Periodico trimestrale dei Domenicani d’Italia - Aut. Trib. di Napoli n. 2220, 16 aprile 1971 Spedizione in abbonamento postale - Anno LXIV (2011), n. 1/2 - ISSN 9770036471006 Direttore onorario: MICHELE MIELE - Dir. responsabile: ENRICO DE CILLIS Comitato di Redazione: CIRO CAPOTOSTO, GIOVANNI DISTANTE, ROSARIO PISTONE DIREZIONE - REDAZIONE: Piazza San Domenico Maggiore 8/A - 80134 NAPOLI (accesso abituale: Scalone Aragonese) Tel. (+39) 081 459003 - Fax (+39) 081 441477 - e-mail: [email protected] ARTICOLI ARTICOLI P. BIRTOLO, C. E. SARNATARO Le catechesi di S. Tommaso d’Aquino PISCIONE, , . .......... ....... CIOLLARO , dell’uomo. O. F. TODISCO , Nella libertà la dignità ............. L’antropologia di G. Duns Scoto ..................................... pagg. pagg. » 3-68 3-19 69-98 »» 99-109 21-62 SEGRETERIA - AMMINISTRAZIONE: EDI, Via Giuseppe Marotta, 12 - 80133 NAPOLI Tel. (+39) 081 5526670 - Fax: (+39) 081 4109563 - e-mail: [email protected] NO OT TE E CCRRI ITTI C I CHHEE – -D D CS USSISOI N O IN I N I SI CS U su del A. AA. G. MVV., ANNO , Dialogo Dio. Rilettura carteggio tra ' 1. Un'ermeneutica biblica circolare (G. CaBenedetto Croce e Maria Curtopassi (1941-1952) ........... pagg. Birtolo); C. REGALIA-G. PALEARI, Perdonare, p. 116 (P. Birtolo); M. CAMPANINI, Il C E(P. NBirtolo); S I O N IM. CAMPANINI, Averroè, p. 122 pensiero islamico contemporaneo, R p.E119 (P. U. Birtolo). DOVERE, ( ) , p. 192 (M. Miele); S. CIPRESSA, , p. 194 (V. Gigante); S. CIPRESSA, Z (A.A M. R. PITITTO, S E G N A L A I O N I , B I B L p. I O195 GR F I Fiammata); CHE * * + " " , p.198 (F. De Sono segnalati scritti di G. Chimirri, G. Concetti, N. Giordano, A. M. Maccarini, E. Carolis); O. TODISCO, ,, p. 200 Marino, E. Morandi, G. G. Nastri, J. Pieper, R. Prandini, G. L. Sanna, G. Tettamanti, (A. Grazioso); C. CAPUTO, ( , , * * * p. M. Vozzolo pagg. 125-128 202 (D. Verardi). SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE Sono segnalati scritti di E. Avogadro della Motta, G. Boccadamo, S. Cavaciuti, M. G. D'Agostino, C. DemouleÂ, C. Fabro, E. C. Fontana, A. Rosmini, A. Stagnitta pagg. 205-208 Testata Associata alla Unione Stampa Periodica Italiana © Editrice Domenicana Italiana, s.r.l. Via G. Marotta, 12 - 80133 Napoli www.edi.na.it - [email protected] R.E.A. 347550 - P. IVA 04047620630 H Direttore editoriele: P. Giuseppe Piccinno, o.p. COSTI E MODALITÀ DI ABBONAMENTO PER L’ANNO 2011 63-86 stello), 2. Considerazioni filosofiche (F. Donadio), 3. L'identita Á uomo-donna: lettura A antropologica (R. GalliASTROBISI , Il concettouna di verità. proposito di due G. J. M naro),di4.Fernando MaschileFiorentino e femminile: unitaÁ e reciprocitaÁ nella volumi ....................................... » 87-100 differenza (P. Giustiniani), 5. Donna e amore nella Bibbia: R. M. dialogo PIZZORNI ‘Se vuoi coltivare la pace,6.custodisci colO.P., femminismo (C. Militello), La determinail creato » 101-109 zione ............................................................................ `personalistica' e il cristianesimo antico (E. Prinzivalli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pagg. 111-170 R E"" CENSIO I # A. MARCHESI, ! N » 171-182 ERARDI , Humana PhysiognomoD. V P. BROGGIO, La teologia e la politica. Controversie dottrinali, Curia Romana e Monarnia $traCinque % p. 111 (M. Miele); G. R. F RANCI ,» Yoga, p. 183-191 chia spagnola e Seicento, 13 (P. I testi del periodico «Sapienza. Rivista di filosofia e di Teologia» sono di proprietà esclusiva della Editrice Domenicana Italiana s.r.l. 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N O T E C R I T I C H E - D I S C U S S I O N111 I AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA SEI INVERVENTI SU UN LIBRO RECENTE Gli autori della pagine che seguono fanno il punto su un lavoro di Andrea Milano, Donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona, pubblicato a Bologna dalle Edizioni Dehoniane nel 2008. Si tratta di approcci disciplinari diversi a seconda delle competenze messe in atto nell'indagine del libro. I vari interventi coinvolgono l'ermeneutica biblica, ma anche la teologia, la ®loso®a, l'antropologia e gli studi di genere. Non eÁ qui forse fuor di luogo ricordare che ad Andrea Milano, ordinario di Storia del Cristianesimo e delle Chiese ®no all'anno accademico 2009/ 2010, nel 2009, per questo suo libro, eÁ stato assegnato il Premio Capri per la storia e l'antropologia. Tra le recensioni uscite dopo la sua pubblicazione va menzionata in®ne quella del card. Gianfranco Ravasi su Il Sole 24 Ore. 1. Un'ermeneutica biblica circolare L'approfondita ricerca del Prof. Milano su Donna e amore nella Bibbia, benche densa per la lunga gestazione e i precedenti approfondimenti su quasi ogni singolo aspetto qui richiamato, si offre alla lettura di un pubblico vasto per la chiara scansione dei passi metodologici e per la stessa organizzazione della materia. La ricerca coinvolge sin dall'inizio il lettore rendendolo partecipe di una constatazione richiamata dall'autore e che funziona da forte stimolo per proseguire nella fatica: la non piena realizzazione dell'uguaglianza e del riconoscimento della dignitaÁ di ogni persona nell'occidente nonostante duemila anni di cristianesimo. Una questione di non poco conto che si ripresenta in molti e diversi contesti e viene riproposta per gli svariati ambiti in cui si constata la distanza tra annuncio evangelico, e piuÁ in generale biblico, e realizzazioni storiche piuÁ o meno convincenti. L'indagine, inoltre, eÁ condotta in costante dialogo con le voci piuÁ critiche intorno all'argomento «donna», quelle del femminismo nella sua ampia diversi®cazione, da quello piuÁ radicale a quello moderato come giustamente l'autore speci®ca a proposito di ogni singola posizione. EÁ come il contrappunto continuo alle osservazioni sul testo biblico, una voce che mette in discussione non solo le letture tradizionali o anche magisteriali (in particolare del cattolicesimo), ma anche le stesse osservazioni esegetiche. Completando la lettura dell'opera ci si accorge che il dialogo, con le pur legittime osservazioni del movimento femminista, al di laÁ di radicali riduzioni del testo biblico, rappresenta per l'autore un ef®cace stimolo per ulteriori approfondimenti. Non mancano veri e propri affondi contro le posizioni piuÁ critiche della cosiddetta esegesi femminista come si legge in particolare nelle pagine 142-143 a proposito delle posizioni della citatissima SchuÈssler Fiorenza sul rapporto tra GesuÁ e le donne. Il confronto con le 112 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI posizioni femministe si fa piuÁ marcato a proposito del capitolo su Paolo (c. IX) dove talvolta assume, diversamente dalla dominante pacata esposizione, il tono di una difesa delle posizioni dell'apostolo sottoposte ai colpi dell'accesa critica femminista (cf per es. p. 192). Una questione rimane sullo sfondo, quella della «esegesi» femminista. In senso proprio quello femminista si presenta piuttosto come un «approccio» al testo biblico (come chiarisce del resto il documento della Ponti®cia Commissione Biblica del 1993 «L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa»), il che non toglie forza alla critica piuÁ o meno radicale che si leva ormai da piuÁ parti del mondo verso una lettura «maschilista» della Bibbia, ma invita a riconoscere che non si puoÁ parlare di un metodo esegetico; le osservazioni di tipo esegetico si basano spesso su analisi di tipo sociologico e storico critico, privilegiate in questo tipo di ricerche, ma non disdegnano metodi di tipo sincronico, utilizzati di volta in volta per le dimostrazioni di quella che l'autore de®nisce «ermeneutica della liberazione» (§ 2.2). Il giaÁ citato documento della Ponti®cia Commissione Biblica parla non a caso dell'approccio femminista insieme all'approccio liberazionista in un paragrafo che li unisce ambedue sotto il titolo signi®cativo di «Approcci contestuali». Il volume di Milano sembra dar ragione non sulle posizioni, ma sull'utilitaÁ di porre la questione circa una lettura della Bibbia che si eÁ manifestata in sostanziale continuitaÁ temporale come lettura al maschile, rafforzata dalla prassi delle chiese, in particolare cattolica e ortodosse, anche al di laÁ delle loro intenzioni. A uno sguardo forse non suf®cientemente approfondito l'esclusione delle donne dal sacerdozio e dalle cariche ecclesiastiche di responsabilitaÁ diretta non puoÁ che essere inquadrato in una sostanziale dipendenza delle forme religiose (in particolare mediterranee) che ha assunto il monoteismo biblico e coranico dalle societaÁ sostanzialmente patriarcali in cui esse ebbero origine e che il sistema religioso, solitamente conservativo di forme sociali, eÁ riuscito almeno ®no ad oggi ad imporre senza troppi problemi. La ricerca di A. Milano non intende affrontare la questione sotto il pro®lo socio-antropologico che pure non eÁ assente dallo strumentario del ricercatore, ne ridursi a un dibattito a distanza con le posizioni femministe, ma andare al fondo della questione con la domanda se sia il testo biblico in se che promuove e sostiene una lettura della Bibbia in cui prevalga il genere maschile e la sua posizione di dominio verso quello femminile. A tale scopo si dimostra estremamente ef®cace, come caso particolarmente rilevante perche fondativo, lo studio del rapporto tra agape ed eros, a cui si deve tanta parte della rappresentazione del rapporto uomo-donna nella nostra cultura. L'opera delinea un percorso circolare: dall'analisi dei testi biblici, attraverso le considerazioni ermeneutiche e storico-®loso®che, all'approfondimento del concetto di persona per una messa a punto del rapporto tra eros e agape; completato l'itinerario si dispone di strumenti idonei per iniziare nuovamente a leggere, con maggior pro®tto, quegli stessi testi biblici da cui si eÁ cominciato. Solo con un'operazione di questo genere, circolare, eÁ possibile fruire veramente delle preziose indicazioni ermeneutiche offerte dall'autore per una comprensione approfondita di quanto il testo biblico, nella semplicitaÁ del racconto genesiaco o nella narrazione degli atteggiamenti di GesuÁ nei confronti delle donne del suo tempo, puoÁ offrire al lettore attento. Sul piano ®loso®co teologico, il concetto AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 113 che emerge e intorno a cui l'intera materia viene ripensata e rivitalizzata eÁ quello di «persona» a cui il Prof. Milano ha dedicato intensi anni di ricerca e produzione scienti®ca (cf Persona in teologia. Alle origini del signi®cato di persona nel cristianesimo antico, Dehoniane, Roma 19962). Sin dalle prime pagine del volume vengono proposte le coordinate dello studio: la scelta ermeneutica per l'aspetto metodologico, il cristocentrismo come chiave principale per la lettura cristiana di Antico e Nuovo Testamento, la critica storico-letteraria per fondare criticamente, ad ogni passo, le proprie argomentazioni. Pur avvalendosi dello studio storico-critico, come dimostrano le molte citazioni di opere esegetiche del secolo scorso e anche molto recenti, a proposito in particolare del libro della Genesi l'autore evita prudentemente di entrare nella questione delle fonti del Pentateuco. EÁ una scelta che si puoÁ condividere vista la situazione attuale in cui dell'edi®cio wellhausiano rimangono certo importanti intuizioni ma non piuÁ le precise ricostruzioni delle singole fonti, completate dagli studiosi successivi a Wellhausen con dettagli su epoche, luoghi di origine e persino linee teologiche delle singole tradizioni, in cui ci si poteva avventurare ®no a pochi decenni orsono. Utilizza invece con maggiore ampiezza le conclusioni dello studio critico, storico e letterario, in relazione al Nuovo Testamento (pp. 126 ss.). A tale proposito va segnalato un merito particolare: sempre in relazione all'uso del metodo storico-critico, l'autore compie lo sforzo di collocare giustamente il NT, attraverso un'esegesi puntuale dei singoli passi, nel contesto letterario e religioso dell'AT e delle attese giudaiche. CosõÁ, per esempio, nel capitolo dedicato a Maria (cap. VIII), rilegge i racconti dell'infanzia alla luce dell'annuncio del Regno di Dio. L'autore conferma cosõÁ, sia in relazione alla lunga e ricca tradizione patristica, sia in relazione a letture sincroniche dei giorni nostri, la necessitaÁ di ancorare il testo al suo contesto letterario e storico. Una preziosa indicazione di metodo, che sembra opportunamente rivolgere l'attenzione su quei «limiti dell'interpretazione» richiamati nel titolo stesso della nota opera di Umberto Eco. Le puntualizzazioni storico-critiche creano un argine allo straripare di interpretazioni antiche e recenti debolmente fondate nel testo collocato nel suo contesto. Come si diceva, questo ancoraggio che Milano ha inteso dare al suo lavoro si manifesta lungo l'intera opera, e con particolare ef®cacia nel capitolo relativo alla ®gura femminile biblica principale, per il cristianesimo e in particolare per il cattolicesimo, quella di Maria. Un capitolo non semplice, visto il particolare carico di responsabilitaÁ che il femminismo in generale ha attribuito alla rappresentazione della maternitaÁ e delle virtuÁ di Maria in senso patriarcale. L'autore indugia volutamente, per esempio, sul signi®cato della singola espressione che l'angelo rivolge a Maria secondo la narrazione lucana per mostrare come l'approfondimento di aspetti linguistici, grammaticali, sintattici relativi al greco koineÁ semitizzato dell'epoca neotestamentaria, pur non trasformandosi in camicia di forza per il lettore, offre orientamenti che escludono divagazioni o banalizzazioni a cui tanta letteratura religiosa ci ha abituati. I vangeli dell'infanzia, collegati all'insieme del messaggio biblico a partire dalla Genesi, vengono cosõÁ presentati come ef®cace sintesi ermeneutica con la quale gli evangelisti, in particolare Luca, hanno inteso anticipare il senso complessivo dell'evento GesuÁ (p. 175). 114 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Ben otto capitoli (III-X) su dodici sono dedicati a un libro o a un personaggio fondamentale della narrazione biblica. L'autore, negli accurati approfondimenti biblici a partire dalla Genesi e ®no all'Apocalisse, ha dovuto compiere inevitabilmente delle scelte; restano ovviamente alcune pagine, o interi libri biblici che avrebbero potuto contribuire all'approfondimento. Si pensi per esempio alla pro®cuitaÁ di un approfondimento della storia patriarcale narrata dalla Genesi: patriarcale, appunto, ma che in realtaÁ ha per protagonisti piuttosto le coppie patriarcali: Abramo e Sara (Agar); Isacco e Rebecca; Giacobbe Lia e Rachele (e le due schiave). Non meno interessante sarebbe stato in tal senso una considerazione della biblica storia di Ruth anche per la sua ricezione tradizionale. EÁ naturale, si diceva, che bisognava fare delle scelte e va osservato che alle ®gure femminili della storia patriarcale non mancano accenni (cf. p. 114), ma si vuole segnalare che il materiale biblico per lo studio del tema offre ulteriori spunti alla ri¯essione e, chissaÁ, per altri lavori. A proposito dell'inno alla creazione del libro della Genesi (1,1-2,4a), dove si sottolinea la reciprocitaÁ della persona femminile e della persona maschile (pp. 5767), proprio per approfondire il senso del riferimento alla «immagine e somiglianza di Dio» un ulteriore spunto testuale mi pare si potesse utilmente raccogliere. Il testo ripete per ben dieci volte che le creature sono create secondo la loro specie e producono seme secondo la loro specie. Quando nel sesto giorno si parla dell'uomo invece della loro specie si dice «a nostra immagine» rinviando signi®cativamente, per l'essere umano, non all'individuo precedente creato ma a Dio stesso. L'interruzione nella successione del riferimento alla «specie» per tutti gli esseri creati e l'introduzione del riferimento diretto a Dio non per il primo uomo ma per l'uomo in quanto tale contribuisce a rafforzare quanto viene illustrato a proposito della «immagine e somiglianza». Pure in sintonia con le osservazioni complessive di Milano eÁ il rilievo dell'espressione utilizzata da Dio in occasione della creazione della donna in Gn 2,18: «Non eÁ bene che l'uomo sia solo, voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». L'espressione in seÂ, sotto il pro®lo esegetico eÁ carica di contenuto: `ezer viene tradotto con «aiuto, appoggio, soccorso, ... alleato...». Nella Bibbia spesso si dice che l'aiuto viene da Dio (Sl 121,1.2; 124; 20; Dt 33,26; talvolta anzi si identi®ca con Dio: Es 18,4; 33,7.29; Sl 33,20: ...). In generale si puoÁ dire che si tratta di un soccorso personale, indispensabile per la vita (cfr. Sl 121; 124). Inoltre la forma avverbiale kenegdoà = «di fronte a lui» eÁ reso giustamente dalla nuova traduzione CEI 2008 con l'espressione «che gli corrisponda», capace cioeÁ di stargli di fronte, diversamente dagli animali precedentemente creati a cui Adamo eÁ chiamato a dare nome in un rapporto di supremazia (Gn 2,19-20). L'analisi e l'interpretazione del testo di Gn 3 eÁ molto ben equilibrata e convincente, in particolare rispetto alla questione dell'albero della conoscenza del bene e del male e sul senso dell'espressione «aprire gli occhi» (pp. 75-78). L'autore mostra, a partire dai testi che cita solitamente ed opportunamente per esteso, che l'attribuzione al maschio di alcune prerogative appartiene piuttosto all'ambito dell'interpretazione successiva giudaica e cristiana della Bibbia. CosõÁ per esempio, rilegge in riferimento alla persona (maschio e femmina) il testo di Siracide 17, ... 2-10 (p. 71); si potrebbe tuttavia obiettare che proprio AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 115 nell'ambientazione storico-religiosa del testo, al di laÁ delle successive interpretazioni, compresa quella proposta dall'autore, il Siracide facendo riferimento in particolare alla scienza, e specialmente all'alleanza e ai suoi decreti, si riferisse almeno preferenzialmente all'uomo, tradizionalmente destinatario principale nella religione di Israele dei precetti divini. Questa lettura storico-critica non va estremizzata, tuttavia sarebbe rischioso sostituire il pregiudizio maschilista a quello che potrebbe diventare un pregiudizio egualitario per la lettura di testi nati in un contesto diverso da quello contemporaneo. Analogamente, a proposito del riferimento al simbolismo sponsale da parte dei profeti, Milano insiste sulla ingiusta accusa rivolta dalle femministe alla irriducibile misoginia che sarebbe presente in testi in cui il riferimento al simbolo sponsale avviene per sottolineare la fedeltaÁ dello sposo (Dio) rispetto all'infedeltaÁ della sposa (donna). CioÁ che sostiene Milano appare corretto, anche se non si puoÁ non riconoscere che l'uso di quella rappresentazione del rapporto Dio/uomo ha avuto ed esercitato in se stesso una forza persuasiva nel perpetrare, al di laÁ del valore di simbolo (da collocare sullo sfondo storico della sua origine), l'origine di una debolezza o in generale negativitaÁ maggiore della donna nei confronti dell'uomo secondo la cultura a cui gli agiogra® appartengono. Insomma non va misconosciuto, e certamente non eÁ intenzione dell'autore, che la donna in molti racconti biblici venga rappresentata come anello debole nel rapporto di responsabilitaÁ tra l'uomo e Dio. CosõÁ nel testo di Gn 3 come, per fare un esempio, nella storia di Giobbe. Il testo va interpretato, e cosõÁ fa l'autore, senza forzare il desiderio di vedervi affermato, semplicemente, una paritaÁ dei sessi. Particolare approfondimento, e anche gusto, offrono le pagine dedicate al Cantico dei Cantici in cui con maggiore evidenza viene posto il problema e il senso dell'«erotico» nella rivelazione biblica e quanto la tradizione interpretativa abbia preferito eludere completamente la questione leggendo simbolicamente il canto d'amore ostinatamente conservato nella trasmissione canonica sia giudaica che cristiana. Giustamente Milano mette in guardia circa la necessitaÁ di distinguere fra l'erotico e il nuziale e tra il nuziale e il matrimoniale, offrendo un suggerimento che si auspica venga accolto da tanta letteratura divulgativa e spesso eccessivamente sempli®catrice sul Cantico (p. 110), piegata a sostenere semplicemente la dottrina sul matrimonio. A tale proposito tocca anche una questione di grande rilievo per il dibattito e le problematiche connesse con l'omosessualitaÁ: anche qui si puoÁ parlare di eros, ma nella situazione storica di decadimento in cui la nuzialitaÁ eÁ stata separata dall'eros. Nell'analisi di Milano viene dato grande risalto all'esegesi origeniana del Cantico: da una parte Origene predilige decisamente un'interpretazione spirituale, dall'altra e di maggior rilievo, propone la sostanziale assimilazione tra i termini eros e agape (p. 301), sulla base non del semplice platonismo, ma della tradizione successiva medio e neo-platonica (p. 307), pur conservando degli innegabili punti di differenza. Pur nella rielaborazione di tale ereditaÁ tuttavia porteraÁ con se la concezione sostanzialmente dualistica dell'essere creato in opposizione alla concezione unitaria proposta dalla bibbia. Il risultato, chiarisce Milano, saraÁ non tanto una cristianizzazione dell'idea platonica dell'eros, quanto una ellenizzazione del concetto biblico di agape, con tutto cioÁ che ne consegue. Nell'analizzare le posizioni di 116 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Nygren e di Barth, viene ancor piuÁ evidenziata la tendenza, diversamente confermata dai due autori, di una contrapposizione tra eros e agape sostenuta dalla sottolineatura della radicale novitaÁ portata da GesuÁ Cristo. Qui si tocca il punto focale della tesi di Milano che riprende in qualche modo quanto si diceva a proposito della collocazione della ®gura di GesuÁ Cristo e del Nuovo Testamento nel suo contesto anticotestamentario e giudaico. Milano segnala inoltre, a proposito delle tesi di Nygren, un aspetto che piuÁ volte ricorre nelle analisi teologiche del secolo scorso: la preferenza per Paolo con la quasi totale esclusione del pensiero giovanneo (p. 321). Proprio alla luce del paragrafo 11.6 (La problematica riscoperta moderna dell'agape) emerge la possibilitaÁ di rileggere in una luce diversa il testo di Gn 2-3 relativamente alla creazione e alla trasgressione della prima coppia. Il testo genesiaco, cosa rilevata al principio dall'autore, parla dell'uomo e della donna come dell'opera creata da Dio che porta con se il segno profondo dell'appartenenza alla terra. Non eÁ questa appartenenza l'elemento negativo ma il fatto che Eva e Adamo «ascoltino» (nel senso profondo di «obbedire») la sola voce della terra, rappresentata dalla ®gura altamente simbolica del serpente. EÁ possibile notare questo dominio di campo da parte del serpente, portavoce delle esigenze della terra, osservando la sapiente costruzione delle tre scene in cui eÁ strutturato il capitolo terzo della Genesi e avvalendosi della narratologia: nella scelta di prendere del frutto del'albero proibito parla solo il serpente, Dio eÁ tenuto fuori. L'attenzione eÁ totalmente rivolta a soddisfare qui ed ora il proprio appetito vissuto al di laÁ di ogni altra relazione personale. Lo stesso testo della Genesi mostreraÁ subito dopo, con le successive maledizioni, a cosa porteraÁ questo atteggiamento: tra l'uomo e la donna si tradurraÁ in rapporto di dominio-soggezione; tra l'uomo e la terra di sfruttamento infruttuoso, tra l'uomo e Dio di penosa lontananza. Qui le relazioni sono di desiderio per seÂ, non di amore. Il fondamentale rapporto uomo donna, in relazione al tema speci®co scelto dall'autore, apre collegamenti con altri ambiti di grande attualitaÁ come appunto il rapporto dell'uomo con la terra. L'esegesi condotta dal prof. Milano sui testi del Nuovo Testamento ha molto da dire anche in merito al metodo, nel contesto attuale della critica neotestamentaria piuÁ recente, nota come «terza fase» in cui si pone particolare attenzione al contesto sociale, religioso, culturale dell'epoca di GesuÁ sottolineando in particolare, e va aggiunto «giustamente», l'inquadramento e l'interpretazione delle parole e dei gesti del maestro di Galilea nel quadro del giudaismo del suo tempo (§ 7.1, p. 126). EÁ noto quanto questa bene®ca puntualizzazione abbia portato a una profonda revisione di alcuni dei criteri di autenticitaÁ storica un tempo ritenuti indispensabili criteri-guida per orientarsi nel riconoscere la veritaÁ storica del racconto evangelico. Tra questi il criterio della discontinuitaÁ per il quale era tanto piuÁ ragionevole attribuire a GesuÁ di Nazaret cioÁ che contrastava profondamente con la cultura e la prassi giudaica del tempo. Un criterio non del tutto infondato, ma che partiva dal diffuso preconcetto cristiano di una sostanziale discontinuitaÁ tra l'insegnamento e gli atteggiamenti di GesuÁ, quasi ignorando (o volendo ignorare) la sua giudaicitaÁ. L'inquadramento di GesuÁ nel giudaismo del suo tempo ha dato origine a una notevole quantitaÁ di studi e AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 117 approfondimenti di tipo esegetico e teologico e ha contribuito notevolmente alla crescita del dialogo cristiano-ebraico degli ultimi decenni. Milano, pur collocando sempre l'atteggiamento di GesuÁ, anche verso la donna, nel contesto del giudaismo del suo tempo, non manca di osservare che proprio a tale proposito si deve registrare con altrettanta onestaÁ un atteggiamento di rottura del maestro galilaico con norme e comportamenti condivisi nel giudaismo del tempo. GesuÁ non teme di toccare le donne mestruate o persino giaÁ morte (pp. 150-1). Una libertaÁ che tuttavia non va costruita arti®ciosamente addossandola a GesuÁ in chiave femminista per giungere ad affermare, come diverse esponenti del mondo femminista e non solo, che donne fossero pure presenti nel gruppo del dodici (p. 159). CosõÁ pure a proposito dell'insegnamento paolino, l'autore dichiara a ragione di non condividere quelle posizioni che giungono a ricondurre l'insieme del messaggio paolino all'interno del giudaismo del tempo (contrariamente per es. a M. Pesce, p. 205). A proposito di Paolo nel corso della lettura sorge un'altra osservazione: il suo messaggio viene riletto completamente in chiave universalista perdendo talvolta di vista il contesto piuÁ speci®co e limitato delle originarie chiese domestiche. Rimane insomma la questione di come debbano essere intesi alcuni insegnamenti dell'apostolo, se compresi come indicazione per i piccoli gruppi di cristiani a cui venivano indirizzate le lettere o giaÁ una ri¯essione che dal piccolo intendeva indirizzarsi all'universale. Tra gli approfondimenti piuÁ interessanti e ricchi per la lettura bisogna collocare senza dubbio il paragrafo 9.4 (p. 207) a proposito dell'espressione paolina di Gal 3,28: Non c'eÁ piuÁ «maschio e femmina», testo de®nito nel titolo stesso del paragrafo come «Il manifesto della liberazione evangelica». Milano segnala l'importanza di un'accurata traduzione del testo che anche nella precedente versione CEI, in continuitaÁ con le opposizioni precedenti (non c'eÁ piuÁ giudeo ne greco, non c'eÁ piuÁ schiavo ne libero) traduceva allo stesso modo il terzo membro del versetto (non c'eÁ piuÁ uomo ne donna), non facendo attenzione al fatto che per la terza coppia di termini non troviamo l'opposizione oudeÁ, ma la congiunzione kai. Questa giusta osservazione, segnalata da alcuni esegeti (per es. Fabris), eÁ recepita dalla nuova traduzione CEI (2008). Se tutte e tre le opposizioni vano inserite nel tempo presente del giaÁ e non ancora, l'autore chiarisce peroÁ la differenza sottolineata: le prime vengono percepite e presentate come contrapposizioni, la terza de®nisce invece, nei termini del racconto della Genesi, il rapporto tra maschio e femmina, una reciprocitaÁ che non eÁ contrapposizione abolita, ma differenza trasformata (p. 210). L'autore chiarisce quanto sorge spontaneo a un certo punto nell'investigazione sull'eros: puoÁ dunque essere considerato sempre e comunque come dono di Dio, rifacendosi alla benedizione originaria della coppia umana? Proprio con l'apostolo delle genti si fa un passo avanti nella considerazione del rapporto tra eros e agape nel NT: per l'apostolo anche l'eros va umanizzato, cosõÁ come nelle chiese delle origini: da solo, l'eros, puoÁ costituire la premessa dell'amore biblicamente inteso o anche la negazione di esso. Deve entrare, come richiesto a tutto l'agire umano, nel nuovo ethos richiesto dalla fede (p. 231). Il messaggio neotestamentario sull'agape non eÁ dunque proposta di un amore cristiano (agape) in opposizione all'eros. Si tratta di con- 118 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI vertire anche l'eros. Questa conclusione costituisce il nucleo centrale dell'approfondimento esegetico storico e teologico dell'autore, come viene presentato in particolare nel cap. XI. E con esso l'inevitabile domanda sulla non comprensione di tale rapporto in duemila anni di cristianesimo. Un ri®uto dell'eros che si eÁ manifestato, come nota giustamente Milano, con l'interdizione del termine stesso, a partire dalla LXX e in tutto il NT. Il problema nasce dal dialogo della cultura biblica (giudaica prima e cristiana) con la ®loso®a del tempo, dialogo necessario quanto insidioso. Facendo propria la tesi che vede nel cosiddetto «inno alla caritaÁ» la forma retorica dell'«encomio» o elogio (cf. tra gli altri Fabris) Milano mette in rilievo la corrispondenza della scelta paolina di tale genere retorico con quella di Platone, nel Simposio dove si dedica un «encomio» a eros (p. 330). La convincente dimostrazione porta all'importante conclusione che l'agape rappresenta nella proposta neotestamentaria un contenuto centrale della fede cristiana, come del resto Giovanni indicheraÁ esplicitamente. L'agape dunque si presenta come forma di amore che salva, che tras®gura in senso cristiano ogni altra forma di amore, compreso l'eros rispetto al quale non eÁ presentato in contrapposizione. In tal senso il testo mi pare che offra indicazioni preziose e accuratamente fondate per una valutazione piuÁ attenta di questioni etiche oggi di grande attualitaÁ, da quella della realtaÁ matrimoniale, troppo spesso ravvisata in ogni riferimento biblico che parli della coppia umana (cf Cantico) all'amore omosessuale. Rispetto a tali questioni prevale spesso un atteggiamento emotivo ispirato soprattutto alla tradizione sociale e religiosa, piuttosto che una ragionata, salutare, fondazione critica come quella offerta dallo studio di Andrea Milano. Napoli, FacoltaÁ teologica, sez. S. Tommaso d'Aquino GAETANO CASTELLO 2. Considerazioni filosofiche su Donna e amore nella Bibbia 1 C'eÁ un problema «cattolico» del femminismo? Il libro di Andrea Milano vuole offrire una risposta ragionata e documentata a questa domanda, ricostruendo innanzitutto i motivi di consenso e di dissenso con quel variegato movimento femminista che, sorto nella seconda metaÁ del secolo XX, prima negli Stati Uniti e successivamente nei paesi europei, come rivendicazione dell'emancipazione della donna da una lunga storia di subordinazione culturale, sociale e politica al modello maschile, si eÁ prolungato anche in una sua versione teologica, abbastanza intrecciata con la coeva teologia della liberazione, con®gurandosi a sua volta come contestazione globale di una teologia tradizionale (accusata di essere) costruita in tutte le sue varianti a partire da una prospettiva androcentrica e misogina. Naturalmente questa presa d'atto di una his-story (storia-di-lui) da 1 Un'altra recensione impostata in modo «diverso» eÁ in Archivio di storia della cultura XXII (2009) pp. 305-320. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 119 contrapporre a una her-story (storia-di-lei), cioeÁ l'individuazione di una speci®ca ottica storico-culturale-linguistica «fallocentrica», come si usa dire in un linguaggio tecnico peraltro simmetrico alla forma «logocentrica» del cosiddetto pensiero «forte», di cui si conserverebbero tracce persino nella redazione dei testi biblici, con i suoi effetti perversi e devianti sulla stessa organizzazione concettuale del dato teologico e dei comportamenti concreti, imponeva una diversa e piuÁ adeguata pratica di lettura non giocata, certo, solo sul piano di una critica del linguaggio teologico (come lo erano state dopotutto qualche generazione prima la questione della «demitizzazione» sollevata da Bultmann o quella di un'«interpretazione secolare dei concetti biblici» sollevata a sua volta da Bonhoeffer), ma spinta ®no a una revisione radicale dello stesso impianto ecclesiologico della tradizione cattolica, della sua strutturazione gerarchico-maschilista. Ne conseguiva la rivendicazione esplicita di un sacerdozio «ministeriale» non riservato ai soli uomini, secondo una prassi antica e ininterrotta nei secoli, ma esteso alle donne, sul presupposto della mancanza di ragioni esegetiche e teologiche «decisive», se non legate appunto a contingenti condizioni storico-culturali, a favore di una tale prassi. Si aggiunga che per la stessa teologia femminista, ma non solo, in tale esclusione delle donne dal sacerdozio ministeriale non mancava di ri¯ettersi anche una certa dif®denza della teologia e della spiritualitaÁ tradizionale, da collegare a incidenze di tradizioni platoniche e neoplatoniche, per la sfera della corporeitaÁ e della sessualitaÁ in generale, non giocosamente vissute come proiezione della stessa persona, come il suo modo di rapportarsi al mondo e agli altri, ma come limite e decadimento della ragione, come il suo negativo da rimuovere e/o da reprimere. Per dipanare questo intrico di questioni alle quali si connette certo non solo un impatto immediato sulle forme di democrazia partecipativa all'interno delle strutture ecclesiastiche, ma anche sul piano della loro ricaduta sui rapporti ecumenici con le altre confessioni cristiane e piuÁ in generale sul piano di un'interpretazione non pregiudizialmente dissonante della religione con la modernitaÁ, di cui appunto la nuova sensibilitaÁ, intessuta di rispetto e di riconoscimento, per la «questione femminile» eÁ uno dei piuÁ alti indicatori Ð un autentico «segno dei tempi» Ð, il Milano, come si vedraÁ, avverte la necessitaÁ di ripercorrere il problema della «Donna nella Bibbia» intrecciandolo continuamente con un orizzonte teorico piuÁ ampio, quello suggerito dal sottotitolo stesso del libro: «eros, agape e persona». A ben vedere si tratta di un disegno di ampio respiro, rigorosamente costruito con il ricorso alle piuÁ raf®nate tecniche di analisi storico-critica dei testi biblici, patristici e ®loso®ci relativi a questo campo tematico, dentro un tessuto argomentativo che tiene insieme profonditaÁ di scandaglio storiogra®co e abilitaÁ di sintesi teorica «a conferma» di una tesi ben riconoscibile come una tesi «classica» della posizione cattolica Ð da cui anche il carattere «militante» del libro Ð quella della irriducibilitaÁ del femminile a ogni omologazione al maschile. Ne consegue che, pur nel riconoscimento di quanto di buono eÁ stato portatore il movimento femminista per l'arricchimento della stessa coscienza religiosa, questo libro si muove in una sostanziale presa di distanza da esso, senza concessione 120 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI alcuna al «politicamente corretto», ma anche senza mascherarsi in una difesa acritica della tradizione. Per quanto attiene soprattutto al problema del sacerdozio ministeriale, che eÁ il punto di condensazione piuÁ alto del plesso di questioni sollevato dalla teologia femminista e comunque un punto che qui non eÁ «esplicitamente» trattato, per quanto co-presente sullo sfondo, si puoÁ ragionevolmente dedurre, per usare un eufemismo, che nell'agenda prossima e prevedibilmente futura della chiesa cattolica non c'eÁ di fatto, ma secondo molti neppure di diritto [ ! ], un qualcosa all'ordine del giorno che possa con®gurarsi come l'equivalente dell'istituzione laica di un ministero delle pari opportunitaÁ, cioeÁ di una modi®cazione strutturale dell'attuale ordine delle cose nella chiesa, ma al piuÁ si possono presagire e/o vagheggiare variazioni puramente quantitative all'interno di un sistema di comunicazione e di governo sorretto da codici linguistici e ruoli operativi sostanzialmente «omoerotici». La questione, come si vede, per il peso esercitato da una tradizione lunga e ininterrotta, ma anche per il carico di responsabilitaÁ connesso al governo di un organismo storicamente e geogra®camente complesso come la chiesa cattolica non eÁ solo «teorico-dottrinale» e percioÁ non eÁ di poco conto per le sue ricadute sul piano operativo. Per avviarci all'analisi interna della nostra tematica eÁ opportuno ri¯ettere innanzitutto sul carattere «storico» dei testi biblici, sul fatto cioeÁ che essi veicolano la Parola di Dio in forma umana, secondo quel modello «incarnazionista» di cui il Cristo eÁ l'archetipo vivente. Si tratta, dunque, di riconoscere nella Bibbia come Parola di Dio la densitaÁ di un realismo salvi®co coniugato intimamente con la fatica e la pazienza della storia, con i suoi ritmi di maturazione e di assimilazione, assumendo appunto il testo biblico non come un puro assemblaggio di astratte tesi teologiche sganciate da un concreto terreno d'inerenza e di connessioni vitali, fuori da ogni processo di contestualizzazione, che eÁ la maniera di interpretarlo secondo la «lettera», secondo quel modulo «fondamentalista» che ignora ogni lettura e interpretazione d'insieme di questo testo, le sue profonde strati®cazioni culturali e i suoi complessi intrecci simbolici, il suo con®gurarsi come un ordine di risposte a domande di senso e di salvezza legate a condizioni umane ed esistenziali radicate in un determinato tempo e in determinato luogo, a partire da sensibilitaÁ, costumi e linguaggi speci®ci, all'interno, dunque, di una storia di lunga durata di cui eÁ possibile rintracciare continuitaÁ e rotture, correlazioni e trasformazioni. La bibbia, invece, eÁ da accostare dentro un quadro unitario costituito essenzialmente, da un lato, dall'investimento umano sull'«invisibile» e dalla connessa credenza in esso e, dall'altro, dalla scommessa che, quantomeno per la coscienza giudaico-cristiana, anche se in gradi diversi, un tale invisibile si eÁ reso visibile, si eÁ prodotto in una reale traversata storica, in un viaggio terrestre che eÁ stato insieme anche celeste e viceversa, si eÁ appunto «incarnato». EÁ in tale riconoscimento di una Rivelazione di Dio nella storia, nella totalitaÁ delle sue scansioni de®nibili tra un inizio creativo e un eschaton conclusivo che si riassume la fragile forza della fede in Dio attestata dagli scritti biblici. Si deve qui solo aggiungere che per una ermeneutica «cristiana» di questi scritti il carattere prolettico di una tale fede non rinvia puramente a un evento conclusivo della storia secondo una scansione cronologica collocata su un mo- AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 121 vimento orizzontale, ma a un accadere che ha il carattere di una totalitaÁ «anticipata» nella ®gura «paradossale» del Cristo stesso, nella pienezza escatologica racchiusa nella sua persona e nel suo dinamismo soteriologico in cui inizio e ®ne si richiamano reciprocamente in uno scambio attuoso a cui attinge e di cui si sostanzia ogni concreta esperienza di fede. Sul piano della resa linguistica questo effetto dell'azione escatologica divina sul presente eÁ condensato nel cosiddetto «passivo divino», cioeÁ nell'impiego del participio perfetto passivo di un verbo, come ad esempio nella formulazione dell'annuncio dell'angelo a Maria di «ricolmata-di-grazia» (kecharitomeÂne), ma anche di altre formulazioni presenti in una numerosa letteratura giudaica della diaspora di lingua greca, in una certa letteratura apocalittica e soprattutto nei vangeli. «GesuÁ Ð scrive il professore Milano Ð si riallaccia certo allo stile apocalittico, ma con accenti suoi propri e in un ambito incomparabilmente piuÁ ampio e intenso, dilatandolo e insieme concentrandolo dentro il ``qui'' e ``ora'' della sua azione e della sua parola, in cui Dio stesso eÁ coinvolto. Tutti, dunque, i ``passivi divini'' usati da GesuÁ intendono affermare che in lui si realizza il compimento delle promesse di Dio, il mistero del regno di Dio, l'irrompere dello spirito di Dio» (p. 164). Ne risulta per una tale ermeneutica che anche il richiamo all'inizio storicosalvi®co della creazione non eÁ affatto con®gurabile come pura «nostalgia delle origini» (Eliade), ma si dispiega sempre a partire da un'analisi del proprio presente riconosciuto come dono e come grazia, come sottoposto all'effetto della misteriosa azione escatologica di Dio. In realtaÁ, eÁ a partire da questo gioco interpretativo ispirato alla struttura dell'evento escatologico-Cristo come «advenire-riveniente» che gli stessi scritti neotestamentari ricostruiscono il suo percorso biogra®co, interpretano i suoi detti e le sue azioni, veicolano il nuovo annuncio di salvezza. CosõÁ, a partire dall'appropriazione dell'evento cardine della sua morte e risurrezione, il Cristo della storia, inestricabilmente connesso con il Cristo della fede, diventa il principio interpretativo fondante in base al quale si costituiscono le varie tradizioni che con¯uiranno nei vangeli e ispireranno le piuÁ antiche formule di fede. EÁ ancora a partire da questo nuovo orizzonte escatologico che si puoÁ cogliere la mutazione genetica in cui s'inscrive il nuovo rapporto verticale tra Dio e l'uomo e il nuovo rapporto orizzontale degli uomini tra loro, rapporti nei quali l'antico ordine della legge viene ripreso e tras®gurato nel nuovo ordine della grazia, con la conseguente «trasmutazione di valori» connessa a un tale passaggio, anche ai ®ni di una riabilitazione del ruolo della donna oltre il contesto civile, sociale e religioso dell'epoca. Dentro un tale contesto escatologico, in®ne, deve essere riportato il radicalismo di certe affermazioni evangeliche sul matrimonio e sul celibato con l'annessa forza simbolica di anticipazione del Regno che esse racchiudono, la dissolvenza, operata da Paolo all'interno di un tale contesto, della stessa differenza tra maschio e femmina, al di laÁ di quella tra greco e giudeo, tra schiavo e libero, un autentico «manifesto di liberazione evangelica», pensabile solo all'interno della sfera di una libertaÁ donata, sulla base, dunque, di un rapporto «comunionale» da con®gurare come superamento di vetuste nostalgie di predominio e astratte romanticherie fusionali. EÁ vero che questo livello messianico-escatolo- 122 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI gico non eÁ da porre accanto o sopra all'ordine della corrente ordinaria della storia, ma nelle sue stesse viscere, laÁ dove essa attende di essere riscattata dalla sua intrinseca corruzione, ma tutto questo eÁ novitaÁ di fede, non veritaÁ evidente da proporre e conseguire per le stesse vie con cui la storia insegue le sue ®nalitaÁ. La storia, per quanto aperta alla libertaÁ escatologica, resta esposta allo scacco e all'inerzia della contro®nalitaÁ, al peccato come «incurvatio in se ipsum». Dentro questa ambiguitaÁ strutturale si muoveva la stessa Chiesa delle origini e all'interno di un tale contesto era diretta l'azione pedagogica e missionaria di Paolo nel richiamare a uno stile di vita riferito all'orizzonte di quella concreta «utopia cristiana» fondata sull'azione redentiva del Cristo. A partire da un tale impianto ermeneutico il Milano sviluppa le sue annotazioni sul nesso tra «eros, agape e persona» non solo all'interno di singole sezioni del libro, laddove cioeÁ se ne offre l'occasione, ma soprattutto nel capitolo XI che eÁ una sintesi ragionata di quelle categorie, il tentativo di raccoglierle in una connessione sistematica. Intanto si puoÁ partire da un'annotazione di carattere linguistico: la nostra lingua Ð ma prima ancora la lingua ebraica Ð ha un'unica parola per coprire quel vasto campo semantico dell'«amore» racchiuso tra la sua accezione piuÁ «carnale» e quella piuÁ «spirituale»: «l'amor che move il sole e l'altre stelle», a differenza della lingua greca che ha, invece, due termini Ð «eros» e «agape» Ð per indicare due modalitaÁ idealtipiche dell'esperienza amorosa, ciascuna delle quali intenziona un distinto campo semantico e si de®nisce per contrapposizione rispetto all'altra. Sempli®cando, con tutto il rischio connesso a una tale operazione, si potrebbe dire che «eros» eÁ il principio attivo della condizione «creaturale» della vita, movimento centripeto e di attrazione a differenza dell'«agape» che eÁ movimento centrifugo e di espansione, l'uno movimento carnale a differenza dell'agape che eÁ movimento spirituale, l'uno principio di egoitaÁ, l'altro di donazione. Naturalmente quest'uso all'apparenza puramente descrittivo dei due termini, al di laÁ della sua precaria veritaÁ ed ef®cacia espositiva, porta giaÁ in se tracce evidenti di un processo di contaminazione/tras®gurazione simbolica e percioÁ «eros» e «agape» nella loro lontananza sono piuÁ vicini di quanto si possa pensare, in quanto entrambi attingono alla sfera dell'immaginario e dell'emotivo, dell'interioritaÁ e della corporeitaÁ, del desiderio e della partecipazione: il loro rapporto non puoÁ, dunque, con®gurarsi in termini di «pura» opposizione. Credo che sia riduttivo, e percioÁ improprio, appiattire, ad esempio, l'eros sul sesso, supposto che questo nell'uomo possa essere con®nato nella sfera del puramente corporeo, sganciato da quella corrente d'esistenza in generale che lo riprende e lo carica di un signi®cato piuÁ ampio all'interno del quale anche le cosiddette differenze sessuali, cioÁ che appunto viene attribuito al maschile e al femminile, non eÁ solo un dato di natura, ma anche il risultato di una costruzione sociale, del modo cioeÁ in cui uomini e donne vivono e sperimentano «storicamente» le loro differenze. Se, dunque, eros e agape non sono con®gurabili come due invarianti senza rapporto tra loro, ma come due modalitaÁ di rapportarsi a se stessi, agli altri e a Dio, appunto come due modalitaÁ «esistenziali» che si prolungano in una contrapposizione di stili di vita, allora in tale accezione «antropologica» «eros» eÁ il progettarsi dell'uomo a partire da un principio di clausura AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 123 terrestre e autosuf®cienza egoistica, il suo arroccamento dentro un movimento d'immanenza e di morte, di solitudine e vuoto, mentre «agape» eÁ il progettarsi dell'uomo a partire da un'esperienza di trascendenza e di comunione partecipativa, la sua apertura a cioÁ che irrompe come dono e come grazia, l'appropriazione vivente della veritaÁ evangelica: «chi perde la sua vita, la guadagna». EÁ a partire da una tale autocomprensione esistenziale di eros e agape ripresa, sulla scia di Lutero, da Anders Nygren, ma con qualche variante polemica anche da Karl Barth nel secolo scorso, che puoÁ meglio chiarirsi quella vera e propria «censura linguistica nei confronti dell'eros e della sua famiglia lessicale» praticata nella traduzione della Bibbia greca dei LXX dall'ebraico, una censura che si spinge a una sistematica utilizzazione del termine «agape» anche laddove si tratta di «eros», un'operazione radicalizzata a sua volta dagli autori neotestamentari. Perche questa rimozione del termine «eros» dai testi biblici? Naturalmente si comprende subito che una tale operazione non eÁ un fatto «innocente», in quanto le parole non sono pure etichette appiccicate alle cose, ma veicolano sempre una determinata esperienza del mondo con i suoi annessi codici di valore. Se, dunque, gli autori biblici dif®dano della parola «eros» eÁ perche essi ravvisano morte e disperazione in quella stessa parola che per i greci tentava di esprimere ebbrezza e felicitaÁ. EÁ dentro un tale radicale cambiamento di segno che si costituisce l'opposizione tra sapienza greco-pagana e fede ebraico-cristiana, ma tutto questo diventa comprensibile non attardandosi in una meccanica equivalenza tra eros e peccato e/o tra agape e virtuÁ, riportando l'eros a un sistema di cieca necessitaÁ e l'agape a un sistema di ideale libertaÁ, quasi una contrapposizione di notte e giorno, tenebra e luce, selvaggia passione e autopresenza trasparente, «pura» natura e «puro» spirito. Nell'uomo, in effetti, tutto eÁ natura e tutto eÁ spirito e non eÁ possibile separare nel suo comportamento una componente che possa ricondursi alla «pura» natura o al «puro» spirito essendo egli piuttosto, in quanto spirito «incarnato», quel luogo «ambiguo» in cui i processi naturali sono giaÁ attraversati da una intenzionalitaÁ e quelli spirituali sono inseparabili dal sostrato naturale su cui s'innestano. Se si tiene presente l'unitaÁ di questo senso globale dell'umano allora il termine «eros» non connota un negativo spazio espressivo di per seÂ, ma appunto il fatto che in esso si proietta un determinato modo d'essere dell'uomo nel rapporto con gli altri, una speci®ca «opzione fondamentale», si sarebbe detto una volta, determinata da un ripiegamento narcisistico sul proprio io, caparbiamente indisponibile a ogni movimento di trascendenza e di apertura all'altro, fagocitato da un universo impersonale e anonimo. Inteso in tale accezione si comprende la necessitaÁ della sua «conversione», cioeÁ di un processo catartico che porti l'eros a liberarsi della «servituÁ» costitutiva che lo divora dall'interno per tras®gurarsi in «agape», cioeÁ in un'esperienza di apertura e di dono, un'esperienza al contempo di rinuncia alla clausura dell'io e di conservazione/trasformazione della stessa corrente calda dell'eros nella profonditaÁ di un presente liberamente partecipato e condiviso, secondo l'esempio del Cantico dei cantici e di quei passi biblici ispirati a un «simbolismo sponsale» nei quali l'amore Ð persino quello tra Dio e il suo popolo Ð non eÁ governato dall'arbitrio fugace dell'eros, ma dal «legame liberante» di una 124 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI vera relazione interpersonale, che eÁ l'orizzonte in cui l'erotico viene sollevato all'etico, cioeÁ al kantiano regno dei ®ni. Nell'impossibilitaÁ di approfondire qui il ricco tessuto di analisi e di argomentazioni che accompagnano i temi richiamati, che sono solo alcuni tra i molti altri, dei quali peraltro il lettore puoÁ prendere visione semplicemente scorrendo l'ampio indice analitico del libro, non potendo qui che accontentarci di una visione quasi impressionistica dell'insieme di questo lavoro, eÁ forse opportuno soffermarci su un ultimo punto, che eÁ anche quasi la ricapitolazione e il coronamento da cui a mio avviso appare orientata l'intera ricerca, quello della categoria di «persona». Si eÁ appena accennato Ð e forse eÁ inavvertitamente passato come un messaggio neppure tanto subliminale Ð al fatto che «eros» si annuncia dentro un orizzonte «impersonale», mentre «agape» eÁ esperienza costituente «persona» e costituita da «persone». Si puoÁ qui aggiungere che l'entrata in scena della categoria di «persona» non si produce per un meccanismo esterno a quanto ®nora detto, ma vi si connette strettamente, anzi essa, in quanto principio di relazione, si presenta giaÁ tutta racchiusa ed evocata con la questione intorno all'esseredonna, portando la donna inscritto nella stessa struttura generativa del suo corpo un rapporto vivente con l'altro in quanto «altro da se dentro di se». Anche qui, peroÁ, una radicalizzazione dell'opposizione tra «eros» e «agape=persona» rischia di portare a una dimensione puramente «coscienziale» della persona, neutralizzando, marginalizzando o comunque ignorando quello strato originario di Lebenswelt su cui riposa ogni sua attivitaÁ esplicita, quel mondo preliminare praticopercettivo che, in quanto intercorporeitaÁ, funge da vinculum in ogni esperienza di intersoggettivitaÁ. In un certo senso il riconoscimento dell'«eros» come momento costitutivo della nostra soggettivitaÁ, per quanto non staccato da una integrazione dinamica con l'interezza dell'umano, deve richiamarci alla nostra condizione di soggettivitaÁ «®nite», mai completamente sciolte da ogni inerenza alla fattualitaÁ: «dal buio dell'irrazionale (dal sentimento, dalla brama, splendida madre della conoscenza) germogliano i luminosi pensieri», scriveva Schelling (VII, 360). La cosiddetta «conversione» dell'eros, alla cui necessitaÁ si fa riferimento nel testo del professore Milano, non puoÁ certo coincidere con la sua nulli®cazione o con il suo risolversi nelle idealizzazioni degli sguardi belli e trasparenti dell'agape. Per instaurarsi a un livello piuÁ profondo l'eros, certo metamorfosandosi, deve continuare ad alimentare il terreno su cui prende corpo l'attivitaÁ dell'agape e appunto in tale rapporto di implicazione reciproca si chiarisce l'osservazione dello stesso Schelling che «solo nella personalitaÁ eÁ vita; e ogni personalitaÁ si fonda su un fondamento oscuro, che deve essere senza dubbio anche fondamento della conoscenza» (VII, 413). Alla rivendicazione di «quell'oscura forza originaria, che eÁ a fondamento di ogni esistenza», in cui Schelling stesso cerca un superamento dell'«idealismo», a cui viene contestato di negare quella «originaria forza di negazione», anzi di voler «eliminare del tutto l'inquieto, sciogliere del tutto l'incomprensibile nell'intelletto», in breve di «annullare l'opposizione alla fonte» (VIII, 212), si potrebbe far corrispondere nel nostro contesto quella dell'«eros». AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 125 Si possono trovare varie denominazioni per individuare il contenuto dell'eros: potenza irrazionale, impulso originario, cieco volere o cioÁ che si collega alla Sucht boÈhmiana, che eÁ desiderio e nostalgia, il fondo senza regola e senza limite dell'essere stesso che appunto ne rivela la «natura anceps», il suo carattere «demoniaco» capace di travolgere e distruggere tutto al pari del dionisiaco nietzschiano. Gli eÁ, peroÁ, che senza questo oscuro «principio barbarico», a cui lo spirito eÁ chiamato a conferire ordine e misura, freno e stabilitaÁ, la vita stessa dello spirito perderebbe slancio e forza, contenuto e dinamismo. Potrebbe questo intrico di osservazioni offrire qualche utile suggerimento Ð naturalmente tenendo conto dei distinti contesti di discorso Ð anche per un'articolazione meno rigida ed esclusiva del rapporto tra «eros» e «agape»? E potrebbe la stessa categoria di «persona», non solo quella dell'uomo, ma per Schelling persino quella di Dio, riceverne un fascio di illuminazione rispetto all'intera tradizione dello «spiritualismo» occidentale, spesso cosõÁ illanguidito ed esangue, per rappresentare «compiutamente» una religione fondata sulle veritaÁ dell'«incarnazione» divina e della risurrezione dei «corpi»? Forse c'era piuÁ veritaÁ e certamente piuÁ robusto realismo di tante diffuse formule «spiritualistiche» nell'adagio medioevale: «gratia non destruit, sed per®cit naturam», a buon ragione riconosciuto una sintesi ef®cace del pro®lo piuÁ proprio e profondo dell'interpretazione «cattolica» dell'esperienza religiosa, una sintesi che l'ha resa capace di guardare attraverso i secoli allo stesso rapporto paganesimo-cristianesimo non come a un puro terreno di con¯itto e di separazione, ma di reciproca integrazione. Un buon auspicio anche per una trattazione serena ed equilibrata «Fra i tempi» Ð come recita il titolo del capitolo conclusivo Ð della condizione femminile in chiave cattolica? Di certo eÁ che il lettore potraÁ trovare nel libro del professore Milano molto di piuÁ e molto meglio argomentato di quanto qui si eÁ accennato e ammirare la curiositaÁ intellettuale con cui egli si muove in rebus theologicis, senza tirarsi indietro quando si tratti di parlare fuori dai denti. Napoli, UniversitaÁ Federico II FRANCESCO DONADIO 3. Sull'identitaÁ dell'uomo e dell'amore umano. Una lettura antropologica Introduzione Negli anni '60 e '70 del secolo scorso, fra i tanti fenomeni che hanno rivoluzionato la convivenza sociale e civile dell'Occidente e, per certi versi, scosso alcuni dei piuÁ consolidati quanto tradizionali immaginari antropici, c'eÁ stato lo sviluppo del movimento femminista. Si eÁ trattato di un fenomeno socialmente e culturalmente rilevante per non pochi aspetti. In primo luogo, come movimento socio-culturale, impegnato a rivendicare a favore delle donne libertaÁ sessuale, pari opportunitaÁ sociali, politiche e lavorative, ha contribuito alla cosiddetta rivoluzione o, liberazione sessuale. Infatti, mentre una certa morale tradizionalista cattolica, radicata in particolare nei paesi mediterranei a forte componente contadina, unitamente all'esigenza di un deter- 126 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI minato pudore sociale, bloccavano le donne in stereotipi del tipo angeli del focolare, mogli fedeli, mamme e casalinghe, dai paesi anglosassoni e dal nord Europa partivano le provocazioni del movimento femminista in grado di scuotere quelle certezze antropo-etiche, ritenute acquisite e praticate, specie in ambito di morale sessuale e genitale. In secondo luogo, questo movimento, non poco adiacente al piuÁ generale processo storico di secolarizzazione che ha visto l'Occidente per protagonista, ha contribuito, socialmente e politicamente, a riabilitare immagine e ruolo delle donne, che hanno ottenuto signi®cative conquiste anche in ambito giuridico. Si pensi, al riguardo, all'odioso istituto giuridico del «delitto d'onore» esistente nel codice italiano ®no agli anni '50, il quale considerava giusti®cabile un omicidio per l'infedeltaÁ coniugale che vedeva usualmente come vittime le donne. Si ri¯etta, parimenti, sul dato che solo di recente eÁ stata codi®cata giuridicamente una norma che ritiene lo stupro un delitto contro la «persona» ed il suo diritto all'integritaÁ psico-®sica. Il femminile, insomma, in Occidente ha fatto certamente dei passi verso un riequilibrio sociale con il maschile. Tuttavia, in alcune frange oltranziste del femminismo e post-femminismo ideologico attuale, non si afferma la complice rivalitaÁ e la rivale complicitaÁ fra due modi diversi e analoghi di realizzare l'identica natura umana, bensõÁ un amalgama, meglio, una con-fusione di ruoli, teorizzata attraverso la nozione di uguaglianza senza residui. Si relativizza la natura a favore di immagini antropologiche decisamente idealizzate. In terzo luogo, le provocazioni femministe, travalicando gli orizzonti del sociale e del politico, sono entrate velocemente, ed in piuÁ riprese, nei dibattiti ®loso®ci e teologici, concrezionandosi specie in quegli ambiti che piuÁ direttamente riguardano le ®gure del femminile, dell'amore coniugale, dell'impegno profetico e dirigenziale nelle varie confessioni cristiane. Attualmente si assiste a dibattiti complessi che riguardano il ruolo sottomesso che le donne subiscono in altre confessioni religiose anche quando entrano a far parte del tessuto sociale occidentale, oggi forzatamente a confronto con i paradigmi socio-culturali vigenti nell'Occidente post-cristiano. Le critiche polemiche, peroÁ, in particolare, avevano, e ancora hanno, come obiettivo principale la Chiesa Cattolica ed il ruolo «marginale» quanto anacronistico, che, a loro dire, si ostina ad attribuire alla donna. Il movimento femminista, dunque, nonostante e attraverso i suoi pregi e difetti, eÁ stato un evento storico che ha contribuito, a suo modo, alle attuali ri¯essioni sull'identitaÁ dell'uomo, della donna, delle relazioni fondamentali che gli esseri umani istituiscono fra loro. L'Autore del saggio, oggetto delle presenti considerazioni, non si eÁ lasciato sfuggire questa ghiotta occasione per proporre il suo itinerario ri¯essivo biblicoteologico incentrato proprio su tali tematiche. Sebbene sarebbe potuto partire da altri posizionamenti ermeneutici ugualmente validi per scandagliare donna e amore, eros, agaÂpe e persona nella Bibbia, Milano, a nostro avviso, non ha scelto a caso il confronto con le piuÁ note esponenti del pensiero femminista, perche le ha considerate l'alter ego con cui relazionarsi e confrontarsi intellettualmente. Di ben altra portata sembra essere il ®ne remoto, del quale intendiamo cogliere alcuni signi®cativi aspetti antropologici, teologici, nonche di ®loso®a dell'uomo, AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 127 che ci sembrano maggiormente fecondi per le numerose quanto attuali questioni che riguardano le ®gure del maschile, femminile e dell'amore umano. Conviene rilevare, in prima battuta, che questo denso saggio eÁ solo l'ultimo anello ri¯essivo di un itinerario di studi intrapreso dall'Autore molto tempo fa. Si tratta di un cammino teologico ben preciso, che inizia con lo studio sull'istinto in Tommaso d'Aquino 1, prosegue con la svolta ermeneutica della sua teologia 2, quindi con il ripensamento a fondo della nozione di persona in teologia 3, approda, in®ne, alla riconsiderazione del concetto di veritaÁ fondato nella autorivelazione della Persona Christi 4, e, appunto, del concetto di maschilitaÁ, femminilitaÁ, d'amore e delle relazioni d'amore umano, ripensate alla luce del fondamento agapico cristologico-trinitario 5. Gli ultimi tre lavori offrono non pochi spunti antropologici e gli ultimi due, in particolare, li potremmo raccordare alle facoltaÁ dell'anima, intellettiva (la questione della veritaÁ) e volitiva (la questione dell'eros, agaÂpe, piuÁ in generale delle relazioni affettivo-volitive umane). L'oggetto di questo saggio, si eÁ detto, eÁ scandagliato da una prospettiva eminentemente biblica e teologica. Non si tratta, percioÁ, di un saggio ®loso®co. Tuttavia, come giaÁ per gli altri lavori di Milano, anche in questo, sono contenuti spunti speculativi, sinossi culturali fra mondi differenti eppure entrati in contatto fra loro, come il giudaismo e la grecitaÁ. Tutto cioÁ sembra esigere, almeno non vietare, una rilettura piuÁ ampia del solo approccio biblico-teologico, scorgendovi spunti e suggestioni pertinenti la ®loso®a dell'uomo. EÁ questo il nostro proposito. Data la complessitaÁ e abbondanza di stimoli ri¯essivi che il testo contiene cercheremo di muoverci selettivamente, scegliendo solo alcuni temi antropologici che ci paiono maggiormente adiacenti ai nostri interessi e in grado di apportare ulteriori stimoli alle attuali, quanto numerose, discussioni e controversie sull'identitaÁ dell'uomo, della donna e delle relazioni che istituisce con gli altri da seÂ. PiuÁ in generale usufruiremo dei suggerimenti offertici dall'autore per porgere, eventualmente, ulteriori spunti di discussione, utili per tutte quelle questioni riguardanti l'affettivitaÁ, l'identitaÁ sessuale, la consistenza ontologica ed etica della persona umana, l'eventuale ®ne teleologico. Questioni mai del tutto tramontate neppure nei paradigmi antropologici del post-moderno, anzi tornate alla ribalta con prepotenza nel tempo del trionfo del tecnologico e del pensiero bioetico 6. Il saggio, nei primi due capitoli chiari®ca oggetto e motivazioni della propria ricerca, nonche il metodo biblico-teologico scelto. Quindi, passo dopo passo, 1 A. MILANO, L'istinto nella visione del mondo di San Tommaso d'Aquino, DescleÂe & C. -- Editori Ponti®ci, Roma 1966. 2 ID, Rivelazione ed ermeneutica. Karl Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Quattroventi, Urbino 1988. 3 ID, Persona in teologia. Alle origini del signi®cato di persona nel cristianesimo antico, Edizioni Dehoniane, Napoli 1984, Roma 19972 riveduta ed ampliata; La trinitaÁ dei teologi e dei ®loso®. L'intelligenza della persona in Dio, in A. PAVAN e A. MILANO (curr.), Persona e personalismi, Edizioni Dehoniane, Napoli 1987, 3-286. 4 A. MILANO, Quale veritaÁ. Per una critica della ragione teologica, Edizioni Dehoniane, Bologna 1999. 5 ID, Donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona, Edizioni Dehoniane, Bologna 2008. 6 Mi permetto di rimandare al mio I nodi della vita. Indagine sull'idea vita tra ®loso®a e bioetica, ESI, Napoli 2009. 128 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI sistematicamente, dal Primo Testamento ®no al Secondo, persegue la propria rilettura della donna e amore nella Bibbia, non nascondendo dif®coltaÁ legate alla concezione patriarcale del giudaismo e del cristianesimo apostolico e post-apostolico, ma, neppure sottovalutando elementi di forte novitaÁ e differenze che emergono nella Scrittura contro culture e religioni coeve ad Israele. Compara sinotticamente e con certosina pazienza tutte le differenze esistenti fra la concezione dell'amore umano sviluppatasi nel Testo Sacro con quella del pensiero ®loso®co dei padri ®loso® greci che, comunque, a loro modo, hanno dato notevole impulso alle tematiche dell'eros, philia, agaÂpe e storgheÂ, vocaboli che con semantiche diverse declinano il mondo delle relazioni d'amore umano 7. Il punto di vista antropologico, dal quale ci posizioniamo, ci induce, tuttavia, ad operare una rilettura di alcune impegnative tematiche usando una metodologia, per cosõÁ dire, a gambero, partendo da quello che per i nostri interessi eÁ il capitolo piuÁ signi®cativo dal punto di vista della ®loso®a dell'uomo e cioeÁ l'undicesimo, per retrocedere, quando necessario, altrove. L'autore stesso lo denomina una «ricapitolazione ragionata su eros, agaÂpe e persona». Origini: «in principio l'eros?» Qual eÁ il rapporto fra eros, agaÂpe e persona? Questa, indubbiamente, eÁ una domanda fondamentale che attraversa tutto il saggio. Potremmo chiederci, a nostra volta se si tratta di una triade di concetti antropologici venuti fuori, in qualche modo, dalla mitopoiesi biblica, dunque inadoperabili sul piano ri¯essivo se non in ottica di fede cristiana? Oppure queste tre impegnative cognizioni hanno una qualche continuitaÁ con la natura e la vicenda dell'autocomprensione umana globalmente intese? Sarebbero, cioeÁ, una veritaÁ dell'uomo in quanto tale? In questo caso, rivelerebbero delle ampli®cazioni semantiche in grado di apportare novitaÁ sull'identitaÁ dell'uomo, della donna e dell'amore umano, ricevute, per grazia, dalla storia della salvezza che ha visto Israele per protagonista? Si tratterebbe, cioeÁ, di una rivelazione antropologica fatta all'umanitaÁ tramite Israele da parte del Dio delle origini? In che senso, dunque, potrebbero accampare una pretesa semantica universale, almeno universalizzabile, al di la della fede confessionale? Il teologo A. Milano, naturalmente, ha come sfondo la sua fede nel Dio Creatore e Salvatore. Questo punto di partenza, peroÁ, non gli vieta di dialogare con paradigmi culturali diversi da quello strettamente teologico 8. In ogni caso, attraverso indagini di indole storico-biblico-teologiche, ma anche attraverso l'utilizzo di una ontologia della persona mai rinnegata, eÁ affermata la «consustanzialitaÁ» 9 fra eros e la creatura umana corporea, personale, sessuata, differenziata in maschio e femmina. Essere creature corporee, maschi e femmine, possedere il dinamismo naturale tipico dell'eros, non eÁ un accidente evolutivo, 7 Donna e amore..., 33-78; cfr. G. ANGELINI, Eros e agape. Oltre l'alternativa, Glossa, Milano 20062; J.L. MARION, Il fenomeno erotico, Cantagalli, Siena 2007; C. NARDI, L'eros nei Padri della Chiesa. Storia delle idee, rilievi antropologici, Mir, Roma 2000. 8 Cfr. N. PANAYOTIS, Voi siete dei. Antropologia dei Padri della Chiesa, CittaÁ Nuova, Roma 1993. 9 Donna e amore..., p. 253. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 129 neppure un peso da sopportare, per poi, un giorno, liberarsene. La dimensione sessuata e differenziata in maschio-femmina, reciproca ma non gerarchizzata, eÁ voluta dal Dio Creatore. Essere corpi sessuati, uomini o donne che siano, eÁ una realtaÁ antropologica originaria buona in seÂ, cosõÁ com'eÁ buona tutta la creazione. Persino dopo l'irruzione del male, della corruzione a opera del peccato Ð ulteriore concetto biblico che eziologicamente ed in prospettiva religiosa desidera aprire varchi alla speranza verso il Dio della redenzione e liberazione Ð, eros, corpo e persone umane necessitano di conversione e redenzione. Il Dio Origine di tutte le cose vuole presente sin dall'origine, sino dalla prima apparizione della creatura umana, l'eros come qualcosa di buono, di profondamente umano, consustanziale, appunto, all'essere maschio e femmina 10. Questa tesi eÁ ulteriormente rafforzata nella misura in cui il medesimo Creatore non eÁ mai indifferente alle vicende umane. Egli stesso possiede trascendentalmente qualcosa dell'eros creaturale e, anzi, con il prendersi cura della sua creatura, in vista di una offerta salvi®ca che riguarda l'uomo nella sua integritaÁ ed in vista del mistero dell'Incarnazione, l'eros non gli saraÁ estraneo neppure dal punto di vista corporeo. Una cura amorevole che culmina con la redenzione offerta da Cristo sintesi misteriosa dell'umano e del divino, annunciata e vissuta in prima persona dall'uomo-Dio. Stando a cioÁ, che eÁ analiticamente confermato attraverso il lungo studio biblicoteologico, e guardando alle, talora, distoniche interpretazioni antropologiche della Chiesa, Milano si pone la domanda del percheÂ: «[...] un paio di millenni di storia del cristianesimo, a quanto sembra, non corrispondono sempre, per non dire che corrispondono piuttosto di rado, a una tale comprensione dell'eros in se e nel suo rapporto con l'agaÂpe?» 11. Con questo quesito centrale, ma unitamente e volutamente retorico, perche posto nel capitolo riassuntivo a risultati oramai ottenuti, rivela il suo obiettivo che eÁ quello di una critica della dottrina e prassi cristiana circa la donna, l'uomo, l'eros, l'agaÂpe e la persona, nella misura in cui, piuttosto che essere davvero cristiana, sul piano speculativo, spirituale e pastorale, sembrerebbe avere molto piuÁ a che fare con ®loso®a e antropologia greche che con la Sacra Scrittura. Per dare una risposta convincente a questa intuizione, peraltro giaÁ sviluppata a proposito del concetto di veritaÁ, il nostro autore, analizza ®lologicamente i vocaboli greci che denotano l'amore umano, e, si sofferma, in particolare, sui sostantivi eros e agaÂpe e sui verbi eraÄn e agapaÄn. Fa notare che nella letteratura greca agaÂpe e agapaÄn, i quali termini rimandano ad un concetto di amore come scelta gratuita e libera che parte da un soggetto di solito forte verso un soggetto debole, dal grande al piccolo che ne riceve grati®cazione, sono poco ricorrenti rispetto all'uso di eros ed eraÄn. Questi ultimi denotano l'amore erotico in quanto dinamismo, impeto, desiderio attivo sedotto dal proprio oggetto. Mentre eros ed eraÄn sono un moto ascensivo, passionale, una specie di furia erotica che puoÁ innalzarsi ®no al livello supremo meta®sico-divino, agaÂpe e agapaÄn descrivono una forma d'amore pacata, diffusiva, orizzontale 12. 10 Ib., 11 Ib., 12 pp. 67-71. p. 254. Ib., p. 256. 130 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Nella traduzione greca della Bibbia, invece, accade esattamente l'opposto. Sostantivo e verbo eros ed eraÄn sono centellinati, mentre agaÂpe e agapaÄn sono usati come sostitutivi, anche quando si tratta di descrivere relazioni passionali, sessuali, cioeÁ quando si dovrebbe usare la semantica di eros, eraÄn 13. Un primo motivo di questa inversione semantica il nostro teologo lo individua nel fatto che la Bibbia, pur parlando di amore umano, vuole distinguersi rispetto al mondo greco-pagano da cui mutua i termini. La traduzione cosiddetta dei Settanta usa alcuni termini greci a volte seguendo la semantica semitica, altre volte quella greca, altre volte ancora nessuna delle due, inventando neologismi ad hoc. Ancora di piuÁ se si pensa che la traduzione della Bibbia eÁ stata usata da cristiani che hanno fatto convergere il Primo Testamento verso il Secondo 14. La nuova dottrina, percioÁ, esigeva il ri®uto di praticare l'eros secondo usi, abusi e costumi pagani, ®no al punto d'interdire i vocaboli che si riferivano a quel paradigma antropologico. Il secondo motivo, Milano, l'individua nella radicalitaÁ della buona notizia evangelica. Il Nuovo Testamento non conosce erotismo confuso con un generico senso di religiositaÁ, meta®sico, rituale e popolare che esso sia, cosõÁ com'era di solito concepito nelle culture e religioni extra bibliche 15. Ma anche il Primo Testamento non confonde questi piani e concepisce l'eros, originariamente creato insieme agli uomini, come qualcosa di umano, personale, che deriva dal Dio dell'alleanza, amante geloso dell'umanitaÁ. Ma qual eÁ l'originazione dell'eros nel mondo greco, dal momento che il paradigma meta®sico-antropologico ellenico eÁ cosõÁ presente nelle speculazioni teologiche della tradizione cattolica? Per Milano questo eÁ uno degli aspetti centrali del suo studio e che pone all'attenzione del lettore. In realtaÁ, esiste una sostanziale discontinuitaÁ fra l'eros concepito nel mondo biblico e quello teorizzato dalla ®loso®a greca. A tal proposito, prende in considerazione, in particolare, le teorie sull'eros di Platone per piuÁ motivi. Intanto, perche la concezione platonica eÁ paradigmatica del modo greco di vivere l'eros, delle prassi sessuali concrete ed usuali in quel periodo storico, delle relazioni fra donna e uomo, ma non solo. Inoltre, perche le teorie platoniche hanno avuta una vasta eco nei secoli successivi, travalicando il mondo pagano in cui sono sorte per innervarsi in profonditaÁ anche nella tradizione religiosa giudeo-cristiana dei primi secoli post-apostolici. Il platonismo, ed eÁ questa una importante tesi dell'autore, peraltro giaÁ accennata ma che conviene ora ribadire, eÁ entrato a far parte del patrimonio, per cosõÁ dire, della teologia e spiritualitaÁ cristiane, condizionandone non poco le successive ri¯essioni su maschio, femmina, eros, agaÂpe e persona, ®no ai nostri giorni. Ora, alla ricerca di chiari®cazioni storico-teoretiche, analiticamente compie una esegesi dei piuÁ importanti dialoghi del grande ateniese, dimostrando di essere perfettamente a suo agio anche nel «mondo di Sophia». Si sofferma in 13 Si rimanda al cap V dedicato al «contrappunto» Cantico dei cantici, pp. 93-115, che riveste, a mio parere, un grande rilievo nell'ermeneutica biblica dedicata dall'Autore al Primo Testamento. 14 Donna e amore..., p. 258. Cfr. U. BIANCHI (et alii), Le civiltaÁ nel mediterraneo e il Sacro, Jaca Book, Milano 1992. 15 Donna e amore..., p. 259. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 131 particolare sul dialogo Simposio non prima di aver notato che i Padri della Chiesa hanno avuto una sincera ammirazione per le speculazioni ®loso®che contenute nei dialoghi platonici, ®no a ritenerne l'autore una specie di profeta pre-cristiano, che, in qualche misura, avrebbe anticipato non poche tematiche circa l'uomo e il suo mondo care al cristianesimo. Platone, in altri termini, avrebbe disposto il paganesimo ad accogliere il cristianesimo per quella forma di «praeparatio evangelii» 16 esistente nella sua sapienza ®loso®ca. Questo signi®ca che il cristianesimo delle origini avrebbe pensato ad una forma di continuitaÁ fra l'uso ®loso®co della ragione ed i contenuti dottrinali della Rivelazione 17. L'eros pagano, attraverso la sottile ermeneutica che ne fa il saggista, emerge come una potenza a piuÁ facce che va dall'essere considerato come un dio da osannare 18 ®no ad un qualcosa da capire in profonditaÁ af®nche possa essere una via d'accesso alla vera sapienza 19. Tutto cioÁ ben risulta dalla polemica contenuta nel Simposio fra le ®gure dialoganti ®ttizie di Agatone e Socrate 20. EÁ attraverso la ®gura del suo maestro e della sua arte maieutica che Platone espone le proprie sottili analisi sull'eros. Possiamo sintetizzare il tutto in alcuni punti chiave individuati da Milano 21. In primo luogo, l'eros non eÁ un dio, ma, pur essendo qualcosa di superiore all'uomo, eÁ inferiore agli dei. Per secondo, percioÁ, eÁ mediazione fra mondo degli umani e mondo degli dei. Eros eÁ un essere, un demone, che fa da ponte fra questi due mondi. Per terzo, eros, ®glio di povertaÁ (Penia) e ricchezza (Poros), in quanto mediatore fra uomini e divinitaÁ, eÁ una potenza impulsiva che incessantemente attiva il dinamismo dei desideri degli uomini, inclinandoli a colmare cioÁ che loro manca, cioÁ di cui per natura sono carenti e ne avvertono la privazione. Proseguendo, l'eros Ð e questo eÁ uno svincolo centrale per l'economia del saggio Ð eÁ rivolto verso «l'oggetto» e non verso i «soggetti». Per cui, essendo impulso, desiderio, spinta ed inclinazione al possesso del buono in seÂ, del bello in seÂ, del Buono che eÁ Bello, ma, anche viceversa, non si comprende a partire dai soggetti Ð che sono solo ¯ebili rimandi di queste qualitaÁ meta®siche dell'essere Ð bensõÁ se riferito all'Oggetto meta®sico che esprime le suddette qualitaÁ meta®siche in quanto tali. Un ulteriore importante nodo eÁ il seguente. Eros, dunque, eÁ una potenza mediatrice che spinge «ascensivamente» gli uomini alla ricerca dell'immutabile bellezza e bontaÁ. Non si rivolge primariamente verso cioÁ che eÁ dentro la deperibilitaÁ del mondo materiale. La felicitaÁ, che Platone teoreticamente elabora per gli uomini, consiste proprio nell'appagamento di questa pulsione ascensiva, meta®sica verso l'Oggetto bello e buono per se e in seÂ. Occorre, dunque, andare oltre le soggettivitaÁ di genere maschio e femmina. Questo ulteriorizzarsi al di la 16 Ib., 17 p. 262. Cfr. G. RINALDI, Cristianesimi nell'antichitaÁ. Sviluppi storici e contesti geogra®ci, Edizioni GBU, Chieti-Roma 2008, pp. 57-113. 18 Donna e amore..., 264. 19 Ib., p. 266. 20 Ib., pp. 267-272. 21 Questi punti li abbiamo tratti dal lavoro complessivo, in particolare dalle pagine dedicate a Paolo di Tarso, da quelle dedicate a Platone ed alla incommensurabilitaÁ fra i due modi d'intendere eros e agaÂpe. Sono affermazioni che, tuttavia, sono richiamate per l'intero lavoro un po' a macchia di leopardo. 132 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI della materia rende indifferenti all'eros i soggetti concreti portatori del ri¯esso della bellezza ideale. Essere maschio o femmina importa poco poiche i soggetti, a loro volta, sono solo mezzi, non ®ni, verso il mondo ideale immutabile. Milano fa notare Ð e questo eÁ un ulteriore punto importante della sua ermeneutica platonica Ð che eros, nelle teorie del ®losofo ateniese messe in bocca al maestro Socrate, ammette persino l'amore per i fanciulli (omo®lia), poiche eÁ indifferente al sesso dell'amato. Purche sia amore retto, ovvero virtuoso, e non esercizio smodato di sessualitaÁ viziosa, che, in qual caso, allontanerebbe dal raggiungere l'ideale meta®sico. L'eros ®sico, dunque, nella linea speculativa platonica eÁ ritenuto il gradino piuÁ basso del vero amore che tende alla purezza del meta®sico. Ecco percheÂ, addirittura, l'amore per i fanciulli dello stesso sesso eÁ piuÁ puro di quello per le donne, poiche puoÁ fare a meno della passione carnale. Analogamente alla dimensione antropica corporea che ostacola la pienezza della esistenza meta®sica, la passione carnale, per Platone, ostacola la fruizione della Bellezza e BontaÁ ideali. Misura di tutte le cose, allora, sono i trascendentali dell'essere: UnitaÁ, VeritaÁ (intelligibilitaÁ dell'essere), BontaÁ e Bellezza. Questi attributi rendono l'essere meta®sico desiderabile anche attraverso il furore erotico. Milano, giustamente, si pone la domanda: e le donne? E l'amore di coppia? Nell'orizzonte greco-pagano, fa notare, assolutizzare un individuo umano eÁ erroneo. Non eÁ teleologicamente degno della scintilla meta®sica posseduta dagli individui umani orientare l'eros al di qua dell'ideale meta®sico: «Ci si potraÁ forse sorprendere e persino scandalizzare, ma eÁ proprio cosõÁ. Sarebbe eccessivo parlare di ``horror personae'', ma, certo generalizzando, va detto che, nel profondo, non solo quella platonica, ma, in generale, la concezione greca dell'eros non fa conto del singolo essere umano, della persona» 22. L'unica relazione che l'eros greco ammette eÁ il concetto di partecipazione meta®sico in ordine alla generica nozione di essere. L'antropologia greca non conosce i concetti di relazione, reciprocitaÁ, io-tu 23. Queste affermazioni di Milano, naturalmente, sono condivisibili. Dal punto di vista della ®loso®a dell'uomo, anche se siamo consapevoli che esula dalle intenzioni contenute nel saggio, potremmo, tuttavia, chiederci se la carenza dei concetti di reciprocitaÁ, relazione, comunione interpersonale, sia un difetto dell'antropologia greca, perche poteva arrivarci speculativamente in qualche modo usando diversamente la ragione naturale. Ovvero, se il massimo speculativo consentito alla ragione naturale, non ispirata da una fede rivelata ma da un pensiero religioso-meta®sico naturale, non consentisse aprire alcun passaggio naturale verso l'antropologia relazionale. Ci chiediamo ulteriormente: l'ottica ascensiva puntata sull'Oggetto dell'antropologia e meta®sica platoniche non mostra sorprendenti analogie con l'ascetica ®loso®ca buddista, ad esempio, al di la dei concetti ®n troppo abusati di «trasmigrazione delle anime» e di «reminescenza» della veritaÁ? Non esistono, forse, sorprendenti similitudini fra l'antropologia greca e alcuni attuali paradigmi antropici fondati su un concetto di 22 Donna 23 e amore..., 271. Qui, 272-273. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 133 esistenza universale ologrammatico e interrelazionato a rete? 24 I concetti di reciprocitaÁ, relazione interpersonale io-tu, trovano sostegno nella nozione di persona. Proprio questo concetto non eÁ, forse, continuamente messo in discussione in Occidente, e ritenuto marginale nella gran parte delle antropologie esistenti nel mondo contemporaneo? Che la nozione di persona sia pietra di scandalo sul piano speculativo non vuol dire che non sia il centro della veritaÁ e vita di ogni essere umano. Tuttavia, per accoglierla entro i limiti dell'umano pensare occorre per forza la fede nel Dio della Bibbia, Origine, Creatore e Signore della storia? Oppure no? Questioni che, in qualche modo, sgorgano leggendo il saggio in questione. Questioni che in questa sede si possono solo porre ma non affrontare sistematicamente. EÁ indiscutibile, comunque, che il percorso speculativo dei greci ha portato al concetto di veritaÁ come indifferenza del Logos ed al concetto di amore come indifferenza dell'eros. Proprio in questa linea, Milano, individua un'ulteriore evoluzione della semantica erotica greca con l'ultimo dei grandi ®loso®, Plotino, vissuto ampiamente in epoca cristiana e che ha in¯uito su pensatori cristiani del calibro di Origene e Dionigi l'Aeropagita 25. La meta®sica plotiniana ritiene che all'origine di tutto vi sia un piuÁ che ente, assolutamente puro, oltre lo stesso essere, oltre dio, percioÁ ineffabile e inenarrabile. Questa arcana origine eÁ denotata come «Uno». Il saggio chiari®ca che, in ottica plotiniana, all'Uno non si puoÁ attribuire una autocoscienza ri¯essa, percheÂ, in qualche modo, perimetrerebbe cosõÁ la sua in®nitaÁ. La coscienza di se sembra a Plotino essere un qualcosa di troppo umano. L'Uno ha una certa coscienza della sua potenza, del suo eros originario, ma non di seÂ, perche eÁ in®nito e cristallino impulso generante ma trascendente ogni generato. In questo senso, piuttosto che essere logos di logos all'aristotelica maniera, eÁ «eros di se» 26. Ora, proprio in virtuÁ del suo essere dinamismo di purissima volontaÁ, origine dell'origine, anche del negativo, in questa formula di auto-erotismo meta®sico l'Uno ama cioÁ che esiste di se nei suoi effetti, prodotti per emanazione 27. Poiche la nozione di emanazione deve intendersi come una scia meta®sica che piuÁ si allontana dall'Uno e piuÁ degrada, l'origine dell'eros umano eÁ qualcosa che proviene dal «dinamismo discensivo», esistente grazie alla causa meta®sica che lo rilascia come impronta imperfetta di seÂ, dunque, eÁ un qualcosa di degradato rispetto all'originale assoluto, che attrae irrestistibilmente verso la fonte. Il moto ascensivo, nella mistica ®loso®ca plotiniana, eÁ una forma di risposta dell'eros umano che cerca la via del ritorno all'Uno per perdersi in esso, nella sua in®nita indifferente e immutabile quiete 28. Il nirvana mistico-meta®sico pensato da Plotino ritiene la dimensione 24 Cfr. F. CAPRA, La rete della vita. Una nuova visione della natura e della scienza, BUR, Milano 1997. 25 Donna e amore..., p. 275. 26 Ib., pp. 274-275. 27 Nel prefazio VII delle domeniche del tempo ordinario della liturgia eucaristica cattolica a un certo punto si legge: «[...] cosõÁ hai amato in noi cioÁ che ami nel Figlio...». Ci siamo sempre chiesti del perche di certe affermazioni sibilline. Ora, grazie al lavoro di Milano, comprendiamo che potrebbe essere una ripercussione sul piano liturgico-spirituale della mistica discensiva plotiniana. 28 Donna e amore..., p. 278. 134 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI corporea umana un'impasse da superare. In cioÁ eÁ analogo a Platone. Le creature umane hanno come ®ne proprio l'annullamento dell'identitaÁ soggettiva, cosa che accadrebbe con l'unione mistica con l'Uno. EÁ evidente che per questo paradigma ®loso®co il concetto di persona eÁ quanto mai marginale, com'eÁ marginale l'identitaÁ soggettiva sessuata dei singoli. Acutamente nota Milano: «Con tutta l'ammirazione che gli si deve, si eÁ obbligati, peroÁ, a prendere atto che Plotino dell'Uno non parla mai in termini propriamente personali. Ne tratta, allora, in termini impersonali? Se si vuole [...] Plotino lascia intendere che l'Uno eÁ quasi-personale, in quanto eÁ al di la della personalitaÁ» 29. Questa prospettiva non eÁ forse analoga a molti paradigmi antropologici post-cristiani che teorizzano l'indifferenza del principio, ®sico, meta®sico o divino che esso sia? Non assomiglia, forse, a certe ®loso®e dell'uomo teorizzate da pensatori sincretisti da un punto di vista di fede? 30 Quanto di Plotino c'eÁ in quella linea tradizionale antropologica e teologica cristiana che ha creduto rendere un servizio al Vangelo sminuendo la portata del corpo e dell'eros a vantaggio di un misticismo dell'anima, ottenendo, invece, un vantaggio per la mistica meta®sica a svantaggio della novitaÁ evangelica? Eros e agaÂpe: una questione antropologica EÁ proprio per rispondere a quest'ultimo quesito che eÁ dedicata una lunga ri¯essione ad Origene, individuando nel suo pensiero uno dei punti critici di una certa tradizione dottrinale cristiana. Milano lo prende in considerazione all'interno della sua ricerca teologica sui temi dell'eros, agaÂpe, persona, donna e amore, perche fra i pensatori cristiani «[...] egli eÁ stato il primo a ritenere possibile far coincidere i signi®cati della terminologia dell'eros con quelli designati dalla terminologia dell'agaÂpe» 31. L'autore, naturalmente, si chiede come mai questo celebre teologo cristiano dell'antichitaÁ abbia optato per la «pari®cazione semantica» fra eros e agaÂpe, peraltro, depistando dagli autentici signi®cati dell'agaÂpe nella Sacra Scrittura, specie quelli contenuti nel Nuovo Testamento 32. Formatosi nel crogiuolo policulturale alessandrino del II-III sec., imbevuto di platonismo ripensato, rielaborato e assorbito in profonditaÁ dalla cultura del tempo, Origene ben rappresenta l'altro esito del platonismo rispetto a quello di Plotino. Ermeneutiche dell'unica fonte, divergenti fra loro ma anche af®ni 33. Questo raf®nato teologo dell'antichitaÁ, pur essendo cristiano, mutua da Platone lo schema dualistico che oppone sensibile e intelligibile, materiale e spirituale. Lo applica, quindi, alla propria dottrina esegetico-teologica. Tuttavia, pur considerando la ®loso®a qualcosa di importante, la ritiene mezzo, ausilio, per la ri¯essione sulla Scrittura, mai un ®ne in se stessa 34. CioÁ che Milano analizza del pensiero di Origene sostenta le tesi centrali del libro. Ritiene esserci stato un 29 Ivi. Esemplare in tal senso eÁ il sincretismo ®loso®co religioso di S. Weil. Mi permetto rimandare al mio: La cristoso®a di Simone Weil fra religione, ®loso®a ed etica, Luciano, Napoli 2000. 31 Donna e amore..., p. 285. 32 Ib., p. 286. 33 Ib., p. 288. 34 Ib., pp. 289-294. 30 AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 135 «fraintendimento» sulle tematiche oggetto del saggio, che hanno in¯uito pesantemente sull'antropologia, teologia e spiritualitaÁ cristiane. Origene articola la sua ermeneutica dell'eros e dell'agaÂpe attraverso l'esegesi del Cantico dei cantici Ð cosa che anche Milano fa nel suo «contrappunto» ma con esiti ben diversi Ð. Attribuisce al prezioso libretto del Primo Testamento un triplice senso: letterale, spirituale e psicologico. Il livello letterale narra una vicenda impastata di eros e poesia fra due amanti che si cercano per congiungersi nuzialmente. Una vicenda squisitamente umana 35, che, tuttavia, eÁ interpretata da Origene come simbolica e funzionale al secondo e terzo livello esegetico da lui proposto. Lo sposo e la sposa, cosõÁ, divengono mezzi, ®gure di rimando, del Cristo (maschile) e della Chiesa (femminile), del Logos divino (maschile, dunque piuÁ fondamentale) e anima umana (femminile, dunque meno fondamentale). Il Cantico sarebbe uno dei tanti testi biblici da interpretare esclusivamente in senso spirituale 36. Attraverso le analisi sull'alessandrino, l'Autore, affonda le ri¯essioni sulla terminologia di eros-agaÂpe, mostrando il fraintendimento provocato dall'appiattimento semantico operato dal teologo dell'antichitaÁ, percheÂ, secondo lui, la Scrittura avrebbe sostituito eros con agaÂpe solo per motivi di decenza e dignitaÁ, poiche l'interpretazione spirituale della Scrittura non eÁ alla portata di tutti 37. Platone, come del resto Plotino, identi®cando l'eros come dinamismo ascensivo teleologicamente orientato alla Bellezza e BontaÁ meta®siche, ha disposto il pensiero verso un'antropologia della contemplazione e della scarni®cazione. Molto di cioÁ eÁ presente nel dna ermeneutico di Origene 38. La sua idea dell'amore, dunque, puoÁ essere considerata una «fusione di platonismo ed esegesi biblica» 39. Quando la teologia origeniana collega bellezza e sapienza alla ®gura del Cristo e connette l'eros con la bellezza, compie una equazione squisitamente platonica risalente, come fa notare l'Autore, direttamente al Simposio 40. Sugli in¯ussi storici del fraintendimento di Origene, Milano si esprime ef®cacemente: «EÁ Origene che, come stiamo osservando, offre cittadinanza cristiana al legame platonico dell'eros con la bellezza e, quindi, traspone questo stesso legame anche al divino in Cristo. SaraÁ questa la compenetrazione che arriveraÁ allo Pseudo Dionigi, il quale, da parte sua elaboreraÁ ripensandola insieme con la teoresi procliana, e saraÁ appunto il risultato dell'operazione cosõÁ compiuta dallo Pseudo Dionigi che si trasmetteraÁ, in ondate successive, a Massimo il Confessore e Giovanni Scoto Eriugena, e poi ancora a Nicola Cusano, Marsilio Ficino e cosõÁ sino a Edith Stein» 41. Origene, pur credendo che il Dio cristiano eÁ agaÂpe personale, applica al Dio della Rivelazione una sorta di sincretismo con la ®loso®a del proprio tempo e non mostra di sentire contraddizione fra la formula giovannea del Dio come agaÂpe e quella 35 Donna e amore..., pp. 93-115, in cui Milano fa emergere l'impostazione erotica e personale del Cantico. 36 Ib., p. 298. 37 Ib., p. 300. 38 Ib., p. 301. 39 Ivi. 40 Ib., p. 303. 41 Ib., p. 304. EÁ opportuno notare che il saggista cita indifferentemente ®loso® e teologi, autorizzando ancora di piuÁ incursioni interpretative non con®nate al solo aspetto biblico e teologico. 136 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI platonico-plotiniana del dio al di sopra dell'essere, originario e meta®sico logoseros 42, produttore, suo malgrado, di tutti gli effetti secondari derivanti dall'origine. Quasi, aggiungiamo noi, come il fumo che necessariamente deriva dalla combustione; fumo che ha una qualche memoria della combustione originaria, che in qualche misura gli appartiene, e alla quale tenderebbe naturalmente Ð nel caso dell'uomo razionalmente Ð per ricomporsi con essa. Milano, da queste ri¯essioni, trae le conseguenze in ambito antropologico, che eÁ quello che ci interessa maggiormente. In primo luogo fa notare che Origene cede molto al dualismo platonico che come conseguenza comporta una forte svalutazione della nozione biblica di creatura. CioÁ si ripercuote pesantemente sull'antropologia e sulle successive formulazioni e teorizzazioni dottrinali ®loso®co-teologiche cristiane 43. EÁ in questo schema meta®sico e nella tradizione che ha principiato che debbono inserirsi le considerazioni sulla dignitaÁ e valore della corporeitaÁ, della continenza, del matrimonio, della dignitaÁ e valore della donna rispetto all'uomo, di una sessuofobia tipica di un certo moralismo ecclesiastico 44. Il saggista, infatti, ci fa notare che le posizioni espresse dall'alessandrino sulla donna e amore sono contraddittorie. Da un lato soggiace ai pregiudizi maschilisti dell'epoca. Dall'altro c'eÁ qualche apprezzamento del femminino che trae dalla Bibbia. In generale, la donna eÁ considerata inferiore all'uomo, fonte di libidine, tentazione, peccato ecc., ®no a giungere, come si sa, alla soluzione ®nale della svalutazione speculativa e pratica della sessualitaÁ, dell'eros carnale, per conservare solo quello spirituale. Ecco perche Origene non eÁ in perfetta sintonia con l'idea neotestamentaria di agaÂpe 45. In secondo luogo, il pareggiamento, meglio, la confusione semantica fra i due termini in discussione, coinvolge direttamente l'ontologia dell'uomo. Infatti, se eros e agaÂpe sono la stessa cosa allora, come l'uomo nel dinamismo di crescita deve volgere l'eros al di la del sesso e del corpo, verso lo spirito Ð poiche il corpo non sarebbe stato fatto per l'unione sessuale ma mistica Ð, cioÁ eÁ quanto in una certa spiritualitaÁ cristiana fondamentalista si intende per sublimazione, analogamente il credente grezzo puoÁ innalzarsi al livello di cristiano perfetto per giungere a Cristo Sapienza, eliminando l'elemento che lo allontana ovvero l'eros 46. Stando cosõÁ le cose, eÁ lecito affermare che Origene, eÁ il pensatore che ha favorito il fenomeno dell'ellenizzazione dell'idea di agaÂpe «[...] piuttosto che la radicale, compiuta cristianizzazione dell'idea di eros cosõÁ come era stata elaborata nel pensiero greco, in particolare nella tradizione platonica» 47. La dipendenza euristica fra momento speculativo e pratico, a proposito dell'amore umano, storicamente ha ben mostrato che l'antropologia greca tollerava, se non approvava esplicitamente, una vita sessuale disordinata, ambigua, che ammetteva l'uso del sesso ritualizzato (prostituzione sacra, riti d'iniziazione e propiziatori a sfondo erotico ecc.). L'agaÂpe, biblicamente e cristianamente intesa 42 Ib., 43 Ib., 44 Ivi. 45 Ib., 46 Ib., 47 Ivi. p. 308. p. 309. p. 110. p. 311. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 137 Ð come mostra il lungo itinerario biblico del saggio invitando a ripensare biblicamente Paolo di Tarso ad esempio Ð, eros incluso, comporta sempre una relazione personale io-tu. Questo aspetto fa emergere la dignitaÁ dei soggetti in relazione e della relazione stessa. CioÁ costituisce una rivelazione antropologica sconosciuta al mondo pagano. L'amore cristiano eÁ fondato sull'antropologia cristiana che eÁ sempre incarnata, spaziale, temporale, storica, dimensionata nelle vicende umane concrete, vissute, godute, sofferte, da uomini e donne concreti. Non ha nulla dell'eterna atemporalitaÁ meta®sica di un principio nascosto nella propria arcana e meta®sica indifferenza. Ecco perche Milano sottolinea incessantemente attraverso tutto il saggio che l'amore cristiano eÁ diretto sempre alle persone concrete. La dignitaÁ in®nita di cui godono le persone umane non deriva dalla loro eventuale composizione meta®sica, ma dall'impronta agapica divina che portano dentro 48. AgaÂpe: intellectus hominis L'antropologia teologica attuale ha riscoperto l'importanza della dimensione escatologica della teologia. Questa esigenza eÁ stata preparata da una serie di avvenimenti storici e teologici culminati durante il ventesimo secolo. Milano prende in seria considerazione il rinnovamento della teologia, in particolare la svolta ermeneutica, la teologia dialettica, la svolta antropologica 49. Lo fa, tuttavia, criticamente, facendo notare che anche teologi del calibro di K. Barth, ad esempio, non escono fuori da una interpretazione dualistica fra eros ed agaÂpe, ritenendo il primo termine un aspetto contingente dell'uomo vecchio sotto il segno del peccato, dunque da eliminare, la seconda nozione, invece, sarebbe il terminus ad quem dell'uomo redento dalla fede. In pratica, la natura umana, per l'euristica teologica della teologia dialettica, ma anche in qualche tornante della teologia della cosiddetta svolta antropologica, o si manifesta sotto l'aspetto dell'eros o sotto quello dell'agaÂpe, intravedendo una inconciliabilitaÁ radicale fra i due aspetti dell'amore umano, frutto di una dialettica di opposizione situata all'interno della ontologia, ovvero della natura profonda dell'uomo 50. AgaÂpe ed eros, pur essendo fenomeni umani, non possono coesistere, perche l'uno porta alla salvezza e l'altro alla perdizione. Questo aspetto, tipico della teologia riformata che ha importato un certo pessimismo e dualismo antropologico dentro la concezione dell'uomo biblico, lo si trova non poco presente anche nella antropologia teologica cattolica. L'Autore prende decisamente distanza dalle posizioni dualiste da qualsiasi parte o momento storico vengano. Sulla base della Bibbia afferma che fra eros e agaÂpe non vi eÁ alcuna contrapposizione dialettica. Piuttosto, afferma che Dio esige, perfeziona, redime, le singolaritaÁ personali delle creature umane. Analogamente l'agaÂpe afferma ed insieme redime quella dimensione naturale dell'uomo che eÁ l'eros 51. Milano, percioÁ, puoÁ affermare che «l'eros della creazione buona di Dio e poi inquinata dal peccato non ha forse a che fare con la stessa ``nuova 48 Ib., 49 Ib., 50 Ib., 51 p. 312. pp. 314-317. p. 317. Ib., p. 322. 138 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI creazione'' attuata nell'evento pasquale di Cristo, a cui in fondo si connette pure l'universale risurrezione della carne?» 52. Questa prospettiva biblico-teologica la rinviene anche nel recente magistero ecclesiale 53. A questo punto antropologia e sintesi teologica, escatologia in particolare, sono sintetizzate in un crescendo di suggestioni, che pongono non pochi motivi di ri¯essione e discussione per chi volesse fruirne anche da una prospettiva eminentemente di ®loso®a dell'uomo. Il termine agaÂpe, cosõÁ com'eÁ formulato nell'encomio di 1 Cor., 13, di Paolo di Tarso dedicato all'amore, e che Milano scruta in dettaglio poiche ha un grande rilievo nell'economia del suo lavoro, emerge come termine polisemantico 54. In questo importante brano del N.T., certamente scritto per aiutare a mitigare le esuberanze sessuali dei neoconvertiti di Corinto, eÁ presente, tuttavia, una specie di pro®lo psicologico-esistenziale di GesuÁ di Nazareth. Sulla scia di alcuni selettivi approfondimenti biblici 55, lo interpreta in senso eminentemente cristologico al punto da rinvenire la sostituibilitaÁ fra il termine agaÂpe e il nome GesuÁ di Nazareth. Infatti, nel tratteggiare le caratteristiche dell'amore cristiano Paolo sembra descrivere la persona del Cristo, in base alla sua esperienza personale 56. La polisemia di questa nozione, percioÁ, converge nella Persona Christi ed attraverso Lui nella vita Trinitaria in base all'equazione teologica: se Cristo eÁ vera Persona divina e Dio eÁ amore allora Cristo eÁ il volto incarnato dell'amore di Dio; il che equivale a dire della identitaÁ di Dio. AgaÂpe, dunque, nella rilettura cristocentrica e trinitaria del saggio, eÁ il fondamento antropologico della fede cristiana, della identitaÁ ontologica dell'uomo e dell'amore umano e, piuÁ in generale, della creazione tutta intera 57. L'inversione speculativa presente nel saggio, a questo punto, eÁ chiara. Milano intende ridisegnare e riconvertire verso il Cristo la ®loso®a dualista che ha attraversato l'antropologia occidentale da Platone a Descartes ed oltre, ®no ai nostri giorni. Intende, altresõÁ, ridisegnare cristologicamente e trinitariamente la ®loso®a dell'essere che ha il suo fondamento storico nel Primo Testamento, in Esodo (3,14), e che ha dato l'avvio a tante ri¯essioni ®loso®co-teologiche, importanti dal punto di vista della storia della dottrina cristiana, ma oggi insuf®cienti, come la ®loso®a dell'atto d'essere di Tommaso d'Aquino. Il nuovo e radicale fondamento eÁ l'AgaÂpe, ovvero Persona e Comunione di Persone divine, relazione d'amore purissimo 58. EÁ l'amore, e cioÁ che comporta, il fondamento dell'essere, non viceversa. La vera vita, 52 Ivi. 53 Benedetto 54 XVI, Enciclica «Deus Charitas est» del 2005. Da un punto di vista biblico-teologico risultano assolutamente centrali le pagine dedicate a Paolo di Tarso (pp. 187-234) nelle quali eÁ mostrato in dettaglio non solo il con¯itto della concezione dell'amore fra il cristianesimo delle origini e il mondo greco ma anche la discontinuitaÁ con la stessa dottrina ecclesiale. Donna e amore..., pp. 323-338. 55 L'autore sembra polemizzare con non pochi biblisti che intravedono in Paolo componenti misogine e non gli rendono giustizia sulle novitaÁ teologiche a proposito dell'amore umano. Sceglie, come riferimento biblico alcuni studiosi piuÁ aderenti alla sua particolare esegesi, in particolare il biblista Romano Penna. Al riguardo cfr., J. MURPHYO' CONNOR, Vita di Paolo, Paideia, Brescia 2004; G. BARBAGLIO, Il pensare di Paolo, Edizioni Dehoniane, Bologna 2004. 56 Donna e amore..., p. 336. 57 Ib., p. 338. 58 Ivi. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 139 percioÁ, eÁ amore, piuttosto che pensiero o essere. In questo senso, ed anche da un punto di vista ®loso®co, occorrerebbe prendere sul serio l'auto-affermazione divina avvenuta nella Persona Christi: Io Sono la Via, VeritaÁ, la Vita. Esistere e pensare non rivelano appieno la natura umana. L'amore volge la creatura verso la piena realizzazione perche l'avvolge dal di dentro. La carenza d'amore, non di pensiero, coscienza, ecc., inclina le creature verso l'annientamento 59. Il fondamento ®loso®co-teologico che propone l'Autore, sul piano antropologico, benche affascinante, richiede, tuttavia, il riconoscimento della Persona Christi come unico fondamento, culmine speculativo ed esistenziale insieme, universale concreto, che inserisce l'uomo nella circolaritaÁ teologico-teologale. Esige, in altri termini, la fede cristiana e l'accoglienza della escatologia del N.T. Antropologicamente si potrebbe aprire la contesa della veritaÁ sull'uomo con le altre religioni, in particolare quelle monoteistiche, perche la Rivelazione afferma un solo Dio ma almeno tre veritaÁ, ovvero i tre grandi monoteismi del mediterraneo; una sola natura umana ma tre modi d'intendere essere ed agire dell'uomo. CioÁ riguarderebbe discussioni di ®loso®a della religione che esulano dalle presenti ri¯essioni. Comunque, una volta sostituito il termine agaÂpe con quello di essere, anche una ®loso®a dell'uomo cristianamente ispirata e non estranea alla teologia potrebbe subire un'accellerata speculativa non senza interessanti conseguenze. Cogliamone alcune. In primo luogo, l'agaÂpe in tal modo intesa, eÁ intelligibile in quanto nome di Dio TrinitaÁ rivelatosi in Cristo, vite in grado di far sussistere e frutti®care ogni tralcio esistente che non puoÁ sfuggire a questo radicamento nell'unica vite divina, autorivelatasi personalmente come unitaÁ-comunitaÁ d'amore di persone, amore fra tre sussistenti distinti, ma pur sempre uno nell'unitaÁ di natura ed in continuo processo d'intercomunicazione agapica. AgaÂpe, dunque, eÁ il continuo dono di se che circola incessantemente in quanto apertura in®nita. Questa agaÂpe creatrice, identitaÁ ontologica divina, include eminentemente ogni altra forma d'amore creato, in primo luogo l'eros, e tende a tras®gurarlo conservandolo, al pari delle identitaÁ create umane che ne sono portatrici 60. La nuova creazione Ð e le creature rinnovate che la abiteranno Ð non saraÁ ex nihilo, ma conserveraÁ l'identitaÁ della vecchia. Analogamente, agaÂpe conserva, tras®gura e redime tutto cioÁ che entra a far parte dell'amore umano che si snoda attraverso l'avvicendarsi dei tempi e delle stagioni, ovvero attraverso storia ed esistenza concreta degli uomini 61. Per secondo, agaÂpe eÁ via eminentiae dell'intellectus hominis. Pur tendendo a pervadere le diverse forme d'amore umano 62, non giusti®ca, neppure attua il suo potere tras®gurante per tutte quelle forme d'amore patologico, maligno, negativo, lacerato e corrotto dal peccato 63. Scrive Milano: «Per comprendere l'agaÂpe bisogna, percioÁ, scrutare bene, volta per volta, ``chi ama chi'', cioeÁ il ``soggetto'' e l'``oggetto'' di questa forma d'amore» 64. CioÁ eÁ esigito dalla rivelazione personale e 59 Ivi. 60 Ib., 61 Ib., 62 Ib., 63 Ib., 64 Ivi. p., 340. p., 343. p. 344. p. 345 140 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI trinitaria, paradosso della fede cristiana, estranea a qualsiasi oggettivazione e riduzione divina impersonale. Anche Paolo di Tarso (in 1Cor.) non ammetteva l'eros come esercizio smodato sessuale (porneÂia), tantomeno copule sessuali oscene ed omosessuali. Tuttavia, come piuÁ volte ribadisce Milano, se l'eros umano puoÁ signi®care e manifestarsi in molteplici forme perche la creatura umana eÁ aperta e non chiusa entro i con®ni del proprio istinto riproduttivo, ancora di piuÁ l'agaÂpe non puoÁ essere costretta semanticamente in signi®cati univoci e formule sempli®catrici de®nitorie (amore oblativo, effusivo, ascensivo, discensivo ecc.) 65. In ultimo, si eÁ avuto modo di apprezzare che tutto il discorso speculativo del saggio ruota attorno alle nozioni di creazione, nuova creazione, incarnazione, redenzione, identitaÁ divina trinitaria e personale, natura umana, che, in quanto immagine divina, eÁ persona in relazione comunionale fondamentale, differenziata, giammai disgiunta, in maschio e femmina. Ora, l'ontologia personalistatrinitaria, cristologicamente concentrata cui mette capo Milano, lo induce a trovare analogie ma anche incompatibilitaÁ e incommensurabilitaÁ con l'antropologia greca, proprio attraverso le nozioni di eros e agaÂpe. La nozione ``persona'', invece, eÁ qualcosa che ritiene di stretta derivazione biblica, embrionalmente presente sin dal Primo Testamento, meglio rinvenibile nel Secondo, successivamente elaborata con sempre maggior precisione dall'intellectus ®dei nella storia della Chiesa. Se, come si eÁ detto, fondamento della persona umana eÁ la Persona Christi, ed attraverso di Lui la Santa TrinitaÁ divina, allora dovraÁ scaturirne un'antropologia ripensata in piuÁ punti. Un primo aspetto eÁ la critica alle antropologie universalizzanti ma anche individualizzanti, perche in ambo i casi non si tiene conto degli individui concreti, delle loro vicende personali, della dignitaÁ onto-assiologica che ogni persona umana eÁ in quanto qualcuno di unico ed irripetibile. Un'antropologia fondata nel senso detto, invece, ritiene l'umanitaÁ fatta da esseri concreti umani, al maschile e femminile, sessualmente caratterizzati e differenziati, in grado di esprimere, accanto ad altre forme d'amore, l'amore erotico come segno di radicale apertura all'altro da se ma pur sempre con-presente in seÂ. Corpo, sesso, eros, dunque, sono espressioni dell'unica esistenza umana, incarnata, temporale, unica ed irripetibile, che ogni persona umana eÁ 66. Si puoÁ ammettere che l'uomo possa essere uscito fuori da un processo evolutivo ed essersi posizionato al vertice del medesimo processo. Tuttavia, avverte, che contiguitaÁ col mondo animale a parte, l'uomo, e l'amore che gli appartiene, si distingue dalle altre creature percheÂ, pur essendo una potenza corporea, puoÁ andare al di laÁ di essa, convertendosi in amore relazionale personale. Anche la Bibbia celebra l'eros originario che attrae ed unisce uomo e donna, rendendoli «coppia», ovvero distinti ed uniti 67. Un secondo aspetto eÁ quello di considerare l'identitaÁ antropica come strutturalmente relazionale. Tuttavia, a mio avviso, occorre distinguere questa antropolo65 «L'agaÂpe si declina in molti modi concreti differenti fra loro. Per principio non eÁ in contrasto con nessuna forma d'amore[...], tantomeno con l'amore ``erotico''». Donna e amore..., p. 351. 66 Ib., p. 352. 67 Ib., p. 353. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 141 gia della relazione cristologicamente e personalmente fondata, da altre ®loso®e della relazione che pensano l'uomo all'interno di trame ed orditi relativi, affascinanti quanto mai, ma che, alla ®ne, perdono di vista proprio l'identitaÁ personale. Una relazione strutturalmente parte dell'identitaÁ personale, nel senso proposto da Milano, riteniamo che, se ripensata nel proprio fondamento cristologico-trinitario, manterraÁ fermo il doppio momento della essenzialitaÁ dell'identitaÁ individua e, parimenti, della essenzialitaÁ dell'individuo umano come relazione fondamentale. La relazione, cioeÁ, non fagocita l'identitaÁ individua, ma, anzi, nell'agaÂpe, paradossalmente, l'ampli®ca e la porta a compimento. In®ne, questa antropologia cristiana opportunamente ripensata, ritiene che l'umanitaÁ di tutti i tempi eÁ fatta, e sino alla ®ne del mondo saraÁ fatta, da un insieme di persone, sia nella loro singolaritaÁ sia nella loro reciprocitaÁ di uomini e donne, collegati dalla medesima natura umana che si espande nell'humus storico ed ontologico, e che cammina sotto lo sguardo provvidenziale d'amore della persona suprema, cioeÁ Dio, ed in relazione costante con Lui 68. Alcune osservazioni critiche Siamo stati catturati ed affabulati da questo studio, cosõÁ come dalle numerose suggestioni antropologiche che contiene, alcune delle quali particolarmente af®ni ad una certa sensibilitaÁ ®loso®ca attuale. Occorre, tuttavia, mettere in rilievo alcuni punti critici che, almeno a nostro giudizio, sono rinvenibili in ottica di ®loso®a dell'uomo, benche non sia l'ottica del saggio e di cui ci rendiamo perfettamente conto. Elementi critici che potrebbero tradursi in ulteriori approfondimenti ri¯essivi impossibili da farsi in questa sede. Ci limiteremo, percioÁ, a presentare quelle che, nel nostro perimetro d'interesse, possono essere dif®coltaÁ dell'ordine speculativo. In primo luogo, l'approccio di Milano all'antropologia, cioeÁ l'uomo corporeo, sessuato, dimensionato nello spazio, nel tempo e nella storia che manifesta, percioÁ, eros, reciprocitaÁ e relazione fondamentale, persona immagine di Dio, eÁ compatibile con un concetto di evoluzione, poiche l'eros umano ha adiacenze col mondo animale, sia pure trascendendolo. Questo eÁ un elemento positivo per un eventuale spendibilitaÁ dialogica con tutte le antropologie contemporanee biologicamente fondate. La creazione stessa potrebbe essere ripensata in tal senso attraverso il movimento di trascendenza verso l'ultima creazione. In ottica squisitamente ®loso®ca sorgono alcuni quesiti. Si sottintende una nozione di creazione ed antropizzazione diretta evolutivamente da Dio? Eventualmente fosse questo il sotteso speculativo, in che senso? Milano non si pone direttamente queste questioni e non avrebbero neppure senso all'interno dell'ordito del saggio. Tuttavia, all'occhio dell'antropologo, che pur rinviene nel lavoro una in®nitaÁ di spunti speculativi, questi quesiti hanno senso, se posti a confronto con alcuni recenti paradigmi antropologici, adiacenti alle numerose teorie neoevoluzioniste, e per i quali la spinta erotica e la differenziazione sessuale rivestono notevole importanza euristica 69. 68 Ib, 69 p. 354. Per un primo approccio alle teorie neoevoluzioniste ed alle ripercussioni che hanno in ambito antropologico si veda T. PIEVANI, Introduzione alla ®loso®a della biolo- 142 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Alcune di queste ®loso®e dell'uomo ri¯ettono sulla natura umana in quanto qualcosa che eÁ emerso dal gioco evolutivo. L'emergenza dell'uomo dal mondo della natura ®sica non manifesta alcun ordine provvidenziale, sia pur ritenendo l'uomo qualcuno, persona, con tutta la carica semantica che tale nozione comporta. Anzi, paradossalmente, proprio per questo i sistemi viventi appartenenti alla specie umana possono essere pensati come persone, ovvero sistemi biologici eccedenti un certo ordine limitato e ripetitivo, poiche totalmente aperti allo scambio, ma che possiedono vincoli d'identitaÁ che, se li differenziano da altri sistemi viventi, anche li accomunano. Gli uomini, insomma, sono considerati soggetti di relazione unici e irripetibili, totalitaÁ sistemiche aperte ma biologicamente radicate, che, peroÁ, per essere tali non hanno bisogno di alcun fondamento religioso che ne affermi la dignitaÁ assiologica, amore umano compreso. Tali antropologie, relativizzando ma non estromettendo totalmente l'ontologia personalista classica di matrice cristiana, operano una forma di riduzionismo, meglio, di asservimento della nozione persona, con®nando l'uomo entro i limiti storici, ermeneutici, naturali, di cui eÁ impastato. Questa sorta di ¯uidi®cazione ontologica e relazionale, che pensa la nozione di persona solo in ottica di divenire, espone le persone umane al riconoscimento da parte dell'altro, degli altri. Un embrione ad esempio Ð ma anche un soggetto in stato di coma irreversibile Ð eÁ certamente un individuo appartenente alla specie umana. Ma, non potendo manifestare le qualitaÁ tipiche della persona matura, ovvero autocoscienza esplicita, autonomia e capacitaÁ di reagire agli stimoli e relazioni antropiche, non sarebbe da considerarsi persona. Escatologia, uomo nuovo, nuova creazione, sarebbero questioni culturali e di fede; onirico venuto fuori dalla mente paradossale di homo sapiens, ma, che, non hanno nulla a che fare con l'autocomprensione ®loso®ca dell'uomo in quanto tale. Tenendo conto di queste dif®coltaÁ speculative, di cui si eÁ stringato solo un esempio, risulta, a nostro avviso, almeno per ora, utile un ancoraggio ®loso®co all'antropologia dell'essere ontologicamente fondata, sia pur aperta alle suggestioni e arricchimenti che provengono dal saggio di Milano, in vista di un serrato confronto su base razionale con tali questioni ontogenetiche, ®logenetiche ed etiche, riguardanti la razza umana. Anche l'autore, in effetti, forse consapevole di cioÁ, non opera un netto riduzionismo ontologico della nozione persona ma, anzi, afferma che occorre evitare il rischio di «[...] qualsiasi attacco alla sussistenza ontologica e all'identitaÁ di ciascun individuo umano, qualsiasi slittamento nell'impersonale, qualsiasi riduzione a fuggevole emergenza dal nulla, nel quale altrimenti potrebbe dissolversi il nostro breve apparire sulla scena di questo mondo» 70. Tuttavia, la questione eÁ se una determinata concezione del signi®cato e ®ne della natura umana, cristologicamente incentrata, puoÁ essere condivisa, anche per con¯itto d'interpretazioni, con quei paradigmi antropologici tutt'altro che infondati, ma, che, escludono, almeno in prima istanza, approcci confessionali. Milano si rivolge criticamente a certe ideologie antropologiche e teologie del passato, tradizionali gia, Laterza, Roma-Bari 2005; cfr., O. FRANCESCHELLI, Dio e Darwin. Natura e uomo tra evoluzione e creazione, Donzelli, Roma 2005. 70 Donna e amore..., p. 356. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 143 e recenti che siano, che hanno relativizzato la nozione biblica di persona. Le antropologie naturalistiche contemporanee riservano, ove mai possibile, insidie anche peggiori a questa nozione, poiche senza negarla, anzi affermandola per altre vie da quella squisitamente biblico-teologica, tendono alla sua strumentalizzazione. Alcune bio®loso®e contemporanee, paradigmatiche in tal senso, ri¯ettono sulla nozione persona come qualcosa di evolutivo, procedurale, negando, pertanto l'intagibilitaÁ etico-pratica 71. Un'ulteriore batteria di discussioni potrebbe essere innescata dalla proposta contenuta nel saggio di considerare la dimensione relazionale coessenziale alla natura umana e personale. Precisiamo che questa proposta speculativa, unitamente ®loso®ca e teologica, ci trova del tutto d'accordo. Tuttavia, almeno all'interno di uno schema euristico di ®loso®a dell'uomo, andrebbe sviluppata analiticamente, passaggio per passaggio, per non incorrere in appiattimenti semantici con numerose altre attuali antropologie della relazione che, in buona sostanza, hanno ripensato teoreticamente questa dimensione antropica ma a scapito della forza onto-assiologica della nozione persona 72. Le dottrine classiche ritenevano che il principio d'individuazione della persona umana eÁ il corpo sessualmente caratterizzato che esprime a modo proprio (maschio o femmina) eros e relazioni orizzontali e verticali autotrascendenti. Ora, le persone umane possono essere unite relazionalmente fra di loro in una sorta di comunione culturale, psicoesistenziale, storica, sentimentale ecc. Non possono, peroÁ, riversarsi totalmente nell'altro da se conservando il proprio principio di sussistenza. In questo senso la tradizione tomista parlava di una triplice incomunicabilitaÁ della persona umana rispetto alla piena comunicabilitaÁ delle Persone divine. L'ordine della comunicazione ontologica, invece, era tematizzato attraverso la nozione di appartenenza analogica all'essere 73. L'ontologia della persona, inoltre, distingueva la capacitaÁ dall'attualitaÁ. Ogni nuovo essere umano venuto al mondo era da considerarsi giaÁ persona ma con capacitaÁ di attuare nel tempo, spazio e storia le qualitaÁ tipiche della propria natura. Altrimenti detto, l'ontologia tradizionale non riteneva ®loso®camente corretto considerare gli uomini persone potenziali, bensõÁ persone con potenzialitaÁ da esprimere attraverso le condizioni storiche, qualora eventi e vicende, appunto, personali, lo avrebbero permesso. Le nozioni dell'incomunicabilitaÁ ontologica e della partecipazione analogica mi pare che vengano messe in discussione da Milano poiche le ritiene troppo aderenti, e giustamente, alla 71 R. GALLINARO, I nodi..., pp. 25-49. Cfr. R. BAKER LYNN, Persone e corpi. Un'alternativa al dualismo cartesiano e al riduzionismo animalista, Mondatori, Milano 2007. 72 In molte delle antropologie cosiddette della relazione, la nozione relazione sarebbe al primo posto nella scala ontologica dell'essere umano. La persona, in questo caso, sarebbe l'elemento accidentale. Questa inversione speculativa rispetto alle nozioni tradizionali eÁ esattamente il contrario della proposta di Milano che, pertanto, non solo ci sembra piuÁ ragionevole ma anche maggiormente fruibile in contesti diversi da quelli ®loso®ci e teologici. Per un primo approccio alla nozione «relazione» fra ®loso®a e teologia si vedano: U. GALEAZZI, IdentitaÁ umana e libertaÁ. Narrazioni rivali nella storia della ®loso®a, Milella, Genova 2002; G. CICCHESE, I percorsi dell'altro. Antropologia e storia, CittaÁ Nuova, Roma 1999; M. MARIANELLI, Ontologia della relazione, CittaÁ Nuova, Roma 2008. 73 R. GALLINARO, Dimensioni della persona. Linee introduttive all'antropologia morale, Luciano, Napoli 2000, pp. 76-79. 144 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI ®loso®a greca. Queste nozioni, nella sua ermeneutica biblico-teologica, hanno storicamente bloccato la feconditaÁ euristica della nozione persona cosõÁ come viene fuori dalla Sacra Scrittura 74. EÁ proprio sulla base di questa «interdizione» speculativa della persona come relazione fondamentale all'altro da se che individua l'interdizione dell'eros come «potenza d'amore» buona e «sessualmente» caratterizzata 75. In pratica, l'Autore sembra dirci che, poiche la nozione di relazione eÁ stata pensata dalla dottrina cristiana un accidente della persona umana, che inerisce alla sussistenza ontologica ma, in quanto accidente, non eÁ essenziale alla determinazione della natura personale che eÁ qualcuno di irrelativo, altrettanto l'eros eÁ stato ritenuto accidentale per la realizzazione della persona, se non, addirittura, deleterio. Infatti: «In un pensiero teologico deciso dall'evento Cristo dovrebbe, percioÁ, apparire con chiarezza solare che anche il problema della persona deve affrontarsi in modo adeguato a Cristo. Con®gurandosi in chiave seriamente e conseguentemente ``cristocentrica'', l'indagine potrebbe consentire di intravedere le abissali dimensioni della persona in Dio, ma pure quelle analogamente peculiari dell'essere persona nell'uomo. Se Cristo eÁ l'icona, l'immagine del Dio invisibile [...], egli eÁ pure il primogenito di quelle creature fatte a immagine e somiglianza di Dio» 76. Su questa base teologica, l'analogia fra Persone divine e persone umane, «fondata, sostenuta e misurata dalla Persona Christi», deve uscire fuori dalle sabbie mobili dell'analogia entis per ri¯ettere la relazionalitaÁ consustanziale alla persona umana attraverso l'analogia Christi. Ritorna, allora, con prepotenza la nozione di agaÂpe ed il doppio sillogismo teologico che comporta. Dio eÁ agaÂpe; Cristo eÁ Dio; Cristo eÁ agaÂpe. Parimenti, l'uomo eÁ immagine di Dio; Cristo eÁ vero uomo e vero Dio, dunque agaÂpe increata; l'uomo, attraverso Cristo, eÁ agaÂpe creata 77. Inoltre, come non esiste agaÂpe senza relazione, non puoÁ dirsi neppure il contrario. Tutto cioÁ appartiene anche all'identitaÁ dell'uomo persona in quanto tale. Sembra tutto convincente, e di fatti, a mio parere, lo eÁ. Tuttavia, quei ®loso® che si lasciano stimolare dalla Bibbia ma che devono percorre queste vie impervie, inizialmente con la fragile forza della ragione umana, si trovano di fronte a numerose questioni. Ad esempio, si puoÁ teorizzare attraverso il paradosso del dogma del Dio Unitrino che eÁ distinto immanentemente come tre relazioni sussistenti che si attraversano pericoreticamente in un movimento incessante e in®nito d'amore. L'intercompenetrazione divina come potrebbe, o dovrebbe, sul piano ontologico, essere applicata all'uomo corporeo, dal momento che io non posso compenetrarmi all'altro se non per via empatica e sentimentale? Occorre ripensare la comunione col Cristo Risorto attraverso la presenza sacramentale nella Chiesa nei termini della relazione essenziale proposti da Milano? Occorre dare nuova base antropologica al popolo di Dio ed alle relazioni che istituisce con altri popoli? Occorre ripensare e rivalutare tutto attraverso un recupero forte 74 Donna e amore., p. 357. Cfr. R. LUCAS, Orizzonte verticale. Senso e signi®cato della persona umana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007. 75 Donna e amore..., p. 358. 76 Ib., p. 359. 77 Ib., p. 363. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 145 della corporeitaÁ, sessualitaÁ, eroticitaÁ, dal momento che l'ultima creazione eÁ la Risurrezione ®nale della carne? Occorre, forse, ripensare anche alla comunione uomo-donna nella Chiesa? Occorrerebbe smettere di condannare pregiudizialmente tutte quelle relazioni fra consacrati su base corporea quanto agapica, perche l'uomo parla, agisce, ama, attraverso il corpo, relazioni fraterne e sororali ma che spesso sono viste da un certo moralismo ecclesiale come qualcosa di negativo? CioÁ, con buona pace dell'uomo persona relazione coessenziale alla propria natura, non signi®ca condannare chi desidera votarsi totalmente al servizio di Cristo e Chiesa ad una forma di solitudine e morti®cazione relazionale? Viceversa, ci sarebbero dei rischi maggiori di scadere in relazioni sessualmente disordinate riducendo l'agaÂpe ad eros e non viceversa? Oltre la presenza eccessiva di Platone, Plotino, Origene ecc., non eÁ forse anche una questione di potere, d'ingovernabilitaÁ della libertaÁ delle persone, che ha suggerito alla gerarchia ecclesiale d'imporre una morale basata sulla paura del corpo, piuttosto che dell'amore per i corpi poiche persone e corpi sono tutt'uno? Questioni di storia della Chiesa complesse che, pertanto, non sono facilmente riducibili ad un solo nodo critico causa di tutto. Le suggestioni di Milano, tuttavia, incamminano verso un ripensamento radicale che hanno come principio e ®ne Cristo e la sua vicenda d'amore, iniziata duemila anni fa. CioÁ resteraÁ per sempre. Napoli, FacoltaÁ Teologica, Sez. S. Tommaso d'Aquino ROBERTO GALLINARO 4. Persona maschile e persona femminile: unitaÁ e reciprocitaÁ nella differenza Circa dieci anni fa, sulla soglia del terzo millennio cristiano, Andrea Milano aveva esortato i teologi ad una piuÁ decisa concentrazione cristologica nelle loro ri¯essioni ed elaborazioni, al ®ne di portare effettivamente all'altezza di Cristo il pensiero, sia ®loso®co che teologico, prodotto storicamente dopo Cristo dagli intellettuali credenti ma non sempre comandato epistemologicamente dal criterio-Cristo 1. Ora egli mostra i frutti di un analogo ripensamento esercitabile sulla concezione ®loso®co-teologica delle femmine e dei maschi o, meglio Ð come tutto quest'interessante e documentato libro suggerisce in maniera emblematica 2 Ð delle persone di genere femminile e maschile. La consapevolezza di fondo, guadagnata rigo per rigo, eÁ che la proclamazione di Galati 3,29 Ð «tutti siete uno solo in Cristo GesuÁ» Ð possa, anzi debba, comportare oggi l'audacia e la forza di pensare davvero i due come «uno solo» (l'originale greco presenta eis al maschile) «come se si trattasse di una sola persona» in Cristo GesuÁ (p. 211). Alludendo ad una compagine talmente solidale che andrebbe stabilita con il Cristo da parte dei credenti, l'Apostolo non intendeva certo suggerire un livellamento o una fusione antropologica dei due generi femminile e maschile, nei 1 A. MILANO, Quale veritaÁ. Per una critica della ragione teologica, Edizioni Dehoniane, Bologna 1999. 2 A. MILANO, Donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona, Edizioni Dehoniane, Bologna 2008, p. 88. 146 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI quali si articola il modo personale di esistere della specie umana, bensõÁ proporre una vera e propria unitaÁ antropologica, derivabile da un'unitaÁ ecclesiologica, ma a sua volta «fondata... dall'ancora piuÁ radicale ``unitaÁ cristologica''» (p. 211). Ne consegue sul piano umano che anche le persone di genere femminile e maschile sono da ritenere effettivamente una «unitaÁ nella reciprocitaÁ differente del maschile e del femminile non abolita, ma trasformata» (p. 210). Da cioÁ stesso consegue, sia sul piano teologico che culturale, la necessitaÁ Ð attuata dall'Autore nel volume Ð di ripensare le diverse forme di amore che si esplicitano emblematicamente nel rapporto tra uomo e donna, ovviamente alla luce della nozione cristiana di agaÂpe. Questo libro mostra appunto come la nozione di agaÂpe e con i suoi riverberi antropologici, grazie ad un'investigazione diligente dei sacri testi di cui ogni pagina cerca le profonde intenzioni (p. 65), possa essere davvero pensata da capo e riproposta come de®nitivamente e originalmente cristiana, non comportando essa ne un deprecabile processo di compromissione del cristianesimo con l'ellenismo neÂ, allo stesso tempo, soltanto una «radicale, compiuta ``cristianizzazione'' dell'idea dell'eros cosõÁ com'era stata elaborata nel pensiero greco, in particolare dalla tradizione platonica» (p. 311). Una raffinata riflessione storico-teologica sui testi sacri Ecco, in qualche modo, i presupposti di questa grande e raf®nata ri¯essione storico-teologica e storico-®loso®ca consegnata nel volume, che signi®cativamente si apre col «manifesto» di Gal 3, 28 (che funge anche da Dedica, p. 7), quasi per far ri-assaporare giaÁ in limine ad ogni lettore il senso rivoluzionario di quel paolino «non c'eÁ piuÁ maschio e (kaõÁ) femmina» (p. 208). Proprio Paolo, spesso tacciato di misoginia nella storia del cristianesimo, citando esplicitamente Gen 1, 27, sembra infatti in questo suo testo voler quasi chiudere il cerchio delle origini antropiche, cosõÁ come descritte dal libro che apre le Scritture sacre, alla luce della potente nuova creazione inaugurata dal Croci®sso-Risorto, che chiude in qualche modo la rivelazione scritta. In questa luce saraÁ possibile, auspica Milano, non soltanto puri®care una certa esegesi della letteratura paolina, ma altresõÁ riformulare l'intero programma cristiano sulla donna e sull'uomo e, dunque, anche sulle loro relazioni d'amore nelle varie forme e gradi di manifestazione. Effettivamente, «dinanzi ai segreti della parola di Dio, racchiusi e messi a nostra disposizione in parole umane in quello scrigno chiamato Bibbia, bisogna fare in modo che non sia piuÁ un ostacolo, bensõÁ una risorsa, l'essere giudeo o greco, schiavo o libero, ``donna e uomo''» (pp. 51-52). Tutto questo per ritornare da capo a scoprire il senso genuino della vasta tastiera dell'amore «biblicamente e cristianamente compreso, nelle sue diverse forme e, dunque, anche nell'eros», che «viene a comportare una relazione personale e, pertanto, il legame di ``io'' e ``tu''» (p. 312). Un tal modo di fare, se opportunamente praticato, consentiraÁ al pensiero cristiano di tratteggiare e realizzare ®nalmente un'antropologia di donne e uomini in termini ontologicamente e teologicamente relazionali, peraltro in sintonia con le esigenze dialogiche della cultura contemporanea. Impresa, questa tentata da Milano, effettivamente ardua in teologia se, per esempio, si rammenta che la situazione contemporanea eÁ un effetto di quello che avveniva «tra il II e il III secolo» allorche «accanto alla sempre piuÁ marcata differenzia- AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 147 zione tra clero e laicato, si impone nettissima quella tra uomo e donna» (p. 233). Nonostante alcune diversitaÁ nella prassi di certune Chiese orientali, tutto questo comportoÁ anche dei processi di subordinazione sociale e per®no ecclesiali della persona di genere femminile, peraltro accompagnati spesso da reticenze e inibizioni circa gli aspetti relazionali ed erotici del rapporto eterosessuale umano tra un uomo ed una donna. L'elaborata ricerca, consapevole della dif®coltaÁ e, per certi aspetti, dell'inusualitaÁ del tema e dell'impianto, procede a piuÁ strati, guadagnando di volta in volta nuovi approdi mediante sondaggi nel mondo dei testi che compongono quell'universo che eÁ la Bibbia cristiana, accostata con ottimi strumenti ®lologici ed esegetici, senza mescolare i testi in pasticci ®lologici (cf. p. 343), soprattutto facendo continuamente «i conti con la ®lologia senza cedere alla fantasia» (p. 284), ma anche procedendo nell'orizzonte di una precisa prospettiva ermeneutica, di cui l'Autore ha giaÁ teorizzato altrove la pro®cuitaÁ, comunque procedendo in continuo confronto con quanto la storia dell'esegesi, della teologia e della ®loso®a hanno messo ®n qui a disposizione degli specialisti. In tal modo la messa a fuoco del tema speci®co dell'eros e dell'agaÂpe (cf. p. 261) diviene funzionale a una piuÁ profonda domanda relativa alla precisa con®gurazione dell'agaÂpe nel Nuovo Testamento, la cui positiva risposta permette appunto di ri-disegnare una teoria cristiana della donna e dell'uomo nella linea personologica, che Milano riscontra presente non soltanto nei dibattiti trinitari e cristologici, ma giaÁ suggerita dai sacri testi, in maniera da non dover pagare eccessivi debiti ad altre rielaborazioni antiche e tardo-antiche di simili tematiche. Certo, per®no i Padri della Chiesa non seppero resistere all'immenso in¯usso di Platone, anzi del «beato» Platone, ®nendo tuttavia per non percepire piuÁ la pur rilevante differenza tra i testi paolini e quelli di tenore platonico della tradizione ellenistica, e rischiando anzi di non avvertire «lo stridore insopportabile tra mondi culturali e religiosi eterogenei e incompatibili» (p. 263). Eppure il testo sacro, se ben interrogato, propone piuÁ di qualche spunto per un pensiero effettivamente cristiano e libero da certe precomprensioni ellenistiche su tali temi. PiuÁ volte questo speci®co nodo ritorna nelle pagine di Milano (pp. 262-263; 311), il quale, come giaÁ ha fatto per la questione della veritaÁ, vuole ora pensare a tappeto in termini cristici il tema dell'amore umano (come del resto nella sua prima enciclica ha cercato ®nalmente di fare anche un papa come Benedetto XVI). Egli trova siffatta indicazione di percorso nell'encomio di 1Cor 13, laddove le battute linguistiche paoline lo spingono irresistibilmente a «pensare a GesuÁ di Nazaret, sembrano anzi quasi rendere l'agaÂpe ``sinonimo di Cristo''» (336). L'Autore mostra di sapersi muovere con destrezza e competenza nell'intricata selva di contributi di studio sia di indole esegetica che teologica e storica, che talvolta propongono delle critiche senz'appello alla prospettiva teologica cristiana, come in particolare si vede nelle opere provenienti dalla cosiddetta ala femminista della teologia, sia nelle sue versioni radicali ed estreme, sia in quelle piuÁ moderate. In merito, Milano, oltre a prendere sul serio qualunque obiezione ed ogni critica, non teme di «misurarsi con l'integralitaÁ del testo biblico e dell'annuncio in esso contenuto» (p. 28), sia per veri®carne l'esatto orizzonte circa la donna e l'amore, ma anche nella convinzione che «nondimeno 148 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI all'interno della Bibbia potrebbero trovarsi tracce non lievi della misoginia da cui nei due millenni di storia cristiana hanno creduto di trarre incentivi e argomenti l'incoscienza, la stupiditaÁ o l'infamia dell'oppressione della donna» (p. 46). Egli tuttavia eÁ ben convinto che, cosõÁ come le sacre parole crescono con i propri lettori Ð secondo l'antico adagio di Gregorio Magno 3 Ð, anche questo suo non del tutto «modesto libro sulla Bibbia» (p. 371) potraÁ ben esser letto e frequentato, sempre comprendendo e ricomprendendo quanto di piuÁ umano e, come si vedraÁ, di piuÁ biblico e di piuÁ cristiano, eÁ effettivamente comportato dalla dimensione erotico-agapica della persona umana sia di genere femminile che di genere maschile. Si tratta ovviamente di rimboccarsi le maniche, di approfondire seriamente l'indagine (cf. p. 55); di non isolare troppo i singoli versetti «incriminati di misoginia» dal contesto e dalla salutare dinamica del circolo ermeneutico; di tener conto delle delicate problematiche della formazione del canone biblico dei cristiani (p. 59); di guardare da altri lati, per esempio, il pur bistrattato e «maschilista» Siracide (p. 71); di carpire quell'in piuÁ che la Scrittura ha sempre da dirci (p. 75) anche nella letteratura del Primo Testamento che, pure, a prima vista sembrerebbe del tutto omologa ad una certa praticata asimmetria di rapporti tra donna ed uomo nel vicino Oriente antico (cf. p. 82) e che, invece, grazie ai sondaggi dell'Autore, illumina altri possibili livelli di lettura del Cantico dei cantici Ð testo da rimettere nelle mani dei semplici, in controtendenza rispetto alla presa di posizione del pur grande Origene d'Alessandria (cf. p. 297) Ð. Milano predilige un'impostazione ermeneutica. Essa sfugge, con P. Ricoeur, «all'ossessione di un impiego servile del metodo storico-critico, valorizzandolo anzi senza spregiarlo nella sua pur sempre preziosa ef®cacia» (p. 107), in maniera da rileggere simpateticamente gli antichi testi sacri senza sospettarli pregiudizialmente «d'essere in gran parte depositari di credenze assurde o, comunque, infantili» (p. 125). Anzi tutti i brani biblici esaminati testualmente sono da lui tradotti da capo, per soppesarne i riverberi speculativi e teologici (cf. p. 12, n.; e 3 GREGORIO MAGNO, Moralia in Iob, 20,1: «Quamuis omnem scientiam atque doctrinam scriptura sacra sine aliqua comparatione transcendat, ut taceam quod uera praedicat, quod ad caelestem patriam uocat; quod a terrenis desideriis ad superna amplectenda cor legentis immutat; quod dictis obscurioribus exercet fortes et paruulis humili sermone blanditur, quod nec sic clausa est ut pauesci debeat, nec sic patet ut uilescat, quod usu fastidium tollit, et tanto amplius diligitur quanto amplius meditatur; quod legentis animum humilibus uerbis adiuuat, sublimibus sensibus leuat, quod aliquo modo cum legentibus crescit, quod a rudibus lectoribus quasi recognoscitur, et tamen doctis semper noua reperitur; ut ergo de rerum pondere taceam, scientias tamen omnes atque doctrinas ipso etiam locutionis suae more transcendit, quia uno eodem que sermone dum narrat textum, prodit mysterium, et sic scit praeterita dicere, ut eo ipso nouerit futura praedicare, et non immutato dicendi ordine, eisdem ipsis sermonibus nouit et acta describere, et agenda nuntiare; sicut haec eadem beati iob uerba sunt, qui dum sua dicit, nostra praedicit; dum que lamenta propria per sermonem indicat, causas sanctae ecclesiae per intellectum sonat» (PL 143 A, lin. 1); cf ancora di piuÁ Homiliae in Hiezechihelem prophetam, lib. 1. hom. 7: «Et quia unusquisque sanctorum quanto ipse in scriptura sacra profecerit, tanto haec eadem scriptura sacra pro®cit apud ipsum, recte dicitur: cum ambularent animalia, ambulabant pariter et rotae; et cum eleuarentur animalia de terra, eleuabantur simul et rotae, quia diuina eloquia cum legente crescunt, nam tanto illa quisque altius intellegit, quanto in eis altius intendit» (PL 142, lin. 140). AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 149 soprattutto, per le scelte parzialmente divergenti rispetto alle traduzioni circolanti, pp. 94, n.; 109; 196; 199; 202; 205 n.; 227) Quale prospettiva ermeneutica Il lettore eÁ posto, dunque, di fronte a dei sondaggi Ð cosõÁ sono semplicemente, troppo semplicemente, chiamati dall'Autore Ð, o se si vuole di fronte a non sprovvedute incursioni in alcuni libri e brani emblematici delle sacre Scritture che piuÁ di altri mettono sotto gli occhi del lettore le tematiche della relazione tra i sessi, del ruolo della donna, soprattutto della vasta tastiera di temi che va dall'eros all'amore ®no all'agaÂpe, avvicinati sempre nella prospettiva del cosiddetto «circolo ermeneutico», in base al quale «per comprendere il tutto, si devono comprendere le parti e, per comprendere le parti, eÁ necessaria una qualche comprensione del tutto» (p. 30). Ma cioÁ richiede di abbandonare ogni pretesa epistemologica moderna e cartesiana la quale reputerebbe invece che si possa de®nitivamente attingere un'oggettivitaÁ asettica, ®no a poter reperire cioeÁ nei testi «degli elementi ultimi e tanto fondamentali da non poter essere ulteriormente ridotti e analizzati» (p. 32). I pur nobili ®ni di una costruzione argomentata e rigorosa, ovvero more geometrico demonstrata, inseguirebbero il miraggio di un'oggettivitaÁ assoluta la quale suppone che, di fronte ad essa, ci possa essere un soggetto indagante altrettanto assoluto, con il rischio che entrambi i poli della ricerca ®nirebbero per essere avviluppati in una dialettica del tipo padrone-servo, giaÁ ben analizzata da Hegel. Se per®no il pur venerando e consolidato metodo storico-critico Ð peraltro ampiamente utilizzato anche nel corso di questo volume Ð si lasciasse catturare in questa polaritaÁ dialettica moderna e ambisse di percorrere tutt'al piuÁ una serie di asettici interrogativi del tutto indipendenti dalla stessa fede dell'interrogante, ne avremmo esiti, forse, ®lologicamente corretti, ma non certamente positivi ai ®ni di una prospettiva che predilige invece i sondaggi nel tutto e nelle parti del testo sacro, alla ricerca del senso tra i vari sensi pur possibili. Considerata dunque illusoria una tale pretesa oggettivistica moderna, Milano invita ogni interprete, in particolare, a «chiedersi anche se, per caso, la sacra pagina non ponga, a sua volta, essa stessa delle domande e proprio a lui» (p. 33), ovvero se questa pagina Ð oltre che scrigno di cose narrate da riferire testualmente e di fatti documentati in maniera oggettiva Ð, non contenga anche provocazioni, appelli ed inquietudini per il lettore, essendo «essenzialmente ``rivelazione'' e, pertanto, pure kerygma, annuncio, proclamazione, cioeÁ appello inquietante e coinvolgente» (ivi). Probabilmente le critiche serrate che un certo femminismo radicale o anche moderato ha rivolto alla Bibbia nel suo insieme, ma soprattutto a Paolo e agli scritti suoi e della sua tradizione, accusati come incubatori di misoginia cristiana, nonche alla ®gura di Maria ed al ruolo da lei svolto nei Vangeli canonici e nella prima Chiesa come motivo cementatore delle strutture patriarcali oppressive delle donne, sono anche il frutto di prospettive ermeneutiche parziali che assolutizzavano ora la lettera del testo ora il mondo del soggetto davanti al testo. Ottica del tutto angusta, quella criticata dall'ermeneutica di Milano, che dovrebbe mettere nel conto il rischio di perdere la cosa stessa del testo che pure era negli auspici iniziali di qualunque ricerca sulla Bibbia. Chi, infatti, isolasse le pretese cose oggettive del testo sacro, dimen- 150 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI ticando che quel grande codice funziona chiedendo piuttosto al lettore una disponibilitaÁ ed una sintonia tali da permettere «di aprire davvero gli occhi per vedere e le orecchie per ascoltare» (p. 36), si lascerebbe sfuggire malamente il senso del tutto nelle parti. Piuttosto, le «cose», i «fatti» e i «detti» di quel peculiare testo non valgono soltanto tunc, ovvero per il suo autore nel passato, ma sono sempre in movimento ex tunc verso il nunc del lettore, a cui intendono parlare, soprattutto interpellarlo via via che egli le legge e rilegge, le predica e le propone. Non si potrebbe, dunque, mai isolare un singolo testo magari marchiandolo dell'infamia della misoginia, del maschilismo o della teorizzazione di una struttura patriarcale di subordinazione della donna, ®no a coinvolgere nell'accusa l'intera Bibbia circa la quale, nell'ottica criticata, si eÁ talvolta affermato che essa giungerebbe addirittura a «proclamare che la dif®denza, il disprezzo, l'odio nei confronti delle donne». Se fondate, siffatte accuse denigrerebbero effettivamente «tutta la Bibbia» anzi «la rendono un inservibile ferro vecchio da buttarsi dietro le spalle una volta per sempre» (pp. 166-167). I potenziali lettori del testo sacro non possono peroÁ schierarsi da un sol lato, come ha fatto per esempio la cosiddetta esegesi di genere, e appartenere a un sol gruppo escludendo altre fette di umanitaÁ, anzi devono coprire sia l'una che l'altra metaÁ del cielo. Difatti, il vero «ambiente vitale in cui si realizza l'autentica ermeneutica della rivelazione divina» (p. 37), non eÁ un «qualsiasi gruppo di donne o di uomini che pensano di lottare a favore degli oppressi, senza che si assumano consapevolmente, per cosõÁ dire, anche la fatica del concetto e il rischio dell'equivoco» (ivi). La Bibbia, insomma, non puoÁ mai essere piegata nella nostra disponibilitaÁ in quanto essa chiede, come Parola scritta dopo essere stata anche detta nella sua preistoria orale, di poter continuare comunque a parlare sempre da capo al suo nuovo lettore col quale intende crescere. Neppure essa potrebbe diventare nelle nostre mani una sorta di arma da far valere ora per questa, ora per quell'altra lotta ideale o emancipatoria (p. 41), magari alla luce di questo o quell'altro criterio ritenuto prevalente o esclusivo (fossero pure i sacrosanti valori della liberazione degli oppressi o dell'emancipazione della donna dalla subordinazione), che in tal caso sembrerebbe poter assurgere quasi ad un canone del canone (cf. pp. 42-43). Occorre insomma, esseri umani quali siamo di fronte a Parole divine dette nella nostra lingua e nella nostra storia, sempre rispettare, come fa continuamente ogni capitolo di questo libro, quel «``circolo'' incessante fra il tutto e le parti, fra precomprensione e comprensione e, piuÁ ancora, fra ``soggetto'' e ``oggetto''» (p. 41), rammentando che soltanto uno ha reclamato per se tutta la sacra Scrittura d'Israele, GesuÁ di Nazaret, il quale l'ha potuto fare soltanto sapendo di essere «l'``ermeneutica'' fatta persona» (p. 49). Di conseguenza, qualsiasi metodo esegetico o di lettura della Bibbia, che la storia della ®lologia e dell'esegesi mettono a disposizione, vanno utilizzati alla luce di quel criterio d'intelligenza che «non eÁ se non GesuÁ Cristo in quanto compreso, interpretato e vissuto per la potenza del suo Spirito nella comunitaÁ dei credenti in lui, la Chiesa» (49). Ma sempre, insieme, sapendo altresõÁ che «la Bibbia supera in®nitamente la Bibbia: proprio per questo leggerla e interpretarla eÁ un compito che non ®nisce mai» (p. 78). AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 151 Si potraÁ dunque, anzi saraÁ lecito e doveroso «smontare pezzo per pezzo un testo e suddividerne ancora i minuscoli ritagli... Ma poi bisogna comprendere se e come funziona il tutto del testo, per protendersi, per quanto eÁ possibile, verso una comprensione della cosa stessa che interessa il testo» (p. 135), nel nostro caso verso la comprensione del signi®cato della persona femminile nella sua relazione con la persona maschile, nel piuÁ vasto orizzonte di tutta la variegata tastiera dell'amore cosõÁ come creato dal Padre e liberato dal Figlio incarnato, del quale Ð occorreraÁ sempre ricordarlo Ð «i vangeli sono memorie, per cosõÁ dire, paradigmatiche, non resoconti completi sul ``GesuÁ della storia'' e sono, insieme, anche espressioni delle comunitaÁ e degli individui, che alle origini tentarono di affermare qual era il signi®cato di GesuÁ per la propria ``fede''» (p. 137). Non saraÁ mai suf®ciente, pertanto, rileggere isolatamente i racconti di creazione (cf. capitolo 3, pp. 53-78) o i libri profetici (cf. capitolo 4, pp. 79-91 ), oppure il contrappunto sublime del Cantico dei Cantici (cf. capitolo 5, pp. 93-115). Neppure saraÁ suf®ciente rovistare da cima a fondo la letteratura paolina (cf. capitolo 9, pp. 187-234) o l'apocalittica neotestamentaria con i famosi simboli della donna e della grande prostituta (cf. capitolo 10, pp. 235-252). Gli stessi singoli episodi riguardanti le donne e l'amore nei Vangeli (cf. capitoli 6-7, pp. 117-160), se indagati isolatamente, non ci diranno molto circa i precisi orientamenti gesuani rispetto al giudaismo tradizionale e coevo nonche alla prassi del vicino Oriente antico, «®nche i diversi particolari delle sue parole e delle sue azioni non vengano colti come un tutto, ®nche i singoli testi che riguardano, in particolare, lui e le donne non vengano inseriti nel ``circolo ermeneutico'' della narrazione globale della sua storia, dentro l'insieme del suo ``evangelo''» (144). Evangelo che eÁ il regno di Dio; il che comporta il riconoscimento di Dio come creatore e salvatore, interessato senza esclusione a ciascuna creatura e, in particolare, comporta il riconoscimento che quel Dio non eÁ soltanto il Dio «di» GesuÁ Cristo ma altresõÁ il Dio «in» GesuÁ Cristo, «Dio» «in modo personalmente distinto, ma pure insieme... ``una cosa sola'' (en) con il Dio e padre suo..., il quale, in concreto, eÁ lo stesso Dio d'Israele» (pp. 145-146). Ecco perche questi sondaggi esegeticoteologici che Milano compie egregiamente nella letteratura biblica, avvicinandosi a questo o quel versetto, non sono mai accompagnati dalla «smodata presunzione di sviscerare tutti i problemi connessi con la loro ermeneutica» (p. 241), ma soltanto cercano, nella prospettiva del suo lavoro, riuscendovi peraltro bene, di «mettere a fuoco il problema» (p. 241) di volta in volta indagato, soprattutto di accostarsi, con nuova ®ducia di trovare, a pagine su cui si sono talvolta sedimentate venerande, anche se non sempre ®lologicamente corrette, interpretazioni, temi e sottotemi correlati e che non di rado presentano ancora degli enigmi. Lo sfondo ermeneutico cosõÁ delineato non puoÁ non incrociare anche la storia dell'inculturazione che dei testi biblici eÁ stata prodotta dai pensatori cristiani antichi nell'incontro con la tradizione ®loso®ca greca e, in particolare con le varie versioni del platonismo che si sono sviluppate tra Platone e lo pseudoDionigi Areopagita. Com'eÁ noto, l'incrocio del cristianesimo con la grande teorica greca dell'eros ha comportato, accanto ad avventure straordinarie, anche qualche rischio per l'ottica propriamente cristiana, anzi «uno dei maggiori rischi 152 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI corsi dall'autocoscienza della fede cristiana nel suo cammino millenario» (p. 285). L'enorme fortuna ottenuta da una certa rielaborazione della visione sapienziale dell'amore ripensata e ri-semantizzata alla luce della tradizione ®loso®ca platonica, medioplatonica e neoplatonica, tentata dai due pensatori di Alessandria, Clemente e Origene e, in seguito, da Mario Vittorino e Agostino, domanda appunto di ritornare anche su questi avvenuti, e talvolta ancora presenti, processi di de-semantizzazione e ri-semantizzazione in lingua straniera della grammatica biblica dell'amore, tanto piuÁ che proprio Origene fu anche il primo scrittore cristiano «a ritenere possibile far coincidere i signi®cati della terminologia dell'eros con quelli designati dalla terminologia dell'agaÂpe» (285). Del resto eÁ sempre Origene ad assumersi «l'enorme responsabilitaÁ di de®nire, per primo in assoluto, che il Dio di GesuÁ Cristo eÁ eros, analogamente a come proclama 1Gv 4,8, secondo cui lo stesso Dio eÁ, invece, agaÂpe» (305), benche con un palese fraintendimento (cf. capitolo 11.5). L'abbaglio dell'Alessandrino, come si esprimeva giaÁ «nel 1918 Adolf von Harnack» (p. 305), si consuma nel corso dei suoi tre ritorni proprio sul testo enigmatico del Cantico dei cantici. Egli giungeva ®no a ritenere secondario in quel libro biblico il signi®cato letterale e carnale dell'amore secondo la carne, pur presente nella lettera del testo, a vantaggio di un amore ritenuto piuÁ degno di Dio in quanto spirituale e spiritualizzato, dunque neoplatonicamente non indegno di Dio e soprattutto non dannoso per le anime dei semplici e dei non ancora maturi nel cristianesimo, che hanno bisogno di cibo non ancora solido e soprattutto non vanno scandalizzati. In tal modo, peroÁ, quell'abbaglio comporteraÁ enormi riverberi negativi sulla ri¯essione cristiana successiva, al punto che il pur grande lettore della Bibbia Origene ®nisce per non valorizzare, proprio nella sua rilettura prospettica del Cantico, le precise indicazioni e integrazioni provenienti da quell'«encomio paolino sull'agaÁpe» (p. 299) alla luce del quale si potrebbero rileggere, come adesso fa invece Milano (cf. capitolo 11.5-6), tutti i termini della questione. L'Alessandrino, infatti, sentendosi in dovere di proteggere i lettori da quello che lo stesso Platone avrebbe potuto chiamare «eros volgare», in de®nitiva ®nisce per integrare ed elaborare i dati di origine biblica a disposizione in una struttura di pensiero oggettivamente platonica (come chiosa in merito Milano sulla scia di un saggio di M. Simonetti). Solo che Origene Ð per il quale la sacra Scrittura ispirata da Dio equivale alla Bibbia greca usata dalla chiesa cattolica, in cui cioeÁ i traduttori avrebbero consapevolmente messo quasi del tutto da parte il vocabolario dell'eros presente invece nei testi originari Ð, parte da questa minuscola base Ð che eÁ anche un minuscolo error in principio Ð per giungere a dei veri e propri esiti nefasti per la logica cristiana e a degli «ardimenti esegetici, azzardandosi in questa iniziativa anche grazie alla sua ``precomprensione'' platonica» (p. 304). Oltre la lettura della Bibbia al femminile Senza dubbio la moderna lettura femminista, piuÁ o meno radicale, dei testi sacri del giudaismo e del cristianesimo, ed anche dei ®loni interpretativi «alla Origene», ha contribuito a far emergere il vero e proprio «nervo scoperto» di una certa misoginia propria dei pensatori cristiani che, se ne dovraÁ concludere, nei vari secoli non sempre sono rimasti fedeli all'evangelo di GesuÁ e, come AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 153 mostra il libro di Milano, per®no allo stesso evangelo di Paolo, che del medesimo evangelo di Cristo eÁ annunciatore e missionario. All'Apostolo, poi, eÁ toccato in sorte di essere assunto addirittura a corifeo e teorizzatore di una subordinazione strutturale, nella societaÁ e nella chiesa, della ®gura femminile, i cui effetti si vedrebbero ancor oggi in una certa teorizzazione della subordinazione della donna all'uomo e in una certa soggezione intra-ecclesiale del femminile rispetto al maschile. In questo senso, questo volume su donna e amore nella Bibbia, che ®n dall'esordio dichiara di voler «sondare la Bibbia intorno al tema della donna e dell'amore, con l'intento di individuarvi e vagliare anche alcuni tratti negativi, di cui anch'essa, a prima vista, non appare del tutto immune» (p. 7), non poteva non tener conto dell'apporto critico del pensiero femminista, che talvolta si eÁ rivelato aggressivo talaltra no, ma che ha dato comunque molto «in campo storico, antropologico, ®loso®co, ma si aggiunga pure in quello biblico e teologico» (p. 14). Milano riconosce a questo ®lone di aver in qualche modo contribuito in bene o in male alla stessa elaborazione teologico-antropologica degli ultimi cinquant'anni, per il fatto di aver richiamato la ri¯essione scienti®ca sulla fede ad una riscoperta della dignitaÁ della donna nella comunitaÁ civile ed ecclesiale e di aver inoltre proposto una critica talvolta storiogra®camente pertinente ad una certa misoginia della teologia e della prassi pastorale cristiane. Se le idee possono anche diventare assassine nella storia, come certi eventi del secolo XX hanno mostrato, anche certe teorie misogine sono diventate talvolta delle vere e proprie forme di violenza esercitate sulle donne e sui loro corpi, talvolta con la copertura ideologica di una sorta di autorizzazione proveniente dalla stessa Bibbia (cf. p. 24). Eppure, suggerisce Milano, nel ripercorrere a occhi aperti le piuÁ rilevanti pubblicazioni delle teologhe femministe di vario indirizzo religioso, pur accettando le critiche fondate bisogna comunque aguzzare lo sguardo sempre un po' oltre, in vista di quella grande «rivoluzione piuÁ lunga» che ridondi effettivamente a vantaggio delle donne (un'espressione di J. Mitchell, ripresa a p. 376) e non sia un mero rivendicazionismo di moda. Per esempio tenendo conto che, dal punto di vista degli odierni lettori, il problema antropologico non eÁ forse piuÁ ne quello della subordinazione femminile, ne della misoginia, ne quello dei pretesi diritti di eventuali altri generi, bensõÁ quello «piuÁ urgente e drammatico... [eÁ] la stessa disumanizzazione dell'essere umano in quanto tale» (p. 375). Soprattutto tenendo conto del fatto, come si accennava, nel sondare da capo il punto di vista dei sacri Testi, che «dinanzi ai segreti della parola di Dio, racchiusi e messi a nostra disposizione in parole umane in quello scrigno chiamato Bibbia, bisogna fare in modo che non sia piuÁ un ostacolo, bensõÁ una risorsa, l'essere... ``donna e uomo''» (pp. 51-52). Il che, oltre a suggerire il superamento di certi inviti al silenzio una volta imposti alle donne nella societaÁ e nella chiesa, e ora agli uomini Ð anch'essi da ritenere in grado, come le donne, di pensare pur qualcosa (cf. p. 29) Ð, implica, da un lato, di non omettere mai il confronto serrato con le conclusioni dell'esegesi femminista, per®no di non evitare per partito preso certe letture «al femminile» dei sacri testi, ma di correlare comunque la lettera al senso e le parti al tutto, nonche il tutto al contesto ed alle nuove domande del lettore contemporaneo. Tutto il volume percioÁ cerca volentieri di «fare i conti o, meglio, di dialogare» (p. 11) anche con qualunque tipo di esegesi, anche quella femmi- 154 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI nista, col desiderio non celato che, tra i primi interlocutori della fatica consegnata nelle pagine, «ci siano, in primo luogo, le donne e, fra loro, le studiose femministe» (p. 11). In questo senso, ogni pagina aspira non a contrapporsi bensõÁ a dialogare entro un orizzonte universale nel quale si possa davvero parlare con tutti «ma in particolare con le femministe», anche se poi le congratulazioni vengono esplicitate dall'Autore soltanto all'indirizzo di qualche «teologa d'alto livello» (p. 90) Ð alla quale viene riconosciuto il merito di scrivere con sensibilitaÁ davvero tutta femminile e competenza scienti®ca Ð, oppure di qualche esegeta de®nito, rispetto ai numerosi altri inventariati, uno «specialista rigoroso e responsabile» (p. 326). D'altra parte, se il femminismo, tra i suoi non pochi e piccoli meriti, vanta quello di aver contribuito a far «prendere coscienza che la Bibbia, a quanto pare, eÁ stata scritta in massima parte da uomini e ne reca anche le tracce piuÁ o meno vistose» (37) Ð anche se per esempio «non eÁ mancato chi ha attribuito il Cantico, dall'inizio alla ®ne, a un autore donna»: cf. p. 106 Ð, tuttavia non eÁ vietato ritornare sempre di nuovo, con altre domande e con altri metodi, sui sacri testi per interrogarli nuovamente circa l'eros, l'amore e la donna e, di conseguenza, circa l'uomo e la persona, peroÁ sempre premuniti di una specie di «terapia del sospetto» nei confronti della Scrittura, anzi «mettendo all'ordine del giorno il problema di un suo eventuale androcentrismo» (p. 37). Insieme, tuttavia, non bisogneraÁ mai chiudersi nel recinto esclusivo di una prospettiva di «lettura di genere», evitando di cadere, come accade a qualche teologa radicale, nella trappola di porre un'enfasi eccessiva sulla soggettivitaÁ del lettore ®no a rovesciare semplicemente i ruoli di hegeliana memoria «tra sudditi e tiranni, servi e padroni», nel nostro speci®co caso optando, per esempio, per «la sostituzione di un mito, quello del patriarcato, con un altro mito parimenti confuso e minaccioso, quello del matriarcato» (p. 35). Ecco perche questo lavoro di Milano ribadisce piuÁ volte qua e laÁ che, pur prendendo molto sul serio il pensiero femminile e pur parlando elettivamente alle donne, esso «ambisce rivolgersi a tutti, senza preclusioni di sorta» (p. 11). Viene insomma esercitato un confronto consapevole dei rischi che si corrono non soltanto sul piano teorico, ma anche nella prassi, dal momento che «l'analisi teorica femminista, trasposta in antagonismo pratico, ritiene ormai superata la stessa categoria della ``differenza'' sessuale, a vantaggio di quella di ``genere'' (gender), a prima vista piuÁ innocua, ma nei fatti piuÁ rischiosa, quando non micidiale» (p. 18), sia per i suoi riverberi antropologici che per i problemi che pone dal punto di vista dell'etica sociale e della teoria politica. CosõÁ, risultano ben vagliati da Milano tutti i temi dell'androcentrismo della cultura patriarcale, del sessismo rinforzato talvolta mediante rinvii religiosi al testo sacro, insomma le varie problematiche discusse e proposte dall'ala radicale e dell'ala moderata della teologia riformata e cattolica prodotta da donne e femministe, andate a con¯uire nei cosiddetti «studi femministi», «studi sulle donne», «studi femminili», «studi di genere» e cosõÁ via (cf. p. 14; notevole e ricca bibliogra®camente la n. 5 di p. 10, dedicata appunto all'interpretazione femminista della Bibbia e alla teologia femminista in generale: sono numerosissime queste preziose note bibliogra®che che offrono le coordinate per successivi approfondimenti). Milano ne aveva giaÁ discusso nel 1992 pubblicando un saggio AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 155 sulla misoginia nella Bibbia, ma ora, quasi per saldare un debito contratto con se stesso (p. 8), vi ritorna con nuovi e piuÁ ampi approfondimenti, frutti di un aperto e serrato scavo nelle stesse pagine del testo sacro, tutte tradotte di nuovo sui testi originali, quasi per dimostrare in maniera documentata e ®lologicamente aggiornata al lettore «che, come pure hanno convenuto alcune femministe disponibili e comprendere meglio di qualsiasi rozzo e ottuso maschilista, il disprezzo, l'assoggettamento della donna non eÁ inestricabilmente connesso con la rivelazione biblica, e il linguaggio del testo sacro non eÁ sempre tenacemente androcentrico» (pp. 77-78). Ne viene fuori, cosõÁ, un saggio nel saggio, pubblicato «se non per neutralizzare, almeno per riequilibrare il cahier de doleÂances approntato da alcune femministe contro la Bibbia o contro alcune sue debolezze» (p. 95). Come si ricorderaÁ, dopo gli esordi di ®ne XIX secolo promossi da Elizabeth Cady Stanton, «perche la questione dell'atteggiamento da prendersi da parte delle donne nei confronti della Bibbia si rimettesse con forza all'ordine del giorno, si sono dovuti attendere gli anni Sessanta del secolo scorso» (p. 24) per una ripresa di questo ®lone biblico-teologico. EÁ dunque un debito di gratitudine che la storia della teologia e del cristianesimo ha contratto oggi con tutti gli apporti che sono seguiti nel medesimo ®lone e che il volume di Milano di volta in volta segnala, facendone comunque tesoro al di laÁ delle pur presenti distorsioni teologiche a cui talvolta certe bibliste e teologhe hanno sottoposto qui e laÁ i sacri testi. In ogni caso, l'Autore ricorda che non si puoÁ entrare acriticamente nel tunnel di una «interpretazione deformante di un'ermeneutica riduttiva» (p. 155) che senz'appello ®nisce per condannare per®no tutto il Nuovo Testamento ed i suoi esegeti, i quali da due millenni lo andrebbero interpretando al solo ®ne di trovare dei puntelli teorici per legittimare «la subordinazione o quantomeno la marginalitaÁ delle donne» (p. 155), ora appro®ttando, ad esempio, del simbolo della paternitaÁ di Dio a tutto danno della maternitaÁ di lui, ora invece enfatizzando una certa ri¯essione teologica su Maria che ne risulta esaltata all'eccesso ®no a con®gurarsi come una dea piuttosto che una donna ed una madre, dunque un «ideale impossibile da raggiungere per le donne in carne e ossa» e, ancor peggio, come «un ostacolo alle loro rivendicazioni egualitarie, in particolare all'interno della Chiesa» (p. 182). Per non dire poi, come ben ricorda una certa ermeneutica di genere, di certi esiti misogini di una tradizionale lettura allegorico-spirituale del Cantico dei cantici e soprattutto del corpus paulinum e per®no di quel campionario femminile di Apocalisse, che appare non troppo esaltante dal punto di vista del femminismo (cf. p. 245). Pur essendo ormai trascorsi quasi vent'anni dalle baldanzose e perentorie lamentele di Mary Daly circa il preteso vero e proprio antifemminismo di alcuni «vergognosi» brani del primo e del secondo Testamento, oppure circa la misoginia strutturale dei Padri della chiesa e di quel peculiare ®lone misantropo e misogino che attraversa i testi dei medievali e per®no quelli del riformatore Lutero (cf. p. 367), non ancora cessano le accuse ai criticati processi di occultamento della donna e del femminile nella vita della societaÁ e della chiesa, peraltro in linea con quei primi cristiani i quali avrebbero consapevolmente deciso di favorire «l'adattamento politico alle strutture greco-romane di dominio, che aprõÁ le porte alla cooptazione imperiale romana dell'evangelo» (p. 142), segnando di fatto la ®ne della carica rivoluzionaria 156 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI dell'evangelo stesso e dunque enervando la prospettiva cristiana. Certo, nessuno puoÁ negare, anche il volume di Milano, un «tenace svilimento a cui, nei fatti, eÁ stata largamente e continuamente costretta la donna nel giudaismo, cosõÁ come, in generale, nel mondo antico» (p. 117). Analogamente, nessuno potrebbe non registrare il parziale successo del femminismo e del suo pensiero nello sradicare, spesso con forza e vigore, dalle comunitaÁ cristiane la mala pianta della misoginia (cf. p. 370). Solo che questo pur encomiabile successo della prospettiva di genere rischierebbe oggi di essere rimandato o, peggio ancora, vani®cato «se non ci si ascolteraÁ e ci si aiuteraÁ responsabilmente tutti, donne e uomini, in un dialogo che ®n dal principio rinunci alla ``violenza ermeneutica'' e si faccia disponibile all'ascolto di quella sapienza racchiusa nel testo biblico e, in particolare, nel vangelo di Cristo» (p. 370). Ecco perche le pagine di questo volume evitano quella violenza ermeneutica e vanno alla ricerca di un'altra carica rivoluzionaria in tema di donna, di corpo, di eros ed amore. Questa carica, soprattutto rispetto al mondo antico, eÁ rappresentata davvero dall'evangelo di Cristo e di Paolo, insegna Milano. Soltanto un metodo esegetico che non si ponga esclusivamente l'obiettivo di smascherare eventuali costruzioni ideologiche anti-femminili condensatesi nel testo sacro e nella sua teologia di supporto eÁ in grado di dar luogo a nuovi sguardi. Non si tratta, certo, di condurre un'operazione in nome di un revisionismo esegetico dei pretesi testi misogini del libro sacro, bensõÁ di muoversi alla luce di un criterio di rilettura piuÁ cristocentrico di questa Parola divina umanamente scritta che eÁ la Bibbia; un criterio mosso dalla «tensione a un'esegesi svolta sine ira et studio, con un metodo di ricerca per quanto possibile spassionato e rigoroso» (p. 143). Non solo sondaggi Qui e laÁ, come si eÁ detto, l'Autore parla del suo libro come insieme di sondaggi non esaustivi, di esplorazioni senza pretese di completezza, per®no di piccoli contributi. Ma se, com'egli stesso piuÁ volte ricorda, la Scrittura cresce con i suoi lettori, dopo la lettura di questo volume, per quanto dichiarato «modesto» (p. 371), il lettore dovraÁ onestamente registrare un oggettivo e sostanzioso contributo offerto alla crescita della comprensione cristiana dei libri sacri. In particolare, colpisce l'originale riscoperta di un fecondo ®lone personologico nella stessa Bibbia, prim'ancora della piuÁ tardiva elaborazione della teologia della persona in chiave trinitaria e cristologica. Anche in contesti nei quali a prima vista non ci si aspetterebbe di trovare tanta ricchezza antropologica e linguistica, emerge invece una visione del mondo provocatoria e fascinosa circa la persona umana di genere femminile e di genere maschile, circa il valore della carnalitaÁ e del corpo sessuato, circa la relazionalitaÁ strutturale di cui sono dotati dal Creatore e salvati dal Redentore tutti gli esseri umani, con non pochi riverberi sui piani esistenziale, spirituale e morale. I due casi piuÁ evidenti e meglio riusciti del volume sono senza dubbio quelli relativi alla linea personologica rintracciata giaÁ nei sacri Testi ed alla grande carica semantica condensata nel termine agaÂpe, uno dei termini che funge da sottotitolo del volume, purtroppo non ancora del tutto presente nell'attuale gergo cristiano dell'amore. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 157 Senza l'«ossessione di un impiego servile del metodo storico-critico, valorizzandolo anzi senza spregiarlo nella sua pur preziosa ef®cacia» (p. 107), l'Autore, che non disdegna di segnalare di volta in volta le sue preferenze lessicali e ®lologiche ed esporre i suoi pareri motivati con ampi rinvii bibliogra®ci, dichiara che «la Bibbia resiste a qualsiasi sommario ``riduzionismo'': eÁ un universo in cui sembra ri¯ettersi l'intero mondo umano, un'immensa, intricatissima selva che respinge qualsiasi pretesa di esegesi a poco prezzo» (pp. 45-46). Inoltre, essa appare non soltanto il Libro da studiare, come si deve, nel suo contesto, nei suoi testi e nei suoi livelli semantici (Milano rammenta che esso va ripercorso senza timore di «raccogliere sotto il segno dell'analogia i pur diversi ambiti del metaforico, del simbolico e dell'allegorico», p. 111), ma si mostra anche come una Parola ispirata che intende dunque continuare a parlare, anzi a provocare il lettore verso una prospettiva radicalmente rinnovata. Quella stessa Parola che, nel «tredicesimo apostolo» Paolo, a partire dall'esperienza di Damasco, provocoÁ una grande rielaborazione culturale cristiana ®no a quel momento impensabile in un fariseo osservante il quale, peraltro, non aveva potuto storicamente conoscere il Nazareno pur essendogli toccato in sorte di farne comunque un'esperienza singolarissima e di perseguitarne alcuni seguaci. SõÁ, «il discorso della Bibbia continua, percioÁ, a trasmettere qualcosa di signi®cativo e di perennemente valido» (p. 49) nel suo nuovo lettore percheÂ, prim'ancora dei libri scritti, Parola di Dio eÁ quel «GesuÁ di Nazaret, che quella scrittura non solo l'ha impiegata per spiegare e accreditare se e la sua missione facendone l'esegesi (Lc 24, 27), ma ne eÁ stato anzi come l'``ermeneutica'' fatta persona» (p. 49). Tra l'altro, a chi raccoglie la provocazione di Milano a continuare la lettura del Libro, eÁ data la sorpresa di intravedere mirabilmente cose antiche e cose nuove. Per esempio, per®no nelle maglie dell'ambito letterale di Gn 2 e 3, gli si manifesteraÁ se non proprio la «persuasione della paritaÁ assoluta dei sessi», almeno «un germe di personalismo e, pertanto, di femminismo» (p. 66). Difatti, la serrata analisi ®lologica ed ermeneutica dei racconti di creazione, condotta su questo patrimonio comune all'ebraismo e al cristianesimo, permette via via il pro®larsi dei «contorni di un'antropologia e, dunque, una de®nizione dell'umanitaÁ costituita da persone, e creata da colui che lungo tutta la Bibbia si autopresenta come ``Io'', cioeÁ» in de®nitiva «come persona, il quale dice anzi di se che eÁ l'``Io sono'' per eccellenza e, pertanto, eÁ l'essere supremamente personale (Es 3,14)» (p. 70). In quest'antropologia originale e originaria la coppia di donna e uomo si quali®ca e si presenta, come eÁ, il massimo della comunione interpersonale in quanto simbolo della stessa situazione dialogale instauratasi tra Dio e l'umanitaÁ (cf. p. 70). In tal modo lo stesso racconto della donna originaria e della sua condizione, invece di rappresentare, com'eÁ stato scritto, la premessa di una lunga catena di subordinazione della donna all'uomo acuitasi dopo la disubbidienza al Creatore, fa sõÁ che «paradossalmente, proprio il simbolo femminile di Eva presentato dalla Genesi contesta la tesi dell'intrinseca irrecuperabilitaÁ della Bibbia a un discorso de dignitate mulieris» (p. 71). Analoghe sorprese presenteraÁ a chi avraÁ la pazienza di rifare il percorso con Milano, il Cantico dei cantici, «piccolo, ma stupefacente canto di esaltazione dell'eros allo stato puro» (p. 93), «umile e alto libriccino sull'eros e sulla donna» 158 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI (p. 106), quasi «uno dei piuÁ profani tra i libri biblici» (p. 99). Sottoposto dall'Autore a un'accurata, seppur sintetica, «esplorazione nel quadro della problematica della donna e dell'amore» (p. 95), questo Cantico, oltre a mostrare Dio come «il grande protagonista segreto di tutta la vicenda d'amore» (p. 99) tra i due generi, squaderna il suo peculiare legame d'oro con la Genesi attraverso i libri profetici. Anzi, mentre sottolinea la smisurata capacitaÁ e potenza di amare propria della donna piuttosto che dell'uomo, ®nisce per esibire anch'esso quel ®lone personologico di cui si diceva, ovvero quel «personalismo, in particolare quello al femminile», che «puoÁ ben trovare nel Cantico dei cantici il suo incunabolo teologico oltre che poetico» (p. 103). Nel medesimo libro sacro, inoltre, amare non eÁ tanto, come ci aspetterebbe a motivo degli in¯ussi dei testi coevi del vicino Oriente antico, un processo gerarchico che puri®ca le forme pretese inferiori nelle forme superiori. Mentre il mondo ®loso®co greco aveva teorizzato la gerarchia dell'eros in un certo modo e continuava ancora a teorizzarlo parallelamente al formarsi del canone biblico e del primo pensiero cristiano, il libro biblico presenta piuttosto la tastiera dell'amore come una complessitaÁ articolata in cui sia l'amore sessualmente connotato tra uomo e donna, sia l'amore che eÁ pura dedizione, dilezione e caritaÁ «sono forme qualitativamente differenti, destinate, peroÁ... a compenetrarsi, anche se non si scambiano ne si confondono mai» (p. 104). Questa nuova e inaudita modalitaÁ di parlare dell'amore umano ridonda anche sui due sessi e, in particolare, sulla donna, di modo che «sempre dal Cantico, ma non solo dal Cantico, si scopre quale incomparabile riconoscimento di grandezza riceva la persona della donna, la cui soggettivitaÁ si ammanta della gloria del suo primato nell'amore come potenza della vita altrettanto vittoriosa come l'inesorabile potenza della morte» (p.113). Ma, come si diceva, eÁ soprattutto nella nozione di agaÂpe che prende corpo e consistenza originale l'idea di persona ritrovata da Milano ®n nella Bibbia e non soltanto nei successivi dibattiti teologici, giaÁ illustrati nei suoi poderosi saggi storici precedenti 4. Un'idea questa, precisa Milano, che «non viene, dunque, in®lata dall'esterno, a capriccio, dentro i versetti della Bibbia» (p. 353), che anzi la si vede spuntare ®n dalle prime righe dei sacri Testi, per prendere corpo qualche secolo dopo in GesuÁ Cristo e, in lui e mediante lui, nelle tre persone trinitarie. In qualche modo, anzi, la ri¯essione cristiana successiva, nel prendere atto di tutto cioÁ che giaÁ i testi sacri insinuavano, non avrebbe potuto far altro che con®gurare in termini personali la propria fede creduta in GesuÁ Cristo e nella TrinitaÁ. In questo senso, si legge che «l'esplicita tematizzazione del problema della persona i cristiani l'hanno dovuta intraprendere a causa delle insorgenti domande intorno all'identitaÁ del loro Dio, intorno cioeÁ alla caratteristica problematica sollevata dal loro inedito monoteismo esplosa per le dispute trinitarie prima e cristologiche poi» (p. 354). Anzi, soltanto cogliendo la portata effettiva 4 A. MILANO, Persona in teologia. Alle origini del signi®cato di persona nel cristianesimo antico, nuova edizione con nuova Postfazione, Dehoniane, Roma 1996; Persona e personalismi, a cura di Antonio Pavan e Andrea Milano, Dehoniane, Roma 1987; cfr. anche il suo contributo in La persona plurale. Filoso®a pedagogia teologia in dialogo, a cura di Carla Roverselli, Aracne, Roma 2002; Il paradosso persona, in Dire persona, oggi [= «Hermeneutica», n. s.], Morcelliana, Brescia 2006, pp. 89-115. AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 159 di questa nozione giaÁ all'interno dei libri biblici si potraÁ sperare quella corale conversione «non solo intellettuale», esercitata sui piani della teoria e della prassi circa le donne, «per passare insieme da una prospettiva androcentrica a una prospettiva femminista o, meglio, come preferiamo dire noi, personalista, e cioÁ per consentire l'ingresso nel circolo dei virtuosi a donne e anche a uomini di buona volontaÁ» (p. 45). In questa luce, l'investigazione diligente nei libri biblici del primo Testamento consente d'incrociare nuovamente il signi®cato di quel peculiare «una sola carne» di Gen 2,24, che si mostra davvero come una «formula tenera e forte, che de®nisce l'unitaÁ che si compie tra la donna e l'uomo nel vincolo dell'eros» (p. 65: questa eÁ una pagina chiave all'interno del cap. 3, pp. 5378, tutto dedicato appunto al senso della creazione operata «a immagine e somiglianza di Dio»). Formula che consente di rileggere e gustare nei primi due capitoli del Genesi quei peculiari «contorni di un'antropologia e, dunque, una de®nizione dell'umanitaÁ costituita da persone» (p. 70). Formula che permette altresõÁ di rimeditare i profeti Osea, Geremia, Ezechiele e Deutero-Isaia, i quali «collegano l'idea dell'alleanza con quella del matrimonio» (p. 82; cf. cap. 4, pp. 79-91), senza evitare il simbolismo dell'eros il cui culmine eÁ proprio l'amore coniugale. Gli stessi protagonisti sublimi del Cantico (cf. cap. 5, pp. 93-115), afferrati dall'amore in tutti i loro sensi esterni, nelle emozioni e nei gesti dell'eros e dell'io desiderante, ri-appaiono cosõÁ in una luce cristocentrica, la quale non svilisce e non esautora l'eros ma lo ri-avvolge nello sfolgorio dell'agaÁpe. «D'accordo», annota Milano, «diverso eÁ l'eros, l'amore tra uomo e donna, sessualmente caratterizzato, rispetto all'agaÁpe, l'amore che eÁ dilezione e caritaÁ. In un'ottica neotestamentaria, l'eros e l'agaÁpe sono forme d'amore qualitativamente differenti» (p. 104). Detto altrimenti, le forme cristiane dell'amore risultano senza dubbio aliene da quel tipo di erotico che esclude formalmente il nuziale quale si puoÁ per esempio trovare nell'«eros omosessuale, oltre a quello delle estreme patologie della perversione» (p. 110). Tuttavia, quel linguaggio ispirato dell'eros, che soltanto Teodoro di Mopsuestia non temeva di segnalare come possibile linguaggio per parlare per®no dell'Altissimo (anche Lui «vuole parlare con tanto realismo il fresco e insieme rovente linguaggio degli innamorati»: p. 105), ribadisce al lettore di oggi «quale nobilitazione riceva l'eros umano negli stessi testi sacri degli ebrei e dei cristiani, dove si presenta il loro Dio creatore e salvatore» (p. 113). In questa linea ha operato l'ebreo GesuÁ, che i testi del nuovo Testamento propongono come uno che mostra di aver autorevolezza sulla stessa ToraÁh, che egli tratta appunto come se fosse «nella sua disponibilitaÁ». Studiato da capo Ð sempre nell'ottica del circolo ermeneutico, cioeÁ «della narrazione globale della sua storia, dentro l'insieme del suo ``evangelo''» (p. 144) Ð GesuÁ conduce un'interpretazione della relazione femminile-maschile non tanto confrontando l'andamento delle cose del mondo con la creazione originaria quanto facendo discendere, dal regno di Dio giaÁ presente e operante nelle sue parole e nei suoi gesti intimamente connessi, delle rigorose e universali conseguenze sulla relazione tra donna ed uomo. Nel Nazareno, infatti, stando ai testi sacri, ogni «radicalizzazione della norma si associa... a una concreta tolleranza nei confronti dell'effettuale infrazione» (p. 135); mentre «d'un colpo, mette in crisi il sistema legale 160 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI giudaico del puro e dell'impuro» (p. 151), per esempio facendosi accompagnare da donne che si pongono alla sua sequela e nel suo discepolato e, dunque, sono in qualche modo riconosciute come idonee ad insegnare ed educare. Insieme, peroÁ, egli sentirebbe assai stretta la presunzione che pretendesse di ridurre il suo evangelo a una semplice azione di abbattimento, in prospettiva femminista antelitteram, di un regime socio-culturale, quello del patriarcato. Nella medesima scia, quella certa ambivalenza del femminile e del maschile presente nell'Apocalisse (cf. cap. 10, pp. 235-252), mette il lettore, alla ®ne della Bibbia, di fronte ad «una folgorante esaltazione della femminilitaÁ» (p. 240). Ma eÁ soprattutto il bel capitolo dedicato a Paolo che mette in crisi, come giaÁ si accennava, il preteso nefasto in¯usso da lui esercitato sulla subordinazione della donna, su cui si sono scatenate del resto le accuse piuÁ severe del pensiero femminista nella sua forma radicale e nelle sue molteplici forme piuÁ moderate (cf. p. 23, n. 16, con la giusti®cazione di queste etichette storico-teologiche). L'ipotesi di ricerca di Milano si fa ormai chiarissima: potrebbe, per®no nel caso di Paolo, essere stata ancora una volta «l'assolutizzazione di questo o quel versetto, sottratto alla veri®ca o al controllo critico del circolo ermeneutico di una corretta interpretazione, ad aver giocato il brutto tiro di far passare Paolo per un bieco sostenitore del privilegio del maschio»? (p. 189). Sia le lettere considerate autentiche, sia le altre in qualche modo riferibili all'Apostolo, presentano, infatti, non pochi passaggi delicati che piuÁ di una volta nella storia della recezione hanno alimentato nei lettori il vago sospetto di «un orizzonte rozzamente misogino» (p. 191). Quest'Apostolo dell'ultim'ora, nei suoi scritti non ha certamente la pretesa di mettersi alla pari con GesuÁ, il Risorto che gli si eÁ rivelato nell'esperienza di Damasco, ma comunque si trova spesso ad affrontare questioni pratiche, non ancora presenti al Maestro, soprattutto quelle relative all'esercizio dell'eros e della sessualitaÁ dentro e fuori la coppia stabile, senza poter ancora disporre di salvacondotti o di codici di comportamento consolidati come giaÁ congruentemente cristiani, ovvero in linea con quanto de®nito dal Maestro. Si ricorderaÁ in merito, con Milano, che ai tempi di Paolo il lessico dell'eros risulta bandito e aborrito «prima che da tutti i testi canonici del NT, giaÁ dalla traduzione greca della Bibbia ebraica» (p. 196). Eppure, a ben guardare, la peculiare utilizzazione del lessico del corpo negli scritti paolini e paolinici, nonche la conoscenza che essi, all'analisi ®lologica ed ermeneutica, mostrano delle teorizzazioni, anche ®loso®che oltre che pratiche, di certi comportamenti erotico-sessuali immorali, squadernano ben presto come un nuovo scenario. Soprattutto fanno emergere quel vero e proprio «manifesto della liberazione evangelica» (p. 207), come lo denomina Milano, che eÁ Gal 3,28, il quale educa in una direzione inusuale i propri lettori. Difatti, non c'eÁ piuÁ «maschio e femmina» (nel testo greco, nota opportunamente l'Autore, si legge un kaõÂ, non un oudeÁ: p. 208) puoÁ diventare quasi lo slogan per sintetizzare il volume di Milano, ma soprattutto per disegnare «quell'unitaÁ nella reciprocitaÁ differente del maschile e del femminile non abolita, ma trasformata», p. 210). Ma se cosõÁ stanno le cose, «se per la ToraÁh la normativitaÁ radicale era stabilita dal teologico», davvero «per l'evangelo essa viene ristabilita dal cristologico» (p. 214). In Cristo si origina, pertanto, tutto un nuovo modo di essere e di vivere, quali®cato dal reciproco servizio, ovvero AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 161 dalla reciproca sottomissione di maschi e di femmine: «lo richiede l'amore nuovo introdotto da Cristo; l'agaÂpe che eÁ dilezione e caritaÁ» (225). EÁ proprio questa nozione di agaÂpe Ð che Milano invita a riscoprire anche nel gergo cristiano contemporaneo Ð, come si vede nell'ampia ricapitolazione ragionata (cf. il lunghissimo ed articolato cap. 11, pp. 253-365), che ci fa de®nitivamente render conto della radicale novitaÁ apportata dall'evangelo di Cristo, che eÁ rigorosamente anche quello di Paolo. Nell'insinuare una nozione di agaÂpe che non umilia, ne respinge o nega l'eros (termine non biblico, anzi consapevolmente escluso, come si eÁ detto, quasi del tutto dalla Bibbia ebraica), il nuovo linguaggio cristiano libera e plasma l'umanissimo eros «per la libertaÁ dell'agaÁpe» (p. 253). Il confronto con la lingua e con la cultura dei greci permette anzitutto di veri®care che i primi cristiani, pur intendendo parlare dell'amore in tutte le sue forme, lo vogliono fare «in modo del tutto diverso, anzi opposto a quello vissuto e compreso dal paganesimo della grecitaÁ classica e di quella ellenistica» (p. 256), ovvero senza le mediazioni ne i compromessi con le «pratiche pagane dell'eros, quelle comuni della vita quotidiana e quelle esoteriche dei misteri», soprattutto senza cedere alle «interpretazioni pagane dell'eros, quelle popolari della mitologia e quelle raf®nate delle ®loso®e, particolarmente dell'epicureismo, ma pure del platonismo» (259). Il libro di Milano mostra bene, tra l'altro, attraverso il «confronto fra la concezione biblica e quella pagana dell'amore» (p. 260), come la novitas christiana dell'agaÁpe, assai vivace nei testi di Paolo, sia aperta alla persona piuttosto che soltanto alla conoscenza (gnosi) o, al massimo, all'individuo, come avveniva nel pensiero greco non cristiano, ancora carente della nozione di persona nel senso cristiano. AgaÂpe eÁ insomma nozione che si staglia netta nella sua differenza liberante tanto da poter concludere, in parziale dissonanza con il monumentale studio di A. Nygren, ripercorso e criticato nei suoi snodi essenziali da Milano, che «tra l'eros pagano e l'agaÁpe cristiana non c'eÁ nulla in comune» (p. 264). Ma tutto questo signi®ca pure che un certo in¯usso esercitato dalla teorica del «beato» Platone sui Padri e della Chiesa «ha prodotto, si noti bene, sul piano culturale una nobile ``ellenizzazione'' piuttosto che una radicale compiuta ``cristianizzazione'' dell'eros cosõÁ com'era pensato, in particolare, dalla ®loso®a greca, con la quale il cristianesimo eÁ stato costretto ben presto a entrare in contatto» (p. 263). Il pur notevole apporto di Plotino e della sua henologia (cf. le belle pagine a lui dedicate: pp. 274-284), che talvolta sembra addirittura approssimarsi alla stessa direzione dell'agaÂpe come pensata dai cristiani, non oltrepassa mai il cosiddetto schema alessandrino del mondo, non essendo comunque in grado di aprirsi ad un salvatore che aiuti ad uscire dai guai in cui ci si eÁ da se stessi cacciati lungo le vie dell'eros. Il rischio di un abbraccio as®ssiante del pensiero cristiano con la pur nobile visione platonizzante si vede all'opera nel poliedrico Origene (cf. l'affresco a lui dedicato da Milano: pp. 284-313). Difatti, pur avendo egli per primo ritenuto «possibile far coincidere i signi®cati della terminologia dell'eros con quelli designati dalla terminologia dell'agaÂpe» (p. 285), non risulta indenne dal grande fraintendimento che, come giaÁ si eÁ notato a proposito del linguaggio del Cantico, ®niraÁ per esclusivizzarne il solo livello spirituale di lettura (eppure, per lo studio della Bibbia, egli stesso ne aveva teorizzato, come si eÁ detto, due: livello letterale e livello spirituale, a sua volta articolato in cristologico 162 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI e psicologico: cf. p. 297). In tal modo, eÁ nel testo di Origene che quell'amore secondo la carne, pur presente nel grande libro biblico del Cantico, ®niraÁ per essere considerato soltanto secondo il pur legittimo senso spirituale «perche altrimenti sarebbe indegno di Dio e insieme dannoso per le anime» (p. 299). In sintesi, il grande Alessandrino, che pure vanta non pochi meriti di confronto e di ripresa cristiana creativa di problematiche tipiche del platonismo, «non si sottrae al contagio dell'impostazione dualistica del platonismo insieme con il sospetto, per non dire con la svalutazione, che ne consegue e coinvolge l'universo della creazione» (p. 309), quindi anche della donna, dell'amore e dell'eros. In qualche modo eÁ, anzi, con Origene che si apre il grande iato cristiano rispetto alla grande idea neotestamentaria di agaÂpe, dal momento che dopo di lui l'agaÂpe non saraÁ piuÁ com'era, «e non saraÁ piuÁ cosõÁ in virtuÁ di quell'amalgama di platonismo e di esegesi biblica da lui prodotto e immesso nella circolazione dell'ecumene cristiana dell'oriente come dell'occidente» (p. 311). Conclusione: l'encomio paolino dell'agaÂpe Occorre oggi, invece, ritornare all'amore «biblicamente e cristianamente compreso, nelle sue diverse forme e, dunque, anche nell'eros», che «viene a comportare una relazione personale e, pertanto, il legame di ``io'' e di ``tu''» (p. 312). Insieme peroÁ, contrariamente ad A. Nygren, Milano continua a ricordare che «il NT, preso nella sua globalitaÁ cosõÁ come nelle sue singole testimonianze, eÁ un fatto troppo complesso e profondo per poter essere interamente stipato nella pur immensa, ma pur sempre unica, categoria dell'agaÂpe» (p. 321). In conclusione, eÁ l'encomio di 1Cor 13 (circa il quale Milano, sulla scia di R. Penna dal quale desume anche l'identi®cazione del genere letterario, scarta sia la tesi della natura interpolativa di 1Cor 12,31 - 13,13, sia quella della peculiaritaÁ autobiogra®ca del testo), il testo in grado di offrirci la possibilitaÁ di una conclusione solenne e di un'eccezionale sintesi ricapitolativa della fatica di Milano. L'agaÂpe alla luce del Nuovo Testamento mostra infatti in azione sia la concentrazione cristologica che l'espansione trinitaria della teologia paolina (cf. p. 337) e quindi manifesta la sua potente carica semantica, la quale risulta in grado di concentrare tutto l'ammaestramento sull'amore giaÁ concentrato nell'AT e radicalizzato nel NT (cf. p. 344). La stessa veneranda nozione di persona, alla sua luce, si carica di nuove risonanze, anche nella prospettiva della relazione di coppia. Anzi, la relazionalitaÁ strutturale evocata dall'agaÂpe, oltre a consentire al cristianesimo di pensare le tre Persone dell'Unico Dio e di pensare l'unica Persona in Cristo, potrebbe, anzi dovrebbe secondo Milano, diventare una modalitaÁ costitutiva di pensare la stessa persona umana (p. 357): «La singolaritaÁ irriducibile dell'uomo come persona non puoÁ, infatti, circoscriversi e rinserrarsi nella solitudine dell'io, in una soggettivitaÁ autosuf®ciente o, peggio, tirannica, e non puoÁ neppure aprirsi ed espandersi limitandosi alla sola dialogicitaÁ dell'io-tu, ma deve necessariamente giungere alla coralitaÁ e alla comunione del noi» (p. 361). Napoli, FacoltaÁ Teologica, Sez. S. Tommaso d'Aquino PASQUALE GIUSTINIANI AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 163 5. Donna e amore nella bibbia: dialogo col femminismo Il volume di Andrea Milano esige da parte mia un triplice ringraziamento. Innanzitutto per l'attenzione al problema donna; in secondo luogo per il dialogo aperto con la teologia femminista; in terzo luogo per le citazioni esplicite di miei interventi, per altro con una acribia che mi ha spiazzata. Non eÁ usuale che un teologo presti attenzione alla questione femminile, ne tanto meno che citi le colleghe, anche quando si sono prodotte in temi e ricerche af®ni. Di recente ho lamentato che un volume pregevole sul tema della corporeitaÁ sorvolasse agilmente non solo sul nesso donna-corporeitaÁ, ma sull'apporto speci®co che le donne nella decade ultima del secolo XX hanno dedicato alla questione. Dunque, singolare la scelta del tema, e ancor piuÁ singolare, commovente quasi, la mappa a tutto campo della dialogia con il femminismo d'ogni segno, preso sempre sul serio, direi simpateticamente. In questa mappa che spazia dalle italiane alle tedesche, inglesi, francesi, statunitensi, mi ritrovo anch'io e ovviamente ringrazio perche la lettura di questo testo ha riproposto me a me stessa. A volte, infatti, le affermazioni sgorgano ovvie, ma solo nell'eco che suscitano se ne coglie una ulterioritaÁ di senso. Insomma, non soliloqui sterili, quelli delle donne, ma provocazioni che in Andrea Milano trovano un attento e compartecipe interlocutore. Quanto al volume di certo intende rispondere e in parte risanare l'anomalia che nella cultura cristiana ha veicolato la misoginia Ð tema questo su cui lo stesso Andrea Milano ha curato una preziosa raccolta di saggi Ð. E, soprattutto, intende mostrarne l'incongruenza, rispetto al messaggio biblico. In particolare il ®lo rosso del volume eÁ dato dal desiderio di oltrepassare la indubitabile espulsione dell'eros nella tradizione cristiana che gli ha preferito il termine agape assumendolo come il solo autenticamente espressivo della relazionalitaÁ essere umano-Dio /Cristo-Chiesa. Per farlo Andrea Milano Ð che pone a premessa il versetto ben noto di Gal 3, 28 Ð si muove secondo uno sviluppo tematico che ha a suo fondamento l'affermazione relativa alla donna come persona. Dato purtroppo non ovvio in duemila anni di cristianesimo se ancora negli anni '30 Ð ma forse la domanda resta aperta ancor oggi Ð la rivista Esprit dedicava alla questione: «La donna eÁ anch'essa persona?» un suo fascicolo. In veritaÁ la questione implica la reciprocitaÁ vitale tra uomo e donna che, appunto, in quanto «persone» sono e rimangono i soggetti privilegiati delle diverse forme dell'amore donato e ricevuto (cf. p. 91). D'altra parte, giaÁ propedeuticamente, Andrea Milano vede il percorso intrapreso come «un appello per un impegno corale di uomini e di donne nel gareggiare e sostenersi nello sforzo di una sempre piuÁ intensa comprensione comune della Bibbia» (p. 12). DiraÁ nelle pagine conclusive: «Di laÁ della retorica dell'uguaglianza, a un'antropologia di una insopportabile subalternitaÁ o di una banale complementaritaÁ non potraÁ subentrare una vissuta antropologia della reciprocitaÁ nella differenza, se donne e uomini, insieme, non si confronteranno e arricchiranno anche di quel sapere della ``persona'' che emerge dall'intelligenza della Scrittura» (p. 371). 164 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Dunque eÁ la Scrittura la chiave di questo testo, il messaggio della Scrittura sulla donna. Una Scrittura, peroÁ, non vagliata solo dagli uomini, ma ®nalmente vagliata, letta e studiata, interpretata anche dalle donne. Innanzitutto, dunque, attenzione e ascolto del movimento femminista nel suo approccio al testo biblico, pur ritenuto espressione e veicolo di una cultura androcentrica e patriarcale. La stessa questione del collocare uomo e donna tra differenza e genere (cf. pp. 18 ss.) corrisponde a quella ricognizione che eÁ previa alla stessa interpretazione della Bibbia di fronte a cui si pongono diversamente il femminismo radicale e il femminismo moderato (cf. p. 23ss.). In ogni caso la novitaÁ eÁ quella di un'ermeneutica femminista che Ð e l'autore cita Maria Cristina Bartolomei Ð «riconosce la speci®citaÁ della soggettivitaÁ femminile, e non la vuole etero-normata dalla cultura androcentrica. Riconoscere la declinazione del soggetto, peroÁ, non signi®ca per cioÁ stesso affermare l'essenziale irrelatezza di uomini e donne... [ma eÁ piuttosto] affermazione di un diverso paradigma scienti®co...» (pp. 27 s.). I capitoli 1 e 2 del volume mettono, dunque, a tema: «Femminismo, Bibbia ed ermeneutica» e «Bibbia e liberazione della donna». I nodi sono relativi alla richiesta femminista di depatriarcalizzare il testo sacro Ð e in tutta contiguitaÁ di chiedersi se cioÁ sia possibile Ð e di aprirsi all'esegesi femminista come «ermeneutica della liberazione». Preso atto, ed eÁ irrinunciabile, che la Bibbia eÁ «storia della salvezza», Andrea Milano sottolinea come la critica femminista non sia sempre distruttiva (cf. p. 50), sino a chiedersi a cosa si ridurrebbe la Bibbia senza le donne (cf. p. 115). Questa domanda chiude l'analisi dei capitoli 3, 4, 5, dedicati nell'ordine al tema della immagine e somiglianza, all'alleanza e alla sua lettura «erotica», al Cantico dei Cantici come «contrappunto sublime» che, diciamo noi, supporta la lettura erotica dell'alleanza e avalla, come scrive Andrea Milano, l'analogia tra l'eros umano e l'eros divino. I capitoli 6 e 7 mettono a tema la donna nel giudaismo e la donna nella prospettiva del regno annunciato da GesuÁ di Nazaret; il 9 e 10 si sintonizzano sulla visione degli scritti paolini e sulle ambivalenze del femminile (e del maschile) nell'Apocalisse. Il capitolo 11 offre una «ricapitolazione» ragionata su eros, agape, persona e il 12 «fra i tempi» pone la questione dell'interazione di femminismo, storia e responsabilitaÁ. Lasciamo ad altri queste molteplici attenzioni per dirigerci sul capitolo 8 che tematizza Maria, la donna «benedetta tra le donne». Va detto che della lettura femminista di Maria, Andrea Milano eÁ ben consapevole. In essa, infatti, la donna Maria viene colta come l'eccezione che cementa la proiezione religiosa di una gerarchia sacerdotale e maschile. Le femministe hanno de®nito Maria un modello irraggiungibile e disperante. Andrea Milano punta invece a mostrare come la Maria dei vangeli sia anche altro. E ha buon gioco (felice polifonico polisemantico: cf. p. 163) puntando su Lc 1, 20.30, su quel rincorrersi di chaire... kechatoritomene...charin, dove risuona straripante il termine charis, grazia. Maria eÁ «oggetto» dell'amore smisurato di Dio ed eÁ «soggetto» che, corrispondendo a questa manifestazione di scon®nata benignitaÁ, si mostra capace di concedersi con prontezza generosa e ®ducia totale al disegno divino (cf. pp. 165s.). «La ``ricolmata di grazia'', alla proposta di farsi madre, risponde con la decisione di farsi AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 165 ``serva''» (p. 166). Il comportamento libero e responsabile di Maria la mostra donna in carne ed ossa che rende improponibile l'antica misoginia. «Se GesuÁ eÁ ``il ®glio di Maria'' e se Maria eÁ davvero ``la madre di GesuÁ'' questo vuol dire Ð egli afferma Ð che si rovescia senza ritorno il destino a cui Eva sembrava aver avviato le sue ®glie, sottraendo qualunque pretesto alla persuasione che, come l'antica madre, ogni donna sarebbe, per cosõÁ dire, per natura la rovina dell'uomo... la responsabile del dissidio tra l'uomo e Dio» (p. 167). Nell'orizzonte di una fede cristologicamente caratterizzata, la donna per eccellenza non eÁ piuÁ Eva, bensõÁ Maria. Ne con cioÁ siamo dinanzi a una «idea» o a un «mito»: la Maria dei vangeli cristiani esibisce una identitaÁ di donna viva e vibrante, consapevole di se e ri¯essiva, umile e autorevole, totalmente e incondizionatamente abbandonata a Dio. Andrea Milano nelle pagine seguenti mostra l'analogia d'intenti tra le confessioni cristologiche Ð Rm 1,3-4, ad esempio Ð e il dettato dei vangeli dell'infanzia: nell'uno e nell'altro caso siamo di fronte a una cristologia della preesistenza. Maria eÁ inclusa nell'assunzione di carnalitaÁ e temporalitaÁ. Senza di lei non c'eÁ il Verbo nella carne. E poiche la fede cristologica ha il suo sigillo nella risurrezione, eÁ questo stesso evento a divenirci chiave della Madre di GesuÁ, che resta tale, oltre i problemi pure aperti. Maria, insomma, come garanzia sia dell'umanitaÁ reale sia dell'unicitaÁ di GesuÁ (cf. p. 178). Caro salutis cardo. Da Maria, secondo Andrea Milano, comincia a modi®carsi la lettura della donna trasformando la maternitaÁ da destino a libera scelta di autodeterminazione. E, in effetti, il modello lucano fa di Maria il perfetto discepolo e insieme fa di lei, la donna del Magni®cat, colei che puoÁ attestare giaÁ in atto la realizzazione del regno di Dio. Conclude Andrea Milano: «Questa donna, questa madre, con buona pace di alcune femministe, non riunisce in se la piuÁ nobile, la piuÁ ``cristiana'', la piuÁ universale delle possibili identitaÁ femminili?» (p. 186). Maria insomma come paradigma di quella conversione dell'eros resa possibile dalla fede cristiana, la quale nell'agape lo tras®gura e non lo abbandona o disprezza. E se eÁ l'agape il luogo proprio del divenire persona, cioÁ per l'appunto non avviene nella dannazione dell'eros, ma come detto nella sua tras®gurazione. La domanda ®nale eÁ pur sempre la stessa: mistica della femminilitaÁ? C'eÁ nel lavoro di Andrea Milano, nella sua puntigliosa rimessa a fuoco dei molteplici temi della sua ricerca, un indubbio schierarsi e «arrendersi» dinanzi al mistero della donna. Ma alla ®ne esso non eÁ disgiunto dal mistero dell'uomo ed eÁ strettamente connesso al mistero di Dio. L'alleanza eÁ cifra dell'amore di Dio verso la creatura, ma proprio percioÁ eÁ radicata ed esemplata sulla domanda che uomini e donne reciprocamente indirizzano gli uni alle altre e viceversa, ben intuendo come il mistero di Dio Ð nella grazia salvi®ca del suo prender carne Ð alla ®ne non sia poi totalmente altro dal mistero dell'essere umano, dall'uomo-donna creati ad immagine. Certo resta la presa d'atto di un percorso distorto, assai diverso da quello che la Scrittura, primo e secondo testamento, ci ha proposto, pur nel suo linguaggio culturato; resta la delusione per le forme in cui l'uguaglianza originaria dell'immagine e della somiglianza eÁ stata recepita e tradotta nelle diverse situazioni storiche. CioÁ malgrado Ð mistica della femminilitaÁ? Ð 166 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI Andrea Milano ritiene ci sia del vero nell'accusa a tutta prima infamante che indica il cristianesimo come «religione di donnette». SõÁ perche le donne, a suo dire, sviluppano maggiormente il senso del concreto, dimostrano una superiore capacitaÁ di resistenza di fronte alle avversitaÁ, affrontano coraggiosamente situazioni anche estreme, aborriscono con piuÁ determinata repulsione la violenza, coltivano con piuÁ intrepida tenacia l'apertura al futuro... Tutto questo Ð egli si chiede Ð non rende la donna piuÁ immediatamente testimonium animae naturaliter christianae? E, aggiunge, eÁ forse mai venuto meno quel «potere della fede comunicativa» peculiare delle donne, giaÁ presente alle origini del cristianesimo? (cf. p. 369). E se resta aperta la stesura di un de mulieris dignitate, resta altresõÁ evidente che la «mala pianta della misoginia» (p. 370) non saraÁ ef®cacemente sradicata senza che ci si impegni responsabilmente tutti, uomini e donne, «in un dialogo che ®n da principio rinunci alla ``violenza ermeneutica'' e si faccia disponibile all'ascolto di quella sapienza racchiusa nel testo biblico e, in particolare, nel vangelo di Cristo» (p. 370). Roma, FacoltaÁ Teologica «Marianum» CETTINA MILITELLO 6. Sulla determinazione «personalistica» dell'amore agapico. Un confronto col cristianesimo antico EÁ un libro di grande impegno quello di Andrea Milano. L'affermazione dell'Autore (p. 254), che si tratti di un «saggio dal tema circoscritto» e la stessa scelta del titolo, che pur elenca nodi problematici di grande intensitaÁ: Donna e amore nella bibbia. Eros, agape, persona, non rendono giustizia alla complessitaÁ del discorso svolto, che, cronologicamente, arriva ®no alla patristica e al medioevo, e, metodologicamente, intreccia svariate competenze. Non si trova facilmente nei nostri studi chi abbia il coraggio e la capacitaÁ di muoversi fra Scrittura ebraica, Scrittura cristiana, teologia e storia, storia dei primi secoli cristiani e ®loso®a, con competenza, con abilitaÁ di sintesi, quest'ultima evidente nel caso del primo capitolo, dedicato al confronto con l'ermeneutica femminista, e, last but non least, con il desiderio di non lasciare nulla di implicito o di non dichiarato nel discorso, il che conduce Milano, per esempio, a precisare la sua posizione circa l'applicazione del metodo storico nei confronti dell'oggetto GesuÁ di Nazaret (p. 129). Eppure io capisco perche Andrea Milano abbia potuto parlare per la sua fatica di tema circoscritto: ha fatto questa affermazione che, ripeto, non rende giustizia al suo sforzo, perche dominante e urgente eÁ l'unitaÁ di senso che governa la sua impresa, la quale si potrebbe riassumere in una sola domanda: cosa caratterizza l'amore cristiano, cosa costituisce la sua novitaÁ e la sua irriducibilitaÁ a qualsiasi intuizione puramente umana, che sia ®loso®ca o sia umanamente consumata? A questa domanda il libro fornisce una risposta altrettanto unitaria: l'amore cristiano, cioeÁ del Dio della bibbia ebraica che si disvela nella ulteriore rivelazione di Cristo come trinitario, l'amore espresso con il termine agape sia nei AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 167 Settanta che nel NT, come Milano sottolinea, eÁ amore fondato sulla relazione personale. Detto sinteticamente: il rapporto d'amore fra persone all'interno del divino attiva il rapporto d'amore dei credenti interpersonale, intracomunitario e aperto all'esterno. EÁ l'amore cantato da Paolo in 1Cor 13, in primo luogo, nell'interpretazione accolta da Milano, «l'agape di Dio, di Cristo e dello Spirito nei confronti dei credenti» (p. 335), che, a sua volta, diventa ragione dell'amore degli uomini. Questa determinazione «personalistica» dell'amore agapico fa sõÁ che essa necessariamente si manifesti, per cosõÁ dire si incarni, nelle diverse relazioni d'amore, nelle diverse modalitaÁ dell'amare, proprie dell'umano: questo pensiero eÁ ben sintetizzato nel seguente titolo: «tra cielo e terra. L'agape come forma d'amore che salva e tras®gura l'eros e insieme tutte le altre forme d'amore», titolo dato da Andrea Milano al paragrafo fondamentale del capitolo che costituisce il nucleo decisivo del volume, cioeÁ: Ricapitolazione ragionata su eros, agape, persona. Fra le diverse forme d'amore umano c'eÁ appunto l'eros, l'amore tipico della coppia e che si esprime nell'unione sessuale (p. 349). In questa impostazione si manifesta la complessa intenzione di Andrea Milano, animata dal duplice scopo di chiari®cazione teologica e di preoccupazione pastorale, da intendersi nel senso migliore del termine, una preoccupazione pastorale cioeÁ desiderosa di dare compiuta ragione teorica della sua posizione, verso i lettori in generale e verso le lettrici in particolare. CioÁ gli consente di superare l'impostazione di Nygren. In precedenza infatti Milano aveva dedicato un paragrafo dello stesso capitolo alla discussione del fondamentale lavoro Nygren, che pure riconosce lealmente aver fornito lo spunto e l'intuizione iniziale per il suo volume: Nygren mette in reciproca contraddizione, senza possibilitaÁ di mediazione, l'eros greco, rappresentato al meglio da Platone, e l'agape del Dio cristiano, l'uno appetitivo, in cui l'altro, che sia l'amato umano o Dio, eÁ semplicemente oggetto del desiderio, e l'altro libero oblativo effusivo. In questo modo, conclude Milano, Nygren, contrapponendo come due mondi incomunicabili l'eros e l'agape, perde la connessione fra i due e quindi la potenza redentiva totale dell'agape nei confronti dell'eros. Altrimenti, si chiede Milano, perche mai un Osea, e poi un Paolo (Ef 5) avrebbero dovuto utilizzare la realtaÁ dell'eros umano come parabola dell'agape divina? (p. 322). Tale interrogativo permette, implicitamente, all'autore di riannodare le ®la di quello che era andato dicendo nei precedenti capitoli: soprattutto nel capitolo III (Com'era nel principio), nel capitolo IV (Sulla donna e l'eros nei profeti) e nel capitolo V sul Cantico dei cantici. Nel capitolo riguardante il racconto protologico di Genesi ci sono al centro l'uomo e la donna, ciascuno creato singolarmente come persona al maschile e al femminile e ciascuno in riferimento all'altro da seÂ, entrambi posti dinanzi a Dio come persone: e poiche sono entrambi a immagine e somiglianza di Dio, Dio ama in loro parimenti l'essere maschio del maschio e l'essere femmina della femmina. Fine eÁ a questo riguardo l'analisi di Milano che sottolinea come, nel racconto protologico, ciascuno, l'uomo e la donna, divenga quello che eÁ nel momento in cui si trova faccia a faccia con l'altro. Il culmine espressivo di questa posizione Milano lo raggiunge nella spiegazione del Cantico dei cantici: voglio a riguardo citare un breve passo. Dice Milano: 168 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI «Se il Cantico eÁ letto in profonditaÁ e all'interno degli altri scritti biblici, vi si intravede quale superesaltazione riceva il Dio d'Israele e dei cristiani, per esempio, nei profeti, dove si attesta che egli eÁ talmente divino di essere capace d'amare di amore ``erotico'', proprio in analogia con quell'amore che attrae e avvince la donna e l'uomo, nello stesso momento in cui vi si proclama che questo Dio agisce cosõÁ proprio in corrispondenza a se e alla sua trascendente, incommensurabile divinitaÁ. Sempre dal Cantico, ma non solo dal Cantico si apprende quale nobilitazione riceva l'eros umano negli stessi testi degli ebrei e dei cristiani, dove si presenta il Dio creatore e salvatore, che si automanifesta e si autodona in virtuÁ di una passione d'amore analoga a quella che stupisce e incanta la donna e l'uomo, mentre li spinge a diventare quello che sono, facendo di se stessi una sola carne» (p. 113). Proprio rileggendo queste parole, molto ben dette, mi permetto di esprimere l'invito ad Andrea Milano di un ulteriore esame e discussione su un punto speci®co. Egli insiste molto sull'esclusione del vocabolo eros e del corrispondente verbo dalla bibbia, come segno incontrovertibile della volontaÁ di non accogliere la visione «bassa» dell'eros che viene attribuita ai pagani, cioeÁ ai non ebrei. A parte il mio personale ragionevole dubbio sul fatto che i non ebrei avessero poi effettivamente una visione cosõÁ bassa, vili®cante dell'eros (accetto peroÁ che tale potesse apparire a chi volesse loro contrapporsi), in cui davvero non entrasse la componente della dilezione e della reciprocitaÁ, mi chiedo se questa questione terminologica sia cosõÁ fondamentale. Mi spiego: lo stesso Andrea Milano deve consapevolmente tradurre con eros, per far comprendere l'intezione appunto erotica del testo, la frase del Cantico: «forte come la morte eÁ l'amore» (Ct 8,6), dove questo termine in ebraico eÁ ahaba e in greco agape. Considerando l'interpretazione che del Cantico sia i rabbi ebrei sia i cristiani hanno sempre dato, ovvero che esprima l'amore di Dio per il suo popolo, e considerando l'antichitaÁ nella letteratura giudaica di questa comprensione erotica o sponsale, che dir si voglia, dell'amore di Dio (si veda appunto Osea), c'eÁ forse da chiedersi, allora, se proprio l'amore sessuale, l'eros, non dica qualcosa di ineludibile sull'amore agapico di Dio, cioeÁ restituisca a quell'amore una dimensione di passione, di sofferenza, di desiderio per la creatura che eÁ di Dio: non serva cioeÁ a neutralizzare ogni tentazione, ricorrente nella storia della teologia, di spersonalizzare Dio, con l'evidenziare appunto la componente propriamente erotica dell'agape divina. Mi sembra che lo stesso Milano acceda a questa visione con le parole che ho sopra riportato. Allora, mi chiedo, perche meravigliarsi, ad esempio, che un autore come Origene, per la cui interpretazione, dico en passant, bisogna tenere presente la dialettica con gli gnostici, altrettanto importante della componente platonica Ð e gli gnostici sono stati i grandi cantori della passione interna al divino Ð non esiti a identi®care eros e agape? CioÁ che Origene vuole esprimere eÁ precisamente questa relazione personale di Dio con le creature. In ogni caso il Dio origeniano eÁ un Dio che, non solo in Cristo, ma nella sua stessa vita divina, si presta a essere descritto come passibile, andando cosõÁ ben oltre la concezione platonica dell'amore divino. In un passo celeberrimo Origene dice: AUTORI VARI - LA PERSONA, L'AMORE E LA DONNA NELLA BIBBIA 169 «Persino il Padre, il Dio dell'universo, ``pietoso e clemente'' (Ps. 103,8) e di grande benignitaÁ, non soffre anche lui in certo qual modo? Non sai che quando governa le cose umane, condivide le sofferenze degli uomini? [...] Nemmeno il Padre eÁ impassibile. Se lo preghiamo, prova pietaÁ e misericordia, soffre d'amore e s'immedesima nei sentimenti che non potrebbe avere, data la grandezza della sua natura, e per causa nostra sopporta i dolori degli uomini» (Hom. in Ez. VI 6). Alla radice del pensiero di Origene c'eÁ dunque il Dio personale della Scrittura ebraica e del vangelo, un Dio che, alla maniera giovannea (I Io. 4, 7.8), si identi®ca con l'amore, volto alla sollecitudine e alla salvezza delle sue creature (Comm. Cant. 2,36). Se vogliamo esprimerci ora in generale sul prosieguo del pensiero cristiano sempre piuÁ im¯uenzato dal platonismo, dopo questa apertura su un autore particolare, Origene Ð che ho citato perche Milano lo ritiene signi®cativo del fraintendimento che sarebbe avvenuto fra eros e agape nei cristiani platonizzanti Ð potremmo dire che la tematica erotica del Cantico dei Cantici, segnata dalla reciprocitaÁ di amore fra maschio e femmina, rivisitata nella letteratura giovannea 1, costituisce, nel pensiero cristiano, il fermento di correzione Ð che spesso rimane allo stato latente, ma a volte si manifesta Ð delle divaricazioni portate dal prisma di Platone (mi esprimo qui con l'immagine usata da Benedetta Zorzi, in un libro molto interessante: Desiderio di bellezza. Da Platone a Gregorio di Nissa, tracce di una rifrazione teologico-semantica, Roma 2007) fra maschile e femminile, fra sensibile e intelligibile, fra anima e corpo. Il discorso si farebbe qui troppo lungo e, per spiegarci, dovremmo introdurre molte varianti. Riassumendo i termini del discorso di Zorzi, che condivido, dovremmo innazitutto ricordare che anche il pensiero di Platone eÁ in progress e nel Fedro egli supera la posizione del Simposio. Dal complesso della ri¯essione sull'eros nel Fedro viene fuori un piuÁ stretto legame fra intelletto e sessualitaÁ: non ogni pathos eÁ negativo, perche anche eros eÁ un certo tipo di pathos (252b2), un pathos che, come desiderio di procreazione nel bello, eÁ spinta effusiva e bene®ca. EÁ un pathos che attiva nell'amato un eros di ritorno, una reciprocitaÁ che stacca l'eros dalla connessione con la bellezza ®sica e che si collega direttamente al Bene, in quanto l'amore dell'amante diventa creatore di bellezza nell'amato e lo spinge a sforzarsi di farla emergere. Questa continuitaÁ, qui intravista da Platone, fra sensibile e sovrasensibile si spezza negli stoici. In®ne in Filone, autore che in¯uenza i cristiani alessandrini, si consuma il divorzio tra il piacere ®sico e l'eros come mania. In Filone, anche per un piuÁ accentuato dualismo meta®sico, l'eros assume due signi®cati opposti: da una parte il piacere carnale, sempre bandito, e dall'altro un desiderio purissimo per le realtaÁ morali e divine. Pertanto, se ora ci volgiamo al complesso della storia del cristianesimo, dobbiamo riconoscere che quell'intuizione geniale a proposito del divino insita nel pensiero ebraico e cristiano, cosõÁ ben illustrata da Andrea Milano, e che si eÁ 1 Cfr. A. ROBERT WINSOR, A King is Bound in the Tresses: Allusions to the Song of Songs in the Fourth Gospels, New York 1999 e ora G. Lettieri, Il corpo di Dio. La mistica erotica del Cantico dei cantici dal Vangelo di Giovanni ad Agostino, in R. E. Guglielmetti (ed.), Il Cantico dei Cantici nel Medioevo, Firenze 2008. 170 NOTE CRITICHE - DISCUSSIONI trasmessa con in®nite variazioni nei sermoni medievali indicanti l'amore mistico di Dio e dell'anima, eÁ stata invece umiliata nella declinazione umana, per la divaricazione dei percorsi sopra accennata, facendo scadere l'eros a piacere da estirpare: qui si potrebbero veramente sprecare gli esempi e moltiplicare gli indicatori, fra cui, uno, tanto interessante quanto incontrovertibile, eÁ stata la dif®coltaÁ a reperire santi sposati, allorche pensiero e pastorale intorno alla spiritualitaÁ del matrimonio sono ®nalmente cambiati. Solo di recente la teologia ha riconsacrato la valenza erotica dell'amore umano: la mia provocazione eÁ che dovrebbe compiutamente pensarla e riconoscerla come traduzione ®sica, cioeÁ nelle modalitaÁ dell'umano, dell'amore divino. Se posso fare una piccola osservazione critica ad Andrea Milano eÁ che a volte, dopo aver negato, giustamente, la validitaÁ di un'impostazione apologetica nei confronti degli autori antichi, come Paolo, sembra cadere lui stesso in questo tranello. Faccio un esempio. Trattando del celeberrimo passo di 1Tm 2,9-15, uno dei piuÁ signi®cativi fra quelli che hanno tradizionalmente fondato, almeno sino alla Inter Insigniores, le prese di posizione del magistero cattolico in merito all'incapacitaÁ cultuale delle donne, Milano riconosce che «c'eÁ qualche piuÁ o meno fondato motivo della brutta fama di cui sembra gravata la memoria di Paolo» (p. 190). Subito dopo Milano precisa che, guardando attentamente il testo, si scopre «qualcosa di singolare». Confermando l'osservazione della Dewey, nota che il tempo speso dall'autore del testo a raccomandare il silenzio alle donne indica che «la pratica femminile, reale e accettata, era attiva e sonora e che non Paolo, ma verosimilmente qualcuno che si fregiava del suo nome e della sua autoritaÁ, ha tentato di modi®care il comportamento delle donna, per contenerne la capacitaÁ di leadership» (p. 191). In pratica Milano scagiona Paolo su due basi: 1) il testo non eÁ suo, ma di un discepolo; 2) la proibizione indica che c'era qualcosa da proibire, nella fattispecie l'attivismo delle donne. Questa seconda affermazione eÁ precisamente quello che l'esegesi femminista vuole dimostrare. L'autore della 1Tm ha lo scopo di estirpare un comportamento non commendevole, secondo il suo modo di vedere, e adeguare il ruolo della donna cristiana agli standard del contesto ambientale. Non capisco dunque perche Milano sembri presentare l'affermazione come qualcosa da scoprire a una piuÁ attenta osservazione, quasi che l'esegesi femminista non lo abbia fatto. Piuttosto io avrei insistito su un altro elemento importante della 1Tim: se raccomanda la maternitaÁ eÁ perche vuole contrastare l'encratismo che sembra accoppiarsi con il protagonismo femminile, aprendo uno squarcio interessante sulla diffusione delle pratiche di continenza nel cristianesimo primitivo. Quest'ultima osservazione eÁ solo un modo per dire le mille sfaccettature di una materia complessa che siamo grati ad Andrea Milano di aver affrontato, in un modo che certo stimoleraÁ ulteriori dibattiti. Roma, UniversitaÁ La Sapienza EMANUELA PRINZIVALLI