IRPEF:
Redditi di impresa
IRES
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Prof. Marco Cedro
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Redditi d’impresa
• Sono redditi di impresa quelli che derivano
dall’esercizio di imprese commerciali; per
esercizio di imprese commerciali si
intende l’esercizio per professione
abituale, ancorché non esclusiva, delle
attività indicate nell’art.2195 c.c. e delle
attività indicate alle B e C del comma 2
dell’art.32 che eccedono i limiti ivi stabiliti
anche se non organizzate in forma di
impresa.
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Differente nozione rispetto al codice civile
• La nozione di impresa è differente rispetto
a quella contenuta nel codice civile agli
articoli 2135 (imprenditore agricolo) e
2195 (imprenditore commerciale)
• Le due nozioni (civilistica e fiscale) non
sono pertanto coincidenti e segnano delle
differenze sostanziali
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• L’attività dell’imprenditore consiste nell’organizzare energie umane
di terzi – nella specie, le energie umane dei lavoratori che assume –
e beni materiali – macchinari, attrezzature, merci – in vista del
raggiungimento dell’oggetto dell’attività. Nel caso dell’agricoltura
sarà la produzione di prodotti agricoli, nel caso dell’industria sarà la
produzione di un determinato prodotto.
• Quindi, l’organizzazione caratterizza l’attività dell’impresa perché
consiste in questa capacità dell’imprenditore di mettere insieme
energie umane di terzi e beni materiali e orientare questi in funzione
dell’oggetto dell’attività per raggiungere il risultato finale.
• Questa è la normativa civilistica: nell’art 2135 elenca le attività
agricole, nell’art 2195 elenca le attività commerciali.
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Caratteristiche della nozione di impresa ai
fini delle imposte sui redditi
• Professione abituale significa che perché ci sia
reddito di impresa occorre che ci sia continuità
nello svolgimento dell’attività; se la stessa
attività viene svolta infatti in via occasionale non
si avrà reddito di impresa.
• Occorre che si tratti di un’attività posta in essere
in maniera continuativa nel tempo, ma non
importa che questa attività sia l’unica svolta dal
soggetto. Quindi il soggetto potrebbe anche
svolgere un’altra attività .
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Il rinvio all’art. 2195 c.c.
• Il rinvio all’art. 2195 è recettizio
• Le attività di questo articolo sono: l’attività
industriale, l’attività di commercio in senso
stretto, le attività di trasporto, l’attività
bancaria e assicurativa e le attività
ausiliarie alle precedenti
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Il rinvio all’art. 32 del TUIR
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Quando le attività dell’art.32 (reddito agrario) eccedono i limiti indicati nello
stesso, allora il reddito che ne deriva diventa reddito di impresa.
Se invece queste attività rientrano nei limiti indicati dall’art.32, il reddito che
ne deriva è reddito agrario.
Sono considerate attività agricole: B) l’attività di allevamento di animali con
mangimi ottenibili per almeno ¼ dal terreno; C) le attività dirette alla
manipolazione, trasformazione o alienazione di prodotti agricoli che rientrino
però nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che la
governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal
terreno o dagli animali in esso allevati”;
Nel caso della lettera C) occorrono due condizioni affinché questo tipo di
attività sia un’attività agricola e cioè che l’attività venga svolta nell’esercizio
normale dell’agricoltura secondo la tecnica che la governa (e che queste
attività abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno
e dagli animali che in esso vengono allevati. In tutti gli altri casi queste
stesse attività verranno considerate redditi di impresa, altrimenti se seguono
tali due criteri verranno considerate redditi agrari
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Organizzazione
• Se sono rispettati i criteri indicati, si ha reddito d’impresa anche se
queste attività (cioè dell’art.2195 c.c. e dell’art.32 lettere b e c) non
sono organizzate in forma di impresa”.
• Quindi non occorre, alla luce della nozione di reddito di impresa ai
fini fiscali, l’elemento dell’organizzazione che invece è un elemento
essenziale ai fini della determinazione del concetto di redditi di
impresa ai fini civilistici.
• Quindi il concetto di redditi di impresa ai fini fiscali è un concetto più
ampio di quello ai fini civilistici perché, mentre la nozione di impresa
ai fini civilistici richiede espressamente il requisito
dell’organizzazione, la nozione di impresa ai fini fiscali non richiede
questo requisito e quindi è una nozione più ampia.
• Ma è anche una nozione più ristretta, perché non tutte le imprese
agricole producono redditi d’impresa
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Altri redditi d’impresa
• Sono inoltre considerati redditi di impresa: 1) i redditi
derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma di
impresa dirette alla prestazioni di servizi che non
rientrano nell’art.2195 c.c. 2) i redditi derivanti dallo
sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi,
stagni e altre acque interne 3) i redditi dai terreni per la
parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui
al primo comma dell’art.32 anche se entro i limiti ivi
stabiliti questi redditi agrari costituiscono redditi di
impresa se questo reddito viene imputato ad una società
in nome collettivo o in accomandita semplice, nonché a
stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti
esercenti un’attività di impresa.
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• In questo caso c’è l’obbligo del requisito
dell’organizzazione. Si deve trattare di
attività diretta alla prestazione di servizi e
quindi sono escluse le attività che
consistono nella cessione di beni ed
inoltre di un’attività diversa da quelle che
rientrano nelle ipotesi previste
dall’art.2195 c.c.
• Es. prestazioni didattiche
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• Nel testo unico in materia di imposte sui
redditi prima è contenuta la disciplina
dell’Irpef ma, nel punto in cui dovrebbe
trattare delle modalità di quantificazione
del reddito ai fini Irpef, rinvia al titolo
relativo all’Ires.
• Le modalità di determinazione del reddito
di impresa sono disciplinate nel titolo che
riguarda l’Ires
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Reddito d’impresa nell’IRPEF e IRES
• Le regole di determinazione del reddito di
impresa sono identiche sia nel caso in cui
l’impresa è gestita a livello individuale (e
quindi è soggetta anche all’Irpef), sia
quando l’impresa è gestita sotto forma di
società, sia quando l’impresa è gestita da
un ente diverso dalle società.
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IRES: caratteri generali
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Quali sono i caratteri dell’IRES?
L’IRES è un’imposta diretta.
È un imposta reale perché non è pensabile che il tributo possa essere collegato alla situazione
personale e familiare del soggetto. La famiglia ce l’hanno le persone fisiche e non gli enti collettivi.
È un’imposta tendenzialmente generale, infatti colpisce il reddito complessivo.
L’IRES è anche un’imposta fondamentale, perché dall’IRES il legislatore si aspetta un elevato
gettito.
L’IRES è un’imposta proporzionale nel 27,5%.
L’imposta prima era del 33% di gran lunga al di sopra della media europea.
Ora è scesa al 27,5% e resta comunque tra le aliquote più alte applicate nei paesi dell’UE.
In Irlanda l’imposta sul reddito delle società è applicata con un’aliquota del 12,5%.
Perché l’aliquota è importante? Perché i grossi capitali sono gestiti da società. Le grosse imprese
sono gestite sotto forma di società.
Allora le società possono spostare i luoghi di produzione dei beni a seconda della zona dell’UE in
cui il prelievo è più basso e questo proprio perché all’interno dell’UE non ci sono vincoli allo
spostamento delle merci.
Quindi l’aliquota IRES, più di quella dell’imposta sulle persone fisiche, va determinata con molta
attenzione a pena di fare posizionare società in uno stato piuttosto che un altro (concorrenza
fiscale tra stati).
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Soggetti passivi IRES
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prima categoria: società di capitali
seconda categoria: enti commerciali
terza categoria: enti non commerciali
quarta categoria: società ed enti di
qualsiasi tipo aventi sede all’estero
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Società di capitali. In questa categoria inseriamo le società per azioni, le società in accomandita
per azioni, le società a responsabilità limitata, le società mutue assicuratrici, le società
cooperative e alcune tipologie di società di diritto europeo cioè società disciplinate da regolamenti
CE.
Questa società rappresentano la prima categoria che chiamiamo appunto società di capitali.
Enti commerciali residenti in Italia. Per ente il legislatore fiscale intende un ente collettivo pubblico
(istituito dalla legge o da un atto amministrativo) o privato (nascente da un contratto), con o senza
personalità giuridica, che abbia una struttura diversa da quella delle società, compresi i trust.
Quindi il trust, che è un contratto, è considerato dalla normativa fiscale italiana come un soggetto
di diritto a se stante, quale che sia la natura del trust.
Le fondazioni, le associazioni (non quelle tra professionisti), i comitati (si istituisce un comitato per
la festa del patrono), i consorzi. Sono tutte categorie civilistiche, disciplinate dal codice civile.
E possiamo comunque pensare anche ad altri enti – perché la norma è generica – che non siano
riconducibili a queste categorie civilistiche fondazioni, associazioni, comitati e consorzi.
Per ente commerciale si intende l’ente che abbia per oggetto esclusivo o principale lo svolgimento
di un’attività commerciale.
La norma dice “l’oggetto esclusivo o principale è determinato in base alla legge o in base all’atto
costitutivo o statuto purché l’atto costitutivo e lo statuto siano esistenti in forma di atto pubblico o
di scrittura privata autenticata o registrata”.Quindi, per sapere qual è l’oggetto dell’ente e poi
valutare se l’oggetto è esclusivo o principale si deve prendere in considerazione lo statuto, l’atto
costitutivo. Se è un ente pubblico si prenderà in considerazione la legge.
Ma lo statuto e l’atto costitutivo hanno rilevanza sempre che siano stati redatti per atto pubblico o
per scrittura privata autenticata o registrata.
Ma se manca l’atto costitutivo o lo statuto in queste forme di atto pubblico o di scrittura privata
autenticata o registrata, si deve guardare in concreto, di fatto qual è l’attività che l’ente svolge.
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Determinazione redditi Enti non
commerciali
• Il legislatore ha previsto che i redditi degli enti non
commerciali vanno determinati secondo le regole
dell’Irpef: se quindi voglio stabilire qual è il reddito di un
ente non commerciale io dovrò, in relazione alla natura
dei redditi, calcolare questi redditi secondo le regole
dell’Irpef. (regole per la tassazione redditi fondiari,
diversi, di capitali, ecc..). Quindi la base imponibile verrà
data dalla somma dei redditi di queste quattro categorie,
perché la base imponibile dell’Ires è il reddito
complessivo del soggetto. Quindi prima l’ente non
commerciale determina i singoli tipi di reddito in base
alle regole dell’Irpef, e poi procede alla somma perché
l’Ires si applicherà sul reddito complessivo. Dopodiché lo
assoggetta all’aliquota Ires che in Italia è del 27,5%.
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Redditi delle società di capitali e degli enti
commerciali
• Per le società di capitali e gli enti commerciali
queste modalità sono identiche. Per queste due
categorie il legislatore ha previsto che tutti i
redditi da essi prodotti, quale che sia l’origine
(potranno derivare da terreni, da fabbricati
ecc..), si considerano redditi di impresa. Quindi
considerandosi i redditi di questi soggetti come
redditi di impresa, non varranno le regole di
determinazione del reddito dell’Irpef. Quindi si
dovranno applicare le regole di determinazione
del reddito di impresa.
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• Il legislatore rigidamente prevede la regola della
competenza e non quella della cassa per la
determinazione dei redditi di impresa.
• Questo significa che i componenti positivi e i
componenti negativi vanno presi in
considerazione rispettivamente nell’anno in cui
sorge il diritto a percepire i componenti positivi e
nell’anno in cui sorge l’obbligo a provvedere per
i componenti negativi
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Dati di bilancio e dati fiscali
• Il dato rilevante è l’utile risultante dal conto
economico.
• Tuttavia, le norme fiscali impongono
regole differenti da quelle civilistiche (per
esempio, ammortamento, deducibilità dei
costi)
• Al risultato del conto economico bisognerà
pertanto apportare “variazioni” (in aumento
o in diminuzione) ai fini fiscali
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Componenti positivi: i ricavi
Il legislatore fiscale detta una norma con la quale ci dice cosa intende per
ricavi:
-i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa
-i corrispettivi delle cessioni di materie prime, semilavorati e altri beni mobili,
esclusi i beni strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella
produzione.
-i corrispettivi per la vendita di azioni o di altri titoli similari, o anche di titoli
obbligazionari; però questi corrispettivi risulteranno essere ricavi per la
società solo se questi titoli, nel conto patrimoniale, figurino sotto la voce
attivo circolante.
-le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni anche in forma
assicurativa per la perdita o il danneggiamento di beni che ove venduti
avrebbero dato luogo a ricavi.
-i contributi in denaro o in natura spettanti in base a contratto all’impresa.
-i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.
-il valore normale dei beni destinati a finalità diverse da quelle dell’esercizio di
impresa.
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Componenti positivi: le plusvalenze
• Le plusvalenze patrimoniali.
• Ci siamo già occupati di queste perché
sono componenti positive nella
determinazione del reddito di lavoro
autonomo
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Sopravvenienze
• “si considerano sopravvenienze attive i
ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di
componenti negativi dedotti in precedenti
esercizi” oppure “la sopravvenuta
insussistenza di spese, perdite ed oneri
dedotti in precedenti esercizi”
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Dividendi ed interessi
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Dividendi: l’ipotesi è quella di un imprenditore nel cui stato
patrimoniale all’attivo figurano azioni di una società. Da
quest’altra società riceve i dividendi. La normativa prevede che
questo dividendo deve essere contabilizzato nell’anno in cui viene
effettivamente percepito (deroga al principio della competenza) e
non nell’anno in cui matura il diritto ad essere percepito.
I dividendi erogati da una società di capitali ad altra società di
capitali sono imponibili per il 5% del loro ammontare.
Per gli interessi attivi, possiamo immaginare l’ipotesi
dell’imprenditore che ha un conto corrente attivo in banca, al 31
dicembre la banca gli contabilizza gli interessi. Gli interessi attivi
seguono rigidamente la regola della competenza perché gli
interessi maturano giorno dopo giorno; il periodo di imposta si è
chiuso nel 2013 e tutti gli interessi maturati, anche se non li vado
a prendere fisicamente in banca, devono essere inseriti nel 2013.
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Proventi immobiliari
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L’ipotesi riguarda l’impresa che è proprietaria di immobili ad esempio i fabbricati.
Gli immobili strumentali per l’esercizio dell’impresa non danno luogo a proventi.
Allora quando gli immobili possono dare luogo a componenti positivi? Quando il
soggetto è proprietario di immobili che non utilizza come beni strumentali. In
questo caso il componente positivo si determina applicando le regole dei redditi
fondiari.
Per i fabbricati non concessi in locazione il proprietario paga l’imposta sulla rendita
catastale. Se invece l’immobile è dato in locazione il reddito si determina sulla
base del canone di locazione e decurtandolo fino ad un massimo del 5% per le
spese di manutenzione.
Si è di fronte ad una sfasatura tra il bilancio civile, in cui la società deve riportare
tutte le spese sostenute, e la logica fiscale, perché qui è ammesso in abbattimento
solo l’importo documentato delle spese ma fino al 5% del canone.
Non danno luogo a proventi immobiliari, ma danno luogo a ricavi, gli eventuali
canoni di locazione di immobili che costituiscono l’oggetto dell’attività di impresa
(es. l’impresa edile costruisce un palazzo e man mano vende gli appartamenti; ora
nelle more è facile che ha appartamenti che da in locazione e questi canoni
costituiscono ricavi e no proventi immobiliari perché l’appartamento è oggetto
specifico dell’attività di impresa).
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Rimanenze
• Se le rimanenze finali superano quelle
iniziali di ogni anno, la differenza e cioè
l’incremento costituisce componente
positiva del reddito. Se le componenti finali
sono invece inferiori a quelle iniziali, e
quindi si ha un decremento, il decremento
è componente negativo del reddito
• Ma come si devono valutare queste
rimanenze?
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Metodi di determinazione delle rimanenze
• Il metodo LIFO: “last in, first out” e cioè si presume che
le merci introitate per ultime (last in) siano state vendute
per prime, quindi le merci rimaste in magazzino sono
quelle acquistate per prime.
• Il metodo FIFO: “first in, first out” e cioè la merce prima
entrata (first in) coincide con la merce prima uscita (first
out), sempre per presunzione. Questo significa che la
merce rimasta in magazzino è quella entrata per ultima.
• Il metodo del costo storico: si valuta la merce presente in
magazzino esattamente al prezzo di acquisto. Ma se la
merce è numerosa, è difficile identificare esattamente il
costo storico.
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Componenti negativi: costi e spese
•
I costi. Con l’espressione costo si intende il costo di acquisto delle merci, quando invece si parla di spesa si intende la
somma spesa per acquisire prestazioni di servizi. Quindi l’imprenditore ha bisogno di acquistare merci e questi sono i costi
che sostiene.
•
Le spese per:
Prestazioni di lavoro. Le spese possono riguardare spese ad esempio per prestazioni di lavoro dipendente o autonomo. Per le
spese di lavoro dipendente la spesa gli consente non soltanto di contabilizzare gli stipendi erogati, ma anche di
contabilizzare l’indennità di fine rapporto di lavoro maturata nell’anno anche se non erogata; questa è esattamente pari
all’intera indennità di fine rapporto di lavoro se il dipendente si dimettesse a dicembre e l’indennità complessiva di fine
rapporto di lavoro che l’impresa avrebbe pagato se il dipendente si fosse dimesso il primo gennaio.
Per interessi passivi: le imprese operano o con capitale proprio o con capitali presi a prestito dalle banche e quindi l’impresa paga
sempre interessi passivi. Ecco che qua si inserisce un altro esempio eclatante di diversità tra la redazione civilistica del
bilancio e il profilo fiscale. Il legislatore ha introdotto delle limitazione alla deducibilità degli interessi passivi; quindi se
un’impresa ha interessi passivi altissimi non è detto che tutti gli interessi passivi, che lui deve indicare in bilancio, sono
ammessi dal legislatore fiscale. Questo infatti gliene ammetterà solo una parte come componente negativo del reddito per
un’altra parte li disconosce, con la conseguenza che occorrerà fare una variazione in aumento ai fini fiscali.
E qual è la parte di questi interessi passivi che riconosce? Innanzitutto riconosce per intero la parte degli interessi passivi pari agli
interessi attivi contabilizzati tra gli interessi attivi; la parte invece degli interessi passivi che eccede gli interessi attivi viene
riconosciuta in deduzione solo nella misura pari al 30% del ROL, il risultato operativo lordo che si ottiene sottraendo due
voci dell’art.2425 c.c. e cioè il valore e il costo della produzione.
Per oneri fiscali. Per l’impresa il pagamento dei tributi è un componente negativo di reddito. La normativa prevede che le imposte
sui redditi e le imposte per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono fiscalmente deducibili. Quindi nel
bilancio civile noi dobbiamo trovare l’imposta sui redditi, perché in questo vanno indicate tutte le voci di spesa, ai fini fiscali
devo fare una ripresa in aumento perché (sebbene risultano nel bilancio civile) fiscalmente sono indeducibili. Per quanto
riguarda invece le imposte indirette sono deducibili secondo la regola della cassa.
Per gli oneri contributivi. Sono le somme che l’impresa paga per l’iscrizione agli organismi di rappresentanza delle imprese (es. se
io sono un industriale mi iscrivo all’unione degli industriali). Le spese pagate per i contributi associativi, quindi l’iscrizione a
queste rappresentanze, sono deducibili ma solo per cassa.
Per gli oneri di utilità sociale. L’impresa talvolta sostiene delle spese, non perché siano direttamente legate allo svolgimento della
sua attività, ma per trarne un vantaggio indiretto. Allora per stabilire un buon rapporto con i dipendenti l’impresa gestisce un
asilo, in modo che le mamme lavoratrici possano lasciare lì i propri bambini. Queste spese dell’asilo sono deducibili ma
entro il limite del 5 per mille delle spese che sostiene l’impresa per i lavoratori dipendenti.
Per oneri di utilità società per far sì che l’imprenditore migliori la sua immagine: questi oneri sono deducibili fino al 2% del reddito
di impresa.
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Componenti negative: minusvalenze e
sopravvenienze passive
•
•
Le minusvalenze patrimoniali. Si ha
minusvalenza quando il valore finale è
più basso del valore iniziale abbattuto
sempre degli ammortamenti che sono
stato eseguiti nel corso dell’anno.
Le sopravvenienze passive. Sono
l’esatto opposto delle sopravvenienze
attive.
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•
•
Le perdite. Possiamo avere due tipi di perdite: o la distruzione dei
beni (es. merce che si incendia o che viene rubata) o perdita di
crediti. Può verificarsi che un credito (che è segnato tra i
componenti positivi nell’anno di competenza) non venga onorato
dal debitore e quindi l’imprenditore subisce una perdita sui crediti.
Per potere portare in deduzione la perdita sui crediti si deve
dimostrare di avere infruttuosamente cercato di recuperare il
credito. Ha diritto a portare in deduzione, in ogni caso, la perdita
sui crediti quando il debitore incorre in una procedura
concorsuale. Un’unica eccezione prevede il fisco per gli importi
che non superano 2500 euro che arrivano a 5000 euro per le
grandi dimensioni.
Le svalutazioni. Non siamo di fronte a delle perdite.
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•
•
Gli accantonamenti sono voci del passivo del bilancio. Fiscalmente sono
ammessi solo due tipi di accantonamenti, per il TFR e per le “perdite su
crediti”.
Il contribuente potrebbe svalutare un credito, oppure al passivo creare
un fondo rischi su crediti di pari importo. Il risultato è identico al caso
della svalutazione. Ma qual è la differenza tra svalutazione e
accantonamento? Quando l’imprenditore pensa con convinzione che non
incasserà allora fa la svalutazione; quando invece l’imprenditore è solo
preoccupato di non recuperare in tutto il suo credito e quindi non è certo
fa l’accantonamento. Il legislatore fiscale sia con la svalutazione che con
l’accantonamento ammette la deduzione fino allo 0,50% della massa dei
crediti risultanti in bilancio. Per le banche c’è una normativa a parte che
prevede che le svalutazioni sono deducibili per intero però in 5 anni.
Gli ammortamenti. Riguardano solo i beni strumentali, entro il limite
massimo previsto dalle tabelle ministeriali.
I decrementi delle rimanenze finali rispetto a quelle iniziali.
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Scritture contabili
• I soggetti che svolgono attività di impresa
sono costretti alla tenuta di una serie
infinita di registri contabili; le imprese sono
costrette a tenere il libro giornale, il libro
degli inventari, i libri IVA, il libro dei cespiti
ammortizzabili, i libri obbligatori in materia
di lavoro, schede individuali per i
compensi erogati ai lavoratori autonomi, il
registro riepilogativo di magazzino.
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