SOMMARIO 1. PRESENTAZIONE ...........................................................................................................................2 2. HANNO COLLABORATO ...............................................................................................................3 3. COSI’ ERA SIGFRIDO ....................................................................................................................4 4. MAGDA: “VITA A DUE” ...................................................................................................................5 5. RICORDO DEGLI AMICI DELLA CORALE: ...............................................................................8 6. SIGFRIDEIDE .................................................................................................................................29 7. RICORDO DEGLI AMICI DI LAVORO .....................................................................................44 8. PUBBLICAZIONI DI SIGFRIDO ...................................................................................................51 2 1. PRESENTAZIONE L’idea di scrivere qualcosa per ricordare Sigfrido è nata lo stesso giorno delle sue esequie (14.5.2011). A tutti noi, suoi vecchi amici della Corale, pareva doveroso in quella triste occasione ricordarlo con qualche pagina che rimanesse per noi stessi e per tutti coloro che l’hanno amato. Proponemmo perciò questa idea a tutti gli ex-coristi presenti che l’accolsero con favore. E’ con grande gioia che presentiamo ora questo lavoro collettivo composto di testi e di foto. I testi sono stati scritti espressamente per questa occasione; le foto (“Sigfrideide”) sono una selezione delle innumerevoli fotografie comprese negli album della Corale in cui Sigfrido compare spesso. Per ricordare la sua figura ho scelto quella scattata in montagna, a Chamois, il 29.12.1962, al termine di una gioiosa giornata di sci, in cui Sig, ancora senza barba, figura attorniato da Magda e da un gruppo di amici che cantano le care canzoni di sempre. A questa foto si è ispirato il bravissimo Fausto Amodei per il bel disegno (unito alla foto, che servì per gli stampati di propaganda) nel quale non è difficile riconoscere alcuni dei protagonisti della Corale di allora. Questa “miniantologia” di scritti e foto non è soltanto un giusto omaggio tributato ad un carissimo amico scomparso, ma, nel contempo è anche uno spaccato di un’epoca felice della Corale Universitaria di Torino che abbiamo avuto la fortuna di vivere assieme a Sig. Abbiamo inserito anche alcune testimonianze di altri amici extra-Corale che hanno conosciuto ed apprezzato Sigfrido in ambito professionale. La ricchezza e varietà dei contributi sono una evidente testimonianza del profondo ed indelebile segno che Sig ha lasciato in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo ed amarlo. Quando, ritrovandoci per godere ancora e sempre della nostra amicizia, riprenderemo in mano queste pagine, ci sembrerà di risentire la forte voce di Sig intonare come allora, per noi e con noi, “Matona mia cara” e “Cjol mi me”. Grazie Sig. (Luciano) 3 2. HANNO COLLABORATO *amici della Corale: Gian Franco Barbieri Alberto Basso Walter Bich Arnaldo Cecchettani Daniele Danieli Arduino Fallini Elsa Margaria Luciano Ratto Anna Clara Prochet Edina Prochet Elena Prochet Luciano Ratto Magda Rolando Leschiutta Goffredo Silvestri Giorgio Solera Sergio Valabrega Franco Varesio *amici di lavoro: Elio Bava Giorgio Brida Gian Maria Canaparo Sergio Sartori Patrizia Tavella 4 3. COSI’ ERA SIGFRIDO (Chamois, 29 dicembre 1962) (Disegno di Fausto Amodei) 5 4. MAGDA: “VITA A DUE” -Sigfrido: essendo ormai da lungo tempo passato il… mezzo del cammino di mia vita amerei tracciare, per quel poco che la memoria può ancora assistermi, una specie di cronaca della mia gioventù che cercava faticosamente di conciliare gli studi universitari con il canto, la lettura ed altre attività culturali. Io Sigfrido Pietro Leone Romano Agostino Maria sono nato a Roma il giorno 11 febbraio 1933 da Giovanni Ernesto Leschiutta, ingegnere e architetto e da Maria Pia Agostinis, forosetta veneziana–romagnola–carnica. L’evento si verificò alle 14.30 al terzo piano, porta a sinistra, del pianerottolo della casa tuttora esistente, posta in piazza S. Pietro in Vincoli, 40. Trascorsi una movimentata infanzia e adolescenza sin che il vascello della mia vita si arenò, or sono cinquantasette anni, tra le nebbie torinesi ove tutt’ora contemplo il trascorrere del tempo. “Meminisse iuvat”, disse il Saggio, e così anch’io cerco nel ricordo un aiuto, un antidoto forse, alla predetta contemplazione. L’oggetto dei miei ricordi sarà sulle tracce di Lorenzo Sterne :”… non trovai guantaie parigine…”, ma una matematica liguro–piemontese. De gustibus… Il resto lo sapete. Il tutto è nato e si è sviluppato nella Corale Universitaria. -Magda: nel 1958 ho incominciato a frequentare la Corale Universitaria, non per le mie doti canore, ma per fare da dama di compagnia alla mia sorellina che aveva ereditato la meravigliosa voce canora di mia Mamma. Ci si riuniva nello scantinato del Collegio Universitario la cui mensa era gestita da uno studente... (si fa per dire), del Politecnico di Torino: Sigfrido Leschiutta, che non aveva raggiunto la media dei voti per poter avere il posto gratuito al Collegio e non voleva chiedere l’intervento dei suoi genitori; trascorse due notti su una panchina, ma il Direttore del Collegio capì la situazione e gli offrì di assumerlo come gestore della mensa. Il giovane avrebbe considerato disonorevole tornare a Firenze nella sua famiglia senza la laurea del Politecnico, venendo così meno a quanto promesso per ottenere il benestare dei genitori molto attenti all’educazione dei figli. Perché Sigfrido era venuto a Torino per fare l’Università? Nessuno sapeva che quando Sigfrido viveva a Firenze dove aveva frequentato un ottimo liceo classico, era interessato a molte strane cose: erano i primi anni ’50, lui aveva a disposizione una grande stanza su una torretta della casa abitata dalla sua famiglia: lì avrebbe dovuto studiare, ma quante altre cose erano più interessanti … ogni tanto sua mamma saliva a portargli la merenda, ma per non essere colto in flagrante si era costruito un sistema che gli permettesse di pre-vedere l’arrivo della mamma: era un sistema televisivo! Chi mai aveva sentito parlare di “televisione? Un altro argomento che lo affascinava era la misura del tempo; dove avrebbe potuto trovare qualche informazione interessante su questi argomenti? All’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino !! ( certamente non immaginava che col tempo ne sarebbe divenuto il 6 Presidente). Tutti i giorni, comprese le domeniche, andava a controllare i suoi strani orologi ed ogni sera di Capodanno scendeva a Torino dalla montagna, dove tutta la famiglia stava festeggiando, per trasmettere il segnale orario ufficiale. Aveva poi inventato il trillo che ancora precede il segnale suddetto, e che contiene una certa quantità di messaggi utili a chi naviga, a chi vola ed altro. Comunque la musica e il canto costituirono sempre una grande risorsa. Fu facile per gli otto ragazzi canori del collegio trovare altri compagni di università interessati al canto e così poco per volta si formò la Corale Universitaria. Sotto la guida del maestro Roberto Goitre si formò un ottimo coro di musica polifonica, si fecero scambi con altre corali d’Italia ed Europa e si trascorse una gioventù serena, allegra, istruttiva e piena di matrimoni quasi tutti ancora esistenti e felici. Sigfrido ed io ci sposammo a Sant’Antonio di Ranverso il 18 maggio 1963. Perché proprio a S. Antonio? Perché la prima volta che uscimmo per fare una piccola gita andammo a visitare la chiesa di S. Antonio. Sigfrido si era documentato fino ai minimi particolari e mi illustrò tutte le opere inoltre si era portato il necessario e preparò il te in un boschetto. Il comportamento fu sempre corretto ed ineccepibile. Sovente la domenica si facevano piccole gite, il mezzo di trasporto era la Maria Giovanna: una vecchia balilla antidiluviana (anni ‘venti) con la struttura in legno prossima a cedere per colpa dei tarli e così fu. Comunque per qualche anno la poveretta resse e riuscì anche a trasportare undici ragazzi appesi da tutte le parti, ma alla fine la struttura in legno tutta tarlata cedette e fu rottamata! Torniamo alla Corale Universitaria: si cantava, ma soprattutto si faceva amicizia e queste amicizie durano ancora! Ci si riunisce ancora due volte all’anno: per la Messa di Natale al Monte dei Cappuccini (con pranzo) e per una festa di primavera in qualche luogo bello del Piemonte. Fu durante una “prova” della corale nello scantinato che mi accorsi che Sigfrido mi guardava con insistenza e all’uscita lodò il mio vestito tutto bianco. Io, contenta, ma intimidita, non indossai mai più quel vestito … Vista l’età, l’amicizia gli interessi e la coltura comuni è facile capire che ci sia stato un … certo numero di matrimoni la maggior parte dei quali procede ancora con serenità verso la vecchiaia estrema. Il nostro matrimonio è durato con serenità e reciproco rispetto per quarantotto anni, ne mancavano due alle nozze d’oro, … ma quando gliene parlavo faceva segno di no con la testa … cosa aveva capito?....sapeva che il suo tempo era finito?... Mi ha lasciato tre figli meravigliosi, educati alla sua maniera, senza tante parole, ma con l’esempio e tre nipotini: due nati ed uno nascituro; l’eredità è splendida, speriamo continui così e crescano sulle orme del Nonno -Sigfrido: l’avventura è stata lunga e pesante, ma bella… molto bella. Ho visto crescere i miei figli. Ho visto invecchiare mia moglie al mio fianco… Ora sono stanco, molto stanco...Lasciatemi dormire. 7 -Magda: è mancato all’improvviso, senza un rantolo, senza un lamento …. Ora, secondo il suo desiderio, riposa nel cimitero di Cabia in provincia di Udine. -Sigfrido: Cabia è un ameno villaggio, da dove proviene la mia famiglia, che sorge alla confluenza tra la valle del But e quella del Chiarsò, a circa 700 metri sul livello del mare e 350 metri dal fondo valle, per cui si gode tutta una serie di viste molto panoramiche, in particolare verso est, ove l’occhio si distende sui boschi e sui ghiaieti posti alla base del lungo monte Serenât, ... “Co sarai vie di chenti no vai, no sospirâ, une lagrime a la sguelte e po lassïmi ponsâ”. “Quando sarò via di quì non piangere, non sospirare una lacrima alla svelta e poi lasciami riposare”. (Magda) (Torino, maggio 1995) 8 5. RICORDO DEGLI AMICI DELLA CORALE: *ALBERTO: “L’ORGANARO” Il rapporto di amicizia istituito con Sigfrido non poteva che avere come punto d’incontro fondamentale la musica e della musica, anzi, uno degli aspetti a lui più cari: quello relativo all’organologia o, in modo ancora più specifico, il mondo dell’arte cembalaria e degli strumenti a tastiera in genere (la Klaviermusik, insomma, dei tedeschi). Su tale tema parlammo e discettammo (!) a lungo, credo, anche nel corso di un lungo viaggio (una settimana) con lui compiuto a bordo della mitica «Maria Giôana», il cimelio automobilistico (la macchina aveva percorso più di 500.000 chilometri) da lui «restaurato» e messo in grado di faticosamente muoversi anche sulle impervie rampe del Gran San Bernardo (ma dal sottoscritto per una certa parte compiuto a piedi perché l’auto aveva il respiro corto). Quel viaggio (estate 1959) ci portò in Svizzera: a Locarno, Interlaken, Berna, Ginevra, ecc. poi a Innsbruck quindi in Carnia, nella sua Cabia, dove ora riposa. Nel corso di quel viaggio infinite furono le occasioni di conversazioni soprattutto musicali: ricordo di avergli illustrato un progetto di «Olimpiadi del Canto Corale» nel quale ero stato coinvolto da una organizzazione francese appoggiata al Ministero dell’Educazione Nazionale, un progetto che poi tramontò con la crisi della Repubblica per i fatti di Algeria e con la nomina a presidente di De Gaulle. La competenza di Sigfrido nell’arte cembalaria si affinò con le frequenti visite da lui compiute ai principali musei di strumenti musicali: possiedo una sua cartolina dalla Yale University che nel proprio Museo custodisce uno dei quattro esemplari noti di clavicordo opera di Adam Abel, costruttore torinese di fine Seicento. Una sua cartolina (novembre 1967) da Londra (The British Museum) riproduce parte dell’autografo del Preludio n. 7 del Libro II del Clavicembalo ben temperato. Un’altra, da Arta Terme (agosto 1970), recita: «Organo in cornu Evangelii, Duomo di Udine, attribuito a P. Nacchini, verso il 1780. 6 Mantici. L’organo ha un positivo tergale, forse l’unico o quasi in tutta la storia organistica veneta del 1700 (un altro è a Verona). Ciao». Come si vede, i saluti non bastavano. Data la comprovata sua esperienza in fatto di meccanica e forme (teneva lezioni e costruiva cembali ai corsi di musica antica di Pamparato) venne chiamato dalla Società Italiana di Musicologia a contribuire al volume Il Clavicembalo (EDT/Musica, 1984) con la parte relativa alla Organologia e io stesso lo invitai a scrivere per il DEUMM (Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Utet), la parte relativa alla parte costruttiva dello strumento (vol. I, 1983, pp. 582-594). I nostri incontri erano anche occasioni di «scambio». Ricordo che una volta mi regalò l’edizione in facsimile delle Composizioni giovanili inedite di Vincenzo Bellini pubblicata nel 1941 dalla Reale Accademia d’Italia. Probabilmente Sigfrido aveva acquistato l’opera presso la Libreria di Stato (allora esistente in Galleria San Federico a Torino) insieme con la Edizione Nazionale delle opere edite e inedite di Matteo Ricci (Magda ricorderà certamente questo importante manufatto dell’editoria di Stato ante guerra perché patrocinato ancora dalla Reale Accademia d’Italia). Io 9 contraccambiai qualche tempo dopo regalandogli il facsimile del Gabinetto armonico di Filippo Bonanni (Roma, 1722), un trattato costituito da 151 incisioni in rame riproducenti strumenti musicali, molti dei quali di natura esotica (e anche questo volume non sarà ignoto a Magda). Ma i rapporti di ambiente «professionale» sono una cosa, quelli della vera amicizia e stima sono di ben altro spessore e tenore (anche se Sigfrido cantava da basso, mentre io – Basso – cantavo da tenore). La comunità degli studiosi ha perduto «l’uomo del tempo», quella degli amici è stata privata del tempo della sua ineffabile compagnia. (Alberto) -------------------- *ANNA CLARA: “L’ANGELONE” “Cara Magda, da Elena ed Emilia ho saputo che raccogli “memorie”di Sigfrido per i figli: ecco due flash di quando ero ragazzina. A me pareva il “gigante buono” o l’angelone caduto dal cielo per il troppo peso (leggi serena, gioiosa, fanciullesca espressione mentre cantava) a portare gioia e serenità al mondo. Sempre legato alla musica IL “Sigfridofono”. Ricordo di averne ”sbirciato” la presentazione, in sala da pranzo in Corso Siccardi, perché poi “occultato” in camera da letto delle sorelle grandi Elena e Titti. Mi era parso assomigliasse un po’ ad una vecchia calcolatrice che girava per casa, solo che invece di contare…cantava! E, anche dormendo, il grande Sigfrido cantava…russando! Certe teorie del tempo interpretavano il russare come segno di appagamento umano e di gioia di vivere …Non altrettanto piacevole, forse, per te, Magda, ma nel ricordo...tutto è dolce, tutto manca! L’assenza terrena del proprio compagno “di viaggio” deve essere terribile: io spero e ti auguro che quanto condiviso nell’avventura della vostra vita ti aiuti a superare questo difficilissimo momento . Poi, lassù, saremo tutti insieme e la festa non finirà mai!...” (Anna Clara) ----------------------- 10 *ARDUINO: “IL GOURMET-ORATORE” (Casa Fallini, 16 dicembre 2007) (Casa Fallini, 16 dicembre 2007) (Arduino) 11 *ARNALDO: “L’Ingegné” Conobbi Sigfrido in quegli anni di esordio della Corale Universitaria Torinese in cui le prove si svolgevano nel seminterrato del Collegio Universitario di Torino. Tutti impregnati ed affamati di Musica, animati dalla cultura e dalla valentia del Maestro Roberto Goitre in un genere allora poco frequentato e conosciuto: la musica corale rinascimentale. Lui era “Sig”, io ero “Arnaud”, quello che Dante manda in Purgatorio. Studenti tutti e due; poi lui divenne “Ingegné”, io “Dutur”. Lui crebbe senza sosta, a dismisura, fino alle alte cariche ed alle onorificenze dell’Accademia delle Scienze, integerrimo paladino della sua rigorosa etica. Mi onorò della sua amicizia rimanendo sempre “Sig” grazie a quella umiltà e coerenza del “Grande” e del fatto che l’unica creazione umana con cui non aveva confidenza è stato sempre il “vanitoso specchio”. La sua modestia e la sua bonomia gli permettevano di sorridere a tutte le mie irrefrenabili intemperanze e alla mia infinita voglia di scherzare, anche quando non era il caso Abbiamo vissuto insieme a tutti gli amici della Corale quell’entusiasmo indimenticabile degli incontri corali europei. Abbiamo condiviso innumerevoli ore conviviali e gite ricreative. Ho apprezzato quelle sue conferenze capaci di far comprendere a tutti cose anche difficili . Ho gioito, con mia moglie e mio figlio, della compagnia sua e di Magda, sua mite e dolce custode, attorno al desco familiare, chiedendo tutto quello che non sapevo e avendo su tutto la giusta risposta. Eravamo tutti felici quando lo vedevamo apprezzare, sempre con profondo gusto, quanto veniva creato in cucina dalle abili e sapienti mani femminili. Non lo sentimmo mai fare apprezzamenti critici o malevoli su nemici ed amici. Riservato sempre nell’esternazione dei suoi alti sentimenti, sempre contenuti; capace di scoprire, non solo nelle arti umanistiche ma anche nelle scienze, il linguaggio poetico in esse contenuto. Si stupì un giorno in cui scherzando gli feci ascoltare qualche breve pagina del mio piccolo repertorio pianistico che avevo imparato a memoria, di come questo meccanismo potesse accadere; stupefacente la sua semplicità e modestia: proprio lui che nella sua mente fertile aveva a disposizione, su richiesta, una intera enciclopedia universale. Ora dopo 56 anni non ci sono più concessi altri incontri, colloqui, immagini. Uguagliare un uomo così è estremamente difficile; imitarlo, per quanto è possibile, da parte di chi lo ha conosciuto è un dovere, come pure farlo rivivere raccontando la sua bella favola a coloro che, ignari, iniziano il difficile percorso della vita. 12 (Casa Cecchettani, 16 febbraio 1992 – foto:Luciano) (Arnaldo) 13 * EDINA: “IL VIAGGIAR CANTANDO” o “IL VIAGGIO CANORO” …Abbiamo lasciato gli amici di Grenoble da forse mezz’ora. Il pullman sale con fatica verso il Lautaret. E’ notte e dal buio si presentano silenziose e splendide la visioni dei pini, dei larici nei loro abiti di ghiaccio: fini e magnifici vestiti di brina. Lungo il percorso appaiono e spariscono nel buio infinite visioni: è il lavoro del freddo, la brina, che ha trasformato in modo incantevole i boschi: è un mondo da favola. Nel fondo del pullman, poche voci appoggiate e fuse dall’immancabile basso di “Sig” snocciolano un repertorio di inni, canti, spirituals, vecchi canti friulani, motivi piemontesi , vecchie complaintes…senza mai ripetersi. Le ore passano, ma il canto continua sommesso: c’è sempre qualche motivo ancora non rivisitato o interpretato…e i “patiti” del canto continuano imperterriti: le ugole sono giovani ed elastiche. Beati tempi lontani! Mah!...siamo già a Torino? Sei ore sono trascorse e non ce ne siamo accorti! Quante indimenticabili presenze! Quante preziose amicizie! Momenti irripetibili di profonda fraternità, armonia, gioia e tanto canto. (Edina) -------------------------- *ELENA: “C’ERA LA LUNA” Ci aveva stupiti fin dall’inizio della sua partecipazione alla vita della Corale: cicciottello, ma agilissimo! Per questo l’avevamo affettuosamente ribattezzato Dumbo, con chiaro riferimento all’elefantino volante di Walt Disney. A quell’epoca, 1955, non ci riunivamo più per le prove in casa del Maestro Goitre (Corso Re Umberto 17) ma nello scantinato del Collegio Universitario, allora in Via Bernardino Galliari. Proprio in quel collegio Sig, per mantenersi (il padre gli aveva tagliato i viveri perché, preso da troppi interessi, era finito fuori corso…) svolgeva il compito di assistente, se ben ricordo. Già questo fatto ce lo rendeva simpatico . Ma altri motivi, seri e veramente apprezzabili, si erano manifestati in lui in breve tempo, tanto da farcene desiderare l’amicizia: perché sapevamo che su quella amicizia potevamo contare. L’ottima educazione, la squisita gentilezza, la disponibilità, la semplicità a nascondere le sue eccezionali capacità intellettive abbinate, combinazione non frequente, a quelle pratiche, manuali, operative. 14 E la sua onestà. Era anche un buon corista, intonato e non certo bisognoso di sostegno e di traino come altri, “conservati” fra noi per simpatia più che per le loro possibilità canore. Cosa ricordare di lui? Tutto. Mai uno sgarbo, una cattiveria, una mancanza di rispetto, un pettegolezzo. Invece, se richiesto, capace delle parole giuste, adatte a sollevare il morale, a consigliare con prudenza ed equilibrio. Non mi è facile tirare fuori dal “còfo”(*) delle mie memorie fatti e parole di anni ormai molto lontani: 1955, 1956,…1958. Provo a pescare a caso e vi trovo…la Balilla tacconata e rimessa in moto da Sig, capace di arrampicarsi, ben carica di coristi, su per le strade della collina e di arrivare a sorpresa – quella volta senza ospiti a bordo – fino a Strasburgo, dove noi della Corale eravamo ospitati in occasione di un festival di Cori Universitari. Moglie e figli hanno conosciuto bene il suo interesse, la sua competenza, la sua abilità nel riparare radio d’epoca. E raschiando il fondo del mio còfo vien fuori non dico l’amicizia ma la conoscenza sì, quindi un rapporto fra appassionati, di un mio zio, Camillo Prochet, anche lui radioamatore. Ritrovo la volta in cui mi chiese di parlargli della mia esperienza di figlia di un ottimo padre, ma valdese, e di dirgli sinceramente se ritenevo di incoraggiare il sentimento che provava per la bionda Franca, anche lei non cattolica, come invece era lui, profondamente ed assolutamente convinto. O la sera in cui mi invitò a cena senza tante parole e commenti: sapeva – l’aveva capito da solo – che ero di cattivo umore. Un giorno, a Onzo (nell’entroterra di Albenga), mi lamentavo della mia difficoltà di memoria: Le sua parole a commento?: “Gli animali con più memoria sono i meno intelligenti, gli elefanti, per intenderci”. Non mi sono mai preoccupata di sapere se tale informazione sia esatta; ma quel giorno le sue parole mi aiutarono a capire meglio che avrei potuto campare ugualmente, anche studiare ed insegnare, sviluppando altre capacità. Erano ormai sposati lui e Magda, Mobu (sta per “moglie buona”), la Gallina, come la chiamava lui in riferimento al pollaio che si era creato nel posto di lavoro. La volta in cui li accompagnai a Pinerolo da un rigattiere che aveva e restaurava spesso dei pezzi belli ed interessanti. Io cercavo un comò e proprio quel giorno ne scovai uno che mi piaceva. Ma non avevo con me né soldi né libretto degli assegni. Ma Sig, con la massima tranquillità, pagò per me la cifra richiesta. (Che ovviamente restituii). E gli incontri a Plan, tanto amata seconda terra delle sue radici? E i pezzi di rustici acquistati, meravigliosamente restaurati con tanta passione? Da parte mia sempre più raramente visitati. Ma la vita è fatta così, anche di difficoltà ad incontrare gli amici più cari e vivere ancora insieme momenti di comunione intensa. 15 Ma soprattutto risento la sua voce: quanto gli piaceva cantare! Dal mio comò tiro ancora fuori la sera in cui, Sig e Luciano, vennero a bussare alla finestra della classe in cui, con una collega, facevo doposcuola a Châtillon. Stupore! Felicità! Un panino (?) come cena consumato stando seduti sul letto in una stanzetta sopra il bar Ruschena (per informazioni rivolgersi a Luciano**) e poi su un terrapieno poco discosto dal paese a cantare, cantare, cantare… Era inverno, ma non avevamo freddo. C’era la luna…eravamo giovani… (*)antica parola piemontese: sta per cofano, baule (Luciano) (**)a Châtillon. mio paese natale, il mio nonno materno, Leandro Ruschena, era proprietario del “Caffè Nord”, ora demolito ma che ha operato fino a pochi anni fa. Questo caffè, ubicato all’incrocio tra le strade che conducono ad Aosta ed al Breuil-Cervinia, era il capolinea del servizio di corriera che portava valligiani e turisti nella Valtournanche e alpinisti verso il Cervino. Qui Sig ed io pernottammo dopo l’incontro con Elena. Il giorno dopo battemmo gli alpeggi attorno a Torgnon alla vana ricerca di quella baita per la Corale di cui accenno a pagina 26 (Luciano) (Elena) 16 *ELSA: “UN AMICO” Sono entrata in Corale (eravamo in via Lagrange, a Palazzo Bricherasio, con tanto di carrozza nell’androne) al primo anno di Medicina, per merito di Sergio Valabrega, che era compagno ad ingegneria di mio fratello Riccardo, e gli aveva segnalato la urgente richiesta di ragazze da parte della Corale Universitaria. Per fortuna c’era questa necessità, altrimenti non sarei credo mai entrata, data la mia assoluta carenza di doti canore e musicali. L’esame mi venne fatto dal Maestro Goitre, Giorgio Bert, e Bernardino Streito sul “balletto” di Gastoldi : Possa morir chi t’ama! Una cosa straziante! Per festeggiare Sigfrido mi onorò di un passaggio verso la CrÔta Palüch sulla “Maria Giovanna”! Per prima cosa mi mise in mano un pezzo di specchio: “tienilo un po’ alto, è lo specchietto retrovisore…..”! Indossava un camiciotto di flanella a scacchi e anche in pieno inverno appariva sempre accaldato. Non c’era canzone che non conoscesse, in qualsiasi lingua, e aveva una grande pazienza ed entusiasmo nell’ insegnarle, inserendosi con la sua voce da basso, con un garbo inversamente proporzionale alla sua mole! Quando Magda stava partorendo Barnaba (avevamo allora al S.Anna 20.000 parti all’anno), un altro piccolo nasceva con una grave insufficienza respiratoria che necessitava di assistenza rianimatoria. L’attrezzatura di cui disponevo era rudimentale, e proprio in quel momento, non volle funzionare. Senza indugio Sigfrido si bardò con camice, cappello e mascherina, entrò in sala parto e in pochi minuti risolse il problema . Chissà dove sarà adesso quel bimbetto, involontario gemello Leschiutta. Quanti episodi ricordo… Quando tornò alla discarica delle macchine per riprendersi il maggiolone per portare a casa Paolino, perché con quello aveva portato i fratelli! Quando riuscì non so come ad aggiustare l’impianto elettrico vetusto della mia “nuova” casa di Moncalieri; ritornando a casa trovai un biglietto sul tavolo di cucina: “qui non c’è nessuno, comunque il frigo adesso funziona”!!!!! Anche ai Toisoni il suo passaggio fu fondamentale: salito su una scala di legno a pioli, precipitò fracassando tutti i gradini e aprendo la scala in due, per fortuna senza danni! E come non ricordare la preparazione segreta dei brani da cantare per il matrimonio delle mie figlie in via Eleonora d’Arborea… Aveva capacità eccezionali, unite ad una modestia incredibile e ad un sorriso arguto ed affettuoso. A me personalmente rimane il rimpianto di avere purtroppo un po’ trascurato le amicizie strette in Corale, sicuramente le più vere e durature, quelle che ho nel cuore e che mi riscaldano nel ricordo. Non provo tristezza ripensando agli Amici perduti, solo commozione e gratitudine per averli conosciuti. (Elsa) 17 *FRANCO: “IL RIFERIMENTO” Mi è caro, anche se mi si stringe il cuore nel farlo, portare la mia affettuosa testimonianza per una persona che è stata per me, oltre che un carissimo ed indimenticabile amico, una figura di riferimento. (Casa Fallini, 16 dicembre 2007) Di Sigfrido sono sempre stato attirato dalla curiosità. Una curiosità intellettuale insaziabile nei campi più diversi, con una capacità di approfondimento che lo rendeva un esperto nei settori più svariati. Non era soltanto un’autorità a livello mondiale nel campo della misura del tempo, ma un serio cultore di storia della scienza (ed è per me un caro ricordo aver collaborato con lui nella stesura di una memoria della storia delle Esposizioni di Torino del 1884 e del 1911). Collezionava e riparava strumenti musicali, vecchie radio, motociclette scassate, con una passione che lo ha mantenuto giovane fino all’insorgere della malattia. Ed amava spiegare al popolo le tante cose che sapeva, con un’aria un po’ professorale, a dire il vero, ma con una capacità di divulgazione che era una delle sue doti non minori. Penso che fosse molto seguito ed amato dai suoi allievi ed una bella testimonianza se ne è avuta nella commemorazione da parte dei suoi colleghi del Politecnico nel corso della cerimonia funebre. Ma a me preme qui ricordare la sua grande umanità e senso dell’amicizia. Andarlo a trovare era un piacere per l’arguzia del suo conversare, per la non banalità dei suoi ragionamenti, per la curiosità e l’ansia di sapere che sapeva trasmetterti, ed anche un po’ per la gentilezza ed i complimenti ottocenteschi che riservava alle signore. Un giorno venne a trovarci a Cesana e regalò a Maresa una bella scatola di legno intagliato con l’ordine tassativo di farsela riempire di gemme e di brillanti. Ora ci tengo le carte da gioco ma il gioiello ce l’ho ugualmente, di legno, perché ogni volta che la prendo in mano penso a lui. 18 Da uno dei suoi numerosi viaggi in Cina a raccattare razzi che si erano persi ci portò un bellissimo aquilone di seta, che non ho mai fatto volare perché troppo bello e delicato. Ma la prossima estate lo riprenderò e lo farò volare sulle sue montagne di Plan perché mi sembrerà di essere ancora un poco vicino a lui Ciao, Sig. (Franco) ------------------------------------- *GIANFRANCO: “ IL PROF” Ho conosciuto Sigfrido quando ero ancora poco più che una matricola del Politecnico e lui un giovane docente già molto apprezzato dagli studenti per la sua arguzia e le sue capacità comunicative. Dopo aver conseguito la laurea ottenni una borsa di studio presso l’Istituto Elettrotecnico “Galileo Ferraris” di Torino, dove il “Prof. Leschiutta” era ormai diventato un’autorevole esperto di livello mondiale nel settore della misura del tempo, e questo segnò l’inizio di una collaborazione a tutto campo, destinata a consolidarsi negli anni, oltreché di un’amicizia che sarebbe poi durata per tutta la vita. Ben presto le nostre vicende professionali ci portarono ad operare in comparti diversi ma il nostro comune impegno nella ricerca scientifica e tecnologica fece sì che le nostre strade si intrecciassero continuamente; le occasioni venivano offerte dalle frequenti riunioni internazionali o dalla comune partecipazione a convegni, conferenze, pubblicazioni su riviste scientifiche. Ogni nostro incontro, merito della sua intelligenza poliedrica, offriva terreno per interminabili e fecondi scambi di vedute sui temi più disparati: tecnologia, storia, arte, letteratura, musica, e quant’altro; perché così era Sigfrido, uomo di cultura a tutto campo, scienziato e umanista nello stesso tempo. Riusciva a spiegarti la teoria della relatività con argomentazioni semplici e alla portata dei meno addetti ai lavori per passare subito dopo ad illustrarti con la competenza di un critico d’arte gli aspetti pittorici di un quadro del Tintoretto o la relazione esistente tra la Divina Commedia e la misura del tempo: il tutto con la modestia e la semplicità tipiche degli uomini dotati di autentiche qualità intellettuali. Mi piace ricordare la settimana trascorsa a Venezia quando, nelle ore libere da impegni professionali, ci accompagnava per calli e campielli facendoci apprezzare gli angoli più remoti e poco conosciuti della città, o ci intratteneva con una dotta relazione sull’equilibrio statico dello scafo delle gondole o sulla fisica degli strumenti musicali. Già, proprio la musica era uno dei campi in cui sapeva esprimere il meglio della sua eclettica personalità, quella di ingegnere musicista. Come Socio Fondatore e primo Presidente dell’Accademia del Santo Spirito mise in gioco la sua competenza sull’ingegneria degli strumenti musicali propugnando la creazione di un Laboratorio di costruzione di strumenti a tasto. Fu per 19 lui affascinante, anche come verifica di ciò che andava insegnando, costruire, partendo dalla tavola, strumenti musicali dai più semplici ai più complessi. Non sarebbe sufficiente un intero volume per raccontare i mille episodi che hanno accompagnato il progressivo rinsaldarsi della nostra amicizia; tuttavia, per una sua iniziativa gli sono particolarmente riconoscente: quella di avermi introdotto nella Corale Universitaria di Torino. Ci trovavamo davanti ad un banco di strumenti nel suo laboratorio al Galileo Ferrarsi; discorrevamo di una ipotetica codifica digitale del segnale televisivo (si era nel 1967 e le tecnologie non rendevano ancora commercialmente realizzabile tale sistema), mi raccontava di quando, poco dopo la fine della guerra, mettendo insieme componenti elettronici ricuperati da vecchi residuati bellici, era riuscito a costruirsi un ricevitore ed a visualizzare le immagini dei funerali di Giorgio VI trasmesse dalla BBC. La Televisione sarebbe stata introdotta in Italia solo qualche anno dopo. Ad un tratto, con uno dei suoi tipici voli di immaginazione, cominciò a parlarmi di polifonia, delle sue esperienze di corista, dei concerti in Italia e delle tournées all’estero, dei concorsi di Arezzo, della vita associativa di un coro; fui immediatamente affascinato dalle sue parole e chiesi quale fosse la prassi per essere ammessi in così eletta compagnia. Si accese di entusiasmo, afferrò un telefono e mi mise immediatamente in contatto con la persona che curava i rapporti con i nuovi coristi; si udivano provenire dall’altro capo del telefono le note di un violoncello: la casa era quella di Elena Prochet. Il mio incontro con la “Corale” e con gli amici che ne facevano parte diede vita ad un rapporto indissolubile che avrebbe segnato felicemente tutta la mia vita. Quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo hanno ora perso un punto di riferimento ma è viva la memoria di tutto ciò che da lui hanno imparato ad apprezzare. (Gianfranco) (Torino, 15 giugno 1961 - Foto: Luciano) 20 *GIORGIO: “LE OCCASIONI” Il mio ricordo di Sigfrido si snoda attraverso molte occasioni grazie alle quali, in contesti e situazioni diverse, ho potuto approfondire la sua conoscenza e apprezzare le sue numerose e straordinarie doti. Un grande amico e un grande maestro che ho conosciuto quando sono entrato in Corale, nel lontano 1957: da allora ho avuto il privilegio di condividere con lui molte e svariate esperienze. Degli anni della Corale, in cui ci univa il piacere del Canto e del Coro inteso come esperienza di vita e di socialità, ricordo alcuni episodi di partecipazione a forme di assistenza, come quelle in occasione dell'alluvione del Polesine e del terremoto in Friuli. Da me coinvolto, era sempre presente e pronto a dare il suo aiuto. La sua formazione morale e la sua grande e solida fede ci hanno avvicinato spiritualmente, rafforzando ulteriormente la nostra amicizia. Nel 1983 è entrato nell'Arciconfraternita dello Spirito Santo, accettando anche di far parte del Consiglio di Presidenza. In occasione del mio matrimonio mi dimostrò la sua amicizia chiedendomi di poter servire la Santa Messa e quando nacque Paolo, il terzo dei suoi figli, ancora per amicizia e fiducia, mi chiese di accettare di esserne Padrino di Battesimo. Sigfrido fu la prima persona che interpellai per creare l'Accademia del Santo Spirito. Insieme valutammo i tempi, i modi, le persone da coinvolgere e analizzammo le difficoltà che avremmo potuto incontrare nella realizzazione di quel progetto. Tutti coloro che vi contribuirono provenivano dalla Corale; a casa mia si svolgevano sempre le innumerevoli riunioni, come i moltissimi Consigli della Corale: Sigfrido era sempre presente, tant'è che, per un certo tempo, essendosi ammalato, le riunioni si spostarono direttamente nella sua camera da letto. Nel 1985 l'Accademia del Santo Spirito nasce ufficialmente: il grande concerto inaugurale è diretto da Sergio Balestracci, per molti anni Direttore Artistico. Il primo Presidente è Sigfrido. Dopo 25 anni di ininterrotta attività di questa benemerita associazione musicale, l'Accademia raccoglie, in una pubblicazione edita da Allemandi nel 2010, quanto è stato realizzato. Ancora una volta Sigfrido ci onora con un suo scritto di saluto, partecipazione e augurio per le attività future: è stato l'ultimo documento che ci ha lasciato. Grazie Sig per tutte le occasioni che ci hai dato di conoscerti, apprezzarti, volerti bene. (Giorgio) ---------------------------- 21 *GOFFREDO: “IN MEMORIAM SIGFRIDO” Ho cominciato a conoscere Sigfrido, anzi il professore Leschiutta del rinomato “Galileo Feraris” di Torino, quando ero a Roma, all’ANSA. E questo nome compariva nei programmi spaziali europei, specialista di una scienza molto particolare, non troppo affascinante, che andava spiegata, meglio fatta scoprire. La misura e metrologia del tempo e della frequenza. Mai avrei immaginato che fosse una scienza così “sottile”, che dovesse essere così “sottile”. Perché avere misure, per esempio, al miliardesimo, ma anche più “fini”, era fondamentale per gli orologi atomici, la ricerca (fisica o astrofisica), i computer (non ancora i pc) o una centrale nucleare. Insomma per tutti i “sistemi complessi” che entrano nelle più varie attività, anche le più quotidiane. E siccome all’ANSA, allora, bisognava spiegare tutto, affinché un briciolo di chiarezza arrivasse agli altri giornalisti nei giornali e negli altri mezzi di comunicazione che utilizzavano il nostro lavoro di agenzia, e siccome l’informazione non era ancora il “tritatutto” di oggi, ero abituato a farmi spiegare le cose dai diretti interessati. Così cominciai a conoscere il professor Leschiutta, specialista di misure. Mai avrei immaginato di incontrare Sigfrido in una baita (da lui tutta ristrutturata), a Plan, una valle a sinistra salendo verso il Sestriere. Ma tali e tanto diffusi sono i rami della Corale Universitaria di Torino (di cui Sigfrido, musicista e musicista di antichi strumenti, fu fra i primi componenti) e dei componenti Prochet della Corale, e di Magda la consorte incontrata alla Corale, che l’incontro avvenne. Allora c’era ancora Jimmy (altro Prochet, Giacomo, ma non della Corale), persona deliziosa quando il suo spirito di violoncellista e intimo poeta “si scioglieva” nella giusta compagnia. Non parlammo di scienza. Non parlai di scienza. Non si poteva. Ricordo quella giornata come una delle più appaganti della mia vita, cioè come una di quelle che si vorrebbe non finisse mai. Una di quelle in cui scandalizzai mia moglie Emilia invocando, come sul Tabor, la costruzione di tre tende. Per Emilia e Goffredo, per gli elettrodomestici e per i tecnici degli elettrodomestici. Sigfrido e Magda la loro “tenda” l’avevano già. Ricordo che Sigfrido cominciò a declamare versi greci in perfetta metrica e allora mi apparve come un principe rinascimentale che sa di scienza, “di greco e di latino” e di musica. Un perfetto umanista. E anche “faber” perché lì accanto continuava ad essere impegnato a raddrizzare una baita per uno dei tre figli. Temo di non aver resistito a sfoderare il mio “cavallo di battaglia”, il “Padre nostro” in greco. (Goffredo) 22 *LUCIANO: “C’E’ SIG” Di ritorno dal funerale, col cuore affranto, gli occhi lucidi ed un groppo in gola , ho provato urgente il desiderio di scrivere qualcosa su di lui: compito non facile quando - come purtroppo mi è accaduto in precedenza per compagni morti in montagna ed in altre occasioni - si tratta di amici di una vita, e nel caso di Sig di quasi un fratello. Dopo oltre 50 anni di amicizia è stato arduo scegliere tra i tanti ricordi quelli più significativi; la memoria era ingiallita ed allora per rinverdirla non mi è restato altro che attingere all’aureo libro “Cantare insieme: 1954-1974”, e, soprattutto, ai ponderosi 10-album-10 nei quali, dal 1954 (per la precisione: 15 aprile, anno di fondazione) in poi, ho raccolto puntualmente foto, documenti, testimonianze e curiosità di vario genere della Corale, oltre che agli scritti del sito dei “Coristosauri “, vale a dire dei “reduci” della Corale raggruppati nell’attuale “Associazione degli Amici della Corale“, sorta nel 1971. Sfoglio gli album della memoria e mentre penso a lui vengo assalito da uno tsunami di tanti bei ricordi tutti positivi . Innanzitutto mi chiedo dove e come ci siamo conosciuti: non al Poli perché eravamo distaccati di un anno (lui era più giovane), ma bensì durante una prova della Corale: nell’inverno del 1955 la sede di prova era uno scantinato del Collegio Universitario di Via Galliari, dove Sig risiedeva. Una sera lo vedemmo arrivare: ci salutò, si presentò e si mise in fondo alla sala dietro ai bassi e per un po’ stette ad ascoltare, poi si fece dare uno spartito e si mise a cantare, con lo stupore del Maestro Roberto Goitre che ci mise poco ad ingaggiarlo nel coro, non però tra i bassi come Sig sperava ma nel mitico manipolo dei tenori-ingegneri, per migrare dopo qualche tempo stabilmente tra i bassi. Si ambientò subito con tutti noi. Sovente, dopo le prove - se non tiravamo a far tardi tutti insieme alla Crôta Palüc, al Baracün d’la Stura, all’Osteria Vittoria, ai Ronchi, alla Trattoria dell’Amicizia o alla nostra “succursale”, la piola di Via Montebello - lui mi accompagnava a casa. Allora io abitavo in via Ormea, proprio dietro l’Istituto Galileo Ferraris di cui, molti anni dopo, lui sarebbe diventato Presidente. Giunti sotto casa mia, ero io ad accompagnare lui in via Galliari, e così via, avanti ed indietro, da perfetti flâneurs nottambuli, discutendo come filosofi peripatetici di mille argomenti di comune interesse, dei nostri studi e prospettive future: lui, fin da allora si sentiva più portato per la scienza ed io per la tecnologia. Diversi per fisico e carattere (lui pacioso e serafico, io segaligno e nevrotico), eravamo complementari in molte cose e in perfetta sintonia sulle questioni importanti. La mia ruvidezza valdostana contrastava con la sua amabilità friulana condita da un pizzico di galanteria rivolta alle signore (famosi i suoi baciamano, da perfetto gentleman). Il “rusco” richiesto dagli assurdi sbarramenti del Poli di allora (che entrambi non superammo finendo inesorabilmente fuori-corso) non ci impediva di dedicarci a vari hobbies oltre agli studi; non eravamo di certo dei secchioni: forse eravamo ispirati dal saggio principio del “minimo risultato (il sospirato 18) col minimo sforzo”! 23 Comunque pochi ricordano che in uno di quegli anni gli studenti del Poli (noi due compresi) scioperarono per ben 40 giorni filati per avere - da balenghi matricolati quali eravamo - più sessioni di esame, vale a dire per studiare di più. Per contro, una decina di anni più tardi, per contrappasso, gli studenti sessantottini avrebbero bloccato le varie facoltà universitarie contestando i piani di studi, in definitiva per studiare di meno: evoluzione della specie! Sig era ricco di curiosità anche al di fuori dell’ambito dei suoi studi e perciò i temi di conversazione non mancavano certo; solo di politica, allora come successivamente in tanti anni di frequentazione, non sono mai riuscito a conoscere le sue idee: poco male. Forse Sig rispettava l’aureo precetto anglosassone secondo il quale i veri gentlemen non parlano mai tra loro di donne, soldi e politica (ma allora di cosa parlano?!). Questo avveniva di sera, ma, durante il giorno, mi accadeva sovente di tornare a casa dal Poli e di sentirmi annunciare da mia mamma sorridente: “C’è Sigfrido”, e, come al solito, lo trovavo in camera mia sdraiato mentre leggeva i miei libri di montagna. Mio padre e mia madre erano molto affezionati a lui, e spesso mia madre, alla quale portava sempre qualche fiore, lo invitava a pranzo tanto per rompere la monotonia della mensa universitaria. Era un gourmet (ma anche un “gourmand”, vale a dire una buona forchetta), e così non disdegnava la buona cucina e la scelta cantina. Apprezzava perciò molto i manicaretti di mia mamma, ottima cuoca. Sig amava la vita in tutte le sue espressioni; non aveva certo bisogno di seguire il motto “Souviens-toi de vivre” del bohémien Théophile Gautier. Tutto lo interessava e lo entusiasmava. Credo di poter dire che Sig è sempre stato un “bon vivant” che sapeva gustare tutte le cose belle e buone della vita, professando però anche una profonda spiritualità, mai esibita, che ispirava ed impregnava tutta la sua ricca esistenza. Un cenno particolare merita il suo comportamento con gli amici: lontano dai suoi, riversò su tutti noi il suo empito di affetto: Sig ci “costringeva” ad essergli amico e noi l’abbiamo sempre ripagato in tanti anni vissuti insieme ed anche ora come testimoniano gli scritti di questa pubblicazione in suo omaggio. Elena ha ben sintetizzato com’era l’amicizia che ci legava a lui allegando al suo scritto la bella citazione di Giovanni Crisostomo. Come ha bene ricordato Gianfranco nel suo scritto, sia nella sua attività professionale, che come accademico non è mai stato noioso ma vivace e spiritoso, conservando quello spirito ludico e goliardico che negli anni giovanili lo inducevano allo scherzo, alla battuta, alla bisboccia, alla sana e mai sboccata allegria che contraddistingueva tutti noi, in contrasto con le becere bravate di certi goliardi di allora che con i loro papiri vessavano le povere matricole. Testimonianza della sua giocosità è uno scritto semiserio, che non figura nell’elenco delle sue numerose pubblicazioni del capitolo 8 , intitolato “L’arte della misura del tempo presso le cortigiane e altre curiose storie sulle misure, le istituzioni e i personaggi che hanno edificato la moderna metrologia”. Un altro scritto, privo della sua firma e noto a pochi, compariva nel libro “Cantare insieme – Corale Universitaria 1954- 1974”; lo riporto qui di seguito: 24 Lo ricordo sempre presente ed attivo nell’intensa attività associativa del “dopo-prove”, nelle cantate in piola o sotto i portici, e nelle nostre gite e scampagnate domenicali in collina. Allora viaggiavamo tutti a piedi, io ero il solo a possedere una fiammante Vespa, ma un giorno Sig acquistò a peso e la rimise in sesto pezzo per pezzo, la “Maria Giôana”, vale a dire una Balilla lussuosamente decapotabile (le auto cabriolet allora erano rarissime), di anno incerto, targata 251645 TO. Un giorno, il 12.1.1962, mi inviò da Bormio, durante uno dei suoi viaggi in Balilla, questa scritta da lui letta in un’osteria: “chi ben beve, ben dorme chi ben dorme, mal no pensa chi mal no pensa, mal no fa chi mal no fa, paradiso avarà ora ben bevè, che paradiso avarè” Questa diventò la “Regola” della “confraternita dei “Fratres Bibones”, fondata da Sig, Arnaldo, Pablo, Mario, Valentino, e da me, a fine agosto 1962 durante il Festival di Arezzo, confraternita che aveva anche questo motto in latino maccheronico: “Bibite fratres, bibite. Ne diabolus vos otiosos inveniat”.Lo spirito di forte amicizia che legava i coristi di allora li spingeva a condividere ogni momento libero in pranzi sociali, cene, feste di fine anno, balli di carnevale, partite di calcio tra tenori e bassi (con Sig arbitro sempre distratto), tornei di scacchi , messe di Natale, gite 25 escursionistiche e sciistiche, fino agli accantonamenti estivi, nel 1956 e ’57 a Pelaud in val di Rhêmes, e, nel 1959 a Bionaz in Valpelline. Pochi lo hanno conosciuto in imprese montane e riescono ad immaginarlo – come testimoniano le foto di Sigfrideide - legato in cordata su un ghiacciaio e in tenuta tartarinesca in vetta al Monte Niblè, o come audace sciatore sulle nevi di Sauze e Chamois in esilaranti competizioni slalomistiche (si fa per dire!) con Arnaldo, mentre Pablo (Paolo Ravizza: altro bel tomo) osservandoli diceva (parole sue) di “scompisciarsi in cacchini”. A Bionaz, nell’agosto del 1959, eravamo (Franco, Mario, Valentino, Umberto mio amico alpinista di Genova ed io) ospitati in poche spoglie camere della casa parrocchiale: una mattina sentimmo il suono inconfondibile della tromba di una vecchia auto; la riconoscemmo subito: ci precipitammo all’ingresso del villaggio dove Sig, in piedi sulla sua Maria Giôana, chiedeva di noi; con lui c’era Alberto Basso: entrambi erano di passaggio diretti in Svizzera per il Colle del Gran San Bernardo. Si fermarono con noi un paio di giorni felici e spensierati. Poi i due amici ripresero il loro viaggio e pare che, sugli ultimi ripidi tornanti prima del colle, la povera Maria Giôana, fiaccata dai suoi 500.000 chilometri cumulati in tanti anni, sia stata costretta a salire fantozzianamente a marcia indietro, con Alberto a mo’ di retrovisore, seguita dall’ ilarità dei finanzieri di servizio al valico. Animato da un’irrefrenabile slancio vitale che lo spingeva a viaggiare visitare cercare conoscere leggere studiare vedere imparare insegnare costruire fare e strafare, aveva una personalità poliedrica con molteplici interessi e si dedicava a diverse attività non solo intellettuali ma anche manuali: dal restauro di mobili orologi radio e strumenti musicali, al collezionismo di vecchie radio (a Onzo mi mostrò la sua importante raccolta di cui era giustamente orgoglioso), alla cura della barca che teneva poco usata nel porto di Imperia, ecc. ecc. Lettore onnivoro, era dotato di una memoria prodigiosa che gli permetteva di rimembrare interi brani studiati sui banchi di scuola e di infiorare i suoi discorsi di frequenti citazioni professorali. Laureatosi, “con calma” come diceva lui, la sua carriera accademica si sviluppò velocemente e felicemente diventando professore del Poli, poi dell’ Istituto Galileo Ferraris di cui divenne Presidente, fino ad entrare a far parte della prestigiosa Accademia delle Scienze di Torino. Anche al di fuori della sua professione è sempre stato impegnato: nella Corale certo, ma anche in altre iniziative che forse non ricordo completamente. Da Giorgio fu coinvolto nell’avventura dell’Accademia del Santo Spirito” di cui diventò il primo Presidente. In tutta questa sua intensa operosità che destava l’ammirazione di tutti noi, era sorretto dal paziente ed amorevole sostegno di Magda. Qualcuno ha scritto che “Dietro a (sarebbe meglio scrivere al fianco di) ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, e Magda ne è stata la migliore conferma. Col tempo gli impegni professionali lo assorbirono sempre più al punto che lo perdemmo quasi di vista, e solo in poche occasioni riuscimmo a prenderlo “al volo” nel senso letterale dell’espressione, tra un aereo e l’altro che lo conducevano in giro per il mondo per convegni, conferenze, lezioni, ecc. 26 Ho sempre pensato che l’umanità si divida in due categorie, gli itineranti e gli stanziali. Io, che al massimo mi dedico alle scorribande alpinistiche sulle Alpi, ed a qualche viaggiucolo organizzato nei Paesi europei, mi sentivo uno stanziale, un bugia-nen al confronto di lui frenetico itinerante globe-trotter, sempre “on the road “, e di questo scherzavamo. La sua incessante attività di viaggiatore derivava certamente dai molteplici impegni professionali e dalla sua curiosità intellettuale, ma anche dalla sua indole di instancabile vagabondo che manifestò fin da giovane: un giorno mi disse di sentirsi come uno dei famosi “clerici vagantes” del lontano passato. Tra le molte sue lettere che ho raccolto negli album citati, lettere che mi scriveva da mezza Italia (dalla Carnia Firenze Roma Venezia Onzo Imperia ecc.) ne ricordo una (è del 20 agosto 1959) che trascrivo qui di seguito perché è significativa al riguardo: Caro Luciano, quì Sigfrido: c’è il Signor Luciano in casa? Il Signor Luciano c’è. Bene: mi siedo nel mio solito angolo: Luciano cosa mi racconti di bello? Beh, per questa volta racconto io! Dopo ChâtillonIvrea-Biella-Lago Maggiore-S.Gottardo (“orrore”: riflessione di Maria Giovanna)-Svizzera-SwitzLucerna-Interlaken-Friburgo-Berna-Zurigo-Liechtenstein-Austria-Casa Mia… Il viaggio è piuttosto lunghetto: 2200 Km. Maria Giovanna da brava ragazza si è sempre comportata benissimo: solo che mentre prima si ubriacava solo di benzina, adesso lo fa anche con l’olio: ma in Austria l’olio costa solo 220 lire il litro. L’unico guaio , una foratura a Grenoble, e poi, prima di fare grandissime salite, ho sostituito, di mia iniziativa, prima che si rompesse il giunto elastico. Adesso veniamo a noi. Scrivimi per favore la data esatta di Arezzo, se ci vai, e se è previsto un rimborso spese di viaggio, perché l’anno scorso io non ho avuto niente … Inoltre ho una paura maledetta di non poterci venire. Ho scritto anche all’Enrico(*), così nel caso che tu non venga, mi può scrivere lui: prendete accordi telefonici. Io ho studiato le parti con l’aiuto del registratore …, mi sono portato un po’ di bobine e così ogni tanto mi risento Uliana oppure “Le chant des oiseaux”. Stammi bene Luciano, grazie per l’inseguimento di Châtillon ed arrivederci. (Sigfrido) (*): Enrico Correggia (Luciano) Prodigo di idee, a volte stravaganti come il “sigfridofono” ( chi ne ha memoria?: ne fa un cenno nella sua bella lettera indirizzata a Magda, Anna Clara, sorella di Elena). Un anno decise, così all’improvviso, senza spiegarmene i motivi, che quello doveva essere “L’anno del Luciano”, e pertanto io, stupito, ricevetti regolarmente ogni mese, dalle diverse parte del mondo in cui si trovava, un pacco o plico o busta contenenti omaggi insoliti: vecchi libri di montagna musica o vino, cartoline curiose, documenti umoristici e così via. Singolare e tipica di Sig è stata la circolare, inviata a pochi di noi, il 18 maggio 1978 , per ricordare i 15 anni di matrimonio. L’ha ritrovata Elena nel suo “còfo” (come dice lei), e la riporto qui in originale (si noti, assieme alla sua firma, la controfirma, a mo’ di certificazione, di Magda!): 27 Poi venne l’avventura della “baita” di Plan che lo impegnò notevolmente nell’opera di restauro, arredo e successivo ampliamento. Proprio a Plan ci trovammo tutti insieme il 15 settembre del 2007 per festeggiare le nozze di Paolo e Manuela. In quella occasione, nonostante il male che già l’aveva colpito, era ancora vitalissimo, pieno di entusiasmo, e ci parlava dei suoi programmi di acquisto e restauro di un’altra baita, tanto che scherzando gli chiesi se intendesse fondare il feudo di famiglia a Plan. 28 L’idea della baita fu da lui realizzata a seguito di infruttuosi tentativi fatti molti anni prima da alcuni di noi (Sig, ovviamente, compreso) che si erano proposti, proprio per favorire il nostro “stare insieme”, di affittare o addirittura acquistare una baita dove trascorrere le nostre vacanze. Dopo lunghe ricerche in Val d’Aosta (la “mia” valle), trovammo quanto faceva al caso nostro a Gressoney La Trinitè, ma all’ultimo il proprietario non si fidò di noi (non ricordo peraltro dove e come pensassimo di trovare i soldi), ed il nostro progetto sfumò. In quel lietissimo ed indimenticato giorno di settembre a Plan, ad un tratto, mentre godevo della compagnia di tanti amici festosi attorno a Sig, a Magda ed ai suoi cari, fui rattristato da un improvviso angoscioso presentimento: che quella fosse l’ultima volta che in così tanti eravamo riusciti a ritrovarci con lui. Purtroppo fu così: lo vedemmo e festeggiammo ancora in qualche occasione natalizia ma il male correva veloce. In questi ultimi anni gli siamo stati spiritualmente, e direi pudicamente, sempre vicini. Infine il male ha avuto il sopravvento: la situazione, in questi ultimi tempi è peggiorata rapidamente fino al triste epilogo annunciato da un grave messaggio trasmesso fulmineamente tra tutti noi, messaggio inesorabile che temevamo arrivasse e che ci ha visti riuniti attorno alla sua bella famiglia per abbracciarlo idealmente e per cantare tutti insieme per un’ultima volta, in omaggio e ricordo del “nostro” caro indimenticabile grande Sig. (Luciano) -------------------------*SERGIO: “CANTI DEL POLI” Ricordo che quando andavamo al Poli per affrontare qualche esame cantavamo queste due canzoni: “Al chant del gal “Ai preiat le bele stele Al krik el di Mandi ninine Mandi ninine Mi toce partir” Tuc i sant dal paradis Cal signur fermi la uere Cal mio ben torni al pais” (Sergio) ------------------------------ 29 6. SIGFRIDEIDE (Arezzo, 22 agosto 1959) (Casa Bert, Via S.Pio,5, 26 maggio 1955) giugn1958) (Collegio Universitario,Via Galliari, 28 30 (Agliè, 17 giugno 1961) (Langhe, primavera 1962) 31 (Stupinigi, 9 luglio 1963) (Torino, 14 dicembre 1960) (Trento, 30 dicembre 1960- Foto:Daniele) 32 (Pellerina,20 marzo 1962: Corale contro Università) (Pellerina, 5 settembre 1958: tenori contro bassi) 33 (Bionaz, 10 agosto 1959) (Torgnon, 6 marzo 1960) 34 (Monte Niblè, 5 settembre 1962) (In vetta al monte Niblè) (Nel rifugio) 35 (Champorcher, 31 dicembre 1960) (Cesana, 10 febbraio 1963) (Salice, gennaio 1962) (Chamois, dicembre 1962) 36 (Arezzo, agosto 1962) (Col de l’Autaret, 25 aprile 1960) (S. Antonio di Ranverso, 6 settembre 1961) 37 (Grenoble, 21 maggio 1960) (Grenoble, 4 giugno 1958) (Torre Pellice, maggio 1962) (Arezzo, 21 agosto 1962) (Arezzo, 21 agosto 1962) (Vezzolano, 9 maggio 1965) 38 (Champorcher, 31 dicembre 1964) (Vezzolano, 9 maggio 1965) (Cantoira, 17 maggio 1964) (Champorcher, 31 dicembre 1964) (Primavera 1961) 39 (Chamois, dicembre 1962) (Sciolze, 4 marzo 1961) (Piacenza, 21 novembre 1961) (Sciolze, 4 marzo 1961) (Ottobre 1962) (Champorcher, 31 dicembre 1964) 40 (S. Antonio di Ranverso,nozze Alberto/Loredana, 6 settembre 1961) 41 (Sant’Antonio di Ranverso, nozze Sig/Magda,18 maggio 1963) 42 (Plan, 15 settembre 2007) (Casa Fallini,16 dicembre 2007) 43 (Monte dei Cappuccini, 20 dicembre 2006) (Ristorante del CAI, 20 dicembre 2006) (Luciano) 44 7. RICORDO DEGLI AMICI DI LAVORO Questo capitolo comprende alcuni scritti, raccolti da Walter, di personaggi che hanno conosciuto Sigfrido per motivi professionali: *ELIO BAVA: “RICORDO DEL PROFESSOR LESCHIUTTA” Il 12 maggio 2011, mentre ci si apprestava a celebrare la giornata mondiale della metrologia, la comunità metrologica internazionale e, in particolare, quella italiana sono state scosse da un duro colpo nell’apprendere della scomparsa del Professor Sigfrido Leschiutta, figura ben nota in molti ambiti culturali perché numerosi sono stati gli interessi da lui coltivati, che qui vengono ripercorsi solo per punti essenziali. In primo luogo c'è stata la metrologia in senso ampio, anche se la parte più significativa della sua attività si è concentrata sulla misura del tempo e della frequenza, da lui sviluppata all’inizio in prevalenza presso l’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris (IEN) - ora Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) - e, in seguito, presso il Politecnico di Torino, in qualità di Professore ordinario. Animato da grande attenzione per il nuovo, riuscì a far giungere all’IEN scienziati di fama internazionale perché vi trasferissero esperienze e conoscenze. Alcuni tra i momenti più importanti della sua carriera scientifica furono la prima verifica della Relatività Generale mediante confronto di orologi atomici posti a diverse altezze rispetto alla superficie del geoide, l’uno al Plateau Rosa, l’altro all’IEN, e il rilancio delle attività sui campioni atomici di frequenza. Si impegnò inoltre per la realizzazione e il miglioramento della scala di tempo nazionale, di fondamentale importanza tanto nelle aree scientifiche quanto in quelle applicative: basti pensare 45 alle necessità di garantire il rispetto degli orari nei trasporti, nelle attività commerciali e bancarie, insomma in molti aspetti della nostra vita quotidiana. Successivamente rivolse i suoi interessi ai nuovi metodi di sincronizzazione di orologi mediante trasmissioni via satellite. Nello sviluppo di questo ambito di ricerca ebbe frequenti incarichi presso la European Space Agency e l’Agenzia Spaziale Italiana, del cui Consiglio Scientifico fu anche Membro e Presidente, e organizzò misure di distanza di un satellite geostazionario con elevata risoluzione. Tale rilevante attività era intanto alla base della formazione degli studenti in Ingegneria, promossa attraverso il suo insegnamento nei corsi di misure e metrologia non solo presso il Politecnico di Torino, ma anche presso altre sedi. Fino a quando la salute lo sostenne continuò a tenere lezioni presso la Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino. Diresse inoltre il corso di alta formazione "Metrologia e Costanti fondamentali" per la Scuola Internazionale di Fisica "Enrico Fermi" della Società Italiana di Fisica (SIF) nel 1976, 2000 e 2006. Sigfrido Leschiutta è stato Presidente dell’IEN (1994-2002), membro del Comitato Internazionale dei Pesi e delle Misure e presidente del Comitato Consultivo di Tempo e Frequenza, Chairman della Commissione Metrologia dell’Unione Radio Scientifica Internazionale e socio dell’Accademia delle Scienze di Torino. Tra i suoi interessi vanno ricordati anche la musica e lo studio degli strumenti musicali antichi. Appassionato del lavoro manuale, fu altresì costruttore di strumenti musicali, di apparati radio, di opere di falegnameria. Persona di spirito aperto, ha affrontato con responsabilità e sensibilità i problemi inerenti alle sue varie attività, dimostrando nei riguardi di tutte le persone con le quali si è incontrato una naturale cordialità. (Prof. Elio Bava , Presidente INRIM) --------------------------*GIAN MARIA CANAPARO: “IL PROFESSOR SIGFRIDO LESCHIUTTA” Conobbi il prof. Leschiutta, parecchi anni fa, quando frequentai il corso di Misure Elettroniche al Politecnico di Torino. Quest'uomo, m'impressionò subito non solo per la sua preparazione, ma per saper rendere semplici i concetti più complicati ed astrusi. Inoltre era estremamente pragmatico! Con il tempo mi rivelò di essere stato radioamatore nei periodi dove avere una auto piena di apparecchiature poteva costituire l'inizio di un lungo iter giudiziario. Persona, dall'atteggiamento semplice e modesto, aveva una eccletticità spaventosa e conosceva, credo almeno 6 lingue.... Era 46 un ottimo autocostruttore, a tal punto che rimasi a bocca aperta quando vidi un clavicembalo in taratura nel suo laboratorio, che sulla costa aveva la scritta "Sigfrido me fecit"!!!! Qui lo vediamo quando nel 2006, si presentò alla Sez. ARI di Torino, al tradizionale .mercatino, a vendere un po' di valvole... un professore di fama mondiale!! Quando fu tempo per la tesi, non ebbi dubbi e andai da lui a chiedergli una tesi di tipo pratico/sperimentale; per verificare il mio grado di praticità, apri un cassetto, estrasse una resistenza e mi chiese "che valore ha questa resistenza?" Siccome non ero digiuno di queste cose, gli sparai il valore senza esitazione e allora concluse "Lei è un tipo pratico!" Come si fa a non ricordare un uomo così? Ci ha lasciato a metà maggio 2011. (Torino, mercatino dell’ARI) (Dottor Gian Maria Canaparo, Ricercatore INRIM-Foto: Giorgio Brida, 2006) --------------------------*SERGIO SARTORI:”RICORDANDO SIGFRIDO LESCHIUTTA” Quando muore un caro amico è sempre difficile descrivere il vuoto di affetti e di rimpianti che lascia. Ma Sigfrido Leschiutta, morto il 12 maggio del 2011 dopo una lunga malattia, è stato per tanti, in Italia e nel mondo, molto più di un caro amico. A lui hanno fatto riferimento i metrologi italiani, che hanno visto, con la sua presidenza, la rinascita dell’Istituto Elettrotecnico Nazionale “Galileo Ferraris” di Torino; e i metrologi di tanti 47 paesi nel mondo che Lo hanno avuto come presidente del Comitato Consultivo di Tempo e Frequenza e che sono stati da lui stimolati verso nuovi e audaci traguardi nel creare orologi sempre più precisi e scale di tempo sempre più universali. I ricercatori italiani e europei che si occupano dello spazio devono a lui tantissimo. Si è speso in una moltitudine di attività; si è impegnato per far decollare il Progetto Galileo, il sistema europeo di localizzazione per mezzo di satelliti e stazioni di terra, capace di garantire imprecisione di quota dell’ordine di solo mezzo metro, “meno della corsa degli ammortizzatori del carrello di un grande aeroplano”, come amava ricordare agli scettici. Un sistema libero da controlli militari. Alla sua esperienza ha spesso fatto riferimento la Commissione Europea per avere indicazioni per i programmi di ricerca innovativa da attivare. La carriera scientifica di Sigfrido è ben nota a tutti coloro che si occupano di metrologia e di ricerca spaziale, anche perché tanto ha dato in didattica ai giovani e ai meno giovani. Quanti allievi ha avuto Sigfrido nella sua attività pluridecennale di docente di misure elettriche ed elettroniche e di metrologia al Politecnico di Torino? E quanti hanno seguito, affascinati, le sue conferenze che partivano dalla scienza ma parlavano della vita, spesso ripercorrendola con le parole di Dante, che sapeva recitare a memoria? Ecco, nel comunicare con gli altri Sigfrido si spendeva come si spende un attore, si donava con tutta la sua cultura; si preparava sempre con rigore, presentando ogni argomento attraverso le fonti originali che raccoglieva in casa e che Magda, sua moglie, disperata cercava di concentrare in spazi ristretti. La sua casa, anzi le sue case, includendo quella di vacanza a Plan che tanto amava, vanno classificate come musei. In una teneva la collezione di radio d’epoca, in altra quella di strumenti musicali antichi, alcuni restaurati da lui. C’erano poi i libri e le stampe con i ritratti dei grandi della storia della scienza; per reperirli si faceva aiutare da esperti di testi antichi che annoverava fra suoi amici. Primi tra questi due fratelli antiquari, con la “bottega” in via Po a Torino, dove lo accompagnammo, mia moglie e io, per il suo ultimo acquisto quando già era diagnosticato e operante il suo male. Poi d’un tratto, eccolo comparire con una barca, rigorosamente a vela, grande abbastanza da imbarcare figli, nuore, nipoti, e Magda, naturalmente, per trascorrere tutti insieme un paio di settimane girellando sotto costa. Magda faceva spesso finta di lamentarsi per queste sue esuberanti trovate; ma era orgogliosa del suo uomo e lo coccolava e accudiva, anche se bonariamente egli protestava. Così Magda si adattava a dormire con sotto il letto un organo in fase di restauro, a trasportare casse di documenti in una mai sufficiente scaffalatura in garage. Il posto prediletto di Sigfrido era certamente la sala dei mappamondi all’Accademia della Scienze di Torino, come ben sanno tutte le signore del Gruppo di Misure Elettriche ed Elettroniche che furono da lui accompagnate a visitarla. In quella sala Sigfrido ritrovava i “filosofi della natura”, categoria alla quale certamente appartenne; conversava con Lagrange e altri insigni del 700, forse addirittura con Tito Livio Burattini. Solo con loro riusciva a dar sfogo a tutto il suo amore 48 per la Cultura, quella con la C maiuscola, che non fa distinzione tra discipline umanistiche e discipline fisiche, che vuole essere coltivata da chi ama affrontare problemi complessi e ha gli strumenti conoscitivi indispensabili per affrontarli. La straordinaria capacità di Sigfrido di parlare con tutti, di giardinaggio e di ricette di cucina, di satelliti e di orologi nella storia, di musica e di musicisti, di strumenti elettrici e di strumenti musicali, fanno di lui l'ultimo fra i filosofi della natura. Si, con Sigfrido si è spenta una classe di personaggi che ha fatto la nostra storia. È dunque naturale trovarlo tra i fondatori e presidenti dell'Accademia del Santo Spirito, meritevole organizzazione musicale torinese, che iniziò la sua attività alla fine degli anni 70 del secolo scorso, restaurando una chiesa sconsacrata, quella settecentesca del Santo Spirito in Torino, per poi usarla per mille iniziative culturali. L'Accademia viene fondata nel 1985, a restauri conclusi. Per statuto e vocazione l'Accademia si dedica allo studio e alla valorizzazione del patrimonio musicale cinque-settecentesco, non soltanto attraverso le esecuzioni delle pagine più note di tale repertorio, ma anche attraverso la ricerca, l'edizione e la presentazione al pubblico - spesso per la prima volta in epoca moderna - di opere ingiustamente dimenticate. Il repertorio dei concerti annovera composizioni di oltre 170 autori, principalmente italiani. Sergio Balestracci e Andrea Banaudi ressero la direzione artistica. Tra le iniziative degli Accademici spicca il progetto del laboratorio di costruzione di strumenti a tasto dell'Accademia del Santo Spirito, che nasce nel 1982, durante la pesante opera manuale dei 49 restauri, mentre gli Accademici si trasformano in muratori, elettricisti, imbianchini e pittori. Il progetto si completa con i corsi Estivi di Musica Antica di Pamparato, ai quali Sigfrido dedica per anni parte delle sue vacanze. Sigfrido lavora in questo progetto con Gianni Podda, entrambi ingegneri. Il laboratorio non è soltanto un luogo di falegnameria ma anche un ambiente di discussione, di sperimentazione e di collaborazione. Attraverso concorsi e selezioni, l'Accademia è giunta alla formazione di un gruppo di cantanti solisti, di un coro e di un'orchestra composta da giovani strumentisti che operano nel campo della musica barocca con strumenti originali. Fin dalla fondazione l'Accademia è stata invitata a partecipare a tutte le edizioni di uno dei più importanti festival musicali europei, Torino Settembre Musica . La vocazione musicale di Sigfrido si manifestava nei modi più impensabile e in ogni luogo. Lo ricordo una sera a Como, in piazza Volta, durante una Giornata della Misurazione, iniziativa per la quale si spese sempre moltissimo, con il Suo solito grande entusiasmo: si inginocchiò davanti ad alcune signore del gruppo e iniziò a cantare un madrigale cinquecentesco. Come nasce un filosofo della natura in un periodo storico orientato alla super specializzazione? Sigfrido amava nascondere il suo percorso di studio universitario, costellato di mutamenti di orientamento e di facoltà, con il racconto di tante ragazze amate, ciascuna abbinata a una diversa facoltà. Probabilmente in questo racconto c'è qualcosa di vero, almeno stando alle occhiate gelose di Magda per il passato amoroso del suo uomo. Certamente questi dubbi sulla facoltà, nella quale condurre a termine il suo percorso universitario, facilitarono il suo avvicinarsi alla conoscenza della natura secondo i principi del grande Vate la cui commedia divina fu il testo di riferimento nella sua educazione infantile, impartita a lui e ai fratelli dalla madre prima nel campo profughi dall’Africa, in Carnia e poi a Venezia dai nonni. E nella sua Carnia è tornato dopo la morte. Sigfrido volle sognare una società perfetta, come fecero nel settecento i suoi amici illuministi. Si rifiutò di analizzare la società di oggi, di cercare di indirizzarla e modificarla. Questa sua scelta gli eviterà d'essere annoverato tra quei pomposi autodefiniti “intellettuali” del ventesimo secolo, grandi analisti ma testimoni ininfluenti di alcune tra le più grandi tragedie dell'umanità. Sigfrido, con la scelta d'essere ingegnere, volle costruire, realizzare, lasciando liberi gli altri di fare o non fare tesoro del suo messaggio culturale. L'aver trascorso alcuni giorni con Sigfrido e Magda a Venezia (mia moglie e io fummo loro ospiti nella multiproprietà che là avevano acquistato) mi ha consentito sia di apprezzare la Sua incredibile conoscenza di ogni angolo della città che più amava sia di gustare la Sua gioia di vivere di piccole cose. La sera ci portava a bere uno splitz e a mangiare alcuni stuzzichini in locali noti solo agli autentici veneziani. Sigfrido amava la vita. Sfidava ogni volta le sgridate di Magda, molto attenta alla sua dieta e alla sua salute; Magda immancabilmente scopriva questa scappatelle, individuando briciole sospette fra i peli della vistosa barba del marito. Concludo questo ricordo di Sigfrido, al quale tanti potrebbero aggiungere tante altre testimonianze e notizie, citando le parole che mi ha scritto Andrew Wallard, con il quale Sigfrido 50 collaborò, in quanto membro del CIPM, nel decennio lungo il quale Andrew fu direttore del BIPM: Sai bene quanto ammirassi Sigfrido. Ho sempre pensato che sia stato uno dei pochissimi veri geni che io abbia conosciuto. Fisico, ingegnere, musicista, filosofo, amante della vita e dotato di una stupefacente energia che era per me superiore a quella che mai avrei potuto sognare di avere. Sento di aver perso un amico dei più cari, vero, onesto e ammirevole, scienziato sempre cortese e gioioso. Era un uomo dell’inizio del XX secolo e percepivo che si sentiva a disagio di fronte ai recenti cambiamenti. Le narrazioni sul suo charme, le sue eccentricità, il suo genio, rimarranno un ricordo affettuoso tra tutti noi “di una certa età”. (Prof. Sergio Sartori, Direttore dell’IMGC- dalla rivista “Tutte misure News) ----------------------- *PATRIZIA TAVELLA:”PREGHIERA PER SIGFRIDO” Chi si occupa di misura di tempo e frequenza in Italia e anche nel mondo è in qualche modo figlio del Prof Leschiutta. Con lui abbiamo costruito orologi e scale di tempo, abbiamo navigato con nuovi sistemi di misura e abbiamo fatto i primi esperimenti via satellite dall'altra parte del mondo. Come un padre ci ha tenuti per mano all'inizio del nostro cammino, ci ha indicato le mete da raggiungere, ci ha spronati quando eravamo titubanti e ha saputo dire "bravo" quando lo meritavamo. Come di un padre, ora sentiamo una grande mancanza. Da tutto il mondo ci arrivano messaggi di affetto e simpatia e sappiamo che quanto ci ha insegnato rimarrà vivo in noi. Ti ringraziamo Signore per averci dato un così grande segno di umanità, professionalità, entusiasmo, passione e dedizione. Ti chiediamo di accogliere vicino a Te e di aiutarci a testimoniare quel riflesso di eterno che Sigfrido Leschiutta ci ha saputo manifestare. Noi Ti preghiamo (Dott.ssa Patrizia Tavella, Allieva e poi collaboratrice di Sigfrido) 51 8. PUBBLICAZIONI DI SIGFRIDO - PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE E TECNICHE: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. Metodi per misure di fase di frequenze campione su onde miriametriche - R.C, LXIII riunione AEI, , II, n. 80, 1962. On the Origin of the World Radio, (in coll. con C. Egidi), Proceedings IEEE, Vol. LI, p. 11561157, 1963 Su una apparecchiatura sismica ad un canale (in coll. con G. Ratti), Geofisica e Meteorologia, XV, p.55-59, 1966. Antenne con ferrite per onde miriametriche (in coll. con E. Nano), Elettronica, p.117-128,1966 Phase Regressions of V.L.F. Waves at medium Distances, IEE Pub. n. 36, MF, LF, and VLF Radio Propagation, p. 89-97, 1967. Ricevitore e comparatore di fase ad onde miriametriche, Elettronica, Vol. 17, p. 42-52,1968. Precisione di segnali di tempo e frequenza campione ad onda diretta, Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo. Osservatorio di Brera, Milano, p. 49-58, 1968. Confronti di fase su onde miriametriche per distanze attorno a mille chilometri, Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo. Osservatorio di Brera, Milano, p. 69-90, 1968. Conservazione a lungo termine di scale di tempo, Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo. Osservatorio di Brera, Milano, p. 111-132, 1968. Sviluppo dei Servizi di Tempo e Frequenza campione dell'IEN, Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo. Osservatorio di Brera, Milano, p. 281-299, 1968. Sincronizzazione di orologi campione tramite segnali di tempo radiodiffusi (in coll.), Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo. Osservatorio di Brera, Milano, p. 321-329, 1968. Esperienze con un risuonatore al cesio di tipo commerciale. Atti del colloquio sui problemi della determinazione, conservazione e sincronizzazione del tempo, Osservatorio di Brera, Milano, p. 331-345, 1968. Il nuovo impianto della stazione campione IBF (in coll. con C. Egidi), Elettronica, Vol.17, p.125-130, 1968. Esperienze con un risuonatore al cesio di tipo commerciale, Alta Frequenza, vol. 37, p. 916922, 1968. TV frame pulses used for precision time synchronisation and their noise distribution, (in coll.), Alta frequenza, vol. 39, p. 452, 1970. The true meaning of the word "time", (con C. Egidi) Alta frequenza, n. 8, p. 689-693, 1970 Sincronizzazione automatica di scale di tempo (in coll.), Bollettino della società italiana di fisica, N 79, p. 140-141, 1970. Long Term Accuracy of time comparisons via TV radio relay links, Proceedings 25th Frequency Control symposium, p. 194- 1971. Applicazioni del sistema di navigazione Loran-C per misure di tempo e frequenza (in coll.), Alta frequenza N 7, p.550-560, 1971. 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