Comunità Pastorale SS.Trinità in cammino... Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». (Vangelo di Luca) In cammino... Un nuovo inizio! Editoriale La Comunità Pastorale sta vivendo un nuovo inizio: entra a far parte di questa avventura di Comunione anche la Parrocchia di San Michele in Voltorre. E’ come quando in famiglia nasce un nuovo figlio o fratello! Non è solamente qualcuno che si aggiunge, ma è l’inizio di qualcosa veramente nuovo. Chi entra porta il suo contributo di novità, pone domande, costringe a rivedere il cammino dell’esperienza, soprattutto a riprendere coscienza del centro e dell’essenziale. Già dai primi passi, abbiamo colto nella Comunità di Voltorre una grande disponibilità a camminare in questa Comunione. Giustamente ci sono delle domande, ci si chiede come sarà questo cammino, ma c’è anche la coscienza che insieme si sta cercando il futuro della Chiesa, il modo con cui il Signore le chiede di essere presente, in questo tempo, nella storia del mondo, per essere sacramento di speranza e di salvezza. Questi fratelli ci chiedono anche conto del cammino, che come Comunità Pastorale della Santissima Trinità abbiamo già compiuto. Che cosa possiamo rispondere loro? Innanzitutto che siamo ancora ai primi passi, che sono come al solito un momento importante della vita, ma anche un momento pieno di incertezze e di paure. C’è l ’ebbrezza della libertà che il cammino dona, ma c’è anche l’incapacità ancora evidente di muoversi con sicurezza e armonia. Ci sono dei passi di corsa a cui seguono frenate improvvise, slanci in avanti e ostinati impuntamenti. C’è bisogno soprattutto, quando si muovono i primi passi di avere sempre le braccia dei genitori tese verso di noi a darci la sicurezza del distacco per questa nuova fase della vita. Fuori dalla metafora dobbiamo riconoscere di essere ancora nella prima fase del cammino di comunione. Una fase in cui c’è ancora molto del passato, che non è solo peso, ma ricchezza che permette alle Comunità di conservare una originalità e un’identità ben definite, che sono indispensabili per un dialogo e una comunione vera. In questa prima fase sono ancora molti i momenti delle singole Comunità, ma si cerca di costruire uno stile comune nelle diverse esperienze della vita cristiana, cercando di armonizzare le ricchezze che ogni Comunità possiede. In questo dialogo per trovare un modo credibile e bello di vivere e di proporre le diverse esperienze ci si impara a conoscere, ad apprezzare il dono dell’altro, a superare la paura ed il sospetto, a sentirsi parte di un unico cammino, che supera i ristretti confini della propria parrocchia, perchè è il cammino della Chiesa universale. Di certo si coglie un altro respiro. E questo è un dono importante per Comunità che forse si sono troppo isolate, si stavano accontentando troppo di conservare ciò che c’era più che cercare nuovi cammini per rispondere alle domande di un mondo, che è molto cambiato. E’ comunque già maturato in questa prima fase del cammino un respiro nuovo, la possibilità di confrontarsi con più coraggio con le domande e le sfide della storia, la coscienza che non possiamo solo conservare, perchè significa condannarsi alla perdita progressiva e inesorabile della ricchezza che pensavamo di avere. Ci sono le paure e le resistenze, ma c’è anche molto entusiasmo, alimentato dalle esperienze positive, che in questo poco tempo già si sono vissute. Dobbiamo ora cercare di passare alla seconda fase del nostro cammino di comunione. Dovremmo cercare con più coraggio la condivisione dei momenti della vita comunitaria, che non devono necessariamente essere ripetuti in ogni comunità, ma proposti e vissuti in maniera bella con il contributo dei doni di tutti. Dovremmo soprattutto farci carico con più attenzione di quelle domande e di quei bisogni che ci vengono messi innanzi, esplorando nuove vie di testimonianza e di servizio. E’ la dimensione missionaria che è il frutto diretto della Comunione che incominciamo a vivere. Non si tratta dunque solo di far combaciare i momenti, ma di immaginare un cammino davvero nuovo di testimonianza. Non quattro comunità che camminano insieme, ma un nuovo soggetto di Chiesa, che risponde con più coraggio e concretezza alla missione ricevuta dal Signore. E’ una mentalità completamente diversa, un modo assolutamente nuovo di affrontare i problemi e di prendere le decisioni. Una mentalità che riguarda ogni settore della vita, dalla spiritualità alle decisioni concrete sulle strutture che dovranno favorire la vita di questa Comunità. Senza paura vogliamo continuare questo cammino, con la certezza che nella comunione vera c’è la grazia che fa crescere e non mortifica, che fa scoprire sempre nuove possibilità, che ci dà il coraggio di essere ancora una presenza significativa nella storia e nel mondo in cui siamo chiamati a vivere. 2 In cammino... Da Pilato al Centurione credente Pasqua vuol dire passaggio. Ma quanto è difficile credere che si possa davvero compiere qualche passaggio significativo, che possa nascere qualcosa di veramente nuovo nella nostra vita. Già questa incredulità ci avvicina ad una figura di pilato che troviamo nella Passione di Gesù. Non è solamente uno che sfugge alla sua responsabilità, o meglio questo suo fuggire è il risultato di una vita che è andata sempre più chiudendosi. Pilato chiede nel Vangelo di Giovanni con molto disincanto e disprezzo: “Che cos’è la Verità?”. La frase esprime nello stesso tempo la superiorità e il disprezzo di chi pensa di non avere bisogno di nulla perchè già possiede il potere e la sicurezza dell’Impero Romano che serve. Esprime anche il disincanto di un uomo, che è stato provato da molte situazioni della vita e sa che il problema fondamentale della vita è stare dalla parte giusta in ogni situazione, che l’uomo non ha bisogno di Verità, ma di quella astuzia che suggerisce sempre da che parte è più conveniente stare. C’è in questa frase anche una buona dose di rassegnazione. Che cosa può volere l’uomo pensa Pilato - se non quelle cose che permettono alla vita di soddisfare i propri bisogni e perchè ci si dovrebbe preoccupare di altro?. C’è anche una buona dose di cinismo che spinge a vedere l’altro che gli sta davanti come uno strumento con cui portare avanti quel sottile e massacrante gioco di potere con gli irriducibili capi di quel popolo fiero che erano gli Ebrei. Perchè prendersi cura di un uomo, che potrebbe diventare strumento comodo per un’affermazione personale ? Pilato 3 è una figura complessa in cui intravvediamo molti rimandi al mistero dell’incredulità che vediamo anche in noi e nell’uomo d’oggi. C’è l’indifferenza, che non è solo il sintomo di una banalità e di una stupidità sconcertante, ma che spesso è indotta nella vita dalle molte ferite e dalle molte delusioni subite e non curate e dalla paura che esse lasciano nella vita. C’è anche una forte attenzione al proprio io, il culto di una personalità troppe volte offesa dalla vita. Ed allora si è portati a difendersi, a prendersi cura soltanto di sé, ad usare l’altro per affermare sé stessi. C’è anche quel relativismo di chi troppe volte a visto cambiare lo scenario della vita ed è convinto che non c’è nulla di eterno e di immutabile per cui valga la pena impegnare tutta la vita. Pilato ci parla è una figura ancora molto attuale e lo sarà sempre di più. Può Pilato cambiare e con lui anche quel Pilato che vive in noi? Accanto a Pilato, c’è nella Passione un’altra figura, simile per la provenienza e la storia della sua vita: il centurione della Croce. Anche lui è un soldato, viene dalla stessa cultura di Pilato, ha lo stesso modo di ragionare. Ma il suo incontro con Gesù avrà un esito diverso da quello di Pilato. Anche per il Centurione all’inizio Gesù è uno dei tanti, che deve accompagnare alla crocifissione: è il suo lavoro, con le sue sicurezze e le sue fatiche. Ma il Centurione è un uomo che vede, che è costretto dal suo lavoro a vedere e a differenza di pilato, che pure aveva visto il mistero di quest’uomo, non accetta di far finta di non avere visto. E’ un uomo che accetta ciò che vede, permette a ciò vede di interrogare la sua vita, di fare confronti attraverso cui emerge che Gesù non è uno dei tanti, ma qualcuno di assolutamente diverso: il Figlio di Dio dice il Centurione stesso. Pasqua I suoi occhi che avevano sempre cercato la gloria, e la vedevano nei trionfi dell’impero e dei vincitori, ora improvvisamente la vedono in un Crocifisso. E’ un’esperienza, che mette in crisi la sua vita, il suo modo di pensare, il suo modo di guardare le cose. E accetta quel turbamento che Pilato non aveva saputo affrontare.Proprio il turbamento lo porta ad una strana professione di fede a diventare una delle prime figure credenti, che la croce genera. Il suo cambiamento è incredibile, perchè non è fondato su esperienze e parole di cui può far memoria, non avviene il un contesto particolare, che porta a vedere una rivelazione di Dio in ciò che sta davanti. Nasce all’improvviso e senza un particolare perchè. Questa figura del Centurione è la testimonianza della potenza sorprendente della grazia e dell’assoluta gratuità della fede. Ci dice inoltre che è possibile passare ( fare Pasqua) da Pilato al Centurione Credente. E’ possibile per tutti “vedere” e soprattutto aprirsi a ciò che si vede e rimanendo fedeli all’intuizione del cuore, arrivare a cogliere in un Crocifisso il Figlio di Dio e soprattutto è possibile anche per chi vive per la gloria dell’Impero, incominciare a vivere per il Regno di Dio, che è un Regno di un altro mondo. Ed allora anche noi siamo interpellati. Innanzitutto siamo invitati a scrollarci di dosso lo scetticismo che ci spinge a pensare e a dire che siamo fatti così e che non possiamo certo cambiare ora. Siamo invitati a vincere quell’indifferenza, che ci spinge a rimanere chiusi in noi stessi e nei nostri pensieri, anche se vediamo segni che ci inquietano, a non soccomb e re In cammino... Pasqua alla paura che ci irrigidisce e ci impedisce di seguire l’intuizione del cuore. Siamo dal Centurione potentemente richiamati a guardare a Colui del quale ci possiamo fidare, che non è uno dei tanti che attraversano la vita senza lasciare traccia, ma Colui che è destinato a rimanere, Colui che impedisce alla nostra vita di cadere nella dimenticanza e nell’oblio. Il centurione parla, dice ciò che il cuore ha intravvisto nel Crocifisso e per questo rimane per sempre. Diventa un modello di fede! La sua è una fede vissuta, che parte da un’esperienza significativa e personale, da qualcosa che gli ha veramente toccato il cuore. E non è una cosa straordinaria, come potrebbe essere per noi. Il crocifisso faceva parte della sua quotidianità del suo lavoro, della fatica del suo guadagnarsi da vivere. Eppure proprio lì trova quella “visione” e quell’esperienza che sono in grado di cambiargli la vita. La sua è anche una fede in cui la grazia dialoga con la domanda e l’intuizione del cuore. E’ questa è la condizione che rende la fede un’esperienza umana e concreta. Spesso ci si domanda che cosa aggiunge la fede alla nostra vita. Il Centurione ha trovato la risposta in questo dialogo che apre la sua vita alla significatività, ad una parola che rimane. Infine il Centurione è la testimonianza di una fede che dà il coraggio di percorrere la strada nuova che è aperta davanti. Lascia ogni calcolo e segue... Che sia anche per noi così! Una pasqua che sia un vero passaggio. E’ possibile passare dal potere che lega Pilato nella sua schiavitù, alla libertà del povero anonimo centurione che diventa credente. E’ possibile comunque al di là di tutte le nostre obiezioni e i nostri dubbi! Buona Pasqua don Piero Pasqua di Risurrezione Anche quest’anno celebriamo il dono della Pasqua e accogliamo la vita nuova del Risorto. La vocazione cristiana non è altro che l’impegno quotidiano a vivere un’esistenza pasquale. Fare Pasqua significa passare da tutto ciò che impedisce di sentirci “inseriti in Cristo” ad uno stile di vita che ci rende testimoni e promotori di speranza, di ottimismo, di capacità di superare le avversità. Lo spirito vero della Pasqua ci rende in grado di trasformare in esperienza di salvezza perfino i nostri limiti umani: la povertà, la malattia, le delusioni e i fallimenti di cui è costellata la nostra quotidianità. Nelle celebrazioni della notte di Pasqua sentiamo proclamare le grandi tappe della Storia della Salvezza, che non è solo la storia vissuta dall’antico Israele ma quella di ciascuno di noi, della nostra vita e della relazione d’amore tra noi e Dio. Proprio per questo la Chiesa – nel canto dell’exultet – descrive la notte di Pasqua con parole stupende “… il mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, piega la durezza dei prepotenti, promuove la concordia e la pace. Notte gloriosa, che ricongiunge la terra, il cielo e l’uomo al suo Creatore”. Nella Pasqua, la salvezza procurataci da Cristo si estende a tutti gli uomini, e dalla Pasqua scaturisce la missione universale della Chiesa che è anche la missione di ogni cristiano: di trasformarci con gli Apostoli in testimoni di Gesù di Nazareth, il Risorto, vivendo nella comunione e nella condivisione di chi è “morto e risorto con Cristo” impegnandoci a vivere l’Eucarestia, a farci “pane spezzato per gli altri”, nella vita di ogni giorno. Trasformando in preghiera lo spirito più profondo della Pasqua, siamo invitati a farci missionari e testimoni di amore: “Per la missione che hai affidato alla tua Chiesa Signore, fa che ci amiamo! Perché si ricostituisca l’unità di tutte le Chiese, Signore, fa che ci amiamo! Perché i poveri non muoiano più di fame e i deboli non siano più oltraggiati, Signore, fa che ci amiamo! Perché le bellezze del creato non siano più deturpate e risplendano della bellezza che Tu hai dato loro, Signore, fa che ci amiamo! Amen”. Il mistero della Pasqua deve sfociare nel dono della Risurrezione unendoci ai discepoli di Emmaus per comunicare l’incontro con Cristo a tutti, fino agli ultimi confini della terra. Se Cristo è “Risurrezione e Vita”, siamo anche noi dei risorti e ogni giorno risorgiamo e ci liberiamo dai nostri peccati. Da questa incrollabile verità sempre attuale possiamo trarre il motivo fondamentale della nostra fede e della nostra speranza. La Pasqua perciò è da vivere ogni giorno e da testimoniare in continuità, deve diventare una scelta di vita fino quando la gloria della risurrezione sarà pienamente rivelata e attuata.In ogni S. Messa la Pasqua è perennemente celebrata perché viene immolato Cristo, l’Agnello Pasquale. Anche noi con gli Apostoli siamo invitati alla mensa di Cristo; ci nutriamo di Lui per trasfondere ancora in noi la Sua vita divina, per annoverarci tra i figli: tutto questo è dono dello Spirito che dà la vita. Cristo è risorto, alleluia!Protetti da questa certezza, portiamo ai cuori la gioia della risurrezione, affinché nasca un mondo più giusto, dove regni la vera pace. La redazione di Oltrona 4 In cammino... Settimana Santa La settimana Santa, la “principale” di tutto l’anno sacro, si apre con la Domenica delle Palme e raggiunge il suo vertice nel Sacro Triduo. Non meno importanti sono però anche il lunedì, il martedì e il mercoledì, nei quali sono rievocate in particolare la figura e le vicende di Giobbe e di Tobia, che preannunciano le sofferenze di Cristo e la sua incrollabile fiducia nel Padre durante l’angoscia delle prove. Il giovedì, al mattino, il Vescovo celebrando l’Eucarestia, benedice gli oli e consacra il crisma che serviranno per le sacre unzioni nel Battesimo, nella Cresima e nel Sacramento degli infermi. Sempre al mattino, la liturgia ambrosiana prevede due celebrazioni bibliche: la prima sull’innocente ingiustamente condannato e la seconda sul perdono e sulla riconciliazione. Non tutti sanno però che la Pasqua inizia la sera del Giovedì Santo con la celebrazione dell’Eucarestia. Molti fedeli, facendo riferimento al vecchio modo di celebrare la Settimana Santa, prima della riforma di Pio XII, considerano tutto il Giovedì Santo come il primo giorno del triduo pasquale, mentre è l’ultimo giorno della Quaresima, fino a sera, quando inizia con la S. Messa in “Cena Domini” il santissimo triduo del Cristo Crocifisso (venerdì), sepolto (sabato) e risorto (domenica). Da questa importante impostazione deriva una profonda unitarietà delle principali celebrazioni del triduo, caratterizzate da uno sguardo contemplativo su tutto il mistero e sulle sue drammatiche sequenze. È necessario valorizzare anche la liturgia della Parola del sabato mattina, vera e autentica celebrazione del mistero della discesa agli inferi del Signore. La Messa vespertina ambrosiana del giovedì vuole ricalcare la successione cronologica degli avvenimenti, ricordando tutto quanto accadde nella notte del primo giovedì santo: l’ultima cena con l’istituzione dell’Eucarestia, ma anche il tradimento di Giuda, l’agonia nel Getzemani, l’arresto di Gesù, l’abbandono da parte dei discepoli e il rinnegamento di Pietro. In una parola, essa si caratterizza come primo atto commemorativo della passione di Gesù. La celebrazione del venerdì santo ne è la naturale continuazione, nonché il compimento: la proclamazione della passione viene infatti ripresa dal punto in cui era stata interrotta la sera precedente e commemora gli avvenimenti accaduti nel primo venerdì santo: il processo al Signore, gli scherni, la flagellazione, la coronazione di spine, la via dolorosa del Calvario, la crocifissione, la morte e la sepoltura. Nel nostro rito ambrosiano c’è dunque unità fra la celebrazione vespertina del giovedì santo e quella pomeridiana del venerdì santo: lo dimostra un antico testo liturgico, il canto dopo il Vangelo della messa “in cena Domini”, che la liturgia ambrosiana, unica in tutto l’occidente, ha ereditato dall’oriente bizantino, traducendo perfettamente un’antifona greca del VI secolo: “Oggi, figlio dell’Eterno, come amico al banchetto tuo stupendo, tu mi accogli. Non affiderò agli indegni il tuo mistero né ti bacerò tradendo come Giuda, ma ti imploro, come il ladro sulla croce di ricevermi, Signore nel tuo regno”. La liturgia ambrosiana, dunque sottolinea, nel triduo, questo aspetto particolare: per il cristiano celebrare la Pasqua significa unirsi a Cristo che soffre e muore per noi, per essere definitivamente unito a lui nella sua stessa vittoria sulla morte nella gloria della Risurrezione. La redazione di Oltrona 5 Pasqua Commento al messaggio di Benedetto XVI sulla Quaresima Muovendo dall’invito di “prendersi cura gli uni degli altri”, il papa squaderna molti pregiudizi della coscienza credente. Nella relazione tra fratelli il presunto rispetto della privacy, per non interferire nel giudicare la condotta altrui, maschera in realtà indifferenza e disinteresse per l’altro, così da evitarci il fastidio di difendere verità e giustizia. Nella vita familiare capita che un genitore, di fronte all’atteggiamento riprovevole del figlio adolescente, opti per un malinteso “quieto vivere”, dato che una presa di posizione educativa risulterebbe sgradita al minore e costosa per chi la assume. Riguardo al perdono torna alla mente la tesi di Jankélévitch, che vedeva nella Shoah un evento che pertiene alla sfera dell’imperdonabile. Oltre a dover ribattere con Deridda che la sfida del perdono comincia proprio dove si raggiunge la soglia dell’impossibile, torna alla mente la preghiera ritrovata su un foglio sgualcito nel Lager di Rawes¬brach: «Signore, ricordati non solo degli uomini di buona volontà, ma anche di quelli di cattiva volontà. Non ricordarti di tutte le sofferenze che ci hanno inflitto ma ricordati dei frutti che noi abbiamo portato, grazie alla nostra sofferenza. In questa sofferenza estrema di questo campo noi abbiamo portato frutti di fraternità, di lealtà, coraggio, generosità, grandezza di cuore che sono fioriti qui da ciò che noi abbiamo sofferto, e quando questi uomini, i nostri nemici aguzzini giungeranno al giudizio, fa che tutti questi frutti che noi abbiamo fatto nascere siano per loro perdono. Amen». Infine, la responsabilità di essere custodi dei nostri fratelli è un grimaldello per scardinare meccanismi di relazione sociale che privilegiano la logica dello scambio rispetto alla dinamica del dono. L’episodio evangelico di Zaccheo racconta dello sguardo ospitale del Signore, capace di farsi ospitare in casa del peccatore. Quello di Gesù è uno stile che diventa messaggio. E diviene ammonimento per una Chiesa che deve conformarsi a Lui. Marco Vergottini (Avvenire, 9/2/ 2012) In cammino... Pasqua presa di coscienza personale ci accingiamo a celebrare la Pasqua quale evento di straordinaria dedizione al bene dell’uomo. Emilio Coser Una brutta malattia Riguardo all’indifferenza si può usare tranquillamente l’espressione “è una brutta malattia“, tanto più brutta quanto non considerata come tale e quindi non combattuta con antidoti efficaci. E sì, perché normalmente cresce in noi lentamente con l’avanzare dell’età, s’insinua in modo subdolo nel nostro comportamento, ruba suadentemente spazio all’interesse per le persone e le cose facendoti sembrare meno pesante l’esistenza. La usiamo come arma per difenderci da tutto ciò che di brutto succede attorno a noi perché sappiamo bene che sentirlo come nostro, sentirci compartecipi, è motivo di sofferenza, di tristezza e dolore. Viviamo l’indifferenza come anestetico per la vita illudendoci così di campare meglio. Ho cercato di descrivere un modo di essere che è molto diffuso ma che chiaramente convive con manifestazioni di segno opposto, che non sono poche: pensiamo alla partecipazione a un lutto, l’attenzione discreta a chi vive situazioni difficili, l’attivarsi per chi sappiamo in cerca di un lavoro o di una casa, il darsi da fare per il bene comune in ambito sociale, politico, nelle associazioni, nel volontariato; insomma tutto ciò che nel gergo dialettale risponde all’espressione “casciarsela”. Ma come porsi da cristiani davanti a tutto ciò? Che giudizio dare? La nostra fede ha qualcosa da dire al riguardo? Come incide su quest’aspetto della vita l’appartenenza alla chiesa? Il vangelo ci dice che ogni uomo è nostro fratello, fratellanza che scaturisce come conseguenza dal riconoscerci figli dello stesso padre, carne della stessa carne e sangue dello stesso sangue. Basterebbe questo per fugare ogni dubbio sul giudizio da dare all’indifferenza; il papa ha peraltro recentemente risottolineato come sia profondamente giusto e doveroso l’interesse per le sorti altrui, la condivisione nel bene e nel male, il “ridere con chi è nella gioia e il piangere con chi è nel pianto”. M anche facendo un’osservazione introspettiva, com’è possibile rimanere indifferenti al bisogno altrui senza sentirsi rodere dentro nell’animo? Senza sentire nel proprio intimo una distorsione ben sapendo che quello che non facciamo per i nostri fratelli non l’abbiamo fatto a Lui? Che spessa coltre di cinismo ci avvolge! Che denso alone di superficialità! E’ vero che a volte sembra di perdere tempo pensando ad altri; è vero che a volte siamo rimasti delusi o peggio ancora siamo passati per fessi agli occhi del mondo, che le nostre buone intenzioni sono state ricambiate con delle fregature: Certo, è tutto vero, ognuno di noi penso potrebbe elencare molti esempi. Ma basta tutto ciò per desistere? In altre parole, abbiamo bisogno di una gratificazione esterna a noi per poter agire in modo corretto? Credo che il giudizio da dare debba trovare ragioni autonome dentro l’insegnamento della chiesa e non possa essere in balia di altri fattori; vorrebbe dire che la cosa giusta o sbagliata da fare può mutare in funzione delle circostanze, relativizzeremmo ciò che invece è un caposaldo della nostra fede: il donare sempre e comunque, la gratuità come connotato irrinunciabile: La figura di Pilato si delinea ai nostri occhi come esempio storico macroscopico per dirci come l’indifferenza, il suo lavarsene le mani, diventa alfine complicità, diventa compartecipazione al male fin nelle sue estreme conseguenze. L’atteggiamento di Pilato ci insegna che una posizione neutra non è priva di conseguenze, non è priva di effetto ma anzi ci impone una riflessione sulle ricadute che comporta. Qualsiasi cosa decidiamo di fare o di non fare, non ci è lecito non soffermarci a considerare cosa può comportare. Sperando di aver dato un piccolo contributo per una maggior Testimoniarti Madeleine Delbrel ha scritto una poesia intitolata “Il ballo dell’obbedienza”. SeguirTi è lasciarsi guidare in questa danza, senza sapere dove ci condurrai. A volte è così semplice, ci si sente così gioiosamente innestati, i passi fioriscono spontanei, morbidi. Altre costa uno sforzo, si ha quasi paura di impazzire. Non ci illudi con facili consolazioni. Chiunque voglia venire dietro a Te, deve prendere su di sé la propria croce ogni giorno, rinnegarsi, dimenticarsi. Perché amore non è in fondo che una perdita di centratura. Perché seguirTi? Perché il nostro fiato intimo è cosa Tua, perché noi siamo strutturalmente cosa Tua. Se non è amato in Te prima o poi tutto diventa pesante, insopportabile, vuoto. Perché noi non siamo capaci di amare. Sei Tu che devi amare in noi. Parlare di Te è guardare le prime gemme che spezzano i rami, preparano fioriture, campi che già biondeggiano. Tu sei la nota che segue il morire, il Tuo corpo lo sconta in ogni ranuncolo. Perché Tu sei umile, generoso, sei Colui che solo ama.Tutto in Te è linguaggio, sacrificio, profumo. Questa creazione incessante che avviene in Te, che sempre vivi e agisci. TestimoniarTi è raccontare che Tu agisci, perché sei Dio: siamo stati nel deserto, disperati, e Tu, in un mattino inutile, ci hai fatto risentire l’odore delle gemme, ci hai messo nella gola un canto nuovo. Penso a Nicodemo che T’insegue, dove è più fonda la sua notte, dove scopre che da solo non può salvarsi, e Tu gli insegni il movimento, la libertà dello Spirito, fai di quest’uomo una creatura nuova. è così vanità voler sentire il Tuo abbraccio, Tu sei l’osso, la radice, la speranza. Se smettessimo di credere che tutto dipende da noi, che dobbiamo fare, arrangiarci le situazioni. Se imparassimo a danzare. A seguirTi. Fare quello che ci dici. Credere nella spezzatura nel seme, nel perdersi, perché il Tuo frutto rimanga.Se ci accorgessimo che altro non siamo che i gigli del campo. Sarebbe così dolce questo giogo, che ci inarca la schiena, sempre, ci insegna in ogni fibra a non fare la nostra volontà. Perché Tu lo porti in noi. Perché Tu sei Colui che il nostro respiro ama. Roberta Lentà 6 In cammino... Pasqua mondo e che è il Tuo corpo, in cui sussisto. Come in ogni uomo che mi hai messo accanto. Persino in chi mi ha ucciso, perché fosse più stretto il nostro abbraccio. Israele, Dimmi, o amore dell’anima mia, Non mi trattenere. E sento tu sei rovinata che anche questo non trattee solo io ti posso aiutare. dove vai a pascolare le greggi nerTi è un modo di spargere Osea 13, 9 Tuoi piedi il profumo madove le fai riposare al meriggio, sui turato al frantoio della vita, Mi sono lasciata distrarre, quello che un tempo gettai perché io non debba vagare dissipare. Da allegrezze, morendo, perché è altrove, dolori, preoccupazioni. Da dietro le greggi dei tuoi compagni? cosa Tua. Girerò a vuoto, per ricchezze che mi hanno agle strade, per le piazze, come ghindato come una cosa. (Cantico dei Cantici 1, 7). la Sulammita. Sarà una Ho camminato nel deserto, piena anche quel passo. Dilento. Io che sono quella che meno in lungo e in largo. Sono stata deverrò dall’anelito del respiro. Quelmerita quello sguardo. Il deserto mi predata, una terra desolata, un l’ansito nel fiato sarà il desiderio ha insegnato a conoscere il mio campo di guerra. E ho depredato, stesso dell’incessante creazione cuore. Ma Tu, per il Tuo amore, puoi con l’astuzia del miserabile, dell’inche Ti spasima. Si accorderà ai far sgorgare l’acqua dalla più dura consistente. gigli, al vento. Vedi, non devo che delle rocce, avere pietà di me. PerSono Maddalena e non sapevo di fare spazio. Perché sia Tu ad amare ché tutto il resto è vanità. E Tu sei essere schiava. Non sapevo la mia in me. Perché io, da oggi, Amore, la Parola mediante cui il Padre ferita insanabile, eppure attravernon sono più mia. attua, regge le costellazioni, le marsava ogni mio respiro. Sono stata E corro ad annunciarTi, a perdigherite in primavera, la speranza. usata, come un oggetto, ho impafiato, con la gola che non regge il Ti ho inseguito senza sapere perrato la freddezza delle scissioni. E canto, le sinfonie. Inciampo. Ma Tu ché, come la cerva anela ai corsi ho usato, appreso l’arte della fuga, sei la musica, baci Tu questi gesti d’acqua, conservando le Tue paper salvarmi ad ogni costo dal domonchi in una danza. role come perline di un diadema. lore. Per non morire mai. E morire Roberta Lentà Me le sono ripetute in ognuna delle così, esausta e nuda. Perché quemie pene, fino a sentirle nelle venasto dolore infinito non nasce dalle ture delle foglie, perché tutto è graferite ricevute, ma da quelle inferte. zia e vento, e cammino su un suolo Io non lo sapevo, Gesù. Ce l’avevo santo. Fino a sentirmi un col mondo. Dovevo essere più forte, campo di gigli, di pane. più furba, dovevo assolutamente Benedetto l’inverno, salvarmi. E non sapevo che ci si Amore. Come avrei fatto salva solo cedendo, offrendo il spazio altrimenti? Avrei dorso ai flagellatori. Come fai Tu, in potuto conoscerTi solo me, ogni volta, e nella carne del Tuo per sentito dire. Intesabbraccio a cui non desidero che sere discorsi, lanciarTi accordarmi, perché non c’è luogo in addosso sassi, non cui non riposi in Te. comprendere nelle ossa Quasi non osavo avvicinarmi alla cosa significhi rinascere folla, mentre Tu predicavi. dall’alto, Gesù. Ed ora so Che ci faccio io lì, con loro? In un che è una perdita di graangolo, la schiena poggiata contro vità, un decentramento, un il tronco di un albero, della nostra diminuire. Un essere come la croce, Amore. Che speranza vuoi neve, la gola del papavero che che abbia, io? Mi vedi, veramente? tende alla Luce il Tuo stesso Con le mie cavigliere da schiava gemito inesprimibile. che scuoto in faccia al vento, a testa E quando ho trovato la alta, proteggere il niente che sono. tomba vuota ho pensato Io lo so che la mia vita sta andando solo – non possono averin frantumi. Lo so. Ma cosa vuoi che meLo portato via. Non posfaccia, so bene cosa significa essono. Perché Tu intessi il sere schiava del peccato. Tu sei mio tempio, perché la copreziosa ai miei occhi, degna di rolla delle magnolie che mi stima, e io ti amo. Non so perché hai fiorito nel fiato è Tua solnel Tuo sguardo queste parole mi tanto, Tuo ne è il nome. Non abbiano invasa, precise. Non so ho riconosciuto il Tuo viso perché proprio io, in fondo alla folla, nel giardiniere bianco. Come col viso deturpato da un trucco vionella sinfonia che muove il Perché io non debba vagare 7 In cammino... VII Incontro mondiale delle Famiglie Milano 30 maggio -3 giugno Convegno Famiglie La famiglia, il lavoro, la festa Le famiglie a raduno Quest’anno la Diocesi di Milano ha l’onore di ospitare il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, raduno voluto da Sua Eminenza Cardinal Dionigi Tettamanzi e che si svolgerà a Milano dal 29 Maggio al 3 Giugno, giorno in cui verrà celebrata la S. Messa da Papa Benedetto XVI. E’ un Raduno di grande portata e rilevanza internazionale, che ha il privilegio di richiamare famiglie di ogni provenienza, con abitudini e tradizioni diverse, ma mosse da un unico “motore” e spinte dagli stessi sentimenti umani e dai medesimi valori religiosi, che trovano la loro unica fonte in Cristo Gesù. In questi mesi parlando con diverse persone abbiamo raccolto interpretazioni diverse per valutare l’evento. Un punto di vista mette in risalto l’aspetto mediatico dell’avvenimento, quasi fosse proposto da una realtà piuttosto lontana dalla concretezza che vivono le famiglie nel loro quotidiano. Noi pensiamo che l’opportunità che ci viene offerta, sia di grande stimolo per le parrocchie, per le comunità pastorali della diocesi, che mai come in questo momento hanno la possibilità di “rilanciare” la famiglia e metterla al centro delle proposte pastorali, segnando l’inizio di un cammino, che dal 3 giugno potrà continuare e diventare occasione di formazione e di discussione per i prossimi anni. Sarà anche un’ ottima possibilità per organizzare momenti di incontro, che aiutino a calare nella vita concreta quella tipica spiritualità coniugale e famigliare, nutrimento per le relazioni che si intrecciano nel suo interno, per non distogliere lo sguardo dall’ Amore originario. E speriamo che ogni famiglia, ognuna nell’ espressività che gli è originale, riesca a cogliere le bel- lezze, i doni, le gioie che le sono proprie, ma ci auguriamo possa riconoscere anche le difficoltà, le fatiche o gli impegni, che inevitabilmente si presentano nel tessuto delle relazioni, perché anche questi aspetti siano oggetto di condivisione, contro il rischio di chiusura nel proprio mondo, con l’illusione di bastare a se stessi. Accogliamo dunque con gioia questo avvenimento, cercando di essere disponibili ad aprire il nostro cuore e le nostre case, fidandoci di quel Gesù, che ha compiuto proprio il suo primo miracolo durante una festa nuziale. Sarebbe piacevole organizzare momenti di accoglienza-festa, nella semplicità, proprio per far sentire “a casa loro” le famiglie che arrivano da lontano e poter gioire di momenti di convivialità che mettono a proprio agio! Nel frattempo il nostro decanato, in preparazione a questo evento, ha già proposto quattro serate di catechesi, che hanno come tema la famiglia, la festa e il lavoro: sono i 4 incontri del “quaresimale del lunedì sera a Laveno Mombello, a Cocquio Trevisago, a Gavirate e a Besozzo. A Gavirate, prossimamente, saranno proiettati quattro film, a cura de “L’Immaginario”, dedicati ai vari aspetti della famiglia, al termine dei quali ci sarà la possibilità di discutere anche con esperti sui temi emergenti. Domenica 15 Aprile, nel pomeriggio si terrà Laveno, per desiderio di Sua Eminenza il Cardinale A n g e l o Scola, una Festa della Famiglia Laica, dove si potranno conoscere più da vicino alcune realtà che 8 operano a favore delle famiglie nel nostro decanato. Un altro incontro si terrà in zona, più precisamente al collegio De Filippi di Varese: inserito nel contesto dell’Incontro Mondiale delle famiglie, ha come titolo “Libera professione e vita in famiglia”; avrà luogo giovedì 31 Maggio alle ore 15. Il programma più dettagliato di tutte le attività relative al raduno sono esposte nelle bacheche delle nostre chiese, con la possibilità di iscrizione agli incontri desiderati. Noi ci sentiamo di invitarvi ad afferrare questo momento di grazia per la famiglia, che , essendo la cellula fondamentale della società, ha bisogno di essere sostenuta e guidata nella crescita umana e di fede, per diventare anche punto di riferimento, appoggio, amicizia per coloro che più faticosamente vivono le problematiche famigliari. Un saluto fraterno Roberta e Roberto Torsa In cammino... Convegno Famiglie Famiglia: lavoro e festa Family 2012: la grande kermesse a Milano L’incontro mondiale delle famiglie si svolgerà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno, accanto al pilastro dei due giorni di festa e preghiera con il Papa, si fonda anche sulla proposta di tre giorni di riflessione di alto profilo. Il Congresso teologico-pastorale internazionale che si svolgerà a Fiera Milano City (accanto alla vecchia fiera campionaria) è aperto a un pubblico vasto: Da una parte gli studiosi e le delegazioni ufficiali delle diocesi del mondo, dall’altra, i rappresentanti di parrocchie, associazioni e realtà parrocchiali interessate al tema “Famiglia: lavoro e festa”. I lavori saranno aperti dai cardinali Angelo Scola,arcivescovo di Milano, e Ennio Antonelli, presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia; si articoleranno su sei sessioni plenarie mattutine con relatori di altissimo calibro ecclesiale e civile; con tavole rotonde pomeridiane (su temi a scelta) e trasferte nella città di Milano e in quello lombarde. A Varese il 31 maggio pomeriggio si discuterà di famiglia e questioni di economia d’impresa. Tra i principali relatori sono attesi il card. Gianfranco Ravasi (La famiglia: tra opera della creazione e storia salvezza); il card. Dionigi Tettamanzi (La famiglia e il lavoro oggi: tra opportunità e precarietà); la studiosa spagnola Blanca Castilla (La famiglia e la festa fra antropologia e fede), l’arcivescovo di Bostoon, Sean O’ Malley (Santificare la festa: la famiglia nel giorno del Signore). Accanto al congresso degli adulti, è prevista anche una proposta per i ragazzi,cioè i figli dei delegati ma anche i ragazzi dei nostri oratori. 9 La partecipazione all’intera settimana è aperta a tutti. Occorre però iscriversi sul sito www.fanily2012.com Per partecipare agli incontri con il papa all’aeroporto di Bresso (festa del sabato pomeriggio e sera) e messa della domenica mattina occorre richiedere il pass gratuito e obbligatorio d’ingresso (entro e non oltre il 9 maggio 2012). In cammino... L’ipocrisia dei Cristiani gli era quella di raccontargli la mia esperienza. Gli dissi che questa domanda era stata per me il punto di partenza. Nel tempo avevo ascoltato una gamma molto ampia di risposte e mi era apparso evidente che ognuno Riflessione mande perché sa che lei gli vuole bene. E se la risposta non è quella che vorrebbe, comunque sa che è quella migliore per lui. L’accetta, magari con fatica, ma poi continua sereno il suo cammino. Ero sul treno e accanto a me sedeva un amico che avevo incontrato Ora molti continuano a ripetere che alla stazione. Il discorso la fede è un dono di Dio e se come il solito saltava da non l’hanno non è colpa loro. palo in frasca. Poi improvvi- Viene per me Gesù, ma tra i fratelli Non capiscono che questo samente, quasi come se non è un fulmine che coldono nel mezzo della Chiesa a me si dona avesse trovato il coraggio, pisce all’improvviso, ma è inmi chiese bruscamente: anche se solitaria è la mia persona vece un’offerta proposta Perché i cristiani sono così continuamente a tutti tramite ipocriti? Io non sapevo vita nel Cristo, unanime con quelli tanti testimoni, a volte struquanto lui credesse e qual menti inconsapevoli. Poi era lo scopo della sua do- Campana di Lombardia spetta a ognuno decidere libemanda per cui ebbi il dubbio Clemente Maria Rebora ramente di dare o meno la prose fosse alla ricerca di una pria adesione. giustificazione o facesse un atto di accusa o soltanto diCerto che bisogna saper domostrasse la sua delusione. minare il proprio egoismo e la Certo sapevo che l’accusa propria superbia per avere la d’ipocrisia era fondata, ma capacità di ascoltare e saper guardandomi attorno avrei leggere i segni che nella vita potuto anche dire, ma da capitano. Io ricordo sempre quale pulpito stai parlando? che il bene che porto lo devo Chi oggi non ne fa grande a tre persone precise a cui ho sfoggio? D’altra parte io non prestato molta attenzione: mio potevo di certo parlare per padre, un sacerdote e mia mogli altri, visto che non posso glie, che con la loro testimoleggere nel fondo del loro nianza e la loro vicinanza mi cuore soprattutto in una sohanno aiutato a imboccare la cietà dove l’ipocrisia campa mia strada quasi senza che io ovunque, anche nelle me ne accorgessi. chiese. Ipocrisia è partecipare a riti più per abitudine Ma la mia è la strada giusta? che per fede, non far seA questa domanda non posso guire le opere alle parole, ha una sua riposta ma ha anche la dare una risposta definitiva perché non coltivare la pace e l’armonia certezza di non possedere tutta la questa va cercata nella vita di ogni anche con chi non crede. verità, di non avere la fede che vorgiorno che pone sempre nuove sirebbe e di avere molti dubbi. D’altra tuazioni. Ma sinora posso dire che È un male antico cercare di apparire parte un Dio misterioso nella sua non ho trovato alternative più valide diversi da quelli che si è, nasconimmensità che non si vede e non di quelle che la mia fede mi ha dato dere quello che si pensa realmente, parla, come fa a non lasciarti dei spingendomi a essere sempre aucercare di fare coincidere ciò che è dubbi? tentico e coerente, testimone singiusto con i propri interessi, essere cero a qualunque prezzo senza mai pronti a condannare le piccole cose Naturalmente anch’io non ho mai essere offensivo. Ora non mi pongo che disturbano, ignorare il male che avuto la certezza di possedere tutta più tante domande, mi affido a Gesù si produce e arrivare persino a vanla verità ma solo qualche framsempre presente e attuale, non tare la propria miseria con grande mento, però ero comunque arrivato sono mai sazio di conoscere la sua teatralità. a una mia risposta. Questa risposta parola poiché lui mi ha mostrato con era una sintesi di un lungo cammino la sua morte un amore che nessun Certo non era facile dare una rispoche negli anni mi aveva fatto imbocaltro è stato in grado di darmi e mi sta. Tuttavia non volevo sfuggire care tanti vicoli ciechi. Avevo scarha insegnato a chiamare Dio: Padre alla domanda con una riposta genetato il sentimento, anche se questo misericordioso. rica, perché non gli volevo aggiunvi entrava, avevo scartato la ragere una nuova delusione. Cercai gione, anche se questa vi entrava. Non so se il mio amico fu contento allora di approfondire il retroterra da Ero tornato all’atteggiamento del della mia risposta, mi fece poche cui era sorta e il discorso si spostò domande, rimase pensieroso e alla bambino verso la sua mamma. Lui su cosa è la fede e cosa comporta. fine mi salutò cordialmente. quando ha un problema si affida La migliore risposta che potevo darLuciano Folpini ciecamente a lei, senza porsi do10 In cammino... Vita della Comunità Vita della Comunità AFFINCHE’ LA PAROLA CORRA: terminata la lettura della Bibbia! E’ iniziato nel 2009 l’esperimento della lettura continuata della Bibbia, che si è concluso in questa Quaresima; negli ultimi anni infatti, la prima settimana dei tempi forti è stata dedicata alla lettura dei libri della Bibbia. Davvero poche sono le parrocchie che possono vantare di aver letto insieme tutta la Parola di Dio… dalle sue interminabili e, a volte, incomprensibili letture dell’Antico Testamento, alle più note pagine del Vangelo. Nonostante i momenti di fatica siamo comunque riusciti a concludere e a gustare il tempo di ascolto e di lettura. Ci è sembrato significativo rilanciare la Parola di Dio, che spesso viene trascurata nella nostra vita o classificata tra le cose “già sentite”. Aperto a tutti l’invito per la lettura: si sono cimentati nella proclamazione della Parola bambini, ragazzi, giovani, adulti e anziani appartenenti ai vari gruppi presenti nella parrocchia, e poi nella comunità pastorale. Ma oltre alla singolare esperienza e all’aver “intriso” della Parola le mura della nostra Chiesa, cosa resta di queste serate passate all’ascolto? Un invito a conoscere ed approfondire il testo che è alla base della nostra fede al quale spesso non diamo l’attenzione che dovremmo. L’immagine che resta è quella di San Girolamo, grande appassionato della Parola, che ci invita a farci trovare dal sole che sorge con il libro in mano… Rendere concreto questo invito è la sfida del credente che non si vuole fermare a una fede tradizionale e spesso superficiale, ma radicata sempre più nella vita e nella verità del Vangelo. Piero e Leda Eravamo tutti rapiti, forse un po’ intimoriti persino A messa dal cardinale Martini L’esperienza del gruppo catechesi famiglie Smagrito per la malattia ma sorridente, diafano in volto, le lunghe mani sottili e l’anello simbolo della sua carica, ma soprattutto l’autorevolezza gentile del volto, sia pur segnato da una certa sofferenza: così ci ha accolto il Cardinal Martini, già emerito Arcivescovo di Milano, entrando sulla sua sedia a rotelle nella piccola cappella dell’Aloisianum di Gallarate per celebrare per noi, gruppo delle famiglie della Parrocchia di Gavirate, la S. Messa. Eravamo arrivati da poco e in realtà saremmo dovuti essere di meno, proprio per non affaticarlo e invece poi … nessuno ha resistito e c’eravamo praticamente tutti, anzi anche qualcuno di più, una mamma, un nonno e i bambini al gran completo! Ci siamo stipati come non si poteva. “State seduti sulle panche, così sembriamo di meno”. “Ecco, là vicino alle finestre, così c’è più spazio” “Voi, bambini, mi raccomando fate i bravi. Arriva una persona importante. Comportatevi bene. Mettetevi lì, vicino al calorifero seduti per terra a gambe incrociate. I cappotti portiamoli di là che occupano troppo posto. Attenti all’umidificatore che è pieno d’acqua. Non fatelo cadere!” Cosa che puntualmente si è verificata. Poi è arrivato lui, dolcevita e pantalone nero, la sua nota altezza un po’ compressa dalla posizione seduta e il suo assistente, don Damiano, che lo spingeva sulla carrozzella con un sorriso … Eravamo tutti rapiti, forse un po’ intimoriti persino, e non solo i bambini, che all’improvviso sono ammutoliti. Il momento ha assunto una sua solennità, serena e pensosa, che di fatto è durata per tutta la celebrazione, davvero inusuale, così sussurrata dalla voce di Martini flebilissima e per questo riecheggiata in ogni battuta da don Damiano. Eppure le parole non si perdevano, raccolte talvolta sul labiale di quel volto che tenacemente e solennemente, nonostante l’impedimento fisico, assolveva serenamente alla sua funzione di ministro di Cristo. I canti di tutti noi, sommessi, l’eco delle letture del rito romano ma soprattutto il segno di pace che i bambini, in fila diligente, hanno voluto dargli: tutto questo ci siamo riportati a casa, con la commozione della liturgia domenicale. Rita De Santis 11 LA SETTIMANA SANTA LA PREPARAZIONE: Celebrazione comunitaria della Riconciliazione per giovani e adulti VENERDI’ 30/3 LUNEDI’ 2/4 MARTEDI’ 3/4 MERCOLEDI’ 4/4 ore 21.00 A VOLTORRE ore 21.00 A GAVIRATE ore 21.00 A COMERIO ore 21.00 A OLTRONA Confessioni Individuali: OLTRONA ORE 9.00 - 10.00 e 16.00 - 18.00 GAVIRATE 15.00 - 18.00 COMERIO ORE 10.00 - 11.00 e 14.30 - 15.30 VOLTORRE ORE 10.00 - 11.00 e 14.30 - 16.00 DOMENICA DELLE PALME: Processione degli Ulivi e S.Messa ORE 9.45 ORE 10.30 ORE 10.45 ORE 11.00 TRIDUO SANTO VOLTORRE GAVIRATE OLTRONA COMERIO GIOVEDI’ SANTO MATTINO ORE 7.00 ORE 8.00 OLTRONA LITURGIA DELLA PAROLA GAVIRATE LODI E INTRODUZIONE DELLA GIORNATA GIORNATA EUCARISTICA PER TUTTI I RAGAZZI DELLA COMUNITA’ ORE 10.30 CONFESSIONI ORE 14.30 LAVANDA DEI PIEDI ORE 16.00 S. MESSA PER I RAGAZZI CELEBRAZIONE PER GLI ANZIANI E PER GLI AMMALATI ORE 17.00 OLTRONA ORE 17.00 VOLTORRE MESSA IN COENA DOMINI PER TUTTA LA COMUNITÀ PASTORALE ORE 21.00 GAVIRATE VENERDI’ SANTO MATTINO ORE 7.00 ORE 8.00 OLTRONA VIA CRUCIS GAVIRATE LODI E INTRODUZIONE DELLA GIORNATA LITURGIA NELLA MORTE DEL SIGNORE ORE 15.00 COMERIO ORE 15.00 GAVIRATE ORE 15.00 VOLTORRE ORE 15.00 OLTRONA PREGHIERA ALLA CROCE PER TUTTA LA COMUNITA’ PASTORALE ORE 21.00 VIA CRUCIS DALLA CHIESA DI OLTRONA ALLA CHIESA DI VOLTORRE SABATO SANTO LITURGIA DEL MATTINO ORE 7.00 OLTRONA ORE 8.00 GAVIRATE PER I CRESIMANDI DI TUTTA LA COMUNITA’ ORE 15.00 ACCOGLIENZA DEGLI OLI nella cappella dell’Oratorio di Gavirate VEGLIA PASQUALE ORE 21.00 VOLTORRE ORE 21.00 OLTRONA ORE 21.00 GAVIRATE ORE 21.00 COMERIO PASQUA E LUNEDI DELL’ANGELO ore 8.00: Gavirate ore 9.00: Groppello-Comerio ore 10.00: Casa di Riposo Gavirate e di Comerio-Voltorre ore 11.00: Comerio-Gavirate-Oltrona ore 18.00: Gavirate E’ sospesa la Messa Vespertina di Voltorre In cammino... Vita della Comunità Suor Teresa Tante sono le immagini di suor Teresa che mi vengono in mente. Tutte testimoniano la dedizione, la cura che aveva per il nostro oratorio. Per noi bambini era un importante punto di riferimento: tanto per cominciare era sempre presente. Cascasse il mondo, sapevi con certezza che suor Teresa l’avresti trovata nella saletta dell’oratorio al primo piano. Come se fosse lì ad aspettarti. A noi bambine colpiva la sua corporatura esile ed aggraziata insieme, il suo modo accurato di sistemarsi il velo, la delicatezza con cui girava le pagine del Vangelo, la sua voce sottile e chiara allo stesso tempo. Era precisa e rigorosa. Me la ricordo in qualità di catechista della mia classe, che seguiva in vista della Prima Comunione. Per lei il catechismo era un affare serio: le pagine di un quadernetto che, ogni settimana, dovevamo compilare con le nostre riflessioni e i nostri disegni venivano poi attentamente controllate da lei la volta successiva e persino valutate. Spesso ci chiedeva di imparare a memoria preghiere e salmi che an- cora oggi, grazie a lei, ricordiamo. Era una donna energica suor Teresa. Non mancava di riprendere con severità chi sbagliava o si comportava male. Il suo sguardo e il suo tono di rimprovero erano in grado di far tremare anche i più monelli. Non tollerava gli atteggiamenti di maleducazione e di prepotenza, né che si saltassero i momenti di preghiera. Al contrario, desiderava che le cose venissero fatte con cura, compostezza, ordine, atteggiamenti che si sforzava di trasmetterci. Il suo inte- resse per le cose belle si percepiva nitidamente durante le lezioni di ricamo che ogni anno teneva all’oratorio feriale. Rimaneva ore ed ore ad insegnarci ad eseguire disegni a punto croce, correggeva i punti sbagliati realizzati da mani piccole e inesperte come le nostre, tanto che spesso (se non sempre!) gli orari non venivano rispettati e si proseguiva più del dovuto, fino alla preghiera di fine giornata. “Prendetevi cura del vostro oratorio!” sono state queste le ultime parole che suor Teresa ha rivolto a me e ad un’amica, mentre la salutavamo prima della sua partenza definitiva da Gavirate. Sul principio quel congedo mi era parso strano, ma, riflettendoci, oggi ne comprendo pienamente il valore e il significato. Una persona che, come lei, si era spesa anno dopo anno per educare, seguire, formare bambini e ragazzi si preoccupava delle sorti del “suo” oratorio, che stava con tristezza per lasciare, chiedendo a tutti noi di coltivarlo, di averne cura, di occuparcene al meglio delle nostre possibilità, che è forse il più bel segno di riconoscenza e di affetto che, oggi, le possiamo fare. Anna Vergottini Don Giuseppe Ortelli Giovedì 16 febbraio, in ospedale, a Varese, un mese dopo il suo ricovero, Don Giuseppe Ortelli, Parroco di Voltorre, a soli 68 anni d’età, è entrato nella vera vita, la vita eterna, godendo della piena visione del Dio che aveva tanto amato ed al quale aveva donato tutta la sua vita, nel suo ministero sacerdotale. Per ricordarlo vogliamo proporre un riassunto di quanto detto da Vescovo Ausiliare Monsignor Luigi Stucchi e dal signor Giuseppe Bassi, a nome del Consiglio Pastorale di Voltorre, durante la celebrazione delle esequie, svoltesi lunedì 20 aprile, nella chiesa parrocchiale. Tutti i suoi parrocchiani hanno voluto ricordarlo come uno di loro, a volte pacato – come dimenticare certe omelie tenute a voce sommessa? Oppure, a volte, infervoratissimo – ma cos’ha, oggi Don Giuseppe? Si chiedevano i suoi parrocchiani, in certi giorni che non riusciva trattenere lo sdegno per certi fatti - comunque sempre come il carissimo Don Giuseppe. Amante dell’essenziale, sobrio, innamorato della bellezza, grande appassionato degli eventi e dei personaggi nei quali sono radicate le nostre origini e in particolare la chiesa di Voltorre, tanto legata al suo chiostro. Non a caso il vescovo ha voluto accostare la sua esperienza a un albero dal robusto tronco e ben radicato nel terreno delle nostre origini e, soprattutto, della fede. Era stato ordinato sacerdote nel 1968, un anno particolare per le vicende che hanno caratterizzato l’Italia di allora, ma che avevano anche segnato il suo ministero sacerdotale. Come già detto, le sue prediche sono state spesso influenzate dalla sua sensibilità verso i problemi sociali, spronando a coniugare la fede con le esigenze della giustizia. 14 In cammino... Vita della Comunità Dopo avere fatto esperienza di Pastore nella Parrocchia dei S.S. Angeli Custodi in Milano, poi a Rovate, era giunto a Voltorre alla fine d’ottobre del 2002, facendo il suo ingresso ufficiale l’8 dicembre, festa della Madonna Immacolata. Subito appassionato della comunità, con tenacia ha voluto che la ricorrenza della festa patronale di S. Michele, di anno in anno, fosse l’occasione perché tutte le componenti del paese: parrocchia, istituzioni, associazioni si ritrovassero sempre più unite nel festeggiare il santo patrono, crescendo nella comunione e nel rispetto reciproco. Con vero spirito di Pastore ha sempre cercato la pecorella più lontana dalla Chiesa, per farla sentire accolta nella Chiesa e amata da Gesù. Ma il suo sguardo si è allargato anche sulla Chiesa Universale, attraverso le visite ai paesi più lontani, attraverso le missioni di Suor Mariangela e Padre Bruno Philip. Proprio il suo ultimo viaggio in Birmania, fatto per conoscere da vicino l’opera che Padre Philip fatta di accoglienza dei bambini resi orfani da guerre tribali e di potere, aveva segnato il suo fisico e resa manifesta la malattia che lo ha condotto a concludere così repentinamente la sua vita terrena. Nonostante l’evidente stato di sofferenza, ha voluto con amore caparbio completare il giro della benedizione natalizia, quasi voler dare l’ultimo saluto ai suoi “figli”. Ponendo Gesù Eucaristico al centro del suo insegnamento, ogni primo giovedì del mese ne proponeva l’adorazione eucaristica. Senza mai scoraggiarsi per la scarsa adesione, certo che questo gesto fosse la radice vera che produce veri frutti di amore e di unità tra noi. L’invito a pranzo da parte di qualche famiglia era sempre occasione per proporre la parola del Papa durante l’Angelus, parola autorevole per la sua e la nostra fede e per l’esercizio del suo ministero. Uno dei “pulpiti” più frequentato è sempre stato un tavolino dell’Oratorio, perché tra un aperitivo o una cena veloce, oppure con una partita a carte, nascesse anche l’amicizia, l’occasione per comunicare una parola di speranza ad un’umanità troppo spesso disorientata dalla fatica, dal dolore o dalla solitudine. Poi è sopraggiunta inclemente e devastante la malattia! Tutti speravano, ma il Signore gli aveva chiesto di offrire la sua sofferenza per tutti noi fino all’ultimo istante di vita e lui, seguendo il suo esempio, lo ha fatto senza lamentarsi, consapevole del premio che lo aspettava: il Paradiso. Lui stesso, salutando coloro che lo avevano amato lo aveva detto: “ Portando nel cuore tutte le persone che ho incontrato … vado ad incontrare, per sempre, il Signore Gesù” Un ultimo gesto di amore, il dono delle cornee perché altri potessero vedere la Luce che ci guida alla vita vera. Ora Don Giuseppe riposa nel cimitero di Voltorre, dove riposa anche il primo parroco, Don Luigi Macchi. Tutti i suoi parrocchiani, di tutte le “sue” parrocchie, presenti numerosi al momento dell’ultimo saluto, certi di ritrovalo presso Dio, lo salutano con un caloroso “Arrivederci carissimo Don” I suoi parrocchiani Restauro dell’organo di Comerio: iniziano i lavori Sono passati ormai due anni e finalmente, dopo tante difficoltà, le due attese autorizzazioni, per la balconata lignea e per l’organo, sono arrivate. I mesi di febbraio e marzo sono stati molto importanti per iniziare a eseguire sul posto i primi studi da parte dei restauratori. Sono state, infatti, realizzate delle piccole campionature in più parti della balconata, mentre, lo strumento è stato provato per registrare la musicalità attuale di ogni singola nota. Il restauro dell’organo durerà circa un anno. Si tratta di un ripristino che richiederà molta attenzione e delicatezza: lo strumento, infatti, verrà smontato pezzo per pezzo, numerato, ristrutturato in laboratorio e rimontato. L’organo, dunque, datato 1817, come da incisione sulla canna principale, dovrà risuonare nella chiesa SS. Ippolito e Cassiano proprio come due secoli fa’. Nulla, verrà trascurato: dalla pulizia interna della cassa, al ripristino dell’avviamento manuale. Anche il motore elettrico verrà sostituito da un’altro molto più silenzioso e performante per permettere di ascoltare un suono più pulito, originale e deciso. Mentre per l’organo ascolteremo la diversità del suono, la balconata cambierà colore per tornare alla tempera naturale. I due volti di angeli, già portati in laboratorio, torneranno allo stato originario proprio come le decorazioni in oro, ormai cancellate dal tempo. Le rispettive soprintendenze dei beni culturali hanno già effettuato un sopralluogo per accertarsi la corretta esecuzione del restauro e saranno presenti nella nostra chiesa anche nei mesi successivi. Nei mesi di aprile e maggio, salvo imprevisti, s’inizierà a tutti gli effetti il restauro e per diversi tempo dovremo abituarci a vedere la cassa dell’organo vuota e i ponteggi allestiti certi di vedere e sentire tra un anno tutta la bellezza artistica, storica e musicale di questo importante strumento. L’attenzione da parte del consiglio della comunità pastorale S.S. Trinità e della commissione economica di Comerio non è solo legata strettamente a questo importante restauro, ma è rivolta anche a tutti i fedeli per renderli partecipi e informati. Vi terremo dunque aggiornati nei prossimi numeri. Paolo Leoni 15 In cammino... Vita della Comunità La “missione ambrosiana” e l’ospedale di Chirundu In questi ultimi anni, specialmente in occasione delle campagne di carità di Avvento e Quaresima, si è parlato più volte dell’ospedale di Chirundu, situato nel territorio di quella che era chiamata la “Missione Ambrosiana in Africa” e sostenuta dalla Diocesi di Milano. La missione ha avuto inizio con la costruzione dell’imponente diga di Kariba sul fiume Zambesi, tra Zambia e Zimbabwe (ex Rodesia del Nord e Rodesia del Sud) nella seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso, per opera di grandi imprese italiane di Milano e Lodi e dove erano impiegati più di un migliaio di maestranze, tecnici e lavoratori italiani. Il cardinale Giovanni B. Montini, allora arcivescovo di Milano, si preoccupò da subito dell’assistenza spirituale di queste persone e nel 1956 mandò un cappellano, don Giuseppe Betta della diocesi di Trento con già esperienza di lavoro in Africa. Nel 1957 il Papa Pio XII emanò l’enciclica “Fidei Donum” con la quale invitava le diocesi di vecchia tradizione cristiana a diventare missionarie e a mandare sacerdoti diocesani in aiuto alle giovani Chiese del terzo mondo. L’Arcivescovo di Milano in collaborazione con il Vescovo di Lodi con entusiasmo aderì a questa proposta e, nel 1959 con un gruppo di suore di Maria Bambina furono inviati due sacerdoti della diocesi di Lodi e, nel 1961, il primo sacerdote “fidei donum” della diocesi di Milano nella persona di don Ernesto Parenti. Terminati i lavori della diga, su richiesta dei vescovi locali, i sacerdoti di Milano e di Lodi rimasero sul territorio sia di Zambia sia di Zimbabwe, dove viveva una numerosa popolazione indigena di fede animista e con un livello di vita molto povero, dando così inizio alla missione che ebbe, in questi cinquant’anni, un meraviglioso sviluppo dal punto di vista sia cristiano che umano. Numerosi sacerdoti si susseguirono nel lavoro apostolico coadiuvati dai fratelli oblati, dalle suore e, a partire dai primi anni ottanta, anche da laici missionari singoli o famiglie. Possiamo dire che uno dei frutti più belli di questa missione fu l’elezione a Vescovo della diocesi di Monze, in Zambia di Mons. Emilio Patriarca, sacerdote Fidei Donum varesino, che fu consacrato vescovo nel 1999 dal Cardinale C. Maria Martini. Dobbiamo anche segnalare, con grande soddisfazione, che numerosi sacerdoti uscirono dalle parrocchie della nostra missione e sono ora operanti nelle diocesi di Lusaka e di Monze. Due parrocchie, tra le più importanti della missione, iniziate dai nostri sacerdoti nella cittadina di Kafue con un vasto circondario rurale, sono già state consegnate al clero locale, mentre i Fidei Donum di Milano, sacerdoti, suore e laici, sono ancora presenti in 7 parrocchie delle due diocesi. L’ospedale di Chirundu nacque per volontà del cardinale G. B. Montini che nel frattempo divenne Papa Paolo VI. Il primo nucleo fu realizzato sulla sponda destra dello Zambesi in territorio zimbab- wano dove era sorta un’enorme piantagione di canna da zucchero e dove erano impiegati alcune migliaia di lavoratori. Dopo qualche anno però l’intera piantagione fu abbandonata per iniziarne una nuova sull’altopiano zambiano e precisamente nella zona di Mazabuka. L’ospedale allora, su richiesta della popolazione e del vescovo di Monze Mons. J. Corboy, traslocò dalla riva destra a quella sinistra dello Zambesi nella zona di Chirundu in Zambia dove iniziò la sua attività con gli auspici del Cardinale Giovanni Colombo che lo inaugurò ufficialmente in occasione di una sua visita nel 1970. Per quanto riguarda la promozione umana, oltre all’ospedale, furono fatte opere molto importanti: due grandi fattorie lungo il fiume Zambesi per insegnare a coltivare in modo più razionale ed impedire a tanta gente di abbandonare la zona; una scuola professionale ad alto livello, iniziata e portata avanti dal COE di Barzio a Kafue, dove pure le suore di Maria Bambina dirigono una grande scuola secondaria. Scuole comunitarie gratuite, alternative a quelle statali, per dare a tutti la possibilità d’una istruzione sono sorte in quasi tutte le missioni (solo quella di Mazabuka ospita circa ottocento ragazzi offrendo loro anche un pasto giornaliero). Furono fatte case famiglia per gli orfani. Un villaggio per disabili è stato realizzato a Monze e sempre nella zona rurale di Monze è stato avviato recentemente un altro piccolo ospedale. Tutto questo senza contare la costruzione di numerose chiese e delle opere parrocchiali in tutte le missioni. Mulini, laboratori vari, opere artigianali, iniziative igienico-sanitarie, sia nei centri che sul territorio, sono portate avanti dalle suore e dai volontari. Per tornare all’ospedale di Chirundu dobbiamo dire che il suo bacino di utenza comprende oggi una popolazione di oltre 60.000 persone dislocate in numerosissimi villaggi e per la sua serietà e prestazioni di alto livello è frequentato, nel limite del possibile, anche da gente della città e da oltre confine. Tutto questo per l’opera delle suore di Maria Bambina presenti fin dalla sua fondazione, di medici italiani, alcuni dei quali volontari e da personale altamente qualificato. Chirundu, fino a una quindicina di anni fa era un piccolo centro di frontiera, dove un ponte, costruito sullo Zambesi prima della 2° guerra mondiale, collega le due sponde di Zambia e Zimbabwe. Con la riapertura, negli anni novanta, delle strade per il Mozambico e il Sud Africa divenne, in poco tempo, uno dei posti doganali più importanti e frequentati del- 16 In cammino... Vita della Comunità l’Africa meridionale. Fu costruito un secondo ponte parallelo al primo, moltiplicati gli alloggi della polizia e degli addetti alla dogana e all’immigrazione, furono fatti enormi parcheggi, posti per la ristorazione e il pernottamento, furono aperte banche e i cambiavalute arrivarono a centinaia e s’incontrano per chilometri lungo la strada verso il confine. Aumentò a dismisura anche la malavita portando con sé una grande quantità di problemi. Divenne insomma una cittadina caotica, congestionata, difficilmente controllabile. Anche per questo si è sentita la necessità di potenziare l’ospedale che, da un piccolo, sia pure molto efficiente e ben organizzato ospedale di missione di circa un’ottantina di posti letto, è diventato un ospedale di tutto rispetto raddoppiandone anche la capienza. Tutto questo è stato fatto per l’interessamento e con i contributi della diocesi di Milano e quindi anche nostri. Quando, verso la metà degli anni ottanta del secolo scorso, incominciò a diffondersi la terribile piaga dell’AIDS, subito l’ospedale di Chirundu si è attivato per far fronte a questa emergenza che appariva sempre più devastante. Da qualche anno si sta promuovendo un’iniziativa molto bella, quella cioè di curare e tenere sotto controllo le mamme in gravidanza affette dalla malattia ed evitare che venga trasmessa al bambino. Ogni anno passano per l’ospedale un migliaio di mamme e una su dieci risulta positiva di Hiv. Anche i loro bambini, dalla nascita, sono tenuti sotto controllo per due anni e i risultati sono più che lusinghieri. L’anno scorso, in occasione dei 50 anni dell’inizio della Missione, la diocesi di Milano, in collaborazione con il CELIM, organismo di volontariato operante da anni in Zambia, ha lanciato la campagna denominata “Positivi nell’anima” divulgando anche un CD che ne illustra il progetto. Anche quest’anno viene riproposta questa iniziativa così che si possa continuare a sostenere l’ospedale di Chirundu in questo impegno straordinario. Si tratta della possibilità di salvare centinaia di vite umane e di dare speranza a persone diversamente condannate alla morte. Il poter collaborare a questa iniziativa è quindi un atto estremamente bello e meritevole di essere sostenuta e sviluppata. Maggiori e più puntuali informazioni si possono trovare sui sussidi per la Quaresima e in vari articoli apparsi su Avvenire e sui giornali e riviste diocesane. Don Mario IL CARD. SCOLA: VOGLIO DIRE UNA COSA SULL’AC «Voglio dire una cosa all’Azione Cattolica»: con queste parole il nostro Arcivescovo, nel corso dell’ultima sessione del Consiglio Pastorale Diocesano, ha inteso porre una “provocazione” a tutta la Chiesa ambrosiana. Sviluppando un discorso sull’apostolato dei laici ha detto espressamente così: «Secondo me è arrivato il momento in cui in tutte le nostre parrocchie e nelle nostre comunità pasdtorali bisogna passare dall’azione cattolica (con la minuscola) che è già in atto in tutte le comunità, tendenzialmente e in libertà, all’Azione Cattolica (con la maiuscola). In un anno o due dovremmo passare dagli attuali 8.300 soci ad almeno 83.000 aderenti. È possibile perché l’azione cattolica (con la minuscola) è già in atto; si tratta di orientarla secondo le indicazioni di chi guida l’Azione Cattolica. Le indicazioni dell’Azione Cattolica dovranno essere molto attente a interpretare questo slancio di base e non rischiare di imporre dall’alto un progetto già chiuso. Questo secondo me sarebbe un passaggio fondamentale: l’Azione Cattolica dovrebbe, in forza di quello che un tempo si chiamava “mandato”, diventare la custode della forma bella dell’unità di tutte le aggregazioni di fedeli di una Chiesa. Ciò permetterebbe un passaggio dal “gruppettarismo” alla comunità, passaggio che io giudico fondamentale per il cammino della nostra Chiesa. Queste cose volervo dirvi. Questa ultima è più che una provocazione». Raccogliamo molto volentieri questa sfida, invitando i nostri sacerdoti e tutti i fedeli che svolgono un prezioso servizio nella nostra comunità pastorale a trovare presto le occasioni per confrontarci e riflettere sul messaggio del nostro Arcivescovo, che non lascia adito a equivoci o a distinguo. Rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di costruire insieme con il contributo di tutti una Azione Cattolica al servizio della comunità, in stretto rapporto con l’Arcivescovo e i suoi pastori. Emilio Tartaini, Presidente dell’AC della comunità pastorale “SS. Trinità” Invito alla lettura C.M. Martini, Il Vescovo, Rosenberg Sellier, Torino I libri del Cardinale Martini continuano ad essere best sellers della editoria religiosa. Ne esce quasi uno alla settimana. In realtà, non si tratta di nuove pubblicazioni, ma di raccolte di interventi, conferenze tenute negli anni del suo lungo ministero. Fa eccezione un ultimo libretto, recentemente apparso, dal titolo “Il vescovo” Questo è davvero un libro inedito, un uovo fresco di giornata. Qui il Cardinale illustra in forma piana e distesa quali sentimenti, quali preoccupazioni, quali pratiche devono ispirare l’agire del vescovo. È una specie di “regola di vita” della vita del vescovo. Si parla delle virtù del Vescovo (soprattutto sia un uomo vero !), dei suoi possibili difetti (autoritarismo e rigidità di impostazione), ma anche di piccoli trucchi (non ascoltare le malelingue, ignorare le lettere anomime). L’invito alla lettura del libretto è consigliato non soltanto ai ve-scovi e a quanti “sognano” di diventarlo, ma può essere occasione per tutti per riflettere sul ministero di quanti sono stati scelti dal Signore per custodire il gregge dei credenti. MV 17 In cammino... In Lui Se siamo innestati in Lui, la testimonianza dovrebbe fare luce da ognuno dei nostri pori. Perché noi non abbiamo le parole dello Spirito, solo in Lui diventano urgenti. Prima di testimoniare che in nessun altro nome c’è salvezza, dobbiamo averlo sperimentato. Dobbiamo aver toccato il fondo, aver vissuto la vacuità umiliante del girare a vuoto dietro ad idoli che deludono. AverLo cercato per le strade e per le piazze come la Sulammita. Aver conosciuto la gratuità. Mi viene in mente la Samaritana che lascia tutto, di corsa, l’anfora desolata delle proprie geometrie sterili per andare ad annunciarLo. Nicodemo che è sconvolto dalla ventosa libertà dello Spirito che soffia dove vuole, fa rinascere dall’alto. Se non ci lasciamo catturare, ferire, mondare dalla Sua Parola, potremo testimoniare al massimo qualche frase fatta, moralista. Non c’è testimonianza se non dimoriamo nel Suo amore. Ma cosa vuol dire essere in Lui, amarLo, esserGli amici? Vuol dire fare ciò che Lui ci comanda: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 15,23). Perché allora sarà Lui ad agire in noi, nella vita concreta. A renderci simili a Lui, perché non siamo più noi che viviamo, ma Cristo viva in noi. I comandamenti “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37) e “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39) sono espressi al futuro, non sono una volontà imperativa da raggiungere con sforzo, ma una promessa fedele di Chi ci ama. Forse Gesù non ci chiede che una resa, uno spazio, una pazienza. Roberta Lentà Vita della Comunità Viaggio-Pellegrinaggio La Santa Russia Mosca San Pietroburgo e l’Anello d’Oro Ci si può ancora Pre-iscrizioni iscrivere 16-23 agosto e 18 16-23 agosto In cammino... Vita dell’Oratorio Vita dell’Oratorio EDUCARE NON SOLO SI PUO’ , SI DEVE. In che cosa consiste l'educazione? Per rispondere a tale domanda vanno ricordate due verità fondamentali: la prima è che l'uomo è chiamato a vivere nella verità e nell'amore; la seconda è che ogni uomo si realizza attraverso il dono sincero di sé. Questo vale sia per chi educa, sia per chi viene educato. L'educazione costituisce, pertanto, un processo singolare nel quale la reciproca comunione delle persone è carica di grandi significati. L'educatore è una persona che «genera » in senso spirituale. In questa prospettiva, l'educazione può essere considerata un vero e proprio apostolato. È una comunicazione vitale, che non solo costruisce un rapporto profondo tra educatore ed educando, ma li fa partecipare entrambi alla verità e all'amore, traguardo finale a cui è chiamato ogni uomo da parte di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Per parlare brevemente di educazione, ho scelto questa profonda definizione del senso dell’educazione, proposta da Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie del 2 febbraio 1994; in poche righe sono già condensati molti spunti da riproporre alla nostra attenzione per approfondire il tema educativo all’interno della nostra comunità cristiana. Mi pare utile evidenziare che l’educazione riguarda l’individuo nella sua integralità e si compie necessariamente attraverso un percorso di accompagnamento personale. Infatti, dicono gli studiosi, la parola educare ha la sua etimologia tra educere (tirar fuori, sviluppare) e educare (nutrire, allevare, coltivare); l’educatore ha il compito di aiutare l’educando a sviluppare le sue capacità e a tirar fuori le sue potenzialità nell’ambito del percorso di crescita. La comunità cristiana, da sempre, si è percepita e compresa come una comunità chiamata ad educare; educare anzitutto se stessa al “pensiero di Cristo” (Card. Scola) per poi divenire, a sua volta, una comunità che vuole educare ogni persona a riconoscere che solamente Gesù è in grado di “svelare l’Uomo all’uomo” (Gaudium et spes 22), cioè la verità e la pienezza della vita. Il processo dell’educazione non è mai da confinare in uno stadio preciso del nostro cammino di crescita; esso si realizza nel corso dell’intera nostra esistenza e nessuno può mai dirsi arrivato. E’ vero però che l’infanzia e la giovinezza, affermano gli psicologi, sono fasi della vita in cui si fonda e si radica lo sviluppo dell’intera persona. Ecco perché occorre ribadire con forza, che come comunità cristiana non solo possiamo, ma dobbiamo educare i nostri giovani. Dobbiamo recuperare que- 19 sto forte sentimento di comunione che ci deve vedere tutti impegnati, laici e preti insieme, nel voler formare le nuove generazioni, non tanto a nostra immagine e somiglianza, ma ad immagine e somiglianza di Gesù, l’Uomo nuovo e vero. Più che in una struttura, la proposta dell’oratorio, deve trovare in queste convinzioni quelle fondamenta solide e profonde che serviranno poi per la costruzione del nuovo edificio. Una comunità che vuole essere educante, che vuole essere credibile, autentica, coerente nel suo dire e nel suo fare, deve essere formata da buoni testimoni che nel fluire della quotidianità, ogni giorno, incarnino concretamente lo stile evangelico di Gesù. Vale più un buon esempio che un lungo discorso e quello che rimarrà impresso nelle menti dei nostri bambini e nei cuori dei nostri ragazzi sarà il nostro comportamento piuttosto che le belle parole. Dunque, autenticità, coerenza e testimonianza sono le parole chiave che descrivono l’educatore e gli conferiscono quella giusta autorevolezza. Con buone ragioni l’educazione viene definita spesso come un processo artistico e anche Benedetto XVI ha parlato di “nobile arte della formazione della persona”. Educare è un’arte. Come ogni forma artistica essa richiede si delle competenze tecniche, ma soprattutto richiede attenzione, disponibilità, sensibilità, capacità creativa e apertura del cuore; educare è fare in modo che emerga la personalità di ogni singolo ragazzo rispettando le sue caratteristiche, permettendogli di attraversare le esperienze positive e negative della vita con fiducia. Affidiamo il cammino della nostra comunità al Signore, che celebreremo nella notte di Pasqua come il Re dei Viventi, perché ci doni la forza e il coraggio di essere sempre più dei veri artisti nel campo dell’educazione delle nuove generazioni. Buona Pasqua a tutti! don Andrea In cammino... Vita dell’Oratorio La Professione di Fede: in cammino per diventare testimoni! Sermig: a servizio della vita. A noi, Gruppo Adolescenti della Comunità Pastorale SS.Trinità, un giorno arriva una proposta dal Decanato di Besozzo: partecipare per un week-end alle attività del Sermig - Servizio Missionario Giovani -, un’iniziativa nata da Ernesto Olivero, rivolta alla città di Torino. Il suo progetto, anche se inizialmente ancora non ben definito, prevedeva di coinvolgere i giovani in attività di aiuto verso i bisognosi della città, affinché potessero “eliminare la fame e le guerre nel mondo, combattere le ingiustizie che ne sono all’origine, con opere di giustizia e di sviluppo”. Con tanta forza di volontà Ernesto e alcuni amici riuscirono a trasformare un arsenale di guerra in un centro di accoglienza e di ristoro per i poveri e gli affamati. Già da subito noi ragazzi siamo rimasti affascinati dall’imponenza del luogo e delle opere che in esso vengono realizzate. In più ci ha colpito come questa persona, abbia avuto il coraggio di impegnarsi per costruire un mondo migliore e abbia scelto la bontà come stile di vita, e tutto ciò quando era ancora molto giovane e solo con la condivisione di pochi altri. Dall’origine sono sorti, poi, altri due arsenali e giovani di tutto il mondo si mettono oggi a disposizione per fare piccoli gesti per grandi opere. Così anche noi siamo stati coinvolti in questo progetto, anche se per un tempo piuttosto limitato, provando a metterci a disposizione degli altri. Ci siamo impegnati nello smistaggio dei vestiti, del cibo, nella pulizia delle stanze e nel preparare piatti caldi. Sicuramente l’aver constatato di persona che intorno a noi c’è tanta povertà ci ha aiutato a capire che anche noi possiamo aiutare concretamente i più disagiati, perché sicuramente vi sono situazioni nel nostro ambiente che richiedono un aiuto. È importante lasciarci guidare dagli esempi di vita di chi ci circonda, che ci invitano a metterci in gioco nella semplicità di gesti che diventano ciò che di più grande possiamo donare. Sappiamo che sul nostro territorio sono presenti molte attività di caritativa, che sarebbe bello sostenere sempre più per “non rassegnarci al mondo così com’è, ma operare per cambiarlo”, così come abbiamo ascoltato dalle parole stesse di Ernesto. Francesca Torsa (Gruppo Adolescenti) Siamo due ragazzi di tredici anni che frequentano ogni sabato il catechismo della Comunità Pastorale insieme ai nostri amici di seconda e terza media, sotto la guida di don Andrea e degli educatori, che ci stanno accompagnando nel cammino di preparazione alla Professione di Fede. Infatti, dal 9 all’11 aprile avremo l’occasione di recarci a Roma dove parteciperemo all’udienza generale con il Papa, per poi recitare il Credo davanti alla tomba di San Pietro. Per essere pronti al meglio, durante gli incontri settimanali di catechismo stiamo riflettendo particolarmente sul significato di questo simbolo della nostra fede: abbiamo parlato del Padre, del Figlio e dello S. Santo, e in queste ultime settimane ci siamo concentrati sulla Chiesa, intesa come comunità di credenti. Generalmente, il catechismo si svolge in questo modo: all’inizio don Andrea introduce l’incontro spiegandoci che cosa faremo, dopodiché i ragazzi di seconda media si spostano in un’altra stanza e noi di terza ascoltiamo gli educatori che ci parlano di un tema, riguardo al quale noi apportiamo la nostra testimonianza, soprattutto concentrandoci sull’essere cristiani nella quotidianità. Infine ci riuniamo, recitiamo la preghiera e don Andrea elenca gli avvisi della settimana. Secondo noi frequentare il catechismo è una splendida esperienza, soprattutto perché stiamo con i nostri amici, condividendo delle regole ed uno scopo ben preciso: diventare anche noi testimoni di Gesù. Ed è proprio per questa ragione che non vediamo l’ora di partire per Roma e di recitare il Credo: porteremo poi la Sua parola e le Sue opere ai nostri fratelli, non con “paroloni” o frasi fatte, ma con il nostro modo di vivere e con le azioni quotidiane. Ci vediamo! Federico “Fede” Caon Marco “Mastro” Mastrorilli (III Media) 20 In cammino... Vita dell’Oratorio Educazione è anzitutto accoglienza FESTA SAN GIOVANNI BOSCO: “PER ESSERE NEL MONDO BUONI CRISTIANI E ONESTI CITTADINI” L’oratorio “S. Luigi” di Gavirate, sensibile come sempre ai problemi dei giovani e dei ragazzi di ogni età, da più di tre anni ha organizzato un corso di recupero scolastico bisettimanale per gli alunni della Scuola Media Statale di Gavirate, ma accessibile anche ad alunni frequentanti scuole limitrofe. Questa iniziativa è stata resa possibile grazie sia all’operosità di due gentilissime signore, che si sono dedicate e si dedicano tuttora alla sua organizzazione, sia alla generosa disponibilità e sensibilità di uno staff di professori di provata esperienza che in modo completamente gratuito accolgono i ragazzi e li aiutano nello svolgimento dei compiti nonché nel colmare eventuali lacune di base. La base di questo servizio è costituita dalla relazione, cioè dalla conoscenza del soggetto, la rilevazione dei suoi bisogni, l’aiuto nel superamento delle varie difficoltà scolastiche ed affettive. L’alunno, infatti, non viene solamente aiutato nell’esecuzione dei compiti ma viene anche invogliato ad esprimersi con più disinvoltura e sicurezza e a superare eventuali difficoltà di rapporto con gli altri. L’oratorio ha stipulato a tal proposito una convenzione con la Scuola “Carducci” per l’espletamento di questo servizio con l’impegno di mantenere i collegamenti con i consigli di classe ed i singoli docenti. La relazione con le famiglie è impostata in accordo con la scuola stessa. La frequenza si aggira intorno alla trentina di alunni suddivisi nelle tre classi.In questi anni i risultati sono stati discreti ma siamo convinti che con la fattiva collaborazione di tutti i componenti ( Scuola Media, famiglia, docenti e alunni ) i risultati saranno senz’altro più positivi. Cogliamo l’occasione per ringraziare quanti generosamente si stanno adoperando per il buon esito dell’iniziativa. I docenti del doposcuola In occasione della Festa di San Giovanni Bosco abbiamo riproposto la fiaccolata che ha visto coinvolte le parrocchie di Comerio, Gavirate e, novità di quest’anno, anche Oltrona. Quale modo migliore di ricordare il grande educatore Giovanni Bosco se non passando un pomeriggio con i ragazzi, tra preghiere, momenti di riflessione, di festa e di gioco? Così sabato 28 gennaio a Comerio un gruppo di coraggiosi fedeli guidati dalla luce di una fiaccola, nonostante il clima tutt’altro che favorevole, ha iniziato il cammino che si sarebbe concluso dopo una breve sosta a Oltrona, con l’accensione del falò nell’oratorio di Gavirate. Un’ esperienza sicuramente singolare e, come diranno anche alcune delle testimonianze riportate qui sotto, simbolo del cammino di comunione che stiamo iniziando… Viste le previsioni meteo per quella sera la voglia di uscire per una fiaccolata era davvero poca, ma spinto dalla novità e dall'invito di don Andrea ho deciso di partecipare. E' stato molto coinvolgente e la strada percorsa con i miei amici è il simbolo del cammino che possiamo fare insieme nella vita di tutti i giorni in parrocchia e in oratorio. Francesco Caprioli (II media) La fiaccolata è stata una manifestazione molto importante, che ha coinvolto sia nell’organizzazione, sia nella partecipazione, tutti i membri della Comunità Pastorale. Lo scopo principale di questo evento, oltre alla collaborazione tra gli oratori, era sottolineare l’importanza dell’educazione dei nostri ragazzi, proprio come avrebbe voluto San Giovanni Bosco, il cui motto era: “Buoni cristiani e onesti cittadini”. Educare è far crescere una persona, aiutarla a tirare fuori il meglio di sé insegnandole ad aprire gli occhi sulla presenza di Dio nella sua vita, riconoscendo di essere un dono e dimostrando che il rapporto con il Signore è ciò che dà significato ad ogni attività e impegno. Un cittadino può non essere credente, ma il cri21 In cammino... Vita dell’Oratorio stiano non può non essere cittadino. Con la fiaccolata abbiamo iniziato un cammino che continuerà durante tutte le attività della comunità e ci auguriamo che i nostri ragazzi si impegneranno in tutto, dal catechismo alle varie attività proposte dai nostri oratori. Alessandro De Luca (educatore Pre-Adolescenti) Con questa fiaccolata ci siamo messi in cammino… in questa realtà dove tutto è frenetico e dove regnano la solitudine e l’indifferenza dobbiamo affidarci al Signore con cuore sincero perché ci aiuti ad educare i nostri ragazzi, ad ascoltarli, ad amarli per come sono e non per come noi li vorremmo. Apriamo le porte del nostro cuore come faceva don Bosco. Impegnandoci ad accogliere con il sorriso i ragazzi in oratorio, mettiamo da parte le nostre fragilità, le nostre debolezze e raccontiamo loro quanto sia bella la vita e come è importante essere pronti a tendere la mano verso il prossimo instaurando relazioni concrete. Katia (una mamma) Le note della Fede… I libretti sono stampati, i volanti distribuiti, ieri sera ancora qualche messaggio agli amici per ricordare l'appuntamento...alcuni papà e giovani spostano pedane per costruire un palco sui gradini dell'altare, i tecnici audio provano strumenti e microfoni, alcune mamme sono in oratorio e stanno preparando un prelibato banchetto per un momento di amicizia a fine serata. Un momento atteso e preparato da molti quello del concerto-meditazione proposto dal coro Shekinah per questa Quaresima. Un'amicizia iniziata qualche anno fa con il primo concerto qui a Gavirate, approfondita poi dall'ingresso di tre giovani della nostra comunità nel coro. L'idea di proporre il concerto-meditazione nasce dal desiderio di proporre un evento che ci permettesse di pensare alcuni temi della fede con linguaggi di versi, appunto quelli della musica e della lettura, e di incontrare una realtà che ci facesse gustare la freschezza e la gioia della comunità cristiana... davvero suggestivo incontrare quel gruppo di giovani arrivati da diverse parti della Diocesi per condividere con noi la loro passione per la Chiesa e per la musica. Ecco la testimonianza di due giovani della nostra Comunità Pastorale che cantano in questo coro giovani della nostra Diocesi. Il gruppo Shekinah nasce dai "colori della fede" del servizio giovani della pastorale giovanile ed è costituito da oltre un centinaio di giovani provenienti da diversi oratori della Diocesi di Milano e anima attraverso il canto, la danza e la recitazione momenti di riflessione e di preghiera per i giovani. Partecipa a veglie di preghiera in Duomo come la Redditio Symboli, le veglie missionarie e la Traditio Symboli, ma anche "concerti meditazione" dove, attraverso il canto e alcuni testi, meditiamo su ciò che Gesù ci ha insegnato. Il gruppo è aperto a tutti i giovani appassionati di musica e di recitazione che vogliono, inoltre, approfondire la propria esperienza di fede e le relazioni fraterne. Altri avvenimenti unici e significativi sono le messe di Natale e Pasqua che animiamo nel carcere S. Vittore di Milano, dove abbiamo incontrato persone che hanno molto bisogno di sentirsi amate ed accettate nonostante i loro sbagli. Grazie a questa occasione, per loro siamo stati promessa di una speranza che si rinnova ogni giorno, specialmente nei giorni di festa, nei quali i ricordi gioiosi dei tempi trascorsi con le famiglie portano con sé una grossa ferita. "Basterà una voce": questo è il nome che aveva il concerto tenutosi a Gavirate sabato 10 marzo. Il titolo sta ad indicare il fatto che ogni uomo ha dentro di sé una mancanza, un desiderio, che può riempire solo una parola, una voce, quella che Cristo ci fa sentire tutti i giorni in ogni ambito della nostra vita. Ciò che ci sta più a cuore è comunicare tramite canti, letture e meditazioni la bellezza del Vangelo e trasmettere l’amore di Gesù, che non ci lascia mai soli e ci permette di fare questa stupenda esperienza che ci fa crescere nella fede, perché, come diceva S.Agostino, chi canta prega due volte. C. S. e C. P. 22 In cammino... Vita dell’Oratorio dono il valore del servizio nella loro disponibilità come animatori, i genitori si nutrono della gioia e dell’allegria che i più piccoli sanno trasmettere. Quest’anno vivremo, per la prima volta, l’esperienza L’estate è un momento prezioso per le attività del nostri dell’Oratorio Estivo all’interno della Comunità Pastorale. oratori. Infatti, appena terminano le scuole, si apre una Cosa cambierà? Tutto e niente. Infatti, ogni singolo orastagione ricca di iniziative e appuntamenti per i ragazzi torio continuerà a svolgere il proprio servizio di accodi tutte le età. Prima fra tutte la proposta dell’Oratorio glienza e di animazione “a casa propria”; quello che Estivo che aprirà le porte lunedì 11 giugno e le chiuderà cambierà sarà sicuramente lo stile di conduzione che venerdì 13 luglio. Cinque settimane intense all’insegna sarà unitario, alcuni momenti di formazione, di gioco, di dell’allegria e del divertimento, ma soprattutto occasione preghiera vissuti insieme e la consapevolezza che in propizia per annunciare a tutti i ragazzi il Vangelo di siamo tutti membri di un’unica famiglia. Da questa fondo Gesù. Infatti, anche se l’Oratorio Estivo si presenta nuova esperienza, ne siamo certi, tutte le singole realtà come un tempo di gioco, ha la possibilità di essere davusciranno arricchite e maggior mente motivate nel voler vero un tempo speciale. I bambini e i ragazzi vivono crescere sempre più insieme. l’esperienza della comunione, gli adolescenti comprenTerminato l’Oratorio Estivo non si va mica in vacanza! O meglio, ci andremo tutti insieme! Proponiamo l’esperienza della Vacanza Comunitaria per ragazzi. Una settimana formativa a Chiusa di Val Gardena (BZ), nel cuore delle Dolomiti. Divisi in due turni, per fasce di età, vivremo una settimana a stretto contatto con la natura e con la parola di Gesù che ci farà da guida nella nostra avventura. Saremo ospiAlloggeremo alla Casa Zickherof, con la formula dell’ autogestione completa. La casa tati in una casa si trova sopra alla frazione Gudon, a 3 km dal centro del paese, nella zona tirolese autogestita direttacompresa fra la valle Isarco, la val Pusteria e la val Gardena, 20 km a sud di Bressa- mente dagli adulti dei none ed a nord di Bolzano. nostri oratori e saremo accompagnati da don ISCRIZIONI PRESSO LE SEGRETERIE PARROCCHIALI Andrea, dagli educatori e dai alcuni animaFINO A ESAURIMENTO POSTI tori. ENTRO Sabato 30 giugno Riteniamo di dover caldeggiare la parteciPer maggiori informazioni: don Andrea 339.1277771 - 0332.743405 pazione dei ragazzi a questi momenti formativi estivi. L’Oratorio Estivo e la Vacanza CASA ZICKHEROF Comunitaria possono essere luoghi autentici di crescita umana e di maturazione spirituale per tutti i nostri ragazzi. Queste, e altre iniziative ancora in cantiere, saranno spie3ª Elem.- 2ª Media gate meglio e specificate con l’avvicinarsi del tempo estivo, ma intanto iniziamo a prenderne nota e prepariamoci a vivere una 3ª Media - 5ª Sup. bellissima estate in compagnia! Estate Ragazzi 2012 ESTATE RAGAZZI 2012 GUDON CHIUSA DI VALGARDENA (BZ) 290 € I° TURNO 14-21 Luglio II° TURNO 21-28 Luglio 23