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18-07-2013
11:00
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Spedizione in abbonamento postale - 70% - Filiale di Bologna - Pubblicazione Quadrimestrale -
40129 Bologna - Via Bassanelli, 9 - 11
Maggio - Agosto 2014
Anno CI - n. 2
RIVISTA DELLA ASSOCIAZIONE DIPLOMATI ISTITUTO ALDINI VALERIANI
ALIAVALIAVALIAV
A L I AV
ASSOCIAZIONE DIPLOMATI
ISTITUTO ALDINI VALERIANI
L’angolo del
presidente
FONDATA NEL GIUGNO 1912
Presidente onorario perpetuo: GUGLIELMO MARCONI
sommario
1
L’angolo del Presidente
2-3-4
Le riunioni del Consiglio Direttivo
5-6
La “bandiga” una ritrovata
ricorrenza degli edili
7-8
La Scuola e l’Industria: ulteriori
considerazioni
9
Consiglio Direttivo Biennio
2013-2015
10
Prevenzioni incendi
11-12
Riecco il Mercato di Mezzo
e il Mercato Coperto
13
Zirudella “bugiardi molto”
14-15
Curiosità bolognesi “il Porto”
16
Il documento di valutazione dei rischi
lavorativi (DVR)
Rientro in Emilia, esperienza unica...!
17-18-
1920
Chi l’avrebbe mai pensato!!!
21-22-23-Proposte per il tempo libero
24-25-2627
28-29
30
Le “launeddas” ballo e canto nella
tradizione della Sardegna
31-32
Il codice segreto di Archimede
DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Sandrolini
CAPO REDATTORE: Angelo Cremonini
COLLABORATORI: Mauro Cavicchi, Graziano Zanetti,
Pierluigi Zacchiroli, Marco Finelli, Giuseppe Benfenati,
Gabriele Stanzani, Adelmo Grazia, Cesare Veronesi,
Maria Grazia Cadoni, Francesco De Petris
RESPONSABILE PROGETTO SITO ALIAV: Ing. Davide Sani
SEDE: 40129 Bologna, via Bassanelli, 9-11
Tel. (051) 41.562.11 interno 208 - 051.353500
Internet: www.aliav.it - e-mail: [email protected]
Questa pubblicazione è distribuita gratuitamente
a tutti i Soci, ai Docenti dell’Istituto e alle principali
Aziende di Bologna e provincia, Organo ufficiale
dell’ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani.
La tiratura di questo numero è di 2500 copie.
Fa molto parlare, in questi ultimo tempi, la necessità di promuovere, divulgare e dare
maggiore impulso alla Cultura Tecnica.
Istituzionii e mass media sembrano essersi risvegliati da un letargo durato anni. Tutti credono
di aver scoperto la formula per il salvataggio del nostro paese da una crisi dura, perdurante e
dannosa oltre ogni limite.
Pare che abbiano scoperto solo ora che la cultura tecnica è il toccasana di tutti i mali e la
soluzione per collaborare ad aiutare la rinascita del nostro sistema produttivo e industriale.
Questo è assolutamente vero non solo da adesso ma da sempre.
La cultura tecnica ha prodotto menti, imprenditori, artigiani e professionisti che hanno
consentito lo sviluppo industriale creando lavoro, reddito proponendo e sviluppando il
progresso in ogni parte del mondo e nel nostro territorio.
Bologna medioevale con il suo sistema di canali che alimentavano mulini e seterie con
sistemi tecnologicamente avanzati è stata città industriale ancora prima di quella rivoluzione
partita dall’Inghilterra. I trasporti fluviali e lungo i canali erano possibili e sviluppati per
mezzo di accorgimenti e soluzioni tecniche che ne regolavano i flussi ed i livelli.
La cultura umanistica che pervade la nostra storia ha fatto si che, nel tempo, gli studi liceali
fossero il massimo dell’istruzione. Pertanto chi eccelleva negli studi e se lo poteva permettere
andava al liceo; chi era più scadente accedeva alla scuola tecnica-industriale.
Ancora oggi, questo concetto è radicato in molti ambienti ma è un modo per nascondere la
testa sotto la sabbia.
Anche gli studi universitari patiscono questa duscriminazione stante la carenza di laureati
nelle materie tecniche come da più parti viene sottolieato.
Sono situazioni che devono essere rimosse, riequlibrate e promosse in modo giusto e
articolato.
Il benessere di una nazione come la nostra è misurato sulla produzione industriale che genera
reddito, consente alla gente di poter spendere, investire un po’ di risparmi, comperare casa e
consumare.
Tecnici e ricercatori hanno consentito progressi enormi nella medicina; la tecnica nel campo
biomedicale consente, oggi, di effetuare interventi operatori tramite robot. I tecnici hanno
fatto in modo che il nostro territorio diventasse leader nel mondo nel settore motoristico,
della meccanica di eccellenza e del pakaging. Questa è la cultura tecncica che deve ritrovare
il giusto collocamento e la giusta diffusione per riconquistare prestigio e riconoscimento.
Diffondendo e sviluppando la Cultura Tecnica si potrà ricostruire il tessuto mentale sul lavoro
e sulla produzione per fare in modo che ricominci a generare quel reddito necessario per
tornare a camminare a passo sostenuto.
Con qualche soldo in più non avremo più l’assillo di far quadrare i conti a fine mese e
potremo ricominciare a frequentare teatri per ascoltare musica, assistere a spettacoli di prosa;
potremo comperare qualche libro in più o tornare a fare qualche giro per la nostra Italia per
riscoprire le sue bellezze storiche e paesaggistiche, visitare musei dove si racconta la italica
classicità e la sua storia umanistica e artistica.
È in questo senso che ALIAV, nella sua quotidiana attività, ha indirizzato i suoi sforzi per
divulgare fin dalle scuole primarie, l’importanza della Cultura Tecnica. Si propone tra i
giovani studenti dell’Aldini-Valeriani con iniziative atte al miglioramento della conoscenza.
Promuove stage in collaborazione con la scuola e coinvolge gli studenti con iniziative
gestionali e pratiche. Si rivolge ai giovani affinchè entrino a far parte dell’Associazione per
garantirne la continuità per il secondo centenario appena iniziato.
Questo è il nostro compito. Sviluppare il senso di appartenenza alla Cultura Tecnica per fare
in modo che i giovani tecnici siano in grado di dichiarare e sostenere di avere studiato per il
futuro.
Graziano Zanetti
CONTI CORRENTI ALIAV:
C. C. postale 20515409
C.C. Bancario presso EMILBANCA codice IBAN: IT 91S 07072 02408 031000089463
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AUTORIZZAZIONE: N. 2939 Tribunale di Bologna del 9 Febbraio 1961
ELENCO INSERZIONISTI:
BONFIGLIOLI RIDUTTORI - CARPIGIANI - AMICI DEL MUSEO
Il C. D. e la Segreteria ricevono i Soci ogni martedì sera dalle 21 alle 22,30
nella sede di via Bassanelli, 9-11.
La riproduzione degli articoli, anche parziale, è permessa solamente citando la fonte.
I manoscritti e le fotografie non verranno restituiti. Gli articoli pubblicati, anche a
carattere scientifico, rispecchiano soltanto il pensiero degli autori e non comportano
responsabilità della direzione.
2
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
le riunioni
consiglio
direttivo
deldel
consiglio
direttivo ALIAV
di MAURO CAVICCHI
di MAURO CAVICCHI e GRAZIANO ZANETTI
Riunioni
del Direttivo
Dal Consiglio
N
Riunioni dal 4 marzo
2013 aldell’ALIAV
3 giugno 2014
Consiglio
Direttivo
ella riunione del 4/03 si è deliberato l’Ordine del Giorno
della 98o Assemblea Generale
dei Soci e si è proposto di mettere in
discussione alcune pratiche varianti
allo Statuto.
Si è deciso, inoltre, di inviare le convocazioni tramite il servizio postale
e con e-mail in quanto la rivista non
potrà uscire in tempo utile.
È stato aggiornato il Consiglio
sul programma di collaborazione
Aldini-Valeriani-Ducati e si è decisa
la pubblicazione sulla rivista dello
stampato relativo allo stage del 2011
dove gli studenti hanno progettato e
costruito un albero a camme per la
moto Monster.
Si sono poste le basi per organizzare
una mostra-convegno promossa dalla
nostra Associazione, sull’AldiniValeriani con la partecipazione del
Museo del Patrimonio Industriale da
tenersi a Bologna con mostre variamente distribuite e conclusione convegno presso l’Aula Magna di Alma
A
Mater che si trova in S. Lucia, storica
sede dell’istituto.
In concomitanza con la conclusione
del ciclo della Sezione Edili, si è
deciso, su proposta del Consigliere
Manara, di realizzare un’intervista ai
Periti Edili Marchesini e Frascari, noti
imprenditori edili, con la collaborazione degli studenti della 5a Edili.
Il Consiglio direttivo, nella riunione
dell’11/03, ha stabilito la data della
98a Assemblea Generale dei Soci
che si terrà il prossimo 29 marzo e si
provvederà all’invio delle convocazioni. Su invito del Socio Aderente
Cremonini Angelo, il Presidente ha
accettato l’invito di aderire ad alcune
interessanti manifestazioni promosse
dai Maestri del Lavoro nelle quali si
tratterà della promozione della cultura tecnica nelle scuole medie. Si ritiene possa essere un’altra occasione
per far conoscere ALIAV e promuovere l’ Aldini-Valeriani. Sono stati
inoltre esaminati alcuni documenti
NOA 2015 - ALIAV
ncora una volta ci avviciniamo all’appuntamento con la cerimonia
che ci permetterà di riconoscere il giusto merito ai Colleghi Periti
Industriali che hanno raggiunto i 25 e i 50 anni dal conseguimento del
diploma presso l’Aldini Valeriani.
Penserete, forse, che siamo in anticipo ma il lavoro da fare è tanto e il
tempo di cui disponiamo ci costringe a stringere i tempi.
Questo comunicato è soprattutto rivolto ai Colleghi che hanno conseguito il diploma negli anni 1989-1990 per i 25 anni e negli anni 1964-1965
per i 50 anni.
Chiediamo a tutti coloro che rientrano in questi anni scolastici, di farsi
promotori per raccogliere i nominativi e gli indirizzi dei loro compagni e di
volerceli trasmettere per facilitare il nostro compito di ricerca e consentirci
di poter raggiungere il maggior numero possibile di Colleghi e Amici.
Siamo sempre stati in molti ai precedenti appuntamenti unitamente ai famigliari. Facciamo in modo di essere ancora di più. Vi aspettiamo.
Graziano Zanetti
Presidente ALIAV
autografi di Guglielmo Marconi che
ringraziava l’ALIAV per la sua nomina a Presidente Onorario. Si è deciso
di farli trasferire su CD per essere resi
noti e conservare, gelosamente, gli
originali.
La riunione del 18/03 ha provveduto
a confermare gli argomenti e le relazioni da porre all’ordine del giorno
della prossima Assemblea dei Soci.
Si è fatto il punto sul primo incontro
con il CNA in occasione de “I SABATI”. Il Presidente ha relazionato
sulla positiva reazione degli studenti
del 5o anno e ha constatato il deciso
interesse degli stessi a questo argomento. Si è anche approvata l’adesione di ALIAV al “Piano Strategico
Metropolitano” tramite l’iscrizione al
Network relativo.
Nella riunione del 25/03, è emerso
uno spiacevole contrattempo. Infatti,
sulla lettera di convocazione alla
prossima Assemblea, si è verificato
un errore nella data: in una riga era
giusta la data del 29/3 mentre nell’altra no. Inoltre non erano ancora state
inviate le convocazioni. Si è immediatamente provveduto pur rientrando nei tempi minimi necessari.
Si è considerata poi la ricorrenza del
NOA che si terrà nella primavera
del 2015. C’è ancora tempo ma le
cose da fare sono molte. Si è stabilito
di anticipare l’evento sul prossimo
numero della rivista, invitando tutti i
Soci a fornire gli indirizzi conosciuti
dei Periti Industriali interessati e di
loro conoscenza.
Il Presidente ha poi annunciato con
soddisfazione l’esito dell’altro incontro de “I SABATI” sottolinendo il fatto
che alcuni studenti hanno espresso
l’intenzione di aderire ad ALIAV,
dopo il conseguimento del diploma.
Il Tesoriere Zacchiroli, ha brevemente illustrato al Consiglio Direttivo, i
contenuti della relazione finanziaria
che sarà esposta nella prossima As-
3
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
semblea dei Soci. Così è stato fatto
dal Presidente sulla relazione dell’attività di ALIAV in questo anno.
Si è affrontato il problema della scarsa conoscenza di ALIAV all’interno
della scuola. Dobbiamo trovare soluzione ed intraprendere iniziative
in senso promozionale e di maggiore
presenza verso gli studenti.
Il Presidente propone ed il Consiglio
approva che sia modificato ed ampliato nella sostanza, il rito di saluto
che viene fatto agli studenti del 5o
anno in occasione della fine del
ciclo scolastico. Anziché la distribuzione spicciola della lettera del Presidente, quest’ anno verrà consegnata,
personalmente, una busta contenete
l’ultimo numero della nostra rivista,
un volantino promozionale aggiornato, la copia dello Statuto e la lettera
di saluto. Il presidente consegnerà
tutto di persona.
La riunuione dell’1/04 è stata caretterizzata da numerose assenze
giustificate e si è deciso di rimandare
gli argomenti previsti nell’ordine del
giorno, alla prossima riunione. Il Presidente e il vice Presidente Colliva,
si sono impegnati alla rilevazione di
tutti i nominativi dei diplomati degli
anni 1989/90 per i venticinque anni
e degli anni 1964/65 per i 50 anni in
relazione agli inviti per il prossimo
NOA.
La riunione dell’8/05, si è aperta con
la graditissima visita del Socio Mario
Bassi, proveniente da Detroit dove
ha lavorato e dove risiede ancora ma
che continua ad essere Socio ALIAV.
Un grande esempio di senso di appartenenza e di attaccamento alle
sue origini. Gli è stata regalata una
copia del libro del Centenario.
All’ordine del giorno è stata esaminata e approvata la proposta che
prevede di dare conferma di partecipazione all’Assemblea dei Soci in
concomitanza con il ricevimento
della convocazione. Si è anche
sancito che, se il numero dei partecipanti all’assemblea risulta inferiore a
20, oltre ai componenti del Consiglio
Direttivo, la stessa non avrà luogo e
sarà rinviata a data da destinarsi.
Per il NOA si è completato l’elenco
dei diplomati interessati e si procede,
da oggi, al reperimento degli indirizzi di attuale residenza per poter
inviare gli inviti. A conclusione del
ciclo de “I SABATI” il Presidente ha
condiviso la grande soddisfazione
sull’esito degli incontri. Tutti gli studenti hanno partecipato con grande
interesse e partecipazione. Tutto il
ciclo è andato oltre le previsioni.
Il Presidente, inoltre, anticipa che il
prossimo 17 aprile, assieme al Dirigente Scolastico Ing. Salvatore Grillo,
avranno un incontro con Intertaba
(Gruppo Philip Marris) per concorda-
ORSI Mario
CHIODINI Germano
INNOCENTI Albano
OLIVI Mario
GRANDI Agostino
VARI (CON IMPORTI
INFERIORI A € 10,00)
€
€
€
€
€
64,00
64,00
64,00
50,00
24,00
€
4,00
re un programma di collaborazione
scuola-industria.
La chiusura della riunione è dedicata
ai saluti al socio Mario Bassi che è
stato presente e partecipante alla riunione come ospite d’onore.
Nella riunione del 15/05, al primo
punto, si sono ribadite le decisioni
prese per quanto attiene la convocazione delle Assemblee che saranno
riportate anche sullo Statuto. Si delibera, inoltre, di provvedere in tempi
brevi ad una sistemazione completa
della documentazione storica e documentaristica dell’ALIAV, per quanto riguarda, in modo particolare,
archivio e biblioteca.
Relativamente a “I SABATI” del prossimo anno scolastico, sarà necessario
esaminare attentamente il programma per non gravare, come negli ulti-
Il Consiglio Direttivo, unitamente al Presidente, vogliono esprimere un sentito
ringraziamento alla Società COMAR Sistemi S.r.l. Per aver contribuito, in
modo assolutamente gratuito, a migliorare ed ammodernare gli arredi della
sede della nostra Associazione.
Questa azienda opera da oltre trentanni, nel settore delle pareti attrezzate, divisorie e arredi per l’ufficio ed è presente sul nostro territorio con
numerose forniture e installazioni presso Clienti di grande prestigio.
Una struttura efficiente, macchinari ed attrezzature al passo con i tempi,
ufficio tecnico di grande esperienza e personale altamente qualificato, sono
la garanzia per essere attivi sul mercato pur nelle difficoltà di questo particolare momento economico.
A tutti un sincero GRAZIE
COMAR Sistemi s.r.l. - Via Einaudi, 2 - 10070 Robassomero (TO)
4
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
mi anni, sempre sulle ore degli stessi
insegnanti coinvolti il sabato.
Si sono ribadite le carenze cui bisogna porre rimedio, per promuovere
in modo deciso e costante l’Associazione all’interno della
scuolaCAVICCHI
e non
di MAURO
solo.
per una interessante visita alle case
torre, di notevole rilevanza storica e
al plastico della Linea Gotica, esposto nella cittadina, che è collegato
ad un libro sulla storia di questi luoghi.
Sulla proposta dei Consiglieri Grazia
Adelmo e Cesare Veronesi di mettere
in vendita i libri del Centenario attraverso le edicole di Bologna, particolarmente dedite anche alla vendita di
edizioni, dopo gli accordi presi con
la loro organizzazione, si è deciso di
procedere dopo il parere vincolante
del nostro Socio Consulente Amministrativo Paolo Mazzoni.
le riunioni
del consiglio direttivo
Con la riunione del 29/04 si riprendere l’attività dopo la sospensione in
occasione delle festività pasquali.
Il Presidente relaziona sull’incontro avuto, in INTERTABA, lo scorso
17/04. In pratica si è deciso di stendere un programma che coinvolga,
per il prossimo anno scolastico ed in
seguito, la presenza in fabbrica per
una settimana al mese, gli studenti
del 3o anno di chimica, meccanica
ed elettronica, per prendere conoscenza e partecipare ai problemi
relativa alla sicurezza sul lavoro
in generale, poi a quelli specifici
dell’industria. Per quanto riguarda
gli studenti del 4o e 5o anno, saranno impiegati in azienda con attività
specifiche. Sulla valutazione finale,
gli insegnanti decideranno sull’80%
mentre l’azienda valuterà il 20%. I
dettagli si vedranno non appena sarà
steso, definitivamente, il programma.
Un altro, significativo, esempio tra i
tanti, di rapporto di collaborazione
stretto tra scuola e industria in stile
Aldini-Valeriani, volto sempre ad una
maggiore e più specifica preparazione dei suoi studenti. Un doveroso
risonoscimento alla intraprendenza
del Preside.
Altre iniziative in questo senso sono
state intraprese ed altre si sono già
concluse con una significativa partecipazione dell’ALIAV:
Oltre a ribadire l’attenzione sulla organizzazione del prossimo NOA, si
è dato avviso che, in occasione della
conclusione del ciclo della sezione
Edili, la BANDIGA di saluto, si terrà
il prossimo 7 giugno presso il cantiere della sezione.
Riunioni del
d’onore a vantaggio degli studenti e
dei diplomati più meritevoli e meno
abbienti dell’Aldini-Valeriani.
Si conferma anche, come avviene
ormai da anni, la consegna di una
borsa di studio di € 250,00 a favore
di uno degli studenti più meritevoli,
nell’anno scolastico 2013-2014. La
premiazione avverrà nei prossimi
giorni in una apposita cerimonia
presso la scuola.
L’ordine del giorno previsto nella
riunione del 27/05 saranno riproposti alla prossima riunione a causa
delle numerose assenze, giustificate,
di Consiglieri.
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
La riunione del 6/05 è stata aperta
dal Presidente riprendendo, per i
Consiglieri assenti nella precedente
riunione, la relazione sul programma
impostato tra Intertaba e l’AldiniValeriani e sulle molteplici iniziative
avviate con il Dirigente Scolastico
sull’interessante rapporto di collaborazione scuola-industria. Si sono,
poi, esaminati tutti i piccoli aggiornamenti allo Statuto per procedere alla
stampa definitiva in formato libretto.
In base alla collaborazione instaurata
tra l’Aliav e la scuola, si è deciso di
affidare il tutto alla sezione Grafici.
Saranno loro a stampare anche il
nuovo volantino aggiornato e la lettera di saluto e auguri ai diplomandi
del Presidente.
Il Consiglio Direttivo ha inoltre approvato la proposta di una gita a
Castel D’Aiano, in data da destinarsi,
La riunione del 13/05 si apre con la
notizia che il Presidente è stato invitato ad intervenire, il 17 prossimo,
ad una manifestazione promossa dai
Maestri del Lavoro presso il Palazzo
Affari, nella quale verranno premiati
i migliori temi svolti da alunni delle
terze medie di Bologna, sulla figura
di Olivetti. Sarà un’altra possibilità
per promuovere ALIAV e la cultura
tecnica a ragazzi che possono essere
potenziali iscritti presso l’AldiniValeriani.
Per il giorno 20/05 è stata fissata la
data per realizzare l’intervista ai Periti Edili Luciano Marchesini e Ferruccio Frascari, figure molto note nella
realtà imprenditoriale della nostra
città e non solo. L’intervista sarà condotta dal Presidente e dal Consigliere
Ivano Manara, che ne è stato il promotore. Le domande saranno poste
da alcuni diplomandi della sezione
Edili.
Il Presidente annuncia poi che, dopo
una lunga attesa, avrà un incontro
con la Dirigente del CNR di Bologna,
fissato per il giorno 23/05, per definire un programma di incontri, visite
reciproche e lezioni da tenere presso
la scuola.
Si comunica, inoltre che, dal 4/06 al
15/09, l’attività del Consiglio Direttivo sarà sospesa in concomitanza con
la chiusura estiva della scuola.
Il Presidente, nella riunione del Consiglio Direttivo del 20/05, informa
sul buon esito della partecipazione
alla manifestazione pormossa dai
Maestri del Lavoro sul tema: “Una
stella per la Scuola” per la premiazione dei migliori temi dei ragazzi di
terza media. È stato anche apprezzato il suo intervento. Si è anche sottolineata l’ottima riuscita dell’intervista
a Marchesini e Frascari. Non appena
pronto il video completo, ne sarà
data divulgazione a tutti.
Si rende noto il buon esito dell’incontro che il Presidente e il Dirigente
Scolastico ing. Salvatore Grillo,
hanno avuto con il Dott. Cammelli,
Presidente della Fondazione Monte
di Bologna, tendente a sostenere
la proposta di istituire un prestito
Il 30/05 si affronta l’ultima riunione
del Consiglio Direttivo per questo
anno scolastico. Infatti la scuola si
chiuderà il prossimo 3/06 per affrontare gli esami.
Si pongono le basi per gli argomenti
da trattare alla ripresa dei lavori,
fissata per martedì 16/09 e si pone
subito in evidenza la necessità di
ottemperare a quanto previsto nello Statuto sulla rappresentanza, in
ambito del Consiglio, di studenti e
si deciderà anche sulla collaborazione da chiedere ad altri studenti,
sulla gestione del siti internet e sulla
organizzazione del nostro sistema
informatico per renderlo attuale ed
efficiente.
Si easamineranno le richieste inoltrate al Presidente di alcuni studenti
che avrebbero manifestato l’intenzione di aderire ad ALIAV, dopo il
conseguimento del diploma.
Dopo aver sentito il parere amministrativo favorevole da parte del
nostro Consulente/Socio Paolo
Manzoni, si procederà a dar corso
alla vendita dei libri del Centenario
attraverso le edicole. Queste saranno
selezionate dalla loro organizzazione di rappresentanza, tra quelle che
hanno una maggiore vendita di libri.
Sarà data a stampa una locandina
da esporre e, all’interno dei libri, ci
sarà una lettera di presentazione del
Presidente.
Ci sarà poi da discutere la proposta
sui nuovi orari della nostra Associazione. In particolare le riunioni del
Consiglio Direttivo dovrebbero tenersi a scadenza quindicinale, garantendo però la presenza di un socio,
negli altri martedì sera.
Si vorrebbero destinare all’apertura
anche alcuni giorni del mese in orari
tali da consentire l’accesso agli studenti della scuola.
Si delibera l’approvazione della proposta di inserire, nel prossimo numero della rivista. la stampa definitiva
dello Statuto, in forma di inserto
staccabile.
Null’altro da deliberare è di rito lo
scambio di saluti e l’augurio di buona estate.
ALIAV
ALIAV
Associazione
AssociazioneDiplomati
DiplomatiIstituto
IstitutoAldini
AldiniValeriani
Valeriani
5
ALIAV
e la scuola
di GRAZIANO ZANETTI
La “bandiga”
una ritrovata ricorrenza degli edili
I
l 7 giugno 2014 rimarrà una data
memorabile tra le altre della mia
vita. Come molti di coloro che
mi leggono sapranno e gli altri lo apprendono oggi, la Sezione Edili dell’
Istituto Aldini-Valeriani, conclude il
suo ciclo e non sarà presente alla riapertura dell’anno scolastico.
Quarantanove anni fa, esattamente
nel mese di luglio del 1965, conseguivo il diploma di Perito Industriale
Edile. I miei compagni di classe e io
eravamo i primi studenti delle rinata
sezione Edili e iniziammo un ciclo
che si è protratto per quasi mezzo
secolo.
Nella tradizione dei cantieri edili del
nostro territorio, ricorre un avvenimento molto simpatico: quando si
arriva al termine di un fabbricato sia
civile sia industriale, è uso esporre
sul tetto la bandiera italiana e festeggiare con un lauto banchetto, denominato BANDIGA.
Questa tradizione è stata adottata da
tutte le quinte classi della sezione
Edili che, in occasione della fine
della scuola, prima degli esami,
nell’area del cantiere dell’Istituto, si
allestisce la “Bandiga”.
Anche quest’anno, sabato 7 giugno,
non è mancato l’appuntamento che
era stato annunciato, a tempo debito, con telefonate, e-mail, spazi sui
siti e l’immancabile passa parola.
Chi era presente, si è accorto di
quale sia stato, nel tempo, l’affetto
verso questa specializzazione, il
grande senso di appartenenza all’Aldini-Valeriani e la grande unione tra
i Periti Edili.
Ci siamo trovati in oltre trecento diplomati a scambiarci saluti, esperienze, storie di vita vissuta e, purtroppo,
a ricordare quelli di noi che ci hanno
lasciato.
Gli studenti della sezione Edili,
hanno fatto un lavoro strepitoso
6
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
considerando anche che gli esami
incombono.
Hanno messo a tavola questa massa
brulicante nel loro cantiere cucinando a ritmo costante e instancabile
salsiccia, costolette
pancetta,
tutto
di eMAURO
CAVICCHI
rigorosamente alla griglia oltre a verdure e ad un numero imprecisato di
patatine, fritte al momento.
Non potevo tralasciare di dare spazio
nella rivista a un avvenimento che
sarà certamente ricordato da tutti;
non potevo trascurare il fatto di essere presente come componente della
prima sezione e partecipare, con
gioia e con un po’ di rammarico, a
questa ultima “bandiga”. Non potevo
nemmeno dimenticare che, con i
miei compagni di allora, il prossimo
anno festeggeremo i 50 anni dal conseguimento del diploma.
Confesso che, mentre scrivo queste
righe e ripasso velocemente questo
avvenimento, vado con la memoria
a quelli vissuti nei tanti anni trascorsi
come Perito Edile e mi assale una
certa, giustificata commozione.
Dicono che non esiste più dialogo
tra le vecchie e le nuove generazioni. Sabato ho assistito e partecipato
ad un avvenimento che ha categoricamente smentito questa affermazione.
La comprensione e la stima dei più
anziani verso questi giovani per il
loro impegno, lo spirito di corpo ed
il senso di appartenenza sono stati
il denominatore comune di questa
giornata.
Ho detto che è stata l’ultima “bandiga” ma, in cuor mio, non mi sono
ancora rassegnato.
Con l’aiuto di tanti colleghi e come
ho più volte scritto in queste pagine,
abbiamo in mente un progetto per
far rivivere questa specializzazione: la figura di un nuovo tecnico,
più specializzato, se ce ne fosse il
bisogno, più attento conoscitore
del territorio, dell’ambiente, delle
nuove tecnologie con una spiccata
alternanza tecnico-pratica al passo
con i tempi.
È stata l’ultima “bandiga” di un ciclo.
La nostra intenzione è quella di farne
tante altre per assicurare, nel tempo,
quella continuità e quello spirito che
ci ha caratterizzato fino ad oggi.
I Periti Edili che hanno lasciato tracce tangibili nella storia della nostra
città, devono poter passare il testimone ai nuovi che scriveranno gli
eventi della storia futura.
Grazie di cuore a tutti. Agli studenti
per la passione che hanno profuso e
dimostrato in questa e in tante altre
occasioni; a coloro che li hanno
aiutati e sostenuti; a tutti coloro che
c’erano e che hanno potuto godere
di questa giornata di fantastica e genuine semplicità.
le riunioni
del consiglio direttivo
Riunioni del
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
Graziano Zanetti
7
ALIAV
ALIAVAssociazione
Associazione Diplomati
Diplomati Istituto Aldini
Aldini Valeriani
Valeriani
ALIAV
scuola
di GRAZIANO ZANETTI
La Scuola e l’Industria:
ulteriori considerazioni
N
ell’ultimo numero di questa
rivista, avevo commentato alcuni articoli tratti dalla stampa quotidiana nei quali si affrontava
il tema dell’alternanza scuola-lavoro.
Gli interventi del Dirigente Scolastico dell’Aldini-Valeriani, Ing. Salvatore Grillo sulla necessità di adottare
questa alternanza, avevano dato
adito, in ambito scolastico generale,
a risposte di vario tenore tra chi era
favorevole e chi esprimeva il proprio
dissenso.
A chi auspicava che si iniziasse e si
rafforzasse questo rapporto con il
mondo del lavoro, si contrapponevano coloro che vedevano in questo
una inopportuna ingerenza speculativa dell’industria in ambito scolastico.
Da tempo si dibatte l’argomento,
da tempo si richiede una migliore
e maggiore specializzazione dei
tecnici per una più spiccata qualificazione.
Le esperienze europee, assolutamente favorevoli a questo tipo di
collaborazione con il mondo del lavoro e che hanno adottato da tempo,
traggono risultati molto favorevoli
per loro e per gli studenti che hanno
modo di entrare in contatto con le
realtà che li attendono finita la scuola.
Dobbiamo preparare tecnici che
siano capaci di partecipare allo sviluppo industriale in aziende che ne
richiedono sempre in numero mag-
NE
IO
ENZ
ATT
giore anche in questo momento di
particolare crisi economica. Lo Stato
spende quei pochi soldi a disposizione per rispondere a questa esigenza.
Personalmente ne sono un convinto
sostenitore.
Ho vissuto all’Aldini-Valeriani i miei
anni scolastici dove, questo concetto, era alla base dell’istruzione
tecnica.
Parlo degli anni ’60, quindi di tempi
non sollecitati dalle attuali condizioni ma ispirati ad una grande collaborazione tra scuola e mondo del
lavoro.
Questo, unitamente alla presenza di
professionisti nel corpo docente, fecero in modo che l’Aldini-Valeriani,
fosse la fucina dove produrre e
plasmare tecnici capaci, preparati e
pronti a dare il loro contributo nel
modo migliore possibile.
Negli ultimi decenni, poi, si sono
alternate decisioni insensate, riforme
scolastiche inadeguate alle esigenze
della cultura tecnica, elaborate dalla
logica politica senza ragioni pratiche
e senza una precisa conoscenza del
contesto e delle peculiarità delle varie scuole. Tagli indiscriminati hanno
depauperato il patrimonio della cultura tecnica; sono stati ridotti gli orari
per un mero risparmio sul numero
dei docenti.
Sono state accorpate indiscriminatamente, categorie diverse di tecnici
con denominazioni fuori da ogni
IL CONSIGLIO DIRETTIVO
PER LE VACANZE ESTIVE, SOSPENDE LE RIUNIONI
MARTEDì 3 GIUGNO 2014
PER RIPRENDERLE
MARTEDì 16 SETTEMBRE 2014
logica. Tutto questo ha inferto una
ferita grave alla scuola tecnica ed, in
particolare, all’Aldini-Valeriani dalla
quale tutti noi proveniamo.
Ma dalle rovine si può e si deve
risorgere. Si comincia a ricostruire
con i pochi mezzi a disposizione per
vedere una luce alla fine del tunnel.
Frase forse retorica ma reale.
Ed è proprio questo che l’attuale Dirigente Scolastico ed il suo staff, ha
deciso di fare anche, e lo dico con
malcelato orgoglio, con il contributo
di ALIAV in molte occasioni.
La stampa quotidiana, negli ultimi
giorni, ne ha data ampia divulgazione; il Prof. Prodi, da sempre sostenitore dell’Aldini-Valeriani, ha voluto
annotare e sottolineare l’osservazione: “Il modello Aldini ci salverà”
quale fosse un motto ed un augurio
per il futuro.
Tante sono le iniziative, i progetti ed
i programmi in partenza e già partiti:
Cito, sommariamente: il corso per
Trasporti e Logistica con le Ferrovie;
il progetto sottoscritto con Ducati e
Lamborghini e quello, in preparazione, con Intertaba del gruppo Philip
Morris. Vi è anche una interessantissima collaborazione con il C.N.A.
che imposterà corsi dedicati alla
formazione di tecnici che abbiano
intenzione di “fare industria” ed il
progetto “MEC TRAC “già in atto.
Altre iniziative sono in corso ma non
è mio compito anticipare i risultati.
Mi basta richiamare la vostra attenzione strada facendo e ne sarete
informati a mezzo stampa. Sarà,
comunque, mia cura e del Consiglio
Direttivo, aggiornarvi sugli sviluppi e
sulle novità, tramite la nostra rivista.
Mi sembra doveroso e giusto, a
questo punto, dare il giusto tributo
di riconoscimento al Consiglio Direttivo che ho l’onore di presiedere,
per il lavoro svolto e per il sostegno
fornito, che ha permesso ad ALIAV di
essere promotrice in alcuni casi e coprotagonista in altri, di questi eventi
e di queste trasformazioni per tenere
8
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
alto e migliorare il prestigio della
nostra scuola e l’orgoglio del nostro
essere “aldiniani”.
Nella sua ultracentenaria storia, la
scuola, è stata sempre un punto di
riferimento della cultura
tecnica
deldi MAURO
CAVICCHI
la nostra città, del nostro territorio
ed un esempio anche per gli altri
istituti che si occupano di formare
tecnici idonei, preparati e stimolati a
promuovere la crescita produttiva del
nostro paese.
le riunioni
del consiglio direttivo
Sarà una prova lunga, impegnativa e
difficile ma questi sono i motivi per
trovare nuovi stimoli nei quali credere fino al raggiungimento della meta
che ci siamo prefissati: promuovere
e migliorare la cultura tecnica.
Noi giovani nel Mondo di oggi
Riunioni del
da il Prisma, n. 2 marzo 1953 a cura degli studenti dell’Aldini e del Galvani
N
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
oi giovani siamo, in questo
tem­po, oggetto di frequente
discussio­ne: ci si chiede, infatti, se la no­stra preparazione è tale
da potere sperare in un progresso del
mondo quando, domani sarà a noi
affidato.
Si presenta questo argomento come
interessante interrogativo, poiché
molti sono coloro che cercano di
risolverlo in un modo o nell’altro,
secondo il credito che ci concedono
e la concezione, quindi, che hanno
di questa tanto discussa gioventù
moderna.
Vi è poi un ritornello molto mo­
notono che ci ha davvero stancati ad
oltranza, e che suona così: “Ai nostri
tempi era diverso!...”. Si è deciso allora, di invertire per un poco le parti,
assumendo quindi noi il ruolo di
soggetti, nella fa­mosa discussione, e
stabilendone, come oggetto, il mondo a noi contemporaneo. Dunque
iniziamo.
Pos­siamo proprio affermare in
coscien­za che il mondo ci si presenti
roseo ed invitante? Se la risposta,
come si può facilmente accertare,
è ne­gativa, invitiamo coloro che ci
pren­dono così spesso come oggetto
delle loro ansie redentrici, a spostare
leg­germente i termini del quesito
ed a formularlo come noi ora lo for­
muliamo: eravamo noi preparati ad
assumere l’onere di dirigere il mon­
do?
Con questo, non vogliamo ac­cusare,
per nulla i nostri ipotetici giudici, ma
intendiamo accertare se è proprio
vero che l’ansia sussista soltanto
per causa nostra, oppure per la risultante di parecchie cause di cui
una sola non si presenti col nome di
“gioventù moderna”. Invi­tati ad un
accurato esame di co­scienza anche
i nostri abituali giu­dici, ritorniamo al
mondo. Il quale ci offre spunti di meditazione nera di pessimismo e verde
di speranza ad un tempo. L’umanità
ha realiz­zato progressi senza dubbio
sbalor­ditivi in tutti i campi: l’uomo è
ora signore della natura e, relativa­
mente, arbitro delle sue sorti. Sot­to le
mani dell’uomo le forze naturali, che
prima erano a lui ostili; sviluppano
lavoro fisicamente utile. assoggettate
dall’acume della sua intelligenza.
Ciò, che dovrebbe riuscire ad appagare completamente le, aspirazioni
dell’essere umano ed a rendergli,
pertanto, la vita meno gravosa, appunto per, la raggiunta rispondenza
a lui di tutta la natura, non vi riesce
che in parte.
La pura ragione, creatrice e regolatrice del­la scienza, non può costituire
da sola l’ideale di vita, come dimo­
stra del resto, il crollo delle teorie
filosofiche illuministiche.
C’è qualcosa, in più della scienza
e quindi di tutti i progressi che le si
devono, che manca ancora all’uomo e clic l’uomo, da sempre, cerca
affannosamente. Egli cerca un ideale
vero e sicuro. Perciò oggi il mondo
non è felice, perché appunto manca
an­cora dell’ideale di vita. Per di più,
noi giovani ci troviamo innanzi al
conflitto tra diverse risoluzioni del
problema della vita, che tendono tutte ad affermare la propria validità e
sicurezza e che cercano di sostituirsi
l’una all’altra. A noi resta la scelta.
L’importante è scegliere. Scegliere
con impegno e decisione. Così agendo, dimostreremo agli ipotetici nostri
giudici l’erroneità di considerarci indifferenti a quelli che sono -i basilari
problemi; ed ancora, quanto sia gratuito l’appellativo di “menefreghisti”
che ricorre spesso sulle loro bocche,
parlando di noi.
Antonio Rubbi
A noi la parola
da Sottobanco (Periodico studentesco Bolognese - Aprile 1953)
G
iorni fa uno studente romano
è tornato a casa con un quattro in matematica. Il giorno
dopo, armato di pistola, ha ucciso il
suo professore.
Quasi a completare questo tragico
episodio, alcuni giorni dopo uno
studente liceale per aver preso un
quattro in greco, si è buttato dalla
finestra. Attorno a questi episodi la
stampa ha fatto molto chiasso con
fotografie, in­terviste, ecc.
Ma l’interesse suscitato attorno a
questi casi non è dovuto al clamore
gior­nalistico che tante volte è più
dannoso che utile al fine della formazione dei giovani, bensì al difficile
interrogativo: cos’è che fa di questi
giovani dei criminali o dei suicidi?
Certamente le cause di questi gravi
episodii non vanno ricercate in fatti
occasionali o particolari.
Se noi indaghiamo con serietà ci accorgiamo che­alla base di tali crimini
così orribili da sembrare impossibili,
sta qualche cosa di più complesso.
Noi stessi, e in particolare gli uomini
dirigenti questa società, dobbiamo
sentire una parte di responsabilità
per queste azioni.
Uno studente ha ammazzato il suo
professore, è stato un fatto deplorevole, inammissibile, e stato il prodotto di un processo individuale e
sociale che deve essere osservato.
La stampa quotidiana e settimanale
ha descritto lo studente omicida
come un gangster da film americano,
misero eroe dei nostri tempi ed ha
voluto attirare su di lui l’indignazione e forse la compassione, dimenticando di rispettarlo come un
malato.
Ora noi studenti crediamo assolutamente neces­sario un rimedio
tenendo presente che crimini come
questi non debbono essere soltanto
considerati casi gravi in sè, ma sopratutto perchè denotano nei giovani
d’oggi una sbagliata educazione morale quindi è necessario occuparsi di
loro non solo dopo che sono caduti
in errore, ma prima, evitando così il
ripetersi di tali gesti.
Il problema, l’abbiamo già detto, è
molto complesso, ma a tutti spetta il
compito, anzi il dovere di risolverne
una parte, dal Ministro della P. I. al
professore, dallo studente al giornalista, affinché a tutti i giovani venga
dato un saldo indirizzo sociale.
Luciano Chiarini
9
ALIAV
ALIAVAssociazione
AssociazioneDiplomati
DiplomatiIstituto
IstitutoAldini
AldiniValeriani
Valeriani
ALIAV
organigramma
da PIERLUIGI ZACCHIROLI
Consiglio Direttivo
Biennio 2013-2015
E-mail
Presidente
ZANETTI p.i. Graziano
[email protected]
Vice-Presidente
COLLIVA dott. Carlo
[email protected]
Vice-Presidente
STANZANI ing. Gabriele
[email protected]
Segretario
CAVICCHI p.i. Mauro
[email protected]
Tesoriere
ZACCHIROLI p.i. Pier Luigi
[email protected]
Consigliere
BENFENATI p.i. Giuseppe
[email protected]
Consigliere
DALL’OMO p.i. Carlo
[email protected]
Consigliere
FINELLI dott. Marco
[email protected]
Consigliere
GRAZIA p.i. Adelmo
//
Consigliere
MANARA p.i. Ivano
[email protected]
Consigliere
MANFERDINI p.i. Remo
[email protected]
Consigliere
ORSINI p.i. Giovanni
[email protected]
Rappresentante soci aderenti:
CREMONINI Angelo
//
Consulente contabile e fiscale:
MAZZONI dott. Paolo
[email protected]
Consulenza grafica:
VERONESI Cesare
[email protected]
Istituto Tecnico Industriale:
ALDINI VALERIANI
Tel. 051.41.562.11
10
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
Salute
deleconsiglio
sicurezzadirettivo
sul lavoro
di MAURO CAVICCHI
di MARCO FINELLI
Riunioni del
Prevenzione incendi
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
il D.M. 27/07/2010 la regola tecnica per le attività commerciali
Introduzione e breve esposizione
Le costruzioni o parte di esse, che
ospiteranno esercizi commerciali,
possono rientrare tra le attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco
di cui al punto 69 del D.P.R. 1 agosto
2011 n. 151. Infatti, la regola tecnica
in cui sono specificate le disposizioni ed i criteri per la progettazione,
la costruzione e l’esercizio di cui
al D.M. 27 luglio 2010, si applica
alle attività commerciali all’ingrosso
o al dettaglio, ivi compresi i centri
commerciali, aventi superficie lorda,
comprensiva di servizi e depositi,
nonché degli spazi comuni coperti,
superiore a 400 mq.
All’art. 2 troviamo gli obiettivi che
occorre perseguire ai fini della prevenzione degli incendi sia per la
realizzazione che la gestione delle
attività soggette in modo tale da:
a)minimizzare le cause di incendio;
b)garantire la stabilità delle strutture
portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti;
c)limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno
dei locali;
d)limitare la propagazione di un incendio ad edifici o locali contigui;
e)assicurare la possibilità che gli
occupanti lascino il locale indenni o
che gli stessi siano soccorsi in altro
modo;
f) garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.
In particolare, al punto 1.1. lettera d)
dell’Allegato al D.M. 2707/2010 troviamo, tra le definizioni, quella di:
d)MALL: galleria interna, coperta, realizzata anche su più piani, su cui si
affacciano varie attività commerciali
e/o di servizio. Essa deve presentare
uscite in posizione contrapposta,
altezza (H) minima 7 m e larghezza
(L) pari almeno a radice quadrata di
7H, deve essere priva di ingombri
che possano essere di ostacolo per
l’esodo in emergenza e il carico di
incendio specifico non deve essere
superiore a 50 MJ/mq anche in presenza di allestimenti e/o promozioni
a carattere temporaneo.
Tra le caratteristiche costruttive di
cui al punto 3, troviamo, al punto
3.3, che le compartimentazioni singole non dovranno essere superiori
ai 2500 mq estendibili come sotto
riportato. Le attività commerciali
devono essere suddivise in compartimenti antincendio, distribuiti sul
medesimo livello o su più livelli, di
superficie singola non superiore a
2.500 mq, estendibile fino a:
a)5.000 mq se l’intera attività commerciale è protetta da impianto automatico di spegnimento ed è inserita
in edificio di tipo misto;
b)10.000 mq se l’intera attività commerciale è protetta da impianto di
spegnimento automatico ed è inserita
in edifici di tipo isolato non sottostante ad altri edifici;
c)15.000 mq se l’intera attività commerciale è protetta da impianto di
spegnimento automatico ed è isolata
lungo l’intero perimetro.
d)30.000 mq se l’attività commerciale:
– ha non più di due piani fuori terra
ed è priva di piani interrati destinati
alla vendita;
– è interamente protetta da impianto
di spegnimento automatico e da un
sistema di controllo dei fumi realizzato in conformità a quanto previsto
al successivo punto 4.9, lettera b);
– è isolata lungo l’intero perimetro;
– è dotata di una squadra di personale destinata esclusivamente al
servizio di prevenzione incendi,
lotta antincendio e gestione delle
emergenze presente durante l’intero
orario di apertura al pubblico.
Gli elementi di separazione dei compartimenti devono possedere una
classe di resistenza al fuoco non inferiore a quella indicata nella tabella 1
del punto 3.1.
Conclusioni
Da quanto sintetizzato sopra, si può
comprendere come queste regolamentazioni e queste disposizioni
intervengono al fine della riduzione
del cosiddetto rischio d’incendio.
Inoltre, considerando il rischio d’incendio come il prodotto della probabilità d’accadimento d’evento e della
grandezza del danno che l’evento
stesso potrebbe causare, possiamo
affermare che ogni misura tendente a
ridurre la probabilità sia una misura
di ‘prevenzione’ mentre ogni misura
tendente a ridurre i danni sia una misura di ‘protezione’.
Ecco allora l’importanza della valutazione dei rischi, perno del D.Lgs.
81/2008, vista come momento di tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro.
ATTENZIONE IMPORTANTE
Rammentiamo a tutti che il ns. conto corrente bancario è attivo presso:
EMILBANCA - Ag. di Via Arcoveggio, 56/22 - Bologna
ed il relativo IBAN è il seguente: IT91S 07072 02408 031000089463
preghiamo quindi tutti i soci che effettuano bonifici bancari a ns, favore di utilizzare questo conto.
Quota sociale annuale (per l’Italia):
Quota sociale annuale (per estero - Europa):
Quota sociale annuale (per estero - oltremare):
e. 36,00
e. 46,00
e. 58,00
11
ALIAV
ALIAVAssociazione
Associazione Diplomati
Diplomati Istituto Aldini
Aldini Valeriani
Valeriani
ALIAV
informa
di GIUSEPPE BENFENATI
Riecco il Mercato di Mezzo:
è il Mercato Coperto
R
iecco il Mercato di Mezzo:
dopo anni di abbandono, lo
storico complesso tra via Clavature e via Pescherie vecchie ha
riaperto i battenti.
La toponomastica di Bologna ci
insegna che “Mercato di Mezzo”
era il nome della via che poi è stata
ribattezzata col nome di Francesco
Rizzoli: ebbe questa denominazione
in quanto si trovava in mezzo a due
mercati: quello di piazza Ravegnana
e quello di piazza Maggiore ed è un
errore storico denominare così l’attuale Mercato Coperto inaugurato il
3 aprile scorso!
Il complesso commerciale che ospita
il Mercato Coperto è denominato
da tempo il Quadrilatero, in quanto
storicamente era il polso della nostra
città, il cui battere pressoché uguale
dall’alba a tarda notte segnava il
continuo fluire di gente, indaffarata
o a spasso; che entrava, usciva per le
botteghe e i negozi; si diramava per
le stradine adiacenti; si ritrovava in
piazza Maggiore; poi ancora si divideva per le Vecchie Pescherie, per le
Clavature, per la ineguagliabile via
degli Orefici, per riunirsi di nuovo
al vecchio Mercato Coperto dove
si sparpagliava fra gli innumerevoli
banchi colmi di ogni ben di Dio.
Per restare nella storia del Mercato
Coperto riprendo un articolo del
ricercatore storico Dott. Marco Poli
apparso da poco su una rivista bolognese in cui narra che nel 1877 il
Consiglio Comunale di Bologna decise il “trasloco” delle bancarelle che
affollavano da secoli la Piazza Maggiore in vista del prossimo “esercizio
di una tramvia urbana a cavalli” con
capolinea davanti al Palazzo del
Podestà e di una riqualificazione urbana che prevedeva anche il restauro
degli edifici a contorno della piazza.
Il sindaco in carica, Gaetano Tacconi, dispose lo sgombero per il giorno
8 maggio ed il Consiglio Comunale
approvò unanime la decisione per
porre fine alla “sconcia e deturpante”
presenza delle bancarelle nella piazza maggiore ed anche la stampa locale approvò con entusiasmo. Il quotidiano “La Patria” dell’11 maggio
scrisse: “Finalmente il mercato delle
erbe si è traslocato e la nostra bella
piazza Vittorio Emanuele è libera da
quello sconcio: stamani era quasi deserta. Là in fondo sorgevano solitarie
le baracche degli acquaiuoli, ma anche queste si disponevano al levar le
tende”. Un altro quotidiano bolognese scrisse: “Finalmente piazza Maggiore è sgombra da baracche, cumuli
di insalata e di cipolle, dai ciarlatani
che vendevano il cerotto per guarire
ogni male e cavavano i denti senza
dolore. Ora la Piazza è vuota ed ha
un aspetto maestoso”.
Le proteste dei 450 ambulanti furono
limitate in quanto il Comune aveva
promesso loro varie alternative: il
nuovo “mercato di San Francesco”,
uno spazio coperto da una tettoia
ubicato nell’attuale via De Marchi
che poteva accogliere 250 ambulanti, un’altra tettoia per i venditori di
ortaggi era stata predisposta lungo la
fiancata della chiesa di San Salvatore
in via IV Novembre, un’altra nella
piazzetta Caprara (davanti all’omonimo palazzo, oggi sede della Prefettura) ed infine era stato concesso
il lato porticato della “seliciata di
Strada Maggiore”, oggi piazza Aldrovandi. Ma la sistemazione più
prestigiosa fu quella del nuovo edificio realizzato dall’Amministrazione
degli Ospedali, quasi a somiglianza
di una chiesa, fra via Clavature e via
Pescherie con ingresso da entrambe
le vie. L’immobile, scrisse “La Patria”
12
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
del consiglio direttivo
di MAURO CAVICCHI
Riunioni del
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
del 20 maggio 1877, “è riuscito benissimo: nel mezzo c’è una corsia di
scaffali, ove i posteggianti possono
esporre la loro merce, ai lati ci sono
altri posteggi e parecchie botteghe.
È perfettamente arieggiato, selciato a
pietrini … Insomma, torna a comodo
e decoro della città, ad utile dell’Amministrazione che l’ha eseguito, ad
onore del consigliere Avv. Vicini che
ha ideato e presieduto i lavori”. Un
complimento fu riservato anche “al
capo mastro Sig. Bedosti cui era stata
affidata l’esecuzione dei lavori”.
Nel nuovo Mercato Coperto trovarono posto circa 150 “sfrattati” da
piazza Maggiore. Alle ore 15 del 20
maggio “i proprietari delle case e
botteghe dei dintorni” offrirono una
“refezione rallegrata da un po’ di
musica” (oggi diremmo una bandiga), ai 30 operai, che per completare
velocemente i lavori, avevano lavorato anche di notte: suonò la Banda
di Borgo Panigale e al termine della
manifestazione “dall’alto del Mercato Coperto piovvero una quantità di
foglietti di carta a diversi colori su
cui leggevasi un “evviva” in versi”.
Erano stati gli “erbivendoli” che in
tal modo intendevano ringraziare
gli operai e l’Amministrazione degli
ospedali.
La mattina si era svolta l’inaugurazione ufficiale con le autorità che visitarono il nuovo Mercato Coperto già
occupato dai nuovi inquilini: c’era
un grande affollamento di curiosi
dentro e fuori la nuova costruzione,
tantissimi applausi ed allegria. Alla
fine della manifestazione fu lamentata la scomparsa di quattro portafogli.
Ultimo ad abbandonare Piazza Maggiore fu il teatrino dei burattini di
Filippo e Angelo Cuccoli.
13
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
Dedico questa storiella ai bugiardi di cui è pieno il mondo.
Dato che alcuni tipi di bugiardi erano già stati dipinti da mio
Dedico
questa storiella ai bugiardi di cui è pieno il mondo.
padre nelle sue zirudèlle ovvero: cacciatori e pescatori, mi è parso
Dato
bugiardi
doverosche
o aggialcuni
ungere, a tipi
compldi
etam
ento della trerano
iade, anchgià
e i stati dipinti da mio padre nelle sue zirudèlle ovvero:
cacciatori
a completamento della triade, anche i
“fungaroli” spe
eciepescatori,
di bugiardo momi
lto fè
antparso
asioso, tadoveroso
lvolta esageraaggiungere,
to,
sempre speranzospecie
so.
“fungaroli”
di bugiardo molto fantasioso, talvolta esagerato, sempre speranzoso.
La zirudèla è stata scritta nell’estate del 1990, appresa la notizia dell’
La
zirudèla è stata scritta nell’estate del 1990, appresa la notizia dell’ invasione Iraqena
invasione Iraqena del Kuwait (che non c'entra molto col contesto, ma
del
molto
col contesto, ma che mi è servita per giustificare alcune rime).
che mKuwait
i è servita (che
per giusnon
tificarc'entra
e alcune rim
e).
Busèder dimóndi
Bugiardi molto
Zirudèla l’èter dé
dàpp che a tèvla avéin finé
come s’usa qué in vacanza
ed rimpïr la nostra pànza,
non sapendo cüssa fèr,
finé ed lèzar al giurnèl
Zirudella l’altro giorno
dopo che a tavola abbiamo finito
come si usa qui in vacanza
di riempire la nostra pancia,
non sapendo cosa fare,
finito di leggere il giornale
c h’l’annunzièva che l’Iraq
al vól fèr un patatràc,
ai ho détt a chi ragàzz:
“ Vgni mò qué ch’a fèin un viàzz.
Se a stè bón àv pôrt con mé
in t’ un mònd ch’l’é ormai finé ”.
che annunciava che l’Iraq
vuole fare un patatrac,
ho detto ai ragazzi:
“Venite che facciamo un viaggio.
Se state buoni vi porto con me
in mondo che è ormai finito“.
L’é qal mònd péin ed sturièll
fàtt, fatàzz e zirudèll
ch’l’ha descrétt al nônn Giurgiàtt (1)
con l’intento cièr e nàtt
a tótt quànt ed fèr capîr
ch’ai piaséva ed tûr in gîr.
E’ un mondo pieno di st orielle,
fatti, fattacci e zirudelle
che ha descritto il nonno Giorgio (1)
con l’intento chiaro e netto
di far capire a tutti
che amava prendere in giro.
Quanti rémm l’ha fàtt mî pèder,
l’ha vló scrîver anch prî busèder
dedicànd prémma ai pscadûr
sóbbit dàpp ai cazadûr,
paról péini d’ironî
e petronièna bonomî.
Quante rime ha fatto mio padre,
ha voluto scrivere anche per i bugiardi
dedicando prima ai pescatori
subito dopo ai cacciatori,
parole piene d’ironia
e petroniana bonomia.
Mé però a cràdd che ló
un “ busèder ” al n’ha cgnussó:
l’è quàl ch’s’liva al prémm matén
e al partèss con al zistén,
la zanàtta, un bèl curtèl
e in bisàca al manuèl.
Io credo però che lui
un “bugiardo” non l’ ha conosciuto:
è quello che si alza al ma ttino
e parte col cestino,
il bastone, un coltello
e in tasca il manuale.
Ste suggètt un pòc curiòus
al s’n’in và tótt speranzòus
ed truvèr in t’un buscàtt
là stra l’erba un quèlch funzàtt
d’qui ch’ìs màgnen … naturèl,
parché an vól finîr al Spdèl.
Sto “Tipo” un po’ curioso
se ne va speranzoso
di trovare in un boschetto,
là in mezzo all’erba, un qualche fungo,
di quelli che si mangiano.. naturalmente,
perché non vuol finire all’ospedale.
E perciò cûss l’ha mài fàtt:
l’ha studiè cumpàgn un màtt
con custànza e con gran fòga
in chi lîber ch’iéin in vòga
pr’èsser prónti s’a gli véin
ed catèr un quèlch ciudèin
Busèder dimóndi
E perciò cosa mai ha fatto:
ha studiato come un matto
con costanza e con gran foga
su quei libri che vanno di moda
per essere pronto se gli capita
di trovare un qualche chiodino.
1/3
04/03/2001
14
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
un po’
deldiconsiglio
curiositàdirettivo
di MAURO CAVICCHI
di GIUSEPPE BENFENATI
Riunioni del
Curiosità bolognesi:
il Porto
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
Peso trasportato da un cavallo T
Sul dorso
0,125
Con carro
0,625
Con carro su strade Macadam * 2
Con Barca su fiume
3
Con Barca su canale
5
Su binari di ferro
8
* Strada costituita da pietrisco e materiale collante
compresso.
Il porto di Bologna del Vignola (1552).
E
bbene sì! Bologna, città continentale distante quasi 100 Km
dal mare, nel passato ebbe un
porto, anzi uno dei porti fluviali più
importanti dell’Italia settentrionale.
Per essere precisi i porti furono addirittura cinque!
Per secoli i trasporti, sia di merci che
di persone, nella pianura padana
furono effettuati su acqua. Originariamente le vie d’acqua venivano
utilizzate tale e quali, ossia le barche
percorrevano il Po, le paludi e gli
affluenti così come li aveva modellati
la natura. Successivamente, in periodi diversi, i comuni emiliani, causa
la necessità di incrementare i trasporti e ridurne i costi, costruirono vari
canali navigabili per collegare le città al Po, il che equivaleva a Venezia
capitale del mercato internazionale.
Dalla tabella seguente si evince il
motivo per cui fu costruita la rete di
canali navigabili:
La navigazione verso il Po per Bologna era una pratica antica e si svolgeva tra palude e palude con brevi
tratti canalizzati. Nel XIII secolo si
provvide a scavare il canale Navile
alimentato dalle acque dei canali
Reno e Savena e dei diversi corsi
d’acqua provenienti dalle colline.
Fino alla seconda metà del XVIII secolo la navigazione da Bologna al Po
veniva suddivisa in due tratti:
1. navigazione superiore da Bologna a Malalbergo tramite il
canale Navile su barche trainate
da cavalli o buoi marcianti su
le “reste”. Questo tratto è lungo
circa 36 Km. A Malalbergo vi era
una stazione di sosta dove i viaggiatori potevano ristorarsi in una
locanda alquanto malfamata (da
cui il nome del paese). Nel XV
secolo furono costruite diverse
conche (chiuse) per spianare gli
avvallamenti e rendere più sicura
la navigazione.
2. navigazione inferiore da Malalbergo a Ferrara tramite le paludi.
A Malalbergo le merci e i passeggeri venivano trasbordati su barche a fondo piatto che i barcaioli
spingevano a remi fino a Ferrara.
Solo nel 1775 venne costruita una
conca a Malalbergo per cui la navigazione da Bologna al Po divenne
continua senza la necessità di cambiare imbarcazione.
Giunti a Ferrara si aveva un trasbordo su barche più grandi, spesso a
vela, per il tratto finale fino a Venezia.
La portata d’acqua del canale Navile
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era modesta e spesso, nei mesi estivi,
la navigazione era sospesa. Normalmente la navigazione era garantita
per 7 mesi l’anno. Le barche avevano un basso pescaggio (1,30 m), due
prue per poter navigare in entrambi
le direzioni ed erano lunghe dai 6 ai
10 metri e larghe 3.
Le imbarcazioni utilizzate erano di
diverso tipo, cioè:
• “bucintoro” nave coperta di lusso
per il trasporto di persone;
• “nave” o “barca” destinata al trasporto promiscuo di passeggeri e
merci nel tratto superiore;
• “burchiello” natante scoperto utilizzato nel tratto superiore;
• “sandalo” natante scoperto di
ridotte dimensioni utilizzato nel
tratto inferiore;
Era consuetudine il traino di più
barche in convoglio anche per
ragioni di sicurezza, spesso questi
convogli viaggiavano con una scorta armata. Il viaggio per le persone
non era certo comodo, da Bologna
a Corticella occorrevano circa 4 ore
causa i molti sostegni da passare (circa 30 minuti l’uno) e 7 ore per raggiungere Malalbergo. Le barche erano spesso sporche, durante il viaggio
si mangiava, si dormiva, si giocava e
spesso si veniva derubati.
Nel XIX secolo l’avvento del vapore
e delle ferrovie portò gradualmente
al disuso del lento e discontinuo trasporto su canali. Nel 1948 sul Navile
erano ancora in attività 24 barconi in
grado di trasportare circa 100 quintali cadauno.
Nel 1248 il Comune sistemò fuori
porta Lame il porto del “Maccagnano”, divenuto successivamente il sostegno della Bova; precedentemente
il porto si trovava prima a Corticella
poi alla “Piscariola”, l’attuale Selva
di Pescarola.
Durante il dominio dei Bentivoglio
In viaggio sul Navile (vecchia cartolina).
si sentì l’esigenza di un porto molto
vicino alla città e venne incaricato
un famoso ingegnere idraulico milanese, il Brambilla, il quale costruì
un nuovo scalo subito fuori porta
Galliera. Purtroppo il canale Navile
aveva il grave difetto di avere una
pendenza eccessiva con conseguente
erosione delle sponde ed interramento del fondale. Negli anni successivi
il Brambilla pose rimedio a ciò costruendo i Sostegni del Battiferro e
del Grassi.
Le opere del Brambilla si rivelarono
insufficienti, quindi il 17 febbraio
1548 Jacopo Barozzi detto il “Vignola” fu incaricato di costruire un
porto dentro le mura presso porta
Lame ed i lavori finirono quattro
anni dopo, nel 1552; la darsena
aveva una larghezza di 3 pertiche
e una lunghezza di 20 (metri 11,4
per 76) ed era in grado di ospitare
tre barche affiancate. Oltre al porto
furono rifatti i sostegni di Corticella, del Battiferro e del Grassi oltre
ad altri tre, del Landi, del Torresani
e della Bova. La costruzione di
quest’opera era stata autorizzata dal
papa Paolo III con un’ordinanza del
16 marzo 1547.
Sulla riva destra del porto vi era
l’edificio della dogana, l’abitazione
del custode, le stalle per i cavalli ed
i buoi ed un ampio piazzale per la
movimentazione dei carri.
Sulla riva opposta trovarono sede
l’osteria del porto e la salara (deposito del sale costruito nel 1785) oltre a
due ampi piazzali, uno per il deposito del legname (prato di Magone) e
l’altro per il deposito del gesso crudo
(ripa del gesso) di cui Bologna era
una forte esportatrice essendo le colline attorno alla città ricche di cave
di selenite.
Il porto confinava:
• a occidente con le mura. A lato
della “porta delle navi” vi era la
casa rossa in cui alloggiava il “catenarolo” custode della “grada” e
della catena del porto, costui aveva il compito di impedire l’uscita
delle barche che non avessero
pagato il passaggio tirando una
catena tra i due lati del canale;
• a oriente con il canale Cavaticcio
che alimentava il porto con le acque provenienti dal canale Reno.
In questo punto vi era un ponticello in legno largo 20 piedi (7,60
m) che collegava le due rive. Nel
1718 questo ponticello fu sostituito con uno in muratura.
I proventi dei dazi sulle merci
servirono per secoli a finanziare
l’università. Nel periodo di maggior
splendore, il porto vide un intenso
traffico di merci e passeggeri, che
preferivano la più tranquilla via
d’acqua a massacranti viaggi in carrozza o a cavallo.
La Madonna policroma, opera
di Camillo Mazza (Bo 1602-Bo
1672) – scultore bolognese della
corrente carraccesca e padre del
più celebre Giuseppe Maria (Bo
1653-Bo 1741) – posta sulla facciata dell’edificio della Dogana,
la popolare “Cisa di lavander”,
utilizzato prima come magazzino
delle merci e poi come magazzino
delle lavandaie del canale Reno, è
collocata ora in cima allo scalone
di Palazzo D’Accursio.
Tutti gli edifici della struttura portuale sopravvissero fino al 1934 e
poi subirono il processo di decadenza iniziato con l’avvento della
ferrovia e con la nuova urbanizzazione per la realizzazione della
piazza dei Martiri, della via Don
Minzoni e l’ampliamento dei viali
di circonvallazione cancellando
definitivamente l’impianto del vecchio porto.
"Sostegno" o "conca" sul Navile.
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ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
Salute
deleconsiglio
sicurezzadirettivo
sul lavoro
di MAURO CAVICCHI
di MARCO FINELLI
Riunioni del
Il documento di valutazione
dei rischi lavorativi (DVR)
Introduzione
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
L’ordinamento giuridico italiano, nel
corso del tempo, ha preso in considerazione i temi della salute e della
sicurezza sul lavoro dei lavoratori
dipendenti e ad essi equiparati, soprattutto per arginare il fenomeno
degli infortuni e delle malattie professionali tenendo presente il ‘debito
tutelare’ dello Stato sancito nella
Costituzione italiana. Infatti, nel codice civile, il Datore di Lavoro, nella
propria qualità giuridica di soggetto
titolare del rapporto di lavoro, all’articolo 2087 è obbligato ad ‘adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure
che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono
necessarie a tutelare l’integrità fisica
e la personalità morale dei prestatori
di lavoro’. Attualmente il quadro di
riferimento, circa la tutela e la salute
nei luoghi di lavoro, è il D.Lgs. n. 81
del 9 aprile 2008 e s.m.i. (T.U.S.S.L.)
che è succeduto al D.Lgs. 626 del
1994 che, a sua volta, recepiva gli
indirizzi della direttiva quadro europea 89/391/CEE. Rispetto ai precetti
contenuti nel già citato art. 2087 del
Codice Civile, già il D.lgs. 626/94 ed
il D.Lgs. 81/2008 introducono elementi di profonda novità ovvero la
partecipazione e la programmazione.
La partecipazione si concretizza
con la previsione di un ‘sistema di
prevenzione’ basato sia sulle figure
chiave (Datore di Lavoro, Dirigenti e
Preposti) alle quali spettano gli oneri giuridici di tutela che su ‘nuove’
introduzioni di consulenza quali il
Servizio di Prevenzione e Protezione
e il Medico Competente e, appunto,
partecipative quali i Rappresentanti
dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
La valutazione dei rischi lavorativi
Il Datore di Lavoro è obbligato, senza possibilità di delega, a redigere il
cosiddetto Documento di valutazione dei Rischi lavorativi (DVR) che
dovrà riguardare, ai sensi dell’art.
28 del D.Lgs. 81/2008, non soltanto
i rischi indicati espressamente nei
titoli e nei capi dello stesso D.lgs.
81/2008 bensì tutti i rischi direttamente o indirettamente ricollegabili
all’attività lavorativa. L’iter per l’elaborazione del DVR si può sintetizzare nelle seguenti 5 fasi principali:
1. L’identificazione di tutti i pericoli,
intesi come situazioni che potenzialmente possano causare un danno
ai lavoratori; Saranno oggetto di valutazione non soltanto i rischi legati
a fattori più strettamente tecnici, ma
anche quelli connessi alle particolari
modalità di lavoro ed alla concreta
gestione aziendale nonché tutti quelli derivanti dalle più svariate azioni
umane; 2. Valutazione e attribuzione
del grado di rischio associato ad ogni
fonte individuata nella prima fase; 3.
Elaborare le azioni correttive e intervenire secondo una programmazione
che tenga conto dei livelli di rischio;
4. Attuare le misure programmate; 5.
Controllo e riesame al fine del miglioramento di tutela dei lavoratori.
Il contenuto del Documento
di Valutazione dei Rischi lavorativi
Ai sensi del comma 2 dell’art. 28
del D.Lgs. 81/2008, il documento
dovrà contenere: a) una relazione
sulla valutazione di tutti i rischi
per la sicurezza e la salute durante
l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per
la valutazione stessa. La scelta dei
criteri di redazione del documento
è rimessa al datore di lavoro, che vi
provvede con criteri di semplicità,
brevità e comprensibilità, in modo
da garantirne la completezza e
l’idoneità quale strumento operativo
di pianificazione degli interventi
aziendali e di prevenzione; b)
l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei
dispositivi di protezione individuali
adottati, a seguito della valutazione
di cui all’articolo 17, comma 1, let-
tera a); c) il programma delle misure
ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli
di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle
misure da realizzare, nonché dei
ruoli dell’organizzazione aziendale
che vi debbono provvedere, a cui
devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate
competenze e poteri; e) l’indicazione
del nominativo del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione,
del rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza o di quello territoriale e
del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f)
l’individuazione delle mansioni che
eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono
una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata
formazione e addestramento.
Queste previsioni, in particolare i
livelli d’esposizione dei lavori a determinati fattori di rischio, dovranno
essere supportate da metodi di valutazione idonei tenendo presente
l’evoluzione sia della tecnica che
della tecnologia.
Conclusioni
Da questa esposizione, seppur succinta, appare chiara l’importanza del
Documento di Valutazione dei Rischi
lavorativi e, soprattutto, appare evidente la complessità d’elaborazione.
L’evoluzione tecnologica e le maggiori esigenze di tutela richiedono,
per svolgere l’attività di valutazione
dei rischi lavorativi, figure sempre
più istruite e preparate attraverso
percorsi specifici. La qualità delle
misure preventive e protettive determinerà sia il grado di tutela dei lavoratori che il grado di adeguatezza del
Datore di Lavoro che, davanti ad un
infortunio o ad una malattia professionale, dovrà rispondere di quanto
previsto ed attuato al fine della tutela
del lavoratore coinvolto.
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ALIAV
ALIAV
Associazione
Associazione
Diplomati
Diplomati
Istituto
Istituto
Aldini
Aldini
Valeriani
Valeriani
Riceviamo
e ben volentieri pubblichiamo
di ADELMO GRAZIA
Rientro in Emilia
esperienza unica...!
C
ollegandomi al precedente
articolo, nei primi mesi del
1995 lasciai ogni incarico ufficiale col gruppo Sirmac di Bologna,
mantenendo dei rapporti di collaborazione.
In quel periodo furono incrementati i
rapporti con due studi, CTS di Faenza e Carpen di Torino, impegnandomi in diversi interventi di analisi di
ditte metalmeccaniche.
Durante uno di questi interventi,
incontrai un mio collega direttore di
stabilimenti in provincia di Reggio
al quale, in un incontro in Confindustria, gli era stato richiesto, da un
contitolare di una ditta reggiana se
conosceva un manager atto ad assisterlo nella gestione aziendale.
Accettai di incontrarli e stabilimmo
che, prima di concordare qualsiasi
forma di rapporto, era logico esaminare in loco lo stato dell’azienda.
La ditta in esame era la F.lli Dieci
S.p.A. di Montecchio (Re), rinomata
a livello europeo, produttrice di macchine per l’edilizia e prefabbricati
metallici.
A metà ottobre, andai 4 giorni presso
la sede dove incontrai e visionai dati
con i tre fratelli titolari, con 5 dirigenti e diversi capi ufficio e reparto;
dopo una settimana presentai una
relazione alla proprietà dove evidenziavo le aree di intervento, le azioni
e gli obiettivi da raggiungere.
Perchè ho intitolato “esperienza unica?” Dopo 45 anni di lavoro con
esperienze in ditte che mi avevano
formato managerialmente, vedi Fiat,
Gruppo Massey Ferguson, Gruppo
Same, mi ero trovato di fronte all’antitesi del dogma di gestione industriale!
Riflessione: 150 dipendenti, 3 titolari,
5 dirigenti, figli e amici negli uffici.
Rileggo alcuni punti dell’analisi presentata ai soci a fine ottobre 1995:
- Personale con notevole potenziale,
con monoesperienza, da disciplinare;
- Situazione economica in emergenza;
- Gestione aziendale caotica, in totale
regime di anarchia.
Dopo un esame delle proposte,
mi convocarono e fu stipulato un
contratto di consulenza di un anno,
rinnovabile, con le mansioni di assistenza alla proprietà. Dal novembre
1995, iniziai una nuova “battaglia”!
Per alcune settimane mi sistemai in
albergo, poi in un appartamento a
Cavriago; rientravo a casa ogni fine
settimana, un’ora e mezza di viaggio.
L’impatto con la realtà fu traumatico;
non esisteva programmazione, non
esisteva un controlla mano d’opera,
commessa, consuntivi. I tre soci, f.lli
Dieci: il maggiore, Giancarlo, Presidente e responsabile commerciale,
era il personaggio carismatico ed
interveniva su qualsiasi settore aziendale, solo per uno scopo, vendere e
accontentare il cliente. Un altro fra-
COMUNICAZIONE PER TUTTI I SOCI
AI fine di ottimizzare le spese di gestione e principalmente le spese postali
chiediamo a tutti i soci che ultimamente non hanno ricevuto comunicazioni
a mezzo e-mail, ma che hanno un proprio sito di posta elettronica di darcene
comunicazione inviando una e-mail (anche senza testo) al ns. indirizzo:
[email protected]
Ciò ci aiuterà ad essere più vicini ai nostri associati ed a gestire meglio il
servizio di segreteria.
Ringraziando anticipatamente a chi vorrà aiutarci, distintamente salutiamo.
Il Consiglio Direttivo
tello, Roberto, era responsabile della
produzione e seguiva l’officina, delfino del fratello maggiore. Il fratello più
giovane, Gianni, amministratore delegato, vicepresidente Confindustria di
Reggio, era quello atto alle pubbliche
relazioni, per lui non esistevano
problemi: vogliamoci bene! La F.lli
Dieci, aveva un nome nazionale
nell’ambito sportivo, era sponsor del
Cesena, allora serie A nel campionato
di calcio, ed era stata finanziatrice
del nuovo Stadio del Giglio a Reggio,
ed aveva un settore di tribuna. Nomi
celebri dello sport e del giornalismo
italiano erano stati loro ospiti in manifestazioni locali. Nel 1995 aveva
circa 150 dipendenti e un fatturato di
circa 54 miliardi. Ora risentiva di una
recessione del mercato nazionale a
causa di tangentopoli ed anche di una
concorrenza più aggressiva. La produzione delle macchine per l’edilizia
era in evoluzione, e il prodotto Dieci
riguardava autobetoniere di svariati
tipi, macchine speciali e carrelli telescopici. Il mio impegno primario, era
di fare una programmazione, assieme
a direttori acquisti e produzione, al
fine di fornire all’indotto una visione
con impegni mensili e all’officina
dare la possibilità di gestire razionalmente la mano d’opera. Collaborare ed assistere l’engineering nella
prototipazione dei nuovi prodotti.
Collaborare con dir. amministrativa.
Purtroppo seminavo in un terreno
arido, non riuscivo ad estirpare la gramigna che era radicata. Diverse volte
al rientro in ditta il lunedì, nel giro in
officina, trovavo qualche anomalia; il
Presidente Giancarlo, ritornato da una
visita a qualche cliente, aveva fatto un
contratto di una macchina speciale,
imperterrito andava in ufficio tecnico,
qualche schizzo, e poi dal fratello in
produzione, e poi via alla macchina
venduta, acquisti che entravano in tilt,
costi senza controllo, ma il cliente era
accontantato: successo!
Coordinati dalla responsabile amministrazione, ed assieme ai respon-
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sabili di settore, furono elaborati in
diverse sere i conti economici delle
macchine e prefabbricati; risultato,
molto negativo per i prefabbricati!
Ne fu decisa la dismissione; in accordo con i sindacatidie MAURO
i lavoratori,
furoCAVICCHI
no liquidati i TFR; diversi trovarono
altro impiego, qualcuno in pensione
ed una quarantina intrappresero
l’attività a sud di Parma, coordinati
da l’ex responsabile del settore e
progettista.
Nell’inizio del 1996, perdurando
il calo degli ordini, decidemmo in
febbraio di porre 40 dipendenti,
fra operai ed impiegati, in cassa
integrazione. L’accordo fu siglato
dal sottoscritto assieme ai sindacati provinciali e per la prima volta
il mio nome apparve sui giornali.
Ormai eravamo in stato di emergenza, ma la presenza operativa dei
titolari, pregiudicava l’osservanza
dei metodi proposti, perchè loro per
primi li ignoravano, perchè vittime
della presunzione incallita di tanti
industriali che “noi dal nulla, con
questi sistemi, abbiamo creato una
grande azienda”. Conservo una
copia di un “memo riservato” che
nel giugno 1996, la responsabile
amministrativa, inviò ai tre titolari,
al commercialista ed al sottoscritto,
dove disperata elencava le difficoltà
gestionali che ci stavano portando
alla paralisi... ne trascrivo la chiusu-
ra: “per l’esperienza che ho vissuto
in tutti questi anni nell’azienda,
reputo questo momento il più grave
di tutti e senza soluzione, anche per
quella apatia generale riscontrata in
tutti, anche nei titolari, specialmente dopo la venuta del sig. Grazia.
Tutti da lui si aspettavano il colpo di
“bacchetta magica”, al quale sembra siano stati dati “ampi poteri”,
però senza gli strumenti necessari,
che sono la massima collaborazione di tutti”. L’impegno personale,
ormai era rivolto alla sopravvivenza
dell’azienda, pertanto collaborare
con, l’engineering per la progettazione del nuovo carrello telescopico
da presentare al Samoter, gli acquisti
per concentrare nell’indotto gruppi
funzionali completi ed economici, in
altri settori dove c’erano possibilità
di recupero. Decisi in accordo con la
responsabile amministrativa, di creare due commissioni per il controllo
delle spese; ogni richiesta doveva essere vagliata e siglata da tre componenti; Fu in quel periodo che ci fu un
evento significativo; una sera, il figlio
maggiore del Presidente, invalido in
carrozzella, venne nel mio ufficio e
mi riferisce che aveva ritenuto doveroso informarmi che nelle tre abitazioni dei tre fratelli Dieci, le spese di
nafta per riscaldamento, telefoni ed
altro erano sostenute dalla società!
no comment!. Siamo alla fine del
le riunioni
del consiglio direttivo
Riunioni del
1996, fatturato calato a 44 miliardi,
circa 120 dipendenti, situazione economica insostenibile e il commercialista dott. Baldi chiese al tribunale di
Reggio l’ammissione all’ amministrazione controllata che verrà concessa
con decorrenza gennaio 1997. È una
nuova esperienza di vita, anche se
spiacevole il lavoro da svolgere è
gratificante perchè in sintonia con il
metodo dell commissario giudiziale
dott. Bergomi, giovane commercialista di Reggio. La gestione è più
serena, l’incidenza dei fratelli Dieci
non esiste, il prodotto è migliorato
e alcune ditte anche dall’estero,
prendono contatti, perchè interessati
al prelievo dell’attività. Ero costantemente informato dell’evolversi
dei contatti, e per autorizzazione
del commissario, fornivo dati e delucidazioni o quanto richiesto, alle
ditte interessate. Avendo mantenuto
ottimi rapporti col Gruppo Sirmac
di Bologna, dove avevo collaborato
dal 1990 al 1995, contattai il titolare
sig. Venturi, che nel frattempo aveva
ceduto l’azienda al Gruppo Titan,
che si dimostrò interessato. Ci furono
visite in ditta di dirigenti tecnici che
visionato i prodotti da noi realizzati,
ne furono ottimamente impressionati. Da Montecchio, due industriali
rinomati, soci in diverse attività, si
stavano interessando; ormai era evidente che la Dieci, a breve, avrebbe
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
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cambiato proprietà. Infatti da agosto
1997, iniziò la trattativa con il Gruppo Fasma di Montecchio, che garantiva 45 posti di lavoro, contro i 92
dipendenti di allora, inoltre l’affitto
per 2-3 anni dell’attuale stabilimento
e trasferimento successivo in un’area
industriale adiacente al paese. Il
commercialista dott. Baldi, anche
Presidente di una immobiliare, vide
con favore la strategia; l’area occupata dalla Dieci, era di circa 10.000
m/2, ed era nel cuore di Montecchio,
e poteva, in tempi brevi, diventare
un quartiere residenziale con uno
spazio commerciale; da settembre la
Dieci diventò proprietà della Fasma.
Per alcuni mesi collaborai col nuovo
Gruppo e mi ricordo che un giorno
fummo invitati ad una riunione, io
la responsabile amministrativa per
l’analisi di tutte le problematiche in
atto; sorpresa, ci trovammo di fronte
ad un tavolo degli “inquisitori” con
Manghi e Correggi, i nuovi titolari,
e accanto a loro il direttore del Ced,
Ughetti della Dieci, che essendo
conoscente dei nuovi soci aveva
elargito dati e consigli; sprezzante!
Gli ultimi mesi furono di routine, ma
piacevoli perchè era stato assunto
come direttore commerciale, il dott.
Samele, mio collega alla Landini
Trattori e poi al Gruppo Same, essendo allora il Direttore Generale della
Hurliman, ed alloggiammo assieme
in appartamento.
A febbraio 1998, lasciai qualsiasi
incarico operativo concordandolo
con la nuova proprietà; ormai non
esisteva rapporto dignitoso. Terminai
qui “l’unica esperienza” della mia
19
vita lavorativa, amara per quanto
riguarda la mia impotenza a realizzare quanto avevo programmato, non
avevo previsto che come avversario
avevo l’antitesi del dogma di gestione industriale, bella, perché conobbi
persone stupende ed oneste, di cui
serbo un gradevole ricordo. Per la
prima volta debbo fare i loro nomi:
Del Rio Lina, direttrice amministrativa, (ci sentiamo ancora) - Reggiani
Iller, prefabbricati, attuale titolare
della Ditta Modulcasa Line di Traversetolo (Pr), ai primi posti nazionali,
contatti mantenuti - Bonilauri, direttore acquisti, onesto, sincero - Dieci
Gianni, ex titolare, ci sentiamo ancora - Correggi Ciro, attuale contitolare
Dieci, ottimo industriale, ci sentiamo
ancora - Alla prossima: le riflessioni
di un over 70!
Cassa integrazione alla "Fratelli Dieci"
da "Il Resto del Carlino" di martedì 27 febbraio 1996 (di Galeazzo Jemmi)
C
assa integrazione a zero ore
per una quarantina fra operai
e impiegati della Fratelli Die­ci
S.p.a. di Montecchio, set­tore produzione prefabbrica­ti, a partire dalla
prima deca­de di marzo. L’accordo, è
stato siglato dai sindacati e dalla proprietà dell’azienda, rappresentata dal
tecnico Adelmo Grazia (di Bolo­gna)
che si occupa da qual­che mese della
riorganizza­zione e del risanamento
dell’azienda. La crisi perdu­rante dal
blocco delle com­messe da parte dei
grossi en­ti (e pure tangentopoli), ha
influito a lungo andare an­che nel settore della macchi­ne.
L’intervento si è reso indi­spensabile
per il rilancio aziendale, con l’obiettivo di conseguire indispensabili re­
cuperi di efficienza e di red­ditività,
attraverso il perfe­zionamento ed il
lancio sul mercato di prodotti basati
su nuove tecnologie, soprattut­to per
quanto riguarda il set­tore delle macchine. Come primo passo è già in
atto un riassetto organizzativo inter­
no, attraverso la riorganizza­zione e
la selezione delle at­tività: standardizzazione del prodotto prefabbricato
ed al­ta tecnologia per la produ­zione
macchine. La messa in cassa integrazione che sta per essere attivata
sarà colle­gata a uno spostamento dei
tecnici al settore macchine. I piani di
Adelmo Grazia, al quale la proprietà
ha affida­to pieni poteri riorganizzati­
vi, dovranno portare l’azien­da verso
una produzione di macchine per
l’edilizia, l’agricoltura e il movimento terra, appoggiandosi molto all’indotto esterno.
“Con profili professionali adeguati –
dice Giancarlo Dieci – pensiamo di
poter crescere bene nel settore del­le
macchine, ed entro l’anno penso che
potremo assume­re nuovo personale
specia­lizzato”.
A dimostrazione dell’obiettivo che si
è imposto la Fratelli Dieci S.p.a. per
il suo futuro, il 1o mag­gio a Verona,
in occasione della mostra interna-
zionale Samoter, l’azienda montec­
chiese presenterà una nuova linea
di macchine per il mo­vimento terra,
l’edilizia e l’agricoltura. Una linea
nuo­va e concorrenziale, sulla quale
conta per puntare una crescita della
clientela.
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ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
ALIAV
direttivo
deleconsiglio
breve curiosità
di MAURO CAVICCHI
di GRAZIANO ZANETTI
C
Chi l’avrebbe
mai pensato!!!
Riunioni
del
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
i spostiamo nel lontano 1962
quando, dopo aver concluso il
biennio dell’Aldini-Valeriani in
giro per la varie succursali, mi trovai
nella sede di Via Castiglione con il
difficile compito di scegliere la specializzazione. Cosa fatta! Una breve
consultazione famigliare e di corsa a
iscrivermi in quella che allora era denominata “radiotecnica”. Bene, ma
avevo fatto i conti senza l’oste. Non
ero mai stato un genio in matematica
e tutti gli anni andavo, regolarmente,
a ottobre per riparare. Ben lungi dal
raggiungere quel famigerato 7 che
apriva tutte le porte, di fronte alla
personificazione del Rigore e della
Severità che portava il nome di Alfio
Pappalardo, temutissimo Preside. Mi
venne posto l’ultimatum di operare
una scelta tra la neonata Sezione
Edili o Termotecnica. L’alternativa
sarebbe stata quella di tornare a casa
e scegliere un’altra scuola.
Questo per dirvi che scelsi Edilizia
e mai fu più azzeccata questa scelta
per il destino della mia vita professionale. Ci troviamo in 18, in una
classe ricavata da un corridoio nel
quale era stato un muro; tutti di varia
provenienza e di diverse intenzioni
e nel volgere dell’anno, diventammo
un gruppo, affiatato, unito, compatto
e solido a cui molti, all’Aldini Valeriani, facevano benevolo e compiaciuto riferimento. I nostri insegnanti
furono talmente appassionati che ci
convinsero che eravamo i migliori.
Il nostro insegnante di Costruzioni, ing. Luciano Rossi, ci ripeteva
che eravamo “gli ultimi umanisti”.
Troppo difficile spiegare questa affermazione filosofica, ma la diamo per
scontata. In pratica il nostro compito
sarebbe stato quello di progettare e
costruire tetti per coloro che lavoravano e altri tetti per dare riparo a
coloro che, finito il lavoro, dovevano
trovare un rifugio sicuro e confortevole. Apprendemmo anche che,
nella tradizione del nostro territorio,
quando si arriva al coperto di un
fabbricato, si issa la bandiera italiana
e si festeggia con un lauto banchetto
chiamato “BANDIGA”. Esattamente
quello che hanno fatto negli anni,
per tradizione acquisita e consolidata, gli studenti della sezione Edili,
prima di affrontare gli esami a conclusione del ciclo di studi. Acquisita
la notizia di questa tradizione, a
qualcuno di noi venne in mente di
istituire un motto per la classe che
era questo.
NON C’È BUON COSTRUTTORE
CHE NON SIA BUON BEVITORE,
e un altro aggiunse, in calce: NON
BERE MAI A STOMACO VUOTO.
Posso testimoniare che da allora abbiamo sempre tenuto fede a questi
principi e ci siamo di buon grado
impegnati a rispettarli per tanto
tempo ancora, assieme ai tanti che,
negli anni, si sono uniti a sostenerci
con passione. Giovani di allora, oggi
con alcune limitazioni senili, ma
per i quali il concetto è sempre valido e sostenibile. A questo punto vi
chiederete perchè vi racconto questi
aneddoti relativi ad esperienze della
mia vita e ai ricordi che un attempato Perito Edile si porta dietro.
La risposta è presto data. Mi sono
accorto che quelle semplici frasette
bonarie e spiritose trovano, oggi, una
rinnovata attualità, un nuovo impulso e nuove ragione per essere messe
in pratica. Siamo stati profeti, allora,
degli avvenimenti di oggi.
Infatti, alcuni anni fa, i costruttori
hanno messo mano al vecchio Mercato delle Erbe e lo hanno ristrutturato. Hanno ridato un tetto ad uno
spazio sotto il quale si acquistano
alimenti e dove si può mangiare e
bere. È stato poi il turno del vecchio
e dismesso cinema Ambasciatori. I
costruttori hanno recuperato la struttura e, con le dovute trasformazioni,
oggi sotto quel tetto si comprano alimenti, si degusta, si mangia e si può
anche digerire leggendo un buon libro. Ma non basta! Anche il Mercato
di Mezzo è stato affidato a costruttori
che lo hanno ammodernato, ristrutturato e hanno fatto in modo che,
sotto quel tetto, si possano acquistare
alimenti, degustare e mangiare.
I politici in tutti questi anni non si
sono accorti che è in questo modo
che bisogna coniugare il verbo
“mangiare”.
All’avvicinarsi del traguardo dei 70
anni, quelle frasette mi accompagnano, di tanto in tanto, in veloci
incursioni di acquisto di specialità
e di ghiottonerie senza tralasciarne
gli assaggi e i profumi inebrianti che
si levano da ogni direzione. Primo
fra tutti quello della mortadella che
ritengo un aroma superiore ad ogni
essenza di Dior, Dolce e Gabbana,
Armani e tanti altri. Per questo profumo non esiste concorrenza.
Nasce FICO, Fabbrica Italiana Contadina. Dove? Presso il Centro Agro
Alimentare di Bologna.
Cosa sarà? Una grande area dove i
costruttori, tra pochi giorni, daranno
corpo a grandi spazi dove si realizzeranno e si potranno osservare
coltivazioni per ogni stagione e sotto
un idoneo tetto, si potranno fare
acquisti, assaggi e gustare profumi e
sapori.
Ma c’è un altro avvenimento eclatante: ho partecipato personalmente
all’evento di presentazione di Bologna City of Food. Per chi non ha,
come me, dimestichezza con la lingua anglosassone: BOLOGNA CITTA
DEL CIBO. La nostra città dovrà
diventare il punto di riferimento della
alimentazione genuina, della cucina,
dei sapori e delle specialità. A Bologna l’EXPO ci fa un baffo!!!!!!!
Ci sta, a questo punto, la libertà di
esclamare un intercalare dialettale
bolognese, molto significativo ed efficace: MO SOCCMEL!!!!!!!!!
Non mi permetto di dare spiegazioni,
ma invito chi non sa a chiedere.
Ho veramente finito, mi fermo a meditare. Penso a quei 18 studenti di
Edilizia che iniziarono il loro ciclo
nel 1962 e che per divertimento e
con sano umorismo bolognese, idearono queste due semplici frasette
senza pensare che avrebbero avuto
questa sana applicazione e che sarebbero rimaste attuali nel tempo.
A questo punto non mi resta che ringraziarvi per l’attenzione e salutarvi
concludendo nel modo più bolognese possibile: “as fàn na bela bvuda e
po’ tòtt a magnèr”.
Facciamoci una bella bevuta e poi
tutti a mangiare.
21
ALIAV
ALIAVAssociazione
Associazione Diplomati
Diplomati Istituto
Istituto Aldini
AldiniValeriani
Valeriani
attorno
a Bologna
di CESARE VERONESI da “TAMARI MONTAGNA EDIZIONI”
Proposte
per il tempo libero
Prima parte
Continua la serie "Proposte per il tempo libero" con "Da Bologna in Mountain Bike".
Questa edizione è stata realizzata dalla Associazione Monte Sole Bike Group nel mese di maggio 1990. È ricca di percorsi per grandi e piccini e di consigli a tutto campo; è però pensabile
che dopo oltre 23 anni dalla pubblicazione, alcuni dati riguardanti i tracciati originali, possono
aver subito delle modifiche anche sostanziali.
Facciamo appello a tutti coloro che si cimenteranno nei percorsi che pubblicheremo nella
nostra rivista, di comunicarci le possibili varianti incontrate al numero 051/4156211, Istituto
Aldini-Valeriani-Sirani, oppure ad ALIAV, e-mail: [email protected]
La rete ciclabile è urgente *
“Quo usque tandem abutere, Catilina, salute nostra?”
S
ino a quando, reciterebbe un Cicerone in versione mo­derna, un
qualsiasi Catilina potrà abusare
della nostra salute?
Chiunque si sia avventurato – poiché
di avventurieri coraggiosi si tratta –
per le vie del centro di una qualsiasi
città italiana intorno alle 8 della mattina in bicicletta, può comprendere,
senza bisogno di ulteriori commenti,
il perché è assolutamente urgente
ed indispensabile la creazione di
piste ciclabili nelle città, e di una
rete ciclabile in periferia. Ma anche
l’automobilista più incallito deve arrendersi di fronte all’evidenza di fatti
clamorosi ed allarmanti:
1) Crescita vertiginosa delle percentuali di ossidi di zolfo, azoto e carbonio all’interno delle città.
2) Conseguente crescita delle percentuali di tumori, soprat­tutto di cancri alle vie respiratorie.
3) Lievitazione del numero di incidenti stradali nei centri urbani ed
extra-urbani.
4) Strani mutamenti delle condizioni
climatiche (effetto ser­ra, siccità, distruzione della fascia di ozono...).
Si potrebbe continuare a lungo...
Un’autovettura in moto, bruciando
benzina o combusti­bile equivalen* Articolo di Martino Caranti, pubblicato
su Cicloturismo 9/89.
te, immette nell’aria, oltre all’ormai
celeberri­mo tetraetile di piombo, ossidi di zolfo, carbonio, azoto.
Molti di questi gas sono mortali: il
tetraetile di piombo, ad esempio, si
lega molto facilmente all’emoglobina del san­gue, staccando i ponti di
solfuro degli aminoacidi che com­
pongono questa proteina e quindi
impedisce all’ossigeno di legarsi a
sua volta all’emoglobina. Il monossido di carbonio, altro esempio, veniva
usato dai tedeschi nella prima guerra
mondiale come gas soffo­cante!!!
Il biossido di carbonio, comunemente anche anidride carbonica, è
la causa fondamentale dell’effetto
serra; ad alte densità impedisce alle
radiazioni che colpiscono il suolo e
qui rimbalzano di perdersi nell’atmosfera, creando così un vero e proprio
“forno”. A parte l’energia derivata dai
pro­cessi nucleari, più o meno tutti gli
altri combustibili immet­tono nell’aria
anidride carbonica. Basti ricordare la
formula di combustione del metano
(la cosiddetta fonte pulita!!!) con
l’ossigeno:
CH4 + 2O2
 CO
2
+ 2H2 O
Cioè per ogni molecola di metano
che brucia con l’ossi­geno, una molecola di anidride carbonica viene
immessa nell’atmosfera.
Ci si potrebbe perdere citando le
nefaste caratteristiche del biossido di
zolfo (anidride solforosa), dell’anidride solfo­rica, causa delle piogge
acide, del monossido e biossido
d’azoto ...
Quello che più spaventa è che per
tutte queste sostanze vengano indicati dei valori limite (o soglia), quando eminen­tissimi scienziati italiani
hanno dimostrato che anche la più
piccola quantità di tali sostanze può
seriamente danneggia­re la salute di
un individuo (come per le radiazioni,
del resto). Ma forse questo discorso
ci porterebbe fuori strada. Quello
che però non si riesce a capire è
perché mai una persona che alla
mattina si reca al lavoro sia costretta
a sorbirsi una quantità incredibile di
gas tossici. Ma non è tutto! Il lievitare
continuo degli incidenti deve fare
riflettere riguardo alla opportunità di
mantenere indistintamente sulla stessa strada un ciclista ed un autovei­
colo di 7 metri. La soluzione di questo problema porta necessariamente
a dover considerare la creazione di
reti ciclabili alternative alle strade di
traffico automobilistico in periferia e,
nei cen­tri urbani, la regolamentazione dell’accesso delle auto, con tutte
le complicazioni che da essa derivano. Soluzione non semplice, ma
possibile: limitazione dei permessi di
transito nei centri storici delle città
senza che vengano impediti i servizi
fondamentali e ostacolato il cari­coscarico merci, documentabile, tra
l’altro, attraverso la bol­la di accompagnamento.
Per le piste ciclabili poi, potrebbe
essere utilizzata una parte della carreggiata, ove la strada lo consenta,
oppure una parte dei marciapiedi,
delimitata da apposita striscia gialla
22
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
Questa società sta morendo ...
le riunioni
del consiglio
E direttivo
di MAURO CAVICCHI
ra sin troppo ovvio che succedesse; avevamo sperato che la
logica e l’intelligenza degli amministratori locali supe­rasse questo
problema. E invece, no.
Sulla strada che sale a Monte Bibele,
così come lungo molti sentieri che
dipartono dalla Valle di Zena (tutti,
ci teniamo a precisarlo, perfettamente percorribili in Moun­tain-Bike), è
comparso il minaccioso cartello di
divieto di transito “A tutti i mezzi
esclusi i pedoni”. Chiunque conosca
la zona di Bologna, sa bene che per
un ciclista che si rispetti (sia stradista
che fuoristradista) il percorso lungo
la valle del Torrente Zena offre possibilità infinite dí allenamento; per i
ciclisti bolognesi, questa valle offre
una rapida uscita dalla caotica e nevrotica città in pochissimi chilometri.
Chi desidera, con una Mountain-Bi­
ke, restare vicino a casa, non avrà
che da percorrere la Valle e prendere
uno dei tanti sentieri che assicurano
silen­zio, tranquillità, adeguato allenamento per più impegnative escursioni. Ma ora una Comunità Montana ha deciso di bloccare l’accesso
ad alcuni sentieri nel proprio comprensorio. L’America, patria della
Mountain-Bike, già da tempo adotta
provvedimenti simili con cartelli che
vietano la per­correnza lungo taluni
sentieri non tracciati e lungo piste
particolarmente trafficate da pedoni.
Altrettanto dicasi per la Svizzera e
per la Germania Federale. Queste
sono le tesi portate a sostegno delle
inizia­tive della Comunità Montana
e di note associazioni ambien­taliste:
se molti dei paesi più evoluti, hanno
vietato l’uso delle Mountain-Bike
lungo i sentieri, allora, per non essere da meno, bisogna cominciare
anche in Italia. Una pubblicità inglese, apparsa sui più noti mensili ame­
ricani di Mountain-Bikes, portava, in
grande rilievo, la noti­zia che il 98%
delle strade costruite nel mondo non
sono asfaltate. Ne deduciamo che
quel mare d’asfalto che costitui­sce le
nostre strade, superstrade, autostrade, non supera, mediamente, il 2%
di estensione rispetto alle cosiddette
“carrozzabili”, forestali, mulattiere,
sentieri. Ora, sempre per deduzione, si giunge a considerare che gli
oltre 11 milioni di automezzi (Fonte:
ISVAP, Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni) si dividono, senza pratica­
mente divieti di sorta, il solo 2% del
patrimonio di strade in Italia. Il restante 98%, non essendo ben percorribile dai veicoli a motore, ha finito
per essere dimenticato dalle quat­tro
ruote. Su quel 98% di patrimonio di
strade libere, in­somma, sino a pochi
anni fa, transitava un grande numero
di pedoni e nessun altro. Tutt’al più si
poteva incontrare qualche trattore o
Riunioni del
qualche motociclista avventuroso.
Oggi, percorrendo un sentiero, si
incontrano solo i trat­tori di chi lavora
la terra. Non i motociclisti, guardati
con sospetto e quindi confinati il più
delle volte in percorsi predisegnati.
Non i pedoni, che ormai dalle nostre
parti sono in numero talmente esiguo
da far pensare che loro rappresentanti siano rimasti soltanto i Boys-Scout.
Anche un giornale come “Qui Touring” del T.C.I. è co­stretto ad ammettere (n. 33/1989, pag. 30) che “non
sono tuttavia molti gli italiani che
si dedicano al trekking”. Una delle
cause di questo fenomeno, va ricercata, nella ormai cronica mancanza
di tempo della popolazione (non
solo italiana) che viaggia di più, va
sempre più lontano e non può più,
costantemente come accadeva anni
fa, permet­tersi di effettuare escursioni a piedi, nelle proprie valli, per
intere giornate. Non è più realistica,
purtroppo, l’immagine della famiglia
che si aggira nei boschi, passeggiando per ore intere; oggi il nucleo
familiare, se giunge ai piedi della
montagna, si ferma al primo rifugio,
di norma raggiungibile anche con
mezzi motorizzati. I percorsi a piedi
si sono accorciati e si è ridotta la
possibilità di esplorare nuove zone
meno accessibili. Questa “mancanza di tempo” ha determinato il calo
delle presenze soprattutto sui sentieri
di collina e, di conseguenza, l’”infrascamento” sempre più fre­quente
di quelli meno battuti. E così, mentre
sulle strade italiane nel solo 1988 si
sono registrati oltre 6 milioni di incidenti cioè 17 mila incidenti al giorno, circa 12 al minuto (solo quelli
denunciati, dati ISVAP), si cominciano a chiudere gli sbocchi naturali per
chi non vuole, obbligatoriamente,
respirare gas e polveri mortali.
A questo proposito giova ricordare
una grave segnalazio­ne, già caduta nel dimenticatoio, effettuata dal
Prof. Cesare Maltoni, scienziato di
fama mondiale che nei laboratori del
Castello di Bentivoglio ricerca quali
sostanze oncògene sia­no presenti
nell’ambiente. Poche ma significative
righe del­la sua relazione sono state
pubblicate da “Repubblica” - Cronaca di Bologna - il 24/11/1989, pag.
II; le riportiamo a monito: “Quasi
un bolognese su due si ammala di
cancro, quasi uno su tre ne muore...
Bologna capitale dei tumori? Niente
affatto – dice il Prof. Cesare Maltoni
– purtroppo sono percentuali che valgono per tutti i paesi industrializza­ti.
Bologna è solo la prima città che lo
sa scientificamente e non per ipotesi”. E continua: “Quando ero un giovane medico, negli anni 50 – ricorda
Maltoni – rimasi sciocca­to dalle
tabelle del primo registro tumori,
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
(come in alcuni paesi europei).
Per la realizzazione di questo programma non occorre­rebbero spese
faraoniche, né studi di architetti
stranieri o ingegneri aerospaziali; le
materie prime le avremmo già tutte,
basterebbe aggiungere alcuni scivoli ai gradini e qual­che guard-rail
nelle strade più larghe. Basterebbe,
quando si inizia la costruzione di
una stra­da, ricordarsi di dedicare
circa 2 metri (la metà di una corsia),
separati dalla carreggiata tramite un
guard-rail, per realizzare una rete di
piste ciclabili che ridurrebbe almeno
il numero degli incidenti e dei costi
collegati. Perché giova ricordarlo,
è sulle spalle di tutti noi che grava
il problema di spese infortunistiche
esorbitanti. Per la Sanità in Italia si
sono spesi nel solo 1987, 68.103
miliardi. Il costo medio per giornata
di ricovero è di 270.000 lire in ospedali pubblici e raggiunge la quota di
1.796.000 lire per le cliniche private
(Fonte Istat). Ma il fatto che più ci
lascia allibiti viene fornito dalle cifre
del costo medio per ricovero che
raggiunge i 3.080.000 lire per gli
ospedali pubblici e gli 11.295.000
per le cliniche private.
Moltiplicando queste cifre per le decine di migliaia di persone ferite in
incidenti stradali, appare ovvio che
la differenziazione del traffico debba
diventare un programma di governo
locale, cui dare assoluta precedenza.
Quanti miliardi, per considerare soltanto le spese sanita­rie, si risparmierebbero, spendendo pochi milioni in
ogni comune, per la differenziazione
del traffico?
La mancata realizzazione della rete
ciclabile non è sol­tanto una carenza
amministrativa, ma dipende anche
da una precisa volontà politica: sino
a quando il settore pubbli­co sarà
incantato dalle sirene (solo sirene?!)
dei costruttori di auto e mancherà la
necessaria attenzione alla sicurezza
dei cittadini, la rete ciclabile non
verrà realizzata.
“Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Ubinam gentium sumus? Quam rem publicam
habemus? In qua urbe vivimus?...”
23
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
quello del Con­necticut, USA. Diceva:
uno su quattro si ammala, uno su cinque muore. Negli anni 60 avevamo
già corretto in peg­gio: uno su tre e
uno su quattro. Un mese fa a Carpi,
col Collegium Ramazzini, abbiamo
dovuto riconoscere che nel mondo
industriale le proporzioni sono ormai
quelle che la ricerca di Bologna ha
confermato”. Se passiamo ad analizzare le cause dell’inquinamento
atmosferico, il 40% è da addebitarsi agli impianti di riscal­damento
a metano che liberano biossido di
carbonio, men­tre il 39,8% è dovuto
agli scarichi degli automezzi privati
in moto. Un altro 6% è dovuto ai
mezzi di trasporto pubbli­co e così
via. Se allora, alla luce di questi dati,
esaminiamo la circola­zione sulle
strade, un ciclista che è così mortalmente (tra incidenti e gas inquinanti)
colpito, come e con quale spirito può
tollerare la chiusura dei sentieri che
gli consentono, almeno per qualche
ora, di respirare aria più pura, di
mante­nere il fisico in allenamento
e, per di più, riscoprire valori storici
della propria terra? Se poi andiamo
ad esaminare, con occhio critico ed
attento, la situazione dei paesi dove
l’accesso alle MTB lungo qualche
sentiero è stato vietato, noteremo,
nell’organizzazio­ne stessa del traffico, evidenti differenze. Prendiamo,
ad esempio, in considerazione la
Germania o la Svizzera, che sono
più controllabili e più vicine a noi:
prima di chiudere gli sterrati, i loro
amministratori si sono preoccupati di
costruire una rete ciclabile apposita
per i ciclisti, lunga centinaia di chilometri, come è avvenuto per le auto.
Quindi, e solo dopo avere creato una
logica alterna­tiva hanno pensato a
limitarne l’eventuale pericolosità,
pro­prio come per le auto si sono
chiusi, in quei paesi, i centri storici.
Perché impedire ai ciclisti di percorrere un sentiero de­serto, quando non
riusciamo neppure a limitare i flussi
di auto nelle città? E quando neppure
si riesce ad abbozzare un progetto
di rete ciclabile organico? Nel frattempo in Italia continua l’incetta di
autoveicoli (11 milioni di automezzi
per una popolazione di 56 milioni
equivale ad un automezzo ogni 5
persone, compresi bambi­ni ed anziani) e la frequenza dei tumori cresce
esponenzial­mente: non c’è speranza
per una società di questo tipo. Chiediamo perciò spazio per le biciclette,
che davvero rappresentano un ritorno
al futuro, e ad una vita sana! Non ci
illudiamo che questo possa risolvere
ogni problema del nostro paese, ma,
quasi senza accorgercene, potremmo
risol­vere quelli del traffico, delle spese sanitarie insostenibili, degli ospedali sovraffollati, e di una condizione
socio-sanita­ria che si va aggravando.
Non sembra davvero poco.
Classificazione dei percorsi
T
utti gli itinerari seguenti fanno riferimento, come carat­
teristiche generali, a tre parametri di valutazione standard con valori
compresi tra 1 e 5.
In questo modo si ha la possibilità
di chiarire immedia­tamente il tipo di
difficoltà che si andrà ad affrontare.
Tempo di percorrenza
(effettivo)
Non essendo possibile stabilire il
significato di “velocità media di un
ciclista mediamente allenato”, abbiamo pensa­to di esprimere il Tempo di
Percorrenza non in ore, bensì in valori, cioè intervalli, abbastanza ampi,
di tempo:
da 0 a 2 ore
Valore assegnato1/5
2 a 4 ore »
2/5
4 a 6 ore »
3/5
6 a 8 ore »
4/5
8 o più ore (1 giorno) »
5/5
N.B. Per alcuni percorsi in cui i tratti
con MTB spinta o in spalla sono particolarmente rilevanti (tali da falsare
l’effettiva durata, se non considerati),
il tempo necessario è stato aggiunto
al totale in sella. Eventuali divergenze dai valori effettivi (soste, visite,
ecc...), sono indicate specificatamente in ogni percorso.
Difficoltà del percorso
Tale parametro si riferisce a salite (o
discese) affrontate durante il percorso
e ne costituisce una Media Pondera-
ta. Nel caso però di passaggi particolarmente impegnativi e/o pericolosi,
verrà estesa, per ragioni di sicurezza,
la valutazio­ne di quei passaggi a
tutto il percorso indipendentemente
dalla loro incidenza sul totale.
Pianura e leggera
Val. ass.
pendenza a strappi
1/5
Leggera pendenza
e media pendenza a strappi 2/5
Pendenza media prolungata 3/5
Pendenza media
e forte pendenza a strappi 4/5
Forte pendenza prolungata 5/5
Intendendo: leggera pendenza sino
al 7%, media pendenza tra 7 e 18%,
forte pendenza superiore al 18%.
Caratteristiche del terreno
Anche questo parametro è una media ponderata delle singole condizioni di terreno riscontrate lungo l’intero
percorso.
Per ragioni di sicurezza, per quei
passaggi che dovesse­ro risultare
particolarmente impegnativi e/o pericolosi, la valutazione di tale tratto
sarà estesa a tutto il percorso indipendentemente dalla sua incidenza
chilometrica sul totale.
Val. Ass.
Asfalto
1/5
Carreggiabile non asfaltata 2/5
Sentiero facile
3/5
Sentiero difficoltoso
o “tecnico” 4/5
Sentiero impraticabile
in MTB (spallaccio) 5/5
GERGO MTB
Le nostre Guide scrivono di getto e la Redazione non ha inteso modificare,
trasformare od annullare una serie di locuzio­ni che, se non sono stese in perfetto italiano, hanno però il dono dell’immediatezza e della semplicità.
Ne riportiamo alcune, certi che il lettore ci perdonerà errori, imprecisioni o
significati impropri espressi nel nostro lavoro.
O PETTATA: sentiero che si inerpica per la via più breve verso la cima di un
poggio, di una collina, di una montagna.
O STRAPPO: improvvisa accentuazione di pendenza.
O BRUSCO - BRUSCHISSIMO: rafforza il concetto di pendenza in salita particolarmente accentuata.
O ASPRO - ASPERRIMO: come sopra, ma al massimo della dif­ficoltà.
O STERRATO: qualsiasi passaggio NON asfaltato (strada, sentie­ro, etc...). Dicesi
particolarmente di vere strade non asfalta­te.
O CARRARECCIA: passaggio adibito normalmente ai “carri”. Vie­ne usato, anche se impropriamente, per indicare uno sterrato abbastanza largo.
O CARREGGIABILE - CARRAIA: come sopra.
O SENTIERO: stretto passaggio di argine, di bosco, di montagna, normalmente
non transitabile con mezzi diversi dalla MTB,... o dall’andare a piedi.
O MTB: ovviamente... MOUNTAIN-BIKE.
O TECNICO/TECNICA: trattasi di percorso, in particolare di di­scesa, che richiede doti accentuate di abilità e di equilibrio. Può presentare anche aspetti
di rischio e di pericolosità.
O MULATTIERA: anche se impropriamente, vds. Carraia, Carra­reccia etc.
24
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
Bologna e il suo contado
in pianura, cioè, Samoggia, Lavino,
Reno a Nord-Ovest; Idice, Quaderna, Gaiana ad Est-Nord-Est.
Si potrebbe idealmente ripercorrere l’itinerario dell’anti­co sviluppo
dei canali che portavano le piccole
imbarcazio­ni sino alla PESCAROLA,
il porto della navigazione fluviale di
Bologna.
Addirittura Berengario I nel 905-907
ed Enrico V nel 1116 (con documenti
storici ancora conservati) testimonia­
no la presenza dell’antico “porto delle navi”, dando precise disposizioni
per il suo mantenimento e per la sua
efficienza.
Percorrendo tuttavia l’odierna via
delle Lame, e la via Zanardi che ne
è la continuazione verso la periferia
fino alla Pescarola, nessuna testimonianza o emergenza storica (come
si suole dire oggi) ricorda il passato
“fluviale” di Bologna. Un passato
(dal 1000 circa al 1929) sempre pieno di angustie e di problemi, causa
la scarsità delle acque in genere o,
per contro, le grandi ed improvvise
piene, la neces­sità di continui drenaggi, le forti spese per il mantenimento degli argini ecc.
Pur con difficoltà, l’interesse di Bologna (politico e mili­tare), dei suoi
commercianti (in particolare di tessuti) e dei produttori di fibre (in particolare di canapa e di lino) ad avere uno
sfogo al mare mediante il Navile, il
Reno ed il Po deve essere stato ben
forte se sono occorsi quasi 9 secoli
per convincere la città a diversi e più
produttivi mezzi di trasporto.
Il nostro tempo ha cancellato quasi
ogni traccia delle necessità passate
e se non fosse per qualche toponimo, a volte anche curioso (ad es. il
Peratello – canale di Reno all’interno della città – poi “Peradello” ed
infine “Pratel­lo”, che ha originato,
una volta coperto, la via omonima)
difficilmente si potrebbe ricostruire la
struttura delle vie d’acqua a Bologna.
Restano i fiumi, giunti sino a noi tra
mille sistemazioni e trasformazioni. E
restano i loro argini a conservare ina­
spettate oasi di ossigeno ad una città
affogata dai rumori, dall’inquinamento e dal traffico.
le riunioni
del consiglio direttivo
Rinviamo coloro che sceglieranno
Bologna come meta di un viaggio
in bicicletta alle innumerevoli guide che ne trattanodigliMAURO
aspettiCAVICCHI
storici
ed artistici. In questa sede dare­mo
principalmente risalto a quella parte
della città che ha rapporto con il
proprio territorio e con i percorsi che
siamo riusciti sin qui ad indicare (in
attesa che l’auspicata rete ciclabile
permetta un’autentica svolta di qualità, o meglio ancora, di civiltà).
Il nostro obiettivo è quello di permettere il recupero delle piste che
escono da Bologna, mettendo in evidenza alcuni aspetti paesaggistici e
culturali che la circondano.
Prendiamo quindi l’avvio dal centro
della città indican­do una prima serie
di direttrici di viaggio, che intendiamo progressivamente completare nei
prossimi volumi.
I percorsi delle pagine che seguono
sono il frutto delle esperienze del
Gruppo Monte Sole nei suoi primi
quattro anni di attività e di ricerche.
Riunioni del
PERCORSO 1
REGIONE EMILIA ROMAGNA PROVINCIA DI BOLOGNA
TEMPO DI PERCORRENZA
DIFFICOLTÀ
TERRENO
2/5
1/5
2/5
Percorso: Bologna (Ponteluitgo di
Borgo Panigale) - Argine sinistro del
Reno - Bonconvento - Sala Bolognese - Samoggia - Argine destro del
Samoggia - Argine sinistro del Lavino - Sacerno - Bologna
Luogo di partenza: Bologna, SS. 9
Ponente, Pontelungo
Quota di partenza: m 52
Quota massima raggiunta: m 52
Quota minima raggiunta: m 35
Lunghezza complessiva: km 41
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
IL NORD
La via degli Argini
Viene utilizzata dal Gruppo, soprattutto in inverno ed è efficacissima
come tracciato di allenamento. L’attrito causa­to dall’erba gelata della
via degli Argini, a contatto con le
gomme artigliate delle MTB, procura
affaticamento e susse­guente riscaldamento come se si pedalasse in salita. Su questi percorsi non si è però
esposti a raffreddamenti da discesa
e si possono quindi fronteggiare le
temperature più rigide.
Con brutto tempo, con la nebbia
della “bassa”, con la visibilità scarsa,
il percorso sugli Argini può essere
considerato monotono: ha invece un
suo fascino ambientale e con­serva la
forma fisica durante l’inverno.
Per chi parta dal Centro di Bologna –
Piazza Maggiore – proponiamo una
prima serie di percorsi verso NORD
se­guendo il tracciato dei nostri fiumi,
o meglio, torrenti, al loro sbocco
Bagnarola: Villa Malvezzi.
Come raggiungere la partenza
Pontelungo è facilmente raggiungibile, trovandosi nel quartiere Borgo
Panigale. Il punto di partenza è
all’angolo tra il ponte sul Reno e via
del Triumvirato.
Il percorso
Da Via del Triumvirato si prende
subito a destra, en­trando in un parcheggio. Immediatamente a sinistra,
scesi all’altezza delle basi del ponte,
inizia il sentiero che lambi­sce le
acque del fiume. Si sottopassano
due ponti (km 1,5 e km 3 risp.) immergendosi immediatamente in un
ambiente fluviale di tutto rispetto. A
km 4 si sottopassa l’imponente ponte
della tangenziale di Bologna, eretto
su enormi struttu­re che richiamano
colonnati dei templi greci. È qui
consi­gliabile tenersi a sinistra, sul
sentiero alto, per evitare il
fango, frequente nel percorso più
vicino al fiume. Conti­nuando, si
giunge alla confluenza del sentiero
con una car­rozzabile (km 6) ben
individuabile dalla presenza di un
massiccio ponte di tubi, sulla destra.
Il percorso prosegue invece a sinistra, arrivando ad una sbarra sulla
confluenza tra la carrozzabile ed
una strada asfaltata, nei pressi di un
maneggio. Tenendo la destra, subito
dopo la sbarra, l’argine rimane per
un breve tratto parallelo alla strada
asfaltata, poi se ne distacca. Mantenendosi sull’argine (o sul sentiero
immediatamente alla base interna
dell’argine), si giunge alla chiesa di
Bonconvento (km 12,5), quindi al
ponte della Trasversale di Pianura
e, subito dopo, a quello detto de’
Gatti (km 15). Sottopassando alla
sinistra del ponte, si scen­de sulla
strada asfaltata (prendere a destra
in direzione Nord) per poi svoltare
a sinistra per Via Gatti (km 15,3),
interamente sterrata, e parallela alla
Trasversale di Pianura sulla quale si
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è costretti a ritornare poco dopo, al
fine di attraversare lo scolo Dosolo
(km 17,8). Si prosegue per Sala Bolognese, lasciando a sinistra la basilica
romanica e al km 20,7 (prendere a
destra prima del ponte), raggiungendo l’ar­gine del Samoggia.
Da questo punto si svolta verso Sud,
seguendo la strada ghiaiata alla base
dell’argine sino al ponte di Forcelli (Idrovora, km 23,4, confluenza
Lavino-Sa­moggia). Seguendo a
sinistra, dopo il ponte, l’argine del
Lavino, su strada ghiaiata, ci si immette sulla Persicetana (km 25,5, a
sinistra), per poi svoltare subito dopo
a destra per via Molino (km 25,8)
che costeggia nuovamente l’argi­ne,
allontanandosene brevemente nei
pressi della strada asfaltata che conduce a Sacerno, da percorrere a sinistra sino al Ponte del Pilastrino del
Triumvirato (km 29,8). Pro­seguendo,
si oltrepassa l’abitato di Sacerno e si
segue la via omonima sino all’incrocio con la Persicetana (km 32, a destra). Pochi metri dopo, sulla sinistra,
si erge la splendida villa Paleotti, già
Spalletti. Passando sotto un’arcata
si può entrare nel parco della villa.
Si incontra sulla destra un notevole
pozzo, mentre sulla sinistra un sentierino sterrato conduce nei pressi
di un’altra villa, anch’essa abitata,
arric­chita da 2 platani imponenti (occorrono 5-6 persone per abbracciarli
alla base).
Ripresa poi la Persicetana verso
Bologna, si giunge ad un semaforo
(km 38,5) dal quale, prendendo a
sinistra, ci si immette sulla strada
asfaltata che conduce a Pontelungo
(km 41).
SACERNO
“... presso Bologna, primi di Novembre 43 a.C. (NdR: Cesare è stato
ucciso da appena un anno, 44 a.C.!)”
Ottaviano, Antonio e Lepido, col
seguito dei loro ufficiali e delle truppe, si incontrarono su un’isoletta del
Fiume Lavinio. I colloqui durano due
giorni; al termine i tre uomini sono
concor­di su alcune decisioni: Ottaviano rassegnerà il consolato. Una
nuova magistratura quinquennale,
con potere consolare, sarà isti­tuita e
conferita ai tre negoziatori. Durante
il mandato saranno costoro a designare le magistrature annuali.
Per quanto riguarda la ripartizione
delle province, Antonio avrà la Gallia Cisalpina e Transalpina, Ottaviano l’Africa, la Sicilia, la Sardegna,
Lepido la “vecchia” Gallia (parte
confinante con i Pirenei, cioè) e la
Spagna.
La “Lex Titia”, promulgata il 27 Novembre 43 a.C. e con scadenza al
31 Dicembre 38 a.C., conferirà la
necessaria sanzio­ne costituzionale al
TRIUMVIRATO. L’istituzione di tale
nuova ma­gistratura decide irreversibilmente, è inutile sottolinearlo, della
definitiva caduta della Repubblica
.di Roma; la regola del gover­no è
ora aperta all’arbitrio dispotico di tre
uomini.
Subito dopo la conclusione della
conferenza, i triumviri deci­dono di
inviare a Roma “agenti” per eliminare intanto i capi più pericolosi
dell’opposizione. Tra questi, naturalmente, Cicerone, il firmatario più autorevole della difesa del cesaricidio e
della guer­ra di Modena.
La notte del 28 Novembre, con la
pubblicazione della nuova lista di
proscrizione che aggiunge alle 70 già
proclamate dal console Pedio altre
150 persone, ha ufficialmente inizio
il perio­do del terrore. Saranno così
assassinati circa 300 senatori e 200
cavalieri». (Da Storia Moderna di
Roma antica, “Il secondo triumvirato”, Ferni Editore, pagg. 82 e segg.).
Sacerno, sull’odierno torrente
Lavino.
Il Monte Sole Bike Group in uno dei
suoi percorsi, legge una pagina che
lascia tutti i partecipanti all’escursione col fiato sospeso. Tra di essi sono
presenti lavoratori, studenti universitari, docenti di Bologna e immediati
dintorni, che in queste zone vivono
da sempre e a cui il cartello “Sacerno”, è più che familiare.
Carlo, abitante del luogo, e appassionato dirigente del Monte Sole
B/G, ascolta sorpreso, come tutti,
la lettura di avvenimenti che hanno
cambiato la storia (in maniera forse
più rilevante della Conferenza di
Yalta dei giorni nostri), ed accosta
ora un antico detto popolare per cui
Sacerno era nominata “Mez Mond”,
che in dialetto bolognese significa
“Mezzo Mondo” ma, anche, “Centro
del Mondo”.
BONCONVENTO
Gli argini dei fiumi, lo abbiamo già
detto, creano al ciclista in MTB parecchi problemi di affaticamento.
Una delle maggiori diffi­coltà è però
data dai tronchi di canne mozzate
dai pastori al loro passaggio, che
possono produrre lesioni ai bordi
delle coperture.
Molte “forature” sugli argini sono
determinate dai mozziconi a punta
delle canne.
E con ragione!! Infatti le canne di
questa zona erano partico­larmente
ricercate dai romani per le frecce
del loro esercito (noti­zia addirittura
riportata da Plinio). La canna del
Reno, particolar­mente resistente e
leggera, ha dato a questo luogo il
nome di “Canetolo” sostituito soltanto negli ultimi secoli dal nome
attuale.
SALA BOLOGNESE
Non può mancare una visita — anche se veloce — alla bella Pieve di
S. Biagio. È romanica, datata addirittura prima del mille e direttamente
interessata alla lotta tra Gregorio VII
ed Enrico IV ai tempi di Matilde.
Parteggiò da prima per l’Imperatore,
poi — dopo l’umiliazione di Canossa — parteggiò per il Papa. Da allora
sembra che i salesi ne abbiano avuto abbastanza ed abbia­no pensato
soprattutto a lavorare i loro terreni,
particolarmente produttivi. La comunità di Sala ha espresso nel 1447
addirittura un Papa: Nicolò V (era
stato canonico della Pieve dal 1423
al 1426).
PERCORSO 2
REGIONE EMILIA ROMAGNA PROVINCIA DI BOLOGNA
TEMPO DI PERCORRENZA
DIFFICOLTÀ
TERRENO
2/5
1/5
2/5
Percorso: Idice - Castenasò - Bagnarola - Maddalena di Cazzano - S.
Martino in Soverzano - Mezzolara Pieve di Budrio - Castenaso - Idice
Luogo di partenza: Idice
Quota di partenza: m 55
Quota massima raggiunta: m 55
Quota minima raggiunta: m 35
Lunghezza complessiva: km 63
Come raggiungere la partenza
Idice di S. Lazzaro di Savena si trova
alla periferia Est di Bologna a circa 9
km dal centro del capoluogo.
Il percorso
Dal ponte di Idice sulla Via Emilia,
si prende Via del Fiume che (a dx)
gira attorno all’isolato dell’albergo
Tre Ponti e sottopassa il ponte in destra dell’Idice già su carra­reccia non
asfaltata. Superata una rete metallica,
a sinistra in prossimità della riva, si
passa a fianco di alcune cave di ghiaia e si prosegue direttamente verso
Nord, raggiungendo in breve il ponte
della ferrovia. Ad una sbarra, (km
1,9) prendere a sinistra, attraversando un’aia e, proseguendo su sterrato
prima e asfalto dopo, si raggiunge
la strada Colun­ga-Russo. Si prende
a sinistra, superando l’autostrada
sino ad incrociare una nuova strada
asfaltata che porta alla Borgatella.
Prima di arrivare al ponte, deviare a
destra, sempre in destra dell’Idice; si
prosegue sino all’attraversa­mento del
fiume, dopo un paio di chilometri, su
ponte sterrato e si continua da questo
momento direttamente verso Nord
sino a Castenaso, raggiunto dopo il
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superamen­to della statale S. Vitale
(km 8,3). Si prende la strada per Vigorso e, proseguendo oltre la frazione, a sinistra la strada per Bagnarola.
La visita esterna alle ville di Bagnarola è gentilmente concessa
dal
custodi MAURO
CAVICCHI
de solo su opportuna richiesta.
Raggiunta la Via S. Donato, si prosegue a destra per Maddalena di Cazzano, raggiungendo dopo 7 km di
provin­ciale, il castello di S. Martino
in Soverzano (km 29).
Ritornati per la stessa strada a S.
Giovanni in Triario (km 31), si prende a sinistra la stradina asfaltata per
Mezzo­lara (km 36). Da questa località ci si porta rapidamente sull’argine
sinistro dell’Idice che, dopo aver superato il ponte in ferro della ferrovia
Bologna-Molinella, acquista dimensioni veramente insolite.
All’interno dell’argine si allarga un
prato pianeggiante con erba costantemente rasata e ordinatamente raccolta in balle.
Volendo, l’allenamento su questo terreno, può essere particolarmente efficace: aria sana, erba che produce il
necessario affaticamento, spazi ampi
da permettere anche forti aumenti di
velocità. Al Ponte della Riccardina,
dopo la visita esterna alla villa, si
può proseguire su asfalto direttamente per Vigorso, oppure continuare
sull’argine che presenta gradualmente condizioni di terreno meno agibili.
E opportuno percorrere l’ultimo
tratto verso Castenaso di­rettamente
su asfalto, per riprendere, infine, il
Lungo Idice già indicato per l’andata
e concludere l’escursione all’alber­go
Tre Ponti di Idice (km 63 circa).
Note: Percorso di allenamento tra
strade non trafficate e argini vietati
alle autovetture.
Tecnica e assistenza: Si consiglia
di portare con sé soprattutto camere d’aria di scorta e materiale per
aggiusta­re – quando occorra – camere d’aria forate.
le riunioni
del consiglio direttivo
Riunioni del
i villaggi dei progenitori e, successivamente gli incontri e gli scontri tra
civiltà diverse. Pensiamo ai Galli, feroci e prestanti provenienti dal Nord;
pensiamo ai romani, più organizzati
militarmente e civilmente. Qui hanno lasciato il nome anche della località (Ca­strum Nasicae da Scipione
Nasica, conquistatore nell’anno 190
a.C.). Castenaso ha strade diritte e
canalizzazioni ad angolo ret­to: dalla
storia, ci viene consegnata con caratteristiche tipiche dei villaggi romani.
Quando, dopo la fine dell’epoca
barbarica, cominciano a formarsi i
Comuni, Bologna dimostra subito il
suo interesse al primo “contado” verso Est: è sulla Via del Sale (Cervia ne
è il capolinea), elemento indispensabile per la conser­vazione dei cibi ed
insostituibile nella alimentazione. Ha
terreni da tempo abbandonati dalle
acque e già pronti per una agricoltu­
ra fiorente.
L’espansione di Bologna verso Castenaso è un fatto naturale: i Signori
della città impiantano qui le loro ville che sostituiscono le fortificazioni
militari. Cambia l’economia e la villa
diviene il centro di ogni possedimento (o possessione). Nei secoli d’oro
della canapa (XVI-XVIII sec.) è con
Budrio e Granarolo al cen­tro di questa attività e personaggi di rilievo lasciano la loro impronta sul territorio;
sono i Gozzadini, gli Ariosti, i Bolo-
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
CASTENASO
Proviamo ad immaginare il paesaggio attorno a Bologna, do­po lo
spaventoso cataclisma che ha fatto
arretrare le acque sino a disegnare
l’attuale Pianura Padana (Padusa).
Da questa parte di Bologna sfocia
l’Idice dalle colline e, prima di
spagliare nella valle, sfiora e nutre
terreni già abitati dall’uomo che esce
dalle palafitte e si avvia all’agricoltura e ad un maggior benessere. I
Villanoviani sono “una comunità
benestante, latifondista e alle­vatrice
di bestiame”. Hanno rapporti con
la città che ai piedi delle colline
comincia a prendere dimensione e
fascino. Ci piace, passando lungo la
strada dell’Idice in MTB, immaginare
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gnini, gli Accorsi, i Bugami, e tanti
altri. Accanto alla villa si ristruttura­
no le case coloniche: divengono
“murate”, “copate”, fornite di pozzo,
stalla, teggia e forno normalmente a
contornare l’aia. Il mondo contadino
affronta le lotte e le prime rivendicazioni: tra i braccianti ed i lavoratori
della terra, si formano le prime leghe
sindacali. In questo ambiente, già
socialmente evoluto, vive per anni
Gioacchino Rossini, nella villa vicino
alla Madonna del Pilar (ne è rimasta
una lapide), assieme alla moglie
Isabella Colbran; qui ha musicato il
Guglielmo Tell e la Semiramide. In
questa zona Giovanni Gozzadini ha
messo in luce la civiltà villa­noviana
con sensazionali campagne di scavi iniziate nel 1853 al confine tra i
Comuni di S. Lazzaro di Savena e
Castenaso.
BUDRIO (BUTRIUM/BOTRO/
FOSSATO)
Iniziava sostanzialmente qui l’immensa Valle Padusa, tra bo­schi e paludi, torrenti, canali, arbusti e fossati
certamente impegnativi da superare
in quei tempi remoti.
Zona anche questa centuriata e quindi, come Castenaso, radi­calmente
organizzata dalla civiltà romana.
Ha caratteristiche naturali fondamentali: i fiumi all’uscita dalle valli
“spagliano” nella pianura, creando
estese zone paludo­se. Le foreste sono
estesissime: non pare possano sussistere possi­bilità di insediamenti umani. Invece gradualmente le acque si
ritirano.
Le Abbazie svolgono in questo momento un’importantis­sima funzione
civile e religiosa favorendo tra l’altro
la coltivazio­ne graduale dei terreni
emersi. Nuclei familiari tentano la
ventu­ra nella “nuova frontiera” della
grande valle che si estende sino al
Po.
All’origine troviamo la donazione di
terreni ad opera di Matil­de (era dappertutto!).
I rapporti giuridici vengono regolati
da contratti di affitto a vita tra gli
abati e le famiglie che lavorano la
terra, e nei secoli nasce una forma
di concessione del tutto originale: la
Parte­cipanza.
La Partecipanza è un particolare patto agrario tra il conceden­te (Abate o
Comune) e la famiglia del contadino,
che accetta di lavorare a vita un determinato appezzamento di terreno.
È un fenomeno unico e abbastanza
esteso nella pianura bolognese: lo
ritroveremo a S. Agata, Granarolo,
Pieve di Cento, ecc. ed è in una certa
misura ancora in vigore.
Questo contatto di coinvolgimento
diretto del Lavoratore e della sua
famiglia alla vicenda produttiva ed
ai suoi riflessi in campo sociale e
politico, avrà effetti benefici, soprattutto nel periodo d’oro, tra il XVI
ed il XVIII secolo. In quest’epoca
la produzione della canapa, opportunamente tutelata da sgravi fisca­li
e facilitata nelle esportazioni verso
Venezia ed il resto del mondo, raggiunse il suo apice.
Il metodo di lavorazione del garzolo
era segretissimo e ciò permise per
decenni lo sfruttamento del “brevetto” ed il prospe­rare dell’economia
della zona.
I parchi, le cappelle private e soprattutto le ville sontuose del budriese
sono tuttora testimonianza di tanta
fortuna.
In particolare la piccola Versailles di
Bagnarola è degna di essere visitata
e ammirata: un monumento di tanta
bellezza a pochi chilometri da Bologna non può restare sconosciuto.
Altret­tanto dicasi per la Riccardina,
villa del giurista Accursio, che sin dal
1200, era collegata, tramite un ponte, alla sponda destra dell’Idice. La
zona fu teatro di importanti fatti d’arme. I Veneti guidati dal “capitano”
Bartolomeo Colleoni si scontrarono il
25 luglio 1467 con una strana lega,
che comprendeva bolognesi, milanesi, urbinati e napoletani proprio sulla
riva sinistra dell’Idi­ce. Le colubrine
mobili del Colleoni, per la prima volta nella storia montate singolarmente
su affusti, crearono notevoli diffi­coltà
alle armi della Lega che venivano
ancora trasportate da carri e deposte
soltanto al momento dell’uso. Il fatto
ed il luogo viene anche riportato
dall’Ariosto nell’“Orlando Furioso”
canto III par. 46, vicenda di Ercole
I di Ferrara). A noi piace soprattut­to
vederlo ora in veste pacifica di argiCastello di S. Martino in Soverzano.
ne con prato interno parti­colarmente
apprezzabile per l’allenamento in
MTB.
CASTELLO DI S. MARTINO
IN SOVERZANO
Venendo da Dugliolo, così come da
Maddalena di Cazzano, d’inverno,
in particolare, quando i platani del
parco non hanno foglie e lasciano
intravvedere l’imponenza della torre
e le merla­ture delle mura, fa veramente impressione e desta sorpresa
la splendida immagine del Castello.
Si capisce a prima vista che fu costruito fuori tempo (nel 1411 invece
del 1100), in un luogo che non doveva avere grandi risorse di difesa (i
Castelli di quel tipo erano costruiti
soprattutto nella prima collina), ma è
senza dubbio un esemplare chiaro di
costruzione castellana e veramente
apprezzabile anche per moti­vi di
studio. Una lapide sulla porta principale ricorda la conces­sione di Leone
X ai Conti Manzoli nel 1514; un
lungo portico sulla sinistra introduce
al parco delle fiere che la tradizione
vuole si susseguano dal 1584 ogni 4
di ottobre. Il parco, la ghiacciaia, la
stalla perfettamente ricostruite e cromaticamente inserite nell’ambiente
ne offrono un complesso di grande
valore.
Prima di lasciare l’Idice, è consigliabile una visita veloce alla Pieve di
Budrio, che conserva una bellissima
croce latina in marmo dell’epoca di
Carlo Magno (828, anno riportato da
Fedo­ra Servetti Donati su Budrio etc.
pag. 197).
Non è poco per un “semplice” itinerario di pianura.
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le riunioni
ALIAV
consiglio direttivo
delcultura
di MAURO CAVICCHI
di MARIA GRAZIA CADONI (da “Incontri” n. 90 - ottobre-dicembre 2006)
Riunioni
Ballo e canto nelladel
tradizione della Sardegna
Le “launeddas”
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
P
arlare delle “launeddas”, dice
il grande ar­cheologo Giovanni
Lil­liu, significa andare al cuore
del­la cultura e della civiltà dei sardi. La più antica testimonianza di
questo strumento musicale a fia­to è
in un bronzetto nuragico al Museo
Ar­cheologico Nazionale di Cagliari,
che raffigura un suo­natore con uno
strumento a tre canne. Considerato
che i bron­zetti risalgono a 2800-
3000 anni fa, possiamo pensare che
questi suoni abbiano accompagnato
per millenni la vita dei sardi. Le
“launeddas” sono rimaste inalte­rate
nella loro struttura essenzia­le: tre
canne che si chiamano “su tumbu”,
“sa mancosa” e “sa mancosedda”,
con la cavità orale che funziona da
riserva d’aria da emettere con una
tecnica partico­larmente complessa,
senza inter­ruzioni di flusso. Ancora
oggi la materia prima è dunque la
canna comune, “Arundo donax”,
che è assai diffusa in Sardegna, nei
ter­reni umidi, lungo i corsi d’acqua,
nelle piane vicino alle coste, e che
può essere raccolta tra gen­naio e
marzo, nella fase di luna piena come
suggeriscono i vec­chi. Alla grande
diffusione delle launeddas può aver
contribuito questa “povertà” del materiale necessario, facilmente reperibile dal pastore che, con un semplice
coltello, poteva trasformare la canna
in strumento musicale. La canna,
ancora oggi, dopo un pe­riodo di
stagionatura, viene puli­ta all’interno
asportando tutti i nodi, che vengono
lisciati facen­do attenzione a non rovinarla; sulla canna così predisposta
se ne innesta un’altra (“su cabizzinu”) sigillando l’innesto con cera
ver­gine per garantirne la tenuta e
rinforzando il tutto esternamente con
spago impeciato; successi­vamente
vengono aperti i fori per le dita.
Nella società sarda tradizio­nale,
l’economia si è basata per anni
sull’agricoltura e sulla pa­storizia
con un ritmo di vita rego­lato dalle
scadenze dei cicli pro­duttivi. Feste
e cerimonie religiose – distribuite in
genere tra maggio e settembre, mesi
di pausa nel lavo­ro dei campi (non
a caso, settem­bre in sardo si dice
“capidanni”, ri­cordo di un “caput
anni” che ne se­gnava l’inizio per il
contadino e per il pastore) – trovavano nel bal­lo il naturale esito. La disposizione in cerchio dei danzatori;
i partico­lari movimenti delle gambe,
l’at­teggiamento solenne dei parteci­
panti, le modalità di partecipazio­ne
e gli strumenti utilizzati per scandire
il ritmo, hanno indotto molti etnomusicologi – che del re­sto, ancora
oggi, da ogni parte del mondo vengono a studiare questa realtà – ad
attribuire al ballo tondo caratteri di
forte antichità e valore sacrale. Le
“launeddas”, assieme al ballo, sono
lo strumento che in­terpreta meglio
la Sardegna e ne sintetizza, per così
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
dire, le profon­de radici culturali e
quel senso di appartenenza definito
come iden­tità regionale e, con termine più at­tuale, come folklore. Ma
è qualco­sa di più. Basta assistere a
un canto a “tenores” nei paesi della
Barba­gia, l’area della provincia di
Nuoro dove questa tradizione è ancora vi­va. La voce (“sa boghe”) inizia
a cantare in perfetta solitudine, poi
si interrompe e, dopo un secondo
di silenzio, arriva la risposta ritma­ta
degli altri tre elementi (“sa contra”,
“su bassu” e” sa mesa bo­ghe”); il
quartetto a “tenores” met­te in scena
così tutta la sua forza e­spressiva e
l’armonia polifonica. Per questo, non
a caso, il canto a “tenores” è stato
inserito tra i Ma­sterpieces of the Oral
Intangible Heritage of Humanity e
proclama­to patrimonio dell’umanità,
con la motivazione: “non esiste in
altri parti del mondo un’espressione
vocale, gutturale e polivocale, co­me
quella dei pastori sardi”. A te­nore
si può cantare di tutto: inni sa­cri e
lamenti funebri, canzoni d’a­more e
satiriche, balli lenti e velo­ci, la vita e
la morte, la luna e il tra­monto. I paesi che danno il nome alle formazioni
“Pro defender sa Patria Italiana”
L
a presenza delle “launeddas” è testimoniata durante la Prima e
della Seconda Guerra mondiale. Emilio Lussu raccontava di concerti organizzati nei vari reparti, per i soldati della Brigata Sassari. Le
“launeddas” risuonavano in diverse occasioni: per radunare i sardi e
quando occorreva stimolare lo spirito di corpo e il coraggio. Le note
dello strumento, così melodico e carico di suggestioni, aiutavano
a sentirsi meno lontani da casa. “Pro defender sa patria italiana /
distrutta s’est sa Sardigna intrea”, cantavano i soldati in trincea. E la
Sardegna “intera” aveva avuto i suoi paesi decimati dalla guerra. Le
fonti ufficiali parlano di 13.000 caduti, due medaglie d’oro, quattrocentocinque medaglie d’argento, cinquecentocinquantuno di bronzo. La Brigata Sassari, costituita nel marzo del 1915, composta interamente da sardi, quasi tutti pastori e contadini rappresentò, persino
nei tragici giorni di Caporetto, un esempio unico di compattezza, di
abnegazione e di valore militare.
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più conosciute di “tenores” sono Orgosolo, Bitti, O­niferi e Neoneli.
Il suono delle “launeddas” era ed
è tuttora l’elemento cardi­ne per il
canto e per accompagna­re, oltreché
il ballo, poesie popo­lari e improvvisate, versi satirici, gare poetiche, ma
anche riti reli­giosi. Il loro suono si
ritrova in momenti particolari della
Messa, nelle processioni e in tutti i
riti ed eventi tipici della vita della
fami­glia e della comunità, nascite,
bat­tesimi; fidanzamenti, matrimoni,
funerali. Il corteo nuziale in parti­
colare, con parenti e amici, era preceduto dal suonatore di “launeddas”.
Una figura quasi profes­sionale questa, regolarmente pagata dalle amministrazioni comunali come riporta
un manoscritto anonimo della fine
del Settecento. Le sue prestazioni
e il compenso venivano stabiliti da
un contratto notarile, perché spesso
gli obbli­ghi del suonatore si estendevano a seguire le processioni, ad
accom­pagnare le funzioni religiose
e a suonare “su ballu de cresia”. In
caso di assenza erano addirittura previste delle penalità, destinate a compensare i sostituti. I suonatori, per
tutto questo, erano molto popolari e
richiesti al punto che non erano rare
le risse e i diverbi per accaparrarsi i
migliori, con effetti spesso sanguinosi, dal mo­mento che le armi erano
molto diffuse. Solo sul finire del XVIII
secolo arrivarono le prime regole: il
pregone (progetto di legge in e­poca
sabauda) del 2 gennaio 1768 del Viceré Des Hayes prescriveva, per l’appunto, di “doversi osser­vare religiosamente le feste”, vie­tava nell’ora dei
“divini offici” di tenere, intervenire
o assistere a balli e ad altri spettacoli
pubblici, proibiva agli osti di vendere
vino, dar da mangiare o bere durante
la Messa ‘o altre funzioni compreso
il catechismo.
Già in una lettera del giugno 1761 al
conte Bogino a Tori­no, l’arcivescovo
di Cagliari ave­va proposto di stroncare, con un rimedio a suo avviso efficace, quello che veniva chiamato “lo
scandaloso abuso dei balli” in concomitanza con le funzioni reli­giose:
far “carcerare i flauteri, cioè quei
contadini i quali suona­no con alcune
canne in bocca”. Nonostante veri e
propri rischi di scomunica, queste disposizioni venivano regolarmente disattese e i balli “dentro de los patios
de la iglesias” continuavano a tenersi. Un suonatore pressoché profes­
sionale esisteva del resto in ogni
paese del Campidano, contraria­
mente al Capo di Sassari e in Gal­lura
dove scarseggiavano le perso­ne in
grado di suonare le “launed­das”;
i più bravi si spostavano quindi al
Centro Nord per le feste e altre ricorrenze sapendo esegui­re anche i balli
tondi di queste re­gioni. L’abate Vittorio Angius, nel “Dizionario Geogra-
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supportate politicamente, avevano
una potenziale carica dirompente.
Il patrimonio etnico-culturale pos­
sedeva infatti una forza significa­tiva
in quanto diffuso nell’intero tessuto
comunitario, e per quella via si
poneva come veicolo privi­legiato
di espressione identitaria. Di conseguenza, ci si adoperò per cancellare
questo patrimonio vie­tando gare
poetiche, balli in piaz­za e gioco alla
morra. L’operazio­ne, velleitaria in
partenza perché diretta a cancellare
codici secolari radicati e pratiche di
socializza­zione legate alla religiosità
e alle relative feste, fallì rapidamente.
Negli ultimi vent’anni l’interesse per
le “launeddas” è di nuovo cresciuto
sensibilmente, anche in ambienti musicali non strettamente connessi alla
tradi­zione folklorica isolana: suono e
musiche vengono spesso rielabo­rati
e riproposti con un taglio me­no convenzionale. Approcci di­versi a questo
strumento hanno consentito collaborazioni, so­vrapposizioni e particolari arran­giamenti, ad esempio, con
Fabri­zio De Andrè, Angelo Branduardi e altri musicisti che sperimentava­
no contaminazioni con suoni etni­ci.
Non solo il jazz con il sassofo­nista
inglese Evan Parker o quello americano di David Liebman in concerto
con Paolo Fresu, ma an­che il rock
si è lasciato tentare dai suoni della
tradizione sarda. Straordinario è risultato, in parti­colare l’inserimento
delle “lau­neddas” nel gruppo jazz
di Paolo Fresu nell’eseguire dal vivo
le musiche che accompagnano le
immagini suggestive dell’Istituto Luce
sulla Sardegna degli anni Trenta-Cinquanta, messe assieme da Gianfranco
Cabiddu nel film “Sonos ‘e memoria”
per la Mostra del cinema di Venezia
del 1995. Molto attiva in questi ultimi
vent’anni è l’Associazione Cultu­rale
“Cuncordia A launeddas”, che ha
promosso numerose inizia­tive per
lo studio e la diffusione di questo
strumento, con corsi, con­certi e pubblicazioni.
le riunioni
del consiglio direttivo
di MAURO CAVICCHI
Riunioni del
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
“La Patria lontana”
copertina di. G. Biasi
per il “Giornalino
della Domenica” (1909)
fico Statistico e Commerciale degli
Stati di S.M. il Re di Sardegna negli
anni 1833-1856”, ricorda in proposito il caso di Tonara, piccolo paese
della Barbagia i cui abitanti avevano
u­na gran passione per il ballo e che
però, non potendosi permettere u­no
“zampognatore”, ballavano al­la sola
armonia del canto. Tempi duri per i
suonatori si ebbero inve­ce durante il
periodo fascista. Il regime matura la
consapevolezza secondo cui le forme musicali e più in generale culturali sarde, per quanto diffuse a livello
popolare e fino a quel momento non
Simone Manca di Mores, “Sa danza cun
is Launeddas”, Acquerello (1861-1872).
Nicola Benedetto Tiole,
“Joueurs de Leonedda”.
OLTRE
IL FOLKLORE
L’economia dell’Isola si
è basata per anni sull’a­
gricoltura e sulla pasto­
rizia con un ritmo di vi­ta
regolato dalle sca­denze
dei cicli produtti­vi. Feste
e cerimonie re­ligiose,
distribuite in ge­nere tra
maggio e set­tembre, oltre a costitui­re preziose
testimonian­ze del costume di questa terra,
andando oltre il folklore,
trovano nel ballo e nel
canto la loro espressione
più alta e si­gnificativa e la
loro na­turale manifestazione.
- APPELLO AI SOCI CARISSIMI SOCI,
NELLA PROSSIMA PRIMAVERA DEL 2015, SI SVOLGERA LA TRADIZIONALE RICORRENZA BIENNALE DEL NOA (nozze di Oro e Argento) RISERVATA A COLORO CHE
SI SONO DIPLOMATI RISPETTIVAMENTE NEGLI ANNI 1964-65 e 1989-90.
VI RIVOLGIAMO UN INVITO A COLLABORARE ALLA RICERCA DEI COLLEGHI DI QUEGLI ANNI DI VOSTRA CONOSCENZA E DI TRASMETTERE LORO IL MEDESIMO INVITO. SIAMO IN POSSESSO DI TUTTI I NOMINATIVI MA NON DI UNA LARGA PARTE
DEGLI INDIRIZZI DI ATTUALE RESIDENZA. CONTIAMO SULLA VOSTRA PREZIOSA
COLLABORAZIONE. È UN APPUNTAMENTO IMPORTANTE E SIGNIFICATIVO.
GRAZIE A TUTTI
PER OGNI COMUNICAZIONE POTETE FARE RIFERIMENTO AI SEGUENTI NOMINATIVI
E INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICA:
ALIAV:
Presidente:
Graziano Zanetti
Consigliere:
Giuseppe Benfenati
[email protected]
[email protected]
cell. 3396175771
[email protected]
31
ALIAV
ALIAVAssociazione
Associazione Diplomati
Diplomati Istituto Aldini
Aldini Valeriani
Valeriani
ALIAV
cultura
di FRANCESCO DE PRETIS (da “Incontri” n. 90 - ottobre-dicembre 2006)
Il Codice segreto
di Archimede
Archimede in una antica stampa.
Vissuto nel III sec. a.C.
ha segnato la rinascita
della matematica in Europa
N
ell’anno del Signore 1229, in
una Gerusalem­me presidiata
dai crociati dell’Imperatore
Federico II, un monaco ricopia in
greco preghiere ortodosse: la pergamena sulla qua­le scrive non è però
nuova, l’ama­nuense ha avuto cura
di cancellare il testo e le immagini
precedente­mente impresse sugli
spessi fogli di pelle.
Così, con un’incurante “nonchalance”, il religioso taglia e ricuce nientedimeno che il “cor­pus” archimedeo,
l’intera raccolta nell’originale greco
dei trattati del più grande scienziato
dell’anti­chità, Archimede di Siracusa. Vis­suto nel terzo secolo avanti
Cristo, Archimede e la sua geniale
opera non hanno segnato solo la sua
epo­ca ma soprattutto la successiva
ri­nascita della matematica in Euro­pa:
dall’idrostatica al calcolo dei volumi
di sfera e cilindro, dallo studio delle spirali a quello della meccanica
delle leve, Archimede è stato dai più
indicato come il capo­stipite della
scienza moderna. Du­rante l’assedio
di Siracusa (212 a.C.) da parte della
flotta romana, Archimede si distinse
nella difesa della città, costruendo
ingegnose macchine da guerra per
tenere lon­tano il nemico: catapulte
per lan­ciare pietre, un sistema di
corde, carrucole e ganci per bloccare
le navi romane ed i famosi specchi
u­stori, dispositivi che sfruttavano i
raggi solari per sviluppare incendi
sulle imbarcazioni. Tanta opero­sità
non salvò però il matematico siracusano: Archimede, assorto in alcune
speculazioni su cerchi ed altre figure
geometriche, cadde in­fatti sotto i colpi di un soldato ro­mano, che male
aveva reagito al suo “Noli turbare
circulos meos”, sottile invito rimasto
celebre nei secoli. Lo scrittore romano Valerio Massimo – che ha tramandato l’e­pisodio – riporta anche
lo sconfor­to del generale Marcello, il
quale aveva ordinato di risparmiargli
la vita nella saggia convinzione che
l’intelligenza del Siracusano sa­rebbe
stata di grande utilità per la grandezza di Roma.
La sorte, tuttavia, si è di­mostrata
poco benevola non solo con Archimede ma anche nei confronti di
quanto lo scienziato di Si­racusa ci ha
lasciato di scritto: incendi, saccheggi
ed intemperie dei secoli non hanno
infatti risparmiato neppure i suoi
trattati, giunti a noi per lo più solo in
traduzioni arabe e latine; il palinsesto raschiato dal monaco ortodosso
rap­presenta così una rarissima copia
dei suoi scritti originali. Passati quasi
sette secoli, il manoscritto di Gerusalemme finisce fortunosa­mente
nelle mani di John Ludwig Heiberg,
studioso danese e massi­ma autorità
di Archimede per quell’ epoca, che
ha la possibilità di e­saminarlo in una
biblioteca di Costantinopoli (l’attuale
Istanbul): Heiberg scatta alcune fotografie al codice e, compresane la
vera natura, riesce a fatica a tradurre
“Il Metodo”, un trattato ri­tenuto perso e che ha gettato in seguito una
nuova luce sul pen­siero scientifico di
SOGNO
AVVERATO
L’opera sui “corpi
galleg­gianti” nella quale
Archi­mede enuncia i
principi dell’idrostatica
è già dispo­nibile in greco e, nei mesi scorsi, le
prime pagine de­crittate
sono state proiet­tate
sugli schermi del San
Francisco Science Center. Il sogno di scienziati
e sto­rici adesso è quello
di leg­gere le opere di Archimede dal manoscritto
originale. Un traguardo
suggestivo e affascinante
che sembra finalmente a
portata di mano.
32
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani
le riunioni
del consiglio direttivo
di MAURO CAVICCHI
Riunioni del
di gran parte del testo: il confronto
con le foto scattate a inizio ’900 da
Heiberg mostra inequivocabilmente
un no­tevole peggioramento dello
stato di conservazione del palinsesto;
in queste condizioni la partita contro
l’oblio pare essere persa per sempre.
Ad un punto morto, ec­co che lo Slac
(Stanford Linear Ac­celerator Center)
di Palo Alto (Ca­lifornia), un’istituzione scientifica che solitamente svolge
ricerca in Fisica nucleare, offre i suoi
labora­tori per esaminare il manoscritto.
Grazie a una particolare tecnica di
scansione visiva detta fluorescenza a
raggi X, sviluppata per lo studio delle
particelle subatomiche, le parole di
Archimede appaiono distintamente sullo schermo come inchiostro
simpa­tico. L’eccitazione è grande:
“Questo è un passo decisivo per
comprendere una delle più grandi
menti di tutti i tempi”, afferma Uwe
Bergmann, capo del progetto dello
Slac.
“Sui corpi galleggianti” l’opera nella
quale Archimede enuncia i principi
dell’idrostatica è già disponibile in
greco e, a metà Agosto, le prime pagine decrittate sono state proiettate
– in una chiave un po’ hollywoodiana – sugli schermi del San Francisco
Science Center. Il sogno di scienziati
e storici di legge­re le opere di Archimede in lingua originale sarà, dun­
que, realizzato?
“La strada per decifrare tutto il codice sarà lunga – avverte Bergmann
– non sappiamo esattamente che
cosa ci aspetta, il palinsesto potrebbe
contenere qualche trattato ancora
sconosciu­to. Sarei sorpreso però se
tra le carte di Archimede dovessimo
scorgere la formula E = mc2!”.
Consiglio Direttivo dell’ALIAV
L’uccisione di Archimede raffigurata in un mosaico d’epoca romana.
Archimede. La scoperta di Heiberg
desta grande clamore nella co­munità
scientifica ma le ricerche sul palinsesto non posso­no continuare: come
nel­l’assedio di Siracusa, è di nuovo
un conflitto armato ad interferire con
la ricerca del sapere ed alla fine della
Prima Guerra Mondiale il codice fa
perdere di nuovo le sue tracce. Nel
1998 nuovo colpo di scena: il manoscritto riappare ad un’asta di Christie’s tra i cimeli di una collezione
privata francese e viene acquistato
da un magnate americano che lo
dona anonima­mente alla biblioteca
del Walters Art Museum di Baltimore
(Mary­land). Negli Stati Uniti iniziano
co­sì studi approfonditi e ci si accorge
ben presto che dalle pagine emerge
qualcosa che stona totalmente con
l’insieme delle sacre orazioni in es­so
contenute.
Con la volontà di di­panare l’enigma,
si iniziano ad uti­lizzare tecniche visive che sfrutta­no la luce ultravioletta
per poter di­stinguere i vari strati di
scrittura.
Eureka! è Archimede. Il lavoro di
decodificazione però si arresta ben
presto perché macchie e miniature
rendono impossibile l’interpretazione
La delicata fase
di recupero e di
ricostruzione.
Il manoscritto
nel laboratorio
di restauro.
Nel 1998 il manoscritto
riappare a un’asta di
Christie’s e viene
acquistato da un
magnate americano
ALDINI
VALERIANI
storia
di una grande
scuola
bolognese
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del consiglio direttivo