La memoria del tempo... ... il tempo della memoria Il progetto dell’Università della Terza Età di Lignano È soprattutto nei luoghi che si condensa la storia di una comunità, ma i luoghi mutano, talvolta in modo talmente rapido da creare spazi e ambienti vitali diversi, modi di vita in perenne cambiamento. Coloro che sono nati a Lignano, o vi sono arrivati da piccoli, ne sono coinvolti maggiormente e tutti seguono il filo del loro raccontare attraverso testimonianze e luoghi che si ripropongono con una nuova bellezza fatta non sempre di armonie. La loro storia diventa fondamentale per la capacità di aggiungere alla memoria collettiva un frammento di esistenza individuale. Ricordare è recuperare qualcosa che non si vuole vada perduto. Il progetto “Memoria del tempo… tempo della memoria” è nato con l’obiettivo di recuperare la memoria di una città sorta poco più di cento anni fa, grazie all’interazione tra Università della Terza Età e FotoCineClub e il coinvolgimento dell’Amministrazione Comunale. Un gruppo di lavoro si è costituito, operando su quattro aree di intervento: • Ricerca delle testimonianze • Documentazione dei materiali raccolti • Realizzazione e concretizzazione dell’intervista • Incontro con gli intervistati per la stesura definitiva. I senior che hanno accettato di testimoniare la loro esperienza di vita sono stati intervistati da Nelly Del Forno Todisco, Wally Gigante Wandell, Maria Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris, le quali hanno operato sul campo, raccogliendo e registrando i racconti su appositi supporti digitali. Il lavoro sulle testimonianze è stato poi sviluppato, deregistrando le tracce audio e procedendo alla ricomposizione scritta di un testo da sottoporre all’approvazione dell’intervistato per la definizione finale. Solo in un’ultima fase si è proceduto alla stesura definitiva. Sono emerse informazioni interessanti sull’ambiente, sul paesaggio, sui lavori, sulle storie personali e sulle condizioni di vita nella Lignano dei primordi. Con una simile iniziativa, la storia della comunità si è arricchita di appassionate testimonianze. tenendo viva la cultura del territorio La raccolta di testimonianze è stata curata da Nelly Del Forno Todisco. Si sa che in un lavoro, basato sulla memoria individuale, ci potranno essere errori, carenze, lacune, dimenticanze, imprecisioni, ma sono i rischi di chi si avventura sul terreno dei ricordi. 5 “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.” Gabriel Garcia Màrquez Ho amato e amo Lignano di un amore intenso, qui ho trascorso gli anni più belli della mia giovinezza, e ho incontrato l’amore della mia vita. Ho goduto dell’azzurro del cielo, dell’oro del sole e della calda distesa marina. Una sola fila di ombrelloni, in fondo le cabine e, più in là, le dune dove andavamo a rifugiarci lontano dagli sguardi indiscreti. Un posto, già allora, “d’altri tempi“. Vi sono, poi, approdata in veste professionale e una nuova e diversa Lignano si è presentata ai miei occhi: ho conosciuto persone nuove, ripercorso luoghi, situazioni, eventi e, nel succedersi degli anni, la storia di Lignano si è dipanata davanti ai miei occhi tra luci e ombre. Penso sia stato così anche per i molti intervistati che, con inediti particolari, gustosi aneddoti e precisi ricordi, sono riusciti a portarci indietro nel tempo, alla nascita di Lignano il cui volto è stato, via via, modificato dal turismo che ha inciso sul tessuto sociale e ha contribuito alla sua crescita come maggiore località balneare della Regione. Le memorie degli intervistati, vero e proprio patrimonio di ricordi, ci mostrano una Lignano inedita e, per certi versi, sconosciuta, una Lignano da non dimenticare se vogliamo arricchirci, partecipando del passato, per migliorare il presente. A tutti gli intervistati che hanno collaborato a questa operazione editoriale va un sentito e caloroso ringraziamento, alle intervistatrici un meritato elogio per il paziente e accurato lavoro di revisione. Un grazie particolare al Presidente del Fotocineclub, Doriano Moro, per i consigli offerti nella realizzazione del progetto e per l’elaborazione delle foto che arricchiscono il testo. Un sentito ringraziamento al Sindaco dottor Silvano Delzotto, all’Assessore alla Cultura e all’Istruzione avvocato Lanfranco Sette, a tutta la Giunta Comunale per aver sostenuto l’iniziativa, anche dal punto di vista finanziario. L’intreccio fra queste forze e lo spirito di collaborazione hanno dato vita a questa pubblicazione che siamo lieti di offrire non solo all’UTE, ma a tutta la comunità e a quanti amano Lignano. prof. Nelly Del Forno Todisco 6 È con immenso entusiasmo che ringrazio i miei concittadini che hanno preso parte alla realizzazione del progetto “Memoria del tempo… tempo della memoria”, chi avrà il piacere di leggerlo non potrà che lasciarsi andare ai ricordi, alle suggestioni, e ritrovare angoli e nomi dimenticati dalla memoria, ma ben presenti nel cuore. La realtà di Lignano si è materializzata all’inizio del Novecento con la costruzione di un primo albergo, ma le sue radici storiche, culturali e religiose affondano nel suo lontano passato e si ritrovano nella vasta pineta, nella laguna e nella campagna allora poco fertile e redditizia. Con l’avvento del turismo la città si è strutturata guardando al mare, alla spiaggia fino a perdere quasi la memoria del passato legato al retroterra fatto di campi, pinete, laguna e acque. La pubblicazione vuole recuperare la memoria di quel passato attraverso i racconti degli intervistati: ognuno ha una sua storia da raccontare e dei percorsi privilegiati sui quali ama indugiare. È un ritorno alle origini, un salto nel passato, faticoso e affascinante, particolareggiato ed emozionante, che trova il suo trampolino di lancio in questo libro che siamo lieti di offrire a tutta la popolazione lignanese, perché nulla venga dimenticato e tutto ci aiuti ad apprezzare il presente e a vivere meglio il nostro domani. dott. Silvano Delzotto 7 Questo prezioso libretto contiene una raccolta a più voci di racconti, i quali, attingendo al vissuto personale, illustrano con schietta freschezza il formarsi, il crescere della comunità di Lignano durante il Novecento. Gli intervistati compongono un esauriente quadro in cui poter riconoscere nella città di oggi la persistenza del passato e soprattutto nel quale, attraverso i vari piani prospettici, poter seguire i passaggi sociali, economici, urbanistici, che hanno radicalmente mutato una selvaggia distesa di boscaglie e valli acquitrinose, in una località balneare, elegante, moderna, che tuttavia sa offrire ancora angoli incontaminati. Dalla voce degli stessi protagonisti si dipana una vera e propria epica comunitaria orgogliosa nel registrare i tanti attraversamenti, impegnativi, dolorosi, carichi di promesse, imposti da una avventura che ha fatto evolvere a centro di richiamo internazionale quello che era un borgo di braccianti e di barcaioli, in lotta quotidiana con la miseria. Pagina dopo pagina si intrecciano le peripezie di patriarcali famiglie di braccianti chini su terreni di scarsa resa o di recente e sudata bonifica, ancora infestati dalla malaria. Si rivelano impensabili scorci di polverose strade bianche, protette nella calura da annosi pioppi, pazienti nel compito di orientare verso settentrione i piccoli venditori di pesce o i contadini diretti verso i mercati settimanali nei centri della Bassa. Scorrono gli appuntamenti di feste senza pretese, rallegrate dal suono della fisarmonica, mentre a dare colori più intensi alle memorie si recuperano piccole leggende locali, come quella riguardante gli scheletri di alcuni uomini colossali, forse pirati, rinvenuti sotto un paio di querce secolari, non più esistenti. Il decennio compreso tra il 1930 e il 1940 appare nella sua funzione di spartiacque tra l’arcaico e il moderno, allorché predisponendosi il primo piano regolatore vi trovò posto il progetto di un ampio lungomare di tre chilometri, subito realizzato nel 1936, adibito a pista per aerei, ma destinato ad assumere il ruolo di coordinata primaria per ogni successivo sviluppo, assieme allo scavo della darsena. Passò la guerra, vennero gli anni della ripresa e del benessere. Lignano lottò per conquistare l’autonomia comunale, ottenuta nel 1959, svincolandosi da Latisana. L’occhio di alcuni narratori, mentre perlustra le vie e i viali di oggi o indugia sulle piazze o misura gli alti edifici, sa distinguere ancora i contorni e la fisionomia della originaria selvatica penisola, disposta tra Tagliamento e laguna, e continua a vedere, come in controluce, qui una vigna, là un orto, più oltre una macchia di rovi, e più in là infine una pineta, dimora di volpi e di serpenti. Le escursioni memoriali qui raccolte non sono viziate da sterili rimpianti, né si incrinano di fragili nostalgie: sono soprattutto un atto di amore per tutti i concittadini, di ieri e di oggi, e assumono anche il carattere di un 8 atto premuroso di cura per quanto è trascorso via, eppure resta come solido fondamento, sul quale poggiano fiduciosi i piedi degli attori attualmente impegnati sulla scena del mondo ai bordi dell’Adriatico d’opale tra Venezia e Trieste. Queste note sono dunque un dono che passa tra le generazioni, rafforzando il dialogo e l’intesa; sono un catalizzatore adatto a favorire la fusione di energie civili e collaborative nella comunità di Lignano. Nella loro semplicità consegnano inoltre agli storici del Friuli, e in generale agli storici della società italiana del secolo scorso, tanti piccoli, ma importanti contributi, utili per censire e nel dettaglio comprendere le dinamiche dei cambiamenti che in parte abbiamo prodotto, in parte subito, e che, un po’ grossolanamente, siamo soliti riassumere con la parola progresso. L’arco lungo di questo cammino si può ripercorrere in un baleno, riflettendo sulla toponomastica. Il termine Lignano pare derivi da lupignanum, ossia posto abitato dai lupi, quindi anticamente inospitale e pericoloso. Nel 1935 l’enfasi giornalistica accostò all’originario toponimo l’apposizione Sabbia d’oro, di calco si direbbe futurista: la pennellata era senza dubbio felice. L’invenzione verbale ebbe fortuna a tal punto che, da trovata pubblicitaria che era stata, si ufficializzò a esprimere con alta pertinenza la scoperta di una precisa vocazione turistica. Espandendosi quindi la città, a indicare i nuovi quartieri comparvero Lignano City, Lignano Pineta, Lignano Riviera, diciture che inducono quasi a immaginare una città lanciata verso mete avveniristiche di mondanità e di ricchezza. Lignano possiede certamente questa dimensione, o aspirazione, ma sa che sarebbe un errore porre in oblio la propria storia, con il conseguente rischio di snaturarsi. Per essere positivamente proiettati verso il domani e nello stesso momento per restare fedeli al vissuto stratificato che viene da lontano, occorre frequentare con assiduità i ricordi, e questo libro ne custodisce una cospicua messe. Con il loro aiuto si potrà costruire nella mente e nel cuore quella mappa che sola permette di oltrepassare l’affascinante fantasmagoria del presente. Si sarà così in grado di varcare le barriere della superficialità e di orientarsi in un tempo plurale, in uno spazio multiplo, pervenendo in tal modo alla conquista di una piena e illuminata cittadinanza lignanese. prof. Gianfranco Scialino critico letterario 9 30 marzo 2005 Emilio ZATTI Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Suono il campanello all’ora prestabilita anzi qualche minuto dopo, il dottor Zatti mi sta aspettando in entrata seduto accanto al telefono. Elegante in uno spezzato, pantaloni grigi e giacca di un bel verde alla moda, con gilet e papillon in tinta. Si alza, mi saluta con deferenza e mi introduce nel salotto. Ci adagiamo in comode poltrone: lui nella sua abituale davanti al caminetto, per la stagione spento, e io in una al suo fianco. Il dottor Emilio Zatti, nato a Tramonti di Sopra il 12 febbraio del 1920, è oggi sofferente di una cataratta bilaterale “ingrata“, come la definisce, che gli impedisce di vedere nitidamente le cose e soprattutto di leggere, ma per questo non vuole sottrarsi al piacere di raccontare, ponendosi una domanda, senza attendere la mia, e rispondendo subito. Che cosa era Lignano nel 1947, anno in cui io vi arrivai per la prima volta mandato dalla Prefettura di Udine per la condotta di Latisana? Era un territorio che arrivava fino al mare, senza una strada vera e propria. La strada era sterrata e polverosa, di difficile viabilità, anche perché il Comune di Latisana non sapeva se Lignano doveva essere considerata marittima o terrestre, in verità accoppiandola a Marano avrebbe dovuto essere un paese 11 marittimo e peschereccio, ma Latisana la considerò solo ed esclusivamente come una semplice frazione. E dire che uno scrittore francese, direttore di Le Monde, aveva parlato di Lignano in termini meravigliosi, definendola una località sorta “là dove nasce l’Adriatico“. Ed è proprio la confluenza di più fiumi e degli affluenti del Tagliamento a creare le condizioni di benessere climatico della nostra zona. Se lei osserva, piove in altre parti e qui no, nevica in altre parti e qui no, e lo si è visto quest’inverno, fa freddo e qui no, perché si sono formate delle correnti ventose preminenti in contrasto con quelle della bora che proviene dai Balcani. Il vento e i fiumi hanno una grande importanza e ci sono cose che si contraddistinguono rispetto ad altre. L’ubicazione stessa di Lignano, la caratteristica condizione Dottor Emilio Zatti con le infermiere climatica la portano ad uno sviluppo particolare, facendone una zona interessante sotto il profilo turistico. Riprendiamo il discorso dal suo arrivo a Lignano nel 1947 Nel 1947 sono arrivato dall’ospedale di San Vito al Tagliamento dove avevo lavorato con il professore Gabrielli, ebreo veneziano e ottimo chirurgo. Pensi che, due giorni dopo il mio arrivo, sono stato invitato da aristocratici triestini e udinesi a un ritrovo ippico per la caccia alla volpe nella zona limitrofa al punto della POA. All’epoca la penisola era il dominio delle volpi in quanto non c’era disboscamento. La zona era ricca di boschi di latifoglie e si prestava benissimo alla caccia alla volpe alla quale partecipavano numerose donne, abilissime amazzoni. Mai vista una cosa più bella e tanto interessante. Tutto era entusiasmante: c’erano più di cento cani e la selvaggina era abbondante, non mancavano fagiani e lepri. C’è un momento di silenzio… Il dott. Zatti si lascia cullare dai ricordi, guarda davanti a sé verso il caminetto 12 dove sono esposte foto in bianco e nero, sorride di un sorriso dolce e ironico allo stesso tempo, il viso arrossato nello sforzo del dire, del raccontare senza nulla dimenticare. Emilio Zatti ha una memoria pronta, snocciola nomi, riporta alla luce fatti con una lucidità che è difficile riscontrare in una persona della sua età. Mi guarda… Colonia Costanzo Ciano Possiamo riprendere il discorso, parlando della Lignano dei suoi ricordi? Lignano, allora, era solo Sabbiadoro e finiva alla Capanna d’Oro. Oltre all’Albergo Italia, c’erano due altri alberghi rinomati: l’Albergo Marin e l’Hotel Spiaggia. La famiglia Marin, il cui capostipite Angelo era stato sindaco di Marano, Lagunare, era una delle famiglie più influenti a Lignano, assieme alla famiglia Andretta, proprietaria di grandi appezzamenti di terreno. I Signori avevano scoperto questa zona per la corsa dei cavalli. Facevano delle feste, dei festival, poi se ne andavano pronti a ritornare per una battuta di caccia alla volpe o per qualche particolare ricorrenza. Gli altri erano persone in cerca di soluzioni di fortuna, strani tipi; altri ancora erano mezzadri al servizio di famiglie di grande prestigio che avevano comperato per pochi soldi terreni paludosi, come i signori Gaggia. Allora un terreno costava 100 lire al metro quadro quando il mio stipendio base era di 35.000 lire mensili. A Lignano, landa deserta, i terreni non costavano praticamente niente! Ma vivendo in un luogo si finisce con l’ancorare la propria vita a tutta la gente che ci sta intorno. Oltre agli alberghi che Lei ha nominato c’erano altre costruzioni? Gli Alberghi Marin e Spiaggia erano tutti sul lungomare, primo impatto del turista con la spiaggia e il mare Adriatico, il lungomare aveva una sua fisionomia e un interesse particolare per chi vi arrivava. Lignano, landa deserta, aveva questo splendido rettilineo di 1800 metri, misura ideale per una pista di aerei, programmato con una tecnica tale da poter sopportare anche l’urto degli aerei pesanti di oggi, fatto costruire dal 13 Prefetto Testa intorno agli anni Trenta in previsione di uno sbarco. Di bello a Lignano c’era anche la darsena pensata per le motosiluranti che, allora, erano militarmente gestite da Ante Pavelič, governatore della Croazia; la Terrazza a Mare, palafitta di legno, simbolo della Lignano dell’epoca e l’Azienda di Soggiorno, struttura territoriale di grande utilità per i turisti. Mi racconti di come Lignano diventò Comune autonomo? Un giorno alcuni lignanesi hanno indetto un’assemblea dove sono stato eletto senza avervi partecipato. Subito mi sono dato da fare perché venisse eletto presidente di quell’Assemblea il vecchio cavalier Marin. Latisana non ha capito che Lignano cominciava a essere conosciuta nell’ambito turistico europeo, che stava diventando una stazione balneare con esigenze proprie e che aveva già in sé tutti i presupposti per diventare un grande centro turistico. Cicuttin, il sindaco di allora, ha curato poco la frazione che stava crescendo con esigenze ben diverse da quelle del capoluogo. Ponte girevole da Coin, luogo della rivolta del 1958 Noi Lignanesi ci siamo dati da fare per una forma conciliativa, ma nonostante la nostra buona volontà non siamo riusciti in nulla. La società venutasi a formare aveva delle finalità ben precise, ma poca gente vi aveva aderito per paura delle repressioni del centro che potevano arrivare sotto forma di tasse. Personalmente sono stato aiutato, in definitiva, dall’ex sindaco di Latisana Casasola, un socialdemocratico. Casasola e Cicuttin si combattevano politicamente, quest’ultimo era anche amico dell’onorevole Tessitori il quale riteneva che c’erano delle cose ineluttabili e che l’autonomia era una di queste. E poi, mi dica Lei, da un comune che perde la filanda, la cantina sociale e va scemando d’importanza, che cosa ci si poteva aspettare? Sono andato a Roma con il cavaliere Marin, abbiamo incontrato gente che ci ha promesso un aiuto. Le cose però stavano andando per le lunghe. 14 Ho fatto altri viaggi nella capitale, anche con Monsignor Freschi che aveva a cuore lo sviluppo di Lignano. Ho incontrato perfino un socialista, Marangoni, che ci diede quasi un assenso, un assenso significativo per le richieste della popolazione. Quali erano le richieste della popolazione? La popolazione aveva un solo desiderio: sviluppare il centro turistico. Ma si trovava isolata e addirittura ostacolata perfino sulla richiesta di viabilità. La strada era rimasta sterrata e polverosa e così rimase fino alla costituzione del Comune autonomo. Lignano aveva bisogno di istituzioni pubbliche senza le quali il paese non poteva svilupparsi, ma Latisana rimase insensibile alle richieste. La battaglia fu lunga e logorante. Dovevamo proseguire il nostro colloquio, ma nonostante fosse ben riuscita l’operazione alla cataratta, le sue condizioni di salute si aggravarono, finché la morte lo colse il mattino del 14 novembre 2006. In me rimane il ricordo di un uomo estremamente affabile. È stato piacevole ascoltarlo riportare alla luce fatti ed eventi, snocciolare nomi con una memoria lucida, anche se con un tono di voce piuttosto basso. 04 gennaio 2008 La Signora Susanna ZATTI si è dimostrata disponibile a riprendere il dialogo interrotto e a raccontare altri fatti lignanesi e personali. Che cosa l’ha portata a Lignano? Un tempo andavamo al mare al Lido di Venezia. Un giorno sono passata con la mia amica Lisi nell’Agenzia Capri in Piazza Santo Stefano a Vienna, chiedendo un posto di villeggiatura abbastanza vicino, ci offrirono una spiaggia che stava sorgendo: Lignano. 15 Era la fine del mese di agosto: al nostro arrivo pioggia battente e spiaggia deserta. L’Albergo Spiaggia, dove siamo scese, dava direttamente sul mare. L’indomani la giornata si presentò splendida, il mare brillava sotto i raggi del sole, in spiaggia non c’era anima viva, se non il geometra Gino Bertinazzi che aveva la cabina accanto alla nostra ed era sceso alla pensione Villa Moretti. Un giorno ci invitò alla foce Albergo Capanna d’Oro -1945 del Tagliamento: la serata era splendida e al ritorno ci siamo fermati alla Capanna d’Oro, oggi uguale ad allora, ci siamo seduti all’aperto a chiacchierare, subito dopo arrivò il dottor Zatti, amico del geometra. L’incontro fu fatale, ci sposammo a gennaio dell’anno dopo: era il 1953. Mia figlia Marina è nata il 20 dicembre del 1954. Da allora abbiamo sempre vissuto a Lignano, e mai me ne vorrei andare. Lei era l’unica viennese a Lignano? No. C’era già una viennese che aveva sposato il Signor Pittoni, proprietario terriero. In casa sua, come in tutte le abitazioni del luogo, non c’era la luce elettrica e le corriere viaggiavano solo durante il periodo maggio-ottobre e la posta veniva portata da Latisana in bicicletta da un certo Raffaello. Un’altra era tedesca, Marianna, bambinaia presso una famiglia inglese di stanza a Lignano che sposò Nino De Filippis, gestore di una pensione sul viale Venezia. Da novelli sposi, dove siete andati ad abitare? Avremmo potuto comperare Villa Bignami, offertaci per cinque milioni dal cavalier Bignami, ma mio marito rifiutò. L’anno dopo il cavaliere ebbe un ictus e si trasferì definitivamente nella villa resa abitabile per l’inverno, assistito da maggiordomo, cuoco e cameriera, dove rimase fino alla morte. Mio marito lo ha seguito nel decorso della sua 16 malattia. Per testamento, ha lasciato la villa alla contessa Kechler, sua grande e cara amica. Subito dopo abbiamo acquistato per tre milioni di lire solo un piccolo appartamento qui vicino, eravamo gli unici ad abitare la zona, si vedevano le montagne cariche di neve e la laguna. Non c’era altro, fino alla chiesa il vuoto, il deserto. Abbiamo poi acquistato un vasto terreno per pochi soldi dall’avvocato Pantarotto per costruire l’ambulatorio e la casa dove ora abitiamo. E abbiamo ceduto, senza nulla guadagnare, il terreno al dottor Bruno Romanelli di Roma che ha aperto la farmacia, tuttora esistente. Una sera, rientrando da una cena con amici, abbiamo visto davanti alla farmacia un grande rospo, il dottor Romanelli disse: “Ecco, il mio unico cliente!“. In via Udine c’era l’Hotel Scarpa, dove mio marito andava a giocare a carte con don Mario Lucis, e il negozio di generi alimentari Ridolfo. Emilo Zatti - Bruno Scarpa - Elio De Minicis in via Udine - 1948 17 Mi parli di suo marito. Mio marito in qualità di medico, di amministratore e di sindaco di Lignano ha lavorato tanto ed è stato sempre molto disponibile verso tutti. Nei primi tempi a Lignano non c’erano né medici né pronto soccorso e, perciò, veniva chiamato giorno e notte al capezzale degli ammalati dell’intero territorio. Nel suo ambulatorio tutti i giorni, domenica compresa, c’era una gran fila di persone che attendevano di essere visitate e da lui curate. Mio marito è stato un grande diagnostico, solo guardando una persona sapeva diagnosticarne la malattia. Paziente ed attento alle sofferenze degli altri, ha dimostrato grande sensibilità umana ed è stato apprezzato non solo dai suoi pazienti, ma anche dai colleghi e dall’intera cittadinanza. Medico di base a tempo pieno, dunque, e dal 1960 ufficiale sanitario e responsabile dell’igiene di tutti i locali del territorio, compresa la scuola. La sua vita è stata contraddistinta dalla dedizione alla sua professione e dal suo impegno politico in qualità di segretario della DC locale. Seguace dell’onorevole Giulio Andreotti, ne ha condiviso idee e programmi, impegnandosi a livello territoriale. Eletto sindaco di Lignano nel 1975, ha realizzato molte opere pubbliche quali il nuovo municipio, il ponte di Bevazzana che collega Lignano all’entroterra, lo stadio comunale, la palestra, la scuola materna di Pineta, le scuole elementari e medie, l’istituto tecnico per il turismo, l’arena Alpe Adria. Aveva altri progetti da sviluppare, ma il suo mandato terminò. Continuò a fare politica, sedendo sia nei banchi della minoranza prima sia in quelli della maggioranza poi, e questo fino al 2002, anno in cui si ritirò dalla vita politica attiva. 18 10 novembre 2006 Rino MORO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Il Signor Rino Moro mi accoglie nel salotto di casa. È disponibile, quasi contento che qualcuno si interessi alla sua vita passata. Magro, capelli brizzolati, un po’ stempiato, parla con un marcato accento veneto, sembra più giovane dei suoi 82 anni; è nato nel 1926, il 5 febbraio, a Meduna di Livenza in provincia di Treviso. Ora ha quasi 82 anni, quanti anni aveva quando è arrivato a Lignano? Avevo nove anni. La mia famiglia era una grande famiglia patriarcale, pensi che eravamo in 83 persone. Con la morte del nonno la famiglia si è divisa. Il nostro nucleo era formato da 16 persone e si sistemò, con l’aiuto di un mediatore, nella zona ovest di Lignano Famiglia Davide Moro - Lignano 1935 19 (all’epoca la zona della chiesa era considerata periferia) di proprietà del conte Gasparini di Bassano del Grappa al quale interessava in modo particolare il numero dei componenti la famiglia: più braccia, più lavoro! In seguito alla stipula dell’accordo di mezzadria avvenuto nel mese di aprile del 1935, mio padre con una parte della nostra famiglia Chiesa parrocchiale - 1941 prese possesso della terra, come allora era d’uso, il giorno di San Pietro, il 29 giugno; mia madre, invece, rimase a Meduna con gli altri fratelli. Assieme a noi arrivarono anche le famiglie Zanata e Bonci che si sistemarono qui. La prima vicino alla Caserma della Finanza a Punta Faro e l’altra in Pineta, ora via Mezzasacca. Il terreno, a noi affidato, era adibito in parte a coltivazione e in parte a pascolo (io, infatti, fui subito mandato al pascolo con le mucche), e si estendeva dall’attuale chiesa di Lignano Sabbiadoro, dove noi abitavamo, fino all’attuale via Mezzasacca dove c’era - e fortunatamente c’è ancora - la chiesetta di San Zaccaria risalente al XV secolo, oltre c’erano solo dune di sabbia, sterpaglie, e l’attuale via Tarvisio era una strada bianca tra boschi di pini dove non c’era proprio niente. La casa colonica, dove noi abitavamo, sorgeva a fianco della quercia secolare - le racconterò poi una storia interessante sulla quercia e per arrivarci bisognava passare da via Latisana fra due grandi pioppi, il cui diametro era di oltre due metri, e attraversare un vero e proprio tunnel di rovi. L’attuale via Verona segnava il confine del nostro cortile, dove c’era l’orto adesso si trova il condominio Verona: da lì fin quasi alla laguna c’erano i nostri vigneti di uva Quercus Petraea nel luogo della casa colonica della famiglia Moro Merlot. 20 Le piaceva stare a Lignano? A quei tempi sicuramente no! Qui non c’era nulla, non un dottore, non un punto di ritrovo per i bambini. Per partorire bisognava andare a Latisana e spesso non c’era il tempo per arrivarci! Si poteva frequentare la scuola solo fino alla terza elementare. Io avevo già fatto la terza a Meduna e, quindi, non avevo contatti con altri bambini. I miei coetanei della famiglia Bidin, famiglia che era qui dai primi del Novecento, parlavano solo il friulano, mentre io parlavo solo il veneto, e capirsi era quasi un problema. Poi, le dirò qualcosa della scuola. Ero disperato. avrei voluto andarmene al più presto. Fortunatamente in estate arrivarono alcuni turisti in barca da Marano, altri da Udine e ci furono persino alcuni tedeschi e austriaci. In piazza Fontana c’era una baracca di legno e un prete venuto da fuori celebrava la Santa Messa. Passata l’estate si ripiombava nella desolazione, l’unico pensiero che avevo era quello di scappare da quel posto, aspettavo solo l’occasione propizia. Ogni quindici giorni, mio padre e mio fratello maggiore andavano a Meduna di Livenza a prendere la farina per la polenta. Un volta li convinsi a portarmi con loro: era questa l’occasione che aspettavo da tempo! L’indomani, per il viaggio di rientro, non mi feci trovare. Uscii dal mio nascondiglio un’ora dopo la loro partenza, ma mia madre e mia cognata mi convinsero, per evitare guai, a prendere la bicicletta e a raggiungerli, dicendomi: “La strada per Latisana è tutta dritta, di sicuro saranno al mercato e tu riconoscerai le loro biciclette“. Arrivato a Latisana vidi le bici, ma non ebbi il coraggio di farmi vedere da mio padre e mi nascosi nella zona di Sabbionera. Quando li vidi passare sulla strada di ritorno per Lignano, li seguii a distanza fino a Pertegada: non dimentichi che avevo solo nove anni! Faceva buio, bisognava attraversare tutta la pineta e io avevo tanta paura, nel bosco c’erano volpi e serpenti… Arrivato a casa, per mia fortuna, sono entrato senza che nessuno mi dicesse niente. Con San Martino arrivò finalmente il resto della famiglia. Fortuna volle che la mamma arrivasse di notte, altrimenti avrebbe tentato di scappare anche lei! Che cosa voleva dirmi della scuola? Come le accennavo prima, qui la scuola si poteva frequentare solo fino alla terza elementare. Nel 1935 si trovava in via Aquileia a fianco dell’attuale Villa Mucci. 21 La maestra era siciliana e parlava in modo davvero incomprensibile per noi, ragazzi veneti. Per frequentare la scuola occorrevano soldi, bisognava acquistare la tessera del “Piccolo Balilla“ del costo di 5 centesimi. Mio padre ci disse: “Quando incassiamo i soldi della vendita del latte dal Signor Tami, allora si potrà andare a scuola“. Tami abitava dove adesso c’è l’Hotel Miramare ed era il direttore dell’Ente Turistico. Il ricavato della vendita del latte delle nostre mucche per metà andava al padrone e per metà a noi, così i miei fratellini poterono finalmente andare a scuola. Nel 1936, per alcuni mesi, ho frequentato la scuola serale tenuta dalla stessa maestra. Ha particolari ricordi piacevoli? Sì, la festa di San Zaccaria, la quarta domenica di ottobre. Ci si riuniva per ascoltare la Santa Messa, noi bambini tentavamo di arrampicarci sull’albero della cuccagna e poi c’erano le corse con i sacchi, il gioco dei quattro cantoni e le pignatte di terracotta con dentro cenere, acqua, sabbia e, a volte, anche galline vive! Com’era veramente Lignano nel 1935? C’era la Terrazza a Mare in legno e una piccolissima fontana alimentata da un pozzo artesiano che dava acqua anche agli alberghi vicini. Dove oggi c’è la posta c’era l’orto della famiglia Gruer e accanto - dove adesso c’è il bar Plaza - la Villa Moretti, quelli della birra. Era una bella villa, veramente molto originale, ed è Festa del Perdon - Pineda 15 ottobre 1950 un peccato che sia stata abbattuta negli anni Sessanta per fare spazio a nuove costruzioni, più grandi, ma, per conto mio, decisamente meno belle. Sul lungomare c’erano gli Alberghi Riuniti, una bella costruzione formata dall’unione dell’Albergo Rizzani con l’Albergo Bagni. In via Udine, all’angolo con via Friuli, c’era l’Albergo Stella, un negozio di generi alimentari e una sala da ballo che il signor Bruni, l’allora proprietario dello “Stella”, metteva talvolta a disposizione di noi Lignanesi per qualche festino: 22 in quelle occasioni solitamente uno dei Fanotto suonava la fisarmonica e ci si divertiva con poco. Sempre in via Udine c’erano il negozio di barbiere, la macelleria, l’impresa edile della famiglia Sandri che costruì l’Albergo Centrale, e le baracche degli operai. In fondo alla via c’erano l’Albergo Italia, costruito da poco, e il forno Comisso. Di fronte all’Albergo Italia c’erano le Case Paolini, composte da una ventina di appartamenti abitati per lo più da operai; in precedenza queste ospitavano l’Albergo Centrale, il Dopolavoro di Milano, il Miramare e il primo Albergo Italia. Proseguendo in quella direzione, in fondo a via Carso, si trovava solamente la Caserma della Finanza e a fianco la casa della famiglia Zanata. Sul lungomare c’erano quattro o cinque ville di privati, la darsena vecchia non era ancora stata scavata, infatti il progetto è del 1933 e i lavori sono stati ultimati nel 1937, e al suo posto c’erano i casoni dei pescatori. Dove oggi c’è lo Sbarco dei Pirati c’era un pontile di legno per lo sbarco di persone e lo scarico di merci che provenivano principalmente da Precenicco e Marano. La gente veniva portata in centro da carri trainati da cavalli, mentre il materiale da costruzione era sistemato su vagoncini scorrevoli su rotaie che percorrevano tutto il lungomare. Seconda Terrazza a Mare - 1923 Ville Paolini sul viale Italia - ciclone del 1940 Pontile di sbarco in laguna 1927 - viale Italia 23 La vostra situazione familiare è poi cambiata? Sì, e sicuramente in meglio, quando al conte Gasparini è subentrato il signor Mario Andretta. Ricordo come adesso che un giorno di marzo, mentre gli uomini erano a tavola, qualcuno bussò alla porta e io andai ad aprire. Si presentarono quattro uomini, uno dei quali, tutto vestito di bianco, con uno strano accento disse: “Ma qui siete tutti uomini?“. Mio padre rispose che nell’altra stanza c’erano anche le donne e che in famiglia eravamo in diciassette. “Vivete bene?” chiese l’uomo. “No, male, qui è difficile vivere, abbiamo l’intenzione di andarcene verso Piancada o Precenicco, perché anche lavorando molto siamo pieni di debiti”. “Rimanete! Sono io il nuovo padrone delle terre. Adesso devo rientrare a Monaco, ma presto sarò di nuovo qui. Non preoccupatevi per i vostri debiti”. E rivolgendosi all’Amministratore gli ordinò di farci avere tutto ciò di cui avevamo bisogno. Così rimanemmo e la situazione pian piano migliorò. In seguito fu scavata la darsena e con la terra furono coperti gli acquitrini, colmati i canali, bonificati i terreni, costruite nuove case coloniche, letamai e silos in cemento. Vicino a noi fu costruita una nuova chiesa, inaugurata nel luglio del 1938. All’epoca tutti siamo stati colpiti dalla malaria, per curarci il medico sanitario di Latisana ci dava sacchetti di chinino e, nonostante la febbre, noi continuavamo a lavorare. E così arriviamo agli anni della seconda guerra mondiale? Eh sì! Con l’inizio della guerra inizia anche la crisi. La zona sud di Lignano, a partire dalla chiesa di Sabbiadoro fino a via Carso, fu venduta al signor Pantarotto di Udine. La parte Nord fino alla chiesa rimase al signor Andretta che in seguito comperò i terreni fino a via Miramare e poi fino a via Mezzasacca, costruendo la casa colonica “La Pergola”, vicino all’odierno Gambero Rosso, sviluppando così l’agricoltura anche in quella zona. Nel 1940 si insediò lì la famiglia Valeri, arrivata anch’essa dal Veneto, che sviluppò anche l’attività di autotrasporti. Nel 1942 la famiglia Andretta costruì vicino alla darsena, in fondo all’attuale via dei Platani, un’altra casa colonica, abitata in seguito dalla famiglia Fanotto. Con la guerra, nel 1943 arrivò anche l’esercito tedesco che inizia l’opera di difesa e di fortificazione della costa, costruendo nell’autunno del 1944 i bunker a Punta Faro e che, per il timore di uno sbarco alleato, allagò con le idrovore tutto il territorio che va da via Lovato fino alla strada per Latisana. 24 Mario Andretta è rimasto a Lignano durante tutta la guerra ed è morto d’infarto proprio dopo il terribile bombardamento americano del 1944 su Latisana, aveva circa sessant’anni. Egli aveva donato una parte della sua pineta alla Curia di Udine per dare spazio alla Colonia marina intitolata a Costanzo Ciano, oggi gestita dalla GE.TUR, e, dopo la sua morte, non abbiamo potuto più andare a fare legna in quella zona. Mario Andretta ha fatto tanto sia per la nostra famiglia sia per Lignano, è stato un personaggio dalla grande umanità e per me resterà indimenticabile. La figlia, per onorarne la memoria, ha donato alla Parrocchia il terreno a fianco della Chiesa per la costruzione della scuola materna che oggi porta il suo nome. Pantarotto ha offerto il terreno per la costruzione della Chiesa di Sabbiadoro. Ma come ha vissuto durante la guerra? Nel 1944 a Lignano c’era la TODT, un’organizzazione paramilitare tedesca che faceva lavorare i civili - anch’io vi ho lavorato, avevo allora 18 anni - per costruire dei bunker, un paio di questi rimasti ancora oggi vicino al Faro rosso. A volte di notte arrivava un aereo americano del tipo cicogna, da noi soprannominato Pippo, che mitragliava un po’ dove capitava! Gli aerei alleati sorvolavano spesso Lignano, perché prendevano come punto di riferimento la foce del fiume Tagliamento per seguire la rotta per la Germania. Possiamo dire che, tutto sommato, durante la guerra la situazione a Lignano è rimasta abbastanza tranquilla. Dopo che i Tedeschi avevano lasciato Lignano, un giorno dal mare arrivò una piccola flotta di imbarcazioni, composta da una decina fra mezzi da sbarco e cacciatorpediniere che cercavano di risalire un tratto del Tagliamento - i mezzi da sbarco potevano farlo perché pescano circa 80 cm, pochissimo - con a bordo un ottomila uomini: erano soldati tedeschi in ritirata che tentavano di mettersi in salvo, raggiungendo a piedi la vicina Austria. Vista la situazione, un partigiano, un certo Aldo Sandri, sapendo che sulla strada per Trieste stava transitando una colonna di mezzi corazzati neozelandesi, andò con un suo compagno in motocicletta fino a Palazzolo e avvertì i soldati alleati di quanto stava accadendo, convincendoli a dirottare parte della colonna verso la costa. Questi arrivarono in men che non si dica alla foce del Tagliamento e accerchiarono i Tedeschi. Senza sparare un colpo, i Tedeschi si arresero e furono portati nella zona delle Colonie e da lì allontanati un po’ per volta. Di questo episodio, dopo decenni di ricerche, sono stati trovati i verbali ufficiali dell’esercito neozelandese e il fotografo che scattò alcune immagini è morto tre anni or sono. 25 E dopo la guerra? La vita prima della guerra era quella di qualsiasi paese agricolo: lavorare i campi, tagliare l’erba per le bestie, fare legna per riscaldarsi. Finita la guerra, guai andare via da Lignano, perché qui si trovava di tutto. La mamma diceva “Fioi, andé a tor il pesce“ e noi andavamo in marina a pescarlo, per noi la marina era la laguna, lì a fianco della darsena c’erano i casoni dei pescatori. Con la bassa marea in laguna si prendevano le passere, i bisati, le anguille, le vongole e le cape lunghe. A quei tempi si potevano veramente pescare cape a quintali e talvolta si andava a venderle a Latisana, anche se si guadagnava poco. Negli anni 1946/1947 parecchia gente ha cominciato ad acquistare terreni per fabbricare. Le “nostre” terre da coltivare diventavano sempre Rino Moro e Giuseppina Prataviera - 1945 via Gorizia, sullo sfondo gli uffici postali più esigue tant’è che ogni figlio, quando si sposava, si dedicava ad altre attività. Il primo a cambiar lavoro fui io e ognuno di noi, facendo anche il muratore, si costruì la propria casetta. Praticamente così è iniziato lo sviluppo di Lignano. Anno dopo anno ho visto crescere Lignano e ne sono molto affezionato, adesso mi si stringe il cuore nel vedere come viene stravolta da tutti questi condomini alti e stretti che hanno preso il posto di casette di due, tre piani: ho paura che questa situazione allontani i turisti dalla nostra città, invece che richiamarne di nuovi. Non doveva raccontarmi una storia sulla quercia? Ah sì, brava. Deve sapere che a Lignano c’erano tre querce centenarie, anche se adesso ne è rimasta purtroppo una sola, ossia quella che era vicino a casa nostra, appena dietro la chiesa. Delle altre due, una si trovava all’inizio di via Verona, l’altra in via Carso vicino alla Caserma della Finanza. Nel 1942, quando hanno iniziato i lavori per spianare le dune, le hanno dovute sradicare e hanno trovato tre scheletri sotto la quercia di via Verona e due sotto l’altra. Erano i resti di uomini alti più di due metri e qualcuno ha pensato che fossero dei pirati sepolti in tempi lontani in casse di rovere il cui legno, germogliando, ha fatto crescere le querce. Non si sa che fine abbiano fatto le ossa, ma i teschi, si dice, siano stati utilizzati per ricavarne due lanterne! 26 10 gennaio 2007 Angela SUMMO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Angela Summo è nata il 12 maggio 1914, ha quasi 93 anni. Vive in viale Venezia, angolo via Padana, assieme alla figlia Irene e al figlio Giampaolo. È una signora magra, piccola, dall’aspetto curato, gentile e molto ospitale. Mi accoglie nel salone di casa, ricco di suppellettili e di memorie. Messa a proprio agio, incomincia a raccontare: Sono vissuta a Pola fino al 1947 poi, per le questioni politiche che tutti conoscono, da sfollata sono venuta a Lignano al seguito di un mio fratello che qui aveva la fidanzata. Mio marito era barbiere. Abbiamo trovato casa sul lungomare in una proprietà della famiglia Andretta. La casa era talmente isolata che incontravo gente soltanto la domenica, quando andavo a messa, e spesso imprecavo contro Tito che mi aveva tolto tutto, tranne la bora. Nell’appartamento c’erano quattro stanze e durante l’estate ne affittavamo tre e tutti noi dormivamo in un’unica stanza. I guadagni erano davvero scarsi. 27 Quanto tempo è rimasta in quella casa? Fino al 1956, poi siamo andati in affitto da Gigi Moro. Ricordo che non c’erano strade asfaltate e si camminava in mezzo ai boschi. C’era solo la casa della famiglia Zen, la canonica, la chiesa, punto di aggregazione della comunità, e qualche albergo sul lungomare. Si faceva la spesa da “Bruni” in via Udine dove c’era anche una macelleria e una drogheria. Per l’abbigliamento si andava a Latisana con la corriera dove il mercoledì c’era il mercato. Quando a Lignano si cominciò a costruire abbiamo comperato un terreno, prendendo in prestito dei soldi dalla Banca e una signora, conoscendo la nostra onestà, ci ha fatto da garante. La casa è stata costruita in tre momenti diversi, risparmiando e facendo grandi sacrifici. Mio marito aveva formato una squadra di calcio di ragazzini, andavano a giocare dalle parti della darsena. A Pineta si andava solo a fare legna, non c’era altro. Un po’ alla volta Lignano cominciò a ingrandirsi e noi siamo riusciti ad Lignano calcio - 1962 aprire un altro salone. Il lavoro non mancava davvero! Interviene la figlia Irene: “Posso?” Sì, perché no? Ha qualcosa da raccontare? Avevo dieci anni quando sono arrivata a Lignano e subito sono andata a scuola. La classe era una pluriclasse: quarta e quinta elementare assieme. Io frequentavo la quinta. La scuola era sul lungomare, dopo l’Hotel Vittoria, una specie di colonia. 28 I ragazzi della classe II^ elementare con al centro la maestra Zen - 1955 La maestra era la Signora Zen della stessa età di mia mamma, è morta da poco. Le medie le ho frequentate a Latisana, partivo con la corriera alle sei del mattino e tornavo a casa solo la sera, pranzando presso una signora. La corriera era di linea, non riservata agli studenti. I libri, per noi profughi, erano gratuiti, ma non il biglietto del pullman, così mio papà ha smesso di fumare per pagarmi l’abbonamento alla corriera! La scuola è stata poi costruita dove oggi c’è l’Unicredit in via Gorizia, lì ci andarono i miei fratelli. Quali erano divertimenti? i vostri I divertimenti erano quelli di tutti i ragazzi del posto: passeggiate nei boschi, corse sulle dune, qualche festino, qualche film. Viale Gorizia: scuole, uffici postali, stazione dei Carabinieri, ... - 1939 29 C’era una sola sala cinematografica, il Diana, vicino al negozio di generi alimentari Ridolfo, di proprietà della famiglia Bruni, ma il biglietto costava e non avevamo soldi. C’era anche la Terrazza a Mare, una bella sala da ballo, ma bisognava avere vestiti eleganti per potervi andare! Mio papà lavorava, ma la gente diceva: “Ti pago in stagione, segna!“, così facevano anche negli altri Cinema Diana negozi. Negli anni Sessanta, con il boom economico, Lignano è cambiata, si è trasformata. Che cosa faceva a Lignano, dove lavorava? Ho iniziato a lavorare nell’impresa edile Sandri e vi sono rimasta per ben diciassette anni. Erano gli anni del boom edilizio. Da lì sono passata nello studio Fanton, la contabilità mi piaceva, ma spinta dalla famiglia ho aperto con mia cognata un negozio di abbigliamento e biancheria sotto casa, ora ci lavorano i nipoti. Quali sono gli avvenimenti importanti della vita lignanese che ricorda? Il “giro d’Italia”. I ciclisti sono passati sul lungomare e hanno fatto tappa a Lignano, ripartendo il giorno dopo. I “Giochi senza frontiere” che si sono svolti nel campo sportivo, dove non era ancora stata costruita la palestra. Era bello guardare la gente chic, le signore in abito lungo che prendevano l’aperitivo al Derby, al San Carlo. Affittavamo appartamenti e i clienti venivano da Trieste con grandi bauli, da Milano con le domestiche. La gente di giorno andava in spiaggia, la sera nei locali notturni quali la Terrazza a Mare, La Fontanella, Il Fungo a Pineta, o rimanevano in albergo a giocare a canasta. Una volta potevamo lasciare porte e portoni di casa aperti, ora tutto è cambiato: la familiarità di un tempo è svanita nel nulla. 30 30 gennaio 2007 Elia ZOCCARATO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Elia Zoccarato è nato il giorno di Natale del 1933 in un angolo di campagna vicino a Campodarsego, in provincia di Padova. Ha un fisico atletico, pratica diversi sport e con ottimi risultati, le molte coppe esposte in soggiorno, dove gentilmente mi riceve, lo testimoniano. Quando è arrivato a Lignano? Verso la fine del 1940, all’età di sette anni con la mia famiglia. Mio padre era falegname e già dal 1937 svolgeva varie mansioni, in Lignano, come uomo di fiducia dei gestori degli Alberghi Riuniti, uno dei primi grandi alberghi di Lignano che ospitò, tra gli altri, il Principe Umberto e Mussolini. Il nome dell’albergo mutò poi nel Alberghi Riuniti: Bagni e Rizzani 31 più noto Grande Albergo Spiaggia in concomitanza con la ristrutturazione resasi necessaria per i gravi danni causati da un forte ciclone. Mi parli di suo padre Luigi era il suo nome, detto Moré, dal soprannome di una delle molte famiglie Zoccarato residenti nel Comune di Campodarsego. Amava il lavoro sopra ogni cosa. Instancabile e versatile, intagliava cornici e specchiere di stile barocco con dorature a foglie d’oro zecchino, restaurava mobili antichi, realizzava serramenti, costruiva mobili per la casa e armadiLuigi Zoccarato, detto Morè frigorifero di grande capienza in rovere di Slavonia per alberghi e negozi alimentari. Sapeva trasformare auto del tempo post bellico in comodi furgoncini con cassoni di legno, particolarmente ricercati. Costruiva barche, battelle da pesca e mosconi con relativi remi, il tutto rigorosamente a mano. Realizzava impianti idraulici, elettrici e opere di muratura; rivestiva pavimenti e pareti. Era anche un abile cacciatore sia di bosco che di palude. Andava solitamente a caccia con l’amico Guido Burgato, caricavano i cani sulle rispettive Lambrette, erano detti i “cacciatori in lambretta”. Negli anni Sessanta - io lavoravo con mio padre - ci attrezzammo con macchinari moderni per realizzare i mosconi a pedale, una nostra invenzione allora molto richiesta. Morì nel 1989, a 82 anni d’età, e la sua è stata un’intensa e felice vita di lavoro. Com’era l’Albergo Spiaggia? Occupava tutta l’area tra via Friuli e via Gorizia, tra il lungomare e via Udine, aveva un grande parco, il campo da tennis, la dépendance dove alloggiava il personale, e i garages. All’inizio abitavamo in albergo, solo in un secondo momento siamo vissuti in un appartamento della dépendance. Aerea dell’Albergo Spiaggia 32 Durante la guerra, la RAS di Trieste, a causa dei bombardamenti sulla città, acquistò l’Albergo Spiaggia per trasferirvi i propri uffici e tutto il personale, apportando delle trasformazioni e innovazioni, quali il riscaldamento centralizzato. Dopo la guerra questa struttura fu acquistata dalla famiglia De Minicis che la riconvertì in albergo in cui soggiornarono molti ospiti illustri e celebrità del mondo del calcio. Chi c’era a Lignano in quel periodo? Durante la guerra, nella stagione invernale, vi abitavano trecentocinquanta, quattrocento persone, con l’arrivo dei dipendenti della RAS il numero aumentò fino ad arrivare a settecento, ottocento persone. Ricordo che dopo l’8 settembre del 1943 arrivarono anche i Tedeschi, piazzarono una mitragliatrice in piazza Fontana, rivolta verso via Udine, e una camionetta. Tutti si spaventarono. Insediarono il loro comando nella Terrazza a Mare, allora di legno, e nella Villa Moretti dove funzionava un’infermeria con un medico che visitava anche la popolazione. A Lignano non c’era il medico, veniva da Latisana e solo ogni tanto. C’era anche un sacerdote tedesco, a Lignano non c’era un prete Processione del Corpus Domini - 1951 fisso e veniva solo la domenica per celebrare la messa. Le processioni erano molto frequentate e tutti partecipavano ai canti religiosi. Per seppellire i morti bisognava andare a Pertegada, la salma veniva trasporta con un camion e noi chierichetti - io ho sempre fatto il chierichetto - ci sistemavamo sul cassone del mezzo di trasporto. 33 Come ricorda la Lignano di allora? C’era la piazza Fontana con la stazione delle corriere, il pianoterra dell’attuale condominio Friuli ospitava la posta, la latteria, l’ambulatorio e la scuola con un’unica aula per tutti. Sulla strada principale c’era un panificio con il forno, un negozio di generi alimentari e il cinema Diana all’aperto. D’estate noi ragazzi per assistere agli spettacoli scavalcavamo il muro, esiste ancora in vicolo Marano sul retro del negozio di generi alimentari Ridolfo. Da piazza Fontana si diramavano le strade non asfaltate verso viale Italia, verso la Terrazza a Mare, verso il piazzale della Chiesa, il tutto collegato alla via Latisana che terminava alla Caserma della Finanza. L’unica strada asfaltata era il lungomare con pochi alberghi e alcune ville, tutto intorno campi, orti e la vasta pineta. Durante la guerra ricordo le incursioni aeree notturne e i mitragliamenti ai barconi del sale che percorrevano la via del Sale e che sostavano in darsena dove trovavano posto anche le barche dei pescatori. Un ricordo vivo è il mitragliamento alla Chiesa, durante una funzione Uffici, stazione delle corriere e seconda fontana - 1940 Cinema Diana all’aperto - 1956 Viale Gorizia - 1932 34 religiosa. Un solo proiettile vi penetrò, attraverso un finestrone, senza ferire nessuno. Per anni l’ho conservato, come cimelio! Dobbiamo la vita a chi, con saggezza, ci trattenne allora all’interno della chiesa. Il lungomare era stato costruito come pista di atterraggio. Parecchie volte, addirittura sul bagnasciuga, ho visto atterrare i Pipers inglesi. Nel periodo del fascismo le colonie, tutte recintate, erano quelle della GIL, E dopo la guerra? Mio padre, che era stato richiamato sotto le armi, è ritornato nel 1945. Con lui sono andato spesso in campagna a caccia di lepri, pernici, fagiani, e in laguna di anatre selvatiche. La selvaggina era tanta, così la nostra dispensa era sempre ben fornita Lignano è diventata parrocchia e don Gino Un cacciatore esibisce 41 prede - 1927 Zaina è stato il primo parroco. Io, chierichetto, ho imparato più cose da lui che in tutti gli anni di scuola. È stato lui a indirizzarmi verso la scuola di musica di Cesarolo dove mi recavo due volte la settimana in bicicletta. Suonavo l’armonium, ma il calcio mi piaceva di più, era l’unica attività sportiva lignanese. A quattordici anni mi occupavo del campo da tennis dell’Albergo Spiaggia e guadagnavo qualche soldino. Ma in fondo com’è cambiata Lignano? È cambiata molto soprattutto da quando Lignano è diventata Comune autonomo. La sua vocazione turistica ha dato impulso allo sviluppo edilizio, commerciale, artigianale e demografico, così che da piccolo paese è diventata una città vera e propria. 35 5 marzo 2007 Pierino COMISSO Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Maria Longo Coccetti Il Signor Comisso è venuto all’UTE, accolto nella segreteria/direzione dell’Università, si è tranquillamente seduto in poltrona e ha chiacchierato amabilmente, raccontando la sua vita lignanese. L’intervista è stata piacevole e ricca di particolari. Cominci pure da dove vuole, prego! Sono nato a Precenicco il 22 dicembre 1937 e, ancora in fasce, sono arrivato a Lignano, dove i miei genitori risiedevano. Mio papà era fornaio. Il primo panificio di Lignano, in fondo a via Udine sotto l’Albergo Italia, fu gestito dalla mia famiglia e, durante l’estate, mio papà lavorava oltre che in panificio anche in albergo. Anch’io ho fatto il fornaio e Albergo Italia, via Italia angolo via Udine - 1933 37 con me lavorava Elio De Filippis, un boxeur romano, che insegnò a tutti noi la boxe, ci allenavamo nel retrobottega con i sacchi di farina. Bei tempi! L’albergo apparteneva alla famiglia De Minicis che gestiva anche l’Albergo Spiaggia. Il signor Giovanni De Minicis era un tipo singolare, possedeva un’automobile e, quando doveva recarsi a Udine o semplicemente fuori Lignano, faceva il giro del paese con la speranza di trovare qualcuno che gli facesse compagnia: non amava per niente viaggiare da solo! Ai suoi tempi dove si trovava la scuola? Colonia piccola - sede della scuola elementare - ex Albergo Friuli La scuola elementare, dapprima, si trovava sul lungomare Trieste in una specie di colonia, la Casa al Mare, poi in via Gorizia, vicino alla posta. La mia maestra è stata la Signora Zen. D’inverno ci faceva portare un po’ di legna per accendere la stufa, così stavamo al calduccio. Per proseguire gli studi si doveva andare a Latisana. Ci si alzava presto al mattino per prendere la corriera che percorreva una strada bianca lungo l’argine del Tagliamento e si rientrava a casa verso le due e mezza del pomeriggio. Ha altri ricordi della sua infanzia a Lignano? Non ricordo se fosse la primavera oppure l’autunno del 1944. Mentre stavo andando a scuola, sono stato fermato da alcuni passanti che mi incitarono a tornarmene a casa, perché sulla spiaggia, proprio di fronte alla scuola, si era arenata una bomba di profondità. Gli artificieri la fecero brillare, provocando seri danni all’edificio scolastico che rimase chiuso per quindici giorni, con grande gioia di noi scolari. Sempre in quell’anno, per la prima volta, ho visto un idrovolante. 38 Lignano era spesso sorvolata da caccia inglesi, gli Spitfire, che mitragliavano barche trasportanti mine. Al largo erano disseminate mine sommerse per impedire eventuali sbarchi, poi avvenuti. Una mattina, un caccia è stato colpito e il pilota è riuscito a catapultarsi fuori al largo prima di cadere a terra. I suoi compagni non lo hanno mai abbandonato, hanno continuato a sorvolare la zona finché un idrovolante non lo ha tratto in salvo, nonostante fossero appostate sul lungomare numerose mitragliatrici tedesche. Nessun colpo è stato sparato: i Tedeschi, da un lato, avevano paura di rappresaglie e, dall’altro, volevano salvaguardare la popolazione. Lignano, allora, era estesa? Non molto. Via Udine, fino a piazza Fontana, era il cuore pulsante di Lignano e lì si svolgeva tutta la vita, ci conoscevamo tutti ed eravamo come una grande famiglia, legata da rispetto reciproco e da tanto affetto. La strada principale terminava alla chiesa. Dove ora c’è l’Hotel Corallo c’erano alcune casette tra cui quella del signor Martin, ex sindaco di Lignano. Suo figlio Renato ha gestito il Parco zoo. Sul lungomare c’era la Villa Toniatti, demolita nel 2006, e la Capanna d’Oro era il limitare di Lignano, oltre non c’era niente. D’inverno non si poteva andare sul lungomare, la Terrazza a Mare era il limite, perché le dune, spazzate dal vento, raggiungevano due, tre metri e invadevano la strada, penetrando addirittura nelle ville. All’inizio degli anni Cinquanta Lignano cominciò a svilupparsi, arrivarono molti lavoratori dell’edilizia e il paese si ingrandì. Cosa facevate voi giovani ragazzi? Nel periodo estivo svolgevamo qualche piccola attività, per guadagnare un po’ di soldi, portavamo le valigie ai clienti degli alberghi. A me è capitata un’esperienza davvero negativa: stavo portando una valigia molto pesante quando il manico si è rotto, mandando in mille pezzi il fragile contenuto. Ho dovuto lavorare gratis per ripagare il danno causato! Oltre al lavoro c’era anche il divertimento: le rincorse tra amici, le corse negli orti e nei frutteti. Gli orti erano al limitare di piazza Fontana, dove attualmente c’è l’Hotel San Carlo c’era l’orto della famiglia Gruer, ricco di frutta e di verdure, accanto alla bellissima Villa Moretti, ora purtroppo demolita, ce n’era un altro grande e ben curato. Gli anni 1954/1955 sono stati anni felici per Lignano: vennero organizzati 39 divertenti spettacoli teatrali con attori lignanesi quali Bruno Canova, Elio, Mario e Gianna De Minicis che hanno richiamato parecchia gente da fuori. Il nostro luogo di incontro era il Ristorante Scarpa, il proprietario Virgilio era molto disponibile e tutte le cene e i pranzi di nozze si facevano nel suo locale. Villa Moretti in piazza Fontana - 1958 Ma lei giocava a calcio, mi sembra? Ho iniziato presto a giocare a calcio, avevo quindici anni. Dapprima ho giocato con il “Latisana”, poi con il “Torviscosa” e da lì ho iniziato la carriera calcistica, giocando nella “Triestina” in seria A, quindi nel “Como” in serie B e nell’”Aquila” in serie C. Nel 1965/66 ho portato il “Lignano” in serie D, raggiungendo grandi livelli. Quando ho smesso di giocare mi sono dedicato, e mi dedico ancora, ad allenare i giovani. Tempo fa una sociologa dello sport ha rilevato che Lignano è un caso unico in Europa: da una popolazione di duemilacinquecento abitanti sono usciti ben undici calciatori professionisti. È davvero un record! Io penso che ciò sia dovuto al fatto che Lignano calcio. Gigi Pizzali, Iginio Rossi, qui gli spazi sono enormi e i campi sportivi Pierino Comisso, Giorgio Rumignani sorgono ovunque. Pensate che subito dopo la guerra gli Inglesi, con i loro mezzi, spianavano a noi ragazzi il terreno per crearci nuovi campi da gioco. D’estate facevamo dei tornei con i turisti e, quando noi del luogo eravamo impegnati con il lavoro, venivamo sostituiti nella squadra del “Lignano” da giocatori di serie A quali Lorenzo Buffon. 40 Amava vivere a Lignano? Sì, io ero e sono tuttora innamoratissimo di Lignano anche se tutto è cambiato, soprattutto nei rapporti sociali, una volta c’erano bellissime tradizioni. Per la Festa del Perdon celebrata in San Zaccaria, in ottobre, molti erano i giochi ai quali partecipavamo: corsa delle carriole con le rane dentro, corsa dei sacchi, albero della cuccagna… tutti giochi organizzati da don Gino, un parroco molto vicino a noi ragazzi e noi eravamo tutti i suoi chierichetti. Dopo di lui venne don Mario Lucis. Ricordo un episodio particolare: per cantare, in chiesa, bisognava raggiungere l’organo posto sopra l’ingresso attraverso una scala a pioli. A me non piaceva cantare e disturbavo tutti, fui invitato logicamente ad andarmene. Per dispetto bloccai la porta della chiesa con un paletto di traverso e andai a casa a pranzo. Tutti rimasero chiusi dentro per un paio d’ore, finché non arrivarono i soccorsi. Per l’Epifania facevamo la foghera, poi tutti nella stalla della famiglia Moro, vicino alla chiesa, a mangiare la pinza. Tutti erano molto ospitali, ma anche noi eravamo ben educati e rispettosi. A Natale e Pasqua si litigava per fare i chierichetti, perché c’era sempre un dolcetto per regalo. Messa del Corpus Domini sul lungomare - 1946 41 Insomma grandi spazi e tanta possibilità di vita in comune! E sì, si viveva davvero bene e poi il cibo non mancava mai, avevamo la grande ricchezza del mare: cape, vongole, anguille, passere… Anche la caccia era molto ricca - le cartucce costavano abbastanza care - qualche lepre si arrivava a prenderla con un bastone e qualche anatra veniva catturata con un po’ d’ingegno. Dietro l’attuale piazza 1° Maggio, in viale Europa, c’era la villa degli Orgnani. I signori arrivavano a Lignano per la stagione venatoria, nel loro parco c’erano degli splendidi pavoni che noi andavamo ad ammirare. Sempre nella stessa zona, un po’ più giù, c’era il frutteto della famiglia Scarpa che produceva delle pesche meravigliose su terra di bonifica. Da non credere! Era un’impresa arrivare fino laggiù scalzi o con gli zoccoli ai piedi! 42 9 maggio 2007 Giacomo DE FILIPPIS Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Maria Longo Coccetti Il Signor Giacomo De Filippis si è sistemato in una poltrona della segreteria/direzione della nostra Università e ha cominciato a parlare della Lignano di cui è innamorato. Simpatico, sorridente, entusiasta, è stato un attento narratore degli anni Cinquanta. Nato nel 1933 da padre milanese e madre friulana, Maria Ines Magrini, figlia di ristoratori udinesi, passava da sempre le vacanze estive a Lignano presso la zia Emilia, sorella della mamma, che aveva sposato un De Minicis, proprietario e gestore dell’Albergo Italia. Quando si stabilì definitivamente a Lignano? Dopo l’8 settembre del 1943, morto mio padre, mi trasferii da Roma, dove abitavo con la mia famiglia, a Lignano, raggiungendo il Nord solo grazie a una corriera del Vaticano che ci portò fino a Portogruaro, arrivare poi a Lignano fu facile. I primi tempi furono duri. Lignano, se paragonata a Roma, era un paradiso dove si poteva mangiare a sazietà. 43 Come vivevate? Mio fratello, ex pugile, lavorava presso l’Albergo come fornaio e io con lo zio portavo il pane a Latisana Mare - allora si chiamava Sant’Andrea - e da Chiaruttini, proprietario di un negozio di generi alimentari nelle vicinanze del ponte di barche. C’era la guerra ed era facile prendersi qualche mitragliata! Ha qualche ricordo particolare della guerra? Sì, mi ricordo due episodi: il grande sbarco dei Tedeschi, arresisi poi ai Neozelandesi, e l’arrivo in Darsena, una sera, di quattro mas con a bordo soldati croati. Questi vennero all’Albergo Italia e bevvero tanto da ubriacarsi. Lì c’erano pure dei soldati tedeschi, scoppiò una lite e vi Albergo Italia - 1935 fu pure un morto. Il giorno seguente, smaltita la sbornia, i due comandanti decisero che era preferibile tacitare il tutto. I croati ripartirono senza danni. Alla fine della guerra gli sfollati dovevano rientrare, per legge, nel loro paese d’origine. Per non tornare a Roma, mia mamma e mia sorella si rifugiarono a Udine, noi ragazzi rimanemmo a Lignano. Ben presto tutto tornò alla normalità. Terminata la guerra, come si svolgeva la vita a Lignano? La vita si svolgeva tra viale Italia e via Udine, al di là c’era solo la campagna. La chiesa sorgeva in mezzo al verde. Dove oggi c’è l’Albergo Doimo, c’era la “Casa del bosco” e poi una vasta estensione di solo bosco. Mia madre, aiutata da mia sorella maggiore, prese in affitto la “Casa del bosco” e la trasformò nell’Albergo Ines, il primo ad 44 avere le camere con la doccia. In albergo scesero anche Lorenzo Buffon, il portiere del Milan, e sua moglie Edy Campagnoli, la valletta di Mike Bongiorno. Spesso l’architetto Marcello D’Olivo veniva da noi, pipa in bocca e cappello bianco in testa. L’Ente Turismo di Udine, ma non Lignano, ha assegnato più volte dei premi a mia madre per la sua attività. Ci dica qualcosa di lei Dal 1952 al 1958 ho gestito con la mia famiglia il Ristorante Agosti, il primo ad offrire il menù turistico. Nel 1958 mi sono sposato e ho gestito con Edda, mia moglie, lo stesso locale fino al 1969. Tra i frequentatori c’erano cantanti e artisti e lo scrittore Giorgio Scerbanenco. In quell’anno ho acquistato il Bar Central Park e l’ho dato in affitto. Dal 1978 al 1983 ho diretto il Parco Zoo di Punta Verde, addetto all’acquisto degli animali di cui sono sempre stato molto appassionato, mia moglie gestiva il ristorante del Parco. Dal 1983 gestiamo il “Central Park”, però ora se ne occupano i figli e noi siamo andati in pensione. Se sono riuscito a creare la mia attività, lo devo a mia moglie Edda - quest’anno festeggiamo i 50 anni di matrimonio - e ai miei quattro figli: Andrea, Antonella, Daniele e Diego. Ha altri ricordi di cui vorrebbe parlare? Ricordo un episodio legato a Bepi Della Maria, personaggio simpaticissimo. Una mattina la mamma sentì una gran confusione e vide sul lungomare una corriera trainata da due asini. Il singolare personaggio, che era alla guida del mezzo di trasporto, si sistemò vicino all’Hotel Nettuno e, per paura di essere costretto ad andarsene, tolse le ruote e… aprì un chiosco, chiamato “Bar Alpino”. Un altro episodio è legato alla famiglia Scarpa che possedeva un grande frutteto. Per entrarvi e mangiare la frutta, al massimo tre chili, bisognava pagare cinquanta centesimi! Mi piace oggi ricordare gli amici della mia fanciullezza, molti dei quali purtroppo sono morti, eravamo sempre assieme come fratelli. Ringrazio questa iniziativa che mi ha dato la possibilità di ricordare momenti duri ma, per me, per tutti noi, meravigliosi. 45 Squadra di calcio 1947-48 - Giacomo De Filippis è il secondo da sinistra in ginocchio 46 27 maggio 2007 Cesare, Pietro e Maria FANOTTO Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Il nonno Pietro Fanotto, nato nel 1864 a San Michele al Tagliamento e morto a Lignano nel 1930, è arrivato in questa località nel 1911. Dal matrimonio con Luigia Casasola ha avuto sette figli: Annibale, Luigi, Angelo, Giuseppe, Giovanni, Mario e Anna, nata a Lignano nel 1912. La maggior parte dei nipoti abita a Lignano e Cesare, figlio di Mario, è uno di questi. Il Signor Cesare Fanotto ha voluto invitarmi, per l’intervista, nella taverna della sua casa di campagna di Pertegada. Oltre alla Signora Graziana, moglie di Cesare e ottima cuoca, c’erano i cugini Pietro, figlio di Angelo, Maria, figlia di Giuseppe, accompagnata dal figlio, Rosanna Bivi, figlia di Anna, e Sergio, nipote di Annibale, con sua moglie. Un delizioso pranzo, a base di pesce e di verdure dell’orto, accompagnato da vini genuini, ha tenuto gli invitati intorno al desco fino a tardi, conversando della Lignano di un tempo in cui c’era solo miseria. Inizia a parlare il Signor Pietro, classe 1924: Tanta miseria, ma pesca abbondante. Una sera abbiamo preso molto pesce: passere, gamberetti, gufs, macarons quelli rossi, e un bisatto di tre chili da tirar fuori con le mani da sotto le pietre. 47 Interviene la Signora Maria, classe 1923: C’erano anche tanti moscerini e che dire poi della malaria! Riprende il Signor Pietro: Noi non abbiamo avuto né la malaria né altre malattie. Non ci sono state bonifiche, la bonifica è stata fatta a Bevazzana già nel 1915/1918, mia mamma stava là. Allora c’era solo acqua, non c’era nemmeno il ponte e mia madre faceva il servizio del pass cioè del traghetto. Dove c’era il ponte girevole c’era un’ansa, di qua il ponte e di là entrava il traghetto. Io sono nato lì dove c’era l’Adriatica Veneta e sono venuto via a due anni per andare in campagna. Com’era allora il centro di Lignano? Il lungomare è stato costruito da Visentin di Latisana e arrivava fino a villa Toniatti. Partendo dall’Albergo Marin, si trovava la baracca di un veneziano che si occupava di ristorazione e affittava camere ai turisti, aveva anche barche. lo chiamavano il “fighetto“. Nelle vicinanze c’era Villa Agosto, il Nettuno e nella zona della Terrazza a Mare si noleggiavano barche, sandalin, barche a vela che si tiravano a riva con rulli di legno, non con ruote di gomma come oggi. Proseguendo c’era la Villa Ferrari sede della nostra scuola, vi insegnava il maestro Francesco Piantadose, napoletano, la cui moglie insegnava a Bevazzana, e quindi la villa del dottor Dell’Acqua, poi il deserto. Dalla Terrazza a Mare si poteva Bar Alpino sul lungomare Villa Agosto, lungomare Trieste - 1934 48 scorgere Villa d’Aronco, Villa Armellini, Morassi - Villa Mucci non c’era ancora - quindi la Villa Del Moro di Portogruaro e poi nient’altro. A sinistra della Terrazza a Mare, guardando la distesa marina, c’era la Colonia Friuli, l’Albergo Vittoria, l’Albergo Marin, Casa Fabris, le Case Paolini, l’attuale Albergo Italia non c’era ancora. In via Udine c’era l’Albergo Villa Moretti, piazza Fontana - 1955 Da Piero, non c’era ancora il cinema. C’era l’Albergo Spiaggia con il recinto, Bruni, la bellissima Villa Moretti lavorata in pietra a faccia vista, ora demolita, e poi niente. In fondo, molto in fondo, c’era la pineta. Quali erano le famiglie dei contadini? Le famiglie contadine erano Fanotto, Bivi, Del Sal, Meotto, Galasso, Bidin, Moro, Meneghin nella zona di Casabianca. Prima di noi nella stessa casa c’era la famiglia Urban, si andava al pascolo nel loro orto e si trovavano anche ossa umane che si mettevano lungo i filari dei gelsi. Dove oggi c’è la via Annia c’erano tre grandi pioppi e lì non si sono trovate ossa. La bonifica è stata fatta partendo da lì: c’era un canale che andava dal condominio Punta dell’Est in via Timavo, in fondo l’argine girava e arrivava fino allo Sbarco dei Pirati in darsena, dietro l’argine c’era un canale che arrivava a una chiusa, non c’era l’idrovora, quando c’era la bassa marea si alzava la saracinesca e l’acqua interna dei fossi e dei canali andava in laguna, Darsena di Lignano - 1950 49 se c’era scirocco l’acqua stagnava nei campi. La nuova darsena, nel 1930, è stata pianificata dove il terreno rimaneva sott’acqua. In via dei Platani c’era una duna che tirava dritto sino alla casa dei roveri, spianata più tardi dalla famiglia Andretta. Noi avevamo l’orto dove oggi c’è via Annia e a venti metri c’era la laguna. Giù dall’argine c’erano dei sentieri che portavano ai casoni dei Maranesi dove, durante la bassa marea, si camminava dentro la laguna in secca. Al Faro rosso, costruito nel 1938, c’erano tre o quattro metri di acqua, acqua estremamente pescosa. E la Lignano di durante la guerra? Durante la guerra ho lavorato con la TODT, poi sono sbarcati i Tedeschi e si sono sistemati nella Colonia e nella Caserma della Finanza situata alla foce del Tagliamento, mentre il comando si era insediato nella Villa Moretti in piazza Fontana. Non hanno creato alcun problema e la popolazione è vissuta tranquilla. Abbiamo visto anche il principe Umberto di Savoia e il Duca Amedeo d’Aosta ospiti Tendopoli inglese sul lungomare - 1946 di Villa Bignami, sita sulla destra dell’attuale Pronto Soccorso. In quello stesso periodo c’erano anche i partigiani. Poi sono venuti gli Anglo-Americani e si sono sistemati in tende di trenta letti ciascuna nella zona della Colonia. Lei prima ha accennato a un ciclone abbattutosi su Lignano negli anni quaranta. Può raccontarci qualcosa in merito? Nel mese di luglio del 1940 all’una e mezza circa del pomeriggio si è abbattuto un ciclone di tale potenza da spazzare via tutte le cabine che si trovavano in spiaggia, e non solo. 50 L’Albergo Spiaggia è stato fortemente danneggiato, la torretta di Villa Zuzzi, dove nel 1959 si era insediato il primo Comune autonomo, è caduta, la Terrazza a Mare è stata scoperchiata e molti comignoli sono volati via: un vero disastro, e io ne sono stato un diretto testimone. Alberghi Riuniti, ciclone del 1940 Della vecchia Lignano è rimasto ancora qualcosa? Una sola zona è rimasta come settanta anni fa: le Colonie, un’estensione di verde che arriva fino alle prime costruzioni di Lignano Pineta, stesse dune, stesso fabbricato grande centrale con le due ali laterali e il sentiero in mezzo che porta in spiaggia. Ho lavorato anche in colonia, con la forestale, per potenziare il pino marittimo duro, elemento preminente della pineta. Ho un solo rimpianto: diventare vecchio. Peccato! Mi congratulo con il Signor Pietro per i suoi 83 anni portati splendidamente. La conversazione, ricca di particolari e di emozionante partecipazione, termina qui. E lei, Signora Maria che ha partecipato emotivamente al racconto di suo cugino, ha qualche ricordo particolare della Lignano della sua gioventù? Io ho 86 anni e a sedici anni ho lasciato Lignano per Pertegada e poi sono andata ad abitare a Udine. Ho un particolare ricordo del freddo intenso del 1929, anno in cui la laguna si è gelata. Il Signor Cesare - classe 1941 - ha partecipato felicemente alla conversazione, ricordando con i cugini Pietro e Maria fatti ed eventi della Lignano di un tempo lontano. 51 Il principe Umberto di Savoia - Ciclone del 1940 52 12 luglio 2007 Nunzia MONANNI SCERBANENCO Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco La Signora Nunzia Monanni è una donna serena e vitale, mi accoglie con gli occhi ridenti e un radioso sorriso. Abita a Milano, ma ha casa anche a Lignano in un palazzo al City che definisce rumoroso, ma che non lo era quando le figlie Cecilia e Germana erano piccole e quando suo marito Giorgio Scerbanenco lo aveva scelto nei primi anni Sessanta. Da quanto tempo siete a Lignano? Abbiamo conosciuto Lignano negli anni Cinquanta, erano le prime fughe. Giorgio amava molto il delta del Po dove ha scritto vari romanzi. Un giorno abbiamo deciso di salire al Nord, di lasciare le Valli di Comacchio, e, passato il Lido del Cavallino, siamo arrivati qua fuori stagione, non sapendo neanche cosa fosse. Una terra incantata, deserta e magica si presentò ai nostri occhi: dune fino alla battigia, pini quasi fino all’acqua, non case, ovunque si ponesse lo sguardo si vedeva il mare, la laguna, il Tagliamento, e la pineta, la pineta de “La Sacca”, per intenderci. Sembrava di essere fuori dal mondo, a differenza della riviera romagnola gremita di gente. 53 Tutta la spiaggia era libera, a lui piacevano il mare, le passeggiate, il sole e anche la nebbia che velava la laguna ghiacciata d’inverno. Ci racconti il suo arrivo a Lignano. Era una fredda primavera del 1958 pioveva, diluviava. Un ometto, uscendo da una specie di gabbiotto sulla spiaggia, ci guardò scendere da una macchina targata Milano, dicendo: “Cosa siete venuti a fare? Siete matti, con sto’ tempo!“. Giorgio gli rispose che cercavamo un albergo, una casa, un posto perché volevamo fermarci qualche giorno. L’ometto convinse la signora dell’albergo di fronte a scaldarci una stanza. Il gabbiotto non era ancora il Gabbiano di Checco Gigante. Vi siete fermati, dunque? Sì, Giorgio è rimasto incantato di questo posto, ha addirittura preso la residenza a Lignano, e, più tardi, ha lasciato il lavoro fisso a Milano e l’incarico di Direttore alla Rizzoli per essere più libero e scrivere i suoi romanzi polizieschi sulla spiaggia dorata di Lignano. Estate e inverno, insensibile al caldo e al freddo, lavorava al Gabbiano - vi lasciava addirittura una delle sue molte macchine da scrivere - e lì sono nati i suoi famosi gialli. Qui ha scritto diversi romanzi ambientati a Lignano e in Friuli quali La sabbia non ricorda, Al mare con la ragazza, Dove il sole non sorge mai, Al servizio di chi mi vuole, Né sempre né mai. Lignano gli ha dato lo spunto per bellissimi racconti e anche per I Milanesi ammazzano al sabato dove due personaggi sono tratteggiati con le caratteristiche di una ragazza del luogo molto bella, dalle limitate capacità intellettive e dalla salute piuttosto cagionevole. Checco ce l’aveva portata a Milano assieme a suo padre, come bambinaia. Ma abbiamo subito dovuto riportarla al padre, perché era ninfomane e il padre piangeva disperato. Il padre gli ha ispirato il personaggio indimenticabile di Amanzio Berzaghi, impersonato dall’attore Raf Vallone nel film omonimo. Poi gli è balenata l’idea di una serie di scritti il cui protagonista sarebbe dovuto essere un parà friulano. A Mario Spagnol, della Longanesi, era piaciuta moltissimo l’idea che, purtroppo, Giorgio non ha fatto in tempo a sviluppare. È nato solo il primo romanzo della serie Al servizio di chi mi vuole, ora ristampato da Garzanti. 54 Quando è morto Giorgio Scerbanenco? Il 27 ottobre del 1969. Com’era la Lignano di quando abitavate al City? C’era la splendida Terrazza a Mare e c’erano i militari americani di stanza ad Aviano, Military Police, e tanti neri con le loro famiglie che davano una nota di colore e un clima internazionale alla cittadina, facevano esercitazioni sul Tagliamento con i loro mezzi anfibi. Ricordo bene l’Albergo Marin, la bella villa dove allora c’era il Comune, il Ristorante Al camin non so se esiste ancora - circondato da una vasta pineta, dove Giorgio amava scrivere all’aperto. Lignano era una località che stava nascendo, e questo lo affascinava. I palazzoni del City stavano sorgendo e la torre Zanier, di fronte al Gabbiano, veniva su a vista d’occhio. Condominio Torre Zanier - 1960 C’erano altre costruzioni allora nella zona del City? No, il nostro condominio era l’unico, insieme al Palazzo Rosato, frequentato e riscaldato anche d’inverno, vicino c’era la casetta della nonna dei Fanotto e dietro tutto prato dove venivano le giostre, il circo e si teneva il mercato, verso il mare si estendeva la pineta. Era l’unico centro abitato anche d’inverno, oltre a via Udine e la darsena dove c’era un piccolo ristorante e lì andavamo a mangiare pesce fresco e cape lunghe. C’erano diversi negozi; il Capitan Morgan, un bar sempre aperto; il supermercato Croda; la latteria gestita dalla sorella Luna park della zona City 55 della signora Paramatti; il negozietto di Nadalini. In via Udine il negozio di generi alimentari Ridolfo, tuttora in attività. Qui abbiamo conosciuto molte persone: i Paramatti, il dottor Peschieri le cui figlie hanno l’età delle nostre, Scarpa dove passavamo il capodanno a ballare con amici che venivano da Milano anche se c’era la Chiesa e giostre - 1985 nebbia, il dottor Anastasia. Giorgio si divertiva ed era molto più socievole di quanto non lo fosse in città. Quando avete preso la residenza a Lignano? Nel 1962/63, pur essendo io contraria. Nel 1964 è nata Cecilia, sorellina della piccola Germana più grande di un anno. Giorgio amava andare in darsena - dove oggi c’è lo Sbarco dei Pirati c’era una spiaggia di conchiglie - e comperare conchiglie con le quali faceva delle collane alle figlie. Amava anche portarle in giostra e con loro si divertiva. A Lignano si trovava a suo agio, si sentiva rinvigorito, ringiovanito. Vi spostavate da Lignano? Da Lignano era bello partire e poi tornare. Da qui siamo andati a Parigi per il suo lavoro e per il mio, il traforo del Monte Bianco era stato appena aperto. A Parigi, che amava molto, ha ricevuto, unico italiano, il “Grand Prix International de la Littérature Policière“. Siamo poi andati a Firenze con Cecilia piccolissima perché io dovevo seguire per lavoro le sfilate di moda, a Venezia con amici olandesi. Giorgio era entusiasta di muoversi, sempre in macchina logicamente, proprio partendo da Lignano. Arrivare a Lignano da Milano era un’impresa: non c’era ancora l’autostrada e l’attraversamento di paesi e città richiedeva tempo e pazienza, ma era divertente. Percorrevamo la bassa padana: Milano, Lodi Crema, Cremona, Monselice, 56 Este, Padova, Mestre tutta da attraversare. Che differenza tra la Lignano degli anni Cinquanta e la Lignano di oggi? Prima di tutto il rumore, allora era silenziosissima. Poche le macchine in circolazione, niente moto, niente discoteche e quelle poche che c’erano non disturbavano la quiete, il Fungo poi era in mezzo alla pineta. Il rumore che c’è oggi è pazzesco. E il verde era ovunque. Tutto era verde, tutto era acqua, mare, Dancing “Il Fungo” - 1959 laguna, fiume: era un sogno quasi polinesiano. Ora c’è solo cemento, io posso allungare il braccio e tocco il muro della casa di fronte. Avremmo potuto comperare una casa in via Giardini, dove abitava il Checco, ma qui al City c’era il riscaldamento e nessun problema di gestione. Una volta si stava veramente bene, ma adesso non si riesce più a resistere: c’è il noleggio delle moto, la musica in piazza, la discoteca che chiude alle sette del mattino, il bar alle tre. Siamo alla follia del rumore. Le figlie mi dicono: ”Perché non vendi?“, ma io non me la sento di cambiare, sono troppo affezionata, troppo legata a questa casa. Quando non ci sarò più, le figlie faranno ciò che vorranno. Cecilia si è sposata e vive qui, ci veniva spesso già prima di incontrare Luigi, suo marito, e questo è davvero strano: la storia, questa storia, ha avuto un seguito con la figlia e con il nipote. Il cerchio si chiude: dal nonno Giorgio al nipotino Vittorio Giorgio. 57 5 agosto 2007 Luigi DE MINICIS Intervistatrice: Wally Gigante Waddell Ho incontrato Luigi De Minicis - Gigi per gli amici - in una soleggiata domenica di agosto, mentre la città era tutto un fervore di gente e la spiaggia era affollata. Al Ristorante Bidin, dove De Minicis mi ha dato appuntamento, c’era, invece, pace e frescura. Seduti nella veranda ombreggiata da una cascata di verde si stava davvero bene. Avevo preparato delle domande da fargli, ma prima ancora che iniziassi, mi precede, dicendomi: “Tutto quello che mi si vuol chiedere è scritto in questa miniguida su Lignano che ha visto ben quattro tirature. Lì c’è proprio tutto!“. Ripongo il registratore e faccio comunque qualche domanda, visto che Luigi De Minicis è una persona disponibile e gentile. Quando è arrivato a Lignano? Sono arrivato qui a quattro anni, nel 1933, per conoscere il nonno Gaetano e gli zii Giovanni Famiglia De Minicis 59 ed Emilia gestori dell’Hotel Italia. Mi sono stabilito definitivamente soltanto nel 1946, dopo le vicissitudini della guerra. Com’era la Lignano di quegli anni? Lignano era immersa nel verde: pini neri, molti pini, ma anche tigli, betulle, platani, ippocastani e querce di notevoli dimensioni. Dopo la bonifica della Bassa Friulana nel 1925 e l’apertura di una strada nell’anno successivo, la gente ha cominciato a frequentare sempre di più la località balneare. Nel 1938, con la costruzione della chiesa dedicata a San Giovanni Bosco, ad opera dell’architetto Cesare Miani, Lignano è diventata parrocchia. Nel 1953, su progetto dell’architetto Marcello D’Olivo, Lignano si è arricchita della località Pineta e, successivamente, su progetto dell’architetto Picconato, anche della zona Riviera. Lignano era collegata all’entroterra grazie al ponte girevole sul canale di Bevazzana. Divenne Comune autonomo il 21 luglio 1959. Albergo Italia, autorità La vecchia chiesa in prossima demolizione - 1989 Quali erano i primi alberghi di Lignano? Ponte girevole “da Marchetto” A Sabbiadoro ha avuto inizio lo sviluppo turistico di Lignano nei primi anni del secolo. 60 Alcuni alberghi quali il Friuli, il Centrale, il Vittoria, il Pineta, il Marin, lo Stella, il Bagni, il Rizzani; una dozzina di ville, un ospizio marino, un panificio e una macelleria costituivano, con lo stabilimento balneare, la residenzialità turistica allo scoppio della prima guerra mondiale. Quali erano le famiglie che vi abitavano? Albergo Friuli 1908 I pionieri dello sviluppo di Lignano furono: nel settore alberghiero le famiglie Marin, De Minicis, Driussi, Bruni; in agricoltura la famiglia Andretta con i loro coloni (Bidin, Fanotto, Moro, Valeri, Zanata) e la famiglia Scarpa con il loro bel frutteto; nell’edilizia la famiglia Sandri. Tutti nomi che con le famiglie Caoduro, De Filippis, Fraulin, Ligustri, Luvisutti, Meotto, Nadalini, Tami, Venaruzzo, Venturini, Zen e tanti altri ancora sono tuttora presenti nel nucleo più radicato della comunità lignanese. Ha qualche ricordo particolare del periodo della guerra? Di quelle estati mi sono rimasti impressi due episodi terribili. Nel 1941 sono stato morso a una gamba e a un braccio da un cane lupo. Quando sono stato soccorso, ero in un mare di sangue. Il proprietario del cane è fuggito in bicicletta, seguito dall’animale. Mio fratello Mario e i carabinieri li hanno inseguiti e raggiunti a Bevazzana. Sono stato portato a Bologna e curato con quindici iniezioni, perché il cane era idrofobo. L’estate precedente c’era stata, in pieno giorno, una devastante tromba d’aria accompagnata da una tromba marina: un vero disastro. Furono divelte cabine, demolita una parte della balaustra della Terrazza a Mare, scoperchiata villa Pittoni. La furia del vento aveva spazzato via anche la torretta di Villa Zuzzi, futura sede del Municipio. Noi eravamo all’Albergo Nettuno riparati dietro il bancone. Ricordo i vetri in frantumi e, particolare curioso, il ritratto del Re caduto, mentre quello di Mussolini rimasto al suo posto. Sarebbe avvenuto il contrario di lì a poco. Non creda che abbia solo ricordi catastrofici, ne conservo di belli e solari. Nel dopoguerra avevo diciassette anni, e a Lignano venivano straniere bellissime e molto disponibili per vacanze di tre, quattro settimane. Gli approcci erano spontanei e spensierati, ci si divertiva un mondo. 61 Frequentava anche lei la Terrazza a Mare, quella in legno avvolta nelle reti da pesca, così bella e così romantica? Certo, era un punto di riferimento. La Terrazza a Mare in legno era destinata al Danubio e poi è arrivata a Lignano come risarcimento dei danni di guerra del primo conflitto mondiale. Ora abbiamo l’imponente Terrazza a Mare dell’architetto Bernardis. Ma c’erano altri punti di ritrovo quali La Fontanella, Il Fungo, i roof garden degli Hotels Riviera e Pineta Palace. D’inverno si frequentava il “Nettuno” e d’estate l’”Happy Garden” con seminaristi un po’ pazzi, con reduci di guerra, partigiani, militari inglesi e americani. Il tutto finiva con risse alla western. A Lignano una volta si facevano delle vere battute di caccia, si ricorda? Sì, anche negli anni dopo la guerra si sono fatte le ultime battute di caccia alla volpe, precisamente nella zona dove oggi sorge Lignano Riviera, territorio ricco anche di quaglie, fagiani e lepri. In laguna, zona salmastra protetta di particolare interesse ambientale - conosciuta anche da Heming-way - si svolgeva e si svolge ancora la caccia, in botte o su imbarcazioni mimetizzate tra i canneti, a uccelli di passo quali anatre selvatiche, folaghe, alzavole, marzaiole… Caccia in botte Gli Striuli, Barba Vito, Toni Scala, Bepi Siane, Milio, i Rossetti, i Formentin, gli Scarpa erano abili pescatori e il mare offriva loro una grande quantità di pesce. Il mare, oggi, è ancora generoso e i professionisti maranesi e lignanesi pescano seppie, sardine, cefali, branzini, rombi. Flottiglie di pescatori “arano“ il fondo sabbioso con le turbosoffianti - inventate dai signori Serafin, Venturini, Turcato - per pescare peverasse e cape lunghe. Pesca eccezionale 62 18 settembre 2007 Walter BIDIN Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Walter Bidin - classe 1941 - alto, magro, dal fisico asciutto e dai capelli ancora neri non dimostra la sua età. Disponibile, cordiale, aperto al dialogo, ricorda la sua infanzia serena in piena libertà tra laguna, spiaggia e un’immensa pineta. Da quanto tempo la famiglia Bidin è sul territorio lignanese? Mio nonno Marco Bidin, originario di Cesarolo, ha sposato Regina Ius di Pertegada e, nel 1897, era guardiano della valle situata dietro Gulliverlandia. Arrivava in bicicletta da Pertegada. Nel 1901 si è stabilito a Lignano e da allora non si è più mosso. Dal matrimonio sono nati sette figli maschi: il primo nel 1895, mio padre nel 1899 e l’ultimo nel 1917. La loro prima abitazione è stata la casa dove era Migliorini, sotto l’argine, poi in via Casabianca e quindi in via Carso. Quando mio nonno è arrivato a Lignano c’erano Anny Andretta e Marco Bidin 63 solo le famiglie Guantes, Fadi che hanno gestito l’Hotel Stella in via Udine e Meotto, famiglia di mia mamma. La famiglia Meotto era presente in Lignano dal 1864, si è poi trasferita a Cesarolo, per ritornare nel 1910. Si ricorda il tram a cavalli? Albergo Stella con tram a cavalli Mio padre mi raccontava che c’era un canale naturale dove oggi c’è la vecchia darsena, lì sbarcavano i primi turisti provenienti da Marano e il tram a cavalli li portava all’Albergo Marin. Mio zio, il fratello più anziano di mio padre, è stato il primo a guidare il tram a cavalli, e mio zio Alceste il primo bagnino di Lignano. È vero che suo nonno, Marco Bidin, era un famoso cacciatore di lepri? Mio nonno era un gran cacciatore, abilissimo nello scovare la preda, conosciuto nella provincia intera. Allora lungo la striscia litoranea fra Tagliamento e laguna, e nella pineta, c’erano molte lepri. Il terreno era un ondeggiare di dune e la vegetazione era folta di pini, arbusti, ginepri e nelle radure una gran quantità di erbacce, ma lui conosceva ogni Marco Bidin con lepri, davanti all’Albergo Marin 64 angolo remoto e ogni segreto della pineta e sapeva cacciare le lepri. Mio nonno faceva da guida ai cacciatori provenienti da fuori, li accompagnava a caccia e con i suoi cani, addestrati alla lepre, faceva sfigurare qualsiasi cane di razza. Che cosa ricorda della Lignano della sua infanzia? Lignano era una penisola che al momento delle alluvioni del Tagliamento diventava un’isola vera e propria, separata dall’entroterra. Mia mamma diceva sempre che a Lignano c’erano solo volpi e serpenti. Ricordo che gli Inglesi hanno mitragliato la chiesa e i bossoli cadevano ovunque, hanno affondato anche una barca di sale nella zona dello Sbarco dei Pirati. Durante la guerra abitavamo dove oggi c’è la Pensione Zen, allora era una costruzione formata da due ali con un cortile centrale. Vi abitavano tre famiglie. Davanti all’edificio non c’era niente, tutto era libero fino al lungomare dove a destra c’era la Villa Bignami abitata dalla famiglia Alcide Luvisutti, e a sinistra c’erano due ville: una della famiglia Tami e l’altra della famiglia Piccoli. Dove abitava la famiglia Moro c’era una grande quercia e lì avevano scavato un rifugio antiaereo. Ricordo il lancio dei bengala e mia sorella, di dieci anni più vecchia di me, uscire ad osservarli in camicia bianca; mia mamma la obbligava a rientrare immediatamente in casa. Siamo poi andati ad abitare nelle Case Paolini di fronte all’Albergo Italia. Finita la guerra un russo, che abitava vicino a noi, ha buttato via la sua pistola con il carrello rotto e io l’ho trovata. Il fodero era di cuoio rigido, a fatica sono riuscito a estrarre la pistola. Quando il signor De Minicis è uscito dall’albergo gli ho intimato: “Mani in alto!“. Spaventato si è messo contro il muro e a gran voce ha chiamato mio padre che, vedendomi, si è messo a ridere. Durante la guerra i Tedeschi avevano il comando nella Villa Moretti in piazza Fontana. Il loro medico visitava noi bambini affetti da vermi, dovuti a scarsa alimentazione, e ci dava il vermifugo. Dopo i Tedeschi sono arrivati gli Inglesi con kepi coloniali, tra di loro c’erano anche truppe indiane. Ricordo un indiano con il turbante e con una pistola da sei pollici, aveva l’abitudine di mettere la canna tra le labbra. Gli Inglesi avevano il loro distaccamento negli Alberghi Marin e Spiaggia, e in Colonia. Le donne venivano assunte per i lavori di cucina e per la pulizia dei locali. 65 Diventato più grande e finita la guerra come si svolgeva la sua vita in quel di Lignano? Ho un ricordo molto nitido degli anni della scuola elementare. Ho frequentato la prima elementare in via Gorizia, dove oggi c’è l’Unicredit, vicino c’era l’ambulatorio del dottor Zatti, prima di lui ogni tanto arrivava da Latisana in motoretta il dottor Faruffini. La levatrice abitava a Pertegada ed era la mamma della maestra Zen. I ragazzi della mia età e coloro che avevano alcuni anni di più hanno vissuto un’infanzia bella e spensierata fatta di giochi, la più bella che un bambino possa sognare: poche costruzioni, grandi spazi liberi, vasti campi, l’ampia campagna della famiglia Teghil - dove oggi c’è il Centro Civico - tutta per noi. Scorazzavamo per campi, pineta e spiaggia, ci arrampicavamo sugli alberi a mo’ di tarzan, partivamo la mattina per rientrare a casa per pranzo e via di nuovo fino all’ora di cena… A quattordici anni ho cominciato a lavorare nel cantiere di Gregoratti, situato dove oggi c’è l’Hotel Bologna e i primi turisti che ho visto sono stati una coppia di sposi su una moto Puck. Nei primi anni Cinquanta la famiglia Andretta ha aperto un campeggio, il primo campeggio lignanese; mio zio Albino ne è stato il guardiano. Dove oggi c’è la via Centrale c’era un canale che collegava l’idrovora di via Tagliamento con l’idrovora di via dello Stadio. La strada per Latisana era bianca, piena di buche. L’unica strada per entrare a Lignano era via Latisana, la più alta, tracciata sulle dune. Ricordo che via del Bosco è stata tracciata nel 1956 da Biasin di Latisana con il suo aiutante, allora ventinovenne, geometra Giovanni Samassa. Due anni prima aveva tracciato le strade laterali di via Carso. Dov’essere stata bella la Lignano di allora, tutta verde! Eh sì, c’era una pineta da perdersi, immensa, partiva dalla foce del Tagliamento e arrivava fino al Pronto Soccorso. Le valli sono state tutte bonificate prima della guerra. È rimasta solo la valle Marin, oggi di proprietà della famiglia Altan Valli e laguna erano ricche di pesce: passere, cefali, branzini, orate, anguille… Anche il mare era molto ricco. Quando c’erano le mareggiate, con il vento di scirocco, lungo la battigia si raccoglievano le cape, i carusoli, i cannolicchi… Tutti pescavano. Si viveva di pesca, di caccia e dei prodotti dell’orto. In luglio e agosto c’era un po’ di carestia: il pollame piccolo, il maiale da 66 ingrassare, rimaneva l’orto e la frutta. Man mano che il turismo si è sviluppato, il terreno è diventato edificabile. Che ne pensa della Lignano di oggi? Le racconto un fatto: quest’estate abbiamo avuto ospiti dei rappresentanti di una delegazione I.P.A. della Sardegna. Dopo il pranzo, consumato “Alla Fattoria ai Gelsi”, risalendo la penisola abbiamo visto la zona Tagliamento, il polmone verde della città balneare, il Kursaal, la spiaggia, Lignano Pineta, la piscina GE.TUR, la splendida pineta… Tutti dicevano: “Che bello, come da noi!“ Arrivati a Sabbiadoro, non si trattennero dal dire: “Ma qui avete rovinato tutto!“. Eh sì, abbiamo rovinato tutto con una selvaggia speculazione edilizia. Mi piacerebbe davvero che a Lignano non si costruisse più e si conservasse il verde che ci è rimasto. Lei è Presidente dell’I.P.A. Ci spieghi che cos’è? I.P.A. - International Police Association - il cui motto, espresso in esperanto, è “Servo per Amikeco“ ossia “Servire attraverso l’amicizia“. È un’associazione di polizia nata nel 1949 per iniziativa di un ufficiale inglese con l’intento di mantenere contatti con le polizie del mondo. Vi fanno parte carabinieri, polizia municipale, polizia penitenziaria, guardia forestale, polizia di stato, guardia di finanza e, da alcuni anni, anche guardia costiera. 67 25 settembre 2007 Ferdinando SCUDIERO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Ferdinando Scudiero, da tutti conosciuto come Nando, è nato in provincia di Padova, esattamente a Cittadella, il 1° settembre del 1931. Il Signor Nando è una persona disponibile, sorridente, amante dello sport e della vita. Com’ è arrivato a Lignano? Dopo aver prestato servizio militare a Latisana, nel 1953 mi sono recato presso uno zio che lavorava per la famiglia Andretta a Lignano. Con mio cugino in viale Venezia abbiamo aperto un magazzino di bibite all’ingrosso, e questa è stata la mia attività lavorativa fino al 1980. I primi anni della mia permanenza mi sono diviso tra Cittadella e Lignano. Lei a Lignano è conosciuto come una persona sportiva che ha seguito da vicino i giovani. Ci vuole parlare dello sport lignanese? Da giovane a Padova praticavo il ciclismo, ma amo ogni tipo di sport e do volentieri il mio contributo affinché tutti i ragazzi possano riempire il loro tempo libero con un’attività sportiva. Nel 1971 abbiamo dato vita, io e una 69 decina di altre persone, alla Polisportiva Lignanese, società che si occupava prevalentemente di sport giovanile con quasi duecento ragazzi iscritti. Gli sport praticati erano calcio, basket, pallavolo, atletica leggera e bocce. Ci si riuniva al Bar Gambero Rossonero, il campo sportivo si trovava vicino alla vecchia darsena - la palestra comunale non esisteva Bar ristrorante “Gambero Rossonero” - 1967 ancora - e d’inverno gli allenamenti e alcune partite si disputavano all’interno del mio deposito di bibite. Seguire i ragazzi nelle molteplici attività e accompagnarli nelle varie trasferte richiedeva, a me e ai miei collaboratori, non pochi sacrifici, fortunatamente ripagati dai risultati più che soddisfacenti. Nel calcio, fra gli altri, si sono distinti Claudio Sclosa, Edy Bivi e a livello nazionale Gianluca Pessotto; nel basket Christian Femminini e altri ancora a livello provinciale e regionale. Nel campo dell’atletica leggera sono state organizzate diverse manifestazioni a livello nazionale culminate con la presenza di Pietro Mennea, e questo anche grazie alla società SNIA Viscosa e all’Atletica Latisanese. Sono stato Presidente della Polisportiva Lignanese per trent’anni e, pur avendo da qualche anno lasciato l’incarico, continuo a collaborare. Per diversi anni, assieme ad alcuni genitori, ho Claudio Sclosa e Edy Bivi accompagnato i ragazzi del basket a Vienna per farli partecipare al torneo internazionale. Questo mese, settembre 2007, li abbiamo accompagnati per una settimana nella casa parrocchiale di Fusine per un ritiro di preparazione sportiva. Sono convinto che lo sport sia per i ragazzi un sano momento di aggregazione e che noi adulti abbiamo l’obbligo morale di favorirlo. Lignano in questi anni ha visto altre notevoli manifestazioni sportive, la più importante di tutte l’EYOF (Olimpiadi Europee Giovanili). In questa occasione ho prestato la mia opera volontaristica. 70 Christian Femminini Vanni e Gianluca Pessotto Lignano calcio - 1965 I suoi interessi sono esclusivamente sportivi? No, ho anche altri interessi. Nel 1986, con Vinicio Viola e altre persone volontarie, abbiamo dato vita alla “Lignano in fiore”, un’associazione che, con il contributo di tantissimi cittadini lignanesi, sostiene l’AGMEN FVG (Associazione Genitori Malati Emopatici Neoplastici) e altre associazioni che si occupano dell’infanzia. 71 9 novembre 2007 Dino SANDRI Intervistatrice: Wally Gigante Waddell Il dott. Dino Sandri è nato a Porpetto il 10 marzo 1939. Sensibile, disponibile, collaborativo; ha parlato di sé e della sua famiglia, riportando alla luce fatti ed eventi lontani nel tempo. Com’era Lignano quando lei l’ha vista per la prima volta? Avevo solo due anni quando sono arrivato a Lignano. Noi siamo originari di Porpetto. Posso dire, però, come mio nonno Romano Sandri ha visto Lignano e come ha contribuito a farla nascere. Uomo di iniziativa, di esperienza per aver lavorato all’estero, e lungimirante, aveva compreso le possibilità di sviluppo di Lignano come centro balneare e città turistica. Famiglia Dino Sandri a Porpetto 73 Infatti fu tra i primi coraggiosi a impegnarsi economicamente e nel 1910 completò la costruzione di un albergo, Il Centrale, in viale Italia, dove oggi si trova il complesso Paolini e che gestì fino alla vendita allo stesso Paolini. Nel 1911 fu aperto il Grande Albergo Italia che ancor oggi esiste di proprietà di uno zio di mio nonno, tale Faddi, in società con un certo Bragagnini. A quel tempo era sorto anche l’attuale Albergo Marin, ma che allora si chiamava Albergo Lignano. Lo zio di mio nonno, Faddi, aveva sposato una tedesca di Monaco e tra i loro clienti d’albergo c’erano tedeschi e ungheresi. Con l’avvento della guerra tutto venne ridimensionato. Finito il conflitto, l’interesse turistico per la nostra località riprese e mio nonno continuò qui la sua attività in veste di imprenditore edile. Si ricorda qualcosa del periodo della guerra? Malgrado la mia giovane età mi sono rimasti, di quei tempi, parecchi ricordi, come ad esempio il ritrovamento sulla spiaggia antistante la nostra scuola (ex G.I.L.), sita sull’attuale lungomare Marin, di una mina e l’impressione che ha fatto a tutti noi scolari la voragine che si era formata dopo il brillamento della stessa. Al momento dello scoppio mi trovavo con altri amici, tra cui Guido Bonafè, nei pressi della vecchia Terrazza a Mare. Subito dopo l’esplosione ci siamo diretti, correndo, verso il luogo dove si trovava la mina e nel tragitto “piovevano“ intorno a noi schegge sottili. Altro episodio che mi è rimasto impresso è stato quando, con mia sorella, nel 1944, andavamo dalla maestra Fabiola di Latisana che abitava sopra la stazione delle autocorriere, allora SGEA, in via Gorizia. Mentre ci stava insegnando a leggere e a scrivere, sentimmo un trambusto, delle voci concitate e qualche sparo. Dalle finestre vedemmo in via Udine dei militari tedeschi che davano la caccia a qualcuno che presumo fosse un partigiano. Altri correvano agitati lungo la vigna che si trovava di fronte alla SGEA. Il comandante del presidio tedesco che si trovava nella bellissima Villa Moretti, situata allora vicino alla fontana, era stato ucciso. La maestra, impaurita, ci prese per mano e ci siamo nascosti nello scantinato retrostante. Altro ricordo ben vivo è stato il sopraggiungere di un caccia alleato mentre mi trovavo nell’attuale via Pordenone, dietro casa, con l’amico Pierino Comisso. L’aereo è arrivato a bassa quota dalla Terrazza a Mare in direzione della darsena, mitragliando una barca di trasporto che si trovava all’esterno della darsena. Il frastuono, del motore e della mitragliatrice, era davvero assordante. Un episodio, che potrei definire comico, riguarda uno spezzone di proiettile d’aereo rimasto inesploso, si era conficcato nel terreno di fianco alla Villa Pilutti sita in via Udine, dove abitava la famiglia Comisso. Una guardia di finanza, mi pare si chiamasse Maurin, dopo circa un’ora è 74 arrivata, ha caricato il proiettile sul portapacchi della bicicletta e si è allontanato. La scena fu oggetto di commenti molto divertenti. L’episodio più eclatante è stato verso la fine della guerra. I Tedeschi, in gran numero, provenienti dall’Istria e dalla Dalmazia con mezzi da sbarco, intendevano risalire il fiume Tagliamento per fare ritorno nella loro patria, ma furono intercettati alla foce del fiume dagli aerei alleati. I Tedeschi si difendevano con le armi contraeree. Il risultato era, in quella bella giornata di sole, di vedere il cielo azzurro quasi oscurato dal fumo dei proiettili contraerei che scoppiavano. Noi Lignanesi, impauriti, correvamo verso la pineta per nasconderci. Stavamo andando, ignari, proprio verso la zona di combattimento finché qualcuno ci ha avvertiti del pericolo, convincendoci a tornare alle nostre case. Nei giorni seguenti, percorrendo la spiaggia, ci si imbatteva su corpi di soldati portati a riva dalle onde del mare, carcasse di mezzi da sbarco e mezzi di trasporto con a bordo camion e auto militari. Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento Chi, secondo lei, ha contribuito maggiormente allo sviluppo di Lignano? È ovvio che tutti i Lignanesi, nel loro modo, ambito e limite, date le ristrettezze di quei tempi, con il lavoro e il coraggio imprenditoriale di ognuno, abbiano contribuito alla crescita di Lignano. Se poi si desidera evidenziare l’impegno istituzionale meritorio di alcuni, mi vengono in mente i nomi dei due sindaci più rappresentativi e cioè il ragionier Guido Teghil e il dottor Emilio Zatti. Quali erano le famiglie che abitavano a Lignano quando la sua famiglia si è stabilita qui? Tra le famiglie che si trovavano a Lignano nell’intervallo tra le due guerre, mio padre Romolo rimarcava la presenza della famiglia Chiaruttini che gestiva l’Albergo Alla Pineta, situato in darsena, e successivamente trasferitasi a 75 Lignano Pineta. Altre famiglie sono: Bidin, Bivi, Fanotto, Ferro, famiglie di coltivatori. I fratelli Zen che, negli anni Trenta, mi pare, bonificarono la zona paludosa e naturalmente la famiglia Sandri, nella persona di mio nonno Romano. Vanno ricordate, altresì, le famiglie Moro e Zanata, agricoltori. Ci racconti le sue esperienze di vita a Lignano? Ciò che mi è rimasto soprattutto nel cuore è stata la giornata in cui i Lignanesi, con un colpo di mano, hanno aperto il ponte girevole di Bevazzana, rivendicando la propria autonomia dal Comune di Latisana. Fu un momento storico per tutti noi. Io dovevo rientrare a Udine per motivi scolastici, ma, desideroso di essere partecipe di questi avvenimenti, pregai mio padre affinché mi facesse restare, perché intendevo essere presente a questa rivendicazione lignanese, ne ottenni l’approvazione. Si trattò di una giornata unica nel suo significato, convulsa, ma ben orchestrata, che portò alla proclamazione dell’autonomia di Lignano da Latisana. Per lo svago che possibilità c’erano? Ai miei tempi era molto frequentata la vecchia Terrazza a Mare, quella in legno, ambiente accogliente, elegante ritrovo di turisti e lignanesi. In via Udine andava per la maggiore La Fontanella, gestita dall’ottimo Paride Lucchini. A Lignano Pineta erano successivamente, sorti Il Fungo, il Nautilus, entrambi molto gradevoli per lo svago ed il relax. Non va dimenticato però nell’immediato dopoguerra, seppur in tono minore, il bar Nettuno, sul lungomare Trieste dove si ballava nel giardino retrostante. A quei tempi non era ancora albergo. Discoteca Nautilus sul “treno” di Pineta 76 14 novembre 2007 Pia BERQUER ANDRETTA Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris L’intervista al dottor Mario Andretta - classe 1916 - era stata programmata da tempo, ma egli, il 24 settembre 2007, lasciò per sempre la riva del suo mare per andare su altri luminosi lidi a cavalcare, senza sella e senza staffe, il suo bianco cavallo, come nella foto mostrataci dalla consorte. La Signora Pia, sorridente e disponibile, ci ha accolte con simpatia e si è lasciata cullare dai ricordi, parlandoci della sua famiglia e della Lignano di un Mario Andretta a cavallo tempo lontano. Quando conobbe suo marito? Nel 1943 a Lignano. Confidandomi con la mamma, le ho detto: “Ho conosciuto un friulano che parla con l’accento tedesco“. 77 Non era né friulano né tedesco! Abitavamo nell’Hotel Marin e Mario Andretta, amico della figlia, veniva spesso da quelle parti. Un pomeriggio, sentendo che io e gli impiegati avevamo deciso di andare a rubare l’uva in un vigneto, molto sicuro, ci ha detto: “Non andate, ho vendemmiato questa mattina!“. Avrei voluto sprofondare Matrimonio di Mario Andretta e Pia Berquer (a destra Davide Moro, Angesotto terra, ma da allora mi lo Valeri e dietro Massimo Scudiero) portava sempre un cestino di uva. Due anni dopo ci siamo sposati. Il matrimonio è stato celebrato a Lignano per condividere con i nostri contadini quel giorno di gioia e di festa. Il pranzo nuziale a base di salame, clinton, cacao e tante torte fatte con il burro ricavato dal latte delle nostre mucche è stato preparato nella Villa Andretta. Quando siamo partiti, mia cognata ha chiamato tutti i bambini di Lignano e ha dato loro la cioccolata calda. Qualcuno se lo ricorda ancora. Allora c’era miseria e fame. Dapprima abbiamo vissuto a Bolzano per riprendere dopo la guerra l’attività commerciale di prodotti ortofrutticoli. Dal 1949, aperte le frontiere, ci recavamo saltuariamente a Monaco di Baviera per seguire la ditta madre di importazione di ortofrutta. Monaco era allora distrutta e, non potendo trovare un alloggio adeguato, abbiamo vissuto con le nostre tre figlie nella casa di nostra proprietà che era affittata a una signora a cui abbiamo dovuto pagare la pigione. Da allora abbiamo vissuto tra Bolzano e Monaco e dal 1953 tra Lignano e Monaco, secondo le necessità aziendali. Dalla vostra unione quanti figli sono nati? Cinque: quattro femmine e un maschio. Tutti hanno studiato sia in Italia che in Germania. Noi ci siamo sempre interessati affinché i bambini lignanesi, e ce n’erano molti nati subito dopo la guerra (i figli dei De Minicis, dei Bruni, dei Canova), potessero frequentare una buona scuola. Io, in qualità di rappresentante dei genitori, volevo valorizzare il lavoro della maestra, ho trovato sempre un gran entusiasmo da parte delle famiglie. 78 Ha dei ricordi particolari della Lignano di un tempo? Si andava a Latisana a fare la spesa per più giorni, perché se capitava una bufera di neve, e questo anche dopo la guerra, si restava senza luce e senza riscaldamento. Un anno, tornando in macchina da Latisana, non ricordo esattamente che anno fosse, non si riusciva a girare dalla via Sabbiadoro sul lungomare, siamo andati a sbattere contro il muretto. Tornati indietro, abbiamo imboccato il nostro portone e ci siamo insabbiati tra gli alberi. Il nostro fattore è venuto ad aiutarci. In macchina c’erano tre gradi sotto zero e tutti mi dicevano di scendere e di andare a bere qualcosa di caldo, altrimenti mi sarei congelata. A Lignano abbiamo avuto anche 17 gradi sotto zero, l’anno in cui la laguna si è ghiacciata e la schiuma del mare sulla battigia si gelava, tanto il freddo era siberiano. Ma la Lignano “naturale“ com’era? C’erano tante dune e i tamerici che impedivano alla sabbia di occupare la strada. Dalla Terrazza a Mare all’Hotel Marin tutto era coperto di sabbia, in quanto quella zona di spiaggia era stata livellata e i tamerici sradicati. Come si viveva a Lignano durante la guerra? Durante la guerra avevamo i Tedeschi in casa, avevano requisito i nostri appartamenti che, comunque, tenevano con cura, anche se prendevano la legna senza mai pagarla. A guerra finita, tutto era meraviglioso: non più l’incubo dei bombardamenti, dei sequestri, un sogno! Allora a Lignano vivevano circa trecento persone. Finita la guerra, a volte gli Americani arrivavano, atterrando sulla pista del lungomare, e venivano a trovarci e noi offrivamo loro da bere un whisky. Anche la dottoressa Anny Andretta, mia cognata, ha fatto Aereo sul lungomare un giro su un loro aereo. 79 Lignano è stata allagata? Si credeva che lo sbarco alleato potesse avvenire in questa zona, l’Adriatisches Küstenland, allora i terreni da Bevazzana a Pertegada erano stati allagati. È stata mia cognata, che studiava a Padova, che conosceva bene il tedesco e rientrava spesso in famiglia, a salvare la città dall’acqua, facendo capire ai comandanti tedeschi che non valeva la pena mettere a repentaglio i terreni di Lignano: avrebbero potuto farlo all’ultimo momento, se necessario, senza danneggiare i contadini che non avrebbero saputo come vivere. Infatti ci sarebbero voluti due anni per prosciugare i campi dall’acqua salata e renderli produttivi. Cosa che accadde tra Bevazzana e Pertegada. I Tedeschi di stanza a Lignano non si sono comportati male e il loro comandante era una persona estremamente intelligente che veniva da noi per parlare tedesco e sentire Radio Londra, comprendeva benissimo che ormai la guerra era persa. Com’è arrivata a Lignano da Trieste? Non avevo mai sentito nominare Lignano, son dovuta andare a cercarla sulla carta geografica dove ho trovato il nome scritto in piccolo. Quando la RAS nel 1943, a causa della guerra, ha trasferito tutti gli uffici da Trieste a Lignano, mio padre in qualità di impiegato ha portato tutta la famiglia a Lignano dove siamo rimasti dall’aprile 1943 all’ottobre del 1944. Noi abbiamo trovato alloggio presso l’Albergo Marin affittato dalla RAS per le famiglie dei dipendenti, altri impiegati presso l’Hotel Italia e altri ancora sono stati sistemati in alcune ville vicine. Molte di queste persone, in seguito, hanno continuato a venire in villeggiatura a Lignano che era per loro un’alternativa a Grado, più vicina e più conosciuta dai triestini. La famiglia Andretta quando è arrivata a Lignano? Negli anni Trenta. La villa dove tuttora abitiamo è stata costruita nel 1938. Allora non c’era né chiesa né prete. Mio suocero si è Fabriceri e 25° di don Fabbro - 25 agosto 1946 80 adoperato per far venire un prete a Lignano che, finché non era stata costruita la canonica, viveva da noi. Don Fabbro, così si chiamava, quando ci ha sposati ci ha detto “Voletevi bene e date più soldi che potete alla Chiesa“. Il suo successore, don Gino, non osava chiedere nulla a nessuno, tanto da rischiare di morire di fame. Poi è arrivato don Mario Lucis, il don Camillo del luogo. Don Mario Lucis, don Giovanni Copolutti e al centro don Gino - 1995 C’erano turisti? Pochi, perché c’era poca ricettività. Cominciarono a venire dapprima gli Udinesi e, fra gli stranieri, gli Austriaci, ma tutti avevano pochi soldi. La stagione finiva il 15 di agosto e poi cominciava la stagione della caccia, almeno per noi. La caccia alla volpe avveniva due volte all’anno, i cacciatori arrivavano da fuori. Conosceva altre famiglie? I De Minicis, erano tanti, gestivano l’Albergo Spiaggia e l’Albergo Italia, i Marin, i Driussi avevano l’Albergo Vittoria, i Piccoli avevano una tenuta. Ci si trovava, senza darci appuntamento, alla Terrazza a Mare, bellissima costruzione in legno di proprietà dell’Azienda di Soggiorno. Ogni giovedì c’era la festa dei bambini. Le mamme Inaugurazione nuova Terrazza a Mare - 1928 81 erano sedute in cerchio con i loro bimbi vicino. Ricordo un episodio: Cristina, mia figlia, era accanto a me e di fronte c’era un maschietto dai capelli fulvi di circa cinque anni, la sua mamma lo spingeva ad attraversare la sala e invitare Cristina a ballare. Ubbidiente, attraversò la sala per sentirsi dire: “No“, e lui: “Proprio no?“. Credo che da allora egli abbia odiato le donne. E la sera c’erano concerti per giovani e meno giovani. Ci si divertiva tutti assieme. Come si svolgeva la sua vita a Lignano? Accompagnavo i bambini a scuola, poi andavo a prendere un caffè al bar Scarpa e lì leggevo il giornale. Era il 1953, ed era uno scandalo: una donna sola in bar. Io ho continuato secondo il mio stile triestino. Poi piano piano altre donne hanno cominciato a seguire il mio esempio. Una volta abbiamo fatto la festa della donna, ma c’erano dei mariti che non permettevano alle proprie mogli di uscire di casa. In Germania si usava tabaccare, io avevo una grande tabacchiera che passavo a tutte e ridevamo… Ma gli uomini fuori ci controllavano per vedere che cosa stavamo facendo. Il signor Virgilio Scarpa era un uomo meraviglioso, metteva a disposizione la sua macchina per qualsiasi necessità, dato che allora poche persone ne possedevano una. A quel tempo, c’era anche chi lasciava la chiave inserita nella propria auto e, se qualcuno aveva necessità di adoperarla, la prendeva e, poi, la riportava. Altri tempi! Vivevamo senza chiudere la porta di casa a chiave. Una volta, però, abbiamo messo ad asciugare in giardino la stoffa dei materassi e ce l’hanno rubata. Siamo allora andati dai carabinieri e loro sapevano già chi poteva aver commesso il fatto. L’indomani di nuovo tutto era al suo posto. Questa era la Lignano di sessant’anni fa. Anny Andretta con la “Topolino” sul lungomare 82 19 novembre 2007 Giorgio TURCATO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Nato a San Giorgio di Nogaro il 5 settembre 1925, il Signor Giorgio Turcato, Amedeo all’anagrafe, è una persona molto attiva, sempre in movimento, piena di idee ed entusiasta della vita. Da dove proviene la sua famiglia? Da San Giorgio di Nogaro, ma, pur abitando là, dal 1938 venivo spesso a Lignano con mio padre che, con il barcone, trasportava materiali edili. Il legame con Lignano risale, però, al nonno il quale, arrivato da Chioggia, trasportava con la sua barca le pietre d’Istria per la costruzione degli Alberghi Marin e Italia, e il cemento per la realizzazione del lungomare Trieste. Sia il nonno che il papà approdavano nella darsena vecchia scavata nel 1935 e realizzata come idroscalo. La mia famiglia, sempre a San Giorgio, possedeva un cantiere navale dove, durante l’occupazione, venivano riparate le barche dei Tedeschi. Avevo quasi vent’anni quando, il primo maggio del 1945, i Tedeschi, provenienti da Pola, Trieste e Venezia, sbarcarono alla foce del Tagliamento per impossessarsi di qualsiasi mezzo e fuggire verso il Brennero. Lasciarono andare alla deriva 45 unità: la nave passeggeri “Il Fasana“, una petroliera, pescherecci e motozattere. La famiglia Torresi arrivò a casa nostra, da Cesenatico, con un 83 battello per recuperare due pescherecci requisiti, e ora alla deriva. Altre ditte ottennero il permesso di recuperare le altre imbarcazioni. Durante quell’operazione, abbiamo visto, e quindi seppellito nella sabbia, parecchi cadaveri, dopo aver tolto loro le mostrine. Dopo la guerra si è fermato a Lignano? Nel 1948 sono andato in Argentina dove sono rimasto quattro anni. La mia famiglia, intanto, aveva comperato a Lignano un terreno che costeggiava la darsena: 1.100 m. al costo di 350 lire al mq.; sul lungomare il terreno costava mille lire al metro quadro. Quando nel 1950 fu costruita la casa, esistente tuttora, c’erano solamente la villa Anita, recentemente ristrutturata, il Belvedere, ora abitazione privata, e la Pensione Alla Pineta, abbattuta poco tempo fa. Nel 1954 abbiamo costruito un altro piano con appartamentini che, d’estate, affittavamo a italiani e austriaci. Nel 1958, a fianco, è stato costruito un albergo. All’inizio l’albergo è stato chiamato “Margaret”, dal nome della principessa d’Inghilterra, dato che la maggior parte dei clienti erano inglesi che arrivavano attraverso l’Agenzia italoinglese “Intertour” operante in Lignano. Parecchi erano anche i clienti tedeschi che sistemavamo in tavoli non vicini per non far scoppiare delle risse (i ricordi di guerra non erano ancora spenti). Dopo gli anni Sessanta si rafforzò la clientela italiana e, quindi, italianizzammo il nome in “Margherita”. Io lavoravo, allora, per la Costa Crociere in qualità di macchinista e rientravo a Lignano ogni quattro mesi. Darsena con la casa della famiglia Turcato Chi rimaneva allora a Lignano? Mio fratello Pietro che si occupava del recupero di navi, aerei, MAS, sommergibili. Andava al largo con un peschereccio e quando le reti si 84 impigliavano scendevano i palombari, recuperavano i relitti, li trasportavano in darsena, li tagliavano a pezzi e li trasportavano con dei camion in una fonderia bresciana. Dopo otto anni di Costa Crociere ha poi deciso di fermarsi a Lignano? Nel 1960 sono rientrato definitivamente a Lignano. Ho recuperato, con mio fratello, un peschereccio affondato, lo abbiamo rimesso a nuovo e siamo andati a pesca di cannolicchi che vendevamo ai mercati di Venezia e di Rimini. La pesca era abbondante e si facevano affari d’oro. Il pescato in eccedenza lo lasciavamo nel peschereccio, in darsena, a disposizione dei Lignanesi che, la domenica, potevano servirsene. Siamo stati noi, nel 1964/1965, a dare inizio alla Festa delle cape, offrendo a tutti il prodotto pescato: cannolicchi, vongole, sardelle, calamari… La festa si svolgeva alla fine del mese di marzo sulla banchina della vecchia darsena di Sabbiadoro, prima della chiusura della pesca. Ancor oggi la manifestazione si Motonave “Glentor” svolge nello stesso periodo, ma è stata spostata in piazza Marcello D’Olivo a Pineta, essendoci maggior spazio sia per le strutture sia per i parcheggi. Abbiamo poi comperato il “Glentor“, lo yacht di Greta Garbo, a Loreo (Rovigo) e lo abbiamo trasformato in nave passeggeri per il trasporto dei turisti sulla rotta Lignano - Trieste - Venezia. Com’era la vita a Lignano? Grandi erano gli investimenti in quegli anni, alberghi e appartamenti sorgevano come funghi. Noi, da maggio a settembre, gestivamo il nostro albergo e ci occupavamo del trasporto passeggeri; d’inverno ci dedicavamo alla pesca e alla manutenzione. Il nostro albergo, a conduzione familiare, Motonave “Fulgidus” 85 aveva quarantadue camere, bar e ristorante con cucina genuina e di buona qualità, un hotel economico. Facevamo la pubblicità al locale, distribuendo volantini alle auto ferme al passaggio a livello di Latisana Crosere: facevamo ottimi affari. Nel 1976 abbiamo trasformato l’albergo in appartamentini che affittavamo, acquistando così più tempo libero per altre attività. Nel 1972 mi sono recato in Inghilterra per acquistare un dragamine da trasformare in loco in nave passeggeri, il “Fulgidus“, splendente di nome e di fatto. Era un 32 metri, poteva trasportare duecento persone e i viaggi si facevano anche in Jugoslavia. Per incrementare gli affari, andavamo in tutti gli alberghi, lasciavamo i dépliants ai portieri che, in cambio delle loro prestazioni, ricevevano da Motonave “Fulgidus” al varo noi una percentuale. Il “Fulgidus“ è rimasto in funzione fino al 1981, fu venduto alla morte di mio fratello che ne era il capitano. E dopo la morte di suo fratello, cosa ha fatto? Ho aperto, con mio figlio Maurizio, un’officina meccanica per la riparazione delle barche da diporto. Nel 1990 l’officina si è trasferita a Marina Punta Faro nella cosiddetta zona tecnica con capannoni, occupati via via da artigiani. Accanto è sorta la zona marina con posti barca, allora vi erano due gestioni diverse. Ora la zona Punta Faro è gestita da un’unica società, l’Adriatica Turistica. E ora è in pensione? Giunta ormai l’età della pensione ho lasciato l’attività a mio figlio. Eccomi qua a correre per Lignano in motorino o in macchina, sempre per aiutare mio figlio e le sue barche. 86 6 dicembre 2007 Armando FERRO Intervistatrice: Wally Gigante Waddell È una chiara mattina dicembrina, il freddo è pungente. Ho appuntamento con il Signor Armando Ferro al Bar Tip Tap di Lignano Riviera. Signor Ferro, lei è nato a Lignano? Sono nato alla Foce del Tagliamento nel 1941. Allora c’erano quattro casoni abitati da quattro famiglie: i Caifo, gli Striuli, una famiglia proveniente da Caorle e noi. La mamma metteva un piattino con del latte davanti alla porta di casa per impedire alle vipere di entrare. Eravamo tutte famiglie che vivevamo di poco. Non avevamo la luce elettrica, ma un faro a petrolio per illuminare la casa. Neanche un pettine per pettinarci. Ricordo che il mio vicino di casa faceva i pettini con le spine del pesce rombo bollite nell’acqua e aceto. Casoni alla foce del Tagliamento. Al centro Armando Ferro 87 Io avevo dei bei riccioli biondi da piccolo, ma a causa dei pidocchi mi avevano rapato a zero. La mamma andava a vendere il pesce pescato. Si pescava allora anche con le bombe e i pesci galleggiavano pancia all’aria. Da dove proveniva la famiglia Ferro? La famiglia Ferro, originaria di Pocenia, giunse a Lignano nel 1925. Mia zia aveva allora dieci anni. Vicino casa nostra c’era la Litoranea Veneta detta canale di Bevazzana. Le imbarcazioni, provenienti dalle isole di Venezia, vi arrivavano trasportando materiali diversi anche pietre - per la costruzione delle prime case. Nel 1945 occupammo uno dei quattro bunker costruiti, uno è ancora visibile nelle vicinanze della Caserma della Finanza. In quel buncker vi abitavano due famiglie: noi e la famiglia Fanotto. Questi occuparono il bunker la notte, trasportando le povere cose su un carro trainato da cavalli. Vi rimanemmo per un anno e mezzo. Nelle forti burrasche l’acqua entrava dalla finestra e ci allagava. Cucinavamo con legna che il mare gettava sulla battigia. Il fumo ci faceva piangere. Poi ci trasferimmo a Sabbiadoro, nelle baracche di lamiera in via Latisana. C’erano tre baracche, sembravano i vagoni del treno, erano le nostre dacie! I gabinetti si trovavano a cinquanta metri dalle baracche. Per le emergenze utilizzavamo dei bidoni. Le Litoranea Veneta. Inaugurazione Ponte di Bevazzana - 1922 Caserma della Guardia di Finanza - 1914 Baracche di lamiera in via Latisana angolo via Pozzuolo - 1953 Ferruccio Bivi in bici 88 pantegane, i ratti, scorazzavano come nelle gare automobilistiche di Monza. Ogni baracca aveva in dotazione un piccolo orto, in un angolo del quale c’era il porcile. Si allevavano maiali, dunque? Sì e del maiale si utilizzava tutto. Si vendevano le ossa e il pelo a Berto Pessotar che acquistava anche i sacchi di cemento vuoti che raccoglievamo nei cantieri delle imprese. Era una vita primitiva la nostra, ma quanto affiatati eravamo! Assieme a noi, abitanti delle baracche, c’erano le famiglie Cualon, Bidin, Pizzolitto Angelo e Alceste, Gruer, Trivillin, Buttò, Caramaschi, Meneghin, c’era pure un profugo della ex Jugoslavia, un certo Sturlese. Eravate dediti anche alla pesca? Si pescavano cannolicchi, vongole, britui ossia telline. Quando la marea superava i cumuli di sabbia, gli scani, le cape venivano gettate a riva, e la pesca, allora, era abbondante per tutti. Per pescare il go, al posto del cesto, facevamo un attrezzo, el spet, ossia un ferro dalla punta aguzza e ben appuntita prodotta strofinandola sull’asfalto. Si andava anche a rane nei canali. Solo nel 1962 siamo andati ad abitare in una casa di mattoni. La prima radio è entrata a casa mia nel 1960. Quali sono state le sue attività, quale la sua vita lavorativa? Ho iniziato a lavorare nel 1958, in qualità di idraulico, nella ditta I.C.E.L dei signori Sandri dove rimasi fino nel 1961. Poi ho lavorato, come installatore idraulico, nella ditta D’Antoni di Monfalcone che costruiva a Lignano, lì ho imparato bene il mio mestiere. Nel 1965 sono passato alle dipendenze del Comune di Lignano e ho lavorato con il C.A.F.C. - Consorzio Acquedotto Incontro di calcio - 2 Luglio 1962 89 Friuli Centrale - fino nel 1998. Inoltre, per un anno, ho fatto il calciatore professionale con la squadra del Pordenone, oltre ad aver giocato con il Lignano. Ho allenato la prima squadra, prima categoria, di Lignano, poi mi sono interessato al settore giovanile. Lignano è stato un fertile terreno calcistico. I Lignanesi che si sono messi in evidenza sono: Pierino Comisso che ha giocato con la Triestina, Gianni Fanotto con il Vittorio Veneto, Gianni Zen con il Pordenone, Gianluca Pessotto e suo fratello Vanni, e ancora Claudio Sclosa, Edy Bivi e Renato Gregoratti. Spero di non aver tralasciato nessuno. Ho imparato a giocare a pallone con la vescica del maiale riempita d’aria, ma poco durevole, e con carta raggomitolata e legata con lo spago. Le è rimasto impresso qualche episodio particolare? Nell’ultima guerra molte imbarcazioni, attrezzate da officina, furono lasciate alla foce del Tagliamento e la famiglia Zen contrattò con gli occupanti tedeschi per prenderne il materiale. Ricordo che nel 1947/1948, quando andavo a scuola in Colonia, il vento di levante soffiava tanto forte e a lungo da durare un mese intero. Sul lungomare Trieste non si poteva passare: c’erano solo dune di sabbia. Noi ragazzi affrontavamo il vento, camminando di schiena. Per non arrivare a scuola con i capelli arruffati, mentre i figli dei benestanti si mettevano la brillantina Palmolive, io e il mio amico Ivo Venaruzzo ci mettevamo sui capelli bagnati del Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento sapone Sole, ma con il vento che ci spruzzava di sabbia, arrivavamo a scuola con una specie di elmetto in testa! Quali persone o famiglie hanno, secondo lei, contribuito alla crescita di Lignano? Le famiglie De Minicis e Bruni, a parer mio, hanno contribuito alla crescita di Lignano per le quali molti operai hanno lavorato. 90 13 dicembre 2007 Giampaolo ZEN Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris Giampaolo Zen, da tutti chiamato semplicemente Paolo, appartiene ad una vecchia famiglia lignanese ed è uno dei pochi nati a Lignano - dicembre 1937 - anche se censito a Latisana in quanto allora Lignano era frazione di quel Comune. Ci racconti la storia della sua famiglia. Che attività svolgevano i suoi genitori? La mia famiglia era composta da cinque persone: mamma, papà, due fratelli e una sorella. Mia madre Anna Tagliavini era un’insegnante elementare, per questo alla nostra famiglia era stato assegnato un decoroso appartamento al terzo piano sopra la scuola elementare che si trovava allora in via Casabianca, angolo via Alzaia, dove attualmente si trova il Ristorante “da Marchetto”. Al piano rialzato c’era una attività commerciale che comprendeva un bar, un negozio di generi alimentari e mercerie, come un tempo usavano i negozi di paese. Maestra Zen 91 Al primo piano c’era la scuola elementare frequentata da pochi bambini tanto che la maestra li riuniva in una sola stanza e impartiva loro le lezioni a seconda dell’età. Scuola elementare “da Marchetto” Quanti anni avete abitato in quell’appartamento? Quando avevo poco più di sei anni la famiglia si trasferì a Sabbiadoro dove mio papà Bruno e i suoi due fratelli Ugo e Pietro acquistarono un appezzamento di terra tra l’attuale parco San Giovanni Bosco e via Ampezzo. Su tale area c’era una vecchia costruzione che fungeva da birreria, gestita dalla famiglia Bruni. Successivamente mio padre e i due zii realizzarono, accanto alla birreria, un’officina meccanica con Distributore di benzina in via Venezia annesso un distributore di benzina. Quanto tempo siete rimasti lì? So che alcuni anni dopo i tre fratelli si sono divisi: la birreria rimase a mio padre, il distributore e l’officina allo zio Pietro, mentre lo zio Ugo venne liquidato e acquistò un’area in via Miramare. 92 Come ricorda la Lignano di quei tempi? Le strade in terra battuta si fermavano alla fine del piazzale della chiesa, poi era tutta pineta allo stato brado. Verso la fine del lungomare Trieste c’era la villa Andretta e la POA, una colonia che d’estate accoglieva i bambini bisognosi di cure marine. Nella pineta si trovavano molte volpi, lepri e altri animali selvatici. La ruspa di Zen spiana la spiaggia - 1962 Qual è il suo ricordo più importante legato alla storia di Lignano? Ricordo molto bene la battaglia fatta per staccarsi dal Comune di Latisana. Per ottenere tale autonomia la notte tra il 4 e il 5 novembre del 1958 alcuni Lignanesi aprirono i due ponti mobili sulla Litoranea Veneta, meglio conosciuta come canale di Bevazzana, impedendo così ogni collegamento dentro e fuori la penisola. La sera precedente un apposito comitato mise a punto i dettagli della manifestazione che da tempo era stata programmata. La mattina successiva alle prime luci dell’alba una vecchia autovettura, con alcuni altoparlanti sul tetto, circolava per le strade, invitando tutti i Lignanesi a portarsi sulla sponda del canale per una grande dimostrazione di protesta. Quando sono arrivato sul posto i due ponti erano già stati aperti, i rivoltosi avevano tagliato con delle cesoie le catene che legavano i comandi per l’apertura dei ponti girevoli e, quindi, interrotta ogni possibilità di accesso e di uscita. Erano state predisposte, in caso di necessità, alcune autovetture su una sponda del canale e dall’altra, delle piccole imbarcazioni per traghettare le persone che ne avessero avuto particolari urgenze. Come andò a finire tale protesta? Ben presto sul posto si portarono carabinieri e polizia e c’è stato pure qualche momentaneo fermo dei più facinorosi, ma subito dopo vennero rilasciati. 93 Verso mezzogiorno, quando i responsabili del comitato promotore sono stati ricevuti dalle autorità preposte e hanno ottenuto delle garanzie, la protesta cessò. L’anno successivo, e precisamente il 21 luglio del 1959, Lignano divenne finalmente Comune autonomo. Alla notizia il parroco Canale di Bevazzana - ponte girevole di allora, don Mario Lucis, fece suonare le campane a festa per annunciare alla popolazione che la lunga battaglia per l’autonomia aveva dato i suoi frutti e Lignano era Comune autonomo. Attualmente com’è composta la sua famiglia? Nel 1965 mi sono sposato con Carla Giorgine, ora titolare della Fioreria Carla di via Tolmezzo a Sabbiadoro. Abbiamo due figli: Michele e Luca. Michele è subentrato alla mia attività di consulente del lavoro, mentre Luca gestisce un albergo in via Padana. 94 15 dicembre 2007 Giuseppe BURGATO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Il signor Giuseppe Burgato, Beppino per gli amici, è nato a Lignano il 10 marzo del 1929. Il nonno lavorava nel Consorzio Bonifica di San Michele al Tagliamento già dal 1913. Il padre, che lavorava nelle draghe dei canali navigabili nel 1925, a soli ventitré anni, vinse il concorso e fu assegnato all’idrovora di Lignano, allora in costruzione, il cui nome era Biancure III da cui dipendono tuttora Biancure II (zona Campilunghi, lungolaguna Trento) e Biancure I (punta Tagliamento). Nel 1928 il papà Giulio si sposò e dal matrimonio nacquero tre figli. La levatrice Zen li fece nascere tutti, arrivando, in bicicletta direttamente da Pertegada. Casa Burgato si trovava accanto all’idrovora in Val Lovato - nella zona Pantanel - dove il signor Beppino è vissuto fino a pochi anni fa. Idrovora Biancure III bacino 95 Dove ha frequentato la scuola? Andavo a scuola dove ora c’è il Ristorante “da Marchetto”, allora “Gleriano”. Sotto c’era l’osteria e al primo piano una pluriclasse frequentata da una ventina di bambini, la maestra era siciliana. La scuola distava tre chilometri da casa mia, li percorrevo a piedi anche con la bora e con il gelo. All’angolo di via Lovato, verso il cimitero, c’era la casa della famiglia Scarpa con terreni e frutteto. Il mio miglior amico era Piero Scarpa, mio coetaneo. Al mattino veniva a prendermi e assieme andavamo a scuola. Egli doveva percorre cinque chilometri per arrivare a scuola, due più di me. Mio papà è riuscito a costruirmi, con materiale di recupero, una biciclettina con la quale potevo muovermi più velocemente. Ho proseguito, quindi, i miei studi a Latisana e poi a Udine presso l’Istituto Tecnico Statale Malignani. Ha altri ricordi della sua infanzia? Ricordo che andavamo a messa nella chiesetta che si trovava all’incirca dove oggi è stato costruito il ponte che porta a Bibione. Quando veniva l’acqua alta, la montana, chiesa e attiguo convento venivano sommersi dall’acqua e dal fango. La chiesetta è stata spostata sul terreno della Colonia con il contributo delle Belle Arti e dell’Azienda Coin, trovandosi la costruzione nel loro territorio, Il convento Il Tagliamento, sullo sfondo chiesetta e convento è stato adibito a casa, ora di proprietà della famiglia Martinello, nel giardino c’è ancora il pozzo con i segni della corda del secchio con cui i frati attingevano l’acqua. Ricordo anche la barca della famiglia Turcato che, attraverso i canali, arrivava all’idrovora carica di pietre d’Istria atte a rivestire i canali di bonifica, gli stessi di oggi. 96 Ha dei ricordi particolari del tempo di guerra? Ricordo che durante la guerra i soldati tedeschi avevano occupato le case dei contadini. Il maresciallo aveva requisito il nostro soggiorno e nell’officina attigua aveva fatto costruire le docce per i soldati. Tra costoro c’era il soldato Heinz Hochsculz che riceveva pacchi dalla Germania e divideva con noi la cioccolata. Ogni anno, dalla fine della guerra, il signor Heinz torna a Lignano, scende all’Albergo Vittoria e così la nostra amicizia è continuata fino a oggi. Idrovora Pantanel 1945 - A sinistra seduto Heinz Hochsculz Anche lei andava a caccia? Fin da bambino seguivo mio papà a caccia e qualche volta mi lasciava anche sparare. A diciotto anni ho preso la licenza di caccia. Betolina “Paola” mitragliata da aerei inglesi sul canale - 1945 Si cacciava senza regole, si faceva la posta a lepri e pernici, si spiavano le tane delle volpi. La domenica si usciva in gruppo, alcuni contadini scavavano e, quando la volpe usciva, mio papà sparava. Egli utilizzava anche un altro sistema nella caccia alla volpe: legava una gallina su di un palo collegato mediante un filo a un campanellino posto in casa, quando suonava, mio padre si affacciava alla finestra e sparava. Dove ha lavorato? Dapprima ho lavorato nell’Azienda agricola Coin. Ho sempre usato come mezzo di trasporto la bicicletta sia per andare in centro 97 e, d’estate, in spiaggia sia per andare a giocare a calcio nei numerosi campetti di Lignano. In seguito ho comperato un camion per trasportare, in proprio, materiale per l’edilizia e pannelli prefabbricati che arrivavano da Buia. Ho lavorato con la ditta Ursella che allora costruiva i palazzi di Lignano City e di Lignano Pineta caratteristici per i particolari di stile americano. A 32 anni, presa la patente per caldaie a vapore, ho sostenuto a Trieste il concorso all’Ente di Bonifica e ho preso il posto di mio padre. Il Consorzio di Bonifica è un ente parastatale che, per le opere dipende dal genio civile di Venezia. Una volta si adoperavano le pompe centrifughe, la motrice era a vapore e si usava la legna, poi il diesel. Oggi tutto è automatico: i computers controllano ogni cosa. In caso di pioggia bisognava essere disponibili Giuseppe Burgato - Biancure III bacino ventiquattro ore su ventiquattro. Oggi, oltre ai tre impianti iniziali, se ne controllano dodici, su un territorio che si estende fino a Ronchis, e questo è compito di mio figlio Adriano, perito elettrotecnico, che è subentrato mediante concorso al mio posto, essendo io andato in pensione all’età di sessant’anni. Dall’entusiasmo con il quale il signor Beppino parla delle quattro generazioni susseguitesi nello stesso lavoro, si sente che è orgoglioso e soprattutto felice di aver trascorso la propria vita a Lignano, adoperandosi per il suo sviluppo. Giuseppe Burgato vicino al motore dell’idrovora 98 18 dicembre 2007 Luigia FANOTTO e Walter LIGUSTRI Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris La signora Luigia Fanotto, che per moltissimi Lignanesi è semplicemente Gigetta, mi accoglie con molta cordialità nella villetta a schiera in via Tarvisio dove vive con il marito Walter Ligustri. È nata il 3 gennaio 1927 a Latisana, Lignano allora apparteneva a quel Comune. La sua famiglia era composta dai genitori e dai loro cinque figli: Giovanni, Mario, Luigi, Angelo e Giuseppe, con rispettive mogli e figli, per un totale di trenta persone. Dov’era situata la vostra casa? La casa colonica e la terra che coltivavamo si trovava nei pressi dell’attuale caserma della Guardia di Finanza di Sabbiadoro ed era di proprietà della famiglia Gasparini. Non ricordo come fossero stati gli accordi economici tra il proprietario e la mia famiglia, certamente, com’era consuetudine a quei tempi, erano in grandissima misura più vantaggiosi per il proprietario che al momento dei raccolti veniva a controllare la suddivisione. Al lavoro dei campi contribuivano, oltre agli uomini, anche le donne con grande fatica. I mezzi non erano quelli di oggi e la giornata lavorativa era molto lunga dall’alba al tramonto, come si suol dire. 99 Il raccolto veniva trasportato a spalla nel granaio, deposito di generi alimentari, e suddiviso per tutti i mesi dell’anno. Come si svolgeva la vita in famiglia con tanta gente? Quando nasceva un bambino la nonna preparava alla puerpera la sope, una zuppa di brodo e pane raffermo, cibo allora ricercato. La polenta era il cibo quotidiano. La neo mamma, appena ripresa dal parto, si dava subito da fare e, se necessario, portava nei campi il bimbo che doveva allattare, tenendolo in una cesta, l’aval, e mentre il piccolo dormiva lei lavorava assieme ai familiari. A casa rimaneva solo la nonna a preparare il pranzo. La mia famiglia, rispetto ai contadini di allora, era abbastanza fortunata. Gli uomini pescavano nella vicina laguna dove il pesce era in abbondanza e cacciavano nella pineta animali selvatici come lepri e fagiani. Nel cortile, poi, non mancavano galline, anatre e oche, e si allevava il maiale. Il cibo non era abbondante, perché parecchie erano le bocche da sfamare I bocconi migliori andavano agli uomini. I bambini mangiavano per primi per lasciare poi il posto a tavola al resto della famiglia. Ricordo che lo zio Mario, appena terminata la frugale cena, ordinava a tutti i bambini di andare a dormire. I letti erano alti e cadere poteva rappresentare un vero pericolo. I materassi erano riempiti di scuss, di foglie di pannocchie di granoturco, e quando le persone si rigiravano, si sentiva un bel “concertino”. Spesso nel letto di una persona dormivano due bambini, uno da un lato e l’altro dall’altro. In quegli anni l’inverno era tanto rigido da ghiacciare la laguna, la neve cadeva in abbondanza, e le coperte di cui disponevamo non emanavano un gran calore. Le donne confezionavano, allora, degli appositi piumini con le piume degli animali da cortile uccisi. L’abbigliamento non era adatto a sopportare i freddi di quegli inverni, per cui bambini e donne si rifugiavano nelle stalle dove il calore dei buoi rendeva l’ambiente più confortevole. Le gelide temperature procuravano fastidiosi geloni a mani e piedi. L’alimentazione Casone di pescatori in laguna 1960 100 dei bambini, poco varia e poco abbondante, era integrata dall’olio di fegato di merluzzo che, per disposizione del regime fascista, veniva distribuito nelle scuole. Conservo ancora un disgustoso ricordo di quell’olio. Questo era il nostro piccolo mondo spartano, scandito dal lavoro, dalla fatica, dalle preghiere e dal rispetto per le persone anziane. Tutto questo poteva essere sconvolto dalla consuetudine di San Martino, l’11 di novembre, quando alle famiglie dei mezzadri arrivava lo sfratto e in men che non si dica erano costrette a traslocare in un’altra località. Questo drammatico evento colpì anche la nostra famiglia. Ricordo la disperazione di tutti, soprattutto della mamma. Raccolta la poca roba, siamo partiti su di un carro in direzione di Pertegada dove vivevano dei parenti e ci siamo sistemati in due baracche, regalate loro dal Comune di Latisana, e là abbiamo vissuto per diverso tempo e con molti disagi. Poi lei si è fatta un’avvenente ragazza, come può testimoniare l’aspetto odierno. Eh sì. il tempo passava, mi sono fidanzata con Walter Ligustri e mi sono sposata il 20 maggio del 1945. Siamo andati ad abitare a Lignano dai genitori di mio marito, Abramo e Albertina, custodi della Colonia intitolata a Costanzo Ciano. Colonia “Costanzo Ciano” - 1940 Mi parli della Colonia. Concluso il secondo conflitto bellico, in alcuni locali della Colonia ebbero il loro quartier generale un reparto di truppe inglesi. Abbiamo fatto diverse amicizie, con uno di loro abbiamo avuto per tanti anni una regolare corrispondenza. Intanto la famiglia cresceva, sono nati prima Eleonora, poi Alberto e alcuni anni dopo Ronnie. Lignano, agli albori del boom turistico, non sembrava dare tanti sbocchi per il futuro e così Walter provò anche l’esperienza dell’emigrante, andò in Canada. Rientrato, dopo alcuni anni, abbiamo aperto prima una latteria e poi un negozio 101 di generi alimentari. Intanto Lignano si ingrandiva e diventava quella realtà importante che oggi tutti conoscono. Ora ci siamo ritirati dal commercio, siamo circondati dall’affetto dei figli e delle nipoti e abbiamo sempre un grande attaccamento a Lignano, anche se sentiamo tanta nostalgia per la Lignano di un tempo con le sue dune e il suo vivere semplice. Negozio e casa Ligustri in via Venezia Interviene il marito. Il signor Walter Ligustri è nato il 20 novembre 1923. Suo padre Abramo, proveniente da Padova, è arrivato a Lignano nel 1936 assieme alla moglie Albertina nativa di Busseto, paese di Giuseppe Verdi. Lavorava alla G.I.L., l’attuale Colonia, come fuochista alle caldaie e uomo tutto fare. Come si viveva a Lignano in quel tempo? La località mi sembrava molto isolata e un po’ triste, ma io ero un ragazzino e ben presto ho fatto amicizia con i ragazzi della mia età e mi sono sentito subito bene. Cosa ricorda della Lignano di un tempo? Mi ricordo che era bellissima con le sue dune, la sua pineta folta e vasta. Vi viveva poca gente, tutti erano cordiali e le amicizie duravano per lunghissimi anni. Come conobbe sua moglie? La vidi un giorno nell’Albergo Spiaggia dove lavorava: era proprio una 102 bellissima ragazza dal carattere gioioso e dolce. Era anche un po’ sbarazzina: andava in spiaggia, indossando il bikini che all’epoca faceva davvero scalpore. L’ho corteggiata e poi ci siamo sposati. Ora siamo nonni di tre nipoti: Paola, Laura e Irene che vengono spesso a trovarci. Che attività svolgeva? Dapprima ho lavorato in Comune e poi all’Azienda di Soggiorno. Voglio precisare che negli uffici allora il personale era limitato, non c’erano mai più di quattro persone. Come si viveva a Lignano durante il conflitto bellico? Non ho dei ricordi particolarmente brutti di quel periodo. Il cibo era a sufficienza, la terra lavorata dava i suoi prodotti, il bosco era ricco di selvaggina e il pesce abbondante. È stato costruito un bunker vicino alla Caserma della Finanza come rifugio antiaereo, ma credo che non sia mai stato usato. E cosa mi dice del dopoguerra? Nella Colonia, dove abitavamo, c’era un distaccamento di truppe inglesi e con loro stavamo benissimo. Abbiamo fatto amicizia con uno di loro con il quale abbiamo mantenuto una corrispondenza per diversi anni. Terminata la guerra, i turisti hanno cominciato a frequentare Lignano, dapprima solo italiani e poi anche stranieri, soprattutto di lingua germanica. Via via le presenze sono aumentate fino agli anni del boom economico, per poi stabilizzarsi. I primi turisti erano persone molto semplici: andavano in spiaggia con gli ombrelli e si prendevano delle terribili scottature, non usando naturalmente le creme solari. Per molti era la prima volta che vedevano il mare e rimanevano colpiti e ammirati davanti all’immensa distesa marina. Ora tutto è cambiato e i turisti sanno godere del sole e del mare. 103 13 gennaio 2008 Enea FABRIS Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Il ragionier Enea Fabris, noto corrispondente giornalistico, ha lavorato per varie testate giornalistiche quali Ansa, Rai, Occhio, Il Sole 24 ore, Il Corriere dello Sport, Il Piccolo, Il Gazzettino, Il Messaggero Veneto, riportando gli avvenimenti della nostra località Da anni ha ristretto il cerchio a Il Gazzettino e all’ANSA - Agenzia Nazionale Stampa Associata - e saltuariamente ad altre testate. Da oltre vent’anni dirige Stralignano, periodico locale. Signor Fabris, racconti come la sua famiglia ha deciso di investire a Lignano? Noi eravamo cinque fratelli: tre maschi e due femmine. Ferruccio, il maggiore, negli anni Cinquanta aveva già una sua attività e una sorella era sposata, mentre la seconda era ancora molto giovane. I miei genitori volevano sistemare anche me e mio fratello Carlo, così pensarono di acquistare nel 1950, l’Anno Santo, un appezzamento di terreno a Lignano che era stato offerto loro dal compianto Tullio Gregoratti. 105 Dove si trovava tale terreno? Non è facile descrivere dove si trovava. Ricordo che la strada finiva all’incirca all’attuale piazzale San Giovanni Bosco, poi fino a Pineta era una landa deserta e selvaggia. Il terreno acquistato era un grande invaso che per portare a un certo livello sono stati necessari decine e decine di cubi di materiale da riporto. Quando iniziarono le costruzioni in quella zona? Qualche anno dopo l’acquisto mio padre, sollecitato anche dai tre figli maschi, diede inizio alla costruzione di una modesta villetta Villa Germana, dal nome della sorella minore, con quattro appartamenti da affittare stagionalmente. Allora era l’unica costruzione in mezzo a una vasta area selvaggia, ma pochi anni dopo ne sono sorte parecchie. Contemporaneamente il Comune di Latisana, da cui Lignano dipendeva, realizzò l’arteria che prese il nome di viale Venezia e che successivamente diventò l’asse commerciale più importante di Sabbiadoro. Quali turisti frequentavano la Lignano degli anni Cinquanta/Sessanta? Il vero boom turistico è dell’inizio degli anni Sessanta, prima di allora c’era un certo movimento di villeggianti dai paesi vicini, si cominciava soltanto a intravedere una certa presenza di turisti d’Oltralpe. Per parecchi di loro era la prima volta che vedevano il mare e tutti erano entusiasti di trascorrere un periodo di vacanza nella nostra località. Come continuò attività? la vostra Una decina di anni dopo e precisamente agli inizi del 1960 di fronte a noi sorse l’Albergo Tritone, opera di un imprenditore triestino, ma poi gestito per molti anni dalla famiglia Alzetta di Montereale Valcellina. Nel contempo anche noi fratelli abbiamo preso coscienza dello Negozio Fabris in viale Venezia 106 sviluppo della località e ci siamo avventurati nella costruzione di due negozi con sovrastanti due appartamenti. Uno dei due negozi venne subito gestito da mio fratello Carlo con la moglie Adriana, mentre io venivo saltuariamente ad aiutarli. L’altro negozio invece era stato affittato a un commerciante di Gorizia che aprì un negozio di pelletterie. Cosa ricorda degli anni Cinquanta? Per noi ragazzi era molto facile fare amicizia con le turiste straniere molto più emancipate delle nostre ragazze. Il sabato sera si andava a ballare a La Fontanella di via Udine, gestita da Paride Lucchini, alla vecchia Terrazza a Mare e in una birreria con balera Dancing la Fontanella in via Udine sorta in via Vicenza. Negli anni successivi sono sorti altri locali da ballo: Il Fungo a Pineta, Il Rendez-vous, prima ancora si poteva ballare sulle terrazze degli Hotel Gran Park e Riviera con juke-box e saltuariamente con orchestra, alla “Sacca” e in altri ritrovi ancora. Negli anni successivi è nato il Circolo dei Forestieri, ora Kursaal. Nel salone delle feste si tenevano manifestazioni di grande prestigio promosse dal compianto Riccardo Riva. Ebbe modo di vedere o conoscere qualche personaggio famoso? A quel tempo ero un appassionato di fotografia e collaboravo con Stralignano, appena nato, e con Il Messaggero Veneto, frequentavo pertanto i locali e mi ricordo di aver incontrato e fotografato parecchi personaggi famosi: l’attrice Virna Lisi in vacanza con il figlio e la governante, i cantanti Fausto Leali, Fred Buongusto, il grande Charles Aznavour, la cantante Iva Zanicchi, e tanti altri. 107 Lignano era frequentata anche da famosi sportivi? Sì, ho incontrato vari sportivi: Manuel Fangio, Clay Ragazzoni, il famoso calciatore Mariolino Corso, Bettega, il campione di boxe Mario Vecchiatto che veniva a Lignano con la famiglia, e altri ancora. Ricorda qualche altro personaggio famoso? Alla fine degli anni Cinquanta frequentavano Lignano la figlia di Winston Churchill, lo scrittore Giorgio Scerbanenco, l’attore Alberto Sordi, senza dimenticare le brevi apparizioni dello scrittore americano Ernest Hemingway che io non ebbi la fortuna d’incontrare. Anche molti rampolli di ricche famiglie giravano con macchine di lusso accompagnati da elegantissime signore. A quei tempi c’erano manifestazioni culturali di un certo livello? Direi proprio di sì. Ricordo che per parecchi anni, grazie all’impegno dell’Azienda di Soggiorno, sotto la presidenza dell’onorevole Zanfagnini, si sono tenute le stagioni liriche con tenori famosi quali Mario Del Monaco, le stagioni concertistiche, i concorsi ippici a livello internazionale con la presenza d’Inzeo, i grandi incontri pugilistici con in palio il titolo mondiale ed europeo, le serate dedicate al jazz con la presenza del famoso sassofonista Jerry Mulligan. Ora ci sono molte più strutture, ma alle volte mancano le idee per attuare eventi di grande risonanza. Cos’è cambiato, dunque? Gli anni Cinquanta si possono considerare gli anni del dopoguerra. Era in atto la ricostruzione, quindi si viveva in un clima di grande austerità. La televisione muoveva i suoi primi passi. Possedere un frigorifero era considerato un lusso e la gente si accontentava del necessario per vivere. Le vacanze erano, quindi, all’ultimo posto nelle priorità della vita quotidiana. I pochi turisti che giungevano a Lignano non avevano grandi esigenze, erano felici di abbronzarsi al sole e di vivere momenti di grande spensieratezza, accontentandosi di molto poco. Man mano che il tempo passava, e arriviamo ai giorni nostri, i turisti si sono fatti sempre più esigenti e ora si aspettano di trovare nei luoghi di villeggiatura, sia in alberghi sia in case private, tutti i confort. 108 16 gennaio 2008 Eno PETRACCO Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris Il signor Eno Petracco, accompagnato dalla moglie Nella Gini, si presenta a casa di Mariella per l’intervista all’ora prestabilita. È nato a Rivignano il giorno di San Valentino del 1928, l’anno prima del grande freddo. È quasi sempre vissuto a Lignano dove ha gestito Il Fungo, punto di ritrovo della Lignano bene. I suoi 80 anni li porta in il Fungo - 1957 maniera splendida: “Gente di razza“, dice la moglie. Passa il suo tempo coltivando l’orto, allevando galline e altri animali da cortile. Il suo narrare è pacato, tranquillo e ci riporta indietro nel tempo. Ogni tanto sorride e il viso dalle folte sopracciglia nere gli si illumina: torna giovane, nonostante i capelli brizzolati “più sale che pepe“, come suol dire. 109 Signor Petracco, potrebbe dirci quando è arrivato per la prima volta a Lignano? Erano gli anni Cinquanta. Nel 1951 venivo in vespa, nel 1952 in macchina per trasportare dei villeggianti che scendevano alla Pensione Alla Pineta sita in via Latisana, un po’ prima di viale Italia. La sera noi giovani andavamo a ballare Alla Fontanella, in via Udine. Alla fine del 1953 i signori Anzil di Rivignano, ma originari di Romans, promotori della Lignano Pineta, mi incitarono a costruire un ambiente su progetto dell’architetto D’Olivo, quello che poi sarebbe diventato Il Fungo. Io, allora, trasportavo serramenti vari per conto della ditta Anzil nei bungalow del Kinderheim, alla Capanna d’Oro e in altre Pensione “Alla Pineta” via Latisana - 1950 Albergo Capanna d’Oro - 1952 casette in costruzione. Ci parli de “Il Fungo“. I lavori di costruzione sono iniziati ai primi di febbraio del 1954. Venivamo a Lignano con un camioncino, trasportando quattro/cinque operai. Portavamo con noi il pranzo e l’acqua da bere; per fare il bitume prendevamo l’acqua nel canale di bonifica, ora passeggiata in mezzo al viale dei Fiori. La prima volta, per entrare nel terreno i bulldozer della società Lignano Pineta ci hanno aperto la strada, ma gli operai hanno dovuto stendere, man mano 110 che avanzavamo, dei rami di pino per impedire al mezzo di insabbiarsi. Portato a termine il piano terra, rimanevano da fare 340 mq di terrazza. Non avendo né attrezzature né mezzi ci siamo rivolti alla ditta Ursella, ditta che successivamente ha costruito il complesso della Lignano City. Considerato l’ambiente immerso nella pineta e il sito piacevolmente romantico, a me è venuta l’idea di fare un dancing che ho gestito fino al 1965, anno in cui ho preso moglie. Ho deciso allora di venderlo, anche perché cominciava a essere passivo, ma con una certa difficoltà: venduto tre anni prima, ho addirittura pagato tre anni di affitto. La nuova acquirente, una signora triestina, ha conservato il dancing per un paio di anni. Il signor Sergio Rodeano, nuovo proprietario, lo ha trasformato in ristorante-pizzeria senza trovare un’adeguata gestione. Quindi è passato di proprietà a un’impresa edile che lo ha demolito per costruire un brutto piccolo condominio. Dopo tanti passaggi, a perenne ricordo dei bei tempi passati, è rimasta solo la scritta ben visibile dalla strada. Chi ha avuto l’idea di chiamare la nuova costruzione “Il Fungo“? Io, pensando alla struttura circolare del locale. Il Fungo era una piccola costruzione che riproponeva Da sinistra: Eno Presacco, il presidente dei il movimento ruotante tipico in linea con il neoprestigiatori italiani Kung King Fu, il colonnello Della Noce, il cameriere Gastone espressionismo dell’architetto D’Olivo. e dietro Giovanni Mongolo Nel centro c’era una colonna di cemento armato vuota all’interno dove scorreva un piccolo ascensore a mano per portare le ordinazioni in terrazza, al di sopra c’era una specie di copertura che rassomigliava a un fungo, successivamente illuminato. Quali persone frequentavano il dancing? Il meglio del meglio: da Alberto Sordi a Mariolino Corso, da Lorenzo Buffon, portiere del Milan, accompagnato dalla moglie Edy Campagnoli a Camillo Della Noce, marito di Maria, attrice americana, e amico della famiglia Bruschi di Milano che ha ancora la villa qui. Cantanti come Achille Togliani, con il suo seguito di belle donne, Fred Bongusto e tanti altri. 111 E ancora, la signora Marzotto, il Signor Cristoph, l’ingegnere Usnich di Zurigo, habitué di Lignano e de Il Fungo, con il quale è nato un grande rapporto di fiducia. È rimasto storico un incontro tra noi due a Como per trattare di un terreno sito all’angolo della chiesa. Avevo con me anche tutta la planimetria di Lignano Pineta. L’ingegnere mi chiese: “Secondo te è un affare da fare oppure no?“, risposi: “Sì, senza alcun dubbio“. Senza chiedere altro mi consegnò l’assegno per la caparra, e io ripresi la via del ritorno. Che musica si suonava? La musica della cantante Maria Morales e della sua orchestra. Il signor Teghil, gestore della Terrazza a Mare, avrebbe voluto ingaggiarla, ma lei fedele a Eno Petracco diceva che sarebbe andata via da Il Fungo solo per andare oltre confine. Cantava, infatti, solo da me e alla Kellertaverne di Karlsruhe in Germania. Bravissima, meravigliosa, era un’attrazione continua, tanto è che l’avvocato Petiziol e Giovanni Mondolo, gestore della “Bella Venezia” di Latisana, avevano il tavolo di sinistra, guardando l’orchestra, fisso per tutta la stagione. Tra gli ultimi clienti c’era Somaglino, il concessionario dell’Alfa Romeo di Udine, che pasteggiava a caviale e champagne. I clienti in genere consumavano whisky, coca cola, negroni. Qual era l’orario di apertura? Dalle sei del mattino alle due del mattino successivo, il locale chiudeva per quattro ore soltanto. Io arrivavo puntuale alle nove del mattino e rimanevo fino alla chiusura. In tredici anni di gestione mi sono assentato due ore per andare a Mossa, in provincia di Gorizia, con il dottor Domenico Toniatti per l’acquisto di un terreno. Nelle serate di maltempo ero l’ultimo a scendere, come il capitano dalla sua nave. La pioggia sconvolgeva il locale, la furia del vento riusciva perfino ad abbattere il parapetto della terrazza con grave danno per il pianoforte, che veniva fortunatamente trattenuto da un pino. Visti i danni subiti e considerato che la stagione estiva - siamo nel 1960 - era stata particolarmente piovosa, abbiamo deciso di coprire la struttura con un tetto. Lo ricordo bene, era l’anno in cui ho fatto rapare a zero i miei tre camerieri, 112 i miei “tre pali e un franco“: Mario, già sessantenne; Piero, suo coetaneo, da Udine e l’abruzzese Cesidio detto Gastone, salito al Nord come mascotte degli Americani, prima cameriere da Scarpa e poi approdato a Il Fungo. Questi tornava a Sulmona ogni anno e, per farsi vedere ricco, entrava in città in una carrozza trainata da cavalli. Una stagione estiva l’ho pagato con una lambretta e lui è partito su quel mezzo di trasporto. Io, intanto, avevo venduto la mia vecchia auto e acquistato una Millecento con cambio al volante dal signore dell’ex deposito di tabacchi di Teor. Per quei tempi era una gran bella macchina, poi sono passato alle Alfa Romeo. Si vede che gli affari andavano bene, che ne dice? Devo ringraziare i signori Anzil di avermi avviato alla compravendita di terreni. Se fosse stato per Il Fungo avrei fatto la fame. La gestione di quel locale mi ha dato, però, la possibilità di conoscere tanta gente, di sapere ciò che gli altri forse non sapevano. Pensate che per un quarto della Lignano Sud, ora Lignano Riviera, io avevo carta bianca e stabilivo i prezzi. Ogni mercoledì andavo a Latisana, alla “Bella Venezia”, per l’incontro con il dottor Veritti, delegato alle vendite, portavo i preliminari già fatti, consegnavo la caparra, lui mi dava le provvigioni e io rientravo a Lignano. Lei era dunque un mediatore? Sì, il primo mediatore della provincia di Udine iscritto alla Camera di Commercio. Ho sostenuto l’esame assieme all’avvocato Ermanno Rossetti. Promossi ambedue, abbiamo festeggiato l’evento a base di filetto di vitello da Titta a Zompitta. Da allora sono passati cinquant’anni! A chi appartenevano i terreni della Lignano Pineta? A una società che ha venduto prima della lottizzazione. Gli appezzamenti di terreno sono stati comperati dalle famiglie Sabatini, Gregoratti, Kechler, Bruseschi, Raschio della Rinascente di Milano e da altri personaggi. Andavamo a vedere il terreno da acquistare lungo il canale di bonifica. Non c’era niente, proprio niente! 113 Il progetto de Il Fungo è dell’architetto D’Olivo? Sì, come il “treno“; la villa di Sordi è, invece, dell’architetto Bernardis. Il Fungo era un ambiente unico, il Comune avrebbe dovuto conservarlo come un’opera d’arte architettonica che ripeteva nel suo essere la spirale di Lignano Pineta. D’Olivo aveva stabilito la costruzione di ville in mezzo al verde di due piani visibili solo dall’aereo, gli alberghi Villa di Alberto Sordi potevano essere di tre piani. Quando ha visto la costruzione delle torri, inorridito si è rifiutato di tornare a Lignano e ha mantenuto la promessa. Com’era Lignano quando lei è arrivato? Era irriconoscibile. Da Pertegada a Lignano c’era campagna, la strada era un tracciato di difficile percorrenza, tanto è vero che, con il mio camioncino carico, dovevo correre a cavallo dei due sentieri per non arenarmi. Il ponte era quasi sempre aperto per il passaggio delle barche, lo chiudevano solo per permettere alle macchine di transitare. L’entrata di via Latisana era una specie di casba: le case erano terrazzate a un piano, poche le stanze all’interno. So che vi abitavano le famiglie Landello e Bivi e il signor Bivi era capo muratore da noi e, in seguito, addetto alla cambusa. Tutto intorno c’erano grandi estensioni di cannelle, Albergo Santa Cruz - 1950 114 sembrava di trovarsi in laguna. Sul lungomare c’era solo Il Gabbiano di Checco Gigante. Io trasportavo da Rivignano pendolari giornalieri tra i quali c’era anche un abruzzese, il calzolaio Sabatini, che si portava appresso un bottiglione di vino rosso. Per mantenerlo fresco scavava una buca nella sabbia e, disteso al sole, attingeva felicemente il suo nettare con una cannula. Risalendo il lungomare c’era la vecchia Terrazza a Mare di legno e al di là della strada, a sinistra dell’Albergo Nettuno, c’era il Bar Alpino, una specie di baita, gestita da Giuseppe Della Maria - detto Bepi o Nino - che poi ha aperto l’Albergo Santa Cruz a Pineta. Il primo bar sorto a Lignano Pineta è stato Il Fungo e non il Santa Cruz, come contendeva Bepi Della Maria, poi sono sorti Il Ragno, il Giarabub sulla spiaggia. Ho acquistato il terreno per la costruzione de Il Fungo a 800 lire al mq, firmando il preliminare nel 1953 e il contratto nel gennaio del 1954. Nello stesso periodo Bepi Della Maria ha acquistato il terreno per il Santa Cruz a 500 lire al mq con la clausola di iniziare subito la costruzione. L’evoluzione ha portato il terreno da 500 a 2.000 lire al mq e da 800 a 20.000 lire al mq. Sono sempre stato convinto che gli alberghi devono essere costruiti sul mare e le case ovunque, il Santa Cruz era proprio in prima linea, essendo la pineta sulla fascia demaniale. Dov’era il Giarabub? A un centinaio di metri andando dalla piazza del Sole di Lignano Pineta verso le Terme c’era una specie di chiosco di paglia, una specie di casone circolare. All’esterno c’erano delle plote sulle quali erano sistemati dei tavolini rotondi e delle sedie di metallo e nel centro una piccola pista da ballo. Ricordo che si ballava anche scalzi con i piedi sanguinanti, ma chi ci Bar Giarabub a Lignano Pineta 115 badava! Una signora, non più giovane, suonava la fisarmonica spostandosi tra i ballerini e qualcuno la prendeva di dietro e ballava con lei che continuava a suonare. Una sagoma! Si incontrava spesso Camillo Della Noce, gran bevitore di whisky e amico delle famiglie Bruseschi e Marzotto. Amava essere splendido e, come pagamento, esibiva il libretto della pensione che era passivo non da mesi, ma da anni. Frequentava anche il mio locale, comportandosi allo stesso modo. Una sera ero sul punto di buttarlo fuori, ma si fece perdonare regalandomi un fazzoletto di seta che aveva trovato. La gente di Latisana ha investito a Lignano? Ha investito soprattutto la gente di San Stino, Torre di Mosto e dintorni, anche se i Latisanesi indirettamente hanno sostenuto il sorgere di Lignano con i loro tanti soldi depositati in banca. Un giorno il direttore della Cassa di Risparmio di Latisana è passato a Il Fungo, chiedendomi come mai non frequentassi il suo istituto bancario. Un giorno ci sono andato e senza chiedere niente mi ha concesso un prestito di mezzo milione di lire! Nonostante la mia giovane età - avevo allora 25 anni - ho trovato davvero molto sostegno nelle persone della Società Pineta, Dove vive ora? Sono ritornato a Lignano dopo aver vissuto a Rivignano e Bibione dove avevamo aperto un negozio di articoli per bimbi. Una volta alla settimana ritorno nel mio paese dove ho una stalla ristrutturata, un piccolo orto e alcuni animali da cortile. Coltivo anche un orticello qui a Lignano sul terreno di Argelio Scarpa e, come vedete, sono sempre in movimento. Non riesco proprio a stare fermo! 116 23 gennaio 2008 Vincenzo GIGANTE Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris Vincenzo Gigante, chiamato da tutti Checco, ha raggiunto quasi l’invidiabile traguardo dei 91 anni, essendo nato il 2 marzo del 1917, e ciò non gli impedisce di gironzolare ancora per Lignano per le più diverse incombenze alla guida della sua Ape a tre ruote. Come ha iniziato la sua attività lavorativa? Da ragazzo lavoravo a Latisana come fornaio, ancora giovane sono partito per il servizio militare come Guardia di Frontiera, ma tale servizio, a causa della guerra, è durato ben sette anni. Al ritorno ho ripreso il lavoro di fornaio, mi sono sposato con Fanny Minutello che mi ha dato due figli, Patrizia e Giancarlo, che a loro volta si sono sposati e hanno figli grandi, tanto che ora sono diventato bisnonno. Quando è arrivato a Lignano? Approdai a Lignano nel 1951, aprendo sulla spiaggia di Sabbiadoro un chiosco che, in effetti, era un residuato di guerra in legno e che chiamai “Ausonia”. Sul lato opposto c’era soltanto un piccolo bar, la Capanna d’Oro, tutto il resto 117 era pineta e dune di sabbia solcate dal lungomare Trieste realizzato come pista per aerei leggeri. L’arenile era una landa deserta e i pochi bagnanti si portavano l’ombrellone al seguito e il pranzo al sacco, poi consumavano qualche bibita al bar. È rimasto all’Ausonia per parecchio tempo? Terrazza dell’Albergo Capanna d’Oro sul lungomare - 1949 Qualche anno soltanto. Poi mi trasferii in un’altra area demaniale nei pressi della colonia EFA ODA. Feci domanda al Demanio marittimo per ottenere in concessione un pezzo di arenile per trovare una sistemazione definitiva. Il Gabbiano - 1966 118 È stata una prassi facile? Non tanto. Feci diversi ricorsi, diversi viaggi a Roma e finalmente negli anni Sessanta ho inaugurato lo stabilimento balneare chiamato “Gabbiano” che continua tuttora, ma gestito da mio figlio Giancarlo. Si dice che abbia conosciuto lo scrittore Scerbanenco. Si, lo conobbi nel 1957 e diventammo subito amici. Lo scrittore veniva a trovarmi al Gabbiano, portando con sé la sua Olivetti Lettera 22 e qui scriveva i famosi gialli Mondadori, nonostante la grande confusione e la musica del juke-box che non lo infastidivano, anzi diceva che lo aiutavano a ispirarsi per i suoi romanzi. Dove si stabilì a Lignano? Acquistai un terreno a Pineta, era un’area incolta dove regnavano volpi, vipere, carboni, fagiani e lepri. A quel tempo non c’era né luce né acqua e neanche fognature. La casa che feci costruire fu la prima in quella zona, poi ne seguirono molte altre. Lei potrebbe essere definito un pioniere di Lignano? Certamente, per me è un bel complimento. 119 24 gennaio 2008 Argelio SCARPA Intervistatrice: Wally Gigante Waddell Mentre mi recavo a Sabbiadoro per l’intervista al signor Argelio Scarpa, osservavo le cime delle montagne, nitide, incappucciate di bianco. Dopo giorni di pioggia, il sole abbagliante inondava la città, conchiglia aperta sul mare, con luminose note musicali. Il signor Scarpa, con la sua consueta gentilezza, mi ricevette nella sua bella casa nel centro di Lignano Sabbiadoro. Lei è nato a Lignano? Sono nato a Lignano, a Casa Scarpa, nel 1938. La levatrice arrivava in bicicletta da Pertegada, ma mia nonna era esperta, aveva avuto sei figli, e io sono nato prima che la levatrice arrivasse. I miei nonni, assieme a mio padre e agli zii, sono arrivati a Lignano da Cavallino, provincia di Venezia, nel 1929, l’anno del grande freddo. Si racconta che si poteva attraversare la laguna sul ghiaccio fino a Marano. All’inizio della loro permanenza a Lignano percorrevano la Lignano - Cavallino in bicicletta. Ricordo che avevano ricavato un frutteto da 18 ettari di palude. È stato il primo frutteto del Friuli. Si estendeva a ovest del cimitero, attualmente una parte è occupata dal depuratore. 121 Mi racconti qualche episodio che più l’ha impressionata. Durante il periodo dell’ultima guerra, i Tedeschi che avevano occupato Lignano usavano allagare i terreni nella zona adiacente il canale Litoranea Veneta per impedire il passaggio a nemici che potevano sbarcare da quella zona, e così rendere l’accesso difficile. Il frutteto era già produttivo in quegli anni e la mia famiglia, aiutata dal signor Gastone Venturini, un amico di grande grinta, erano impegnati giorno e notte per impedire che il terreno si allagasse. Una sera, l’acqua stava superando gli argini, la mia famiglia e l’amico Gastone lavorarono con tenacia tutta la notte, tappando i buchi e salvando così il frutteto. L’economia di Lignano era allora prettamente agricola, ma il terreno necessitava di essere irrigato. Si vedono ancora, in via San Giuliano, pezzi di canalette di irrigazione in cemento costruite dal Chiuse sulla Litoranea Veneta a Bevazzana Consorzio di Bonifica. Dov’era la vostra prima abitazione a Lignano? Abitavamo a Casa Scarpa in via Lovato, oggi trasformata nel Ristorante La Stalla. Venivamo a messa con il calesse trainato da un cavallo. Una domenica degli aerei nemici ci mitragliarono e noi ci riparammo nella stalla dove abitava una delle famiglie Bidin. Il cimitero era a Pertegada. Non Alberghi Stella e Bruni in via Udine- 1954 c’era molta gente a Lignano e c’erano pochi decessi, ma quando moriva una persona i ragazzi di Lignano erano felici perché, assieme al feretro, salivano anche loro sul camion e si facevano scorazzare fino a Pertegada. Il camion della famiglia Scarpa veniva sempre utilizzato per il trasporto delle salme. Per andare in ospedale si usava la macchina sempre della famiglia 122 Scarpa che si prestava in simili occasioni. A parte la chiesa, le abitazioni erano poche. Ricordo l’Albergo Stella della famiglia Bruni. Ricorda qualche altro episodio che le è rimasto vivo nella mente? Ricordo i rastrellamenti che facevano i Tedeschi. Un giorno mia sorella ed io, avrò avuto cinque o sei anni, stavamo giocando sul retro della casa quando in compagnia di mio padre arrivò un tedesco armato.Questi ci prese e ci portò dalla mamma, ma prima di entrare in casa vidi una ventina di tedeschi che avevano circondato l’abitazione. Una volta entrati frugarono in tutti gli angoli: cercavano armi, radio ricetrasmittenti, partigiani nascosti. Eravamo spaventati, io poi ero sempre attaccato alle gonne della nonna. Dove ha iniziato i suoi studi? Ho frequentato la scuola elementare nella Colonia Vecchia, ex Albergo Friuli, situata vicino alla punta della penisola e vicino alla caserma della Guardia di Finanza, poi mio padre mi ha mandato a scuola di agronomia. Nel 1955 mio papà, vedendo un futuro nel settore alberghiero, mi iscrisse alla scuola alberghiera di Merano dove ho studiato e conosciuto mia moglie che frequentava la mia Hotel Friuli - Colonia marina friulana con bambini - 1930 stessa scuola. Mia moglie è di Rovereto, ha frequentato degli stages in Inghilterra, Svizzera e Austria, parla quattro lingue. Ha lavorato due anni a nord di Bolzano nell’albergo del nostro insegnante. Poi nel 1958 mi ha contattato per sapere se c’erano delle possibilità lavorative a Lignano come segretaria d’albergo. Io avevo già l’Albergo Scarpa, avevo bisogno di una segretaria e così venne a lavorare da me. Galeotto fu il lavoro in comune: nel 1959 ci siamo fidanzati e nel 1961 ci siamo sposati In che periodo avete costruito il vostro albergo? Il papà e gli zii, vedendo che i turisti sempre più numerosi cominciavano a 123 frequentare Lignano, nel 1946 costruirono l’albergo rosticceria “Alla Lanterna Verde”, in seguito ampliato diventò l’Albergo Scarpa. Ricordo che il notaio Cipolla aveva un suo recapito da noi e veniva una o due volte la settimana a stipulare contratti. Mia moglie è stata una collaboratrice ineguagliabile; con il suo aiuto, la sua spinta, le sue capacità abbiamo progredito, curando la qualità della ristorazione e il Albergo Scarpa in via Udine - 1952 trattamento degli ospiti. Abbiamo collaborato nel lavoro e nella famiglia. Voglio includerla nella fotografia come l’ho inclusa nella mia vita. Chi, secondo lei, ha contribuito maggiormente allo sviluppo di Lignano? Argelio Scarpa e Signora Vi hanno contribuito l’impresario costruttore Tullio Gregoratti e l’impresa edile Sandri che ha fatto le prime costruzioni, più tardi l’impresa Ursella con le costruzioni di Lignano City e non solo quelle, i signori Guido Teghil e Giuseppe Piccoli che hanno lottizzato e venduto terreni edificabili. Il dottor Emilio Zatti, figura di risalto a Lignano, è stato prima di tutto un bravo dottore. Ero in fin di vita per una grave infezione intestinale, avrò avuto dieci anni, egli mi ha salvato, facendo arrivare la penicillina allora introvabile e dormendo a casa nostra perché necessitavo di frequenti iniezioni. Quando è stato chiuso l’Albergo Scarpa? L’Albergo Scarpa è stato chiuso nel 1976, l’anno del terremoto. Fino al 1975 è stato gestito da mio padre e da mio fratello, mentre noi gestivamo dal 1973 l’Hotel Atlantic dei signori Andretta. Mio padre ha aperto il Bar Scarpa di vicolo Marano, ancora funzionante come ristorante tipico friulano. 124 27 gennaio 2008 Marco MARIN Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Marco Marin, classe 1951, è il più giovane degli intervistati, ma porta un nome pionieristico. Suo nonno Angelo, proprietario di terreni e di valli di pesca, è stato sindaco di Marano Lagunare per una decina d’anni, mentre il fratello Antonio era giudice nella stessa località. Il nonno Angelo è stato lungimirante, ha creduto subito nello sviluppo di Lignano come Grand Hotel Lignano di Angelo Marin - 1930 centro balneare e nel 1903 ha fatto costruire l’Albergo Lignano diventato alcuni anni dopo Hotel Marin, tuttora uno dei più prestigiosi e rinomati alberghi della località. Parliamo del nonno pioniere Sì, davvero pioniere. L’idea di costruire un albergo a Lignano nel 1903 è stata un’idea azzardata, se così si può dire, in quanto non c’era nulla, ma 125 il nonno ci ha creduto fino in fondo. Nato a Marano nel 1879, il nonno ha realizzato l’albergo, a soli 25 anni d’età, fra difficoltà non comuni e con una antiveggenza che gli è stata riconosciuta in seguito. Le pietre per questa massiccia costruzione giungevano dall’Istria, a mezzo barconi, fra dune di sabbia e spiaggia selvaggia. Il nonno è stato uno dei Angelo Marin con moglie figlio e nuora promotori e assertore convinto dell’autonomia di Lignano, con il distacco da Latisana, impresa che egli vide coronata, così come egli riuscì a vedere il grandisoso sviluppo assunto dalla spiaggia alla quale aveva affidato, in anni lontani, il meglio della sua attività e delle sue fortune. Il nonno è stato seguito da mio padre, nato anche lui a Marano nel 1909, e nel 1968 l’albergo è stato rifatto, ampliato, e ora siamo alla terza generazione. Al tempo del nonno Angelo c’erano turisti? La memoria storica mi dice che erano clienti ungheresi e rumeni per lo più nobili, una fascia di clientela d’élite, infatti solo una clientela di questo livello poteva venire a trascorrere lunghi periodi di ferie nella tranquilla e assolata Lignano. L’albergo era piccolo: due i piani, trentacinque le camere, le cucine erano nel seminterrato. Me lo ricordo bene, perché l’albergo è stato ristrutturato dopo. Una volta i due piani diventati realtà, l’arrivo a Lignano dei turisti non si presentava meno macchinoso. Questi arrivavano, in treno, fino a Cervignano e da lì venivano accompagnati a Marano da dove, in barca, giungevano a Lignano in quella che è la darsena odierna. La fatica, comunque, era ben ripagata dalla fedeltà dei primi Pontile da sbarco - 1913 126 ospiti, signori bene della Mitteleuropa che ritornavano anche gli anni successivi, facendo, nel contempo, buona pubblicità alla struttura. L’Hotel ha sempre avuto una bella clientela, sia ai tempi della Belle Epoque sia oggi, annoverando professionisti prestigiosi, ma anche letterati di valore come Carlo Sgorlon. Ricordo che le signore scendevano a cena in abito da sera, avevano un fascino particolare e un modo di vivere diverso. Ai tempi dei miei genitori le ferie erano vissute in maniera diversa, tutto era più tranquillo, la clientela si fermava in albergo un mese, anche un mese e mezzo. Ora la clientela può essere considerata medio alta e si ferma in albergo una settimana, anche talvolta un solo week-end. È cambiato, insomma, il modo di fare ferie. Che cosa ricorda della Lignano degli anni Sessanta? La mia infanzia è stata meravigliosa. Uscivo e avevo la spiaggia davanti all’albergo. Di sera toglievano gli ombrelloni e li rimettevano la mattina. Andando verso il faro, c’era una colonia marina e poi la palude con fiori palustri dagli splendidi colori rosa e viola, poi non c’era più nulla. Dove oggi c’è “Terra-Mare” c’erano vigneti e un campo di calcio con cabine che fungevano da spogliatoi. C’era qualche costruzione dopo la chiesa, City non esisteva ancora e a Pineta c’era solo il centro. Fino agli anni Sessanta Lignano era una meraviglia dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, la natura era incontaminata: un sogno. Ora ci sarebbe da mantenere il livello turistico acquisito negli anni, io conosco molto bene la costiera adriatica e posso dire che Lignano è curata, signorile, molto più bella di altre località. Cercherei di mantenerne il prestigio, di conservarne la spiaggia e di valorizzare la città che è, per nascita, turistica nel vero senso della parola. Io sono innamorato di Lignano e perciò non posso parlarne che bene. Ha particolari ricordi legati alla sua infanzia? Ricordo mio nonno: un uomo grande, imponente, dava suggestione, mentre mia nonna era piccola, formavano uno strano articolo “il“. Quando io ero ragazzino c’era già mio papà che si occupava dell’albergo assieme a mia mamma, romagnola e di professione maestra, che ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi alla gestione dell’albergo. Ricordo il grande senso di libertà: libertà di correre sulla spiaggia, libertà di non avere timori perché tutto era più tranquillo, libertà di prendere la bici e di correre fino alla Val Pantani senza pericoli, libertà di giocare… 127 Ama la caccia e la pesca? Noi avevamo una riserva di caccia, la Val Pantani, e da piccolo andavo a caccia di una grande varietà di anatre selvatiche con mio padre. Risento il tonfo dei remi del barcaiolo, non rumore di motore, rivedo gli stampi delle anatre depositati sullo specchio d’acqua, tutto intorno silenzio, solo silenzio. In valle c’era una casetta di caccia e lì ci riunivamo, tutto era meraviglioso e la mia infanzia è stata davvero felice. Tra Aprilia Marittima e Lignano c’era la riserva di pesca, si seminavano gli avannotti e poi si pescavano: era insomma una pesca naturale. Il pesce era ottimo, il sapore del pesce è dovuto a ciò che il pesce mangia, al fondale. Era un modo di vivere all’aperto, libero, senza alcun problema, a contatto con la natura. E dopo Cacciatore in barena -1927 tutti al focolare a mangiare il pesce pescato. Vado ancora a caccia e a pesca, ma ora tutto è cambiato, l’atmosfera non è più la stessa, Il rapporto uomo/natura dovrebbe rimanere inalterato nel tempo, ma l’uomo ha un atteggiamento poco rispettoso verso di essa, non sa amarla, non sa godere delle sue bellezze, né sa cogliere, nella giusta maniera, quello che essa dà. Che rapporti ha Lignano con la natura? Ha senz’altro buoni rapporti. D’estate c’è la possibilità di fare lunghe passeggiate sia a piedi che in bicicletta in mezzo al verde, lungo la laguna, sul lungomare e nei percorsi ciclabili che incentivano a vivere in simbiosi con le meraviglie che la natura offre. È un piacere assistere al calar del sole sulla laguna, come pure ripararsi dalla calura sotto i rami rigogliosi dei numerosi alberi, anche secolari, che caratterizzano la nostra località. D’inverno le passeggiate sulla spiaggia sono splendide, nelle belle giornate l’aria è talmente limpida che si vede Grado e perfino il golfo di Trieste, si gode del Tagliamento, della pineta, della laguna. Lignano ha una posizione splendida e una spiaggia d’oro, non per niente è detta Sabbiadoro. 128 2 febbraio 2008 Renato CHIARUTTINI Intervistatrice: Wally Gigante Waddell Mentre intervistavo il signor Armando Ferro, egli continuava a dirmi che il suo amico Renato Chiaruttini aveva una memoria formidabile e che mi avrebbe senz’altro raccontato molti episodi della storia di Lignano. Lo presi in parola e mi feci accompagnare da lui al numero civico 95 di via Casabianca. Il signor Renato Chiaruttini, persona gentile e molto attiva, è stato contento di parlare della sua Lignano. Per non dimenticare nulla ha fatto scrivere a suo nipote i nomi di tutte le famiglie presenti sul territorio lignanese negli anni 1935-1940. Da dove proviene la sua famiglia? I miei nonni arrivarono a Lignano nei primi anni del 1900 da San Giorgio di Nogaro. Arrivarono con la barca, partendo da Marano. Qui iniziarono costruendo una baracca di legno. Pietro Chiaruttini con figlia e nuora 129 Oltre ad abitazione, la baracca serviva da ristorante per gli operai che stavano bonificando Lignano. Dopo pochi anni iniziarono la costruzione dell’Albergo Alla Pineta in via Latisana, all’incrocio con viale Italia. Ora non esiste più, è stato demolito nell’ottobre del 2005. Da dove proveniva il materiale per la costruzione? Albergo Alla Pineta - 1910 Gran parte dei materiali e delle persone stesse venivano trasportati via laguna, da Precenicco o da Marano. Le prime strade, bianche, di Lignano sono state viale Italia, via Latisana e via Casabianca tutta pietre e sassi. Di quante persone era composta la famiglia dei suoi nonni? Portale “Alla Pineta” C’era il nonno Pietro, la nonna Angela e cinque figli tra i quali mio papà Guido detto Ciro. L’Albergo Alla Pineta aveva un piccolo bar con la licenza di Sali e Tabacchi, la prima licenza in Lignano. Mio padre andava in bicicletta a Latisana a rifornirsi. Egli sposò Elisabetta Lepore. Nel 1924 è nato mio fratello Giacomo, nel 1929 nacqui io e nel 1933 mio fratello Pietro. La nonna Angela morì nel 1935 e nonno Pietro nel 1937. Poi morì mia madre nel 1939. Nel 1940 mio padre si trovò in difficoltà finanziaria e vendette l’Albergo Alla Pineta. Ci trasferimmo in via Udine dove aprì un bar, trasferendovi la licenza di Sali e Tabacchi. Per le sue idee politiche gli fu revocata la licenza per darla a uno iscritto al Partito fascista. Strada per Lignano - 1911 130 Successivamente ci trasferimmo nell’Albergo Alberini, ma nel luglio seguente una tromba d’aria distrusse tutto. Mio padre si risposò con la signora Candida, una brava cuoca dei nostri alberghi. In una gara di cucina vinse il primo premio. Candida aveva promesso a mia madre che avrebbe badato a noi, lo fece fino all’età di ottantaquattro anni, anno della sua morte. Conservo tanti ricordi di lei. Un giorno, correndo verso casa scalzo, un chiodo mi si conficcò nel piede sinistro. A casa, Candida, visto che non riusciva a toglierlo con le mani perché era penetrato troppo a fondo, me lo tolse con i denti e mi disinfettò con acqua e aceto. Andò un momento in cucina e quando uscì io stavo già correndo sulla spiaggia. Ero una vera peste! Guido Chiaruttini con la moglie Elisabetta Lepore Com’era la scuola ai suoi tempi? Era molto più severa di oggi. C’erano pochi scolari e in una sola classe c’erano bambini di diverse età. Se ti comportavi male, arrivavano le bacchettate o si andava dietro la lavagna inginocchiati sui sassi. Un giorno, con i miei compagni, siamo rimasti chiusi per punizione nell’aula per più di un’ora, mentre gli altri andavano a casa. Mentre il maestro stava portando fuori il cane, noi abbiamo aperto la finestra e siamo scesi lungo la grondaia. Durante il periodo mussoliniano, per crescere sani e forti, bisognava fare ginnastica e a seconda dell’età si era “Figli della Lupa“, “Balilla“... Per quindici giorni all’anno ci facevano prendere l’olio di merluzzo. Io ho frequentato solo le classi elementari. D’estate i miei compagni e io giocavamo ai “banditi“, a calcio con palloni di pezza, nuotavamo, avevamo imparato da soli a nuotare! In laguna costruivamo degli scivoli con la melma, scivolando a volte ci tagliavamo con le conchiglie. D’inverno andavamo a pescare, a raccogliere legna per il fuoco e ci arrampicavamo sulla grande quercia Piccoli Balilla presso il Ristorante “da Marchetto” 131 di via Verona, simbolo di Lignano, ora stretta tra le case. Degno di nota è anche il cippo di viale Italia - pietra miliare statale - posato sulla strada statale 354 che dalle Crosere arrivava fino in fondo a via Latisana. Nel 1973, con Decreto Ministeriale, la strada da statale è diventata comunale. Chi erano i suoi amici? I miei amici preferiti erano Felice Fanotto, Giovanni Bonafè, Gianni Pittoni, Sergio e Ugo Bidin, Angelo Fraulin, Cesare De Minicis, Giuliano Chiarparin e Roberto Venaruzzo. Noi bambini abbiamo aiutato gli operai nella costruzione della Chiesa S. Giovanni Bosco. Per la Prima Comunione indossavo un vestito Cippo in via Latisana fatto dalla Candida con la stoffa di un vestito di mia mamma, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica. Ricorda un episodio in particolare? Per l’inaugurazione del lungomare Trieste e della Colonia Marina, negli anni 1935/1940, è venuto a Lignano il principe Umberto di Savoia che si presentò alla gente dal balcone di Villa Bignami, sul lungomare. Aveva preso alloggio a Villa Moretti. Anche il Podestà arrivò in visita da Latisana a cavallo, con consiglieri e familiari e seguito da diversi cani levrieri. A quei tempi c’era solo la Guardia di Finanza che controllava il traffico marittimo, in particolare. I Carabinieri venivano a Lignano una volta alla settimana e noi bambini, se li vedevamo, andavamo a nasconderci. Carabinieri sul lungomare 132 20 febbraio 2008 Olindo VALERI Intervistatrice: Maria Longo Coccetti La nostra chiacchierata avviene al Centro Civico dove il signor Olindo arriva in bicicletta. Prende il suo bastone ed entra. È un signore alto, imponente, ma pacato, tranquillo e disponibile. È nato a Cessalto il 21 gennaio 1924, secondo di otto figli. Signor Valeri, quando è arrivato a Lignano? Nel 1942 mio padre Angelo lavorava all’ANAS a San Michele al Tagliamento, quando un ragioniere gli propose di sistemarsi con la famiglia a Lignano, come mezzadro dei signori Andretta. La casa “La Pergola” in cui ci trasferimmo era nuova e grande, tuttora esistente vicino al Gambero Rossonero, ma convertita, credo in mini appartamenti. Io allora avevo diciotto anni, mio fratello Romeo venti. Mario Andretta con Angelo Valeri - 1942 133 Lavoravamo tutti in famiglia, coltivando granoturco, patate, viti, alberi da frutta. Il sessanta per cento del prodotto era nostro e il quaranta per cento andava al padrone. C’era molta selvaggina in giro, ma a liberarcene ci pensavano le volpi, visto che nel nostro fondo la caccia era proibita. Intorno a noi c’era solo bosco, l’unica strada di collegamento era via Latisana. Quali erano i suoi divertimenti di allora? Si passava il tempo libero in osteria a giocare a carte. I posti di ritrovo erano tre: l’Albergo Stella, il Bar Moretti e, giù verso la darsena, il locale Alla Pineta. In ottobre a San Zaccaria si celebrava la festa della Madonute e vi si svolgevano varie gare: la corsa nei sacchi, la mangiata di pastasciutta con le mani Marcello Valeri e Rino Moro. Aratura via Verona legate dietro la schiena, l’albero della cuccagna, il mio preferito perché riuscivo a prendere qualche bottiglia di vino o un salame. Com’era Lignano nel dopoguerra? Nel dopoguerra si cominciò a costruire, mio fratello e io ci dedicammo all’edilizia prima come manovali, poi come muratori. Mio fratello, dapprima, prese in gestione un albergo in centro, poi se ne costruì uno che tuttora porta il suo nome “Romeo“. Io, intanto, mi costruii una casa verso il centro in via Tarcento, angolo via dei Platani, e nel 1961 aprii con la mia famiglia un’attività di bar-ristorante, il bar Laguna che affittava anche camere. Mia moglie e i figli gestivano il bar, io mi dedicavo all’edilizia. Ho costruito diverse case e ville, ma dopo il 1960 ho lavorato soprattutto a Lignano Pineta con la ditta Ursella. Ho continuato questo lavoro con mio figlio Angelo, mentre mio figlio Armando ha gestito il bar-ristorante fino allo scorso anno quando è stato demolito. Per me era piacevole stare nel mio locale, perché era frequentato da tanta gente: italiani, austriaci, tedeschi. Si parlava, si stringevano amicizie e gli ospiti tornavano ogni anno. Finché il mio locale è rimasto aperto, io passavo lì le mie giornate. Il periodo migliore per Lignano è durato fino agli anni Ottanta. 134 17 marzo 2008 Rita NORO Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris La Signora Rita Noro è da tutti conosciuta, stimata e apprezzata come la levatrice Rita. Originaria di Tarcento dove è nata nel 1928, si è diplomata ostetrica nel 1950 dopo aver frequentato la scuola presso l’ospedale di Udine. Per alcuni anni ha esercitato la sua professione nella propria cittadina. Signora Rita, quando è arrivata a Lignano? Sono arrivata il primo maggio del 1957. Allora nella splendida penisola friulana vivevano circa duemila persone e la località non era altro che una frazione del Comune di Latisana. Si è, quindi, sposata a Lignano? Sì, e tuttora vivo qui con mio marito Tarcisio. Dalla nostra unione è nato Sergio che attualmente vive a Milano con la propria famiglia, per ragioni di lavoro. 135 Come è stato il suo primo periodo di vita in questa località? È stato un periodo di intenso lavoro. I bambini lignanesi venivano alla luce tutti in casa, quindi assistevo ai vari parti, ma non solo, davo pure assistenza alle puerpere a domicilio, spostandomi da una abitazione all’altra in bicicletta. Qual era il suo orario di lavoro? Non c’erano né orari né festività da rispettare. Ero sempre pronta ad accorrere con tutti i tempi dove la mia presenza era necessaria. Quanti bambini ha fatto nascere a Lignano? Oltre 160 sono i bambini che ho aiutato a venire al mondo dal 1957 al 1973, anno in cui ho raggiunto il limite d’età pensionabile. Negli ultimi anni però le nascite sono avvenute in ospedale, ora non ci sono più bambini che nascono in casa, tutti si rivolgono alle strutture ospedaliere. Nel corso della sua professione si è mai sentita un po’ psicologa? Diverse volte, la gente aveva bisogno di assistenza psicologica nelle varie difficoltà della vita. A volte era più necessaria una buona parola, una parola di conforto che cure mediche. C’è un momento particolare della sua vita professionale che ricorda maggiormente? L’inverno 1976/77 quando a Lignano sono giunti moltissimi terremotati dall’Alto Friuli. Dopo la seconda terribile scossa di terremoto del mese di settembre, molti friulani hanno dovuto abbandonare le proprie case per paura di altre scosse sismiche e di ulteriori assestamenti del terreno. Lignano è stato uno dei comuni che ha ospitato il maggior numero di sfollati, diverse migliaia. In quei mesi ho collaborato con le assistenti sociali per aiutare le famiglie in difficoltà, soprattutto mamme e bambini . 136 Rita Noro con il dottor Zatti - colonia 1957 Ha incontrato molte persone nel corso della sua vita professionale? Sì, ce ne sono state parecchie, ma in particolar modo voglio ricordare con stima e rispetto il nostro medico condotto per moltissimi anni, il dottor Emilio Zatti, anche lui arrivato a Lignano giovanissimo e che ora, purtroppo, è venuto a mancare. Cosa augura ai Lignanesi di oggi? Auguro che a Lignano possa crearsi una maggior vita sociale, com’era un tempo quando eravamo meno benestanti, ma più sereni e ci sentivamo tutti una grande famiglia. 137 31 marzo 2008 Maria Grazia e Pietro BELLETTI Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris Da molti anni conosco la signora Maria Grazia Belletti, nata a Parenzo il 22 marzo 1941, e il fratello Pietro, nato pure lui a Parenzo il 9 agosto del 1943. Sono due persone molto gentili e disponibili a raccontare la loro storia. Da dove proviene la vostra famiglia? I nostri genitori Giuseppe e Giuseppina erano tutti due nati e residenti a Parenzo, città della ex Iugoslavia, erano grossi proprietari terrieri e negozianti. La famiglia Belletti era una delle più facoltose di Parenzo ed erano proprietari della prima autovettura della nostra città e nostro padre aveva assunto un autista in quanto non aveva la patente. Famiglia Belletti - 1953 139 In che anno e per quali ragioni siete arrivati a Lignano? Siamo arrivati a Lignano nel 1953 a causa delle tristi e dolorose vicende dell’esodo istriano. La nostra partenza risale al giugno del 1949, in quanto era oramai impossibile vivere a Parenzo a causa dell’occupazione da parte di Tito. In un primo tempo siamo stati ospiti a Trieste dal fratello di mio padre, poi abbiamo abitato a Lugugnana per circa sei mesi, poi a Paludo di Latisana e infine abbiamo raggiunto Lignano. Con quale attività avete iniziato una nuova vita a Lignano? La mamma, a Parenzo, gestiva una rivendita di tabacchi, perciò le fu concesso di aprire la stessa attività a Lignano All’inizio la rivendita era situata in via Aquileia, dopo alcuni anni fu trasferita in via Tolmezzo dove esiste tuttora con un’altra gestione. Com’era la Lignano di allora? A quel tempo il turismo cominciava a muovere i primi passi, gli abitanti non erano numerosi, noi ci siamo ambientati subito, anche perché la nostra città di origine era un posto di mare simile a Lignano Come siete stati accolti dai Lignanesi? Possiamo dire di essere stati accolti benevolmente, anche se qualcuno, prevenuto nei nostri confronti, ci chiamava “slavi“ e pensava che avessimo molte agevolazioni. Avete avuto difficoltà ad inserirvi nel tessuto sociale di Lignano? No, come abbiamo detto siamo stati accolti bene, abbiamo trovato molta disponibilità negli ambienti locali come pure nella scuola. Chi di voi ha sofferto maggiormente per l’esodo? Naturalmente i nostri genitori, ma cominciarono con grande coraggio questa loro nuova vita. Noi, invece, eravamo ancora piccoli per renderci conto degli avvenimenti che ci avevano coinvolti. 140 I vostri figli hanno conosciuto la vostra terra d’origine? Si, abbiamo trasmesso anche a loro l’amore per quella terra, anche se loro si sentono del tutto lignanesi e amano molto la loro città. Famiglia Belletti - aprile 1990 141 14 aprile 2008 Giorgio VENTURINI Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Il capitano Giorgio Venturini mi accoglie nella sua Agenzia nautica. L’ ufficio è spazioso, al di là della vetrata, schermata da una tenda, filtra il sole e si percepisce la laguna. Il posto è incantevole. Ci siamo adagiati in comode poltrone e il signor Venturini, classe 1935, inizia a parlare, lasciandosi cullare dai ricordi. Quando e perché i suoi sono arrivati a Lignano? Mia mamma è arrivata a Lignano da Trieste nel 1928 come assistente sanitaria visitatrice dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, con il compito precipuo di combattere la malaria. Incontro ancora delle persone che mi raccontano di quando mia madre li obbligava, da bambini, a prendere le pastiglie antimalariche. Eleonora Alberti Venurini - 1932 143 La sua funzione, però, non era solo quella di fare guerra alla malaria, ma anche di occuparsi delle persone anziane, affidandole alle case di riposo, e di inserire i ragazzi nelle colonie marine e/o montane. Mio papà è venuto a Lignano con la ditta di un suo zio, la Toffano-Battelona, incaricata di sistemare i pali di sostegno, in cemento, per la costruzione della seconda terrazza a mare. I miei si sono incontrati a Lignano, dal loro matrimonio sono nati quattro figli: Fabio vive in Brasile con la sua famiglia, Silvia è negli Stati Uniti, Paolo è il più piccolo e io sono il primogenito. Mia madre, avendo scelto di partorire a Venezia, è dovuta rientrare in barca a Lignano con un bebè di pochi giorni di vita. Quando l’imbarcazione è arrivata sul Toffano detto Battelona impresario Tagliamento, un intenso vento di scirocco, misto a pioggia, ha cominciato a soffiare e la mamma è dovuta scendere a terra con me in braccio per trovare riparo sotto un pino, in attesa che il vento si placasse e si potesse percorrere l’ultimo tratto. È da dire che sono nato il 1° ottobre! Siete sempre rimasti a Lignano? No, dopo la nascita del secondogenito, la mamma è stata trasferita dapprima a Fanna in Croazia e poi a Villa del Nevoso in Slovenia, territori allora italiani, dove siamo rimasti fino a quando i partigiani hanno cominciato a perseguitare i residenti di nazionalità italiana. Mia madre ha assunto quindi servizio a Claut, Barcis e Cimolais e per un periodo abbiamo abitato a Maniago, poi, stanca dei vari trasferimenti, ha seguito il consiglio di papà e ha lasciato il lavoro. Dopo la liberazione siamo rientrati a Lignano. Lo scoppio di una gomma del camion appena comperato, firmando non poche cambiali, ci ha portato via il papà a soli quarantadue anni. L’incidente è accaduto nel 1949, anni di grande miseria, anche a Lignano Mio padre aveva dei mosconi che furono, alla sua morte, sequestrati e messi all’asta. Alcune persone benestanti di Lignano hanno partecipato all’asta, li hanno acquistati e ce li hanno riconsegnati. Un’azione davvero sorprendente! Abbiamo, così, potuto riorganizzarci e ripartire, seppur da zero. 144 Hai dei ricordi particolari del periodo bellico e/o postbellico? Ricordo che i Tedeschi hanno fatto esplodere l’argine del canale e hanno allagato tutta la parte nord di Lignano quella che va dalla zona Coin a casa Burgato, per intenderci. Mio padre è andato con il cavallo a sistemare sacchetti di sabbia per fermare l’acqua. È intervenuto poi il signor Burgato con l’idrovora per togliere del tutto l’acqua dai campi. Ho un ricordo nitido di quando i bombardieri, tornando dalla Germania o dall’Austria, passavano sopra di noi per andare al sud e scaricavano tutte le bombe in mare. Altro ricordo è la TODT: gli uomini erano obbligati a lavorarvi per costruire dei fortini, ce n’erano diversi a difesa della costa. Ora è rimasto solo il bunker vicino alla Caserma della Finanza. A mezzogiorno i lavoratori avevano diritto alla zuppa con dentro un pezzo di salame o di anguilla affumicata, si faceva la fila per prendere la gamella nella zona della Terrazza a Mare, me lo ricordo perché andavo spesso a ritirare il rancio. Un giorno c’è stato un bombardamento: un fuggi fuggi generale, gente che correva, che si buttava in mare, mi ricordo il pontile pieno di biciclette a terra e di zuppa sparpagliata. Com’era Lignano negli anni Cinquanta? Cominciava a crescere, con pochi soldi allora si comperava un pezzo di terra, di 500/600 mq e si costruiva un piano che si affittava e dopo un paio d’anni si costruiva un secondo piano. Piccole case sorgevano lentamente e un po’ dappertutto. Le strade erano tutte bianche, non c’erano strade asfaltate. In questa zona e fino al cimitero odierno c’erano le case coloniche abitate dalle famiglie Zanata, Fanotto, Moro, Battistella, Bidin e Valeri, erano tutte case di proprietà dei signori Andretta. Un fattore girava in motocicletta di casa colonica in casa colonica per dirigere e controllare i lavori agricoli. Al di là c’era la grande tenuta Gaggia con le sue officine. Nel 1958 Lignano, frazione di Latisana, si è ribellata al Comune di appartenenza, incatenando il ponte girevole affinché non si potesse più chiudere. Allora io navigavo. Essendo a casa tra un imbarco e l’altro, mi sono recato dalla darsena al ponte girevole con una barca di pescatori, e in un certo qual modo ho partecipato all’operazione! 145 Dove abitava la sua famiglia? L’ultima nostra abitazione è stata la Villa Ferrari sul lungomare, la quarta dopo la Terrazza a Mare, andando nella direzione della Colonia. L’ingegnere Ferrari sovrintendeva ai lavori di costruzione delle canalette di irrigazione. Finita la guerra, i partigiani l’hanno preso, portato in bosco per eliminarlo, ma la pistola ha fatto cilecca per ben tre volte e lui, uomo massiccio e robusto, li ha presi a calci ed è scappato. Non sentendosi del tutto sicuro e per non essere solo nella villa buia e isolata, infatti dietro c’era un grande orto e sulla sinistra un grande spazio dove oggi c’è la Villa Mucci, ha invitato dei Lignanesi a venir a vivere a casa sua. Passato il periodo difficile, l’ingegnere ha ben pensato di sfrattare tutti. Mia mamma, allora, ha costruito la casa in via Latisana dove oggi c’è l’ufficio di Paolo, la prima casa a essere edificata su quel lato della strada. Lei navigava? Sì, nel 1950, durante l’estate, ho fatto il mozzo sulla motonave “Aristide“ di Cosulich il povero, un’imbarcazione talmente sgangherata da far definire Cosulich “povero“. Quei mesi da mozzo mi sono serviti moltissimo, al nautico conoscevo molte più cose degli altri. Nel 1955 mi sono imbarcato come allievo ufficiale e ho navigato per circa otto anni. Rientrato definitivamente a Lignano, mi sono dedicato alla pesca di cape lunghe con tre barche da pesca turbo soffianti atte a prendere i cannolicchi, ho cominciato assieme al signor Serafin al quale io davo consigli di tipo marinaro, e lui a me di tipo tecnico. Per quel tipo di pesca siamo stati tutti allievi di Giovanni Serafin che aveva un genio meccanico notevole e sapeva recuperare il pezzo giusto per la soluzione di qualsiasi problema meccanico. Le barche, infatti, erano Barca turbo soffiante di Giorgio Venturini 146 fatte tutte con pezzi di recupero: l’ancora, sulla mia prima barca, veniva issata con un aggeggio con il quale l’ospedale di Latisana tirava su i pentoloni della minestra, il cesto veniva girato da una binda delle Ferrovie dello Stato, c’erano tubi e tubicini ovunque e il motore, il primo in assoluto, era un vecchio motore del 1934, abbandonato dopo la campagna d’Africa. Insomma, io trovavo le barche e le attrezzavo, le armavo per quel genere di pesca. Quando si ritornava dal mare la sera, c’era già il camion che ci aspettava per caricare il pescato e portarlo al mercato di Venezia. Abbiamo così lavorato per circa cinque anni, poi le barche nostre e di altri lignanesi sono diventate otto, infine, sono intervenuti i maranesi che erano molto meglio attrezzati di noi. Poi ha aperto l’Agenzia nautica? Alla fine degli anni Sessanta ho aperto l’Agenzia per le patenti nautiche, per il collaudo per le barche da diporto e per tutto quello che c’era da fare nella nautica sportiva. Mi sono subito reso conto che tutto ciò che è inerente alle cose di mare mi è confacente e ciò che ho imparato da giovane mi è rimasto come un dono prezioso per il mio lavoro. Decisamente il mare è il mio habitat! Come ha trascorso la sua infanzia? La mia infanzia e la mia prima giovinezza sono state felicissime e totalmente libere. Andavo a caccia di tartarughe, facevo tutti i bracconaggi possibili. Ricordo che c’era una fila enorme di proiettili tedeschi, rimasti abbandonati per anni dopo la guerra, e una fila di bombe da mortaio dentro cassettine poste sul lungo darsena. Io e Guido Bonafé tiravamo fuori dai proiettili la balistite con la quale facevamo giochi pericolosi, fortunatamente ci è andata sempre bene. Ovunque c’erano armi ex tedesche, ne abbiamo prese diverse e nascoste sul tetto del cinema di via Udine. Franco Bivi sparava sul lungomare a coloro che andavano a cape nelle secche e io, a dieci anni, sparavo in via Udine agli uccellini, ne ho uccisi a centinaia, e dire che oggi sono attento alla natura, la rispetto. Pensi che ieri mi sono nate quindici papere, una bellezza! 147 Che differenza tra la Lignano di oggi e quella della sua gioventù? Si può dire che Lignano sia sorta intorno alla darsena, nata come idroscalo, e al lungomare, costruito come pista di atterraggio. I primi turisti arrivavano in barca da Marano, il treno a cavalli su rotaie li aspettava per portarli in spiaggia. Esisteva solo via Udine, il primo tratto di viale Italia, qui c’era solo il pontile della Caserma della Finanza, in piazza Fontana c’era Villa Moretti, in fondo la chiesa e al di là una grande estensione di bosco. Da piazza Fontana alla chiesa c’erano due case: la casa della famiglia Zen, dove oggi c’è il negozio di articoli sanitari, e un’altra costruzione. Sul lungomare, a destra della Terrazza a Mare, c’erano sei case, più in là le Ville degli Orbi, la Villa Osservatorio, la Villa Andretta in mezzo al bosco e la Colonia, poi più nulla. A quel tempo tutti ci conoscevamo. Quando mi sono imbarcato Lignano Pineta era un bellissimo bosco, quando sono tornato era una città! La Regione, poi, con una legge ad hoc ha sovvenzionato la costruzione di molti alberghi e Lignano è cambiata in breve tempo, diventando la città che conosciamo. 148 15 aprile 2008 Tranquilla PARON RIDOLFO Intervistatrice: Maria Longo Coccetti La signora Tranquilla, detta Tilla, bionda, magra ed elegante, mi accoglie nel suo negozio di generi alimentari sito in via Udine e, tra un cliente e l’altro, instancabile ed espansiva mi dice di essere nata a Rivignano il 22 aprile del 1932 e mi racconta di sé. Quando è arrivata a Lignano? Sono arrivata a Lignano esattamente il 2 maggio del 1950 alle due del pomeriggio - in cinque su di una “Topolino“ - con la famiglia di mia cugina Bulfoni, che gestiva la Capanna d’Oro. Non avevo mai visto il mare. Ai miei occhi apparve una grande distesa increspata di color verde sotto una luce meravigliosa e io esclamai: “Che grande campo ben arato!“. Tutti scoppiarono a ridere. A Lignano il mio compito era occuparmi del figlio di mia cugina, espletavo anche altre mansioni. Nel tempo libero, con le ragazze che lavoravano nel locale, andavo nella zona della Terrazza a Mare ad ascoltare musica, e ridevamo nel sentire ridere gli altri. Ho lavorato alla Capanna d’Oro per ben quattro stagioni. 149 Come ha conosciuto suo marito? Mio marito Piero, originario di Latisana, era commesso nel negozio di generi alimentari della famiglia Bruni, che poi gli fu ceduto Il negozio è rimasto sempre lo stesso, la strada allora finiva in piazza Fontana, in un angolo della quale si trovava la meravigliosa Villa Moretti. Dopo quindici anni di matrimonio, mio marito morì in un incidente stradale, lasciandomi sola con tre Negozio Renato Bruni in via Udine angolo via Friuli - 1942 figli ancora piccoli. Per loro ho trovato quella grinta indispensabile a mandare avanti l’attività con grandi sacrifici e molte rinunce. Ha particolari ricordi legati al suo negozio? Vede questa parete? Ci sono le foto di mio marito, dei miei figli, dei miei nipoti e dei personaggi famosi che hanno frequentato il mio negozio in cinquantaquattro anni di attività. Ricordo il Quartetto Cetra che cantava alla Terrazza a Mare e comperava da me le caramelle per la gola, poi Milva; allenatori e giocatori come Bearzot, Corso, Simoni, velisti e piloti delle Frecce Tricolori, Renato Pozzetto, la famiglia Nonino e l’amico e Tranquilla Paron Ridolfo con il figlio e Renato Pozzetto cliente di ogni estate, l’attore Franco Castellano. Nel mio negozio entravano signore ingioiellate, brillanti al dito, elegantissime, accompagnate dalle cameriere con la crestina in testa e un cestino al braccio per la spesa 150 Come si è trovata a Lignano? All’inizio, per me che arrivavo dalla campagna, Lignano era un altro pianeta, ma mi sono subito trovata bene. Fino agli anni Settanta eravamo tutti come una grande famiglia. I vicini mi hanno sempre sostenuta e aiutata, se tardavo a rincasare si preoccupavano e venivano a cercarmi. Dopo la morte di mio marito ho gestito l’attività da sola. Nella stagione estiva mi facevo aiutare da tre o quattro commessi. Tra casa e negozio non avevo un momento libero, non sono mai andata in spiaggia, nonostante le mie commesse una volta mi abbiano regalato un costume da bagno, né a una festa. La famiglia Scarpa mi è stata molta vicina con varie manifestazioni di affetto e di sostegno. Ricordo che ai tempi dell’austerity e delle domeniche a piedi c’è stata una grande festa a Lignano e i signori Scarpa mi “costrinsero“ a parteciparvi. Si sono occupati loro dei miei figli. Il dottor Zatti mi aveva riservato un posto al suo tavolo, fu davvero una gran bella serata! E la Lignano di oggi? Oggi, con l’arrivo di tanta gente di varie etnie, Lignano non è più la stessa, ma io non andrei mai ad abitare altrove. Ogni giorno, per recarmi al lavoro, percorro il lungomare e penso che i miei figli hanno ragione ad amarla tanto. Essi hanno partecipato a tante regate, hanno attraversato l’Atlantico e sono stati premiati dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Ho dedicato la mia vita al lavoro, il negozio è la mia casa dove trascorro la maggior parte del mio tempo. Quando i clienti da Padova, da Milano e dall’Austria mi telefonano, augurandomi buone feste, grande è la mia soddisfazione. Ho sempre cercato di offrire loro prodotti di qualità con gentilezza, non temo davvero la grande distribuzione. Ho clienti che frequentano il negozio da cinquant’anni, da tre generazioni, li ricordo tutti con molto affetto e tanta commozione. 151 Partenza della Goletta “Udine 1000” - 1983 Lettera di Sandro Pertini per Udine mille 152 22 aprile 2008 Danilo ZANATA Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris L’intervista ha luogo nella sala conferenze del Centro Civico. Il signor Danilo Zanata, nato i1 10 aprile 1942 oggi è una persona tranquilla, sorridente e sensibile, ci parla di sé, della sua famiglia e di Lignano in modo amichevole e rilassante. Dopo quarantadue anni di gestione del distributore di benzina sito di fronte alla Caserma dei Carabinieri, si gode la meritata pensione. Quando la famiglia Zanata è arrivata a Lignano e assieme a quali altre famiglie? Mio nonno è arrivato da Pasian di Pordenone nel 1936. I nonni con i loro sette figli - quattro maschi e tre femmine - cercavano una campagna libera, allora io non ero ancora nato. A Lignano c’era la campagna di Gasparini, ma nessuno voleva venirci perché non c’era terra da coltivare, ma sabbia. Quando mio nonno e mio padre, in bicicletta, sono venuti a vedere i campi, si sono fermati alla fontana di Pertegada, la strada allora costeggiava l’argine, e delle persone hanno chiesto loro dove andassero, sentito che andavano a prendere una campagna di proprietà di Gasparini, hanno detto loro che erano pazzi, che là non c’è terra che rendesse, ma solo sabbia e tante bisce. 153 Visto che non c’era altra scelta e che avevano avuto la disdetta, i miei hanno dovuto prendere quella campagna. A San Martino si metteva il paion sopra il carro e si cambiava terra, era così! I Gasparini erano i vecchi e tradizionali proprietari terrieri, molto severi ed esigenti. Davide Moro e Enzo Zanata sul canale di bonifica, ora via Annia - 1959 Fo r t u n a ta m e n t e hanno venduto la proprietà alla famiglia Andretta, persone molte umane con le quali ci siamo trovati subito bene, e siamo rimasti. È nato a Lignano? Sì, una volta tutti nascevano in famiglia, veniva l’ostetrica da Pertegada. Mio nonno è andato a prenderla con il carro, mentre un bambino stava nascendo a Bevazzana e ha rischiato di morire senza l’aiuto immediato della comare. Io sono stato fortunato. Tanti bambini nascevano semplicemente così, magari con l’aiuto della signora Ada Fanotto che non era ostetrica! Ha qualche ricordo del periodo della guerra? Ricordo solo che, verso la fine della guerra, noi e le altre famiglie della zona darsena e delle casupole vicino alla Guardia di Finanza siamo stati spostati nella colonia POA, perché i Tedeschi dovevano costruire dei bunker. Finita la guerra, ognuno è rientrato nelle proprie case. Dopo l’8 settembre dei soldati veterani austriaci, rimasti nelle retrovie, mi prendevano in braccio, vedendo in me, biondo con gli occhi celesti, i loro figli lasciati in patria. Così diceva mia madre. Elio de Minicis aveva costruito una radio artigianale e ce l’aveva regalata, sentivamo Radio Londra e i Tedeschi venivano a chiederci se la guerra era finita. 154 Dove abitavate? Noi abitavamo nella casa colonica situata a dieci metri dalla Guardia di Finanza, la famiglia Fanotto aveva la casa colonica nella zona dell’acquedotto, la famiglia Moro dietro l’attuale chiesa parrocchiale, la famiglia Bidin dove c’è ancor oggi la casa della famiglia Bertelli, la famiglia Valeri nella zona della vecchia Pergola e la famiglia Battistella nella zona dell’odierno cimitero. Queste sei famiglie abitavano nelle case coloniche di proprietà della famiglia Andretta e tutti erano mezzadri. Come si svolgeva il vostro lavoro? La campagna, a noi data in mezzadria, andava dalla darsena alla Caserma della Finanza. In tutto sessanta campi di un terreno sabbioso, alcune parti soffrivano del salso della laguna Casa Vittorio Zanata dopo il ciclone del 1940 e le zone bonificate rendevano ben poco. a fianco della Guardia di Finanza La famiglia Andretta, avendo noi pochi campi redditizi, ci ha affidato altri sei campi in via Annia e in una foto si vedono mio padre e mia madre con l’aratro trainato da cavalli che stanno arando per “dare terra“ al granoturco, in fondo si intravede l’idrovora. Coltivavamo granoturco, frumento, viti. Tre campi friulani sono diecimila mq. noi producevamo su un campo friulano otto quintali di frumento, mentre oggi se ne possono coltivare venti, si sa che un terreno sabbioso rende poco come Enzo e Luigia Zanata in via Verona 155 produzione granaria, le viti invece crescevano bene su un simile terreno. Portavamo il cinquanta per cento della produzione di mais e frumento nei silos situati dove oggi c’è la casa della famiglia Bertelli, mentre il vino veniva portato direttamente nella Villa Andretta. Massimo Scudiero, personaggio molto influente, ma molto umano, era il fattore di casa Andretta e controllava i prodotti della campagna, girando di casa colonica in casa colonica sulla sua moto Guzzi. D’inverno, a Lignano, non c’era nulla, se non la campagna. L’unico ufficio pubblico era l’Azienda di Soggiorno il cui direttore era il Signor Tami. I terreni di proprietà della famiglia Andretta sono stati poi divisi tra i due figli: Mario Andretta è rimasto nella villa e la sorella era la dottoressa Bertelli. Allora non c’era alcun piano regolatore e si poteva lottizzare come si voleva, infatti alcune strade, soprattutto quelle tracciate dalla dottoressa, dietro consiglio di Massimo Scudiero, sono belle larghe con ampi marciapiedi, altre tracciate da Panzarotto, nei pressi di via Carso, sono più strette per sfruttare al massimo il terreno. Andavate d’accordo tra famiglie di mezzadri? Sì, ci si aiutava vicendevolmente nelle trebbiature o in altri lavori, ci prestavamo le coppie di buoi o i cavalli. C’era grande solidarietà. Le sei famiglie di mezzadri sono il nucleo storico di Lignano e tra noi c’è sempre grande affinità e la solidarietà di un tempo. Sono passati tanti anni, anni belli, forse perché eravamo giovani, ma l’affetto rimane anche se non lo esprimiamo a parole, pur sentendolo dentro. Trebbiatura Fin quando siete stati a mezzadria? Fino nel 1962, anno in cui c’è stata la lottizzazione. Tra la famiglia Andretta e quella dei mezzadri c’è stato un accordo, un semplice accordo, che stabiliva come buona uscita un terreno di 600 mq. 156 di area fabbricabile. Tutti hanno, perciò, lasciato la campagna e si sono costruiti la casa con blocchi di cemento, lavorando il sabato e la domenica. Noi l’abbiamo costruita in via Carso. Tutti noi affittavamo la casa d’estate, andando a dormire nel fienile. Essendo più nuclei familiari, si facevano i separé con le balle di fieno o appendendo delle coperte. Ora io non abito più nella casa dei miei, ma verso il cimitero, di fronte alla laguna, sono arrivato là da dove sono partito, e sono contento. Dove ha frequentato la scuola elementare? Nella Colonia piccola, ex Albergo Friuli, ora demolita, che si trovava dopo la Casa al Mare, non essendovi altre strutture idonee ad accogliere i bambini in età scolare. Si chiamava Colonia piccola per distinguerla dalla Colonia grande della POA. Ho frequentato l’ultimo anno nella nuova scuola elementare, oggi Centro Civico. Proprio questa sala riunioni, dove ci troviamo ora, mi Albergo Casa al Mare, via Timavo - 1962 ha visto scolaro di quinta, assieme ad altri bambini di età diversa, una volta le classi erano tutte pluriclassi. Per proseguire gli studi bisognava andare a Latisana, ma soldi non ce n’erano e in campagna occorrevano braccia da lavoro. Com’era la Lignano della sua gioventù? Le ragazze, anche se povere, erano allora ben vestite, eleganti, oggi si vedono persone vestite casual, per nulla eleganti. In auge, come ritrovi da ballo, c’erano La Fontanella e la Terrazza a Mare dove si svolgevano i concorsi di miss Italia e dove approdavano cantanti famosi. Mi sembra che di tutto ciò non sia rimasto più niente. Ha altri ricordi? Ricordo che il nonno e il papà andavano al mercato di Latisana in bicicletta 157 con una stecca di legno come misura per acquistare zoccoli per i figli e i nipoti i quali dovevano rimanere sempre a casa. Anche la tela per confezionare i pantaloni si acquistava a Latisana, qui non c’era niente. In casa comandava il capo famiglia e tutti dovevano tacere e ubbidire. Le donne poi erano sottomesse e non contavano niente. Cinema Diana - 1948 Noi abitavamo - come ho detto prima - vicino alla Guardia di Finanza, perciò lontano dal centro, insomma in periferia. Dalla darsena a viale Italia, strada che portava direttamente in spiaggia, c’era solo campagna e la strada per arrivare in centro, la via Udine dove c’erano il cinema Mare e di fronte il cinema Diana, era tutta ghiaiosa. Un altro ricordo è l’arrivo in darsena, nell’inverno del 1947, di alcuni barconi carichi di esuli istriani e di masserizie i quali, per un periodo non molto lungo, sono stati ospitati dalle famiglie lignanesi. La nostra stalla si era riempita di bovini e il portico di attrezzi. Ricordo anche che durante l’estate, e per alcuni giorni, noi e altre famiglie di contadini utilizzavamo, in prossimità della Villa Andretta, metà strada come essiccatoio per girasoli, fagioli e altri prodotti. Allora non servivano permessi e non esisteva la tassa per l’occupazione del suolo pubblico. Era fantastico! Dove viveva la gente di Lignano? Possiamo dire che a Lignano c’erano tre nuclei: i benestanti, gli albergatori che vivevano in centro; i contadini nelle case coloniche in periferia; gli operai nelle case popolari di fronte all’Epam, oggi Eurospar. C’era grande differenza tra una classe sociale e l’altra. Chi stava peggio erano senz’altro gli operai, lavoravano soltanto nella buona stagione e d’inverno erano disoccupati. I contadini, se non altro, avevano sempre da mangiare e non pativano la fame. Negli anni Cinquanta l’Amministrazione Comunale di Latisana ha costruito le case popolari con otto appartamenti da assegnare a quaranta famiglie che vivevano poveramente in baracche e nei bunker. Non sapendo a chi darle, 158 don Gino Zaina ha messo tutti i nominativi delle quaranta famiglie in un cappello e ha estratto otto nomi, i più fortunati, ai quali sono stati assegnati gli alloggi. Le altre famiglie sono rimaste nelle baracche per molti anni ancora. Zanata con una T o con due? Quando il Comune aveva sede ancora nella Villa Gattolini “Zuzzi”, scartabellando tra le varie carte è emerso che, pur essendo cugini, ci sono due rami Zanata, uno si scrive con due T, mentre il cognome originario della famiglia Zanata si scrive con una T soltanto. Mio padre è morto come pure tutti i suoi fratelli, è viva una sola sorella ultra ottantenne che abita in Lombardia. Io sono il nipote più vecchio e porto il cognome Zanata, con una T, com’era in origine. 159 Villa Zuzzi - 1913 24 aprile 2008 Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco La signora Filomena Venchiarutti, come sempre precisa, attenta e disponibile, accetta di parlare della signora Margherita Driussi, sua suocera, una delle figure più rappresentative del pionierismo alberghiero lignanese, che gestì l’Albergo Vittoria dal 1937 al 1970. Che può dirci di sua suocera, la “Siore Margarite“? La “Siore Margarite“, era proprio chiamata così, è nata nel 1902 e fin da giovane amava “rovistare“ tra pentole e fornelli, facendo della professione di albergatrice l’unica della sua vita. Nel 1937 dopo varie esperienze nel campo della ristorazione - a Cividale, Gradisca e Gorizia - arrivò a Lignano. Durante una breve visita venne a sapere che l’Albergo Vittoria era in vendita. Il proprietario Antonio Mattelon voleva cedere l’attività. L’edificio, eretto nel 1910, non era certo dei più allettanti, ma mia suocera capì subito che quella massa quasi informe di sassi e cemento aveva un grandissimo pregio: una posizione unica a pochi passi dal mare! Margherita Driussi 161 I primi anni si avventurò da sola, il marito gestiva un albergo a Gorizia. Si gettò nella nuova impresa con coraggio e determinazione, dapprima rendendo funzionale l’ambiente, poi abbellendolo. I sacrifici economici sono stati enormi, non solo per la brevità della stagione estiva - metà giugno fine agosto - ma soprattutto per la mancanza di aiuti finanziari dovuti alla poca fiducia nel futuro di Lignano come città balneare. Il marito, il signor Remo, la raggiunse e con grandi sacrifici ampliarono l’albergo con una cucina moderna e una sala da pranzo ampia e luminosa da cui si godeva una vista incantevole: la spiaggia, il mare e, in alcune limpide giornate, si poteva scorgere Grado, Trieste e tutta la costa. Terminata la guerra, i miei suoceri organizzarono la festa dei glicini, ricordata per lungo tempo dagli amici lignanesi. La signora Curzia Marin, amica di mia suocera, e la maestra Fanny Moise, profuga istriana approdata da poco a Lignano, aiutarono a preparare grandi mazzi di glicini di carta crespa che poi appesero al soffitto della sala da pranzo. Una piccola orchestra allietò la serata. Il figlio Pietro cominciò presto a collaborare con i genitori. A chiusura di ogni anno scolastico lavorava in sala da pranzo sotto la guida di un esperto cameriere. Desiderando apprendere l’arte culinaria, incominciò ad aiutare la madre nella preparazione dei Albergo Vittoria - 1925 Locanda Vittoria - 1951 Albergo Vittoria e spiaggia 162 dolci. Bravissimi entrambi, mai al “Vittoria” mancò il dolce come dessert. Nel 1960 venne a mancare il signor Remo e il figlio assunse l’incarico di albergatore. Nel 1967 la parte del vecchio Albergo Mattelon venne completamente rifatta. Ora l’Albergo Vittoria poteva offrire non solo una posizione unica, un’ottima cucina, ma moltissime comodità richieste e apprezzate dalla nuova clientela. La ricettività era cresciuta e in cucina entrarono, per la prima volta, gli aiuto-cuochi e nel 1974 i cuochi, anno in cui, dopo breve malattia, la Siore Margarite ci lasciò. La signora Curzia Marin disse di lei: “È stata il motore trainante del vecchio Vittoria!“. Nel 1995 l’Albergo ha cambiato proprietà. Pietro Driussi Da dove provenivano gli ospiti dell’Albergo Vittoria? I primi anni gli ospiti provenivano da Udine e provincia e si soffermavano tre o quattro settimane. Più tardi arrivarono gli stranieri, in maggioranza austriaci e tedeschi. All’inizio anch’essi soggiornavano per lunghi periodi, poi a poco a poco le vacanze incominciarono ad accorciarsi per tutti. Parecchi, prima della partenza, prenotavano per la stagione successiva e con molti di loro si stabilì una vera amicizia e si creò un rapporto proseguito poi con figli e nipoti. Quando è arrivata a Lignano? Nel 1953 venni a far parte della famiglia Driussi e, durante i mesi estivi, essendo io insegnante elementare, cercai di rendermi utile in ufficio nelle prenotazioni e nell’accoglienza degli ospiti. Devo dire che il lavoro di albergatrice contagiò anche me e, una volta andata in pensione, lo svolsi con entusiasmo e passione. Pietro Driussi e Filomena Venchiarutti 163 Com’era Lignano nel 1953? Nel 1953 erano già affluiti capitali privati, moltiplicata e migliorata la ricettività e potenziate le strutture di spiaggia. In quell’anno fu costituita la Società Pineta che acquistò e spartì in lotti una vasta zona a ovest della colonia POA, oggi GE.TUR. Lignano stava per fare un enorme balzo in avanti, un vero decollo turistico. Era bellissima d’estate, ma altrettanto bella d’inverno. Non offriva grandi divertimenti, ma la natura, ancora intatta, donava albe e tramonti meravigliosi. Era bello passeggiare in pineta o tra le dune in spiaggia e godere i grandi silenzi, ammirando il mare, mai uguale, anche per chi, come me, lo vedeva ogni giorno. D’inverno la parte viva di Lignano era quella che partiva dalla Guardia di Finanza fino al piazzale San Giovanni Bosco, via Udine era la più movimentata. Per molti anni il punto di incontro è stato l’Albergo Scarpa. Ci si trovava non solo per il normale caffè o l’aperitivo, ma anche per vedere “Lascia o raddoppia” e per partecipare alle feste organizzate dai signori Scarpa in varie occasioni: carnevale, ultimo dell’anno… Lì si incontravano i vecchi Lignanesi ed era un momento di grande gioia per tutti. Anche le vecchie pioniere: le signore Bruni, De Minicis, De Filippis, Driussi si Classe elementare nella Colonia vecchia - Aprile 1951 - Al centro la maestra Filomena Venchiarutti Driussi 164 incontravano in via Udine a far la spesa da Fraulin, al bar Scarpa e spessissimo al Bar Stella, gestito dalla signora Irma Comisso. Un altro punto d’incontro era la sala del cinema Bruni, ci si incontrava non solo per assistere a uno spettacolo cinematografico, ma anche per seguire dibattiti. Come si presentava la zona dove sorgeva l’Albergo Vittoria nel 1953? Il lungomare dove sorge tuttora l’Albergo Vittoria era denominato lungomare Trieste, oggi Marin. Dove c’è il condominio Marinella, c’era una villetta abitata dai signori Marin, vicino alla villa del dottor Faruffini e a quella del dottor De Prato, ville tuttora esistenti, quindi il Vittoria, Villa Gemolotto, Casa al Mare, la Colonia piccola, poi il nulla. Quella Colonia, per alcuni anni, ha ospitato gli alunni delle elementari. Nell’anno scolastico 1950/51 anch’io vi ho insegnato. Si accedeva dal lungomare o dal retro attraverso una stradina ghiaiosa che partiva da via Timavo. Non aveva cortile e, quando le giornate erano soleggiate, gli scolari scendevano per la ricreazione a consumare la merenda in spiaggia. Poco tempo dopo la struttura è stata demolita e gli alunni si sono spostati nella sede nuova in via Treviso, oggi Centro Civico. Come vede Lignano oggi? Lignano è una delle più belle spiagge dell’Adriatico con le sue quattro dimensioni: Sabbiadoro, City, Pineta e Riviera. La sua spiaggia modernissima offre attrezzature e servizi diversificati. La recettività è stata rafforzata come pure le attrattive culturali e sportive. Di questo bisogna ringraziare tutti i Lignanesi, soprattutto quelli che hanno creduto e hanno avuto fiducia e coraggio nel proseguire l’opera intrapresa. Una nota negativa è vedere sorgere palazzoni di cemento che sovrastano, schiacciano le piccole abitazioni, rovinando alcune zone. Auspico che non si proceda con questa cementificazione e si mantengano le belle pinete e il verde esistente. 165 28 aprile 2008 Ferruccio BIVI Intervistatrici: Maria Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris Incontriamo il signor Ferruccio Bivi, accompagnato dalla moglie Anna, nella sala riunioni del Centro Civico. Porta con sé degli album di vecchie foto che attestano la sua grande passione per il ciclismo. Esordisce, dicendo che lui è stato il primo corridore ciclista agonista tesserato di Lignano. Tutto è documentato. Ci parli della sua famiglia La mia famiglia era originaria di San Michele al Tagliamento, ma viveva a Lignano già dal 1926. Io sono nato il 17 marzo 1936 nella casa vicino alla grande quercia dietro la chiesa, abitazione poi della famiglia Moro. Allora alla ricorrenza di San Martino, a novembre, i proprietari dei terreni erano soliti cambiare i mezzadri. 167 Ferruccio Bivi con la bici nella zona City, vicino all’acquedotto - 1953 Quello stesso anno abbiamo perciò dovuto lasciare casa e campi e siamo andati ad abitare in una casa nella zona dell’attuale piazza Abbazia. Avevamo preso in affitto una decina di campi dalle famiglie Bonduan e Fabroni, veneziani, che possedevano anche una grande estensione di bosco e noi ne siamo diventati i custodi. Avevamo anche due, e per un periodo quattro, mucche e allevavamo pecore, oche, galline e tacchini. Avevamo un bellissimo orto. Ricordo che da piccolo accompagnavo le oche al pascolo sulle dune vicino al mare, dove trovavamo erba e lumachine bianche di cui erano ghiotte. La spiaggia, come la vediamo adesso, non esisteva ancora. Casa Giovanni Bivi - 1936 Ferruccio Bivi al pascolo nella zona City Ha fratelli e sorelle? Si, sette sorelle e tre fratelli. Un fratello è disperso in Russia nell’ultimo conflitto mondiale. Quasi tutti gli altri, oggi, sono morti. Io sono l’ultimo di dieci figli. Prima vi ho parlato di una casa nella zona centrale: quella casa, molto modesta, è stata costruita nel 1936 su un piccolo lotto di terreno della proprietà Bonduan, di cui - come già accennato - noi eravamo mezzadri, con i soldi del premio maternità versati dal governo fascista che premiava le donne prolifiche. La mamma, allora, ricevette un diploma che conservo ancora e un premio in denaro che mi pare fosse di tremila lire. 168 Ha qualche ricordo particolare del periodo di guerra? Avevo otto anni. Ci fu un combattimento tra le navi tedesche e gli aerei inglesi. Mia mamma si era avviata con il carro trainato dai buoi perché si era sparsa la voce che si poteva recuperare farina da alcune navi arenate alla foce del Tagliamento, ma giunta in prossimità del luogo le truppe inglesi hanno requisito il carro e l’hanno obbligata a trasportare i prigionieri tedeschi con i loro zaini fino alla Colonia. Regina Blaseotto-Bivi con cinque figlie nella zona City Del periodo di guerra conservo parecchi ricordi: gli Spitfire mitragliarono Lignano - i segni erano visibili sulla vecchia chiesa - e, per la paura, io andai a rifugiarmi sotto le foglie di una zucca, mentre gli adulti si rifugiarono nei fossati. Dopo il grande sbarco tedesco sulla spiaggia si trovarono armi e cadaveri che, pietosamente, seppellimmo sulla battigia. Mio fratello ed io abbiamo trovato due fucili per mezzo dei quali, con l’incoscienza tipica dell’età, sparavamo nel bosco, nonché una pistola lanciarazzi che ci inondava di luce. Ricordo che non c’era la corrente elettrica, per illuminare si usavano candele o lampade a olio e, d’inverno, si cenava alle quattro e si andava a letto con le galline, proprio per Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento risparmiare. Talvolta, la sera, ci si riuniva con altre famiglie nella stalla per trascorrere la serata al calore emanato dalle bestie e gli anziani raccontavano storie. 169 Dove ha frequentato la scuola elementare? A causa della guerra, ho iniziato la scuola a nove anni. Le mie maestre sono state la signora De Rico e la signora Anna Zen. L’edificio scolastico si trovava dove oggi c’è il condominio Friuli, poi fu spostato vicino alla Caserma della Finanza. A quattordici anni, terminata la quinta elementare, sono andato a lavorare, in qualità di commesso annuale, nel negozio di generi alimentari Bruni, sito in via Udine, assieme a Piero Ridolfo. Da lì mi sono spostato nel negozio Bonafé, sempre di generi alimentari, sito di fronte a Bruni e accanto al panificio Coccetta, attuale “Argento”; poi ho lavorato presso il negozio di alimentari di Nonato in viale Venezia. Guadagnavo mille lire al mese, ma a volte trovavo difficoltà nel farmi pagare lo stipendio. Ho avuto il piacere di avere come clienti la contessa Marta Marzotto e la cantante lirica Gilda della Rizza. Com’era Lignano allora? Bella, una gran bella città. D’estate, nel tempo libero, andavo in spiaggia a far “conquiste“ e la sera a ballare a La Fontanella o nel locale Olimpia dei signori Battistella. D’inverno andavo a caccia di anatre e lepri, ma la mia grande passione è stata sempre la bicicletta. Per 42.000 lire, Ferruccio Bivi in bici in via Latisana, zona City tutti i miei risparmi, ho acquistato una Bianchi da corsa. Nel 1953 correvo con il gruppo “De Luisa” di Udine di cui conservo ancora la tessera. Ero e sono molto appassionato di ciclismo. Il mio campione preferito era Fausto Coppi, tifavo per lui. In un’ora e mezza arrivavo a Udine, allora non tutte le strade erano asfaltate, solo le principali, ma non c’era traffico. Se la mamma aveva bisogno di qualche compera ero capace di fare andata e ritorno in solo tre ore, e con gli acquisti fatti. 170 Ha sempre fatto il commesso? No. Nel 1957 ho comperato un camion. Mi sono messo in proprio: trasportavo sabbia e ghiaia e fornivo l’impresa Gregoratti. Dal 1959 al 1993 ho visto sorgere tutti i palazzi di Lignano nei cantieri presso i quali consegnavo i materiali edili. Nel 1960 sono rimasto solo con mio padre, i miei fratelli e mie sorelle erano emigrati in terre lontane. Nel 1963 ebbi un grave incidente, rimasi schiacciato tra camion e rimorchio e feci quaranta giorni di ospedale. Ripresomi dall’incidente, ho incontrato mia moglie Anna. Poco dopo il matrimonio dal quale sono nati due figli abbiamo iniziato la costruzione dell’edificio in cui vivo tuttora, all’inizio della via Centrale, vicino piazza Abbazia, con appartamenti e negozi da affittare. Lignano oggi è cambiata, una volta tutti i Lignanesi formavano una grande famiglia. Indubbiamente il cambiamento ha portato benessere Casa Ferruccio Bivi - 1965 e tante comodità, tuttavia ha fatto perdere quei valori dell’altruismo e della solidarietà tipici del tempo che fu. 171 9 maggio 2008 Giovanni Battista GNATA Intervistatrice: Maria Longo Coccetti Incontro il signor Giovanni Battista Gnata nella sala conferenze del Centro Civico, cordiale e disponibile, parla della sua vita, del suo lavoro e della sua famiglia. Quando la sua famiglia è arrivata a Lignano? Sono nato a Fara Vicentino il 31 agosto 1933, ultimo di dieci figli di una famiglia di agricoltori. Nel 1951 mio padre ha venduto i quattro campi che possedevamo e con i risparmi e qualche prestito bancario ha acquistato a Lignano, tramite dei mediatori, venti campi situati tra la laguna e la chiesetta di San Zaccaria. I miei fratelli erano emigrati, perciò tre soli figli seguirono i genitori. Arrivammo a Lignano nel dicembre del 1951 proprio quando arrivò il Casa Gnata 173 nuovo parroco, don Mario Lucis, al quale fummo sempre legati da profonda amicizia. A Lignano la situazione non era rosea: terra non fertile, raccolto scarso, zanzare numerose, divertimenti zero, lavoro tanto e debiti da pagare, ogni quattro mesi le cambiali arrivavano dalla banca. Un mio fratello si stancò di questa situazione e preferì andare a lavorare in miniera in Belgio. Mezzo per la disinfestazione con il “flit” Mio padre, allora, richiamò dalla Francia mio fratello Piero che faceva il muratore affinché ci aiutasse. Tutti i lavori agricoli venivano eseguiti a mano con grande fatica e tanta pazienza, solo per l’aratura chiamavamo degli addetti con i trattori. Come si è trovato a Lignano? Rosa Gnata con Giovanni Battista Gnata davanti alla casa - 1960 Quando sono arrivato a Lignano avevo diciotto anni e ho dovuto abbandonare il calcio, mia grande passione, per dedicarmi esclusivamente al lavoro. Non c’era tempo per rimpianti o nostalgie, bisognava solo lavorare e sacrificare. Oltre a coltivare i cereali, occuparsi delle viti e degli alberi da frutta, si lavorava l’orto e si allevavano parecchi animali da cortile. Poiché a Lignano non c’era il mercato, andavamo in corriera a vendere le uova a Latisana e compravamo sementi e concimi. Con lo sviluppo turistico, nei mesi estivi, molta gente veniva a casa nostra ad acquistare i prodotti dell’orto. Avevamo quindici mucche e ogni mattina all’alba dovevo mungerle e poi alle cinque portare il latte in via Udine, di fronte al cinema, dove c’era la latteria gestita dalla signora Maria Luvisutti detta Maria del latte. 174 Ogni mattina, in centro, vedevo i signori Bruni, De Minicis, Scarpa che prendevano il caffè, io andavo a prendere il pane. Tra noi e il fornaio c’era un accordo: un quintale di farina per un quintale di pane, poi il panettiere ci chiese un contributo che aumentò nel tempo. In casa non c’era acqua potabile, ogni giorno con il carrettino, andavamo ad attingerla nel pozzo di acqua dolce della famiglia Zamparo, contadini di via Latisana. Successivamente fu scavato un pozzo artesiano in laguna, l’acqua si trovava a una profondità di cento metri. Solo nel 1965 è stato possibile allacciarci alla rete idrica comunale. Io stesso mi occupai del lavoro di allacciamento e l’acqua arrivò finalmente in casa nostra. Quali rapporti aveva con le persone di Lignano? Ben pochi. La mia vita era quella di un eremita, lavoravo in campagna dall’alba al tramonto con una sola distrazione: il sabato sera andavo al Gambero Rossonero per assistere allo spettacolo televisivo “Il Musichiere”. La domenica andavo a messa, la mia famiglia, soprattutto la mamma, era molto religiosa e a messa bisognava Maria, Clelia e Giovanni Battista Gnata - 1960 andarci a piedi o in bicicletta. Nella vicina chiesetta di San Zaccaria la messa veniva celebrata solo il 25 aprile per la ricorrenza di San Marco e in ottobre per il mese dedicato alla Madonna, in quelle occasioni si organizzava la sagra con la cuccagna, lo spaccapignate e altri divertenti giochi. Ricordo che nel 1955 la famiglia Andretta ha donato alla parrocchia il terreno per la costruzione della scuola materna. L’appezzamento, sito in una zona piuttosto bassa, abbisognava di essere colmato, e così tutte le famiglie, nel tempo libero, hanno collaborato, trasportando sabbia e materiali vari, per il riempimento e la relativa costruzione. Questo è stato un buon periodo di lavori in équipe. 175 Ha altri ricordi? D’estate la nostra casa si animava: mia sorella con le nipoti e altri parenti venivano a trovarci per aiutarci nei lavori dei campi. La sera ci si riuniva sull’aia. La mamma cantava con la sua bellissima voce e noi l’ascoltavamo estatici. Ci divertivamo, anche, al tiro alla fune, alle corse con Fratelli Gnata con parenti in cortile - 1962 i sacchi e ad altri giochi… a volte a giocare eravamo anche in trenta persone! Le lucciole, poi, quante ce n’erano! Facevamo il bagno in laguna, l’acqua era limpida, trasparente e ricca di pesci e granchi. Uno spettacolo! Ricordo pure la tromba d’aria che colpì Lignano a ferragosto: volavano sedie, ombrelloni e quant’altro, da noi caddero solo alcune gocce di pioggia. Quando sono venuti a mancare i suoi genitori? Nel 1960 è morto mio padre e nel 1972 mia mamma. Rimasto solo, nel 1974 decisi di sposarmi con Oliva Caramaschi e dal nostro matrimonio nacquero tre figlie. Poiché nessuna donna, vista le difficoltà della vita dei campi, poteva adattarvisi, feci domanda di lavoro all’Amministrazione Comunale e fui, dapprima, Mamma Rosa Gnata con la figlia Maria - 1967 assunto come giardiniere e, poi, dal 1974 al 1993, come custode del cimitero. Presi una casa in affitto, liquidai gli altri fratelli e divisi la proprietà con mio fratello Piero. Egli tenne la vecchia casa e i terreni della zona della laguna sud e io presi quelli della zona della laguna nord. Nel 1974 chiesi al Comune il permesso di lottizzare il terreno, permesso che 176 mi fu concesso solo nel 1998 e finalmente nel 2004 ho potuto costruire la casa tanto sognata per me e i miei cari. Ho speso un miliardo di lire per la lottizzazione e la costruzione delle strade. Mio fratello Piero ha donato seimila metri del suo terreno al Comune per la costruzione di una casa di riposo per anziani. Ne aveva dapprima parlato con il sindaco Zatti poi fu il sindaco Meroi che decise di costruirla. L’Amministrazione Comunale, poco riconoscente, avrebbe potuto almeno intitolare la Casa di Riposo a “Piero Gnata”. Piero rimase nella vecchia casa fino al 1993, poi in una nuova villa costruitagli dall’impresa Sostero in cambio di parte del terreno di sua proprietà. Alla sua morte, secondo le sue ultime volontà, la villa fu venduta e il ricavato donato in parte alla Chiesa e in parte ai nipoti che vivono in Argentina. È contento della sua vita? Sono soddisfatto e sereno della mia vita che, iniziata con tanti sacrifici, mi ha portato a un benessere progressivo, circondato dall’affetto dei miei cari e di tutta la mia famiglia. 177 21 maggio 2008 Carlo TEGHIL Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Il dottor Carlo Teghil, assessore alle finanze in questa legislatura, ha accettato di dedicare un po’ del suo prezioso tempo all’intervista da me richiesta. Mi riceve in un piccolo e tranquillo ufficio del Municipio di Lignano. È il più “giovane“ degli intervistati, essendo nato nel 1952, ma ha avuto la fortuna di apprendere da Alessandro Teghil, nonno paterno, e da Romolo Sandri, nonno materno, le vicende che hanno segnato la storia della città balneare e le cui famiglie hanno lasciato una traccia importante per la crescita e lo sviluppo della realtà lignanese. Disponibile, entusiasta del suo lavoro, è stato una buona fonte testimoniale e un attento scopritore di memorie. Mi parli dei pionieri della sua famiglia Il nonno Romolo, classe 1907, mi raccontava che, già dal lontano 1909, suo padre nonché mio bisnonno Romano Sandri insieme ai suoi fratelli originari di Porpetto - edificarono, con la loro impresa di costruzioni, uno dei primi alberghi di Lignano, il “Centrale”, che gestirono fino al primo conflitto mondiale. Nel periodo post-bellico i fratelli Sandri riaprirono il cantiere e l’attività 179 edilizia dell’impresa ebbe un notevole impulso con la costruzione di diversi fabbricati tra i quali la seconda Terrazza a Mare e l’ampliamento dell’Hotel Marin. Nel 1923 entrarono in società con Pessina e Pugnetti e ebbero in concessione decennale lo stradone che collegava il pontile della laguna al mare per il collocamento di una Decauville, tram a cavalli, e la privativa per il transito e il trasporto di materiali. Il lavoro, all’epoca, non era facile se si pensa alle difficili condizioni di vita e di lavoro dovute al freddo intenso e al forte vento, alla mancanza di energia elettrica e di acqua potabile e alla presenza della malaria. Il nonno ci raccontava che nel 1929, anno del grande freddo, si poteva attraversare a piedi la laguna completamente ricoperta dal ghiaccio. Precari erano, inoltre, i collegamenti e i trasporti, tanto che da Porpetto a Marano si utilizzava la bicicletta e da Marano a Lignano la batela. Sempre dai racconti del nonno, mi viene in mente quello importante e significativo della visita di Sua Altezza Reale Umberto Principe di Piemonte a Lignano nel settembre del 1940 che fu molto apprezzata dai maggiorenti di allora - e non di meno dal pubblico femminile data la bella presenza dell’erede all’italico trono - il quale per visitare la località chiese in prestito la bicicletta proprio ad un componente della famiglia Sandri, Olindo, uno dei fratelli di mio nonno. Dopo la seconda guerra mondiale i figli del bisnonno Romano continuarono ad operare nel settore edile mentre, dalla fine degli anni Cinquanta, mio nonno Romolo si mise in proprio, avviando una qualificata attività di falegnameria che gli diede modo di poter collaborare con i più importanti architetti dell’epoca quali Bernardis e Avon e, inoltre, assieme alla moglie Giovanna - detta Nine si occupava di affittare camere e appartamenti. Abbiamo parlato finora della famiglia Sandri e che mi dice della famiglia Teghil? Dai racconti di mio nonno Alessandro - sior Sandrin detto il Cont, classe 1888 - proveniente da Madrisio di Varmo - la presenza nella realtà lignanese della famiglia Teghil va fatta risalire intorno agli anni Venti. Il nonno venne a gestire, sia per conto dei grandi proprietari terrieri come i Gaggia, i Pittoni, i Gasparini, i Pantarotto sia in proprio, le terre ad uso agricolo per la coltivazione di asparagi, viti, frumento particolarmente ricco di glutine e altri Alessandro Teghil - 1923 180 prodotti orticoli, e a uso boschivo per la piantumazione di pini e altre essenze arboree rispettivamente ubicate nella zona di Sabbiadoro e nella zona di Riviera a ridosso della foce del Tagliamento. Inolte allevava cavalli. In seguito, sviluppò un’ulteriore attività imprenditoriale di servizi che comprendeva il trasporto di materiali per costruire strade e per l’edilizia, nonché la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel periodo estivo e la pulizia dell’arenile dalle alghe. Il centro dell’attività era in via Carso, stazione per i cavalli adibiti al traino e parcheggio dei primi grandi trattori, delle mietitrebbia e della famosa Balilla Spider che il nonno utilizzava per i suoi non proprio veloci spostamenti: impiegava, infatti, circa quattro ore per raggiungere Varmo. Allora il tempo scorreva scandito dall’avvicendarsi delle stagioni e non vi era la frenesia dei giorni nostri e anche i rapporti tra le persone, nonostante la marcata distinzione sociale, erano molto più umani e naturali. Innati erano nel nonno il senso di ospitalità - condiviso con l’amico Angelo Marin - che si manifestava soprattutto in occasione di incontri conviviali aperti alle personalità che frequentavano la località, e il senso di generosità e di solidarietà verso le famiglie povere, allora numerose. Ricorrente nei suoi racconti era l’accadimento del ciclone del luglio 1940 che provocò danni considerevoli a persone, vi furono oltre venti feriti, e a cose, la casa in cui viveva fu parzialmente scoperchiata. Anche mio padre Guido, nato nel 1916, collaborò nella conduzione delle diverse attività. Finiti i nonni, ecco i padri! Possiamo parlare di suo papà? Il 1° maggio del 1948 mio padre si è sposato con Giovanna Sandri, dal matrimonio siamo nati mia sorella Clara ed io. Dopo la seconda guerra mondiale - a partire dagli anni 1948/49 - mio padre ha iniziato in proprio l’attività imprenditoriale con la gestione del Bagno Ausonia e dal 1950 al 1959 della Terrazza a Mare e, negli stessi anni, ha aperto la prima agenzia immobiliare e d’affari di Lignano “Teghil”. Nei primi anni Sessanta ha gestito l’Albergo San Carlo. 181 Guido Teghil Suo papà è stato il primo sindaco di Lignano. Si è sempre interessato di politica? Don Mario Lucis e Guido Teghil Mario Ciccone, primo segretario comunale Oltre all’attività imprenditoriale, mio papà si è dedicato fattivamente alla vita politica e amministrativa lignanese ed ebbe un ruolo fondamentale nella dura e sofferta battaglia per la conquista dell’indipendenza da Latisana e la costituzione del Comune di Lignano Sabbiadoro, combattuta insieme a don Mario Lucis e al dottor Emilio Zatti. Ho un ricordo ancora vivo e preciso di quando si recava a Roma per perorare la causa locale con i parlamentari friulani di allora - in primis il senatore Mario Toros che fu anche relatore della legge istitutiva del Comune - e di quando Giovanni De Minicis, a capo della colonna d’auto dei dimostranti, venne in piena notte a chiamarlo perché partecipasse all’ormai famosa manifestazione di protesta con la chiusura del ponte di Bevazzana. Erano anni di grande fermento, i Lignanesi allora dimostrarono grande unità nella comune causa. Istituito il Comune nel luglio del 1959, dopo un periodo di commissariamento, nel 1960 vennero indette le elezioni e mio padre fu eletto primo sindaco di Lignano Sabbiadoro. Carica che ricoprì anche con un secondo mandato dal 1965 al febbraio 1967. Mentre si stava recando a Udine per questioni comunali, ebbe un incidente stradale a Mortegliano e perse la vita assieme all’allora segretario comunale, dottor Ciccone. In quegli anni l’impegno di sindaco fu particolarmente gravoso in quanto, con Giunta e Consiglio, dovette mettere in piedi e avviare la complessa struttura comunale attraverso la quale venne organizzato l’intero territorio. Da qui partì il vero e proprio sviluppo di Lignano sia come comunità, sia come realtà turistica di livello nazionale e internazionale. Ha qualche ricordo particolare di quel periodo? Allora ero molto giovane, ma accompagnavo spesso mio padre in Municipio e nei suoi spostamenti a Udine e a Trieste e anche nelle cerimonie ufficiali: nel 1963 fu inaugurato il Kursaal e per la prima volta nel cielo di Lignano si 182 esibirono le Frecce Tricolori con i loro FIAT G 91. Ricordo la determinazione e l’onestà di mio padre nell’affrontare e nel risolvere i problemi con una visione di crescita turistica della località, proiettata in una dimensione internazionale e anche di integrazione e interazione con l’entroterra dell’intera Bassa Friulana, non perdendo mai di vista le esigenze dei suoi concittadini sia in termini di occupazione che di crescita sociale. Ho, senz’altro, ereditato da lui la passione per la politica e l’impegno nella gestione della cosa pubblica. Da quando si dedica alla cosa pubblica? Il mio impegno politico ebbe inizio con la partecipazione ai corsi di formazione della Democrazia Cristiana cui fece seguito la costituzione in loco del Circolo della Gioventù che vedeva coinvolti molti giovani. Sul piano amministrativo, il primo incarico è stato quello di Presidente dell’allora Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Lignano Sabbiadoro e della Laguna di Marano che comprendeva anche cinque comuni dell’immediato entroterra. Era il 1984 e a soli 32 anni ero il primo presidente lignanese dell’Azienda e il più giovane presidente degli enti turistici d’Italia, sono rimasto in carica fino al 1997, inaugurando ben quattordici stagioni turistiche. È da dire che inizialmente una sorta di dualismo ha caratterizzato i rapporti fra Comune e Azienda e ciò perché i presidenti non venivano scelti nell’ambito della comunità lignanese. Sotto la mia presidenza e, ricoprendo io anche la carica di consigliere comunale, i rapporti sono migliorati e la collaborazione è diventata più proficua nell’interesse generale della località. Che cosa può dirci dei suoi quattordici anni di Presidenza in Azienda di Soggiorno? In quel non breve arco di tempo molto è stato fatto sia nel settore della promozione e delle manifestazioni che nel miglioramento di strutture e servizi. Per quanto riguarda la promozione, lo sforzo principale è stato di coinvolgere gli operatori turistici, concertando, di volta in volta, le attività promo-pubblicitarie, attuate in Italia e all’estero. A questo proposito, è vivo il ricordo dei momenti difficili che dovemmo affrontare per far fronte ai danni conseguenti al fenomeno delle alghe e per salvaguardare e rilanciare l’immagine di Lignano sui mercati turistici. Nel settore delle manifestazioni: l’istituzione del Premio letterario dedicato ad Hemingway giunto ormai alla 24^ edizione, l’adozione nel 1987 in 183 collaborazione con il Comitato Italiano UNICEF - allora presieduto dal dottor Farina - della Carta dei Diritti dell’Infanzia con la partecipazione di enti non governativi di centoventi Paesi alla presenza della consorte del Premier egiziano Mubarak, del Ministro Rosa Russo Jervolino e dell’allora Presidente della Regione Adriano Biasutti - Carta che sarà approvata dall’ONU - e l’esibizione per la prima volta sull’arenile della Pattuglia Acrobatica Nazionale che ancora oggi allieta gli ospiti ferragostani. Sono stati, inoltre, riqualificati i beni demaniali della darsena e della spiaggia, gestiti dall’Azienda di Soggiorno. 184 23 maggio 2008 Udila BATTISTELLA ZANATTA Intervistatrici: Maria Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris La signora Udila Battistella si presenta per l’intervista al Centro Civico accompagnata dalla figlia. È una signora calma e tranquilla che parla di sé e della Lignano della sua gioventù con una nota di malinconia. Il tempo - ci dice - è passato troppo in fretta, lasciando dietro di sé piacevoli ricordi e non sempre gradite memorie. Ci parli di lei e della sua famiglia. Sono nata a Pola l’8 novembre 1933 da genitori veneti. Il mio nucleo familiare era composto da undici persone, tutte dedite all’agricoltura. Durante la seconda guerra mondiale la situazione in Istria era diventata particolarmente difficile: i partigiani erano temuti da tutti, per cui nel 1944 mio padre prese degli accordi con il signor Andretta per una nostra sistemazione a Lignano. Siamo partiti con l’ultimo treno e siamo arrivati a Latisana, profughi da Pola come le famiglie Summo e Belletti. La terra, affidataci a mezzadria, si estendeva dal maneggio, sito dopo il Villaggio Mimosa, fino all’attuale cimitero. La casa dove abitavamo, ora disabitata, è rimasta la stessa, con un bel pergolato di uva bianca. 185 Avevo poco più di dieci anni, ero felice di essere arrivata in un posto tranquillo anche se, inizialmente, c’erano ancora bombardamenti. Quando la chiesa è stata mitragliata, mi trovavo proprio all’interno a seguire una funzione religiosa. È andata a scuola a Lignano? La scuola si trovava in via Gorizia, ci andavo a piedi, andata e ritorno. Ho frequentato fino alla quinta, in una pluriclasse La mia maestra era la signora Zen, i miei compagni sono stati Pierino Comisso, Giacomo De Filippis, Dino Sandri. Terminate le elementari, non essendovi possibilità di proseguire gli studi, ho lavorato in campagna con i miei fino all’età di diciannove anni. In che cosa consisteva il suo lavoro in campagna e in casa? Ad aiutare mio padre. Avevamo quindici mucche e la mattina, con qualsiasi tempo atmosferico, portavo i bidoni pieni di latte, sistemati sul manubrio della bicicletta, alla famiglia Andretta, nostra datrice di lavoro. La sera, invece, il latte veniva portato in latteria, in centro. Uova e verdure si vendevano ai vari negozianti. Aiutavo anche mia mamma. La pasta veniva fatta in casa e il pane veniva impastato e sfornato un paio di volte alla settimana. Lavoravate la terra con macchine agricole? Mio padre lavorava il terreno con le macchine agricole di proprietà della famiglia Andretta, ma prestava anche la sua opera ad altri contadini che abbisognavano di attrezzature meccaniche. Si dedicava, inoltre, Trebbiatura 186 alla caccia e a casa nostra non mancavano mai fagiani, lepri e anatre selvatiche, i masurini. Era lui che organizzava la festa di San Zaccaria, la festa della Madonute, con i vari intrattenimenti giocosi. Vicino a casa nostra c’era il frutteto della famiglia Scarpa la quale possedeva un’automobile che prestava a chi ne avesse bisogno. Come trascorrevate i giorni di festa? La domenica noi sorelle e cugine andavamo a messa, sempre a piedi. I preti, prima don Gino poi don Mario, erano molto rigorosi e guai mancare alle funzioni religiose quali messa, vespero e anche catechismo, ma erano pronti ad aiutare le persone in ogni circostanza. D’estate, solo la domenica, andavamo con gli amici I coloni Prataviera in spiaggia a Pineta, vicini di casa della famiglia Battistella al mare: si mangiava al sacco sulle dune della spiaggia. Mia sorella, che era sarta, ci confezionava i costumi da bagno. A volte ci recavamo al cinematografo all’aperto, in via Udine, o a ballare. Conservo di quel periodo piacevoli ricordi! Lei prima ha affermato di aver aiutato suo papà in campagna fino a diciannove anni. Che ha fatto dopo? Mi sono sposata a diciannove anni. Prima si è sposata mia sorella con Ferruccio Tonutti, originario di Udine e primo giardiniere di Lignano, molto amico del dottor Zatti. Poi mi sono sposata io con Rino Zanatta e per un anno abbiamo vissuto con la sua famiglia vicino alla Caserma della Finanza. Dal nostro matrimonio sono nati due figli: Doriana e Dario, ambedue sono venuti al mondo in casa, come si faceva una volta. 187 Aldo, Udila, Valeria e Ida Battistella Luigi Venudo detto “Paperone” al Campeggio Sabbiadoro - 1957 Mio marito era muratore e ha lavorato prima con l’impresa Gregoratti poi con l’impresa Sostero. In seguito abbiamo acquistato un terreno sul quale abbiamo costruito due appartamenti che affittavamo da maggio a settembre a turisti tedeschi e austriaci. Io ho lavorato un po’ ovunque e, per una decina d’anni, nel Campeggio Sabbiadoro della famiglia Andretta dove si preparavano anche duemila pasti al giorno. Nel 1955, dopo la morte di mio padre, zii e cugini se ne sono andati a cercar lavoro a Milano, mentre mia madre e mio fratello hanno ottenuto dalla famiglia Andretta, come “buona uscita”, un pezzo di terra sito in via Latisana dove hanno costruito il Bar Olimpia con pista da ballo e gioco di bocce. Per una ventina d’anni il locale è stato molto frequentato, d’estate ogni sera si ballava al suono del juke-box. Poiché c’era molto lavoro, mi rendevo utile, dando una mano e, quando potevo, ballavo e mi divertivo con gli amici. Ancor oggi il bar è aperto, tutto l’anno. Guido Bonafè al Bar Olimpia Rimpiange la Lignano di un tempo? No, rimpiangere no, ma una volta la vita era più semplice, fatta di amicizie e di affetti sinceri. Ora mi sembra che tutto sia diverso. 188 25 maggio 2008 Giorgio BARTOLUCCI Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco Il dottor Bartolucci è nato il 10 aprile 1928. Ha trascorso quarant’anni della sua vita a Lignano, ora vive nella sua casa di campagna di Montefiascone, in provincia di Viterbo. L’unico modo per fare l’intervista era, perciò, farla via etere. Disponibile, si è prestato ben volentieri a parlare di sé e di tutto quello che era riuscito a realizzare per Lignano nel campo dell’associazionismo. So per certo che è stato il dottor Zatti a invitarla a venire a Lignano in qualità di medico. Come lo ha conosciuto? Abitavo allora in via Stringher al secondo piano della casa De Puppi, la più antica casa di Udine. Un sabato pomeriggio del mese di dicembre del 1960 mi trovavo in casa, quando suonarono alla porta. Andai ad aprire, pensando che qualcuno avesse bisogno di un medico. Mi trovai davanti ad una coppia sulla quarantina, il signore si presentò come il dottor Zatti, aveva avuto il mio indirizzo da un dottore dell’ospedale di Udine. Mi spiegò che viveva a Lignano e che cercava un giovane medico desideroso di trasferirsi in quella località con poco più di duemila abitanti nel periodo invernale, ma che d’estate si avvicinavano a molte migliaia con villeggianti, 189 imprenditori e lavoratori stagionali. Egli era l’unico medico e cercava un collaboratore. Rimanemmo d’accordo che sarei andato a trovarlo prima della fine dell’anno. Avevo bisogno di tempo per decidere. Decidere che cosa? Era forse impegnato in altre attività? La proposta era allettante? Oltre a essere libero professionista, ero medico funzionario dell’INAM, Istituto Nazionale Assicurazione Malattia, e quindi, soggetto a un regolamento, ed ero anche addetto a funzioni ispettive presso l’Ospedale di Udine. Quando mi recai a Lignano prospettai al dottor Zatti la possibilità che potevo essere disponibile dopo aver dato un mese di preavviso all’Istituto. Egli mi sottopose la necessità che lo sostituissi da febbraio a maggio, dovendosi assentare per motivi di famiglia. Il primo febbraio del 1961 iniziai a lavorare nell’ambulatorio del dottor Zatti. Alloggiavo all’Albergo Scarpa. Il lavoro era di mio gradimento e, se paragonato al lavoro da me svolto dopo la laurea in condotte mediche prevalentemente di montagna, questo era più lieve e gradevole. Nel frattempo cercai una sistemazione abitativa, non potendo lasciare la mia famiglia a Udine, trovai una villetta di proprietà della famiglia Rossetti di Latisana sita in via Codroipo: attrezzai il pianoterra ad ambulatorio e il piano superiore ad abitazione. Durante il periodo di sostituzione del dottor Zatti avevo conosciuto quasi tutta la popolazione di Lignano costituita in prevalenza da giovani e bambini. Preziosa è stata la mia specializzazione in pediatria. Albergo Scarpa in via Udine - 1954 Così, dopo aver sostituito per quattro mesi il dottor Zatti, lei è rimasto a Lignano come libero professionista. Otre alla libera professione si è interessato ad altro? Ho lavorato anche presso la Colonia permanente Friuli-Italia in qualità di direttore sanitario, incarico mantenuto fino al 1996, anno in cui la Colonia divenne un istituto con diverse finalità. Poiché conoscevo le autorità sanitarie 190 udinesi, fui interpellato dall’Associazione Friulana Donatori del Sangue per costituire una sezione a Lignano. Nei primi mesi del 1962 il commendatore Giovanni Faleschini, presidente regionale dell’AFDS, in un’assemblea presso il cinema Mare tenne a battesimo la sezione di Lignano di cui fui eletto presidente, carica che tenni per un decennio, portando Giovanni Faleschini e il Sindaco Gnesutta questa sezione a essere, dopo quarantasei anni, una colonna dell’AFDS. Abbiamo ottenuto per anni la medaglia d’oro come premio per aver superato le percentuali di donatori e di donazioni stabilite dallo statuto. Nel 1963 fui chiamato a lavorare alle Terme Marine e per due anni ne fui il direttore sanitario. Sempre nel 1963 con alcuni amici fondammo il circolo ACLI di cui fui presidente fino alla sua chiusura, segretario era il compianto ragionier Lucio Giorgi. Nel 1965, avendo ritrovato alcuni commilitoni della naia alpina, fondammo il gruppo locale dell’ANA Associazione Nazionale Alpini di cui, oltre a fondatore, fui il primo capogruppo. Primo Gruppo Alpini Così tra il lavoro e le associazioni il tempo passava veloce. Come ricorda la Lignano degli anni Sessanta? Lignano da piccolo paese si stava trasformando in una grande realtà. Allora venivano costruiti due milioni di metri cubi di fabbricati abitativi e commerciali all’anno. In quel periodo proprio in via Codroipo, di fronte alla villa della 191 famiglia Rossetti, è sorto il condominio Milano dove mi sono trasferito con ambulatorio e abitazione. Strade nuove venivano aperte in continuazione per accedere alle nuove realtà edilizie; furono aperte strade di collegamento con Lignano Pineta e la vecchia via Latisana divenne strada di traffico locale, sostituita dal viale Europa. Prima lei ha detto che tra lavoro e associazioni il tempo passava veloce. Si è sempre dedicato all’associazionismo locale? Sì, avevo molteplici interessi che mi portarono a partecipare ad altre associazioni e a creare gruppi d’interesse come il Circolo Filatelico Numismatico Lignanese, sorto nel 1965 di cui fui presidente fino al 1998. Nel 1972 fui socio fondatore del Lions Club, per due mandati presidente e per un mandato delegato di zona e vicegovernatore per il Friuli. E poi la Pro Senectute di cui fui il primo presidente, e negli anni Ottanta promossi la costituzione della Casa per Anziani contro tutti i pareri negativi di una certa casta locale. Noi della Pro Senectute riuscimmo dove altri non poterono, ma questa è un’altra storia. Nel 1976 promossi la fondazione di una sezione AIDO - Associazione Italiana Donatori Organi - la cui riunione d’insediamento si tenne nel salone della Colonia la sera del 6 maggio del 1976 e fu “benedetta“ proprio dalla scossa di terremoto, mentre stavo svolgendo la relazione a oltre 250 partecipanti. Partecipai a molte altre associazioni: Pesca Sportiva, Federazione Italiana della Caccia di cui fui presidente per vari mandati. Ho collaborato come medico Associazione Lignano Calcio sportivo a varie associazioni ciclistiche, calcistiche, calcio a cinque. 192 Lei è stata una persona molto presente sul territorio lignanese. Si è occupata solo di associazionismo o si è interessata ad altro? Mi sono interessato anche di politica. Nei primi anni Settanta sono stato segretario della locale sezione della Democrazia Cristiana da cui mi dimisi per incompatibilità. Durante l’intermezzo politico, presiedendo la commissione politica formata dai responsabili dei partiti che conducevano la “cosa pubblica“, ebbi modo di studiare e suggerire la costituzione del Parco Hemingway, vincendo le resistenze dei proprietari dei terreni, cosa che poi portò alla convenzione con i proprietari di Lignano Riviera per costituire il Parco UNICEF. È stato contento di aver accettato di venire a Lignano? Naturalmente, e poi quarant’anni di vita e di professione in un luogo portano a conoscere e a seguire lo sviluppo dello stesso con le necessità e i desiderata della popolazione, soprattutto di quella giovanile. So che oggi il Lions Club è presente sul territorio lignanese con iniziative volontaristiche e benefiche. Lei, in qualità di presidente o delegato di zona, ha operato in tal senso? Nel 1975 in qualità di presidente stabilii, quale “service“ annuale, di offrire al Comune una piccola biblioteca, l’inizio di quello che è oggi un Istituto di tutto rispetto e di cui fui per alcuni anni membro del Consiglio. Abbiamo, inoltre, creato il soggiorno marino per disabili, sul terreno messo a disposizione dall’EFA che ha accolto per un trentennio giovani e meno giovani da varie regioni italiane, da paesi della ex Iugoslavia e da Vienna. Abbiamo promosso le serate dell’amicizia con la Brigata Julia nell’Arena Alpe Adria e tornei di calcio per raccogliere fondi da destinare ai disabili. Lei ha creato tante iniziative che sono tuttora presenti nel territorio. È soddisfatto? Sì, lo sono. Crescendo la città, crebbero le iniziative proposte da cittadini di buona volontà e portate avanti da sodalizi che man mano andavano sorgendo e sempre con ottimi risultati, cosa che mi fa essere orgoglioso di dire: “Io c’ero!“ 193 Si ringraziano Le persone che hanno rilasciato le interviste e quanti hanno collaborato, fornendo materiale di varia natura e raccontando aneddoti legati ai primordi di Lignano Il Sindaco di Lignano dott. Silvano Delzotto L’Assessorato alla Cultura e all’Istruzione del Comune di Lignano avv. Lanfranco Sette L’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Lignano geom. Graziano Bosello L’Assessore alle Politiche Sociali e Giovanili della passata legislatura geom. Angelino Bonelli Il Presidente del FotoCineClub Doriano Moro Le immagini d’epoca provengono da alcuni intervistati e dalle raccolte del FotoCineClub, Alessandro Rizzi, Rino Tinelli. La fotografia in copertina proviene dalla Fototeca del Civici Musei di Udine Indice Il progetto dell’Università della Terza Età di Lignano.................................5 Presentazione di Nelly Del Forno Todisco.................................................6 Presentazione del Sindaco Silvano Delzotto.............................................7 Presentazione di Gianfranco Scialino .......................................................8 Interviste: Emilio ZATTI.............................................................................................11 Rino MORO............................................................................................ 19 Angela SUMMO...................................................................................... 27 Elia ZOCCARATO.....................................................................................31 Pierino COMISSO................................................................................... 37 Giacomo DE FILIPPIS.............................................................................. 43 Cesare, Pietro e Maria FANOTTO........................................................... 47 Nunzia MONANNI SCERBANENCO....................................................... 53 Luigi DE MINICIS.................................................................................... 59 Walter BIDIN........................................................................................... 63 Ferdinando SCUDIERO........................................................................... 69 Dino SANDRI.......................................................................................... 73 Pia BERQUER ANDRETTA...................................................................... 77 Giorgio TURCATO................................................................................... 83 Armando FERRO.................................................................................... 87 Giampaolo ZEN.......................................................................................91 Giuseppe BURGATO............................................................................... 95 Luigia FANOTTO e Walter LIGUSTRI....................................................... 99 Enea FABRIS......................................................................................... 105 Eno PETRACCO.................................................................................... 109 Vincenzo GIGANTE................................................................................117 Argelio SCARPA.................................................................................... 121 Marco MARIN....................................................................................... 125 Renato CHIARUTTINI............................................................................ 129 Olindo VALERI...................................................................................... 133 Rita NORO............................................................................................ 135 Maria Grazia e Pietro BELLETTI........................................................... 139 Giorgio VENTURINI............................................................................... 143 Tranquilla PARON RIDOLFO................................................................. 149 Danilo ZANATA..................................................................................... 153 Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI....................................................... 161 Ferruccio BIVI........................................................................................ 167 Giovanni Battista GNATA...................................................................... 173 Carlo TEGHIL........................................................................................ 179 Udila BATTISTELLA ZANATTA.............................................................. 185 Giorgio BARTOLUCCI............................................................................ 189 Ringraziamenti...................................................................................... 196