Platone (Atene 428-347 a.c.) La vita (Berti pag. 50)= è importante conoscere la vita di P. perché ci consente di capire come fosse possibile una stretta connessione tra filosofia e politica. Nell’antica Grecia l’uomo era prima di tutto il cittadino che partecipava attivamente alla vita politica. P. nacque da una famiglia aristocratica e fin da giovane vide nella vita politica il proprio ideale da realizzare. Fu discepolo di Socrate la cui influenza è fortemente presente nella concezione filosofica di P. Il profondo disgusto per i metodi della politica praticata in Atene e la morte di Socrate lo distolsero dall’idea di praticare la vita politica. Si dedicò ad una serie di viaggi e alla realizzazione del suo progetto di unificazione della politica alla filosofia (tre viaggi a Siracusa). Fondò una scuola per la formazione dei futuri uomini politici che prese il nome di Accademia . A differenza di Socrate scrisse moltissimi dialoghi ma ci si pone la questione inerente l’autenticità dei suoi scritti. Con la sua vita P. tentò di dimostrare che il governo ideale dovesse essere diretto unicamente da coloro che detengono il sapere, vale a dire i filosofi. La fondazione della metafisica La concezione dualistica della realtà Il principale contributo di P. alla storia della filosofia occidentale consiste nella scoperta dell’esistenza di una realtà soprasensibile ossia di una dimensione soprafisica dell’essere (prende distanza dai Filosofi della Natura). D’ora in poi tutto il pensiero filosofico occidentale sarà influenzato da questa distinzione tra realtà fenomenica sensibile e realtà metafenomenica intelligibile (intelligibile = coglibile solo con la mente). La stessa concezione dell’uomo si fonda sul dualismo di anima e corpo L’anima è la parte migliore dell’uomo, il corpo la parte deteriore. (influenze orfiche) L’anima, in quanto principio di vita, è immortale. È inoltre dotata di pensiero ed intelletto per cui l’uomo conosce tramite l’anima. La conoscenza è ricordo di quelle cose che l’anima un tempo vide prima di precipitare nei corpi. (la conoscenza come reminiscenza). Ma qual è il contenuto di questo sapere? Il mito della caverna e i suoi significati Nella Repubblica P. presenta il mito della caverna quale metafora dei capisaldi del suo pensiero filosofico 1. Il mito rappresenta i gradi ontologici della realtà: le ombre della caverna sono le parvenze sensibili delle cose; le statue le cose sensibili; il muro è lo spartiacque che divide le cose sensibili dalle entità soprasensibili; al di là del muro le cose vere simboleggiano le Idee; il sole simboleggia l’Idea suprema del Bene. 2. Rappresenta i gradi della conoscenza: la visione delle ombre simboleggia l’immaginazione; la visione delle statue la credenza; la visione degli oggetti veri e la visione del sole rappresentano la ragione e la pura intellezione. 3. Simboleggia inoltre l’aspetto ascetico del platonismo: la vita nella dimensione dei sensi è la vita nella caverna; il volgersi dal sensibile all’intelligibile è espressamente rappresentato come “liberazione dai ceppi”; la visione del sole è la contemplazione del Divino. 4. Esprime infine la concezione politica squisitamente platonica: il ritorno nella caverna di colui che riesce a liberarsi dalle catene è il ritorno del filosofo-politico che, non limitandosi al proprio bene individuale, ritorna per cercare di salvare gli altri. Per P. il buon politico è colui che usa il comando e il potere per attuare il bene comune. I quattro gradi della conoscenza La conoscenza delle realtà sensibili è opinione (doxa) ed è propria della gente comune. La conoscenza del mondo delle Idee è la vera e propria scienza a cui giunge il filosofo (Repubblica). • Il primo grado della conoscenza sensibile consiste nella conoscenza delle immagini delle realtà sensibili (immaginazione) • Il secondo grado della conoscenza sensibile è la conoscenza delle realtà sensibili vere e proprie (credenza). • Il primo grado della conoscenza razionale è la conoscenza delle immagini delle Idee (ragione matematico-geometrica ) • Il secondo grado della conoscenza razionale è la conoscenza delle Idee vere e proprie (Filosofia o “intellezione”). (vedi relativa simbologia nel mito della caverna) La dottrina delle Idee Dialoghi giovanili o socratici Il “che cos’è” di Socrate, a cui quest’ultimo non diede risposta, è L’IDEA per Platone. L’IDEA non è una semplice rappresentazione mentale ma è un’”entità,” una “sostanza”. È forma intelligibile intesa come ciò che il pensiero pensa quando si è liberato dal sensibile, pertanto è conoscibile mediante l’intelletto. Il mondo delle Idee (o Iperuranio) è modello delle realtà particolari (Eutrifone). C’è una differenza sostanziale tra i due livelli di realtà: •quella sensibile è fisica, imperfetta, cambia continuamente per cui della stessa non è possibile avere scienza; •quella delle Idee non è fisica, è perfetta, universale e immutabile pertanto è sede della conoscenza scientifica. Gli oggetti della conoscenza scientifica per P. sono le Idee ( Il Bello in sè, Giusto in sè...) Con l’espressione “in sé e per sé” P. vuole indicare il carattere di non relatività, l’assolutezza delle Idee. La dottrina delle Idee Dialoghi della maturità Le realtà sensibili partecipano delle rispettive idee Cosa significa partecipare? Significa avere qualcosa in comune in modo derivato Esempio: le cose belle sono tali perché partecipano dell’idea del Bello in sé, nel senso che la bellezza deriva loro dal Bello in sé. Quest’ultimo è pertanto causa della loro bellezza. Il mondo delle Idee è un sistema gerarchicamente organizzato costituito da una molteplicità di Idee (vi sono Idee di tutte le cose di questo mondo). L’Idea del Bene (vedi metafora del sole) è l’Idea suprema che è causa di tutte le altre Idee, le quali a loro volta sono causa delle delle realtà sensibili (Repubblica) Il Bene è dunque il supremo oggetto della conoscenza scientifica. Per questo motivo i filosofi devono governare la città in quanto, essendo gli unici a detenere tale conoscenza, sono realmente in grado di giudicare quali cose sono buone e quali non lo sono (significato politico della dottrina delle Idee). La dottrina delle Idee Dialoghi della vecchiaia Nei dialoghi che P. compose durante l’ultima fase della sua vita, egli mette in evidenza alcune possibili obiezioni alla sua dottrina delle Idee (Parmenide, Sofista) Se esistono Idee per tutte le cose, dovrebbero esistere anche quelle a cui partecipano le realtà ignobili. Ma come è possibile? Viene messo in dubbio il concetto stesso di “partecipazione”: le Idee in quanto partecipate dalle realtà sensibili, non finiranno con l’essere separate da se stesse? Vacilla inoltre il concetto di “separazione” tra le due realtà: se per spiegare il carattere di uomo in tutti gli uomini sensibili si ammette l’esistenza di un’uomo ideale avente egli stesso questo carattere, allora per spiegare la presenza del carattere uomo, tanto nell’uomo ideale quanto negli uomini sensibili, dovremmo ammettere l’esistenza di un“terzo uomo” e così all’infinito? (critica sostenuta e ripresa successivamente da Aristotele).