BENJAMIN BRITTEN, Guida all’orchestra per i giovani, op. 34 Variazioni e fuga su un tema di Purcell (1946) Organico: − − − − − Legni: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2clarinetti, 2 fagotti Ottoni: 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba Percussioni: timpani, tamburello, grancassa, piatti, triangolo, tamburello basco, xilofono, castagnette, tam-tam Arpa Archi: violini (primi e secondi), viole, violoncelli, contrabbassi Benjamin Britten (Lowestoft, 1913 – Londra, 1976) compose la Guida all’orchestra per i giovani nel 1946, partendo dall’idea di dover realizzare la colonna sonora per un documentario di Eric Crozier intitolato Strumenti dell’orchestra. Si trattava di un filmato in cui venivano spiegate le varie sezioni in cui una formazione orchestrale è suddivisa. Il compositore inglese conosceva già l’esempio di Pierino e il lupo di Prokof’ev, in cui gli strumenti musicali vengono presentati uno ad uno, e decise di seguire quell’esempio, anche se in maniera differente: egli scelse un brano di musica inglese antica, scritto da Henry Purcell (16591695), e lo utilizzò nel modo che ora vedremo. TEMA Tale brano, tratto dalle musiche di scena composte da Henry Purcell per il dramma teatrale Abdelazer (1695), nella sua versione originale era scritto per soli archi. Britten lo trascrive per una compagine sinfonica moderna e, nell’Introduzione della sua Guida all’orchestra per i giovani, lo fa ascoltare, nell’ordine: 1. proposto dall’intera orchestra 2. suonato, a turno, dalle varie macro-sezioni strumentali dell’orchestra (nell’ordine: legni, ottoni, archi e arpa, percussioni) 3. eseguito di nuovo da tutta l’orchestra. VARIAZIONI Successivamente inizia la “guida” vera e propria: ogni singola famiglia strumentale presente nell’orchestra riprende il Tema appena ascoltato, in modo che i singoli timbri si possano facilmente riconoscere. Il Tema viene ripreso, ma non è sempre uguale a se stesso: subisce delle modificazioni che in gergo musicale si definiscono col termine di variazioni. Volendo schematizzare una composizione come questa, ovvero un Tema e variazioni, si potrebbe scrivere A [= il Tema] A1 A2 A3 A4 ecc. [= le variazioni del tema]. In questa composizione, Britten propone ben 13 variazioni del Tema che, come si diceva, sono affidate ai vari gruppi di strumenti dell’orchestra, isolati in modo da riuscire a individuarne chiaramente il timbro, il carattere e la personalità. Questa è la successione delle 13 Variazioni: Variazione 1 – Ottavino e flauti Var. 2 – Gli oboi Var. 3 – I clarinetti Var. 4 – I fagotti Var. 5 – I violini Var. 6 – Le viole Var. 7 – I violoncelli Var. 8 – I contrabbassi Var. 9 – L’arpa Var. 10 – I corni Var. 11 – Le trombe Var. 12 – I tromboni e il basso tuba Var. 13 – Le percussioni FUGA Abbiamo così ascoltato, separatamente, tutte le famiglie di strumenti dell’orchestra. Nella sezione conclusiva del brano però Britten torna a far suonare l’intera orchestra, affidandole una Fuga costruita sempre sul tema di Purcell: le varie entrate della Fuga si succedono nello stesso ordine delle variazioni, partendo dall’ottavino e dal flauto per arrivare alle percussioni. Nella chiusura della Fuga, all’intreccio contrappuntistico delle voci degli strumenti si sovrappone il tema originario di Henry Purcell suonato dagli ottoni. *** Questo quindi, riassumendo, lo schema della Guida all’orchestra per i giovani di Benjamin Britten: 1. Introduzione → Tema di Purcell (eseguito, nell’ordine, dalla piena orchestra, dai legni, dagli ottoni, dalle percusioni e di nuovo dalla piena orchestra) 2. 13 Variazioni 3. Fuga (Allegro molto) → L’ordine di entrata del Soggetto segue l’ordine delle variazioni; alla Fuga si sovrappone il tema di Purcell suonato dagli ottoni. Per comprendere meglio la struttura della composizione di Benjamin Britten approfondiamo i concetti di: - Tema - Elaborazione formale (ripetizione, variazione, contrasto) - Tema e variazioni - Polifonia - Contrappunto - Fuga. Glossario TEMA Idea musicale con una fisionomia pregnante, incisiva, di senso compiuto, originata da uno o più motivi e che sostituisce la sostanza di una composizione. STRUTTURE FONDAMENTALI DELL’ELABORAZIONE FORMALE IN MUSICA Ripetizione: A A A → L’elemento tematico viene ripetuto uguale (così, ad esempio, nell’imitazione contrappuntistica – vedi i Canoni); Variazione: A A1 A2 A3 ecc. → Procedimento fondamentale del linguaggio musicale che consiste nel trasformare un elemento tematico di base ricorrendo a vari artifici – modifiche della melodia, del timbro e del registro, delle armonizzazioni, della struttura ritmica ecc. – anche fra loro combinati; Contrasto: A B C ecc. → Quando a un elemento ne segue un altro che è del tutto diverso. Spesso nelle composizioni musicali tali strutture sono presenti contemporaneamente e si intrecciano fra loro. Ad esempio - la forma del Rondò, tipica del genere strumentale, è: A B A C A D A ecc. - la struttura della maggior parte delle canzoni italiane di musica leggera è A A B A B [C] B (dove A è la strofa, B il ritornello e C il cosiddetto bridge che porta a una riesecuzione del ritornello) - la forma dell’Aria col da capo (tipica dell’opera lirica della fine del XVII secolo e di buona parte del XVIII) è: A B A oppure, se nella ripresa di A il cantante inserisce (come era tradizione) delle variazioni virtuosistiche, A B A1. Solitamente la sezione centrale, B, esprime nel testo un concetto o uno stato d’animo contrastante: per questo anche la musica della sezione B ha un diverso carattere rispetto alla sezione iniziale. → Ascolto di ‘Aria col da capo’: GEORG FRIEDRICH HÄNDEL (Halle, 1685 – Londra, 1759) Aci, Galatea e Polifemo (Napoli, 1708) Libretto di Nicola Giuvo Aria di Galatea: Del mar fra l’onde per non mirarti, fiero tiranno, mi spinge il duol Ma in queste sponde torno all’affanno nel vagheggiarti, spento mio sol. Del mar fra l’onde ecc. A B A Händel, nato a Halle (in Germania) nel 1685 (lo stesso anno di J. S. Bach e di Domenico Scarlatti) è uno dei principali compositori periodo tardo-barocco. Autore di moltissime pagine di musica strumentale (Concerti e Suite sia per orchestra che per strumenti solisti, brani per clavicembalo ecc.) e di musica sacra, compose molte opere liriche in lingua italiana (che era, all’epoca, la ‘lingua dell’opera’). In gioventù, durante la sua fase di formazione, soggiornò a lungo in Italia (Firenze, Roma, Napoli, Venezia) proprio per apprendere meglio la lingua italiana e perfezionarsi nella scrittura di opere italiane. Aci, Galatea e Polifemo fu composta a Napoli, nel 1708. Dopo un breve ritorno in Germania, Händel nel 1711 si trasferì definitivamente a Londra, promuovendo la penetrazione dell’opera italiana in Inghilterra e, poi, negli ultimi anni, dedicandosi in particolare al genere dell’oratorio (sorta di opera lirica, senza scene né costumi, di argomento sacro) in lingua inglese. Tra le sue principali opere liriche si possono ricordare il Rinaldo, il Giulio Cesare, l’Alcina, il Serse. Tra gli oratori è celebre il Messiah, in tre parti, che narra la vita di Gesù Cristo. TEMA E VARIAZIONI Il Tema e variazioni o Tema con variazioni è una composizione che consiste nell’esposizione di un Tema seguito da una serie di sue Variazioni. Forma assai praticata fin dal XVI secolo, ha dato luogo a molte fra le più note composizioni, prevalentemente strumentali ma anche vocali, del repertorio concertistico. ESEMPI: 1) WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo, 1756 – Vienna, 1791) Don Giovanni, libretto di Lorenzo Da Ponte (Praga, 1787) – Atto I, Scena IX [confronta anche le pagine 168-174 del libro di testo, vol. 1] Don Giovanni Là ci darem la mano, là mi dirai di sì. Vedi, non è lontano; partiam, ben mio, da qui. Zerlina (Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor. Felice, è ver, sarei, ma può burlarmi ancor.) Don Giovanni Vieni, mio bel diletto! Zerlina (Mi fa pietà Masetto.) Don Giovanni Io cangerò tua sorte. Zerlina Presto... non son più forte. Don Giovanni Andiam! Zerlina Andiam! A due Andiam, andiam, mio bene a ristorar le pene d’un innocente amor. 1bis) LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn, 1770 –Vienna, 1827) Variazioni su “Là ci darem la mano” per 2 oboi e corno inglese (1795-1796) 2) ARCANGELO CORELLI (Fusignano, Ravenna, 1653 – Roma, 1713) Sonata per violino e basso continuo “La Follia”, op. 5, n. 12 (1700) La follia (melodia originaria della penisola iberica [Portogallo e Spagna], risalente al XVI secolo) Nella sua Sonata per violino e basso continuo, op. 5 n. 12, Corelli, dopo aver fatto eseguire il tema della Follia due volte (in modo da imprimerlo nella mente dell’ascoltatore), fa seguire ad esso ben 23 variazioni di carattere via via diverso. Il tema in 3/4 denominato La follia, che durante l’epoca barocca era conosciuto in tutta Europa, fu messo in musica da moltissimi compositori che – come Corelli – si divertirono ad elaborare serie di variazioni attraverso le quali valorizzare le possibilità virtuosistiche ed espressive dei vari strumenti. Corelli, uno dei principali compositori del periodo barocco, fu attivo soprattutto a Roma dove si affermò come violinista dalle qualità straordinarie. Le sue composizioni – tutte destinate agli archi – ebbero una larga diffusione nell’intera Europa e contribuirono all’affermazione a livello internazionale delle forme del Concerto grosso (genere che Corelli portò alla perfezione) e della Sonata. Le composizioni di Corelli furono ritenute un modello da seguire e imitare. A testimonianza della sua celebrità, Arcangelo Corelli venne sepolto nel Pantheon, dove tuttora si trova la sua tomba. 3) ANTONIO VIVALDI (Venezia, 1678 – Vienna, 1741) Concerto RV 107 in sol minore per flauto traverso, oboe, violino, fagotto e basso continuo – III movimento: Allegro Il terzo movimento di questo concerto di Vivaldi è costruito come un ‘Tema e variazioni’. Vi sono però delle differenze rispetto ai casi precedenti: Vivaldi affida qui il tema ‘da variare’ non alla melodia, bensì alla linea del basso. Costituito da un modulo di quattro battute, esso si ripete sempre uguale sino alla fine del brano (si tratta di un ‘Basso ostinato’): sono gli strumenti che si sovrappongono ad esso a proporne variazioni ogni volta diverse. POLIFONIA E CONTRAPPUNTO Polifonia: Canto a più voci che svolgono contemporaneamente linee melodiche diverse: tali linee melodiche, pur legate fra loro, conservano ognuna la propria identità. L’esecuzione delle singole linee può essere affidata tanto alle voci (una o più) che agli strumenti. Alcuni strumenti (organo, clavicembalo, chitarra, pianoforte, liuto ecc.) sono in grado di eseguire più di una voce contemporaneamente. Quando le voci polifoniche si muovono con lo stesso ritmo di parla di voci omoritmiche (o di omoritmia). Il termine ‘polifonia’ si contrappone a Monodia: Canto a una sola voce che può essere intonata da uno o più cantori. → Ascolto: CARLO GESUALDO, principe di Venosa (1561-1613) dal Quinto libro dei madrigali a cinque voci (1611) Se tu fuggi, io non resto che il cor ti segue e grida. Ahi, cor crudele, ove impietà s’annida, dove te n’ vai? Deh, prima mi rendi il core e poi te n’ fuggi e fugga teco amore! Il madrigale è la più tipica composizione vocale del XVI secolo (rimane in voga dal 1530 circa sino ai primi decenti del 1600). Si tratta di una forma di polifonia in cui le voci (in numero variabile ma il più delle volte 5) si intrecciano in maniera paritaria, ora imitandosi, ora muovendosi in modo omoritmico, ora per contrasti, cercando di rendere il significato espressivo del testo che viene intonato. Carlo Gesualdo – noto anche per la sua vita travagliata – pubblicò cinque libri di madrigali ed è ricordato come un grande sperimentatore. La sua produzione musicale, che si colloca tra la fine del Rinascimento e l’inizio del Barocco, ha infatti come caratteristica l’uso di dissonanze anche molto aspre e inusuali, di difficile ascolto, scelte appositamente per rendere in maniera fortemente drammatica le immagini dei testi poetici musicati. Contrappunto: È una tecnica della scrittura polifonica che consiste nell’arte di sovrapporre in maniera rigorosa – secondo degli schemi precisi – due o più linee dotate di un profilo melodico ben caratterizzato. Nel contrappunto nessuna linea melodica è subordinata ad un’altra; non esiste, quindi, una melodia principale e un accompagnamento: nella scrittura contrappuntistica tutte le linee melodiche hanno uguale importanza e ognuna di esse è in sé autonoma, compiuta, dotata di una propria identità. Il contrappunto, che ha origine nel Medioevo come tecnica della scrittura vocale (punctum contra punctum = ‘nota contro nota’), inizia a decadere verso il 1600: con la nascita del Teatro musicale (cioè dell’opera lirica o melodramma), lo stile prevalente nella musica diviene infatti la Monodia accompagnata (= una linea melodica con accompagnamento strumentale), che rende il testo cantato più comprensibile e consente di comunicare meglio gli affetti. Il contrappunto continuerà però a sopravvivere in alcuni ambiti, come la musica sacra e alcuni generi strumentali (in particolare la Fuga, ma anche all’interno di composizioni sinfoniche o cameristiche). L’apice dello stile contrappuntistico si ha con Johann Sebastian Bach (1685-1750). Tipiche forme contrappuntistiche sono il Canone (si pensi al celebre Fra Martino, in cui si possono sovrapporre le voci iniziando a cantare partendo da punti diversi), il Ricercare, l’Imitazione e la Fuga. → Ascolto: JOHANN SEBASTIAN BACH (Eisenach, 1685 – Lipsia, 1750), dall’Arte della fuga – Contrappunto primo a 4 voci (1749) 6 FUGA La Fuga è una struttura musicale contrappuntistica (derivata dal Canone e dal Ricercare) che nella sua forma moderna si definisce nella seconda metà del ‘600. Dal punto di vista strutturale la Fuga (che può essere sia strumentale che vocale) si articola in tre momenti principali: − − − Esposizione (le varie voci eseguono a turno il Tema, denominato Soggetto o Risposta) Svolgimento (si alternano divertimenti e riesposizioni del Soggetto) Stretto (vengono riprese, in maniera ravvicinata, le imitazioni fra Soggetto e Risposta). Nell’Esposizione, le singole voci (cioè le parti strumentali o vocali, che possono essere in numero variabile: Fuga a 2 voci, a 3 voci, a 4 voci ecc.) intervengono una dopo l’altra subentrando con il tema appena la precedente ha finito di intonarlo. Il Soggetto enunciato all’inizio da una sola voce viene ripreso (mentre questa procede oltre) da una seconda voce, che lo imita, ossia lo riproduce, nella tonalità della dominante (se il Soggetto, ad esempio, è in Do la risposta sarà in Sol) o della tonalità relativa maggiore se il soggetto è in tonalità minore. Tale imitazione è detta Risposta. Dopo la Risposta, l’eventuale terza voce si aggiunge alle due già in azione riproducendo di nuovo il Soggetto nella tonalità di impianto; quindi l’eventuale quarta voce riproduce a sua volta la Risposta nella tonalità della dominante, e così di seguito alternatamente, se vi sono altre voci. Una voce, dopo aver formulato un Soggetto o una Risposta, può talvolta proseguire con un breve e libero frammento, denominato Coda, prima che attacchi la voce seguente con la relativa imitazione. Altro elemento caratteristico dell’Esposizione è il Controsoggetto, elemento tematico secondario, intonato dalla voce che ha già proposto il tema fondamentale, contemporaneamente alla imitazione di questo da parte della voce subentrante. Lo Svolgimento è costituito da un alternarsi di parti chiamate divertimenti (o episodi) – in cui spesso si utilizza il materiale tematico dell’Esposizione – e di riesposizioni del Soggetto, muovendosi in differenti tonalità. Il termine Stretto indica globalmente la parte finale della Fuga. Consiste in una serie di riprese, nella tonalità fondamentale, delle imitazioni fra Soggetto e Risposta. Ma diversamente che nell’Esposizione, nello Stretto le voci subentrano una a ridosso dell’altra, a distanza ogni volta più ravvicinata, senza attendere che la precedente abbia concluso l’intero tema. 7 ESEMPI DI FUGHE: 1) A. VIVALDI (attribuita), Sonata per flauto e basso continuo in Sol minore, op. 13, n. 6 (“Il pastor fido”) – II movimento: Fuga Questo è il Tema/Soggetto della Fuga, intonato inizialmente dal flauto solo nella tonalità di Sol minore. Si tratta di una fuga a 2 voci: l’Esposizione, infatti, si limita al Soggetto intonato dal flauto a cui segue, dopo una breve coda di collegamento, la Risposta affidata al basso (nella tonalità relativa maggiore, ovvero in Si bemolle). Durante tutta la Fuga, il Tema si riascolta per ben dieci volte (nello spazio di neanche 2 minuti): eseguito per 5 volte dal flauto e per 5 volte dal basso. 2) G. F. HÄNDEL, dal Messiah – Oratorio per due soprani, contralto, tenore, basso, coro e orchestra (1742) → Coro: «And with His stripes we are healed». In questo caso si tratta di una Fuga vocale a 4 voci, affidata ad un coro. Nell’esposizione il Tema/Soggetto viene eseguito, in successione, dai Soprani, dai Contralti, dai Tenori e dai Bassi. 2) J. S. BACH, Toccata e fuga in Re minore per organo, BWV 565 → Per il commento a questo brano si vedano le pagine 132-136 del libro di testo (volume 2). Nel CD allegato al libro sono presenti registrazioni di alcuni frammenti musicali, nonché frammenti della partitura (tra cui il Soggetto della Fuga). Riguardo alla Toccata – che Bach, come in questo caso, spesso antepone alle sue Fughe – si tratta di un genere strumentale destinato di solito a strumenti a tastiera (il clavicembalo, l’organo ecc.). La Toccata (il cui nome deriva dal verbo ‘tocar’ che in spagnolo significa ‘suonare’) ha una struttura volutamente libera, così da dare spazio al virtuosismo dell’esecutore e da valorizzare le caratteristiche timbriche ed espressive dello strumento. È una forma musicale dal carattere improvvisativo, ovvero – ascoltandola – bisogna avere la sensazione che l’esecutore la stia improvvisando al momento, anziché leggere la partitura. 8 MAURICE RAVEL Boléro Il musicista francese Maurice Ravel (1875-1937) compose il Boléro nel 1928 su commissione della danzatrice Ida Rubinstein, che gli aveva richiesto un pezzo spagnoleggiante per farne un nuovo balletto con lei come protagonista. Soltanto due anni dopo, nel 1930, il Boléro venne eseguito per la prima volta anche in forma di concerto (senza i ballerini): a dirigerlo fu in quell’occasione lo stesso Ravel. Ravel fu un compositore sempre interessato alla danza, ma nel Boléro si evidenziano anche altre due caratteristiche della sua personalità: 1) la sua grande abilità come orchestratore nell’uso degli strumenti dell’orchestra, di cui sa con impareggiabile maestria valorizzare e fondere i timbri, calibrare le dinamiche; 2) il grande interesse per la musica spagnola, che in parte gli derivava dalla madre di origine basca (da piccolo gli cantava canzoni spagnole e lui stesso trascorse lunghi periodi nei Paesi baschi). Inoltre in Francia, durante tutto l’Ottocento, la Spagna veniva idealizzata come una sorta di luogo esotico, una specie di terra mitica di passioni e vitalità (si pensi ad esempio all’opera Carmen di Bizet); e, non a caso, moltissimi compositori francesi scrissero a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento brani ispirati al folklore spagnolo. Di per sé il bolero è una danza cantata spagnola che si è diffusa a partire dal 1770 circa. In metro ternario e dall’andamento moderato, viene ballata a coppie da danzatori che si accompagnano col canto e con strumenti tipici spagnoli. Quanto però al Boléro di Ravel, esso ha certamente un vago sapore spagnolo, ma non è assimilabile al bolero tradizionale: si tratta, insomma, di un titolo di fantasia, di cui Ravel era perfettamente consapevole. *** Sono due gli “ingredienti” principali del Boléro, quasi opposti tra loro, tali da renderlo una pagina inconfondibile: - l’ossessione ritmica e melodica fondata sulla Ripetizione, che produce la sensazione di un’immobilità senza tempo; - l’idea del crescendo, di qualcosa che cambia continuamente, con l’accumulo progressivo degli strumenti dell’orchestra. Nel piano compositivo sono dunque compresenti: - sia la Ripetizione (a livello tematico: tanto il tema ritmico che i due temi melodici presenti si ripetono sempre uguali dall’inizio alla fine) - sia la Variazione (cambiano gli strumenti chiamati ad intonare i temi e, in generale, cambia continuamente l’orchestrazione, orientata verso un progressivo crescendo dinamico). Ravel non aveva un’alta opinione del suo Boléro che egli definiva: «Tessitura orchestrale senza musica. Un lungo crescendo. Non ci sono contrasti, né invenzioni (tranne che per il progetto iniziale)». Era infastidito dell’enorme successo (e delle discussioni) che il Boléro suscitava fra il pubblico. E a chi lo interrogava riguardo a questa sua composizione egli rispondeva: «È stata una fabbrica a ispirarmi il Boléro; lo vedrei bene eseguito con un’officina sullo sfondo», comunicando quindi l’idea di un congegno meccanico, di una sorta di macchina infernale, lontana anni luce dall’immagine piena di passione che per tradizione si ha invece del Boléro di Ravel. [→ La scena ideata da Ida Rubinstein, la danzatrice che aveva commissionato il Boléro e che ne fu la prima interprete, prevedeva una sorta di caffè poco illuminato, in cui una donna cominciava a 9 danzare attirando gli altri ballerini. Iniziava quindi una sorta di trance collettiva, in un apoteosi orgiastica]. *** L’organico orchestrale previsto da Ravel per il Boléro è davvero gigantesco: Ottavino, 2 flauti, 2 oboi (di cui uno suona anche l’oboe d’amore), corno inglese, clarinetto piccolo, 2 clarinetti in si bemolle, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 4 trombe, 3 tromboni, basso tuba, 3 saxofoni (sopranino, soprano e tenore), 3 timpani, 2 rullanti, piatti e gong, celesta, arpa e archi. Si noti, tra l’altro, la presenza di 3 saxofoni, strumenti dall’impronta jazzistica, che testimoniano l’amore di Ravel per la musica jazz che egli aveva conosciuto durante una sua trionfale tournée negli Stati Uniti. STRUTTURA Nel Boléro sono presenti due soli temi (interpretabili anche come due distinti periodi di un unico tema), ognuno composto di 16 battute. Tali due temi sono sempre ripetuti nella stessa tonalità di Do maggiore, come una sorta di ossessione allucinata. In verità, come vedremo, pochi secondi prima della conclusione vi è un’unica brevissima modulazione, in Mi maggiore, che ha però un significato solo apparentemente liberatorio: ha la funzione di allentare per un attimo la tensione divenuta insostenibile; ma poi si ritorna subito a Do maggiore. Ecco i tre elementi strutturali del Boléro di Ravel: • l’ostinato ritmico (lo chiameremo R), costituito da un modulo di 2 battute. Suonato all’inizio in pianissimo da un tamburo rullante e, via via, rinforzato con l’aggiunta del secondo rullante e di altri strumenti dell’orchestra, si ripete, sempre uguale, sino alla fine del brano: • il tema A (16 battute): • il tema B (16 battute): → A questi tre elementi se ne potrebbe inoltre aggiungere un terzo, ovvero il progressivo crescendo dinamico, realizzato attraverso l’accumulo degli strumenti. Ed ora vediamo come questi elementi si combinano, analizzando più nel dettaglio la sezione iniziale del Boléro: 10 Una volta che il flauto ha terminato il tema A, vi sono due battute di collegamento con l’ostinato ritmico R (vedi dove c’è il numero 1) con il secondo tamburo che si aggiunge al primo. Poi il tema A viene ripetuto, suonato dal clarinetto in si bemolle: 11 Terminata l’esecuzione del tema A da parte del clarinetto, dopo le consuete due battute con l’ostinato ritmico di collegamento, entra il tema B suonato dal fagotto (note acute, scritte in chiave di tenore anziché in chiave di basso): Conclusa l’esecuzione del tema B da parte del fagotto, dopo due battute di ostinato ritmico (vedi al numero 3) il tema B viene ripetuto dal clarinetto piccolo: 12 E così via... La struttura della composizione prevede sempre una simmetria fra i temi A e B (per due volte il tema A a cui segue, per due volte, il tema B), mentre l’ostinato ritmico R cntinua senza sosta in sottofondo, oltre a collegare le varie entrate dei temi. Potremmo dunque schematizzare la struttura base del Boléro in questo modo: R A R (8 volte) R A R (8 volte) R B R (8 volte) R B R (8 volte) Ed ecco, alla pagina seguente, lo schema completo della struttura del Boléro di Maurice Ravel, con l’indicazione degli strumenti che suonano i due temi. Non bisogna infatti dimenticare che a questa struttura si sovrappone il progressivo crescendo che Ravel ottiene attraverso un calibrato accumulo degli strumenti dell’orchestra: partendo dal pianissimo iniziale (flauto e rullante) si giunge gradualmente, nell’arco di un quarto d’ora, a un volume sonoro quasi assordante. Come si può inoltre notare, lo schema continua invariato quasi sino alla fine del brano quando, alla diciottesima entrata del tema, la simmetria s’interrompe: - abbiamo il tema B dove ci si aspetterebbe invece il tema A; - si ha un temporanea modulazione a Mi maggiore (di cui si è già parlato sopra), per poi subito tornare a Do maggiore. Nella coda conclusiva, infine, si mescolano i temi A e B. 13 Schema con la struttura del Boléro di Maurice Ravel TEMA 1 A 2 A 3 B 4 B 5 A 6 A 7 B 8 B 9 A 10 A 11 B 12 B 13 A 14 A 15 B 16 B 17 A OSTINATO STRUMENTI CHE ESEGUONO IL TEMA R (x 2) R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) R R (x 8) ANNOTAZIONI Flauto In R si aggiunge il secondo rullante. Clarinetto Fagotto Clarinetto piccolo Oboe d’amore Flauto, Tromba Sax tenore Sax sopranino Corni, Celesta, 2 ottavini Politonalità: i corni e la celesta suonano in Do maggiore, un ottavino suona in Sol maggiore, l’altro in Mi maggiore. Oboi, Clarinetti Trombone Legni, Sax tenore Politonalità. Legni, Violini Legni, Sax tenore, Violini Politonalità. Flauti, Oboi, Tromba, Violini Legni, Tromba, Sax soprano, Archi Ottavino, Flauti, Trombe, Saxofoni, Violini R 18 B R (x 8) Ottavino, Flauti, Trombe, Saxofoni, Violini Nella parte conclusiva, il tema B modula a Mi maggiore. A1+B1 R (x 6) Coda a piena orchestra. La tonalità torna subito a Do Maggiore. → La partitura completa del Boléro di Ravel è disponibile, in formato Pdf, sul sito: http://imslp.org/wiki/ 14