ELEMENTI DI PSICOSOMATICA
Psicosomatica: branca della medicina che mette in relazione
la mente con il corpo, la psiche con il soma
Inizi: psicosomatica = malattie organiche ad eziologia oscura;
“genesi psicologica”.
Evoluzione medicina: da malattia come “effetto di una causa”
a visione multifattoriale tra cui l’elemento psicologico.
Oggi: “Ottica psicosomatica”: estensione concetto di
psicosomatica: non solo a malattie psicosomatiche ma anche
a patologie fisiche. Ormai accettato che l’insorgenza e
l’evoluzione di fatti morbosi è legata anche a stati emotivi del
soggetto.
Tre concetti:
Unità somatopsichica: corpo e mente due parti di
un tutt’uno in continua influenza reciproca
Psicologia medica: influenza della malattia sulla
psiche
Psicosomatica: influenza della psiche sul corpo
Si distingue:
1) Atteggiamento psicosomatico
2) Sintomo psicosomatico
3) Malattie psicosomatiche vere e proprie
Atteggiamento psicosomatico
Prendere sempre in considerazione la variabile psicologica.
Es di Schneider: frattura di un femore in uno sciatore incorso in un
incidente. È un fatto organico. Lettura psicosomatica: fattori
psicologici: distrazione, preoccupazione per problemi personali,
desiderio inconscio di punizione, tendenze masochistiche, ecc.
Altri esempi: pazienti che vanno incontro a “incidenti ripetuti”,
malattie che seguono eventi a grossa risonanza affettiva:
pensionamento, lutto, delusioni sentimentali e lavorative.
IPOTESI: in ognuno una certa “predisposizione alla malattia”,
“fragilità somatica” legata a “debolezza affettiva” (reazione o lasciarsi
andare alla malattia).
Operatore: aiutare il paziente non solo per l’organo malato ma anche
per il problema psicologico legato a questo.
Sintomo psicosomatico
Sintomo che non si organizza in vera e propria malattia ma coinvolge il
corpo e legato all’emozione
Riguarda SNA, durata di tempo limitata, cessa col cessare dell’elemento
scatenante, non lesione d’organo.
Sintomi psicosomatici ≠ manifestazioni somatiche dell’ansia poiché: a)
non diventano malattia stabile; b) non colpiscono personalità
nevrotiche.
“Disturbi Funzionali”:
a) nell’ambito psicosomatico: assenza di sofferenza psichica; es:
b)
paziente con sintomi somatici (astenia e insonnia) che adduce
come causa la primavera
all’interno di quadri psicopatologici (ansia, isteria): vi è capacità a
mentalizzare; es: paziente depresso con sintomi psichici e
somatici.
La distinzione non è netta: pz psicosomatici che percepiscono
disagio psichico e pz nevrotici che non collegano il sintomo somatico
a fattori personali emotivi.
In generale: quasi tutti gli stati ansiosi e depressivi si possono
accompagnare a sintomi funzionali mentre la presenza di alcuni
sintomi funzionali può rappresentare ansia e depressione (unici
sintomi presenti).
Meccanismo di difesa soggetti psicosomatici: somatizzazione.
Si tratta dunque di sintomi somatici in relazione con l’emozione.
Sintomi psicosomatici (a volte reazioni neurovegetative in
personalità non psicosomatiche): crisi tachicardiche, eritema pudico
(rossore da emozione), cefalea nucale; secchezza di cute e mucose,
sudorazione profusa, diarrea (da emozione, da “esami”), poliuria (da
emozione, da “esami”), stipsi da viaggio (cambiamento oltre che
modificazione usi e alimenti), acidità gastrica, algie precordiali, ecc.
Malattie psicosomatiche vere e proprie
Malattie con genesi psicologica (o in buona parte) e con segni di
lesione.
Utilizzo della “Somatizzazione”
Prima infanzia: frequenza malattie psicosamatica a causa
dell’immaturità psicologica.
Età adulta: all’inizio profili di personalità specifici per ogni malattia
psicosomatica (Alexander). Distinzione tra soggetti vagotonici
(predisposti all’ulcera) e simpaticotonici (predisposti all’ipertensione
arteriosa).
Successivamente gli autori hanno cercato tratti comuni tipici della
personalità psicosomatica.
Alessitimia (Marty) o Pensiero operatorio (Sifneos): incapacità del paziente
psicosomatico di vivere le emozioni, di poterne parlare e di avere una vita
fantasmatica normale.
Pz psicosomatico: buon adattamento alla realtà, pensiero ricco di fatti e
cose e povero di emozioni, cioè non riesce ad esprimere sentimenti
(rabbia, paura, ecc).
Da tale incapacità di insight (sintonizzazione col proprio mondo affettivo)
ne deriva: Difficoltà ad affrontare psicoterapia.
Non sempre i pz psicosomatici sono alessitimici o mancano di insight, vi è
solo una parte dell’Io che funziona così.
Storiche malattie psicosomatiche: ipertensione arteriosa, asma bronchiale,
colite ulcerosa, ulcera gastro-duodenale, eczema.
Malattie psicosomatiche: sistema neurovegetativo, digestivo, respiratorio,
cardiovascolare, epiteliale, urogenitale, disturbi oftalmologici, del sistema
locomotore, affezioni chirurgiche.
ASPETTI PSICOLOGICI IN SPECIFICI
AMBITI SANITARI
vissuti del paziente e reazioni e difese del sanitario
in certi reparti
Curare: “soddisfare i bisogni e le necessità del
malato sia di tipo fisico che psicoemotivo”
(Porot, 1913).
PAZIENTE CRONICO
Affetto da malattie (prima mortali) per cui fa terapie continue con
effetti collaterali e cambiamento delle abitudini di vita: lavoro,
relazioni, sociale.
Aiutato a trovare un nuovo equilibrio
Può presentare: Ansia per futuro; Depressione per cambiamento
di ruolo, mancanza autonomia, perdita di certe funzioni;
Aggressività per non accettazione malattia; Dipendenza da
macchinari, cure, operatori, famiglia.
Operatore: rassicurare il paziente, contrastare atteggiamento
impotente o per la consapevolezza di carenze organizzative,
tecniche ed istituzionali
Utili: gruppo di auto-aiuto: condivisione e confronto di paure e
progressi.
PAZIENTE DIALIZZATO
Dialisi: gravità situazione
Vissuti: disorientamento, aggressività, depressione verso
sanitari
Difese: regressione, formazione reattiva, negazione.
Tre fasi:
1) Luna di miele: vede miglioramento ma non le conseguenze
2) Disillusione/scoraggiamento: consapevole della situazione,
paura per il futuro, depressione
3) Adattamento: mediante elaborazione perdite (minzione,
fistola, dieta).
Aree influenzate:
1) Sociale-lavorativa: pensionamento per invalidità obligatorio e
“rassicurante”. Hobbies importanti
2) Familiare: sostegno importante, rifugio sicuro
3) Sessuale: riduzione libido (80%) e impotenza (30%) portano
a diminuzione autostima, ansia, depressione, alterazione
immagine corporea
Macchina Dialitica: presenza ingombrante, visibile e non
assimilabile nello schema corporeo.
Rappresenta una madre-matrigna che dona la vita e la toglie e
cui il dializzato legato da sentimenti ambivalenti: amore-odio.
Operatore: sottoposto al logorio della ripetizione, è sempre la
stessa scena. Deve poi fronteggiare i vissuti suddetti.
IL PAZIENTE TERMINALE
Cancro = morte nella mente del pz
Diagnosi: trauma che costituisce una minaccia reale all’esistenza fisica e
costa grosso dispendio energetico psicologico.
Reazioni affettive: ansia, rabbia, depressione.
Difese: razionalizzazione, minimizzazione, spostamento, rassegnazione,
fatalismo, acting-out, repressione.
Fattori da cui dipende la reazione alla diagnosi:
1)
Malattia stessa: grado di aggressività del processo neoplastico
2)
Livello precedente di adattamento:ad esempio il modo di affrontare
le malattie precedenti
3)
Significato di minaccia dato dal tumore verso obiettivi evolutivi
(fase del ciclo di vita)
4)
Fattori religiosi e culturali come supporto
5)
Supporto sociale disponibile
6) Risorse/potenzialità del paziente nell’affrontare un
percorso psicologico
7) Caratteristiche di personalità: flessibilità versus rigidità
8) Stile di coping: modalità cognitiva e comportamentale
che il soggetto utilizza per affrontare la malattia.
Pazienti e familiari hanno bisogno di un sostegno
psicologico individuale e di gruppo.
Èquipe curante: attenzione a comunicazione e relazione a
livello affettivo e cognitivo
Medici e paramedici: guaritori onnipotenti per il paziente
Operatori: grosso rischio di burn out. Importante più che
difendersi, accettare e accogliere la sofferenza del
paziente mostrandogli di non esserne annientati.
Caratteristiche necessarie all’operatore a contatto con
patologia terminale:
1) competenza tecnica e disposizione mentale ad
apprendere dall’esperienza
2) abilità interpersonali: capacità di mettersi nei
panni degli altri, empatia, comunicazione
spontanea
3) aspetti di personalità che garantiscono
l’adattamento e il funzionamento in situazioni
stressanti
4) valide relazioni sociali ed interessi anche al di
fuori del lavoro (rete di supporto)
5) buon adattamento in esperienze precedenti di
contatto con la morte.
PAZIENTE CHIRURGICO
Operazione chirurgica: attacco all’integrità fisica, schema corporeo e unità
psicofisica della persona
Anestesia = morte
Conseguenze psicologiche: dipendono da importanza organo, complessità
intervento, malattia.
Paziente: instaura rapporti regressivi con sanitari, relazione madrebambino; chirurgo: onnipotente.
Difese: regressione, dipendenza, negazione: utili in fase iniziale e postoperatoria, insoddisfacenti in operazioni che lasciano segni permanenti.
Periodo pre-operatorio: pz deve poter esprimere paure ed ansie ai sanitari
per sminuirle (visita sala rianimaz, avere inf, vedere attrezzat).
Periodo post-operatorio: pz esprime richieste continue in modo regressivo
e dipendente. Operatore deve aiutarlo a tornare allo stato di veglia,
rassicurarlo ed essere attento ai suoi vissuti.
PAZIENTE TRAPIANTATO
Gli aspetti psicologici riguardano:
1)
Trapiantato
2)
La sua famiglia
3)
La famiglia del donatore
4)
Il donatore
5)
L’équipe curante.
Trapianto: modalità di recupero del funzionamento fisiologico ma anche
carico di significati simbolici che richiedono integrazione oltre che
anatomica anche cognitiva ed emotiva dell’organo ricevuto.
Esito positivo del trapianto dipende:
1)
Buona risposta fisiologica del trapiantato
2)
Integrazione degli aspetti psicosomatici dovuti alla modificazione
corporea
Integrazione degli aspetti psicosomatici dipende da: personalità del pz,
relazioni familiari, supporto affettivo.
Valutazione psicologico-psichiatrica del candidato al trapianto:
Verificare le sue capacità di tollerare psicologicamente ed affettivamente
l’esperienza complessa del trapianto.
Permette all’Io del pz di
1) dare un senso a ciò che gli sta per accadere,
2) mobilitare le difese arcaiche,
3) identificarsi parzialmente col donatore immaginario.
Notizia del trapianto: attiva nel pz e nei familiari uno stress acuto
(morte) che si aggiunge ad uno stress cronico (malattia cronica).
Paziente di fronte alla notizia: trapianto unica speranza di vita. All’inizio
incredulità e negazione, poi ambivalenza (disperazione e speranza).
Famiglia di fronte alla notizia: possono avere reazioni maladattive.
Utile: intervento supportivo e informativo a pz e famiglia. Ad es: incontri
tra candidato, familiari e un componente dell’équipe medica per
informare; tra candidato e pz già trapiantato per consentirgli
l’identificazione.
Rispetto ai vissuti psicologici si distinguono due fasi:
PERIODO DELL’ATTESA
periodo più difficile. Dopo iter diagnostico il pz è in lista d’attesa.
Reperibilità 24h su 24h. Fase di incertezza, impotenza, prevale la
“paura di non farcela”, “di morire prima di trovare l’organo”,
compaiono sensi di colpa verso il possibile donatore.
Difese arcaiche: negazione e diniego.
Sentimenti: collera, astio, sarcasmo verso figure meno potenti
che lo accudiscono come infermieri, familiari.
Oppure aspettative magiche verso il trapianto e sottovalutano i
rischi, quindi è necessario intervenire per ridimensionarle.
Una buona compliance nel periodo pre-operatorio consente una
maggior sopravvivenza post-trapianto!!!
PERIODO POST-OPERATORIO
adattamento a nuova situazione a livello fisiologico e psicologico.
Da un lato: deve continuare a sottoporsi a controlli, biopsie, farmaci
immunosoppressori. Dall’altro: deve recuperare
autonomia imparando ad automonitorarsi.
Si trova a:
1) ristrutturare la propria vita familiare, sociale, lavorativa
2) convivere con il fantasma della morte per rigetto
3) adattarsi alla cronicità di terapie e controlli
4) integrare il nuovo organo a livello somatopsichico.
Integrazione somatopsichica del nuovo organo: sensi di colpa verso il
donatore: “la mia vita dipende dalla morte di un altro”.
Si distinguono tre fasi:
1) organo ricevuto “oggetto estraneo” tinto di sentimenti ambivalenti:
oggetto ostile persecutore-oggetto di rinascita;
2) attenuazione sentimento di estraneità dell’organo;
3) incorporazione completa, accettaz nuovo organo, superamento crisi.
È auspicabile in queste fasi un supporto specialistico a pz e famiglia.
PAZIENTE IN UNITÀ DI TERAPIA INTENSIVA (U.T.I.)
Sono sottoposti a condizioni particolari per:
 grave malattia o complesso intervento subito
 restrizione sensoriale a cui sono sottoposti
Regna la monotonia e l’immobilità: assenza di finestre, orologi,
calendari. La luce è sempre accesa favorendo disorientamento s/p, il
sottofondo è sempre il rumore delle strumentazioni.
Pz viene immobilizzato a letto: l’unico scambio relazionale sono i
frequenti interventi dell’infermiere di controllo su tubicini e sonde o la
somministrazione di iniezioni.
Morte: di qualcuno interrompe, mediante il suono di campanelli e l’arrivo
di tutto il personale, silenzio e monotonia.
Pz: costante contatto con la morte altrui e di conseguenza con
l’angoscia per il proprio destino.
PAZIENTE INFETTIVO
HIV, epatite, ecc.
Problema del contagio e della riservatezza
Operatore: tende a non toccare il paziente, ridurre contatti fisici.
HIV: si riteneva colpisse i “diversi” (tossici, omosessuali,…), ma i
soggetti a rischio sono tutte le persone normali.
Vissuti del paziente infettivo:
 Sensi di colpa
 Vissuti aggressivi per cui può diffondere il contagio o avere
comportamenti auto-aggressivi
 Sentimenti di impotenza
 Indifferenza e apatia rispetto alla propria condizione e vita
Meccanismi di difesa (di fronte alla diagnosi):
1) Negazione: “io sto bene, la diagnosi è sbagliata” , è
incredulo, indifferente o iperattivo. Dopo può avere
esternalizzazione angoscia (in genere no).
2) Proiezione: “non è colpa mia, gli altri mi hanno
contagiato”.
3) Isolamento: l’idea della malattia non ha contatti con altri
settori della vita emotiva.
4) Sublimazione: si rende conto che non deve morire nel
prossimo futuro e sviluppa interessi artistici e spirituali.
Importante: accompagnamento terapeutico.
Operatore: per paura del contagio si tiene distante mentre
l’idea della morte lo tiene lontano psicologicamente.
Paziente: solo ed emarginato anche nell’ambiente di cura.
PAZIENTE IN ETA’ EVOLUTIVA
Lunghe ospedalizzazioni nel 1° anno di vita hanno un effetto traumatico
Seconda infanzia (1-4/5a): ogni separazione è vissuta in modo
irreversibile e fonte di ansia. Ansia dei genitori.
Bambini adattati con buone relazioni familiari affrontano meglio
ospedalizzazioni.
Operatori: oltre a fare il loro lavoro, parlare ai piccoli pazienti spiegando
mediante il gioco cosa accade.
Il modo di vivere la malattia e l’ospedalizzazione dipende da personalità
del bambino e dal livello di sviluppo cognitivo, affettivo, sociale. Es: un b
nello stadio pre-operatorio in cui domina il pensiero magico percepisce
la malattia come una punizione; uno più grande comprende e accetta le
prescrizioni mediche e le limitazioni imposte dalla malattia.
A qualunque età il ricovero induce regressione a più livelli.
IL PAZIENTE CRONICO E TERMINALE IN ETA’ EVOLUTIVA
Leucemia, talassemia gravi ustioni, paralisi cerebrali infantili, epilessia,
affezioni neuro-muscolari progressive, insufficienze mentali…
Angosce di morte, separazione e perdita sono presenti prima che il
bambino ne abbia un’idea.
Concetto di morte: per il b piccolo non esiste, ma è una conseguenza di
un atto aggressivo. Sotto i 5 anni si tratta di separazione transitoria.
Malattia mortale: fino a 6/7 anni è un’aggressione o punizione da genitori
o entità trascendente. Vissuta e affrontata a seconda del momento
evolutivo e del tipo di relazioni con oggetti esterni ed interni.
Relazioni del bambino: la regressione porta a dipendenza magari quando
il b aveva raggiunto autonomia. Può avere diverse paure come dormire
solo oppure sfoghi aggressivi verso genitori e fratelli ritenuti responsabili
della malattia.
Genitori: sensi di colpa, di fallimento, inferiorità, ferite narcisistiche da
cui iperprotezione.
Variabili che influenzano il modo di affrontare la malattia:
- momento evolutivo pre-morboso
- caratteristiche della malattia
- intensità dei vissuti di colpa familiari e loro elaborazione
Ospedale: luogo della concretizzazione delle fantasie persecutorie ed
aggressive al di là dell’efficienza della struttura.
Impatto con l’ospedale
arrivati in un centro specializzato il genitore sa che la situazione è grave.
La comunicazione della diagnosi mobilita difese.
I genitori non comprendono la diagnosi ed il medico usa termini molto
tecnici per prendere le distanze da ciò che sa essere grave e spesso
mortale.
La madre può avere comportamenti regressivi investendo solo sul figlio
(come per salvarlo). Istituzione unità madre-bambino.
L’operatore deve comprendere e non ostacolare questo comportamento
per ristabilire una comunicazione.
Il padre può sentirsi impotente e fuggire nel lavoro giustificato dal
bisogno di maggior guadagni per la malattia del figlio, o negare la
malattia o cercare soluzioni “magiche”.
Il bambino: il confronto con gli altri bambini rende difficile negare il
proprio stato.
0-3 anni: fisiologica regressione.
4-10 anni: iniziale ribellione ospedalizzazione e cure, dopo può voler
conoscere la propria malattia e le cure e vanno date delle risposte.
Adolescente: più difficile regredire e accettare le cure, sta cercando
l’autonomia e la differenziazione e la malattia è un impedimento.
Fase di remissione: genitori posso essere più iperprotettivi ostacolando
l’inserimento coi coetanei come per fermare il tempo carico di incognite.
Recidiva: richiamo alla realtà e momento di rischio per èquipe e famiglia.
Operatore: dato che il b è angosciato è importante non lasciarlo nel
silenzio, ma affrontare con lui il tema della morte e lasciargli esprimere i
suoi desideri. Un interlocutore che non lo inganna ma capisce la sua
sofferenze è un valido sostegno. Deve reggere la propria impotenza,
l’insuccesso e la sofferenza per la morte di una persona con cui si era
creato un legame, per la morte di un bambino anche se irrazionale.
PAZIENTE IN RIABILITAZIONE NEUROMOTORIA
Più la malattia colpisce a lungo e in modo intenso il soggetto, più vi sono
ripercussioni in vari aspetti della vita.
Ogni individuo di fronte ad un danno cerebrale (a parte le modificazioni
cognitive, affettive, comportamentali peculiari) reagisce a modo proprio.
La prognosi relativa alla riabilitazione dipende dalla valutazione di:
 percezione accaduto
 aspettative
 assetto emozionale
 rete di supporto socio-familiare
 strategie di coping
 grado di integrità delle funzioni cognitive
Difese: (nella prima fase) negazione, rimozione, repressione.
Disturbi dell’umore: (dopo la prima fase) ansia e depressione.
PAZIENTE ANZIANO
Vecchiaia: modificazioni sul piano fisico, psichico, sociale.
Cambiamenti fisici tra 60-70 anni a cui adattarsi: peggioramento
capacità visive e uditive; diminuzione della forza muscolare, del
vigore e della prontezza; aumento delle malattie croniche
(specie neurologiche: demenza); incanutimento e perdita dei
capelli; momenti di confusione; minor resistenza ad eventi
stressanti.

Caratteristiche comuni alla terza età:
 riduzione MBT
 allungamento temi di reazione
irrigidimento nelle posizioni, nelle vecchie abitudini quindi
difficoltà a modificarsi di fronte a nuove informazioni
 declino delle capacità cognitive.
Operatori: di fronte a questi pz rallentati prova
irritazione perché lavora in modo lento, ma deve
adeguarsi ai tempi del pz. L’anziano in ospedale: va
informato sulle cure e sulla malattia. L’operatore deve
calibrare il senso di protezione con un atteggiamento
stimolante per fargli mantenere l’autonomia.
Vissuti dell’anziano di fronte all’ospedalizzazione:
1) aggressività, rifiuto e opposizione che portano a
scarsa compliance
2) dipendenza, regressione e cronicizzazione se
l’ospedale è l’unico rifugio per un anziano solo.
PAZIENTE PSICHIATRICO
SPDC: struttura all’interno dell’ospedale che accoglie pz in situazioni
psichiatriche acute, in crisi.
Crisi: da Krino significa divido, scelgo, decido. È definita da Jaspers
(1964) un punto di passaggio da cui l’individuo ne esce trasformato
trovando una nuova soluzione o andando verso la decadenza per cui
è necessaria una decisione.
Operatore: non farsi travolgere dalla crisi psicotica, vivendo la crisi
come un evento che contiene in sé sia elementi di pericolo che di
svolta verso nuovi equilibri.
SPDC: momento di passaggio per il ritorno del soggetto alle strutture
territoriali per improntare un progetto di reinserimento a tre livelli:
casa-lavoro-socialità.
Il ricovero consente la comprensione delle dinamiche
pz/famiglia/curanti, la conseguente formulazione di ipotesi
diagnostiche e l’impostazione di un progetto terapeutico
Persona ricoverata in psichiatria
ha perso il proprio ruolo, o non lo ha mai avuto, ha perso
la capacità di futurizzarsi, di sperare, di avere fiducia. È un
soggetto che si sta disgregando: il confine dell’Io sta
cedendo o è ceduto all’improvviso.
Malattia
estremo tentativo messo in atto per proteggersi dal totale
annichilimento psichico, morale, sociale, come una forma
di anestesia verso un mondo che umilia ed emargina se
non si è nessuno (Groddeck, 1933).
Purtroppo il malato mentale, esprimendo un disagio
psichico, è condannato dalla società
alla più tremenda sconfitta: l’impotenza (Galimberti,
1983).
LO STRESS E
LA SINDROME DEL BURN OUT
Stress: reazione umana universale di fronte ad
un’esperienza (vita quotidiana) che richiede un
adattamento
Salute: soddisfacente equilibrio fisiologico-psicologico e
socio-ambientale
Quindi: un soggetto di fronte ad uno “stressor” deve
ristabilire un equilibrio
Sindrome di adattamento generale (Selye, 1956):
risposta allo stress che comprende tre stadi:
• Fase di allarme: risposta fisica: attivazione sistema
•
•
nervoso simpatico da parte ormoni secreti dalle
ghiandole surrenali.
Fase di resistenza: scomparsa sintomi fisici e risposte
interne (apparente normalità).
Fase di esaurimento: il soggetto non riesce più a
resistere a stressor e può sviluppare malattie, disturbi…
Un tipo di stress che può colpire l’operatore sanitario
(soprattutto quello a contatto con situazioni a forte impatto
emotivo) è detto “SINDROME DEL BURN OUT”: bruciato,
fuso, circuitato.
Conseguenze a tre livelli:
• Operatori: somatizzazioni, frustrazioni, conflitti, apatia.
• Utenti: il contatto con il personale è dannoso,
frustrante, inefficace.
• Organizzazione: aumento assenteismo, elevato turnover del personale, diminuzione efficienza.
Caratteristiche della “sindrome del burn out”: progressivo
ritiro e distacco psicologico dal proprio lavoro e dai pazienti
per eccessivo stress o insoddisfazione.
L’operatore manifesta: perdita di interesse ed entusiasmo,
indifferenza verso il paziente, stanchezza, disturbi
psicosomatici. Si sente impotente e frustrato, crede di non
avere le risorse materiali e psicologiche per affrontare le
richieste del paziente. Si instaura un circolo vizioso.
Sintomi fisici: fatica cronica, scarso appetito, emicrania…
Sintomi psicologici: depressione, ansia, pensieri ossessivi,
fobie, disillusione, senso di inutilità…
Sintomi comportamentali:conflitti interpersonali, ritiro e
isolamento, ritardo cronico a lavoro, critica verso i colleghi…
Aspetti di personalità predisponenti allo sviluppo
della sindrome del burn-out
•
•
•
•
•
•
Rappresentazioni idealizzate di sé
Desideri di onnipotenza e di salvazione
Scarsa tolleranza alle frustrazioni
Insufficiente maturazione affettiva
Autoaspettative elevate
Bisogno di perfezione.
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