto mai suggestivo e ricco di sorprendenti scoperte. In Tannhäuser (1845, argomento tratto da varie leggende medioevali nordiche che hanno per protagonista il Minnesänger omonimo) ai temi della dannazione e della redenzione si aggiunse quello del contrasto fra amore sensuale e amore spirituale. Tannhäuser irretito da Venere (amore sensuale) ottiene la propria salvezza grazie al sacrificio di Santa Elisabetta (amore spirituale). La vicenda è ambientata nella Wartburg, la sontuosa dimora del Langravio di Turingia che Wagner aveva visitato quando, di ritorno a Parigi e diretto a Dresda, si era fermato con la moglie Minna a Eisenach (città natale di Bach) ed era appunto andato in quella austera abitazione assurta a simbolo della cultura germanica. Lì, alla Wartburg, si erano svolte tenzoni di canto e poesia dei Minnesänger, fra i quali von Eschenbach e von der Vogelweide (tra i protagonisti del Tannhäuser); lì aveva dimorato Elisabetta, moglie del Langravio di Turingia Ludovico IV, proclamata santa da papa Gregorio IX a Perugia il 27 maggio 1235 (giorno di pentecoste); sempre in quel luogo avrebbe trovato rifugio nel 1521 Martin Lutero che proprio alla Wartburg iniziò la traduzione in tedesco della Bibbia. Luogo, insomma, “sacro” alla cultura germanica, non a caso scelto come scenario per la propria opera da Wagner. Melodie flessibili ed orchestrazione ricca Sul piano musicale, Tannhäuser è partitura di straordinaria concezione; la struttura si articola in una successione di scene composite (4 nel primo atto, 4 nel secondo, 3 nel terzo) che se da una parte possiedono momenti strofici concepibili come singole unità (arie, duetti, concertati), dall’altra vantano un melodizzare flessibile, con una vocalità che oscilla fra il declamato e l’arioso ed un’orchestrazione quanto mai ricca che conferisce compattezza e unità alla partitura. Non siamo ancora nella sfera della struttura drammaturgica wagneriana propria dei titoli più maturi, contrassegnata da un fluire musicale non definibile con le tradizionali forme chiuse, ma piuttosto la varietà con cui la musica si piega alle esigenze teatrali, la ricchezza armonica che oscilla fra due estremi, fra diatonismo e cromatismo (amor sacro e amor profano), la ricchezza coloristica dello strumentale pongono la partitura in una posizione di apertura verso il nuovo. Wagner, insomma, imboccata la strada del Mito con l’”Olandese”, lasciata alle spalle la tradizione operistica (Rienzi), iniziava una ricerca di novità linguistica che proprio negli stessi anni aveva codificato nei suoi testi di estetica. L’inno a Venere cuore dell’opera E’ stato notato che il Tannhäuser si costituisce musicalmente e drammaturgicamente attorno all’Inno a Venere, così come l’Olandese volante era nato dalla Ballata di Senta che ne forma il nucleo centrale. In effetti l’Inno a Venere è pagina sublime e fondamentale nell’economia dell’opera, ma non è la sola. Proprio per l’intersecarsi di elementi narrativi e psicologici diversi, le “anime” musicali sono numerose. In questa opera giovanile protagonisti sono anche certi tratti vocali “italianizzanti” che scompariranno totalmente 5 anni dopo nel Lohengrin. Ecco, dunque, l’importanza che assume il Coro dei Pellegrini annunciato già nella Ouverture e più volte ripreso nel corso dell’opera. Così il tema dell’amor cortese, che nella scena nella sala della Wartburg assume connotati di marcia, in realtà è un poetico, appassionato inno all’amore di cui scrisse Berlioz: «Il ritmo vi assume andature fiere, cavalleresche, robuste. Si è ben sicuri, anche senza vedere la rappresentazione di questa scena, che una tal musica accompagna i movimenti di uomini validi, forti, rivestiti di splendide armature». Da ricordare, ancora, la preghiera di Elisabetta nel terzo atto e lo slancio lirico di Wolfram, ancora nel terzo. Pagine che mostrano anche una intensità lirica notevole. Nel Tannhäuser (così come poi accadrà anche nel Lohengrin) si avverte l’influenza di Weber (musicista che Wagner aveva conosciuto e ammirato profondamente, artefice della nascita del teatro romantico tedesco e, in quanto direttore di teatri, anche fautore di un nuovo modo di pensare gli allestimenti scenici), sia in certi dettagli essenziali (profili melodici, movimenti armonici e strumentazione), sia nella concezione generale: basta ricordare l’uso del leitmotiv anticipato (sia pure in una prospettiva completamente diversa) in “Eurianthe” che è forse l’opera più direttamente “pre-wagneriana” nel repertorio tedesco. Infine, del Tannhäuser occorre segnalare la Ouverture, bellissima, che è l’ultima composizione sinfonica nell’ambito delle opere wagneriane a essere identificata con tale denominazione e non come preludio. Ha una struttura bipartita che riflette il bipartitismo drammaturgico: nell’Andante maestoso e nell’Allegro si ritrovano il corale dei pellegrini e i temi del baccanale. Roberto Iovino Tannhäuser 8 Il Giornale dei Grandi Eventi Attingendo alla tradizione germanica La minuziosa ricerca di Wagner per la composizione del libretto L’ intreccio tra le due tradizioni leggendarie – quella di Tannhäuser e quella della tenzone di Wartburg – costituisce la base letteraria dell’opera di Wagner, che doveva essere intitolata in origine Der Venusberg (Il Monte della Venere) e successivamente Tannhäuser und der Sängerkrieg auf Wartburg (Tannhäuser e la tenzone dei cantori sulla Wartburg), titolo quest’ultimo nel quale appare esplicitamente indicata la contaminazione tra i due soggetti. All’interno di questa operazione di sintesi si inserisce inoltre, quale originale apporto wagneriano, il personaggio di Elisabeth, la nipote di Herrmann, il Langravio della Turingia. Oggetto dell’amore di Wolfram, cantore alla tenzone di Wartburg e amico di Tannhäuser, Elisabeth ama Tannhäuser di un amore puro e incrollabile. Dopo il lungo periodo della sua assenza, ella lo saluta con entusiasmo nella sala dei cantori in Wartburg, nella quale non ha più messo il piede da quando egli è partito. La gara a cui il Langravio invita i cantori ha per argomento l’essenza il vero amore e, mentre Wolfram e Walther von der Vogelweide tessono l’elogio di una Minne ideale, astratta e moraleggiante, Tannhäuser rievoca le immagini del monte di Venere, dedicando la propria canzone estatica alla dea dell’amore. Allorchè il protagonista conclude il suo canto con le parole «Infelici, che non avete mai goduto amore, / andate! Andate alla montagna di Venere!», i cavalieri gli si lanciano contro con le spade sguainate, ma Elisabetta si frappone, facendo scudo all’amato, e chiede al Langravio di rendergli la vita, concedendogli di recarsi a Roma con i pellegrini affinchè possa trovare redenzione. Raccolta in preghiera, Elisabetta si offre a Dio come pegno della salvezza dell’anima di Tannhäuser. Rientrato, infine, dal pellegrinaggio, senza aver ricevuto l’assoluzione e ormai risoluto a far ritorno al monte della Venere, il protagonista si avvicina ad un corteo di pellegrini e cantori che trasportano una bara aperta, entro la qua- Leggende germaniche In un antico Lied la storia di Tannhäuser E ’ tramandata da un Lied, il cui testo fu stampato nel 1515 e la cui melodia era conosciuta già intorno al 1500, ma si rifaceva prima ancora all’antico e famoso Codice Manesse della prima metà del XIV secolo, la storia del valoroso cavaliere Tannhäuser, il quale, dopo aver trascorso un anno di piaceri amorosi nel monte di Venere, comincia a pentirsi della propria vita dissoluta. «Mein leben das ist worden krank» (letteralmente «La mia esistenza è diventata malata»), dice alla dea del piacere, la quale cerca invano di convincerlo a dedicarsi una volta ancora alle delizie dei sensi, invitandolo a seguirla nella sua cameretta. Tannhäuser resiste, invocando l’aiuto della Vergine Maria, e Venere, finalmente, lo lascia libero, ingiungendogli tut- tavia di esaltarne il nome per il mondo. Rattristato e afflitto dai rimorsi, Tannhäuser si reca a Roma per ricevere dal Papa in persona remissione ai suoi peccati, ma Papa Urbano – più esattamente Urbano IV, come specifica il testo del Lied – gli nega l’assoluzione: il peccatore non otterrà mai la misericordia di Dio, così come non fiorirà mai la verga che il pontefice tiene in mano. Scoraggiato, Tannhäuser lascia Roma deciso a tornare alla sua dolce Venere, che riaccoglie con gioia l’amante tanto desiderato. A Roma, tre giorni dopo, accade però il miracolo: la verga papale si copre di fiori. Urbano fa cercare ovunque il cavaliere, ma inutilmente: egli ha ormai fatto definitivamente ritorno al monte di Venere e il Papa è condannato per l’eternità. Tannhäuser in una illustrazione del Codice Manesse - conservato nella Biblioteca di Heidelberg - che ci tramanda il meglio della poesia cortese tedesca e, in riquadri finemente miniati, le immagini dei Minnesänger, i poeti che la composero. le scorge il corpo di Elisabetta. «Beato il peccatore, per cui ella ha pianto / a cui ella ha impetrato la salute celeste!» canta il coro. Tannhäuser, accompagnato da Wolfram, si getta sul cadavere di Elisabetta, quindi si china lentamente al suolo e muore. Elisabetta simbolo di abnegazione Elisabetta, come simbolo dell’abnegazione, dell’amore come sacrificio, della vera umanità, costituisce il polo di una molteplice opposizione, in contrasto sia con la rigore inanimato dell’establishment dei cantori, sia con la chiesa istituzionalizzata che non sa perdonare, sia con il mondo di Venere, l’amore falso, che domina e distrugge. Attraverso la contaminazione tra la leggenda di Tannhäuser sul monte di Venere e quella della tenzo- ne dei cantori a Wartburg, e ancor più mediante l’introduzione del personaggio di Elisabetta, Wagner offre un’interpretazione assolutamente originale del materiale leggendario. Elisabetta diviene la personificazione del principio della redenzione attraverso la forza del vero amore. Tannhäuser, dopo l’esperienza dell’amore come dominio assoluto dei sensi compiuta sul monte di Venere, aspira ad una redenzione che non troverà nè entro i limitati orizzonti spirituali della corte del Langravio, nè attraverso il pellegrinaggio romano, bensì grazie al sacrificio di Elisabetta. L’importanza del Monte di Venere Del Tannhäuser di Wagner si è soliti distinguere due versioni: quella di Dresda del 1845 e quella Il Tannhäuser Giornale dei Grandi Eventi del fiasco parigino del 1861. In verità Wagner non parlò mai di una versione di Dresda e di una di Parigi. E tuttavia fuor di dubbio, però, che in occasione della versione parigina l’opera aveva compiuto un notevole passo avanti, soprattutto nella parte che ci interessa, per effetto del nuovo rilievo accordato alla scena del monte di Venere, nel primo atto. L’aggiunta di un Baccanale, nel quale ci è mostrata la folla lasciva che popola la grotta della dea dell’amore, da un lato era giustificata dalla necessità di corrispondere alle esigenze dell’Opèra di Parigi, inserendo nella partitura l’indispensabile Ballet, ma dall’altro rispondeva a ragioni squisitamente drammaturgiche, che Wagner illustrò in una lettera indirizzata nel 1860 alla sua «fanciulla prediletta», Mathilde Wesendonck: «Questa corte della ‘signora Venere’ era manifestamente il punto debole dell’opera. Non avendo ancora un buon corpo di ballo a mia disposizione, io mi ero contentato di far le cose alla meglio, e quindi le guastai molto: lasciai specialmente l’impressione del Venusberg debole e indecisa, il che ebbe per conseguenza di rovinare la base stessa, su cui doveva edificarsi in seguito la commovente tragedia. Tutti i ricordi e gli avvertimenti ulteriori così decisivi, che devono riempire d’orrore (e così soltanto si può spiegare l’azione) perdevano quasi tutto il loro effetto; il terrore e l’angoscia continua venivano a mancare.[...] Evidentemente bisogna qui inventar tutto per poter prescrivere al maestro da ballo le minime sfumature: è certo che soltanto la danza può qui produrre effetto, ma quale danza! Le persone resteranno stupefatte da tutto ciò che io ho cambiato!» Il Monte di Venere Segue poi una descrizione minuziosa di ciò che accade durante questa scena, descrizione che non posso tralasciare, in quanto non esiste spiegazione migliore e più autentica di come Wagner immaginò il monte della Venere di quella che ci viene data dalle sue stesse parole: «Venere e Tannhäuser riposano [...]: solamente le tre Grazie sono stese ai loro piedi, abbracciate graziosamente. Tutta una massa compatta di testine infantili circonda il letto come piccoli Amori che, nei loro giuochi infantili, siano caduti gli uni sugli altri picchiandosi e siano stati presi dal sonno. Intorno, le rocce della grotta sono circondate da coppie d’amanti. In mezzo danzano soltanto delle Ninfe, inseguite da Fauni che esse cercano di evitare. Questo gruppo accelera i suoi movimenti: i Fauni diventano più impetuosi: la fuga provocante delle Ninfe invita gli uomini delle coppie coricate a difenderle. Gelosia delle donne abbandonate; audacia crescente dei Fauni. Tumulto. Le Grazie si alzano e intervengono, i Fauni le inseguono, ma sono cacciati dai giovani. Le Grazie circondano le coppie... Delle sirene si fanno sentire... Da lontano, tumulto: i Fauni volendo vendicarsi, hanno chiamate le Bacchanti. Rumorosa, la truppa selvaggia si approssima, dopo che le Grazie si sono coricate di nuovo dinanzi a Venere. Il giubilante corteo conduce ogni sorta di animali mostruosi: si sceglie un cignale nero, lo si esamina accuratamente per vedere se non ha alcuna macchia bianca e lo si conduce, con gridi di gioia presso una cascata, un prete l’uccide e lo sacrifica con gesti orribili. A un tratto sorge dall’acqua, fra la gioia turbolenta della folla un personaggio che voi conoscete bene, il Strömkarl [letteralmente Carlo dei torrenti] delle leggende del Nord, col suo grande violino meraviglioso. Egli suona una danza, e voi potete pensare ciò che bisogna inventare per dare a questa danza il suo giusto carattere. Tutta la gente mitologica a poco a poco vi corre attratta dal violino e così gli animali consacrati agli dei. Infine i Centauri in mezzo alla frenesia generale, si mettono a caracollare qua e là. Le Grazie intimidite non sanno come metter fine al delirio». La Corte di Venere Allo scopo di rappresentare la corte che circonda la dea Venere, Wagner mobilitò un vasto campionario di figure mitologiche, che divise in vari gruppi e organizzò in una trama vera e propria, nella quale troviamo coinvolte anche coppie di uomini e donne. Questa trama si sviluppa attraverso un progressivo passaggio da momenti di tenera effusione ad altri di sfrenata ebbrezza, quali l’inse- 9 Bacchanti scelgono e che viene poi consacrato da un prete, e non troviamo più neppure lo strano personaggio di Strömkarl, tratto dalla mitologia nordica, di cui nella stessa lettera Wagner dice: «Io mi diverto molto di aver messo a profitto il mio Strömkarl per l’undicesima variazione. Ciò spiega perchè Venere è andata nel Nord con la sua corte; là soltanto poteva trovare il violinista che doveva sonare dinanzi agli dei antichi.». Pur tornando utile allo sviluppo della trama e pur contenendo un coro di Sirene, la scena del Baccanale è innanzitutto pura illustrazione, resa attraverso elementi mitologici correlati in modo più o meno stretto o significativo al mondo di Venere; è insomma più Bonaventura Gemelli: Prometeo guimento delle Ninfe da parte dei fauni, l’arrivo dello stuolo di Baccanti, il caracollare dei Centauri, fino al delirio generale che le tre grazie cercano invano di ricomporre. Solo le frecce degli Amorini, destati dalla dea, possono mettere fine a tanta frenesia. Se confrontiamo l’analisi della scena contenuta nella lettera di Wagner con la didascalia definitiva vediamo che intervengono molte novità: in più ci sono le Naiadi bagnanti, i Satiri, il ratto d’Europa sul torro bianco ornato di fiori e Leda con il cigno. E viceversa scomparso un altro cigno, di cui leggiamo nella lettera, quello che le un quadro che un’esposizione del mito, cosicchè non sorprende quanto Wagner scrisse nella lettera già citata: «Io vorrei avere sotto mano degli acquarelli di Genelli: egli ha rappresentato queste scene mitologiche in modo perfetto». Bonaventura Genelli (1798–1868) fu uno tra i più attivi illustratori dell’Ottocento; nato a Berlino, egli si recò a Roma per perfezionarsi tra il 1822 e 1832 e morì a Weimar nel 1868. I suoi cicli di illustrazioni, destinati tra l’altro ai poemi di Dante e di Omero, sono rimasti celebri. Markus Engelhardt Musicologo Tannhäuser 10 Il Giornale dei Grandi Eventi La filosofia nelle opere di Richard Wagner Da lettore ad utilizzatore di diversi fermenti ideologici E ’ stato rilevato che le tre figure storiche attorno a cui si è sviluppata la bibliografia più ampia sono, in ordine di dimensioni, Gesú Cristo, Napoleone Bonaparte e Richard Wagner. Wagner fu un lettore onnivoro e un posto importante ebbe per lui la filosofia. Affrontò testi come il Simposio di Platone, la Filosofia della storia di Hegel, Principi della filosofia dell’avvenire, Pensieri sulla morte e l’immorta- Richard Wagner lità, Essenza del cridel Nibelungo, il Parsifal e stianesimo e Essenza della anche i Maestri cantori di religione, di Feuerbach; Norimberga. In Schoinoltre Che cos’è la propenhauer e nella sua teoprietà, di Proudhon e il ria del sogno, Wagner testo che più di ogni altrovò anche spunti che, tro lo influenzò, ovvero interpretati personalIl mondo come volontà e mente, gli permisero di rappresentazione di giustificare la tesi della Arthur Schopenhauer. superiorità dell’unione Schopenhauer, il suo tra musica e testo lettepensiero filosofico e la rario, rispetto all’idea di sua esaltazione della musica pura. A Feuermusica, influenzarono bach Wagner si ispirò, innanzitutto il Tristano e per la propria concezioIsotta, oltre che L’Anello ne di “Opera d’arte totale”, per l’idea di amore quale antidoto al pericolo della singolarità, dell’egoismo e della separazione. In Wagner si riscontra anche qualche spunto hegeliano: nella concezione ciclica del Ring e soprattutto nell’idea (in realtà invertita rispetta alla sequenza di Hegel) di arte quale naturale evoluzione, trapasso, dalla religione. Inoltre, ancora a proposito di Opera d’arte totale, la musica pura è vista hegelianamente da Wagner solo come una tappa, soggetta ad essere poi superata. La grande quantità di spunti riversati da Wagner nelle sue opere, la personale fusione di elementi alquanto eterogenei tra loro e la gestazione delle opere stesse, spesso avvenuta durante periodi di tempo che vanno da qualche anno fino in alcuni casi a qualche decennio, fanno sì che alle volte ci si trovi davanti ad opere delle quali non solo non è possibile definire con certezza il significato ul- Wagner e Nietzsche La personalità di Nietzsche invece, sempre associata a Wagner, non fu così capace di influenzare il compositore (già celebre al momento del loro incontro e più anziano di trent’anni). Nietzsche divenne inizialmente importante per Wagner in quanto sorta di “cassa di risonanza”, di amplificazione, di sostegno e chiarimento filosofico alle idee che egli stava maturando; poi, dopo la crisi tra i due, diventò fondamentale in Nietzsche la voce critica capace di mettere in evidenza, con grande anticipo sui tempi, tutti gli aspetti “decadenti” dell’opera del compositore, all’epoca ancora poco leggibili e percepibili dai suoi contemporanei. Wagner ed il problema religioso Arthur Schopenhauer Vico, ad Hegel, all’antisemitismo, alla rivoluzione, all’ateismo, al capitalismo e all’esaltazione del superuomo. Il problema religioso fu sempre presente nella speculazione di Wagner fino da opere come Tannhäuser e Lohengrin per culminare nel Parsifal. Anche in quest’ultima opera confluiscono molte tematiche, da una libera fusione di elementi buddistici e cristiani, fino alla compas- Nel Ring è possibile trovare tematiche legate al pensiero pre-socratico, a Friederich Nietzsche sione schopenhaueriana ed a spunti che sono stati letti a posteriori come esaltazione del sangue ariano e della razza pura. Wagner tradusse, quindi, spunti filosofici in nuove figurazioni musicali: soprattutto nel Tristano (il cromatismo e la melodia infinita come rappresentazione musicale della volontà schopenhaueriana), nel Ring (il parallelo tra la natura inorganica e il basso fondamentale in armonia) e nel Parsifal (diatonismo e cromatismo come espressioni del dualismo bene-male). timo, mentre è addirittura legittimo leggervi conclusioni contrastanti. Il fascino delle creazioni wagneriane risiede nella ricchezza ed apertura all’indefinito che offrono le complesse figure simboliche da lui create e soprattutto nello straordinario potere della sua musica. Potere al quale hanno soggiaciuto figure come Nietzsche, Liszt, Baudelaire, Mallarmé, Mahler, Bruckner, Debussy, Schönberg, D’Annunzio, Proust, Mann, tanto per citarne alcune. Aurelio Canonici Il Tannhäuser Giornale dei Grandi Eventi 11 Cantori dell’ “amor cortese” La lirica sapiente e poetica dei trovatori e la sua eredità E ’ nel secondo atto del Tannhäuser, che assistiamo alla tenzone poetica tra Wolfram, Tannhäuser e gli altri trovatori; i cavalieri-cantori si sfidano a suon di versi per celebrare il «risveglio d’amore» e il suo significato più profondo. De resto, i poeti di ogni tempo hanno sempre considerato le donne, l’amore e l’eroismo temi degni d’essere celebrati e cantati: i trovatori ne fecero addirittura la ragion d’essere della loro ispirazione. Furono essenzialmente poeti lirici di lingua d’oc (locuzione con la quale si designa la lingua provenzale, distinguendola da altre due lingue neolatine, il francese, detto lingua d’oil, e l’italiano, lingua del si) in uso nei secoli XII e XIII. Il termine trovatore trae le sue radici dall’antico francese trobar, che indica l’arte di comporre versi; un’ altra ipotesi fa risalire il verbo trovare al latino turbare, che, nel gergo ittico, indica l’atto compiuto dai pescatori di battere con appositi strumenti la superficie dell’acqua per spaventare i pesci e favorirne la cattura. Essi avevano origini diverse, alcuni erano nobili e persino reali, come Ric- cardo Cuor di Leone, la cui morte pare fosse stata cantata da un confratello trovatore provenzale. Altri erano di origine più umile, come chierici, borghesi e plebei. Lo sviluppo del commercio nel sec. XII portò molta ricchezza nelle corti di Francia meridionali e una maggiore attenzione al gusto e alla raffinatezza; dame e signori amavano circondarsi di tutto ciò che veniva considerato elegante ed erano i più generosi mecenati dei trovatori, che, usufruendo di grandi privilegi, finirono così per influenzare il gusto e le abitudini dell’aristocrazia. Un buon professionista doveva essere istruito, raffinato nei modi e conoscere alla perfezione le notizie di attualità, saper suonare almeno due strumenti in voga all’epoca (tra cui, ad esempio, il liuto), improvvisare versi per un signore o per una dama e avere orecchio perfino nei riguardi dei pettegolezzi. Questo genere di poesia da recitare accompagnati da un sottofondo musicale, rispecchiava un mondo, quello francese, in cui il significato di corte si ampliava, trasformandosi in quello di un’isola di civiltà e cultura dove si svolgeva una vita autonoma, slegata spesso dalle vicende politiche e dai conflitti religiosi, ispirata agli ideali di “cortesia” e della “cavalleria”, fondata sull’omaggio galante e sul divertimento spensierato. Le composizioni erano sempre accompagnate da musica e venivano cantate. Tipiche erano la “canzone” e la “tenzone poetica” che consisteva in un duello verbale tra due o più interlocutori i quali, sostenendo tesi opposte, si scambiavano, alternandosi, accuse - anche infamanti - costruendo a battute alterne un componimento unico che si concludeva spesso con l’appello all’arbitrato di un giudice. Il Sirventese Un altro genere di componimento era il «Sirventese» (dal latino sirven, servitore, cortigiano) di genere diverso da quello amoroso, veniva dedicato al signore per celebrarne le gesta. E’ quello ricorda- to anche da Carducci nella poesia Davanti San Guido parlando della nonna Lucia: «…/ Canora discendea, co ‘l mesto accento / De la Versilia che nel cuor mi sta / Come da un Sirventese del trecento / pien di forza e di soavità». Il primo esempio francese (Roman de Thèbes) si riferiva a motteggi militareschi, successivamente venne applicato a poesie morali e religiose. In Italia il Serventese apparve nell’ultimo scorcio del Duecento, detto anche Sermontese, e col suo omologo provenzale aveva in comune solo il nome. Trattava, infatti, argomenti di tipo giullaresco e contenuto popolareggiante, come il sirventese bolognese dei Lambertazzi e Geremei (1280 circa), argomenti di genere didascalico, come in quello dello Schiavo da Bari e amoroso, come negli esempi dei Memoriali Bolognesi. Un altro sirventese assai noto è di Ruggieri Apugliese, un intellettuale ghibellino nell’Italia del Duecento, vissuto a Siena. Dante Alighieri menziona nella Vita Nuova una «pistola sotto modo di sirventese» da lui composta a lode di sessanta donne fiorentine, ma il testo non è giunto sino a noi. Il sirventese esce di scena in Italia in epoca umanistica. Altri generi sono la “pastorella”, caratterizzato dal dialogo in ambito campestre tra un cavaliere e una pastora (cui l’uomo rivolge profferte galanti, con vari esiti); l’“alba”, che descrive la separazione di due amanti al termine di una lunga notte, e il “pianto”, un canto funebre. Il più antico trovatore di cui ci sono giunti componimenti è Guglielmo IX d’Aquitania, delle sue rime rimangono una decina di canti: alcuni sono di ispirazione amorosa, alquanto convenzionali nella stilizzazione del rituale cortese, altri più originali a carattere erotico, libertini, sarcastici e di accesa sensualità. Guglielmo fu un modello per generazioni di poeti provenzali, francesi e italiani, mentre la Germania vide la nascita di un genere autonomo, il Minnesang. Il più celebre minnesänger fu Walther von der Vogrlweide (1170-1230). Si conoscono, per il periodo aureo della lirica trobadorica (sec XII e XIII) circa 470 trovatori della cui produzione ci sono pervenuti circa 300 melodie e 2600 componimenti. E’ ipotizzabile che la cultura cortese si sia manifestata anche tramite l’opera delle “trovatrici”; le donne infatti esercitarono notevole influenza decisionale sulla cultura e la politica del tempo, basti pensare all’esempio di Eleonora d’Aquitania e a molte sue parenti e affini presso la fastosa corte aquilana, nel sud-ovest della Francia. La donna trovatrice era altamente considerata: nessun trobadore aveva il diritto di alzare la voce contro una trobairitz, altrimenti il disprezzo nei suoi confronti sarebbe stato assicurato. Livio Magnarapa 12 Tannhäuser Il Giornale dei Grandi Eventi Il direttore della prima esecuzione italiana Angelo Mariani fra Verdi e Wagner I l 1° novembre 1871 Bologna ospitò la prima nazionale del Lohengrin. Per la prima volta un’opera di Wagner approdava in Italia. Sul podio era un direttore cinquantenne, Angelo Mariani, che fino ad un anno prima aveva mantenuto stretti rapporti con Verdi per poi romperli bruscamente e che un anno dopo, il 7 novembre 1872 sempre al Comunale di Bologna, avrebbe diretto la prima rappresentazione italiana del Tannhäuser. Il successo di quello spettacolo spinse il Comune di Bologna a concedere la cittadinanza onoraria al compositore tedesco che il 3 ottobre 1872 ringraziò con la seguente lettera: «Un successo come quello del mio Lohengrin a Bologna non era neppure immaginabile in veruna città della Francia. Sotto l’usbergo soltanto della parola Libertas era possibile che un’opera, la quale anzi tutto presentavasi, e per vero dire in modo singolarmente strano, contraria alle abitudini di un pubblico, come la mia al pubblico di Bologna, potesse tosto ottenere amichevole ospitalità, al pari di una produzione del Paese. Con ciò l’Italiano ebbe a confermare, che la sua potenza creatrice è sempre inesauribile, che il suo genio già un tempo rigeneratore del bello é ancora suscettibile di accogliere nuova, e benefica luce poiché soltanto chi sa e può produrre, sentesi libero da ogni ostacolo e indipendente per fare buon viso a produzioni straniere». Primo direttore moderno Nato a Ravenna nel 1821, Angelo Mariani, artefice del successo italiano di Lohengrin e Tannhäuser, è stato il primo grande direttore italiano nel senso moderno del termine per la sua visione unitaria dell’opera e per il rigore artistico che lo rendeva scevro delle convenzioni ed esigentissimo con cantanti ed orchestra. A questo proposito leggiamo cosa scrisse “La Al Costanzi il Tannhäuser solo sei volte S olo sei volte il Tannhäuser di Richard Wagner è stato rappresentato al Teatro Costanzi di Roma. La prima volta il 9 aprile del 1900, ben 55 anni dopo il debutto avvenuto a Dresda il 19 ottobre 1845. Sul podio in quell’occasione, quando l’opera venne cantata in italiano per 9 rappresentazioni, il maestro Leopoldo Mugone, lo stesso che meno di 4 mesi prima (il 14 gennaio) aveva diretto in questo medesimo teatro la prima rappresentazione assoluta della Tosca di Puccini. Tra i cantanti Maria De Marchi (Elisabetta), Augusto Brogi (Tannhäuser), Mario Ancona (Wolframo di Escimbach). Passarono poi 22 anni per la ripresa dell’opera, il 22 marzo per 6 rappresentazioni dirette dal maestro Fritz Reiner e la regia di Romeo Francioli. Tra i cantanti Delia Reinhardt, Rosa Rodrigo, Laura Pasini, Luigi Montesanto. Ci fu poi la rappresentazione dell’ 8 dicembre 1938 con 4 recite dirette dal grande Tullio Serafin e la regia di Marcello Covoni. Anche questa volta si cantò in Italiano. Gabriella Gatti fu Elisabetta, Anna Reali (Venere), Fiorenzo Tasso (Tannhäuser), Armando Borgioli (Volframo). Nel dopoguerra quest’opera giovanile di Wagner andò in scena il 24 marzo 1951 sotto la bacchetta di Hans Knappertsbusch e la regia di Josef Witt. Interpreti: Maria Reining, Ira Malanik, Torsten Ralf, Alfred Poell. Nell’anno olimpico 1960 il Tannhäuser fu in scena dal 27 febbraio per 4 recite sotto la direzione di Heinz Wallberg e la regia di Adolf Rott con Christl Goltz, Margarita Kenney, Josef Greindl. Infine l’ultima volta è stata nel 1985, dal 21 maggio per 6 rappresentazioni. Direttore l’austriaco, allora 44enne, Uwe Mund. A dividersi il ruolo del protagonista furono Rainer Goldberg e Ake Ljungholm (quest’ultimo per una sola recita, quella del 26 maggio). Lo. Di Di. Teatro Comunale di Bologna Maga”, giornale genovese satirico ma anche di cultura il 28 dicembre 1852 recensendo Rigoletto in scena al Carlo Felice: «Faremo pure i nostri complimenti al Signor Mariani Direttore dell’Orchestra per la sua solita bravura nel dirigerla, ma avremmo preferito di vederlo dirigere col suo solito archetto e col violino anziché con quella certa cosa, che non sapevamo che fosse, ma che ci venne detto essere una bacchetta». Fino ad allora la responsabilità di una messa in scena era divisa fra due persone, il maestro direttore d’orchestra (di solito il primo violino), e il maestro concertatore, il quale assemblava le parti vocali all’orchestra: questa distinzione rimane anche oggi nella doppia dicitura di “maestro concertatore e direttore d’orchestra” che si dà al direttore d’opera moderno. Mariani fu il primo ad assumere su di sé in toto la realizzazione della parte musicale. Direttore stabile al Carlo Felice di Genova, Mariani aveva con Bologna un rapporto molto stretto, tanto che vi aveva portato al successo nel 1867 Don Carlos alla sua prima esecuzione italiana. Fu un grande e profondo ammiratore di Verdi al quale lo legò anche una sincera amicizia. Successivamente – siamo nel 1870 - i rapporti fra i due si deteriorarono. Incomprensioni sul piano artistico (culminate con la decisione di Mariani di dirigere appunto la prima di Lohengrin a Bologna), rivalità sul piano sentimentale: Mariani era l’amante ufficiale di Teresa Stolz, ma fu scaricato dalla cantante che subì il fascino di Verdi (e certamente ne fu ricambiata). Questo divorzio artistico indusse, dunque, Mariani a rivolgere le proprie attenzioni al repertorio wagneriano, continuando, dopo il Lohengrin, in stretta sequenza con il Tannhäuser. Il 24 giugno 1872 Mariani scrisse a Wagner: «Probabilmente sarò chiamato a dirigere in autunno, l’esecuzione di un vostro capolavoro e se non sono all’altezza delle vostre creazioni poetiche, sento tuttavia che la mia anima le comprende». Il 7 novembre successivo Mariani diresse a Bologna Tannhäuser con esito più contrastato rispetto all’opera precedente. C’erano ormai i contrapposti partiti dei wagneriani e dei difensori dell’opera italiana (rossiniani e verdiani) e lo spettacolo fu l’occasione per un aspro scontro: frasi del tipo «Viva Rossini! Morte a Wagner!» si contrapponevano a grida come «Andate a scuola! Alla porta!» Anche in questo caso, comunque, fu unanime il giudizio positivo sulla direzione di Mariani che strinse un rapporto sempre più stretto con Wagner il quale lo aveva già invitato ad assistere alla posa della prima pietra del suo teatro a Bayreuth. E sicuramente lo avrebbe accolto fraternamente alla prima del “Ring” nell’agosto del 1876. Il direttore italiano, si era però spento tre anni prima nel suo appartamento in quel Palazzo del Principe a Genova dove di lì a poco si sarebbe trasferito il suo vecchio ex-amico Giuseppe Verdi. Roberto Iovino Il Giornale dei Grandi Eventi Tannhäuser 13 Papa Urbano IV (1261-1264) Il Pontefice di Tannhäuser e del Corpus Domini A lla morte di Alessandro IV, Rinaldo dei conti di Segni, i cardinali riuniti a Viterbo ci misero tre mesi per trovare un successore: non avendo raggiunto la maggioranza a favore di uno di loro, si accordarono infine il 20 agosto del 1261 su una persona estranea al Sacro Collegio, il francese Jacques Pantaleon, patriarca di Gerusalemme, in quei giorni in visita in Curia per questioni relative alla Terra Santa. Un personaggio, questo, di umili origini, figlio di un calzolaio di Troyes, dove era nato verso il 1200. Aveva studiato a Parigi ed era stato canonico a Leòn e arcidiacono a Liegi. Innocenzo IV lo aveva nominato vescovo di Verdun e, in qualità di legato in Germania, si era fatto apprezzare per la notevole attività religiosa e diplomatica, tanto da meritare la fiducia di Alessandro IV che dal 1255 lo aveva inviato in Terra Santa come Patriarca di Gerusalemme. Fu consacrato 182° successore di Pietro il 4 settembre a Viterbo, assumendo il nome di Urbano IV. Nei suoi tre anni di pontificato non metterà mai piede a Roma. Il problema del Senatore di Roma L ‘elezione di un francese era il concretizzarsi di un nuovo corso nelle relazioni politiche del pa- Papa Urbano IV pato, già preannunziato con Alessandro IV; il problema più urgente da risolvere veniva comunque da Roma, dove per la carica di Senatore i guelfi avevano proposto Riccardo di Corno- Francia Carlo d’Angiò per offrirgli la corona siciliana. A Roma di conseguenza i guelfi abbandonarono la candidatura di Riccardo e appoggiano quella del conte francese, riuscendo a farlo nominare Senatore a vita nell’estate del 1263, senza peraltro che l’elezione fosse ufficialmente comunicata al Papa. Urbano IV si trovava ad Orvieto e comunque non aveva più alcun potere civile in Roma, avendo perso l’investitura del Senato dai tempi di Brancaleone. Si trattava però di un doppio gioco di Carlo che, mentre negoziava con i romani, nello stesso tempo acconsentiva ad accettare l’investitura feudale della Sicilia. Il Papa pur dispiaciuto, di fronte al pericolo di un insediamento di Manfredi, finì per accettare il fatto compiuto e cancellare, negli ac“Il corporale del miracolo di Bolsena conservato nel cordi per l’investitura, Duomo di Orvieto” l’articolo che vietava al conte d’Angiò di assuvaglia e i ghibellini Manfredi. mere a Roma la carica di SenatoC’era lotta aperta tra le due fa- re. Ottenne però che essa fosse zioni con scontri armati, che riu- mantenuta solo per un massimo scivano ad essere controllati a di cinque anni, con la decadenza distanza dal papa; subentrò così immediata non appena Carlo una sorta di “sede vacante” del conquistasse il Regno di Sicilia: Senato e una commissione mista da allora sarebbe spettata nuoresse il governo vamente al Papa l’assegnazione del Comune per della nomina senatoriale. L’inapiù di un anno. dempienza di questi impegni Nel frattempo avrebbe comportato la scomuniManfredi, presen- ca, l’interdetto e la perdita del tava ufficialmente feudo. Il contratto venne firmato al Papa la propria il 15 agosto 1264. candidatura a Re Carlo d’Angiò accettò, dunque, di Sicilia con pro- la nomina di Senatore, ma non poste allettanti sia venne subito a prenderne possul piano finanzia- sesso: inviò a Roma come vicario rio, per quel che ri- Jacques Gaucelin Vano risultò guarda il tributo un estremo tentativo ghibellino annuale feudale, di conquistare il Comune: Mansia su un piano po- fredi stesso abbozzò un colpo di litico con i ricono- mano contro il Pontefice ad Orscimenti territoria- vieto, ma dovette arrestare la li ed un appoggio sua marcia di fronte a un consiconcreto ad una stente blocco operato in tutto il nuova crociata in Lazio da vescovi e baroni guelfi. Terra Santa. Ma Urbano si sentiva ugualmente ormai in seno alla insicuro. La situazione in GerCuria l’indirizzo mania, inoltre, appariva caotica: politico era ben il Papa non sapeva scegliere tra i lontano dalla casa due pretendenti alla corona, sveva. Urbano IV Alfonso di Castiglia e Riccardo entrò così di nuo- di Cornovaglia, rinviando ogni vo in contatto col decisione al novembre 1265 e lifratello del re di mitandosi a riconoscere entram- bi come «prescelti re dei Romani», nonostante Riccardo fosse già stato incoronato Re di Germania ad Aquisgrana nel 1257. Urbano trascorse gli ultimi mesi del suo pontificato nella vana attesa della ratifica del contratto di Carlo d’Angiò e, soprattutto, dell’arrivo di questi a Roma per ricoprire la carica di Senatore, che avrebbe forse potuto assicurargli finalmente l’insediamento in Laterano. Il Corpus Domini Nel frattempo Urbano IV, a seguito del miracolo dell’ostia sanguinante di Bolsena dell’estate 1263, con la bolla Transiturus de hoc mundo dell’8 settembre 1264 compi una grande opera di carattere strettamente religioso, l’introduzione nella liturgia ecclesiastica della festa del Corpus Domini, già oggetto di particolare culto a Liegi sulla base delle visioni della monaca agostiniana Giuliana di Mont-Cornillon. Tommaso d’Aquino ricevette l’incarico di compilarne l’uffizio con una serie di inni, ma l’effettiva totale instaurazione liturgica del Corpus Domini non avvenne a causa della morte del Papa: sarà introdotta dal concilio di Vienne (Francia) del 1311 con il rinnovo della bolla di Urbano IV da parte di Clemente V nel 1314. Questo Papa morì, dunque, senza vedere attuata alcuna delle sue iniziative. Il 9 settembre del 1264 aveva abbandonato Orvieto per paura di un’incursione ghibellina e durante il viaggio verso Perugia si ammalò gravemente. Il 2 ottobre del 1264 morì a Perugia e venne sepolto, come Innocenzo III, nel duomo di quella città. Fr. Pi. 14 Tannhäuser Il Giornale dei Grandi Eventi Un falso mito su Richard Wagner Il presunto “Compositore del Terzo Reich” tra gli autori meno eseguiti nella Germania nazista N onostante siano trascorsi più di sessanta anni dalla caduta del Terzo Reich, illustrare e comprendere il ruolo svolto dall’arte e dal pensiero di Richard Wagner all’interno del mondo musicale tedesco durante la dittatura nazionalsocialista richiede non poca cautela ed un sano distacco. Se non vi è dubbio che Wagner ed il wagnerismo siano stati oggetto di appropriazione da parte del Reich millenario e della sua propaganda ideologicoculturale, è altrettanto vero che troppe volte il compositore è stato frettolosamente additato in maniera quasi acritica e superficiale quale precursore – se non Adolf Hitler a teatro durante l’esecuzione dell’inno nazionale prima di un concerto peggio ispiratore – dell’ico la nazione tedesca, ma anche care che tra i fattori che più di deologia nazionalsocialista. e soprattutto di sospendere il penogni altro hanno contribuito alsiero del singolo, di suscitare lo la identificazione di Richard La musica di Wagner scatenamento delle passioni ad Wagner quale icona musicale fondente di una Nazione uso e consumo ideologico e podel Terzo Reich e del suo appalitico. rato propagandistico andrebbe Facendo giustizia di ogni possimenzionata da un lato la persoCosì infatti illustrano le innubile speculazione, pare ragionenale amicizia tra Hitler ed i merevoli polemiche e strumenvole accennare e distinguere gli membri della famiglia Wagner, talizzazioni cui egli è stato ogaspetti che più hanno contribuitra i quali spiccava Winifried getto dal secondo dopoguerra to a costruire l’immagine di una Williams, nuora del compositoin avanti, ma si tratta di una dangereuse liason tra Wagner e la re. Un rapporto – quello intratsemplicistica scorciatoia che dittatura hitleriana, un’immagitenuto con la vedova di Siegnon rende giustizia all’uomo ed ne che nonostante la sua infonfried Wagner – destinato a proall’artista Wagner, e che ha in datezza permane ancora oggi. seguire molto a lungo nel temparte origine da una certa idea Tra di essi va innanzitutto rampo, al limite tra fanatismo ed della musica tedesca. mentata la gran mole di scritti opportunismo: non è un caso Una interpretazione che – affondalla forte vena polemica proche proprio il Festival di Baydando le proprie radici nel modotti da Wagner durante la sua reuth – il più prestigioso evento vimento romantico, passando vita, alcuni dei quali dal caratculturale tedesco – abbia goduto per il nazionalsocialismo, e tere apertamente antisemita durante il Terzo Reich di abbongiungendo quasi intatta sino a (anche se – bisogna dirlo poidanti finanziamenti e di una innoi – è andata via via compoché la storia va letta con il medipendenza artistica sconosciunendosi divenendo quasi la sola tro della storia – allora questo ta ad analoghe manifestazioni possibile, almeno nell’immagisentimento non aveva il peso ed organizzazioni musicali. nario collettivo: la musica colta ed il rilievo odierno): ne è magDall’altro, la personale affeziogermanica – ed in particolare giore testimonianza il famigene del Führer per la produzione l’universo melodrammatico warato Das Judenthum in der Musik musicale del genio di Lipsia ha gneriano con i suoi miti fondati(1850), pamphlet nel quale il radici lontane: è lo stesso Hitler vi – sarebbe espressione più immaestro strumentalizzava i ad affermare nel suo Mein mediata delle passioni e della luoghi comuni più discutibili Kampf che «all’età di dodici anni natura, ma diviene sublime attorno al popolo ebraico per assistetti […] alla prima opera delespressione della Volksgemeinrivolgerli contro alcuni suoi la mia vita, Lohengrin. Da quel schaft (Comunità popolare) tecolleghi come Meyerbeer, momento non ne potetti più fare a desca contrapposta ai cosiddetti Halévy e Mendelssohn, tacciati meno. Il mio giovanile entusiasmo “nemici della razza”. Una rapdi meccanicità ed artificiosa per il maestro di Bayreuth era sconpresentazione distorta che sotto imitazione parassitaria dei mufinato». Nel 1906, come riportato il regime nazionalsocialista sicisti ariani, colpevoli solaparecchi anni dopo da August giunge a maturazione: integrata mente di un successo che fino Kubizek, suo amico di infanzia, nelle liturgie cerimoniali del ad allora non aveva arriso al fuun Adolf Hitler appena adoleReich, l’arte di Orfeo si fa “totaturo autore dei Meistersinger. scente ebbe occasione di assistele”, è in grado non soltanto di Non bisogna, inoltre, dimentire a numerose rappresentazioni fondere in un unico corpo misti- wagneriane presso il teatro di Linz, infatuandosi ben presto di opere dal carattere messianico quali il Lohengrin o il Parsifal. Wagner meno eseguito in Germania durante il periodo hitleriano Al di là di questa personale passione hitleriana, occorre sfatare i luoghi comuni che hanno dominato la ricezione di Wagner per oltre mezzo secolo. E’ Hitler che si è appropriato di Wagner con la sua musica forte, possente, che incarnava in pieno lo spirito fiero del popolo tedesco e no, ovviamente, Wagner di Hitler. Se è indubbio che il Preludio dal Meistersinger accompagnava le cerimonie ufficiali, la Cavalcata delle Walchirie o la Morte di Siegfried erano diffuse radiofonicamente per annunciare un raid aereo o la notizia della morte di personaggi importanti (compresa quella di Hitler), lo stesso non può dirsi per altre immagini tramandate da luoghi comuni. Che i tedeschi si accalcassero nei teatri per assistere alle rappresentazioni wagneriane non risponde del tutto a verità e lo stesso vale persino per i più fedeli accoliti del Führer. Wagner era ben lungi dall’essere “Il Compositore” del Terzo Reich, tanto più che egli fu paradossalmente meno eseguito proprio durante il periodo hitleriano. Come testimoniato dai più recenti studi storici, il popolo germanico si dimostrò molto più affascinato da opere quali la Carmen di Bizet, i Pagliacci di Leoncavallo o la Madama Butterfly di Puccini – nessuna delle quali particolarmente appropriata ai dettami dell’ideologia totalitaria. Per non parlare di Giuseppe Verdi le cui opere, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, superarono per numero di messe in scena quelle dello stesso Wagner. Un vero affronto per chi si affannava a guidare le coscienze dei cittadini del Reich. Lorenzo Lorusso Musicologo e saggista Il Giornale dei Grandi Eventi Dal Mondo della Musica 15 Filatelia Musicale Tre Francobolli con un CD dal Vaticano P er la prima volta in assoluto nella storia della filatelia mondiale, lo Stato della Città del Vaticano ha unito ad una serie di francobolli dedicati a tre musicisti, un Compact Disk con alcuni brani selezionati di ogni compositore. La serie è stata emessa il 24 ottobre scorso nei valori da 0,65, 0,85 e 5,00 Euro, riuniti in fogli di 10 esemplari. Il prezzo della confezione (CD e serie filatelica) è, invece, di € 9,90. Non è facile trovare un legame tra tre grandi compositori come Händel, Haydn e MendelssohnBartholdy. Handel, considerato uno dei più grandi musicisti del Barocco, dopo essere stato direttore musicale della corte di Hannover si trasferisce a Londra dove fonda il Teatro Reale dell’Opera (The Royal Academy of Music) per il quale scrive diverse opere. In seguito la sua produzione musicale si incentra sugli Oratori, considerati forse il punto più alto della sua arte, basti ricordare il Messiah con il suo celeberrimo Allelujah. Le sue opere influenzarono decisamente i compositori contemporanei ma anche quelli delle generazioni successive, tra i quali troviamo anche Haydn, considerato il “padre” della sinfonia ed in particolare del quartetto d’archi. Nell’anno in cui Haydn muore, nel 1809, nasce MendelssohnBartholdy. Pianista molto dotato, scrisse le sue prime dodici sinfonie in adolescenza e a soli 17 anni compose l’Ouverture per il Sogno di una notte di mezza estate, forse il suo più grande successo. Mendelssohn-Bartholdy fu notevolmente influenzato da Bach, che in quel periodo storico non era particolarmente apprezzato, facendolo conoscere al grande pubblico e rivalutare dalla critica. Lu. Cuf. Novità in libreria Totalitarismo e musica nella Germania del Terzo Reich «D as Land der Musik», così la Germania ama definirsi, e non a torto. In quella terra, il ruolo dell’arte di Orfeo ha contribuito, nei secoli, a dar vita alla nazione e alla Volksgemeinschaft (Comunità popolare) tedesca. Basti ricordare che, quando la Germania era ancora costituita da un gruppo eterogeneo di staterelli, vescovadi e baronìe, la musica corale, in lingua, della liturgia luterana era l’unica forma di espressione che riuscisse ad accomunare i tedeschi. Dalla Riforma fino all’Ottocento borghese, la musica entra, attraverso i suoi meno ingombranti pianoforti verticali, in tutte le case borghesi, rendendo abitudine comune l’Hausmusik, il fare musica in casa. La prodigiosa evoluzione formale ed estetica della musica durante il Romanticismo riuscì a far entrare la musica persino nel dibattito filosofico e farla assurgere al rango di musa rivelatrice di realtà superiori. Date queste premesse, l’analisi dei rapporti intercorsi fra musica e politica nella Germania nazionalsocialista significa affrontare coraggiosamente uno dei periodi più interessanti per quel che riguarda il rapporto tra Musica e Potere. Il volume del giovane studioso barese Lorenzo Lorusso “Orfeo al servizio del Führer. Totalitarismo e musica nella Germania del Terzo Reich” affronta coraggiosamente il ponderoso tema, proponendo una documentazione amplissima ed abbracciando un lasso di tempo che parte dall’analisi della vita musicale negli inquieti anni di Weimar, per arrivare agli ultimi brani wagneriani trasmessi alla radio per onorare la morte di Hitler. Tra questi due estremi temporali, Lorusso ricostruisce la struttura organizzativa della Reichsmusikkammer, il ruolo ambiguo della musica jazz, tra rigore ideologico ed esigenze della propaganda, l’utilizzo della radio da parte del regime, il processo di arianizzazione della musica, la marginalizzazione di direttori e compositori nemici del regime e tutta l’attività della propaganda culturale nazista. Un lavoro curato, anche dal punto di vista del linguaggio, elegante e scorrevole, che ha riscosso subito un’ottima considerazione nell’ambito degli studi musicologici e storico-politici. Orfeo al servizio del Führer. Totalitarismo e musica nella Germania del Terzo Reich Editrice Lepos - Palermo Pag. 290 in brossura € 28,30 La filosofia di Wagner “M usica e sofìa – problematiche filosofiche nell’opera di Richard Wagner” è il titolo di una recente pubblicazione edita da “Le Cariti”. Autore è Aurelio Canonici, genovese, pianista e direttore d’orchestra, laureato in filosofia, direttore artistico della sezione sinfonica “Richard Wagner” del Ravello Festival e docente al Conservatorio di Piacenza. L’autore offre una accurata analisi della concezione filosofica wagneriana quale emerge dalla sua complessa visione teatrale, andando a individuare le diverse fonti che hanno nel tempo affascinato e influenzato il compositore tedesco. Se, infatti, è vero che il maggior debito è quello nei confronti di Schopenhauer, è anche vero che Wagner lesse con avidità Platone, Hegel, Feuerbach, oltre alla poesia di Novalis. Una esplorazione profonda quella di Canonici che aiuta a capire cosa c’è dietro al grande monumento teatrale wagneriano. «Scrivere su Wagner – ha notato l’autore nella premessa – vuole dire affrontare un argomento di estrema vastità. E’ stato rilevato che le tre figure storiche attorno a cui si è sviluppata la bibliografia più ampia sono, in ordine di dimensioni, Gesù Cristo, Napoleone Bonaparte e, appunto, Richard Wagner». Il libro, dunque, si articola in cinque complessi capitoli. Nel primo è affrontato il rapporto di Wagner con Schopenhauer e la presenza di quest’ultimo nel teatro wagneriano. Nel successivo capitolo Canonici prende in esame il concetto di opera d’arte totale, premessa necessaria al terzo capitolo incentrato sul Ring, analizzato come opera d’arte totale aperta a interpretazioni politiche sociali e religiose. Non poteva mancare, naturalmente, una parte dedicata ai controversi rapporti (umani, filosofici e culturali) fra Wagner e Nietzsche. Infine il problema religioso che vede “Parsifal” punto di incontro fra Cristianesimo e buddismo. Aurelio Canonici Musica e sofìa – problematiche filosofiche nell’opera di Richard Wagner Le Cariti Editore – Firenze Pag. 150 - € 16,00 A. C. R. I.