19 TRA (PARENTESI 2’300 DIARIO GIUSEPPE ZOIS Sono, in media, i franchi sborsati ogni anno per i figli dai genitori svizzeri ultracinquantenni 1 Un franco a settimana è quanto suggerisce di dare Pro Juventute ai bimbi di prima elementare 8-12 È la cifra giornaliera, secondo i calcoli di Pro Juventute, da dare al figlio se mangia fuori casa IGENITORI “NOI IN CASA ADOTTIAMO QUESTI SEMPLICI PRINCIPI” ogni famiglia trovi quella che si adatta meglio alle proprie caratteristiche”. Già, ma è vero che il tema giovani e gestione del denaro è sempre più caldo e delicato. Anzi, una mancata capacità di gestione dei soldi sembra essere uno dei problemi emergenti della società occidentale. Basti vedere il numero dei giovani indebitati. “L’istituto universitario federale per la formazione professionale ha attivato un progetto europeo proprio su questo tema - nota Comi -. E anche l’Associazione ticinese PerCorso genitori ha organizzato un corso. Si sta svolgendo nella scuola media di Biasca, serve a far riflettere sul senso della gestione del denaro e su come si può aumentare e/o consolidare la consapevolezza dei ragazzi nei confronti dei soldi”. c.c. LA “TABELLA” Pro Juventute ha redatto una sorta di tabella per indicare quanti franchi ogni settimana dare ai propri figli in base alla loro età seconda di quello che è il budget familiare, l’Asb raccomanda di inserire all’interno della paghetta alcune responsabilità. Tra queste figurano ad esempio le spese per abbigliamento e accessori che devono aggirarsi tra i 70 e gli 80 franchi al mese, quelle per parrucchiere e cosmetici tra i 30 e i 40 e le spese per mangiare fuori calcolate tra gli otto e i 12 franchi. E come fare per evitare l’insorgere di continue discussioni in merito alla paghetta? Ecco che arrivano le regole per mamma e papà. Innanzitutto, è necessario ricordarsi di pagare regolarmente e con puntualità per evitare che siano i bambini a dover chiedere. E poi, è bene versare la piccola paga anche se il bambino non si è comportato bene. La paghetta non è un premio per la buona condotta, ma per imparare a gestire il denaro. c.c. DORELLA BONALDI Con mio marito ho affrontato. Cosa fosse giusto fare, quando iniziare e con che cifra. Alla fine delle elementari o alle medie? È proprio necessario dare la paghetta ai bambini? E se sì, a quanto dovrebbe ammontare? Un eterno dilemma per i genitori che si trovano per la prima volta a dover affrontare il tema con i propri figli. Argomento delicato, insomma. Ognuno si comporta, giustamente, secondo propria coscienza, abitudine e sensibilità. C’è chi non dà peso alla cosa e preferisce sborsare all’occorrenza, chi lo ritiene importante e quindi versa ogni settimana un certo importo, e chi invece inizia a pensarci adesso. “I nostri figli sono piccoli, hanno quattro e sette anni, quindi per adesso non hanno una paghetta spiega al Caffè Dorella Bonaldi, casalinga di Bellinzona e mamma di due bambini -. Ma proprio recentemente con mio marito abbiamo affrontato l’argomento e ci chiedevamo a che età dovessimo iniziare a dare loro qualcosa. Forse verso la fine delle elementari o alle medie? Ne dovremo ancora parlare”. Chi, invece, c’è già passato ha le idee ben chiare: “Per me è normale e giusto che i figli abbiano una paghetta - afferma Cristina Hofmann, mamma di quattro ragazzi -. Io sono stata cresciuta in questo modo, mi sono sempre trovata bene e penso sia educativo. Ho iniziato a dare loro la paghetta a partire dalla prima elementare. È settimanale e funziona così: in prima elementare hanno diritto a 1 franco alla settimana, in seconda sono 2, in terza diventano 3 e via via crescendo. Chiaramente alle medie la cifra è un po’ più alta”. Vero è che alcune cose è meglio impararle fin da piccoli. Una di queste è proprio la gestione del denaro. Imparare ad amministrarlo CRISTINA HOFMANN Sono soddisfatta del metodo che abbiamo adottato. Vedo con piacere che ora i ragazzi riescono a gestirsi bene presto aiuta i bambini a dare il giusto valore ai soldi e a farne un utilizzo sano e intelligente. Se ho 1 franco alla settimana e lo spendo il lunedì per comprarmi una caramella gommosa, per gli altri sei giorni sarò costretto ad arrangiarmi. Così la prossima settimana ci penserò di più, starò più attento e gestirò il “budget” in modo diverso. Ecco l’insegnamento. È normale che all’inizio i bambini, non sapendo come spendere la propria paghetta, comincino ad acquistare piccolezze come gelati, figurine, braccialettini o dolciumi vari. Crescendo però maturano e cambiano comportamento: “Sono soddisfatta del nostro metodo, perché vedo che i ragazzi riescono a gestire i soldi molto bene - prosegue Hofmann -. Chiaramente la prima volta comprano qualche scemenza, dolciumi e roba del genere, ma imparano presto a capire il valore dei soldi e allora vedo che riesco- Adesso riescono anche a risparmiare per i loro acquisti più importanti” no a gestire le loro entrate e, pure, a risparmiare. Adesso mettono da parte fino a 100 franchi per acquisti più importanti. Una vera soddisfazione per noi genitori, perché significa che l’insegnamento è stato buono”. Per calcolare la paghetta un grande classico è appunto la regola del “franco settimanale per anno scolastico”. I bambini possono così soddisfare i loro piccoli desideri e allo stesso tempo imparare a risparmiare. L’importante è che la consegna della paghetta non sia subordinata a particolari condizioni o meriti. CRISTINA LEHNER Non abbiamo l’abitudine di dare loro un fisso; spendevano per cose inutili. Diamo loro qualcosa quando c’è necessità Può essere utile istruire i piccoli su come spendere, organizzare o mettere da parte i soldi ricevuti. Una volta che i figli hanno speso il gruzzoletto, è importante che i genitori si attengano alle regole senza concedere anticipi o supplementi. “Fortunatamente per adesso il figlio maggiore non ci ha mai chiesto niente, anche perché non avrebbe modo di fare acquisti da solo - prosegue la signora Bonaldi -. Mi capita qualche volta di dargli un franchetto, ma sa che quello è un extra, un eccezione. Alcuni suoi amici prendono la paghetta e vedo che di norma acquistano le caramelle al chiosco, ma c’è persino chi ha comprato dei gratta e vinci. Ecco, occorre stare molto attenti a come spendono questi soldi”. Già, infatti sono tante le famiglie che preferiscono evitare di dare ai ragazzi un fisso settimanale o mensile, per cercare di avere un controllo maggiore: “Noi non abbiamo l’abitudine di dare loro una quota fissa, perché abbiamo notato che spendevano i soldi per cose inutili - nota Cristina Lehner, mamma di sette ragazzi -. Quindi niente paghetta settimanale o mensile. Abbiamo preferito fare diversamente, così passiamo loro qualcosa quando c’è necessità. Insomma, all’occorrenza sanno a chi chiedere”. E quando i figli chiedono di allungare qualche franco in più oltre alla paghetta settimanale prestabilita? “Sugli extra non transigo - replica Crisitina Hofmann -. Da me non ne ricevono mai, altrimenti il sistema non reggerebbe. Gli extra arrivano solo a fine anno, ma se c’è un buon motivo come, ad esempio, se portano a casa un libretto scolastico con dei bei voti”. c.c. Il diritto alla vita viene prima dei brevetti Caro Diario, da quasi tre mesi Gianna Bernasconi, che è un vento impetuoso di solidarietà, è tornata in India. A Chennai, megalopoli con oltre 7 milioni di abitanti, la piccola infermiera di Riva San Vitale cerca di aggiustare la vita e le infinite lacerazioni della povertà. Infaticabile, ha aperto case di accoglienza per malati di Alzheimer, ambulatori, un ospedale, un centro sociale, puntilavoro, insomma una rete di risposte alle emergenze quotidiane. Sono 46 anni che si sfianca in mezzo ai diseredati, tra le vittime di quell’ingiustizia atavica che sono le caste. Calore umano e amore, le prime medicine, e poi strutture, macchinari, tutti i ritrovati che scienza, tecnica e risorse le consentono. DA QUANDO partì, nel lontano 1967, l’infermiera ticinese non pensa che a favorire il progresso dell’uomo. Chissà come avrà salutato la lieta sorpresa che l’uovo di Pasqua le ha riservato nella sua “Karunai Illam“, il posto “dove vive Dio“. La Suprema Corte di New Delhi ha infatti respinto il ricorso della nostra multinazionale Novartis e ha dato via libera ai farmaci anticancro senza brevetto Glivec, usato contro la leucemia mieloide cronica. Davide ha nuovamente sconfitto (per ora) il gigante Golia in uno scontro che durava dal 2006. Dunque disco verde all’antitumorale low cost per cui, se la terapia con il marchio originale costa tremila franchi svizzeri, quella senza il brevetto scende a 200-240 franchi. La sentenza spiana la strada alla produzione di altri farmaci sperimentati nella terapia contro l’epatite C e il cancro al fegato. QUALCUNO ricorderà analogie nella battaglia contro il farmaco, pure brevettato, per combattere l’aids, altro terreno d’azione su cui si muove Gianna Bernasconi. “Educational Scholarship for Children“ è un piano per salvare i bambini colpiti da questa sindrome, curandoli il più tempestivamente possibile e cercando di restituire anche le loro madri alla salute e alla dignità del vivere. IN INDIA LE INVENZIONI non sono protette e l’assenza di garanzie per la proprietà intellettuale ha già provocato una fuga di investimenti verso la Cina. Ciascuno capisce bene che senza la ricerca, con i colossali investimenti che questa comporta, non si produrranno nuove medicine e non verranno messi a punto nuovi trattamenti. Necessario chiedersi pertanto, a questo punto, se il via libera indiano si tradurrà, di fatto, in un danno per i malati. L’allarmismo pare eccessivo e, in ogni modo, non si possono sempre anteporre l’arida contabilità e il perseguimento dei profitti alla salvaguardia della salute e alla cura dei malati. Come Gianna ci insegna con la sua vita, prima di ogni brevetto viene comunque, e sempre, l’uomo.