Sociologia dei processi culturali e comunicativi (Lettere A-E) a.a. 2013-2014 Prof. Pierpaolo Donati Tutor: dott.ssa Elena Macchioni Denys Cuche La nozione di cultura nelle scienze sociali Il Mulino itinerario del termine ‘cultura’ • Origine sociale e genealogia • Evoluzione semantica del termine e del concetto scientifico (spazio concettuale amplissimo e polidimensionale) • Nessi con la storia delle idee Concezione classica della cultura Attività con cui l’uomo colit se ipsum (coltiva se stesso) per sviluppare le proprie capacità specificamente umane In termine ‘Cultura’ deriva dal latino Colere (participio passato colitum) che significa coltivare (coltivato): per es. coltivare i campi Il filo rosso del libro di Cuche Il concetto di cultura è necessario per concepire l’unità dell’umanità, al di là di ogni diversità, in termini differenti da quelli biologici Dall’adattamento biologico a quello culturale L’uomo è essenzialmente plasmato dalla cultura. Il processo che ha condotto all’Homo sapiens sapiens consiste fondamentalmente nel passaggio – rispetto all’ambiente naturale - da un adattamento genetico a un adattamento culturale. ATTENZIONE: però non è un passaggio di continua evoluzione lineare (Darwin), ma è un continuo intreccio fra il biologico e il culturale Nell’evoluzione la cultura tende a sostituire la natura (bios) Nel corso dell’evoluzione, si è verificata una straordinaria regressione degli ‘istinti’ e taluni sensi fisici, «sostituiti» progressivamente dalla cultura, che si rivela molto più funzionale dell’adattamento genetico, perché più flessibile e trasmissibile intenzionalmente da parte di ogni generazione. La cultura permette all’uomo non solo di adattarsi, ma anche di adattare l’ambiente ai suoi bisogni e progetti, rendendo possibili la trasformazione della natura Il difficile rapporto fra natura e cultura Il concetto di cultura tende a modificare le spiegazioni dei comportamenti umani in termini naturali. Niente sembra più ‘puramente’ naturale: anche i bisogni fisiologici sono in qualche misura plasmati dalla cultura. Per esempio, le differenze fra i sessi nelle identità sociali e nei ruoli sociali, - che per lungo tempo sono assimilate a proprietà biologiche particolari - sono sempre meno osservabili “allo stato naturale”, poiché nelle società umane le identità e la divisione sessuale dei ruoli è forgiata in buona misura dalla cultura. Natura e cultura sono sempre in interazione fra loro “… se è vero che la natura ha espulso l’uomo, e che la società persiste a opprimerlo, l’uomo può almeno rovesciare a proprio vantaggio i poli del dilemma, e ricercare la società della natura per meditare in essa sulla natura della società (…) La società appartiene all’ambito della cultura, mentre la famiglia è l’emanazione, a livello sociale, di quei requisiti naturali senza i quali non ci potrebbe essere la società, né, in fondo, il genere umano (…) l’uomo può vincere la natura solo conformandosi alle sue leggi. Perciò la società deve dare alla famiglia un quid di riconoscimento” (C. Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino, 1967, pp. 92 e 176). L’accezione corrente di cultura Significa, erudizione dello spirito, istruzione, specifico patrimonio di conoscenze di cui una persona si è dotata nel processo di socializzazione La cultura nel mondo antico Nell’antica Grecia e a Roma non c’è ancora il concetto di cultura, che viene espresso con i concetti di paidéia (greco) e di humanitas (latino): questi concetti indicano la massima approssimazione al modello di uomo pienamente realizzato, grazie a un processo di educazione all’esercizio delle migliori virtù umane. Cultura come ‘umanizzazione’ I concetti di paidéia e di humanitas identificano il processo di umanizzazione dell’uomo, inteso come: • acquisizione e sviluppo delle facoltà umane più elevate • formazione generale dell’uomo e del cittadino • contrapposizione al mondo barbaro Già a partire dal mondo greco si oppongono due modelli (sofista e anti-sofista , cioè cultura come capacità di eloquio/immagine) e come capacità di merito/rispecchiamento nel Bene): (I) I sofisti sostengono l’inaccessibilità della conoscenza assoluta, e ritengono che essere saggi («cultura») significhi capacità di eloquenza, quale mezzo per poter partecipare alla vita dello Stato. (II) Altri (Platone Repubblica, libro VII) ritengono invece che la saggezza («cultura») miri alla verità attraverso un tirocinio nelle discipline tradizionali e uno più lungo nella matematica, prima dell’approdo alla filosofia vera e propria: la saggezza culmina nella conoscenza del Bene. La cultura (nel senso classico, fino alla prima modernità) • Denominatore comune è la qualità ‘aristocratica’ • Virtù civili, • Pienezza della cittadinanza politica, • Realizzazione dell’umanità degli uomini liberi La cesura fra il mondo classico e il mondo moderno avviene su questo spartiacque: Dalla Humanitas (Cicerone) (cultura come) coltivare la natura secondo le proprie potenzialità alla BILDUNG (cultura tedesca) (cultura come) costruire l’uomo secondo le sue capacità (artificiali) di creatività e invenzione La cultura nell’accezione comune moderna Specifico patrimonio di conoscenze a carattere universale di cui una persona si è impadronita. Cultura, simbolico, senso «L’uso della nozione di cultura introduce direttamente all’ordine simbolico, alla sfera del senso, vale a dire a ciò su cui è più difficile intendersi» (Cuche p. 8) N.B. la duplice accezione della parola ‘senso’: senso come significato (il simbolo: Cuche) e come percezione sensibile (senso empirico: Luhmann) Acculturazione e identità Acculturazione (p. 9): l’incontro fra culture si realizza secondo svariate modalità (lo vedremo nel libro ‘Oltre il multiculturalismo’) Cultura e identità (p. 10): l’identità culturale di un gruppo determinato può essere compresa solo studiandone le relazioni con i gruppi vicini (Cuche cap. VI) Nascita del concetto moderno di cultura Il senso figurato del termine comincia ad imporsi nel 1700 e fa il suo ingresso nel Dictionnaire de l’Académie Française nel 1718, dove è spesso seguita da un complemento (cultura delle arti, delle lettere, delle scienze, dell’agricoltura) Generalizzazione del concetto di cultura Progressivamente il termine culture si libera dei complementi e finisce per essere adoperato solo per indicare la formazione, l’educazione dello spirito, l’azione di istruire. Infine si passa alla culture come condizione, uso legittimato dall’Académie (ed. 1798), che disapprova «uno spirito naturale e senza cultura», sottolineando un’opposizione concettuale fra natura e cultura La cultura secondo l’illuminismo Il concetto di culture è parte integrante dell’ideologia degli Illuministi, per i quali I’opposizione fra natura e cultura è fondamentale. Il termine è usato al singolare e designa la somma delle conoscenze accumulate e tramandate da tutta l’umanità nella sua evoluzione, riflettendo così l’universalismo e l’umanesimo dei Philosophes. La cultura come dimensione distintiva dell’umano In questo contesto la cultura è il carattere proprio dell’Uomo (CONTRO LA NATURA), al di là delle distinzioni fra i popoli e le classi sociali, e condivide l’ottimismo del momento, fondato sulla fiducia nella perfettibilità dell’essere umano. Il progresso nasce dalla sempre maggiore estensione della cultura intesa come istruzione. Kultur nella visione tedesca In Germania, il termine Kultur nasce nello stesso periodo e con lo stesso significato, ma cambia rapidamente in senso più limitativo dell’omologo francese, come caratteristica (particolare) di un popolo, e in compenso acquista una più vasta popolarità. Kultur come espressione della borghesia tedesca Il senso figurato del termine piace alla borghesia intellettuale tedesca - esclusa dall’azione politica da un’aristocrazia chiusa e arrogante - e se ne serve per dar voce al suo risentimento, contrapponendo l’autenticità e la profondità dei valori “spirituali” alla superficiale e insincera imitazione della corte francese. Due concetti: cultura e civilizzazione Nella stessa sfera semantica (riflettendo cioè le stesse concezioni fondamentali di culture), nella lingua francese del 1700 esplode un altro termine destinato a grande fortuna: Civilisation. Le due parole hanno quasi il medesimo significato, ma non coincidono del tutto: l’una evoca più i progressi individuali (e inerenti la soggettività), l’altra più quelli collettivi (e inerenti ai progressi tecnologici e materiali). Cultura e civilizzazione Gli intellettuali tedeschi rimproverano alla classe al potere di trascurare le arti e la letteratura, favorendo una superficiale e frivola “civilizzazione”. Nel contrasto fra cultura e civilizzazione si rispecchiano così sistemi di valori contrapposti: da una parte l’autenticità, l’arricchimento intellettuale e spirituale, dall’altra solo brillante apparenza e raffinata leggerezza. Kultur come espressione di un ceto intellettuale La borghesia intellettuale si sente l’unica depositaria della cultura tedesca, contro la nobiltà e il popolino che ne sono privi, sviluppando così, nel passaggio dal piano sociale a quello politico, una concezione sempre più elevata della sua missione in nome della cultura, come portavoce della coscienza nazionale. Il contrasto Francia/Germania Nel corso dell’800 si radicalizza il contrasto fra la Kultur tedesca, territoriale e nazionalista, e la Culture/Civilisation francese, elettiva e cosmopolita. L’etnologia Il termine emerge alla fine del ’700 con il significato di “studio dei gruppi umani”, ma ha subito numerosi spostamenti di significato nel corso del tempo. Usato inizialmente nell’accezione fisica (studio e classificazione delle razze), ha finito per designare nel ’900 l’insieme delle discipline che studiano le società “primitive” (per estensione tutte quelle prive di scrittura). La nascita dell’etnologia nel XIX secolo Solo lentamente gli studiosi europei si rendono conto di quanto sia complessa la realtà culturale dei popoli “primitivi”, apparentemente semplici da descrivere e da capire. Varie concezioni dell’evoluzione umana (Marx, Durkheim, Parsons) Le caratteristiche dell’etnologia Implicazioni della nuova scienza 1. Postulato dell’unità dell’uomo e tentativo di concepire la diversità nell’unità 2. Attribuzione di un contenuto puramente descrittivo al termine cultura. 3. Non si tratta più di dire ciò che la cultura deve essere, ma di descrivere ciò che essa è. Due modi di fare etnologia Esplorazione simultanea di due vie: • Privilegio dell’unità e minimizzazione delle diversità, considerata temporanea e ‘marginale’, dentro uno schema evoluzionistico • Privilegio della diversità e dimostrazione che essa è compatibile con l’unità fondamentale dell’umanità (e pluribus unum). Dalla cultura del XIX sec. a quella del XX sec. (postmoderna) L’etnologia: 1) Come strumento per sottolineare le diversità più che l’unità (per es. le strutture familiari) 2) Per contrapporre l’artificiale al naturale (per es. cultura cibernetica) 3) Per contrapporre il descrittivo al normativo (per es. la famiglia: da C. Lévi-Strauss a U. Beck) L’invenzione del concetto scientifico di cultura (cap. 2) Edward Burnett Tylor fu il primo antropologo ad accostarsi ai fatti culturali con intento generale e sistematico e a dedicarsi allo studio della cultura in tutti i tipi di società e in tutti i suoi aspetti, materiali e simbolici, sostenendo che il termine ‘cultura’ va applicato alle pratiche sociali quotidiane di ogni comunità. Edward Burnett Tylor (1832-1917) Tylor: Definizione di cultura La cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più vasto, è quell’insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine che l’uomo acquisisce come membro di una società. Edward Burnett Tylor (1832–1917) Primitive Culture, 1871. Boas: concezione particolaristica della cultura Plasticità, instabilità, meticciato dei gruppi umani È la cultura a spiegare le diversità e non la natura (“razza”) Studio delle culture e non della cultura Relativismo culturale Franz Boas (1858-1942) Sumner: etnocentrismo «Etnocentrismo è il termine tecnico che designa una concezione per la quale il proprio gruppo è considerato il centro di ogni cosa, e tutti gli altri sono classificati e valutati in rapporto ad esso. (…) Ogni gruppo ritiene che i propri folkways siano gli unici giusti e, se osserva che altri gruppi hanno folkways diversi, li considera con disprezzo.» W.G. Sumner, Folkways (Costumi di gruppo), 1906 William Graham Sumner (1840-1910) Durkheim: l’approccio della sociologia positivista alla cultura Durkheim non utilizza molto il concetto di cultura, cui peraltro preferisce civilisation, ma contribuisce ugualmente ad espellerne i presupposti ideologici. Concezione ‘obiettiva’ e non normativa della civiltà: in realtà c’è la normatività del positivismo che erige il fatto a norma. Le regole del metodo positivista in sociologia della cultura Durkheim enuncia delle regole del metodo sociologico, fra le quali: 1) Trattare i fatti sociali come ‘cose’ (reifica i fenomeni sociali) 2) I comportamenti ‘normali’ sono quelli statisticamente più diffusi (a prescindere dai valori che incorporano) La cultura come coscienza collettiva in Durkheim Secondo Durkheim i fenomeni sociali hanno necessariamente una dimensione culturale poiché sono anche fenomeni simbolici e non esistono differenze “naturali” tra primitivi e civilizzati. Coscienza collettiva che precede l’individuo, lo domina e lo trascende. La coscienza collettiva è l’insieme delle rappresentazioni mentali condivise da un gruppo sociale. Ogni popolo ha una cultura perché ha una ‘religione’ (la cultura è religio) In un famoso articolo, Durkheim afferma: «La civiltà di un popolo non è nient’altro che l’insieme dei suoi fenomeni sociali; e parlare di popoli incolti, “senza civiltà”, di popoli naturali (Naturvölker), è parlare di cose che non esistono».«De quelques formes primitives de classification», L’Année sociologique, 1901 Per Durkheim la società è religio (religione), ovvero religo (legame) lo ritroveremo in AGIL di Parsons Cap. 3 Il trionfo del concetto di cultura E’ legato allo sviluppo delle scienze sociali negli Stati Uniti per il fatto che questo Paese è stato fin dall’inizio un Paese di immigrati di diverse origini culturali: Melting pot Salad bowl La ricerca sistematica sul concetto di cultura avviene negli Stati Uniti, senza mai assistere ad un particolare declino. Antropologia culturale = antropologia (nord)-Americana La consacrazione scientifica del termine “cultura” avviene in America PERCHÉ? LA RICERCA SCIENTIFICA NON è MAI DEL TUTTO INDIPENDENTE DAL CONTESTO NEL QUALE SI SVILUPPA Si veda: Federalismo culturale la nascita della sociologia americana il tema dell’immigrazione (Scuola di Chicago) Antropologia americana: CULTURALISTA Tre correnti: 1) Esamina la cultura come storia culturale 2) Chiarisce ed esamina i rapporti fra cultura e personalità [3) Cultura intesa come sistema di comunicazione fra individui ANALISI FUNZIONALISTA DELLA CULTURA: MALINOWSKI Malinowski (1884-1942), antropologo inglese di origine polacca. Ciò che conta non è che questo o quel tratto siano presenti qui o là, ma che svolgano una determinata FUNZIONE rispetto alla totalità della cultura. Ogni cultura costituisce un sistema in cui diversi elementi sono interdipendenti. Lettura sincronica della cultura a partire dai suoi elementi contemporanei. Merito: introduzione della metodologia dell’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE (come evitare l’etnocentrismo). Malinowski: l’approccio funzionalistico alla cultura (pp.40 e ss.) Ogni cultura deve essere analizzata in una prospettiva sincronica, a partire dalla sola osservazione dei suoi dati contemporanei. In opposizione all’evoluzionismo rivolto al futuro, al diffusionismo rivolto al passato, Malinowski propone il funzionalismo concentrato sul presente, unico spazio per lo studio obiettivo delle società umane B. Malinowski, A scientific theory of culture, 1944 Bronislaw Malinowski (1872-1950) funzionalismo = presente diffusionismo = passato evoluzionismo= futuro La cultura è un sistema coerente, tutti gli elementi si armonizzano al suo interno. Il sistema diventa equilibrato e razionale. Ogni cultura tende a conservarsi identica a se stessa. Il cambiamento culturale è sempre esogeno e avviene attraverso il contatto culturale (Malinowski). TEORIA DEI BISOGNI (A Scientific Theory of Culture, 1944) Gli elementi costitutivi di una cultura hanno la funzione di soddisfare bisogni essenziali dell’uomo. [Influenza delle scienze naturali]. L’individuo avverte una serie di bisogni fisiologici che vanno a determinare degli imperativi. La cultura è la risposta a questi imperativi. Le ISTITUZIONI sono le risposte – soluzioni collettive – ai bisogni naturali. Limite: il funzionalismo, guardando all’armonia del tutto, non è in grado di spiegare le contraddizioni culturali interne. CULTURA E PERSONALITÀ ANNI ’30 - Secondo la antropologia nord-americana, la cultura non esiste come realtà in sé (relativismo) - Quale rapporto fra individui e cultura? Scuola di “cultura e personalità”. Autori di riferimento: - Sapir (1884-1939) - Ruth Benedict (1887-1948) - Margaret Mead (1901-1978) - Ralph Linton (1893-1953) - Abram Kardiner (1891-1981) La cultura come elemento antropologico delle relazioni sociali Se la cultura è il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di una comunità, queste manifestazioni derivano da una concezione dell’Uomo e delle relazioni sociali che è la dimensione valoriale della società vedi la dimensione L (latenza) di AGIL nel secondo volume Il posto assegnato alla cultura nella visione funzionalista della società (AGIL di T. Parsons ) G Sistema psichico A Sistema organico (bios) I Sistema sociale (norme sociali) L Sistema culturale (cultural pattern) Lévi-Bruhl: la cultura come ‘mentalità • ‘Impostazione differenziale’ • Concetto di ‘Mentalità’ (per es. mentalità primitiva o ‘prelogica’ vs mentalità logica: p. 34-35) • > differenze di mentalità Il trionfo del concetto di cultura negli Stati Uniti d’America • ‘Paese di immigrati’ (scuola di Chicago) • Tre correnti teoriche: • 1) esaminare la cultura dal punto di vista della storia culturale (seguono Boas) • 2) chiarire i rapporti fra cultura (collettiva) e personalità (individuale) • 3) la cultura come sistema di comunicazione sociale (fra gli individui) Cap. 3: modello culturale, metodo di educazione e tipo di personalità dominante Alla pluralità delle culture corrisponde una pluralità di tipi di personalità Scuola di “cultura e personalità” Autori di riferimento: - Sapir (1884-1939) (pp. 42-43) - Ruth Benedict (1887-1948) e i «tipi culturali»: tipo apollineo e tipo dionisiaco - Margaret Mead (1901-1978) e la trasmissione culturale (pp. 45-47) - Ralph Linton (1893-1953) - Abram Kardiner (1891-1981): la «personalità di base» (p. 49) Ruth Benedict TIPI CULTURALI: si caratterizzano per i loro orientamenti generali e le selezioni significative che compiono fra tutte le scelte possibili a priori. Ipotesi: esiste un ARCO CULTURALE che include tutte le possibilità culturali in tutti i settori, ma ciascuna cultura mette in atto solo un segmento specifico di questo arco. Ruth Benedict PATTERN OF CULTURE (titolo della sua opera principale, 1934) Si tratta di una determinata configurazione, omogenea e coerente, uno stile e un modello che caratterizzano una cultura. Cosa rende coerente il pattern di una cultura? Gli scopi che la cultura persegue. Gli individui possono essere inconsapevoli degli scopi, ma la cultura li persegue attraverso di essi. Le istituzioni (soprattutto quelle educative) guidano gli individui nei loro comportamenti, in conformità con i valori propri. Si crea una configurazione culturale, la logica interna di una cultura. Ne discendono delle tipologizzazioni (ruolo del sociologo). Margaret Mead Problema di partenza: Come un individuo riceve la cultura? Come ne discende la personalità? - Processo di trasmissione culturale e di socializzazione della personalità - Ricerca su diversi tipi di modelli di educazione - La personalità individuale non si definisce attraverso i caratteri biologici ma attraverso il modello culturale distintivo di una determinata società che determina l’educazione del bambino. Si tratta del processo di inculturazione: la struttura della personalità, che risulta dalla trasmissione della cultura attraverso l’educazione, sarà di norma adattata al modello culturale di tale cultura. Esiste un legame stretto fra: modello culturale, metodo di educazione e tipo di personalità dominante Linton afferma che ciascuna cultura privilegia un tipo di personalità fra tutti quelli possibili, che diventa il tipo normale. Kardiner e Linton (1939) PERSONALITÀ DI BASE: una configurazione psicologica particolare propria dei membri di una determinata società, che si manifesta attraverso un certo stile di comportamenti sul quale gli individui intessono le singole varianti. SINTESI della scuola “cultura e personalità”: la cultura non può essere definita se non attraverso gli uomini che la vivono. Gli uomini e la cultura sono concepiti come due realtà distinte ma in fortissima correlazioni gli uni all’altra. Non si comprende l’una se non in rapporto all’altra. NB. L’antropologo considera l’aspetto psicologico che l’uomo ha in comune con gli altri esseri umani. - Linton la chiama personalità di base. Gli aspetti individuali della personalità pertengono alla psicologia. La scuola di “cultura e personalità” ha posto in risalto il ruolo dell’educazione in riferimento a come le culture di differenziano (vedi: riti di iniziazione). Attraverso i culturalismi il concetto di cultura si è considerevolmente arricchito: non appare più come una semplice combinazione di tratti sparsi, ma come un insieme organizzato di elementi interdipendenti; la sua organizzazione conta quanto, se non più, del suo contenuto. Distinguere fra acculturazione e inculturazione - Acculturazione si riferisce ai modi in cui avviene l’incontro e la mescolanza di culture - Inculturazione significa la struttura della personalità che risulta dalla trasmissione di una determinata cultura attraverso l’educazione (p. 47) Le lezioni dell’antropologia culturale che passano in sociologia - Il culturalismo (p. 51) - L’impostazione relativista (relativismo culturale) (p. 51) Cultura, lingua e linguaggio (p. 54) - L’ipotesi Sapir-Whorf: [il linguaggio come classificatore e organizzatore dell’esperienza sensibile] Claude Lévi-Strauss e l’analisi strutturale della cultura (p. 55) Cultura come un insieme di sistemi simbolici che esprimono la realtà fisica e quella sociale, e ancor di più, le relazioni che intercorrono fra questi due tipi di realtà e quelle che intercorrono tra gli stessi sistemi simbolici Teoria generale della magia e altri saggi, 1965, p. 44 Claude Lévi-Strauss (p. 56) Enfatizza le caratteristiche di invariabilità della cultura Ricerca gli universali culturali Culturalismo e sociologia (p. 57) • La nozione di sub-cultura (‘comunità’ urbane, contro-culture, ecc.) • La nozione di socializzazione (a partire dalla Scuola di Chicago: Thomas e Park) intesa come acquisizione dei valori e norme (=cultura) del gruppo di appartenenza L’impostazione interazionista della cultura (p. 61) • La cultura è produzione di significati generati dalle interazioni fra gli individui (vedi introduzione e pp. 79-80 di ‘Sociologia della relazione’) • Secondo G. Bateson e scuola di Paolo Alto la cultura non esiste se non per l’azione interattiva (= comunicativa) degli individui (distinguere fra il sistema culturale - che è oggettivo: vedi Karl Popper - e il livello socio-culturale delle interazioni comunicative) Problemi della sociologia della cultura • Le sopravvivenze culturali vengono analizzate attraverso il metodo comparativo fra culture • Evoluzione e mutamenti del concetto di cultura (ma non c’è evoluzionismo lineare) • Gerarchie sociali (status-ruoli) e gerarchie culturali (valori e prestigio associati agli status-ruoli nel sistema sociale) Cap. 4 Relazioni fra culture L’invenzione del concetto di ‘acculturazione’ (p. 65) L’acculturazione è un cambiamento culturale dovuto al contatto esterno con un’altra cultura (non un mutamento endogeno) (Memorandum p. 66) Roger Bastide e i quadri sociali dell’acculturazione: La relazione fra sociale e culturale (71) I fatti di acculturazione costituiscono un ‘fenomeno sociale totale’ (72) Cap. 4 Relazioni fra culture L’etnocidio (p. 73) Una tipologia di situazioni di contatti culturali (74 e ss.) L’analisi dei fenomeni di acculturazione (76) Cap. 5 Gerarchie sociali e gerarchie culturali Il meccanismo della distinzione (85) Cultura dominante e cultura dominata (86) Le culture popolari (87) La metafora del bricolage (una forma di sincretismo): l’arte del bricolage partecipa della creazione mitica (Lévi-Strauss) in contrapposizione all’invenzione tecnica fondata sulla conoscenza scientifica (91-93) Il concetto di cultura di massa (p. 93) Il concetto di ‘cultura di massa’: verso una globalizzazione della cultura Edgar Morin La produzione in serie (cultura di massa) tende a soppiantare la creatività della cultura Le culture di classe: Max Weber (imprenditori capitalisti) (96) Maurice Holbwachs (cultura operaia) (98) La cultura borghese (Bourdieu e il concetto di Habitus) (100) Edgar Morin: cultura e mass media “Si può asserire che una cultura costituisce un corpo complesso di norme, simboli, miti ed immagini che penetrano l’individuo nella sua intimità, strutturano gli istinti, orientano le emozioni. Questa penetrazione si effettua grazie a degli scambi intellettuali di proiezione e di identificazione polarizzati sui simboli, miti ed immagini della cultura come sulle personalità mitiche o reali che incarnano i valori (gli antenati, gli eroi, gli dei). Una cultura fornisce dei punti d’appoggio pratici alla vita immaginaria: nutre l’essere metà reale, metà immaginario, che ciascuno elabora all’interno di sé (la sua anima)” (L’esprit du temps. Essai sur la culture du masse, 1962) La generalizzazione dei mezzi di comunicazione di massa provoca alienazione Habitus (Bourdieu p. 101) «È un sistema di disposizioni durevoli e trasponibili, strutture strutturate predisposte a funzionare come strutture strutturanti, cioè come principi generatori e organizzatori di pratiche e di rappresentazioni che possono essere adattate al loro scopo senza presumere la consapevolezza nel perseguimento dei fini e nella padronanza delle operazioni necessarie a raggiungerli» (101) Cultura di massa = industria culturale Il termine "industria culturale" viene usato da Horkheimer e Adorno nella "Dialettica dell'Illuminismo" del 1942, in cui è illustrata "la trasformazione del progresso culturale nel suo contrario", sulla base di analisi di fenomeni sociali caratteristici della società tedesca e americana tra gli anni Trenta e Quaranta. Negli appunti precedenti la stesura si usava il termine "cultura di massa", sostituita poi con "industria culturale per eliminare l’imprecisione del termine ‘ massa’ che si riferisce sia all’insieme della popolazione sia alla sua componente (parte) popolare. Industria culturale e cultura di massa nell’elaborazione della Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Habermas) L'attenzione si incentra sulle implicazioni sociali della moderna tecnologia, cioé - sulla macchina e sul suo funzionamento (che obbedisce alle leggi della fisica e non alla “libertà” dell'uomo), - sull'organizzazione industriale - sull'”apparato” che ne deriva, la cui razionalità formale ingabbia e stritola l'uomo. Il grande imputato (ciò che aliena l’uomo), non è, marxisticamente, il capitale, ma l'organizzazione della società tecnico-industriale in quanto tale. Cap. 6 Cultura e identità Le crisi culturali vengono definite come crisi di identità (p. 105) Identità personale e identità sociale (106) Le concezioni oggettiviste e soggettiviste dell’identità culturale (107-109) La concezione relazionale e situazionale (109) Strategie identitarie (Barth) Max Weber (p. 96) La cultura è “una sezione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo”. M. Weber, L’”oggettività” conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in ID., “Il metodo delle scienze storico sociali”, tr. italiana di P. Rossi, Einaudi, Torino, 1958, p. 96. Geertz: la cultura come ricerca dei significati “Il concetto di cultura che esporrò (…) è essenzialmente semiotico. Ritenendo, insieme a Max Weber, che l’uomo è un animale impigliato nelle reti di significati che egli stesso ha tessuto, credo che l’intera cultura consista in queste reti e che perciò la loro analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale in cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato” C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1987, p.40 Cap. 7 Obiettivi e usi sociali del concetto di cultura Ogni forma di espressione collettiva diventa “cultura” (fenomeno dell’autoproclamazione). Uso sociale ≢ uso scientifico Si perde la visione di cultura intesa come sistema globale di interpretazione del mondo e di strutturazione dei comportamenti corrispondenti. Alcuni esempi: cultura politica (124); cultura d’impresa e management (126-7); cultura dell’immigrazione (il multiculturalismo 132). LA CULTURA POLITICA Contesto: - Il termine cultura è comunemente usato come sinonimo di ideologia; - In ambito scientifico il termine cultura politica emerge in riferimento ai processi di indipendenza dei paesi colonizzati e di formazione di nuovi stati nazione (carattere nazionale). Almond e Verba (1963) Studio comparativo (GB, Italia, Germania, Stati Uniti, Messico) Cosa permette l’attuazione delle istituzioni moderne? Tipologia di culture civiche TIPO DI CULTURA FOCUS STRUTTURA POLITICA Provinciale (parochial) interessi locali tradizionale e decentralizzata di assoggettamento passività degli individui autoritaria di partecipazione coinvolgimento degli individui democratica Almond e Verba 1963,The Civic Culture, Boston, Little Brown. L’attenzione dei sociologi è andata sulle sub-culture politiche Quali modelli culturali alla base dell’opposizione fra destre e sinistre? L’antropologia politica si concentra sull’idea di “politico”, privilegiando gli studi di tipo comparativo, per comprendere le relazioni con le concezioni di potere, diritto, ordine. Comprendere i significati delle azioni politiche in una società data significa riferirsi all’insieme del sistema di significati che è la cultura della società studiata LA CULTURA D’IMPRESA Contesto: mondo manageriale fine degli anni ’70 in USA Necessità: - sottolineare, in piena crisi, l’importanza del fattore umano nella produzione per avere un’adesione dei lavoratori ai core values aziendali. - Risolvere conflitti di mentalità (conseguenze di fusioni e ristrutturazioni) Uso: cultura riferita ad un sistema pensato come proprio di una collettività falsamente omogenea che influenza e determina gli atteggiamenti e comportamenti degli individui Le analisi sociologiche pongono in evidenza un universo culturale eterogeno interno all’impresa. La cultura (d’impresa) non esiste al di fuori degli individui che appartengono ad essa. La cultura emerge dalle interazioni (relazioni) fra di essi Non si possono non considerare le sub-culture che alimentano la cultura d’impresa (es. culture professionali, culture di classe) Studio di Renaud Saisaulieu (1977): esistono diversi schemi di comportamento interni all’impresa a seconda delle categorie socio-professionali 4 MODELLI CULTURALI ATTORI TIPI DI RELAZIONI operai specializzati e lavoratori non qualificati relazioni funzionali il collettivo è un rifugio contro le divisioni operai professionali, tecnici e dirigenti accettazione delle differenze e negoziazione tecnici e quadri in mobilità professionale prolungata, relazioni basate su affinità elettive e diffidenza verso gruppi costituiti internamente operai dequalificati atteggiamento di ritiro e dipendenza proprio di chi usa l’impresa come un mezzo Renaud Sainsaulieu, L’identité au travail. Les Effects culturels de l’organisation, Paris, Press de la Fnsp 1977 La cultura di impresa si colloca nell’intersezione fra le diverse subculture interne all’impresa stessa. Non coincide con il sistema dell’organizzazione interna. La cultura d’impresa è al contempo il riflesso della cultura circostante e una nuova produzione che si elabora all’interno dell’impresa attraverso la molteplicità di interazioni (relazioni) che esistono a tutti i livelli fra coloro che appartengono alla stessa organizzazione. (es. studi sugli impatti delle culture nazionali sulle culture d’impresa, Michel Crozier 1963; Iribarne 1989) “CULTURE DEGLI IMMIGRATI” e “CULTURE D’ORIGINE” Europa Anni ’70 nasce l’uso “cultura degli immigrati” Contesto: condizioni dell’integrazione; differenze culturali; le culture particolari degli immigrati vengono assimilate alla cultura d’origine. Uso: ‘Cultura d’origine’: il termine può essere fuorviante perché: la cultura non è una ‘cosa’, un bagaglio (rischio reificazione); il termine ‘origine’ è semanticamente incerto; e scarsamente operazionalizzabile; ignora il cambiamento culturale dell’immigrato e della società d’origine; ignora la posizione sociale del migrante. Per spiegare integrazione e acculturazione servono le strutture sociali e familiari del gruppo (es. Portoghesi in Francia, M. B. Rocha Trindade 1977; Africani del Sahel in Francia J. Barou 1976) Il termine “cultura della seconda generazione di immigrati” è fuorviante se inteso come trasmissione dalla prima generazione, perché: la cultura non si trasmette come i geni (non c’è ereditarietà e eredità della cultura); la cultura pratica emerge dalle relazioni che si instaurano fra gli individui; esiste una continua relazione con il contesto sociale di riferimento (si veda la differenza nell’ambito nazionale fra federalismo culturale e centralismo culturale) La ‘tradizione culturale’ e le culture dei migranti Esiste comunque la “tradizione culturale” in riferimento al proprio Paese di origine (es. tradizionalismo della disperazione, necessità di abolire le distanze, etc.) Anche la tradizione ha senso solo in un contesto sociale particolare Le culture dei migranti sono culture miste. Partendo dallo scambio (che è in realtà una relazione) avviene una mescolanza di culture, le quali, retroagendo le une sulle altre, portano all’emergere di una nuova cultura. Conclusioni: Si può fare buon uso del relativismo culturale e dell’etnocentrismo? La risposta è positiva: Relativismo & relazionalità: una distinzione necessaria (il relativo è tale in relazione a qualcosa che non lo è) «Si impone la relativizzazione del relativismo culturale» (p. 145) che è solo un principio metodologico L’universale sta al cuore del particolare (p. 147) Lo stesso per l’etnocentrismo che serve per comprendere la dialettica fra me stesso e l’altro, la dialettica della identità e della differenza (lo vedremo nei prossimi due libri ‘Sociologia della relazione’ e ‘Oltre il multiculturalismo’) FINE del libro di Denys Cuche