ELEMENTI DI PSICOSOMATICA Psicosomatica: branca della medicina che mette in relazione la mente con il corpo, la psiche con il soma Inizi: psicosomatica = malattie organiche ad eziologia oscura; “genesi psicologica”. Evoluzione medicina: da malattia come “effetto di una causa” a visione multifattoriale tra cui l’elemento psicologico. Oggi: “Ottica psicosomatica”: estensione concetto di psicosomatica: non solo a malattie psicosomatiche ma anche a patologie fisiche. Ormai accettato che l’insorgenza e l’evoluzione di fatti morbosi è legata anche a stati emotivi del soggetto. Tre concetti: Unità somatopsichica: corpo e mente due parti di un tutt’uno in continua influenza reciproca Psicologia medica: influenza della malattia sulla psiche Psicosomatica: influenza della psiche sul corpo Si distingue: 1) Atteggiamento psicosomatico 2) Sintomo psicosomatico 3) Malattie psicosomatiche vere e proprie Atteggiamento psicosomatico Prendere sempre in considerazione la variabile psicologica. Es di Schneider: frattura di un femore in uno sciatore incorso in un incidente. È un fatto organico. Lettura psicosomatica: fattori psicologici: distrazione, preoccupazione per problemi personali, desiderio inconscio di punizione, tendenze masochistiche, ecc. Altri esempi: pazienti che vanno incontro a “incidenti ripetuti”, malattie che seguono eventi a grossa risonanza affettiva: pensionamento, lutto, delusioni sentimentali e lavorative. IPOTESI: in ognuno una certa “predisposizione alla malattia”, “fragilità somatica” legata a “debolezza affettiva” (reazione o lasciarsi andare alla malattia). Operatore: aiutare il paziente non solo per l’organo malato ma anche per il problema psicologico legato a questo. Sintomo psicosomatico Sintomo che non si organizza in vera e propria malattia ma coinvolge il corpo e legato all’emozione Riguarda SNA, durata di tempo limitata, cessa col cessare dell’elemento scatenante, non lesione d’organo. Sintomi psicosomatici ≠ manifestazioni somatiche dell’ansia poiché: a) non diventano malattia stabile; b) non colpiscono personalità nevrotiche. “Disturbi Funzionali”: a) nell’ambito psicosomatico: assenza di sofferenza psichica; es: b) paziente con sintomi somatici (astenia e insonnia) che adduce come causa la primavera all’interno di quadri psicopatologici (ansia, isteria): vi è capacità a mentalizzare; es: paziente depresso con sintomi psichici e somatici. La distinzione non è netta: pz psicosomatici che percepiscono disagio psichico e pz nevrotici che non collegano il sintomo somatico a fattori personali emotivi. In generale: quasi tutti gli stati ansiosi e depressivi si possono accompagnare a sintomi funzionali mentre la presenza di alcuni sintomi funzionali può rappresentare ansia e depressione (unici sintomi presenti). Meccanismo di difesa soggetti psicosomatici: somatizzazione. Si tratta dunque di sintomi somatici in relazione con l’emozione. Sintomi psicosomatici (a volte reazioni neurovegetative in personalità non psicosomatiche): crisi tachicardiche, eritema pudico (rossore da emozione), cefalea nucale; secchezza di cute e mucose, sudorazione profusa, diarrea (da emozione, da “esami”), poliuria (da emozione, da “esami”), stipsi da viaggio (cambiamento oltre che modificazione usi e alimenti), acidità gastrica, algie precordiali, ecc. Malattie psicosomatiche vere e proprie Malattie con genesi psicologica (o in buona parte) e con segni di lesione. Utilizzo della “Somatizzazione” Prima infanzia: frequenza malattie psicosamatica a causa dell’immaturità psicologica. Età adulta: all’inizio profili di personalità specifici per ogni malattia psicosomatica (Alexander). Distinzione tra soggetti vagotonici (predisposti all’ulcera) e simpaticotonici (predisposti all’ipertensione arteriosa). Successivamente gli autori hanno cercato tratti comuni tipici della personalità psicosomatica. Alessitimia (Marty) o Pensiero operatorio (Sifneos): incapacità del paziente psicosomatico di vivere le emozioni, di poterne parlare e di avere una vita fantasmatica normale. Pz psicosomatico: buon adattamento alla realtà, pensiero ricco di fatti e cose e povero di emozioni, cioè non riesce ad esprimere sentimenti (rabbia, paura, ecc). Da tale incapacità di insight (sintonizzazione col proprio mondo affettivo) ne deriva: Difficoltà ad affrontare psicoterapia. Non sempre i pz psicosomatici sono alessitimici o mancano di insight, vi è solo una parte dell’Io che funziona così. Storiche malattie psicosomatiche: ipertensione arteriosa, asma bronchiale, colite ulcerosa, ulcera gastro-duodenale, eczema. Malattie psicosomatiche: sistema neurovegetativo, digestivo, respiratorio, cardiovascolare, epiteliale, urogenitale, disturbi oftalmologici, del sistema locomotore, affezioni chirurgiche. ASPETTI PSICOLOGICI IN SPECIFICI AMBITI SANITARI vissuti del paziente e reazioni e difese del sanitario in certi reparti Curare: “soddisfare i bisogni e le necessità del malato sia di tipo fisico che psicoemotivo” (Porot, 1913). PAZIENTE CRONICO Affetto da malattie (prima mortali) per cui fa terapie continue con effetti collaterali e cambiamento delle abitudini di vita: lavoro, relazioni, sociale. Aiutato a trovare un nuovo equilibrio Può presentare: Ansia per futuro; Depressione per cambiamento di ruolo, mancanza autonomia, perdita di certe funzioni; Aggressività per non accettazione malattia; Dipendenza da macchinari, cure, operatori, famiglia. Operatore: rassicurare il paziente, contrastare atteggiamento impotente o per la consapevolezza di carenze organizzative, tecniche ed istituzionali Utili: gruppo di auto-aiuto: condivisione e confronto di paure e progressi. PAZIENTE DIALIZZATO Dialisi: gravità situazione Vissuti: disorientamento, aggressività, depressione verso sanitari Difese: regressione, formazione reattiva, negazione. Tre fasi: 1) Luna di miele: vede miglioramento ma non le conseguenze 2) Disillusione/scoraggiamento: consapevole della situazione, paura per il futuro, depressione 3) Adattamento: mediante elaborazione perdite (minzione, fistola, dieta). Aree influenzate: 1) Sociale-lavorativa: pensionamento per invalidità obligatorio e “rassicurante”. Hobbies importanti 2) Familiare: sostegno importante, rifugio sicuro 3) Sessuale: riduzione libido (80%) e impotenza (30%) portano a diminuzione autostima, ansia, depressione, alterazione immagine corporea Macchina Dialitica: presenza ingombrante, visibile e non assimilabile nello schema corporeo. Rappresenta una madre-matrigna che dona la vita e la toglie e cui il dializzato legato da sentimenti ambivalenti: amore-odio. Operatore: sottoposto al logorio della ripetizione, è sempre la stessa scena. Deve poi fronteggiare i vissuti suddetti. IL PAZIENTE TERMINALE Cancro = morte nella mente del pz Diagnosi: trauma che costituisce una minaccia reale all’esistenza fisica e costa grosso dispendio energetico psicologico. Reazioni affettive: ansia, rabbia, depressione. Difese: razionalizzazione, minimizzazione, spostamento, rassegnazione, fatalismo, acting-out, repressione. Fattori da cui dipende la reazione alla diagnosi: 1) Malattia stessa: grado di aggressività del processo neoplastico 2) Livello precedente di adattamento:ad esempio il modo di affrontare le malattie precedenti 3) Significato di minaccia dato dal tumore verso obiettivi evolutivi (fase del ciclo di vita) 4) Fattori religiosi e culturali come supporto 5) Supporto sociale disponibile 6) Risorse/potenzialità del paziente nell’affrontare un percorso psicologico 7) Caratteristiche di personalità: flessibilità versus rigidità 8) Stile di coping: modalità cognitiva e comportamentale che il soggetto utilizza per affrontare la malattia. Pazienti e familiari hanno bisogno di un sostegno psicologico individuale e di gruppo. Èquipe curante: attenzione a comunicazione e relazione a livello affettivo e cognitivo Medici e paramedici: guaritori onnipotenti per il paziente Operatori: grosso rischio di burn out. Importante più che difendersi, accettare e accogliere la sofferenza del paziente mostrandogli di non esserne annientati. Caratteristiche necessarie all’operatore a contatto con patologia terminale: 1) competenza tecnica e disposizione mentale ad apprendere dall’esperienza 2) abilità interpersonali: capacità di mettersi nei panni degli altri, empatia, comunicazione spontanea 3) aspetti di personalità che garantiscono l’adattamento e il funzionamento in situazioni stressanti 4) valide relazioni sociali ed interessi anche al di fuori del lavoro (rete di supporto) 5) buon adattamento in esperienze precedenti di contatto con la morte. PAZIENTE CHIRURGICO Operazione chirurgica: attacco all’integrità fisica, schema corporeo e unità psicofisica della persona Anestesia = morte Conseguenze psicologiche: dipendono da importanza organo, complessità intervento, malattia. Paziente: instaura rapporti regressivi con sanitari, relazione madrebambino; chirurgo: onnipotente. Difese: regressione, dipendenza, negazione: utili in fase iniziale e postoperatoria, insoddisfacenti in operazioni che lasciano segni permanenti. Periodo pre-operatorio: pz deve poter esprimere paure ed ansie ai sanitari per sminuirle (visita sala rianimaz, avere inf, vedere attrezzat). Periodo post-operatorio: pz esprime richieste continue in modo regressivo e dipendente. Operatore deve aiutarlo a tornare allo stato di veglia, rassicurarlo ed essere attento ai suoi vissuti. PAZIENTE TRAPIANTATO Gli aspetti psicologici riguardano: 1) Trapiantato 2) La sua famiglia 3) La famiglia del donatore 4) Il donatore 5) L’équipe curante. Trapianto: modalità di recupero del funzionamento fisiologico ma anche carico di significati simbolici che richiedono integrazione oltre che anatomica anche cognitiva ed emotiva dell’organo ricevuto. Esito positivo del trapianto dipende: 1) Buona risposta fisiologica del trapiantato 2) Integrazione degli aspetti psicosomatici dovuti alla modificazione corporea Integrazione degli aspetti psicosomatici dipende da: personalità del pz, relazioni familiari, supporto affettivo. Valutazione psicologico-psichiatrica del candidato al trapianto: Verificare le sue capacità di tollerare psicologicamente ed affettivamente l’esperienza complessa del trapianto. Permette all’Io del pz di 1) dare un senso a ciò che gli sta per accadere, 2) mobilitare le difese arcaiche, 3) identificarsi parzialmente col donatore immaginario. Notizia del trapianto: attiva nel pz e nei familiari uno stress acuto (morte) che si aggiunge ad uno stress cronico (malattia cronica). Paziente di fronte alla notizia: trapianto unica speranza di vita. All’inizio incredulità e negazione, poi ambivalenza (disperazione e speranza). Famiglia di fronte alla notizia: possono avere reazioni maladattive. Utile: intervento supportivo e informativo a pz e famiglia. Ad es: incontri tra candidato, familiari e un componente dell’équipe medica per informare; tra candidato e pz già trapiantato per consentirgli l’identificazione. Rispetto ai vissuti psicologici si distinguono due fasi: PERIODO DELL’ATTESA periodo più difficile. Dopo iter diagnostico il pz è in lista d’attesa. Reperibilità 24h su 24h. Fase di incertezza, impotenza, prevale la “paura di non farcela”, “di morire prima di trovare l’organo”, compaiono sensi di colpa verso il possibile donatore. Difese arcaiche: negazione e diniego. Sentimenti: collera, astio, sarcasmo verso figure meno potenti che lo accudiscono come infermieri, familiari. Oppure aspettative magiche verso il trapianto e sottovalutano i rischi, quindi è necessario intervenire per ridimensionarle. Una buona compliance nel periodo pre-operatorio consente una maggior sopravvivenza post-trapianto!!! PERIODO POST-OPERATORIO adattamento a nuova situazione a livello fisiologico e psicologico. Da un lato: deve continuare a sottoporsi a controlli, biopsie, farmaci immunosoppressori. Dall’altro: deve recuperare autonomia imparando ad automonitorarsi. Si trova a: 1) ristrutturare la propria vita familiare, sociale, lavorativa 2) convivere con il fantasma della morte per rigetto 3) adattarsi alla cronicità di terapie e controlli 4) integrare il nuovo organo a livello somatopsichico. Integrazione somatopsichica del nuovo organo: sensi di colpa verso il donatore: “la mia vita dipende dalla morte di un altro”. Si distinguono tre fasi: 1) organo ricevuto “oggetto estraneo” tinto di sentimenti ambivalenti: oggetto ostile persecutore-oggetto di rinascita; 2) attenuazione sentimento di estraneità dell’organo; 3) incorporazione completa, accettaz nuovo organo, superamento crisi. È auspicabile in queste fasi un supporto specialistico a pz e famiglia. PAZIENTE IN UNITÀ DI TERAPIA INTENSIVA (U.T.I.) Sono sottoposti a condizioni particolari per: grave malattia o complesso intervento subito restrizione sensoriale a cui sono sottoposti Regna la monotonia e l’immobilità: assenza di finestre, orologi, calendari. La luce è sempre accesa favorendo disorientamento s/p, il sottofondo è sempre il rumore delle strumentazioni. Pz viene immobilizzato a letto: l’unico scambio relazionale sono i frequenti interventi dell’infermiere di controllo su tubicini e sonde o la somministrazione di iniezioni. Morte: di qualcuno interrompe, mediante il suono di campanelli e l’arrivo di tutto il personale, silenzio e monotonia. Pz: costante contatto con la morte altrui e di conseguenza con l’angoscia per il proprio destino. PAZIENTE INFETTIVO HIV, epatite, ecc. Problema del contagio e della riservatezza Operatore: tende a non toccare il paziente, ridurre contatti fisici. HIV: si riteneva colpisse i “diversi” (tossici, omosessuali,…), ma i soggetti a rischio sono tutte le persone normali. Vissuti del paziente infettivo: Sensi di colpa Vissuti aggressivi per cui può diffondere il contagio o avere comportamenti auto-aggressivi Sentimenti di impotenza Indifferenza e apatia rispetto alla propria condizione e vita Meccanismi di difesa (di fronte alla diagnosi): 1) Negazione: “io sto bene, la diagnosi è sbagliata” , è incredulo, indifferente o iperattivo. Dopo può avere esternalizzazione angoscia (in genere no). 2) Proiezione: “non è colpa mia, gli altri mi hanno contagiato”. 3) Isolamento: l’idea della malattia non ha contatti con altri settori della vita emotiva. 4) Sublimazione: si rende conto che non deve morire nel prossimo futuro e sviluppa interessi artistici e spirituali. Importante: accompagnamento terapeutico. Operatore: per paura del contagio si tiene distante mentre l’idea della morte lo tiene lontano psicologicamente. Paziente: solo ed emarginato anche nell’ambiente di cura. PAZIENTE IN ETA’ EVOLUTIVA Lunghe ospedalizzazioni nel 1° anno di vita hanno un effetto traumatico Seconda infanzia (1-4/5a): ogni separazione è vissuta in modo irreversibile e fonte di ansia. Ansia dei genitori. Bambini adattati con buone relazioni familiari affrontano meglio ospedalizzazioni. Operatori: oltre a fare il loro lavoro, parlare ai piccoli pazienti spiegando mediante il gioco cosa accade. Il modo di vivere la malattia e l’ospedalizzazione dipende da personalità del bambino e dal livello di sviluppo cognitivo, affettivo, sociale. Es: un b nello stadio pre-operatorio in cui domina il pensiero magico percepisce la malattia come una punizione; uno più grande comprende e accetta le prescrizioni mediche e le limitazioni imposte dalla malattia. A qualunque età il ricovero induce regressione a più livelli. IL PAZIENTE CRONICO E TERMINALE IN ETA’ EVOLUTIVA Leucemia, talassemia gravi ustioni, paralisi cerebrali infantili, epilessia, affezioni neuro-muscolari progressive, insufficienze mentali… Angosce di morte, separazione e perdita sono presenti prima che il bambino ne abbia un’idea. Concetto di morte: per il b piccolo non esiste, ma è una conseguenza di un atto aggressivo. Sotto i 5 anni si tratta di separazione transitoria. Malattia mortale: fino a 6/7 anni è un’aggressione o punizione da genitori o entità trascendente. Vissuta e affrontata a seconda del momento evolutivo e del tipo di relazioni con oggetti esterni ed interni. Relazioni del bambino: la regressione porta a dipendenza magari quando il b aveva raggiunto autonomia. Può avere diverse paure come dormire solo oppure sfoghi aggressivi verso genitori e fratelli ritenuti responsabili della malattia. Genitori: sensi di colpa, di fallimento, inferiorità, ferite narcisistiche da cui iperprotezione. Variabili che influenzano il modo di affrontare la malattia: - momento evolutivo pre-morboso - caratteristiche della malattia - intensità dei vissuti di colpa familiari e loro elaborazione Ospedale: luogo della concretizzazione delle fantasie persecutorie ed aggressive al di là dell’efficienza della struttura. Impatto con l’ospedale arrivati in un centro specializzato il genitore sa che la situazione è grave. La comunicazione della diagnosi mobilita difese. I genitori non comprendono la diagnosi ed il medico usa termini molto tecnici per prendere le distanze da ciò che sa essere grave e spesso mortale. La madre può avere comportamenti regressivi investendo solo sul figlio (come per salvarlo). Istituzione unità madre-bambino. L’operatore deve comprendere e non ostacolare questo comportamento per ristabilire una comunicazione. Il padre può sentirsi impotente e fuggire nel lavoro giustificato dal bisogno di maggior guadagni per la malattia del figlio, o negare la malattia o cercare soluzioni “magiche”. Il bambino: il confronto con gli altri bambini rende difficile negare il proprio stato. 0-3 anni: fisiologica regressione. 4-10 anni: iniziale ribellione ospedalizzazione e cure, dopo può voler conoscere la propria malattia e le cure e vanno date delle risposte. Adolescente: più difficile regredire e accettare le cure, sta cercando l’autonomia e la differenziazione e la malattia è un impedimento. Fase di remissione: genitori posso essere più iperprotettivi ostacolando l’inserimento coi coetanei come per fermare il tempo carico di incognite. Recidiva: richiamo alla realtà e momento di rischio per èquipe e famiglia. Operatore: dato che il b è angosciato è importante non lasciarlo nel silenzio, ma affrontare con lui il tema della morte e lasciargli esprimere i suoi desideri. Un interlocutore che non lo inganna ma capisce la sua sofferenze è un valido sostegno. Deve reggere la propria impotenza, l’insuccesso e la sofferenza per la morte di una persona con cui si era creato un legame, per la morte di un bambino anche se irrazionale. PAZIENTE IN RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA Più la malattia colpisce a lungo e in modo intenso il soggetto, più vi sono ripercussioni in vari aspetti della vita. Ogni individuo di fronte ad un danno cerebrale (a parte le modificazioni cognitive, affettive, comportamentali peculiari) reagisce a modo proprio. La prognosi relativa alla riabilitazione dipende dalla valutazione di: percezione accaduto aspettative assetto emozionale rete di supporto socio-familiare strategie di coping grado di integrità delle funzioni cognitive Difese: (nella prima fase) negazione, rimozione, repressione. Disturbi dell’umore: (dopo la prima fase) ansia e depressione. PAZIENTE ANZIANO Vecchiaia: modificazioni sul piano fisico, psichico, sociale. Cambiamenti fisici tra 60-70 anni a cui adattarsi: peggioramento capacità visive e uditive; diminuzione della forza muscolare, del vigore e della prontezza; aumento delle malattie croniche (specie neurologiche: demenza); incanutimento e perdita dei capelli; momenti di confusione; minor resistenza ad eventi stressanti. Caratteristiche comuni alla terza età: riduzione MBT allungamento temi di reazione irrigidimento nelle posizioni, nelle vecchie abitudini quindi difficoltà a modificarsi di fronte a nuove informazioni declino delle capacità cognitive. Operatori: di fronte a questi pz rallentati prova irritazione perché lavora in modo lento, ma deve adeguarsi ai tempi del pz. L’anziano in ospedale: va informato sulle cure e sulla malattia. L’operatore deve calibrare il senso di protezione con un atteggiamento stimolante per fargli mantenere l’autonomia. Vissuti dell’anziano di fronte all’ospedalizzazione: 1) aggressività, rifiuto e opposizione che portano a scarsa compliance 2) dipendenza, regressione e cronicizzazione se l’ospedale è l’unico rifugio per un anziano solo. PAZIENTE PSICHIATRICO SPDC: struttura all’interno dell’ospedale che accoglie pz in situazioni psichiatriche acute, in crisi. Crisi: da Krino significa divido, scelgo, decido. È definita da Jaspers (1964) un punto di passaggio da cui l’individuo ne esce trasformato trovando una nuova soluzione o andando verso la decadenza per cui è necessaria una decisione. Operatore: non farsi travolgere dalla crisi psicotica, vivendo la crisi come un evento che contiene in sé sia elementi di pericolo che di svolta verso nuovi equilibri. SPDC: momento di passaggio per il ritorno del soggetto alle strutture territoriali per improntare un progetto di reinserimento a tre livelli: casa-lavoro-socialità. Il ricovero consente la comprensione delle dinamiche pz/famiglia/curanti, la conseguente formulazione di ipotesi diagnostiche e l’impostazione di un progetto terapeutico Persona ricoverata in psichiatria ha perso il proprio ruolo, o non lo ha mai avuto, ha perso la capacità di futurizzarsi, di sperare, di avere fiducia. È un soggetto che si sta disgregando: il confine dell’Io sta cedendo o è ceduto all’improvviso. Malattia estremo tentativo messo in atto per proteggersi dal totale annichilimento psichico, morale, sociale, come una forma di anestesia verso un mondo che umilia ed emargina se non si è nessuno (Groddeck, 1933). Purtroppo il malato mentale, esprimendo un disagio psichico, è condannato dalla società alla più tremenda sconfitta: l’impotenza (Galimberti, 1983). LO STRESS E LA SINDROME DEL BURN OUT Stress: reazione umana universale di fronte ad un’esperienza (vita quotidiana) che richiede un adattamento Salute: soddisfacente equilibrio fisiologico-psicologico e socio-ambientale Quindi: un soggetto di fronte ad uno “stressor” deve ristabilire un equilibrio Sindrome di adattamento generale (Selye, 1956): risposta allo stress che comprende tre stadi: • Fase di allarme: risposta fisica: attivazione sistema • • nervoso simpatico da parte ormoni secreti dalle ghiandole surrenali. Fase di resistenza: scomparsa sintomi fisici e risposte interne (apparente normalità). Fase di esaurimento: il soggetto non riesce più a resistere a stressor e può sviluppare malattie, disturbi… Un tipo di stress che può colpire l’operatore sanitario (soprattutto quello a contatto con situazioni a forte impatto emotivo) è detto “SINDROME DEL BURN OUT”: bruciato, fuso, circuitato. Conseguenze a tre livelli: • Operatori: somatizzazioni, frustrazioni, conflitti, apatia. • Utenti: il contatto con il personale è dannoso, frustrante, inefficace. • Organizzazione: aumento assenteismo, elevato turnover del personale, diminuzione efficienza. Caratteristiche della “sindrome del burn out”: progressivo ritiro e distacco psicologico dal proprio lavoro e dai pazienti per eccessivo stress o insoddisfazione. L’operatore manifesta: perdita di interesse ed entusiasmo, indifferenza verso il paziente, stanchezza, disturbi psicosomatici. Si sente impotente e frustrato, crede di non avere le risorse materiali e psicologiche per affrontare le richieste del paziente. Si instaura un circolo vizioso. Sintomi fisici: fatica cronica, scarso appetito, emicrania… Sintomi psicologici: depressione, ansia, pensieri ossessivi, fobie, disillusione, senso di inutilità… Sintomi comportamentali:conflitti interpersonali, ritiro e isolamento, ritardo cronico a lavoro, critica verso i colleghi… Aspetti di personalità predisponenti allo sviluppo della sindrome del burn-out • • • • • • Rappresentazioni idealizzate di sé Desideri di onnipotenza e di salvazione Scarsa tolleranza alle frustrazioni Insufficiente maturazione affettiva Autoaspettative elevate Bisogno di perfezione.