Alta, bruna, indolente
Rosa Mogliasso, o del piacere creativo
di Marina Rota
Lei si definisce “alta bruna e indolente”; ma non
conviene farsi ingannare dai suoi movimenti
felpati, che sono quelli di un felino pronto
all’attacco. L’indolente Rosa scrolla la massa di
capelli scuri, in pantaloni alla corsara e
romantica camicia bianca con jabot di pizzo che
la rendono simile a un’eroina d’altri tempi. E
sorride: il suo primo giallo, L’assassino
qualcosa lascia, premio Bancarella 2010,
arrivato alla settima ristampa, è stato
rappresentato come pièce al teatro Baretti, con
adattamento della stessa autrice e la direzione e
la partecipazione di Davide Livermore.
Commenta Rosa Mogliasso:“Fu ascoltando
Livermore recitare la parte di Agrippina
(divertissement tratto da G. F. Haendel) nelle
vesti di damazza romana del periodo fascista che
capii che nessuno come lui avrebbe potuto dar
voce così irresistibilmente alle mie signore-bene
torinesi. Stiamo anche scrivendo un libro
insieme, una sorta di pastiche fra il saggio e il
giallo su una misteriosa profezia: un’avventura
a due che è nata anni fa, e prosegue a
frammenti, quando Davide non è impegnato a
Philadelphia, o a Pechino, per dirigere qualche spettacolo”. Anche sul palcoscenico del Baretti ha preso vita la storia, tratta dal primo romanzo della Mogliasso,
della ricchissima e disperata Alma Peressi, in attesa di essere arrestata quale presunta responsabile di
un delitto; la storia tragicomica di una borghese affetta da un'infelicità inestinguibile, che la avvolge
“come un abito firmato che si fa fatica ad indossare”.
Rosa Mogliasso è approdata alla scrittura di genere (“perché non mi andava di scrivere dei miei
turbamenti esistenziali”) dopo la sua esperienza di svariati lavori “rigorosamente poco remunerativi’
, come tiene a chiarire: da quello di figurante al Teatro Regio che l’ha mantenuta agli studi fino alla
Laurea in Storia e Critica del Cinema con Gianni Rondolino a un impiego alla Fondazione Ingegneri;
dall’insegnamento del nuoto e dello sci alla vendita di case sulla Costa Azzurra, attirando, fin dalla
sua opera prima, l’attenzione entusiasta di lettrici quali Margherita Oggero e Luciana Littizzetto.
Merito delle sue trame avvincenti che, pur non disdegnando né particolari trucidi, né dettagli erotici,
non rinunciano a uno stile divertito e divertente. Nei dialoghi di vivacità irresistibile, nello stile
altalenante dalle schegge dialettali alle citazioni colte si intuisce il divertimento l'autrice nel giocare
con le parole. Si può proprio parlare, nel caso della Mogliasso, di una felicità di scrittura, che le
permette, in linea con l’insegnamento dell’ormai riconosciuta scuola torinese da Fruttero&Lucentini
in poi, di parlare di aberrazione e orrore con ironica leggerezza, come nell’atto di sorbire una tazza di
tè. Insomma, con understatement sabaudo... “L’ironia d’altronde, commenta, è ingrediente
necessario nella complicità fra scrittore e lettore”. Il concetto di felicità ricorre anche
nell’accattivante titolo del suo terzo romanzo, che segue a L’amore si nutre di amore, e cioè La
felicità è un muscolo volontario, titolo che la scrittrice si è “ritrovata già pronto, in quelle pieghe
dell’inconscio che si definiscono ispirazione, o fantasia”. Il successo dell’autrice è stato
replicato col suo ultimo romanzo,
Chi bacia e chi viene baciato,
ambientato fra Torino, la Costa
Azzurra e il Monferrato e in cui il
rosa si intreccia al giallo.
E tu, quando ti senti felice? “Non solo al termine dei miei romanzi, ma anche alla fine di ogni
capitolo, provo ciò che nel linguaggio psicoanalitico si definisce la conclusione della Gestalt. Allora
mi accendo una sigaretta, e sorrido, perché nulla per me è pari al piacere creativo”. I capitoli dei
suoi romanzi, infatti, si potrebbero definire degli sketch, e ognuno, col suo titolo accattivante (“If
You pay cash You pay less”, ”Se una donna va in erboristeria non ha una vita sessuale
soddisfacente” “Piè 'n crep”...) è leggibile autonomamente. Ma da dove trae ispirazione Rosa Mogliasso per i suoi irresistibili dialoghi? “Da ogni luogo e da ogni situazione di questa città elegante e bizzarra, nella quale si potrebbe
piazzare un cadavere ovunque, dal Museo Egizio all’Auditorium e in cui basta saper ascoltare per
trasformare uno scambio di battute in un racconto”.
Un esempio?
“Una sera, durante una splendida esecuzione della Sinfonia n. 41 Jupiter di Mozart all’Auditorium,
tre amiche di mezza età, sedute davanti a me, hanno continuato per tutto il concerto a parlare e
scartare caramelle, approfittando dei momenti in cui gli archi coprivano la conversazione, e
interrompendosi durante gli intervalli. E ho pensato che, magari, in un giallo, proprio dalle
conversazioni delle disturbatrici ascoltate nella fila dietro, la mia commissaria Barbara Gillo
avrebbe potuto trarre informazioni illuminanti per le sue indagini. Ed ecco che ha preso forma un
capitolo del mio ultimo romanzo: in un mix di note di costume, citazioni musicali e passi funzionali
per la scoperta dell’assassino”
Già, Barbara Gillo, la commissaria bionda creata da Rosa Mogliasso: una bellezza algida in stile
hitchcockiano, una sorta di Grace Kelly tanto solerte sul lavoro quanto sentimentalmente pasticciona.
“Barbara Gillo, precisa la sua creatrice, è una compilation di handicap: come capita spesso alle
belle e intelligenti, è sentimentalmente insoddisfatta; fragile. confusa e scombinata. Una di quelle
donne che sembrano avere tutte le fortune e invece non riescono a cavare un ragno dal buco”. La brutta cantonata sentimentale è una tematica ricorrente nei romanzi della Mogliasso, ispirati
all’impossibilità di intrecciare relazioni soddisfacenti e stabili. Fortunatamente, però, in Chi chi
bacia e chi viene baciato, la Gillo... Oltre al suo compito di difendere Torino dagli omicidi, Barbara Gillo ha un altro impegno quasi a
tempo pieno: proteggersi come può dalle continue premure di sua sorella. “A differenza di Barbara,
Mery non ha mai perso una sua ingiustificata, entusiasta fiducia nel futuro. Nella sua qualità di
“esperta in tappezzeria esistenziale”, come si autodefinisce, cerca continuamente di accasare la
sfiduciata sorella, sommergendola di consigli di moda e benessere (dal taglio di capelli alle alghe
che ritardano la menopausa), interrogandola sui dettagli più intimi delle sue relazioni e
trascinandola a feste etniche, tombole di Capodanno e ristorantini del Quadrilatero e di San
Salvario”. E Barbara, alla quale “fa schifo la sola parola apericena”, non vede l’ora di svignarsela
come gatto Silvestro, per rincasare in santa pace e leggere Simenon o ascoltare Mozart nella sua
“paludosa solitudine”. Fortunatamente, accanto a lei c'è l’ombra saggia e rassicurante del vicecommissario Peruzzi.
“Peruzzi è il mio alter ego”, confessa la scrittrice. “Mi identifico molto in lui, così saggio e
surreale. È il personaggio che mi permette di trattare gli argomenti che amo. Poliziotto bipolare,
uomo di enciclopedica cultura, tra un’indagine e un caffé dice la sua in fatto di donne, di letteratura,
di storia e di cinema, con il candido cinismo di chi non ha niente da perdere. Nei confronti di
Barbara prova un sentimento di affetto protettivo, quasi paterno: la sorregge, se ne preoccupa”.
Intorno a questi personaggi principali si muovono borghesi altolocate appassionate d'arte povera;
parrucchiere che confondono coiffeur con coffret, mogli che troppo presto diventano “madri dei loro
mariti”, fotografi erotomani e cialtroni, appassionati frequentatori di ragazze dell’Est che “tirano
coca come aspirapolvere”... Ma come si costruisce un giallo?
“Per creare un’atmosfera d’attesa convincente per
il lettore occorre che all’inizio tutto sia possibile, a
metà probabile, ma che alla fine esista una sola
verità. Una verità non magica, ma razionale; in
quanto il lettore non deve essere preso in giro; anzi,
gli si devono fornire tutti gli strumenti per risolvere
l’intrigo, meglio ancora se col comune buon senso .
Affinché la torta lieviti, è buona regola che i morti
siano più di uno, e che gli omicidi, nella tradizione
di Agatha Christie, siano provocati da un
sentimento negativo in cui il lettore si possa
riconoscere: invidia, gelosia, lussuria… Il giallo è
in fondo una disciplina che mi obbliga a seguire un
percorso con razionalità e lucidità e a far
convergere in un punto tutte le linee narrative, pur
concedendomi il divertissement delle tante
ministorie e annotazioni contenute nei vari
capitoli”
Come nella direzione d’orchestra, insomma, occorre tenere sotto controllo tutti i gli strumenti per
comporre una sinfonia armoniosa. Un paragone, questo, non casuale, data la passione per la musica
che Rosa Mogliasso manifesta disseminando i suoi racconti di colonne sonore di qualità, da Mozart a
Schubert, a Bach, che usa tenere sempre in sottofondo quando scrive. Non a caso la scrittrice è anche autrice di un libretto d’opera, All’ombra dell’uomo montagna, tratto
da I viaggi di Gulliver, rappresentato al Teatro Verdi di Firenze, con la musica di Bruno Moretti (“un
compositore tanto schivo e timido, quanto geniale”) e la collaborazione di Controluce-Teatro
d’ombre; spettacolo dal quale è stato poi tratto, nel 2013, un libro per bambini deliziosamente
illustrato.
Potrà forse stupire che la penna di Rosa, abituata a descrivere delinquenti, poliziotti esauriti,
malvagità e delitti, si intinga del lirismo del teatro d’ombre; altra sua grande passione (“un’arte
teatrale spietata, la definisce la scrittrice, nella quale non è concesso l’errore”), ma chissà che anche
le silhouette immaginifiche di animali, velieri, lilliput e giganti in movimento, proiettate sullo
schermo bianco, non rappresentino, nella loro bidimensionalità essenziale, la natura di questa
scrittrice che scruta nell’ombra le ombre altrui, per descrivere le l’ambiguità del bene e del male che,
come gli scheletri nell’armadio delle sue famiglie borghesi, convivono nel nostro spirito.
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