RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA
RECUPERO EDILIZIO
SICUREZZA SISMICA
RAGUSA 15 APRILE 2013
RIQUALIFICARE LE CITTÀ E IL PATRIMONIO EDILIZIO
Le sfide dell’innovazione energetica e ambientale per creare lavoro e ridurre la
spesa delle famiglie
Qualunque ragionamento che coinvolga il tema dell’edilizia in questo periodo storico non può
prescindere dalla crisi che in Italia sta colpendo così duramente il settore delle costruzioni. Una
situazione drammatica con migliaia di imprese fallite, centinaia di migliaia di posti di lavoro
scomparsi, cantieri fermi. Ma da una crisi di questa portata il settore edile non potrà uscire con le
stesse ricette che l’hanno portata a una situazione di emergenza abitativa e, al contempo, di
centinaia di migliaia di case vuote, di un impressionante consumo di suolo e, assieme, un degrado
sempre più diffuso di aree e edifici. La crisi del settore delle costruzioni non è infatti solo una crisi
di mercato, di risorse finanziarie disponibili, di difficoltà economica delle famiglie e delle
amministrazioni locali. E’ anche e soprattutto una crisi di modello. Il modello che a partire dal
Dopoguerra ha puntato su uno sviluppo quantitativo, prima per rispondere alla emergenza abitativa
e poi continuato fino ai nostri giorni intorno a un ciclo del cemento fatto di palazzi e villette,
infrastrutture stradali e autostradali, cave.
Per uscire da questa situazione occorre ridefinire le priorità di intervento, mettere al centro la
riqualificazione del patrimonio edilizio come grande sfida per recuperare ritardi e innovare il
modo di progettare e costruire. In questa sfida due emergenze si possono e devono tenere assieme.
La prima è di sicurezza del patrimonio edilizio e del territorio. Oggi la messa in sicurezza del
territorio è divenuta un’emergenza nazionale, con interi quartieri, al Sud come al Nord, costruiti in
aree di esondazione, corsi d’acqua trasformati in canali a rapido scorrimento o occlusi per costruirvi
sopra. E poi milioni di edifici costruiti, fino agli anni ’80, senza alcuna valutazione di tipo sismico e
con materiali di recupero, lavoro in nero, spesso abusivi. Il nostro Paese non ha ancora introdotto
una verifica dello stato di sicurezza e manutenzione del patrimonio edilizio, come avviene in altri
Paesi, dopo il fallimento del libretto del fabbricato. Inoltre manca un piano di intervento per
prevenire il fenomeno e mettere in sicurezza il territorio, mentre si sprecano risorse solo per riparare
i danni, 875.000 € al giorno dai drammatici fatti di Giampilieri (ottobre 2009) a fine 2011. Infine,
questi 60 anni sono segnati da una straordinaria irresponsabilità politica e sociale: il Paese è del
tutto impreparato ad affrontare il rischio sismico.
La seconda emergenza è quella energetica, perché la voce spesa per il riscaldamento, il
raffrescamento, l’acqua calda sanitaria e l’elettricità rappresenta per le famiglie una componente
sempre più rilevante nel bilancio familiare. Con tanti nuclei familiari nei quali dove tra spese per
affitto o rate del mutuo e spese energetiche si supera spesso ampiamente metà dello stipendio. In
questi qualcosa è stato fatto attraverso le detrazioni per la riqualificazione edilizia (il cosiddetto
36%) e per l’efficienza energetica (il 55%), che hanno avuto un importante successo e indicato una
strada di cambiamento. Ma se si vuole affrontare sul serio la sfida energetica bisogna dare certezza
a questa prospettiva, ossia dare certezze agli incentivi, migliorare gli standard nelle abitazioni nuove
e da riqualificare, prevedere controlli. Dunque assumere sul serio la sfida che l’Unione Europea si è
candidata a traguardare nei prossimi anni e che in Italia ha visto in questi anni troppe opposizioni e
ritardi nell’applicazione.
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Oggi il settore delle costruzioni può essere il volano della ripresa economica, se si saprà cogliere la
sfida della innovazione e della sicurezza, puntando sulla formazione di nuove professionalità, nella
ricerca e nell’innovazione dei materiali. Battendo finalmente la piaga del lavoro nero (che si
alimenta in un sistema dequalificato) e degli omicidi bianchi. Senza dimenticare che quel vecchio e
ormai desueto modello di sviluppo ha creato lo spazio per fare del ciclo del cemento la principale
voce del bilancio delle ecomafie insieme al ciclo illegale dei rifiuti e della gestione delle cave.
Qualità e valore sociale della città possono tornare ad essere il traino dell’innovazione. C’è infatti
un mondo da rinnovare. Edifici e interi quartieri da riorganizzare per dimezzare i consumi
energetici delle famiglie, ricostruzioni con abitazioni a zero emissioni. Spazi da recuperare alla
collettività, garantendo verde e zone libere, recuperando le aree degradate della vecchia
industrializzazione e della nuova cementificazione (capannoni e non solo), siti da bonificare e da
restituire alla fruizione sociale. Ecco in una parola la sfida che ci aspetta: portare la bellezza nelle
periferie, che vuol dire edifici riqualificati ed energeticamente convenienti, spazi per la vita sociale.
Una strategia per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente
L’obiettivo più importante in termini quantitativi, ossia gli interventi di miglioramento delle
prestazioni energetiche del patrimonio edilizio esistente. La sfida è ora nel muovere una diffusa
riqualificazione energetica capace di centrare precisi target di riduzione dei consumi, ma anche di
adeguamento delle abitazioni alle nuove domande delle famiglie, a un miglioramento del comfort,
della sicurezza statica. Risulta necessario spingere la riqualificazione con incentivi più efficaci
rispetto a quelli in vigore, capaci di valorizzare proprio il nuovo strumento della certificazione
energetica. Perché se l’obiettivo è la riduzione dei consumi energetici, la direzione da prendere è
quella di incentivare gli interventi capaci di realizzare uno scatto di classe di appartenenza (ad
esempio passando dalla E alla C, dalla D alla B o alla C, e per chi raggiunge la A) in appartamenti o
complessi immobiliari. In questo modo si può arrivare a ridurre realmente i consumi energetici e
quindi le bollette delle famiglie.
1) Confermare e rimodulare le detrazioni per gli interventi di efficienza energetica.
Le detrazioni fiscali del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica devono essere
confermati e rimodulati per realizzare riduzioni dei consumi energetici, e dunque delle bollette,
ma anche interventi di messa in sicurezza statica degli edifici. In particolare la ridefinizione degli
incentivi deve andare a premiare i contributi apportati dai diversi interventi e dalle tecnologie in
termini di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. In questo modo si possono
premiare le tecnologie più efficienti e meno costose e a beneficiarne sarebbero le famiglie in termini
di riduzione delle bollette.
2) Introdurre un nuovo sistema di incentivo per la riqualificazione dei condomini.
E’ necessario un nuovo sistema di incentivo per la riqualificazione energetica che consenta di
dimezzare i consumi negli edifici condominiali, dove vivono circa 24 milioni di persone in Italia
e dove molto spesso i consumi energetici sono più alti della già elevata media nazionale, in
particolare se costruiti dopo gli anni ‘50. Legambiente ha elaborato una proposta che guarda, in
particolare, al “Green Deal” introdotto nel Regno Unito, che permette di realizzare interventi a
costo zero per le famiglie, interamente ripagati con il risparmio ottenuto dai consumi. La soluzione
ideale sarebbe quella di introdurre una nuova scheda nel sistema dei titoli di efficienza energetica
(TEE), basata sui valori derivanti dalla certificazione energetica delle abitazioni prima e dopo
l'intervento, che premierebbe la riqualificazione globale dell'edificio. Gli interventi di
miglioramento delle prestazioni energetiche potrebbero essere realizzati da ESCo, in accordo con le
imprese di costruzioni, che si impegnano a garantire il raggiungimento dei risultati. Sulla base di
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una simulazione effettuata su edifici condominiali a Milano, Roma e Bari il rientro medio attraverso
gli incentivi varia in un range del 31-36%, cui si aggiunge il vantaggio legato al meccanismo delle
ESCo e dunque la possibilità di legare agli interventi dei contratti di gestione del riscaldamento
condominiale per il cofinanziamento degli interventi. Gli inquilini beneficerebbero così, da subito,
di una riduzione in bolletta e del migliore comfort estivo e invernale. E, a seconda dell'intervento e
del contributo, avrebbero una riduzione delle bollette per il riscaldamento pari a circa il 50% entro
un massimo di 11 anni, per una cifra che varia dagli 800 e ai 1.300 euro l'anno. Dai calcoli effettuati
finora a livello nazionale, l'intervento su 200 mila alloggi all'anno (14 mila condomini circa)
metterebbe in moto investimenti per 3 miliardi di euro, creando almeno 120 mila nuovi posti di
lavoro per tutto il periodo 2014-2020.
3) Riqualificare il patrimonio edilizio pubblico.
Un ulteriore intervento riguarda il patrimonio edilizio pubblico. La nuova Direttiva sull’efficienza
energetica in edilizia prevede precisi obblighi di riqualificazione per le amministrazioni pubbliche,
e in questa direzione Comuni, Province e Regioni possono dare un esempio concreto di quanto la
sostenibilità in edilizia porti ad un risparmio sia di emissioni climalteranti sia dei costi della bolletta
energetica. Occorre superare i vincoli posti dal Patto di Stabilità nel caso di interventi che
migliorino l’efficienza energetica. Agli Enti Locali deve essere data la possibilità di realizzare
questi interventi direttamente, o attraverso ESCo, in tutti i casi in cui è dimostrata la riduzione
complessiva di spesa realizzata grazie agli interventi e la fattibilità tecnica e finanziaria
dell’intervento.
Una regia nazionale per l’innovazione in edilizia.
E’ infatti rilevante la sfida che le Direttive Europee hanno aperto nei diversi Paesi con una
transizione energetica già definita attraverso obiettivi e riferimenti con scadenze precise, per cui dal
2021 tutti i nuovi edifici, pubblici e privati, dovranno essere “neutrali” da un punto di vista
energetico. E dunque essere progettati e costruiti per non avere bisogno di impianti di riscaldamento
o raffrescamento e eventualmente produrre l’energia da fonti rinnovabili. Una prospettiva ambiziosa
come quella prevista dalle Direttive ha bisogno di essere accompagnata da riferimenti chiari e
certi. Al contrario la differenza di regole e obiettivi in vigore nelle Regioni (e persino nei Comuni)
e, soprattutto, i ritardi nel recepimento dei riferimenti europei rappresentano oggi una evidente
barriera lamentata da tutti gli operatori del settore. Finalmente, con lo schema di DPR approvato dal
Consiglio dei Ministri il 15 febbraio 2013, si è colmato almeno in parte il ritardo normativo e dato
risposta alla procedura di infrazione aperta dall’Unione Europea sul recepimento della Direttiva
2002/91, in merito all’accreditamento dei certificatori energetici e sui controlli degli impianti di
climatizzazione invernale ed estiva. Rimangono però ancora da recepire le regole per quanto
riguarda i controlli e le sanzioni per gli attestati di certificazione energetica degli edifici, i livelli
ottimali di prestazioni per gli edifici nuovi ed esistenti. Nessuno può pensare che l’insieme di queste
nuove regole faccia la fine della Legge 10/1991, la cui fallimentare applicazione è alla base di molti
ritardi del nostro Paese in questo settore. Semplicemente perché l’Unione Europea vigilerà
sull’attuazione delle direttive con verifiche continue e procedure di infrazione per l’applicazione di
ogni singola questione. Del resto oggi è forte la domanda di una regia nazionale per accompagnare
il processo nei prossimi anni e in particolare per superare una situazione a macchia di leopardo
rispetto alla legislazione regionale sulle prestazioni energetiche degli edifici e il contributo delle
fonti rinnovabili. Riferimenti nazionali risultano indispensabili anche per chiarire gli ambiti di
intervento dei regolamenti, perché in questi anni hanno progressivamente allargato il campo
dell’attenzione fino a inventarsi competenze di dubbia legittimità giuridica.
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In attuazione delle Direttive europee si devono fissare i riferimenti normativi che valgano su tutto il
territorio nazionale, e che le Regioni possono dettagliare ma senza vuoti normativi o contraddizioni.
In particolare è fondamentale un intervento in materia di prestazioni energetiche e di certificazione,
perché le classi degli edifici devono diventare un riferimento imprescindibile e credibile per tutti gli
operatori. E poi un intervento che dia certezze rispetto alle regole sull’accreditamento dei
certificatori, sui controlli e le sanzioni. In particolare bisogna istituire sistemi di controllo
indipendenti su tutti gli Attestati di Certificazione Energetica rilasciati, uniformando quanto
previsto dalle singole Regioni. Al tema dei controlli si deve affiancare quello delle sanzioni, da
applicare nei casi di mancata redazione dell’ ACE nel caso di compravendite di immobili, di
annunci immobiliari non provvisti di schede di certificazione, di mancata esposizione della targa
energetica per gli edifici pubblici.
Per spingere questa direzione di innovazione occorre per gli edifici di nuova costruzione stabilire
da subito un obbligo minimo di Classe A per tutti i nuovi interventi. Questo obiettivo, oggi a
portata di mano da un punto di vista economico e tecnico, permetterebbe di preparare il settore delle
costruzioni alla scadenza del 1° gennaio 2021. E permetterebbe praticamente di azzerare le bollette
delle famiglie, anche grazie al contributo delle fonti rinnovabili ai fabbisogni elettrici e termici già
previsto dalle Direttive.
4) Intervenire sulla messa in sicurezza degli edifici.
La messa in sicurezza del patrimonio edilizio in un territorio tanto fragile quanto a rischio anche per
la costruzione di nuove case legali o abusive come l’Italia risulta un fattore determinante per la
nascita di un nuovo modello di costruzioni. E’ necessario quindi aggiornare l’apparato normativo
anche per quanto riguarda gli aspetti di sismica e statica. Occorre in particolare introdurre
l’obbligo che ogni edificio sia dotato di un libretto del fabbricato, per garantire i cittadini della
sicurezza statica e delle prestazioni energetiche come prevedono le Direttive europee. Per spingere
questi interventi si dovrebbero introdurre incentivi sotto la forma di detrazioni fiscali sia per la
redazione del libretto che per la certificazione energetica, oltre che per la messa in sicurezza statica
e il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.
Introdurre nella filiera delle costruzioni l’utilizzo di inerti riciclati.
Si deve intervenire rispetto all’impatto ambientale del settore delle costruzioni, riducendo il
prelievo di materiali da cava. E’ possibile farlo premiando nei Capitolati di Appalto i materiali
provenienti da inerti riciclati rendendoli, al tempo stesso, obbligatori in quei casi in cui non ci siano
impedimenti tecnici documentati. Questo porterebbe, come si è fatto negli altri Paesi europei, alla
riduzionedel numero di cave attive e ad un aumento dei posti di lavoro prodotti dalla filiera. Per
uscire finalmente da una situazione di grandi guadagni privati e di rilevanti impatti nel paesaggio, a
fronte di canoni irrisori, occorre introdurre in ogni Regione canoni di concessione come quelli in
vigore in Gran Bretagna, al 20% del prezzo di vendita.
Il “mercato” potenziale di questi interventi è considerevole. Una diffusa
riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati esistenti in Italia, con una
gestione efficiente dei consumi energetici, il miglioramento della qualità e
sostenibilità degli interventi, la creazione di una vera e propria filiera di recupero e
riutilizzo dei materiali inerti in edilizia, permetterebbe di creare almeno 600 mila
nuovi posti di lavoro a regime, che possono arrivare a circa 1 milione considerando
tutto l’indotto della filiera delle costruzioni.
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DOCUMENTO Abitazioni e città sostenibili