Profili di illegittimità dell' ablazione e devoluzione delle utilità afferenti
ai rapporti bancari ed assicurativi «dormienti»
Lorenzo Carbonara*
SOMMARIO: 1. Oggetto, soggetti e modalità della procedura di devoluzione dei beni
relativi ai cosiddetti «rapporti dormienti»: primo profilo di incostituzionalità. - 2. Atti
interruttivi della prescrizione. - 3. Decorrenza della prescrizione per i soggetti all'oscuro
del rapporto dormiente: retrodatazione del termine di decorrenza e profili di illegittimità
costituzionale. La sentenza n. 78 del 5 aprile 2012 della Corte Costituzionale. - 4.
Incongruità relative al momento tecnico di attuazione della disciplina. - 5.
Irragionevolezza della disciplina in relazione alla diversa consistenza dei patrimoni
devoluti ed al conseguente variabile grado di interesse al loro mantenimento, nonchè alla
specifica natura del rapporto estinto per dormienza. - 6. Le polizze linked e il problema
dell' indennizzo dei relativi titolari. - 7. Diritto all'indennizzo dei risparmiatori espropriati
del deposito «dormiente». Conclusioni.
1. Può affermarsi, in linea generale, che se un soggetto ignora, per motivi a lui
non imputabili, di essere titolare di un credito, il relativo periodo di mora credendi,
e dunque di prescrizione a suo carico, non potrà che decorrere a partire dal
momento in cui egli ne sia venuto a conoscenza e non si sia attivato per
riscuoterlo; e sarebbe quanto meno difficile controargomentare l' affermazione
per cui l'istituto (bancario od assicurativo), presso il quale sono depositate le
somme che costituiscono quel credito, non potrà di certo addossargli l'ignoranza
incolpevole del diritto includendo nel computo del termine prescrizionale di dieci
anni di cui all'art. 2946 c.c. anche il lasso di tempo anteriore alla data in cui
l'interessato ha saputo del cespite.
L'espropriazione delle somme depositate presso banche o Poste italiane
S.p.a., compagnie assicurative ed intermediari finanziari1, in seguito alla loro
*
Dottore di Ricerca in Diritto Privato e Nuove Tecnologie, Dipartimento di Diritto Privato
della Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Bari.
1
L'elenco completo dei soggetti depositari delle utilità afferenti a rapporti che possono
qualificarsi, ricorrendone i presupposti, come "dormienti" è contenuto nell'art. 1 del regolamento
attuativo della finanziaria che ha introdotto l'istituto della "dormienza". Esso vi annovera: «1) le
banche italiane e le succursali in Italia di banche comunitarie ed extracomunitarie, come definite dal
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; 2) gli intermediari finanziari di cui agli articoli 106 e
107 deldecreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; 3) le imprese di assicurazione operanti in Italia
di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209; 4) le società di intermediazione
mancata movimentazione per un periodo di dieci anni a partire dalla data di
libera disponibilità delle stesse, costituisce una fattispecie acquisitiva che suscita
crescenti quanto comprensibili proteste da parte dei consumatori che si sono
visti sottrarre liquidità, di cui erano i proprietari, dai soggetti a cui le avevano
affidate a vario titolo (conto corrente, libretto di deposito a risparmio, deposito
di custodia di titoli, liquidazioni di capitali da parte di compagnie assicurative...).
Dette proteste risultano tanto più legittime in tutti quei casi in cui gli stessi
interessati avevano ignorato il fatto di essere titolari di dette somme ed anzi ne
venivano a conoscenza per puro caso2, solo allorchè l'istituto di credito
affermava di averle ormai incamerate per prescrizione decennale del credito.
La fattispecie ablativa in discorso è stata normata nell' Ordinamento
italiano con L. 266/2005, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato» (altrimenti nota come legge finanziaria 2006)3
ed in seguito regolamentata con D.p.r. n. 116/2007, contenente il «Regolamento
di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in
materia di depositi dormienti»4.
Con la citata Finanziaria infatti, allo scopo di «indennizzare i risparmiatori
che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e
che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito» (art. 1, comma
343), si era costituito un apposito fondo, da alimentare (a norma del successivo
comma 345) «con l' importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti
come dormienti all’interno del sistema bancario nonchè del comparto
assicurativo e finanziario, definiti con regolamento adottato ai sensi dell’articolo
17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze».
mobiliare di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e
le succursali in Italia di imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie di cui al
medesimo decreto; 5) le società di gestione del risparmio di cui all'articolo 1, lettera o), del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e le succursali in Italia delle società di gestione armonizzate di
cui al medesimo decreto; 6) la società per azioni Poste italiane - Divisione Bancoposta di cui
all'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144».
2
Emblematico il caso – deciso dal Tribunale di Reggio Emilia, Sez. I, sentenza del 14
ottobre 2008, in Foro. it. 2009, I, col. 2564 - del signore che aveva scoperto un libretto di deposito
intestato al padre, ormai deceduto, in occasione di lavori di ristrutturazione che avevano per pura
coincidenza portato alla luce questo documento.
3
G. U. n. 302 del 29 dicembre 2005 - Supplemento ordinario n. 211.
4
G.U. n. 178 del 2 agosto 2007.
L'art. 1 lett. b) del Regolamento attuativo ha definito «dormienti» «i
rapporti contrattuali di cui all'articolo 2 in relazione ai quali non sia stata
effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del
rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l'intermediario non
specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni
decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti
finanziari di cui all'articolo 2, comma 1».
Sotto il profilo oggettivo, l'ambito di applicazione della disciplina
comprende i rapporti contrattuali di cui all'art. 2, c.1, del regolemento di
attuazione, ovvero: «a) deposito di somme di denaro, effettuato presso
l'intermediario con l'obbligo di rimborso; b) deposito di strumenti finanziari in
custodia ed amministrazione; c) contratto di assicurazione di cui all'articolo 2,
comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui
l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al
beneficiario ad una data prefissata».
La valutazione di dormienza, ai sensi delle citate disposizioni, sarebbe
quindi subordinata all'inerzia del titolare del rapporto, protrattasi per dieci anni
dalla data di «libera disponibilità delle somme» o degli strumenti finanziari
custoditi presso l'intermediario.
La normativa prevede, successivamente all'individuazione dei rapporti
bancari definibili «dormienti», e prodromicamente all'ablazione delle somme in
favore del fondo, una fase intermedia di interpello del titolare del rapporto
stesso, consistente nella recapitazione ad egli di un «invito ad impartire
disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, con l'avviso
che decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a
ciascun rapporto verranno devoluti al fondo secondo le modalità indicate
nell'articolo 4».
Si delinea con tali regole una procedura trifasica – 1. individuazione dei
rapporti dormienti; 2. interpello del titolare; 3. eventuale devoluzione delle
somme al fondo in caso di protratta inerzia - tramite la quale tutti i conti ed i
depositi non movimentati per dieci anni dalla loro libera disponibilità sono
sostanzialmente espropriati al consumatore al fine di alimentare il fondo per
risarcire i risparmiatori vittime di disastri finanziari.
Delineata la procedura e la ratio dell'intera disciplina, può prima facie
scorgersene un grossolano aspetto di iniquità ed illegittimità costituzionale nel
fatto che essa addebita il pesantissimo compito di risarcire gli investitori lesi dai
crack finanziari a dei soggetti che con quei fenomeni non hanno alcuna relazione
ed il cui comportamento non è in alcun modo causalmente connesso ai danni il
cui ristoro è lo scopo ultimo e precipuo dell'intera procedura : ne risultano violati
infatti sia l'art. 47 della Costituzione, che introduce nella Carta il principio di
tutela del risparmio, sia l'art. 3 per violazione del principio di eguaglianza tra gli
investitori (posto che una categoria – i titolari di depositi bancari e gli altri
soggetti indicati dalla legge - viene sic et simpliciter sacrificata ad un'altra – gli
investitori vittime di frodi finanziarie - avente pari e non superiore dignità
costituzionale e diritto ad essere tutelata)5.
2. Vi sono alcuni aspetti della normativa che meritano di essere considerati
sotto una luce critica, ad iniziare dal concetto di «libera disponibilità» delle
somme, già di per sè abbastanza vago: in esso risiede almeno una delle principali
difficoltà applicative poste dalla disciplina di cui si tratta, che rende necessaria
una corretta individuazione del momento a partire dal quale comincia a
decorrere il periodo di tempo di dieci anni alla cui scadenza è connessa la caduta
in prescrizione del diritto del titolare del deposito a chiedere la restituzione delle
somme dalla banca o da altro intermediario presso il quale queste sono
depositate6.
Al fine di stabilire quando si collochi tale momento occorre infatti anzitutto
una precisa delimitazione degli atti che possano considerarsi interruttivi della
prescrizione stessa, che alla stregua del dettato legislativo possono consistere in
qualunque movimentazione od in altra operazione «ad iniziativa del titolare del
5
La plausibilità ed auspicabilità di un deciso intervento della Consulta sul tema si trova
anche in MARANO, Prescrizione e "dormienza" delle polizze assicurative, in Responsabilità civi. e prev., n. 12
dicembre 2009, secondo il quale, appunto, non è da escludere «che le disposizioni sul fondo
anzidetto formeranno oggetto di accertamento della loro conformità a principi come la tutela del
risparmio sancito dall'art. 47 Cost. e l'eguaglianza tra gli investitori ai sensi dell'art. 3 Cost.».
6
La problematicità della questione è testimoniata anche dai numerosi studi dottrinali, tra i
quali si segnala ancora P. MARANO, op. cit., nonchè ex multis, nella più recente giurisprudenza, Trib.
Reggio Emilia, sez. I, sentenza del 1 ottobre 2008 (ma vedi infra, par. 3, per maggior dovizia di
riferimenti dottrinali e giurisprudenziali) che ha ritenuto decorrente la prescrizione a partire dalla
data del rifiuto dell'Istituto di credito di restituire le somme a fronte della semplice richiesta del
creditore. Occorre comunque quanto mento tenere presente che questa pronuncia riguarda una
fattispecie di presunta prescrizione venutasi a formare anteriormente all'introduzione della
disciplina oggetto del presente studio, in cui pertanto v'era maggiore incertezza nell'identificazione
del dies a quo, che l'Istituto soccombente aveva ingiustamente individuato nel giorno di svincolo di
un deposito intestato a soggetto in seguito deceduto, senza però considerare che l'erede di questi
aveva ignorato l'esistenza del rapporto del dante causa con la banca convenuta fino al casuale
ritrovamento del libretto che a detto rapporto si riferiva, avvenuto in data successiva ai dieci anni
dallo svincolo.
rapporto o di terzi da lui delegati»: siffatti movimenti denotano infatti la volontà
del titolare di usufruire del rapporto bancario di deposito e custodia7.
Proprio su questo punto sorgono serie perplessità sulla legittimità
costituzionale della formulazione del dettato regolamentare, limitatamente
all'inciso - contenuto all'art. 1, lett. b e relativo alla definizione dei «rapporti
dormienti» - «...escluso l'intermediario non specificatamente delegato in forma
scritta...», che esclude l'intermediario presso il quale le somme o il valore
finanziario dormienti sono depositati dal novero dei soggetti il cui
comportamento attivo, consistente in qualunque movimentazione od operazione
sul conto, abbia efficacia interruttiva del termine prescrizionale, salvo l'ipotesi in
cui l'atto sia compiuto dal medesimo in forza di specifica delega conferita dal
titolare del rapporto in forma scritta.
Tale esclusione appare gravemente ed ingiustamente discriminatoria,
concretizzandosi in un trattamento legislativo che favorisce unicamente l'istituto
depositario nella procedura finalizzata all'espropriazione e devoluzione del
credito, privando di efficacia interruttiva tutte quelle movimentazioni in uscita
che almeno trimestralmente vengono effettuate sul rapporto a titolo di spese
gestorie o di corrispettivo per servizi accessori al rapporto bancario (ad es., spese
di bollo e/o di tenuta del conto corrente, spese di manutenzione di fidi, storno di
interessi passivi sullo scoperto di conto corrente...).
Inoltre tali operazioni sono registrate in senso tecnico come
movimentazioni in uscita negli estratti conto periodicamente aggiornati e
comunicati dalla banca, mentre la norma che qui si censura le esclude dal proprio
ambito applicativo rendendo estremamente difficile l'ipotesi che un atto
interruttivo possa essere compiuto dall'intermediario, richiedendosi a tal fine tra
l'altro, come detto, una specifica delega in forma scritta da parte del titolare.
3. Tornando al tema della decorrenza della prescrizione, la disposizione in
esame, come prima accennato, riallaccia il momento a quo per il computo dei
dieci anni di prescrizione alla «data di libera disponibilità delle somme o degli
7
Tra gli atti idonei ad interrompere la dormienza vanno annoverati: «un versamento, un
prelievo una disposizione di pagamento, la richiesta del rilascio di un carnet di assegni, di copia di
documentazione bancaria, la comunicazione di variazione della residenza, ed operazioni similari
attestanti in qualche modo per così dire l'interesse attivo del titolare del rapporto bancario allo
stesso». Così, GHIA, PICCININNI, SEVERINI, Gli organi del fallimento e la liquidazione dell'attivo, ed. W. K.
Italia, 2010, pag. 309, ove si aggiunge che per «movimentazione» si intende finanche la
comunicazione espressa alla banca di voler proseguire nel rapporto.
strumenti finanziari», scelta che potrebbe esser vista come un corollario del
principio di cui all'art. 2935 c.c., in base al quale la prescrizione comincia a
decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, in quanto identifica
nel concetto di libera disponibilità delle somme, appunto, il giorno a partire dal
quale il diritto di restituzione può essere esercitato.
Il problema di siffatta identificazione del termine iniziale appare però, in
primo luogo ed ad una più attenta analisi, in profondo contrasto con la risalente
corrente dottrinale8, avallata da unanime giurisprudenza di leggitimità9,
affermatasi in ordine al citato art. 2935 del Codice Civile, che ravvisa il momento
realizzativo della possibilità di esercizio del diritto nel giorno del rifiuto della
banca a restituire o nella data della richiesta di restituzione delle somme da parte
del depositante10.
E' evidente che tale modalità applicativa risponde assai meglio alle esigenze
primarie di tutela dei soggetti più deboli del rapporto contrattuale, consentendo
ad essi di usufruire di un termine di prescrizione basato sulla ragionevole
8
V. ex multis, FERRI., Deposito bancario in conto corrente e prescrizione del diritto alla
restituzione, in Riv. Dir. Comm., 1963, II, pag. 378; ID., Postilla, in Banca Borsa e titoli di credito, 1964, I,
pag. 557; ma v. anche, per citarne alcuni di una lunga lista, DISTASO, TONDO, CIUCCHINI, GEBBIA
ed altri. Tuttavia non mancavano voci contrarie, quali, per citarne alcune, COPPA ZUCCARI, Il
deposito irregolare, Modena, 1901, pag. 326 e ss.; FAVARA, Sulla decorrenza della prescrizione nei depositi
bancari, in Bollettino della Cassa di Risparmio V.E. Per le Province Siciliane, 1959, pag. 279.
9
Vedansi, sotto il vigore del vecchio Codice Civile, Cass., sent. 30 giu. 1938, n. 2211, in
Banca Borsa, 1938, II, pag. 196; Cass., sent. 27 giu. 1940, n. 2122 in Rep. Foro it., 1940, voce Deposito, n.
10; Cass., sent. 20 mag. 1942, in Banca Borsa, 1942, II, pag. 87. In relazione al vigente Codice Civile
questo filone giurisprudenziale ha trovato almeno un importante epigono di merito nella sentenza
del Tribunale di Napoli del 5.2.1959, ibidem, 1959, II, pag. 235.
10
Questo orientamento è stato poi ribaltato dalla sentenza n. 689 del 1963 della Suprema
Corte, in Banca Borsa, 1963, II, pag. 12, con nota adesiva di FAVARA, Sulla decorrenza della prescrizione
nei depositi bancari in conto corrente, che ha statuito che la decorrenza del termine prescrizionale non va
fissata a far data dalla richiesta o dal suo diniego, bensì dal giorno in cui il depositante poteva
chiedere la restituzione del deposito, ovvero dalla data stessa di costituzione del rapporto o dell'
ultima operazione compiuta se il rapporto si sia svolto attraverso accreditamenti e prelevamenti.
Tale indirizzo – che poi è quello effettivamente confluito, nella sostanza, nel dettato normativo
attuale - è stato poi confortato anche in seguito dalla S. C. con la sentenza 535 del 24 gennaio 1979,
in Banca Borsa, 1981, II, pag. 11 e quindi con la pronuncia n. 4389 del 3 maggio 1999, in Foro it.,
2000, I, pag. 3306 (criticata in nota da TORRESI, Sulla prescrizione del diritto alla restituzione di somme in
deposito bancario a risparmio). L'indirizzo, indubbiamente più rigido nei confronti dei risparmiatori, ha
trovato ampia adesione anche in dottrina: v., a tal proposito, ex multis, BUONOCORE, Rassegna di
Giurisprudenza Bancaria 1962 (3°)-1963 (1°), in Rassegna Economica, 1964, pag. 205, DE GIORGI, Sul
momento iniziale della prescrizione nel deposito regolare senza termine, in Riv. Dir. Civ., 1970, II, pag. 255.
presunzione che, quanto meno, l'esistenza del rapporto, del credito e del relativo
diritto, siano conosciute dal legittimato attivo – il quale in caso contrario,
logicamente, non potrebbe fare richiesta delle somme depositate - solo così
giustificandosi pertanto la valutazione della eventuale inerzia di questi, successiva
alla richiesta, alla stregua di un comportamento denotante una volontà estintiva
del rapporto o quanto meno il sopraggiunto disinteresse al suo prosieguo,
laddove invece appare persino assurdo far decorrere quel termine a partire da
una data in cui non sia possibile ritenere con certezza la circostanza che il
depositante sia o meno consapevole dell'esistenza del deposito di somme ad egli
intestate presso la banca od altro intermediario.
Queste considerazioni non sono qui articolate in astratto, bensì con
riferimento a tutti quei casi concreti11 in cui il titolare delle somme depositate si è
visto rifiutare dalla banca liquidità delle quali egli stesso aveva fino a quel giorno
ignorato di essere il proprietario; nonchè a quelle ipotesi particolari in cui
l'intestatario delle somme versi in stato di incapacità legale a causa di patologie
che escludano la possibilità di una oculata gestione della sua sfera patrimoniale ed
il termine di prescrizione sia decorso nelle more della procedura di nomina del
suo rappresentante legale oppure, ancora, nell'inerzia di quest'ultimo (non
addebitabile all'incapace) o per suo decesso seguito o meno da ulteriori
procedure finalizzate a colmare la lacuna relativa alla rappresentanza necessaria
dell'interessato.
Sotto tale profilo dunque non stupirebbe se venisse sollevata una questione
di costituzionalità della norma in discorso nella parte in cui riserva un
trattamento discriminatorio ai soggetti legalmente incapaci, omettendo di
prevedere che per costoro il termine di prescrizione deccorra solo a partire dal
giorno in cui il legale rappresentante, venuto a conoscenza del rapporto bancario
rientrante nella tutela, curatela od amministrazione di sostegno, abbia chiesto in
restituzione somme ad esso afferenti12 oppure dal giorno del rifiuto opposto
11
V., ancora, Trib. Reggio Emilia, sent. 1 ottobre 2008 cit. supra, in nota.
In altri termini, la «virtuale» incostituzionalità della previsione legislativa e di quella
regolamentare si ravvisa qui nella parte in cui esse non prevedono che, nel caso di incolpevole
mancata conoscenza dell'esistenza del diritto alla restituzione di somme depositate presso un
intermediario, il relativo termine di prescrizione per esercitarlo non decorra semplicemente dalla
data di libera disponibilità delle somme, bensì dal giorno, successivo, in cui il titolare, essendo
venuto a conoscenza del rapporto, lo abbia di fatto esercitato (oppure dal giorno del relativo rifiuto
di restituzione opposto dall'intermediario), atteso che nei casi che si sono citati non può
legittimamente fissarsi una presunzione di conoscenza del diritto ancorandola all'aleatorio concetto
di libera disponibilità, che viene ingiustamente fatto coincidere di solito con la data di accensione
12
dall'intermediario relativamente a detta richiesta.
A conferma di ciò, si consideri la recentissima pronuncia della Consulta in
materia di decorrenza del termine di prescrizione ex art. 2935 c.c., ed in
particolare del diritto a chiedere la restituzione di somme indebitamente
corrisposte a titolo di interessi anatocistici (sent. Corte Cost. n. 78 del 5 aprile
2012), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 co. 61 del d.l. n.
225 del 2010: si trattava di una norma di interpretazione autentica della
disposizione civilistica citata e diretta ad adattarla alle operazioni in conto
corrente, in base alla quale «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto
corrente l'art. 2935 c.c. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti
nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione
stessa».
Tale interpretazione è stata eliminata dalla Consulta in quanto confliggente
con il canone di ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), poichè illogicamente
anticipava – tra l'altro esprimendosi in via interpretativa su di una questione su
cui non sussisteva nè una speciale difficoltà ermeneutica oggettiva nè si era
palesato alcun contrasto giurisprudenziale – la decorrenza del periodo temporale
entro cui il correntista poteva richiedere la restituzione delle somme
indebitamente corrisposte alla banca, rispetto alla data che giurisprudenza
ampiamente maggioritaria della Cassazione13 aveva ormai individuato nella
chiusura del rapporto di conto corrente, o nel momento in cui fosse
effettivamente avvenuto un indebito pagamento di carattere solutorio.
Per citare le nitide parole della Consulta, «ancorare con norma retroattiva la
decorrenza del termine di prescrizione all'annotazione in conto significa
individuarla in un momento diverso da quello in cui il diritto può essere fatto
valere, secondo la previsione dell' art. 2935 c.c.»: è innegabile l'analogia di questo
caso con la disposizione che àncora il termine di prescrizione del diritto alla
restituzione delle somme depositate presso l'intermediario alla data di «libera
disponibilità» delle stesse (da cui scaturisce poi, decorsi i dieci anni e salvo
l'eventuale esito positivo della fase di interpello, la nozione di «dormienza»).
Anche tale ultima regola, infatti, ricollega la decorrenza del termine ad un
momento diverso ed anteriore rispetto a quello in cui il diritto può
effettivamente essere fatto valere e che, tanto più nel caso di non-conoscenza o
del rapporto stesso.
13
Cfr. Cass. Sez I, sent. 14 maggio 2005 n. 10127, ancora sulla linea di Cass. Sez. I, sent.
9 aprile 1984 n. 2262.
addirittura di inconoscibilità del rapporto, non può certo ravvisarsi nella data di
instaurazione dello stesso, che agli intermediari evidentemente converrebbe
affermare come dies a quo...
Inoltre, la circostanza che nel caso di specie la tecnica legislativa adottata
possa concretare un'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della
giustizia al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia è quanto
meno plausibile, come è accaduto nella fattispecie analoga citata: infatti a questo
proposito un ulteriore motivo di illiceità è emerso in riferimento all'art. 117 della
costituzione nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli
derivanti dagli obblighi internazionali.
Come dichiarato dalla Corte, atteso che tale parametro costituzionale è per
giurisprudenza costante della Consulta (a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del
2007) integrato dalle norme della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nel
significato loro attribuito dalla CEDU, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione
e applicazione (ex multis, sentenze CEDU n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del
2010), esso dovrebbe ritenersi violato da una disposizione interna di uno Stato
membro che regolamenti con portata retroattiva diritti previsti da leggi in vigore,
ove siffatto intervento entri in conflitto con il principio della preminenza del
diritto e dell'equo processo, sanciti dall'art. 6 della Convenzione Europea dei
diritti umani.
Difatti i menzionati principi ostano all'ingerenza del potere legislativo
nell'amministrazione della giustizia al detto scopo di influenzare l'esito di una
controversia, salvo che ciò non sia dettato da imperative ragioni di interesse generale 14.
Orbene, anche nel caso dei conti dormienti non è proprio dato ravvisare
quali siano tali imperative ragioni di interesse generale che giustifichino la portata
retroattiva della disposizione censurata persino nelle ipotesi di inconoscibilità del
rapporto qualificato come dormiente, derivandone la palese illegittimità per
conflitto con l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6 della Convenzione
Europea come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, dato che
siffatta retroattività incide in modo deteriore sulla possibilità degli aventi diritto
alla restituzione delle somme depositate di tutelare le proprie ragioni in sede
giudiziaria, in ragione dell'ostacolo determinato dalla prematura prescrizione del
14
La Consulta a tal proposito cita ampia giurisprudenza comunitaria della Cedu, ex
plurimis: Corte europea, sentenza sezione seconda, 7 giugno 2011, Agrati ed altri
contro Italia; sezione seconda, 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; sezione
quinta, 11 febbraio 2010, Javaugue contro Francia; sezione seconda, 10 giugno
2008, Bortesi e altri contro Italia.
proprio credito15.
4. Incongruità relative al momento tecnico di attuazione della disciplina.
Preme peraltro, in questa sede, evidenziare anche altri aspetti del
regolamento attuativo che, se si dimostrassero fondati, metterebbero in
discussione la legittimità stessa non solo della disciplina di cui si discetta ma
financhè della prassi bancaria che considera prescrivibili tout court i crediti
nascenti dalla disponibilità di somme depositate presso banche od altri
intermediari creditizi o finanziari.
Una incongruità della disciplina può già scorgersi nella disposizione di cui
all'art. 5 c. 2, la quale demandava ad una fonte di pari rango – mediante le parole
"con uno o più regolamenti, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto" - l'emanazione della disciplina tecnica per la concreta attivazione del fondo.
Tale disposizione, che non a caso è stata definita singolarissima16, non ha poi
trovato esecuzione, in quanto il Consiglio di Stato con due pareri del febbraio ed
ottobre 2008 si è espresso negativamente sulle bozze del regolamento che
avrebbe dovuto dettare la disciplina tecnica per l'implementazione del fondo, che
pertanto non è poi avvenuta.
Tra l'altro, l'art. 5 del regolamento di cui al D.p.r. n. 116/2007 è stato poi
completamente abrogato dal d. l. 9 ottobre 2008, n. 155 - convertito, con
modificazioni, in legge 4 dicembre 2008, n. 190, recante Misure urgenti per garantire
la stabilita' del sistema creditizio e la continuita' nell'erogazione del credito alle imprese e ai
consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali - il cui art.
4, nell'apportare una serie di modificazioni all'art. 1 della finanziaria 2006, vi ha
aggiunto, tra gli altri, il comma 345-quinquiesdecies, disponente appunto
l'abrogazione della norma in discorso, ed il comma 345-quaterdecies, con cui ha
previsto che la disciplina tecnica per l'effettiva attivazione del fondo di cui al comma 343 e'
stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze,
rimuovendo dunque la delega a fonte di pari rango contenuta nella disposizione
regolamentare abrogata.
Il decreto di natura non regolamentare che avrebbe dovuto introdurre la
15
16
In seguito alla ingiustificatamente precoce qualificazione del proprio rapporto
come "dormiente".
Cfr. ALBERTO GIULIO CIANCI, La devoluzione allo Stato dei beni relativi ai
rapporti bancari dormienti e la destinazione al fondo per la tutela dei
risparmiatori in Banca Borsa e titoli di credito, n. 5 settembre e ottobre 2010.
disciplina tecnica però non è stato poi emanato e sul punto si è pertanto creato
un vera e propria lacuna normativa.
Questa circostanza, ovvero il mancato perfezionamento di un requisito
fondamentale di operatività –
l'effettiva attivazione del fondo - della
disposizione finanziaria istitutiva del fondo medesimo ( e come potrebbe
ritenersi applicabile una disposizione che istituisce un fondo di garanzia se poi
quest'ultimo non viene nè può venire attivato?), da sola sarebbe sufficiente a
ritenere di fatto priva di effetti giuridici ed inoperante la stessa devoluzione dei
rapporti definiti dormienti al ridetto "fantomatico" fondo previsto dalla l. n.
266/2005.
Inoltre, la natura e finalità specifica di sostegno alle vittime di frodi
finanziarie, che ab origine era stata impressa al fondo, è stata per così dire
snaturata negli anni da ulteriori provvedimenti legislativi: basti citare l'art. 61,
comma 27, d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito in l. 6 agosto 2008 n. 133, il
quale ha novellato la finanziaria 2006 destinando, tramite il nuovo comma 345bis, quota parte del fondo al finanziamento della carta acquisti (prevista dall'art. 81,
comma 32, del citato decreto legge) finalizzata all'acquisto di beni e servizi a favore dei
cittadini residenti che versano in condizione di maggior disagio economico.
E' stata così assegnata al fondo una funzione più ampia di quella originaria e
non limitata al ripristino degli squilibri del mercato finanziario.
Su questa linea, la legge 9 aprile 2009, n. 33, di conversione del d.l. 10
febbraio 2009, n. 5 (art. 8-octies, commi 2 e 3), ha tra l'altro reintegrato il fondo
prevedendo un incremento di dotazione supplementare derivante anche da
risorse diverse dai conti dormienti, divenuti così solo una delle multiple risorse
finalizzate ad alimentarlo.
La moltiplicazione delle finalità del fondo ha fatto dunque venir meno
anche quell'omogeneità - tra le risorse impiegate per la sua dotazione (entrate) e
le esigenze risarcitorie che esso era destinato a soddisfare (uscite) – che nel
progetto del Legislatore si collocava indubbiamente tra le principali ragioni
giustificative della normativa sui cosiddetti rapporti dormienti.
Venendo, invece, alla sfaccettatura forse più importante della normativa in
questione, che concerne il perfezionamento della procedura di comunicazione al
titolare del rapporto della qualificazione di dormienza, propedeutico alla
eventuale ablazione dei relativi valori ed alla loro devoluzione al fondo
ministeriale di cui sopra (art. 3 D.p.r. n. 116/2007, "Obblighi dell'intermediario"), è
opportuno ricordare che il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con una
serie di circolari e comunicazioni integrative, ha cercato di fornire istruzioni
tecnicamente più dettagliate ed analitiche di quelle del Regolamento attuativo, al
fine di meglio disciplinare l'assolvimento degli obblighi informativi posti a carico
degli intermediari nei confronti dei risparmiatori, ma anche per cercare - con esiti
inevitabilmente non esaustivi attesa la frammentarietà della tecnica normativa
adottata – di colmare le lacune presenti nella disciplina generale in ordine alle
concrete modalità di pubblicazione delle liste di depositi dormienti e di
devoluzione di questi.
Con Circolare 11 marzo 2009 (Prot. 19697) veniva deliberato un ulteriore
incremento di dotazione del Fondo, includendo nelle risorse in entrata, oltre ai
cosiddetti rapporti dormienti, "anche gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il
terrnine di prescrizione, gli importi delle polizze assicurative prescritte e gli importi dovuti ai
beneficiari di buoni postali fruttiferi, emessi dopo il 14 aprile 2001 e non reclamati entro il
terrnine di prescrizione del relativo diritto.".; quindi il Ministero dettava alcune
istruzioni relativamente agli incombenti pubblicitari in capo agli intermediari, al
fine implementare l'applicazione delle norme regolamentari ed integrare le
misure già dettate in sede di prima applicazione con la Circolare 8 agosto 2008.
Evidentemente il principale motivo ispiratore del provvedimento non era la
tutela del risparmio nè il riguardo dell'interesse dei risparmiatori ad una
informativa più attenta riguardo al rischio espropriativo incombente sui loro
depositi: al contrario veniva ritenuta sufficiente, ai fini dell'espletamento
dell'obbligo di pubblicazione degli avvisi cumulativi contenenti l'elenco dei
rapporti dormienti (art. 4, c. 2 del regolamento), la pubblicazione su almeno un
quotidiano a diffusione nazionale di un avviso che informi dell'avvenuta comunicazione a1
MEF dell'elenco dei rapporti dormienti e la pubblicazione del medesimo elenco sul sito
web del MEF.
Dunque, ove il titolare non sia stato messo a conoscenza dell'avvio della
procedura - perchè, ad esempio, la racc. a.r. contenente l'invito ad impartire
disposizioni di cui all'art. 3 del Reg. era stata erroneamente inviata ad altro
indirizzo – l'unica speranza che gli resta di sapere che il suo deposito è stato
inserito nella "black list" ministeriale, e quindi di tutelare le proprie ragioni, è
"affidata" alla stampa e ad internet.
La regolamentazione ministeriale di dettaglio ha però raggiunto il colmo
prevedendo che le spese di pubblicazione degli elenchi dei rapporti dormienti sui
quotidiani a diffusione nazionale vengano stornate dai rapporti stessi e che,
qualora dette spese risultino pari o superiori all'importo dei conti da trasferire,
non si debba far luogo alla pubblicazione...17.
17
Circolare 25 ottobre 2011, Prot. 83689 del Ministero dell'Economia e delle
Finanze. L'aspetto più ironico è che si riconosce ivi la funzionalità della
Nulla è stato peraltro aggiunto a questo sconfortante panorama normativo
dalle ulteriori istruzioni integrative in tema di pubblicazione dell'elenco dei
depositi dormienti, dettate con le Circolari del 3 novembre 2010 e 3 marzo 2011,
fino all'ultima, emanata il 2 marzo 201218.
Unico ed importante segnale positivo proveniente dall'attività
regolamentare del MEF ed in relazione all'istituzione della disciplina dei depositi
quiescenti è la Circolare-provvedimento del 3 nov. 2010, con cui è stato
finalmente riconosciuto il diritto del e/o degli interessati a domandare alla
CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) il rimborso delle somme
che costituivano il rapporto, anche se la disciplina di dettaglio riguardante le
modalità per l'ottenimento delle somme non ha mancato di destare polemiche,
sia a causa della notevole mole di documenti, spesso non agevolmente
procurabili, richiesta dal Ministero al fine di perfezionare la procedura di
ripetizione, sia, soprattutto, a causa del diniego di numerosissime richieste di
rimborso connesso all'introduzione di termini prescrizionali particolarmente
brevi per alcune categorie di crediti ( ad es. appena due anni – dalla devoluzione per la restituzione di importi giacenti sulle cosiddette polizze assicurative
"dormienti"19).
Di questa Circolare si dirà più approfonditamente nell'ultimo paragrafo.
5. Irragionevolezza della disciplina in relazione alla diversa consistenza dei patrimoni
devoluti ed al conseguente variabile grado di interesse al loro mantenimento, nonchè alla specifica
natura del rapporto estinto per dormienza.
18
19
pubblicazione alla "tutela dell'interesse alla corretta informazione del titolare del
rapporto", mentre si giustifica l'opposta misura della non pubblicazione
affernando che la depauperazione del rapporto conseguente ai relativi costi
pregiudicherebbe l'ulteriore interesse alla restituzione delle somme. In sostanza il
Ministero ci dice che una serie di depositi dormienti non sarà pubblicata al fine di
tutelare l'interesse del titolare alla restituzione delle somme (sic!).
Limitatesi ad esaminare gli aspetti di sicurezza informatica inerenti all'invio al
MEF degli elenchi mediante PEC.
Per un resoconto accurato di alcuni dei numerosi casi di diniego, vedi, anche,
PUATO ALESSANDRA, Polizze dormienti, la protesta si risveglia, articolo
pubblicato sul Corriere della Sera del 27 giugno 2011, pag. 28, nonchè, dello
stesso autore, Polizze dormienti, la scadenza dei due anni e i rimborsi mancati,
pubblicato sul Corriere della Sera del 10 luglio 2009, pag. 31.
Aldilà delle considerazioni che precedono e che comunque rivestono
essenziale importanza nel contesto di un urgente vaglio di legittimità, anche e
soprattutto costituzionale, della disciplina in esame, si ritiene qui opportuno
mettere in luce un altro profilo di singolare iniquità della stessa ed attinente ai
devastanti effetti che la sua applicazione sta ingiustamente producendo ai danni
dei consumatori: tale profilo concerne la irrazionalità della scelta legislativa di
espropriare le somme senza tenere in debita considerazione l'esistenza di un
oggettivo interesse al mantenimento del rapporto bancario (o finanziario od
assicurativo) laddove in detto rapporto confluiscano cospicue entità patrimoniali.
In altre parole non appare conforme al principio costituzionale di
eguaglianza (art. 3, Costituzione della Repubblica) l'applicazione della medesima
regola a rapporti completamente diversi20 e che quindi si consenta di devolvere al
fondo per le vittime di frodi finanziarie, a seguito del semplice mancato riscontro
della comunicazione ex art. 3 del Regolamento di cui al D.p.r. n. 116/2007, un
ingente patrimonio come un mero residuo di un conto da tempo inattivo,
deducendo la carenza di interesse al mantenimeno del rapporto da una
circostanza di per sè non particolarmente significativa (sotto tale aspetto appare
censurabile la previsione di un'unica procedura di interpello come idonea a
fondare, in tutti i casi, una presunzione di disinteresse da cui scaturisce la
devoluzione delle utilità al fondo...), laddove in presenza di somme o valori
finanziari consistenti è innegabile in re ipsa una oggettiva e naturale aspirazione
del proprietario al suo prosieguo.
Tale aspirazione, poi, non si può certo ritenere superabile - neppure con la
dubbia fictio juris su cui il precetto in discussione si fonda - dalla banale
constatazione di una mancata risposta all'interpello: se può esservi una
presunzione definibile "ragionevole" in tutto ciò, in altre parole, non è certo
quella di carenza di interesse, ma il suo esatto contrario21...
20
21
Così, ancora, CIANCI, cit.
Su questo è incisivo CIANCI, cit., il quale nota che "la valutazione legale tipica
non possa dare luogo ad effetti contrastanti con la presumibile volontà
dell'interessato." ed, ancora, che sulla base di una finzione, può essere dedotta una
posizione di carenza di interesse al rapporto con l'intermediario (...)
esclusivamente per le ipotesi in cui l'entità del rapporto sia tale da indurre la
ragionevole certezza o, eventualmente, anche il dubbio sull'effettivo disinteresse
del beneficiario; al contrario, in tutti gli altri casi, in cui debba invece presumersi
la volontà di conservare i propri diritti, la finzione non potrà dare luogo ad un
risultato in patente contrasto con la naturale aspirazione del titolare del rapporto.
Si aggiunga a ciò una breve annotazione riguardo alla particolare natura del
diritto di credito avente ad oggetto la restituzione di somme depositate presso un
intermediario, in quanto rapporto la cui gestione comporta di per sè un onere
economico per il depositante, il quale sostiene delle spese per la sua tenuta,
automaticamente stornate dall'intermediario con cadenza periodica dal valore
complessivamente depositato.
Sarebbe pienamente legittima, ad esempio, l'intenzione del titolare del
rapporto di proseguire il medesimo senza nessun motivo particolare e solo per
conservare il proprio patrimonio con modalità che garantiscono maggior
sicurezza da eventi fortuiti o da furti rispetto al detenimento di quei beni presso
il proprio domicilio. Quella che viene considerata e sanzionata come "inerzia"
tramite la sottrazione e devoluzione delle liquidità giacenti sul conto devoluto al
Fondo, in altre parole, rappresenta in realtà la naturale modalità di svolgimento del
rapporto, in quanto il depositante confida proprio sul meccanismo di protezione assicurato dalla
custodia presso la banca22.
Alla luce di ciò appare tanto più inspiegabile che si attribuisca all'esercizio
del diritto di non disporre delle somme o valori conservati presso l'intermediario
– diritto "passivo" rientrante nei poteri del proprietario – addirittura il valore
legale di presunzione di disinteresse a godere di tali utilità, proprio allorchè esse
superino il valore-soglia di € 100,00, mentre in caso di valore inferiore, ovvero
l'unico in cui si possa validamente postulare un oggettivo disinteresse gestorio, si
prevede l'inoperatività di tale presunzione e dell'intero regolamento (art. 2,
comma 2).
6. Le polizze linked e il problema dell'indennizzo dei relativi titolari.
Una situazione del tutto particolare viene a crearsi con riguardo alle
cosiddette polizze linked, participio passato del verbo inglese "to link", che
significa "collegare", "agganciare", per via della peculiare natura giuridica di
codesta fattispecie.
Si tratta di contratti che formalmente si presentano come polizze
assicurative ma i cui effetti giuridici e la cui struttura diverge significativamente
da ognuna delle posibili fattispecie sussumibili sotto la disciplina dettata per i
contratti di assicurazione dagli artt.
Del Codice Civile.
In effetti il nomen iuris delle polizze linked non deve trarre in inganno
22
Cfr. Commentario al Codice Civile, dei singoli contratti, a cura di D.
VALENTINO, Utet Giuridica, 2011, pag. 356.
poichè, nonostante esse siano nominalmente classificate come assicurazioni sulla
vita, l'entità del capitale di cui si conviene il versamento in favore del titolare è
indicizzata non al verificarsi di un evento o di una condizione bensì
all'andamento del titolo o alla capienza del fondo a cui la polizza è agganciata.
Il valore della prestazione gravante su quello che imprompriamente
chiamiamo "assicuratore", ma che in realtà è una società emittente di titoli o di
fondi di investimento, è pertanto variabile a seconda delle fluttuazioni tipiche del
mercato finanziario.
Nell'ordinamento italiano si è constatata la diffusione essenzialmente di due
tipi di polizze di questo tipo, ovvero le "index linked", che sono associate a
prodotti finanziari ed in particolare ad un indice azionario o ad un paniere di
indici azionari; e le "unit linked", in cui la prestazione dell'assicuratore varia a
seconda del rendimento di un fondo di investimento dal medesimo costituito
oppure gestito da altre società.
Sono gli assicuratori stessi a proporre ai consumatori le polizze di questo
tipo come veri e propri strumenti finanziari - sebbene i relativi contratti vengano
formulati come assicurazioni sulla vita o per il caso di morte – avendo cura di
avvisarli, per prassi attraverso apposite note informative distribuite al pubblico
all'interno dei propri locali, circa i rischi finanziari connessi all'andamento dei
parametri di riferimento cui è ancorata l'entità delle somme percepende,
consistano tali parametri in fluttuazioni di indici finanziari o di fondi di
investimento: può ben accadere infatti che l'ente emittente subisca perdite
importanti o addirittura veda le proprie risorse azzerate nel lasso di tempo
intercorrente tra la stipula del contratto e la data in cui l'acquirente della polizza
avrebbe avuto diritto al rimborso del capitale investito o al pagamento degli
interessi.
In quest'ultima ipotesi l'assicurato si trova nella posizione di investitore
vittima di un default finanziario in quanto subisce la grave perdita economica
rappresentata dalla perdita e, dunque, dal mancato rimborso del capitale investito
per l'accensione della polizza linked.
Infatti, ulteriore spartiacque tra la fattispecie di cui si tratta ed i contratti di
assicurazione tipizzati dalla legge è la modalità di pagamento del premio che
mentre nel secondo caso è dilazionato in una sequenza di prestazioni a cadenza
periodica, nelle polizze a carattere finanziario avviene in un'unica soluzione,
attraverso il versamento di un capitale iniziale rispetto al quale il contraente perde
ogni garanzia di restituzione allorchè, tramite la sottoscrizione della polizza,
accetta ed assume il rischio connesso al deterioramento finanziario del titolo o
del fondo.
L'effettiva assenza di un rischio demografico in capo all'assicuratore (poichè
lo stato di insolvenza dell'emittente del titolo o della società gestrice del fondo
prescinde dall'alea relativa al decesso dell'assicurato, evento dedotto quale
condizione sospensiva della prestazione assicurativa mentre qui si riduce ad una
mera clausola di reversibilità a favore di un'altra persona23); il trasferimento
dell'elemento di rischio dall'assicuratore all'assicurato (attraverso l'ancoraggio
della polizza alle variazioni imprevedibili di entità finanziarie); le modalità di
esecuzione della prestazione descritte, sono le tre principali caratteristiche di tale
genere di polizze che valgono a differenziarle profondamente dal classico
prodotto assicurativo ed a ricondurle tout court nell'alveo dei contratti di
intermediazione finanziaria24.
E' comunque doveroso notare qui che la pluralità di modelli contrattuali a
cui possono corrispondere singole polizze linked – stante il diverso grado di
importanza funzionale che, nella commistione di componenti assicurative ed
23
24
Cfr. LUIGI DESIDERIO, Temi e problemi di diritto delle assicurazioni, Giuffrè,
2010, pagg. 230. L'eventuale prestazione previdenziale dedotta in una polizza
linked assume dunque, sul piano causale, un ruolo talmente marginale da
consentire di affermarne la prevalente natura finanziaria. In altre parole è
riscontrabile nella fattispecie un asservimento della causa assicurativa alla
componente finanziaria che connota la prestazione principalmente prevista a
carico dell'assicuratore. Per questo si è anche parlato, al proposito, di negozio
atipico con causa mista a prevalente carattere finanziario ed effettivamente le
osservazioni fin qui svolte rendono assai difficile se non giuridicamente
inappropriata una sua qualificazione come negozio assicurativo.
Numerose conferme in giurisprudenza, ex multis Trib. Venezia, sentenza del
24.06.2010, in cui si è affermato che "è quanto mai arduo ritenere che la polizza
index linked non appartenga quanto meno ad "ogni altra forma di investimento di
natura finanziaria" (cfr., D. Lgs. n. 58/1998 - "Testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6
febbraio 1996, n. 52" - art. 1, comma 1, lett. u). Dunque il dettato normativo
contemplava già espressamente l'eterogeneità dei prodotti finanziari emessi dalle
compagnie assicurative rispetto al classico contratto con funzione previdenziale,
anche se in seguito a contrasti interpretativi il legislatore è intervenuto a sanare
ogni dubbio aggiungendo alla menzionata norma la lett. w-bis) – con d.lgs. n.
303/2006, art. 3 - la quale definisce specificamente i prodotti finanziari emessi da
imprese di assicurazione", n.d.r.), atteso che il suo contenuto è in massima parte
sganciato da quello di una comune polizza vita, in relazione all'assenza di una
comune causa assicurativa, ed ha natura finanziaria."
elementi squisitamente finanziari nell' assetto negoziale, vi possono assumere i
singoli aspetti - rende doveroso effettuare un'operazione interpretativa caso per
caso, volta ad individuare in questo concorso di caratteri strutturali quale sia
quello prevalente e su tale base inferirne la natura25.
Se appare abbastanza univoco, in giurisprudenza, come in dottrina26,
l'orientamento che attribuisce alle linked policies natura di contratti di
25
26
Così anche R. CAVALLI, Polizze linked: contratti di assicurazione o contratti di
investimento mobiliare? Commento a Trib. Ferrara n. 1020/ 2011, in Diritto
Bancario, Ottobre 2011: in sostanza si tratta di una valutazione comparativa
avente ad oggetto la prevalenza di elementi causali (finanziari od assicurativi), a
cui naturalmente consegue l'assoggettamento ad una disciplina piuttosto che
all'altra.
Non essendo possibile in questa sede offrire se non un quadro generale delle
considerazioni che convergono verso il prevalente carattere finanziario delle
linked policies, per un maggior approfondimento sulla loro natura giuridica si
rinvia a studi specifici, concordi nell'affermare la tesi che qui si avalla (mentre non
si registrano in dottrina – nè in giurisprudenza – significative voci contrarie, a
parte forse G. VOLPE PUTZOLU, Le polizze Unit linked e Index Linked in
Assicurazioni, 2000, fasc. 1, pagg. 233 e ss, in cui però è parso che, più che
affermarsene la natura assicurativa, si cerchi di dimostrare - in modo peraltro poco
convincente e difficilmente defendibile, atteso il ricorso a fragili argomentazioni
connesse a criteri interpretativi meramente letterali e storico-sistematici – che
l'assenza di rischio demografico non è sufficiente ad escluderla) della loro
esclusione dallo spettro di azione del diritto previdenziale: tra tali studi si
segnalano ex plurimis, oltre a DESIDERIO, op. cit., MARCO ROSSETTI, Polizze
"linked" e tutela dell'assicurato in Assicurazioni, 2002, fasc. 2, pagg. 223 e ss., il
quale, con consistenti riferimenti dottrinali, distingue le polizze linked a seconda
che l'assicuratore assuma comunque un rischio demografico – facendole confluire
tout court nei contratti di assicurazione – oppure non assuma alcun rischio
demografico, nel qual caso ne va affermata l'esclusiva natura finanziaria; in questo
indirizzo maggioritario e comunque incline a considerare le polizze linked come
operazioni finanziarie, si innestano anche BRAUNER, La combinazione tra
assicurazione sulla vita e fondo di investimento – Dai contratti “variabili” ai
“prodotti misti” assicurativo – finanziari, in Dir. ed economia assicuraz., 1992, p.
125; FANELLI, Assicurazione sulla vita e intermediazione finanziaria, in Ass.,
1986, I, 201; LONGO, Considerazioni riassuntive sul rapporto tra assicurazione
e intermediazione finanziaria, ivi, 1985, I, p. 499; GAMBINO, Linee di frontiera
tra operazioni di assicurazioni e bancarie e nuove forme tecniche
dell’assicurazione mista sulla vita a premio unico, in Ass., 1993, I, p. 157.
intermediazione finanziaria27, con conseguente assoggettabilità alla disciplina per
tale fattispecie dettata dall'apposita normativa del Testo Unico Finanziario28,
piuttosto controversa appare invece la questione relativa alla legittimazione
soggettiva passiva rispetto all'azione intentata dai consumatori – individualmente
o tramite associazioni rappresentative di categoria – al fine di ottenere il
risarcimento dei danni economici subiti a seguito dell'insolvenza sopravvenuta
degli Enti emittenti o gestori, rispettivamente, dei titoli e dei fondi di
investimento a cui sottostavano le polizze linked.
Il dibattito si focalizza essenzialmente sull'attribuzione della legittimazione
passiva all'intermediario finanziario – compagnia assicurativa od istituto di
credito - in qualità di mandatario della società emittente e di soggetto con cui è
stato stipulato il contratto quadro per il collocamento del titolo; oppure, alla
medesima società che ha emesso il titolo o ha gestito il fondo29.
In questa sede ci si limita a constatare a tal proposito il generale
accoglimento da parte della giurisprudenza del criterio della stipulazione del
contratto di collocamento, in base al quale la legittimazione passiva spetta
appunto all'intermediario finanziario con il quale il consumatore ha concluso tale
negozio giuridico, in quanto responsabile contrattualmente per violazione dei
principi di correttezza, lealtà e buona fede nell'esecuzione del mandato ricevuto
dal cliente30.
27
28
29
30
Ancora sulla natura finanziaria delle polizze vedansi, ex multis, oltre al Trib.
Ven., cit., Trib. Foggia, sent. n. 1625/2011, e Trib. Trani, sent. 11. 03. 2008, che
concordemente richiamano il consolidato principio giurisprudenziale per cui "nel
caso in cui nell'ambito di una polizza sulla vita index linked la prestazione
dell'assicuratore non sia legata ad un evento attinente alla durata della vita
umana, ma al valore di strumenti finanziari assunti quale riferimento, la causa del
contratto deve ritenersi estranea a quella tipica del contratto di assicurazione,
divenendo del tutto irrilevante il "nomen iuris" attribuito al contratto dalle parti,
con la conseguenza che ad esso devono essere applicate le norme relative alla
intermediazione finanziaria.".
D.lgs. n. 58/98 e successive modifiche.
L'assenza di una soluzione chiara ed univoca è stata sottolineata anche da Trib.
Bari, sent. 1. 06. 2009, che invocando il criterio soggettivo della stipulazione del
contratto di collocamento ha dichiarato inammissibili, per difetto di legittimazione
passiva, le domande proposte nei confronti della società emittente.
A parte la sentenza citata in nota precedente del Tribunale di Bari, che in
conclusione ha ritenuto legittimato passivo per la domanda di rimborso
l'intermediario finanziario, si veda anche la vasta giurisprudenza di merito che ha
Detto della natura finanziaria della fattispecie in esame e della
legittimazione passiva all'azione risarcitoria, può in conclusione affermarsi che
l'irrilevanza sostanziale del nomen iuris "contratto di assicurazione" e dunque la
sottrazione delle linked policies alla relativa disciplina, ingenerano la logica
deduzione per cui la normativa sui depositi dormienti è incompatibile con la
natura delle ridette polizze.
Contestualmente, l'analisi compiuta consente di ritenere ed affermare la
sussistenza del diritto del consumatore, rimasto vittima di default societari in
seguito all'acquisto di prodotti solo nominalmente assicurativi, ad usufruire del
fondo per le vittime di frodi finanziarie di cui alla L. Fin. 2006.
7. Diritto all'indennizzo dei risparmiatori espropriati del deposito "dormiente".
Conclusioni.
Per concludere ed in sintesi, la disciplina esaminata sacrifica in modo
irragionevole l'interesse pubblico alla tutela del risparmio all'interesse, di pari
rango, a che gli investitori danneggiati dagli squilibri del mercato finanziario
ricevano un adeguato trattamento indennitario per la perdita economica subita.
Tale scopo è realizzato infatti istituendo una presunzione di disinteresse al
mantenimento del rapporto con l'intermediario derivante dalla quiescenza del
medesimo per un determinato periodo di tempo, a cui consegue, tramite la
procedura descritta, l'ablazione delle somme o dei valori finanziari di cui il
rapporto consta, in favore di un fondo ministeriale per il risarcimento delle
vittime di dissesti finanziari.
Il problema cruciale risiede, come si è visto, nel fatto che la tecnica
legislativa adottata, introducendo il concetto di libera disponibilità delle somme
per farvi coincidere il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di prescrizione
del diritto alla ripetizione di dette somme, ha concretizzato una
ritenuto ammissibili ed accolto le domande articolate nei confronti di tale
soggetto: ex multis, il già citato Trib. Venezia, sent. 24. 06. 2010, che nell'invocare
il parametro di buona fede nell'esecuzione del mandato ricevuto dal cliente e
relativo all'impiego del suo intero patrimonio per l'acquisto dei titoli divenuti
incapienti, ha condannato la banca convenuta per non essersi astenuta dall'eseguire
l'operazione di investimento ed aver omesso di fornire al cliente un'informativa
adeguata riguardo al rischio intrinseco all'operazione; la nitidissima sentenza del
Trib. Foggia, cit.; ed, ancora, Trib. Cagliari, sent. 3233/2010, e Trib. Trani, sent. n.
39/2011.
regolamentazione settoriale della disciplina generale della prescrizione di cui
all'art. 2935 c.c. che prevede, come termine iniziale del periodo prescrizionale,
una data diversa (da) ed anteriore a quella in cui il diritto può essere fatto valere,
risultandone una previsione ingiustificata, irrazionale e sperequativa per tutte
quelle fattispecie in cui la dormienza non sia determinata da una carenza di
interesse economico bensì dalla mancata conoscenza del rapporto di deposito,
circostanza sufficiente ad escludere il realizzarsi della condizione di cui alla
norma civilistica (possibilità di esercizio del diritto) affinchè il periodo di
prescrizione inizi a decorrere.
Inoltre, per quanto detto infra, la disciplina qui censurata non è giustificabile
– nella sua arbitraria portata derogatoria al principio civilistico - neanche come
legge speciale dettata da imperative esigenze di ordine pubblico, constatandosi un
insanabile conflitto da essa prodotto con i principi fondanti del nostro
ordinamento: si è a tal proposito illustrata la situazione di indebita ingerenza del
potere legislativo nell'amministrazione della giustizia che si determina attraverso
la preclusione della tutela giudiziaria susseguente ad un' anticipazione del termine
prescrizionale iniziale, che di fatto impedisce la ripetizione delle utilità
espropriate a quanti non fossero a conoscenza della loro esistenza alla data della
libera disponibilità delle somme.
Si tratta dunque non solo di una disciplina incompleta e parziale, per le
ragioni esposte nel presente lavoro, ma finanche di un complesso di
provvedimenti destituiti di ragionevolezza normativa, oltre che
costituzionalmente iniqui nella loro formulazione, motivo per cui non si può che
auspicarne la rimozione o, quanto meno, un adeguato intervento modificativo
che ripari alla condizione di sostanziale illegalità venutasi a creare per le ragioni
descritte.
Le conseguenze applicative della normativa vigente, infatti, si traducono in
una completa assenza di qualsivoglia tutela per i titolari dei depositi definiti
"dormienti", i quali da un lato si ritrovano impoveriti dei risparmi loro sottratti in
forza della procedura devolutoria mentre dall'altro vengono lasciati privi di un
adeguato rimedio risarcitorio che consenta loro di assorbire, anche parzialmente,
la perdita subita a seguito dell'ablazione di somme afferenti al rapporto estinto.
Sarebbe quindi opportuno provvedere in tempi rapidi a colmare la grave
lacuna normativa determinata dall'assenza di norme che prevedano e disciplinino
compiutamente sia un meccanismo di ripetizione delle somme ablate, connesso
alla manifestazione di un interesse del risparmiatore alla loro conservazione nella
propria sfera patrimoniale, ove tale manifestazione si realizzi in epoca successiva
alla loro devoluzione al Fondo ministeriale; sia, in via residuale e qualora non si
possa addivenire alla ripetizione di tali somme per decorrenza del termine
decennale, il diritto ad un risarcimento del danno che non sia solo "formale", ma
proporzionato al valore del conto estinto.
Quanto all'azione di ripetizione o rimborso delle somme già espropriate,
invero il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha già impartito, con
provvedimento del 3 novembre 2010, Istruzioni in materia di rimborso delle somme
versate al Fondo di cui all'art. 1, comma 343 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - cosa di
cui mette conto riferire come dato indubbiamente positivo31 - prevedendo
apposita domanda di rimborso delle somme devolute al Fondo, presentabile dai
soggetti individuati al punto 4. lett. a) e b) del provvedimento in questione
(essenzialmente, i titolari dei rapporti devoluti ed i loro aventi causa, nonchè i
richiedenti l'emissione degli assegni circolari e i rispettivi aventi causa)32 entro
dieci anni a decorrere dalla data di devoluzione delle somme al fondo o
31
32
In precedenti comunicazioni, peraltro, il Ministero aveva già avuto modo di
osservare che "la qualificazione come dormiente di un determinato conto non
pregiudica il diritto alla restituzione al titolare." per il quale si era già prevista la
possibilità di richiedere la restituzione delle relative somme alla banca o
all'intermediario presso il quale risulta tale rapporto o direttamente al Ministero
"entro il normale termine prescrizionale, nel caso in cui i relativi rapporti siano
già stati trasferiti." ( vedansi, prot. n. 82165 del 8 agosto 2008, prot. n. 11439 del
13 febbraio 2009 e prot. n. 19677 dell' 11 marzo 2009, come integrate e
modificate dal provvedimento del 2010 citato).
Da un certo punto di vista, l'introduzione della domanda di rimborso entro il
termine decennale decorrente dalla data di devoluzione al fondo (e dunque alla
scadenza dei 180 giorni dalla comunicazione di cui all'art. 3, D.p.r. n. 116/2007),
rappresenta il ribaltamento dell'originaria impostazione legislativa che fissava
come ripetuto più volte la decorrenza alla data di libera disponibilità delle somme,
segnando un sostanziale ritorno a quell' indirizzo giurisprudenziale minoritario
che, in passato, ancorava l'attivazione del meccanismo prescrizionale all'estinzione
del rapporto, individuabile nel giorno del recesso della banca dal medesimo – v.
Trib. Catania, sent. 24 giu. 2004 - ed alla conseguente comunicazione di tale
volontà al titolare, con la precisazione che la somma dovuta è a sua disposizione:
cfr. Commentario al Codice Civile, dei singoli contratti, a cura di D. Valentino,
Utet Giuridica, 2011, pag. 357.
Le modalità di presentazione delle domande di rimborso sono dettagliatamente
descritte ai punti da 5. a 11. della Circolare in esame, il cui testo può essere
integralmente consultato sul sito ufficiale del MEF all'indirizzo WEB
http://www.tesoro.it/depositi-dormienti/documenti/dep_dorm_istruzioni_2010.pdf
dall'emissione dell'assegno circolare reclamato in rimborso33.
Quanto, invece, al diritto al risarcimento, nelle ipotesi di inottemperanza
dell'intermediario ai doveri informativi che gli incombono in forza della
normativa analizzata, il relativo danno può ricondursi ad una responsabilità
squisitamente contrattuale di costui ed è ricostruibile secondo lo schema della
responsabilità per inadempimento dell'obbligazione negoziale di custodia delle
somme e dell'obbligo di restituzione scaturente dal rapporto di deposito,
incombenti sull'intermediario in forza del contratto costitutivo del rapporto in
seguito classificato come quiescente e, soprattutto, per il disposto dell'art. 1834
c.c., in base al quale " nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa (...) è
obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero
a richiesta del depositante...".
In base alla prospettiva qui accolta, il risarcimento del danno dovrà essere
valutato sia in termini di damnum emergens, sia di lucrum cessans34, e, trattandosi di
obbligazione avente ad oggetto somme di denaro, dovrà comprendere altresì gli
interessi legali, salvo maggior danno documentato dal titolare del rapporto, alla
stregua dei parametri di cui agli artt. 1223, 1224 e ss. del Codice Civile.
Logica conseguenza di un sistema di ristòro del danno così ricostruito
dovrebbe essere, da un lato, l'attribuzione al Ministero dell'Economia e delle
Finanze della legittimazione passiva all' azione di ripetizione del deposito già
eventualmente devoluto al Fondo, in quanto amministratore e legale
rappresentante dello stesso; nonchè, la configurazione della legittimazione
passiva dell'intermediario, inottemperante agli incombenti pubblicitari previsti
dalla legge, rispetto all' azione risarcitoria qui ipotizzata.
Dal lato attivo, invece, le azioni così delineate dovrebbero spettare, a rigor
di logica e di diritto, al titolare del rapporto quiescente (o a terzi da egli delegati),
od ancora ai suoi eredi e legittimi aventi causa, intesi come tutti quei soggetti che
a titolo derivativo siano subentrati e così succeduti all'originario titolare del rapporto
33
34
Restano invece esclusi dal diritto di rimborso, in forza del provvedimento in
oggetto, i beneficiari degli assegni circolari, una volta decorso il termine di
prescrizione triennale di cui all'art. 84, comma 2, del Regio Decreto 21 dicembre
1933, n. 1736; i beneficiari degli importi relativi ai contratti di assicurazione
sulla vita, non riscossi entro il termine di prescrizione biennale; i beneficiari dei
buoni fruttiferi postali non riscossi entro il termine di prescrizione decennale.
Non parrebbe scorretta una soluzione normativa che ponesse il correlativo
obbligo di risarcimento del danno a carico dello stesso Fondo ministeriale in cui il
conto ablato è ormai confluito.
contrattuale per volontà del medesimo ovvero ex lege in caso di successione mortis causa35,
ovverosia ai medesimi soggetti legittimati a presentare la domanda di rimborso.
35
Così, ancora, LUCIO GHIA, CARLO PICCININNI, FAUSTO SEVERINI, op.
cit., nell'individuare gli "aventi causa", inclusi tra i legittimati alla domanda di
rimborso dal provvedimento del MEF 3 nov. 2010.
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Profili di illegittimità dell` ablazione e devoluzione