Profili di illegittimità dell' ablazione e devoluzione delle utilità afferenti ai rapporti bancari ed assicurativi «dormienti» Lorenzo Carbonara* SOMMARIO: 1. Oggetto, soggetti e modalità della procedura di devoluzione dei beni relativi ai cosiddetti «rapporti dormienti»: primo profilo di incostituzionalità. - 2. Atti interruttivi della prescrizione. - 3. Decorrenza della prescrizione per i soggetti all'oscuro del rapporto dormiente: retrodatazione del termine di decorrenza e profili di illegittimità costituzionale. La sentenza n. 78 del 5 aprile 2012 della Corte Costituzionale. - 4. Incongruità relative al momento tecnico di attuazione della disciplina. - 5. Irragionevolezza della disciplina in relazione alla diversa consistenza dei patrimoni devoluti ed al conseguente variabile grado di interesse al loro mantenimento, nonchè alla specifica natura del rapporto estinto per dormienza. - 6. Le polizze linked e il problema dell' indennizzo dei relativi titolari. - 7. Diritto all'indennizzo dei risparmiatori espropriati del deposito «dormiente». Conclusioni. 1. Può affermarsi, in linea generale, che se un soggetto ignora, per motivi a lui non imputabili, di essere titolare di un credito, il relativo periodo di mora credendi, e dunque di prescrizione a suo carico, non potrà che decorrere a partire dal momento in cui egli ne sia venuto a conoscenza e non si sia attivato per riscuoterlo; e sarebbe quanto meno difficile controargomentare l' affermazione per cui l'istituto (bancario od assicurativo), presso il quale sono depositate le somme che costituiscono quel credito, non potrà di certo addossargli l'ignoranza incolpevole del diritto includendo nel computo del termine prescrizionale di dieci anni di cui all'art. 2946 c.c. anche il lasso di tempo anteriore alla data in cui l'interessato ha saputo del cespite. L'espropriazione delle somme depositate presso banche o Poste italiane S.p.a., compagnie assicurative ed intermediari finanziari1, in seguito alla loro * Dottore di Ricerca in Diritto Privato e Nuove Tecnologie, Dipartimento di Diritto Privato della Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Bari. 1 L'elenco completo dei soggetti depositari delle utilità afferenti a rapporti che possono qualificarsi, ricorrendone i presupposti, come "dormienti" è contenuto nell'art. 1 del regolamento attuativo della finanziaria che ha introdotto l'istituto della "dormienza". Esso vi annovera: «1) le banche italiane e le succursali in Italia di banche comunitarie ed extracomunitarie, come definite dal decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; 2) gli intermediari finanziari di cui agli articoli 106 e 107 deldecreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385; 3) le imprese di assicurazione operanti in Italia di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209; 4) le società di intermediazione mancata movimentazione per un periodo di dieci anni a partire dalla data di libera disponibilità delle stesse, costituisce una fattispecie acquisitiva che suscita crescenti quanto comprensibili proteste da parte dei consumatori che si sono visti sottrarre liquidità, di cui erano i proprietari, dai soggetti a cui le avevano affidate a vario titolo (conto corrente, libretto di deposito a risparmio, deposito di custodia di titoli, liquidazioni di capitali da parte di compagnie assicurative...). Dette proteste risultano tanto più legittime in tutti quei casi in cui gli stessi interessati avevano ignorato il fatto di essere titolari di dette somme ed anzi ne venivano a conoscenza per puro caso2, solo allorchè l'istituto di credito affermava di averle ormai incamerate per prescrizione decennale del credito. La fattispecie ablativa in discorso è stata normata nell' Ordinamento italiano con L. 266/2005, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (altrimenti nota come legge finanziaria 2006)3 ed in seguito regolamentata con D.p.r. n. 116/2007, contenente il «Regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di depositi dormienti»4. Con la citata Finanziaria infatti, allo scopo di «indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito» (art. 1, comma 343), si era costituito un apposito fondo, da alimentare (a norma del successivo comma 345) «con l' importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all’interno del sistema bancario nonchè del comparto assicurativo e finanziario, definiti con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze». mobiliare di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e le succursali in Italia di imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie di cui al medesimo decreto; 5) le società di gestione del risparmio di cui all'articolo 1, lettera o), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e le succursali in Italia delle società di gestione armonizzate di cui al medesimo decreto; 6) la società per azioni Poste italiane - Divisione Bancoposta di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144». 2 Emblematico il caso – deciso dal Tribunale di Reggio Emilia, Sez. I, sentenza del 14 ottobre 2008, in Foro. it. 2009, I, col. 2564 - del signore che aveva scoperto un libretto di deposito intestato al padre, ormai deceduto, in occasione di lavori di ristrutturazione che avevano per pura coincidenza portato alla luce questo documento. 3 G. U. n. 302 del 29 dicembre 2005 - Supplemento ordinario n. 211. 4 G.U. n. 178 del 2 agosto 2007. L'art. 1 lett. b) del Regolamento attuativo ha definito «dormienti» «i rapporti contrattuali di cui all'articolo 2 in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l'intermediario non specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari di cui all'articolo 2, comma 1». Sotto il profilo oggettivo, l'ambito di applicazione della disciplina comprende i rapporti contrattuali di cui all'art. 2, c.1, del regolemento di attuazione, ovvero: «a) deposito di somme di denaro, effettuato presso l'intermediario con l'obbligo di rimborso; b) deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione; c) contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata». La valutazione di dormienza, ai sensi delle citate disposizioni, sarebbe quindi subordinata all'inerzia del titolare del rapporto, protrattasi per dieci anni dalla data di «libera disponibilità delle somme» o degli strumenti finanziari custoditi presso l'intermediario. La normativa prevede, successivamente all'individuazione dei rapporti bancari definibili «dormienti», e prodromicamente all'ablazione delle somme in favore del fondo, una fase intermedia di interpello del titolare del rapporto stesso, consistente nella recapitazione ad egli di un «invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, con l'avviso che decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo secondo le modalità indicate nell'articolo 4». Si delinea con tali regole una procedura trifasica – 1. individuazione dei rapporti dormienti; 2. interpello del titolare; 3. eventuale devoluzione delle somme al fondo in caso di protratta inerzia - tramite la quale tutti i conti ed i depositi non movimentati per dieci anni dalla loro libera disponibilità sono sostanzialmente espropriati al consumatore al fine di alimentare il fondo per risarcire i risparmiatori vittime di disastri finanziari. Delineata la procedura e la ratio dell'intera disciplina, può prima facie scorgersene un grossolano aspetto di iniquità ed illegittimità costituzionale nel fatto che essa addebita il pesantissimo compito di risarcire gli investitori lesi dai crack finanziari a dei soggetti che con quei fenomeni non hanno alcuna relazione ed il cui comportamento non è in alcun modo causalmente connesso ai danni il cui ristoro è lo scopo ultimo e precipuo dell'intera procedura : ne risultano violati infatti sia l'art. 47 della Costituzione, che introduce nella Carta il principio di tutela del risparmio, sia l'art. 3 per violazione del principio di eguaglianza tra gli investitori (posto che una categoria – i titolari di depositi bancari e gli altri soggetti indicati dalla legge - viene sic et simpliciter sacrificata ad un'altra – gli investitori vittime di frodi finanziarie - avente pari e non superiore dignità costituzionale e diritto ad essere tutelata)5. 2. Vi sono alcuni aspetti della normativa che meritano di essere considerati sotto una luce critica, ad iniziare dal concetto di «libera disponibilità» delle somme, già di per sè abbastanza vago: in esso risiede almeno una delle principali difficoltà applicative poste dalla disciplina di cui si tratta, che rende necessaria una corretta individuazione del momento a partire dal quale comincia a decorrere il periodo di tempo di dieci anni alla cui scadenza è connessa la caduta in prescrizione del diritto del titolare del deposito a chiedere la restituzione delle somme dalla banca o da altro intermediario presso il quale queste sono depositate6. Al fine di stabilire quando si collochi tale momento occorre infatti anzitutto una precisa delimitazione degli atti che possano considerarsi interruttivi della prescrizione stessa, che alla stregua del dettato legislativo possono consistere in qualunque movimentazione od in altra operazione «ad iniziativa del titolare del 5 La plausibilità ed auspicabilità di un deciso intervento della Consulta sul tema si trova anche in MARANO, Prescrizione e "dormienza" delle polizze assicurative, in Responsabilità civi. e prev., n. 12 dicembre 2009, secondo il quale, appunto, non è da escludere «che le disposizioni sul fondo anzidetto formeranno oggetto di accertamento della loro conformità a principi come la tutela del risparmio sancito dall'art. 47 Cost. e l'eguaglianza tra gli investitori ai sensi dell'art. 3 Cost.». 6 La problematicità della questione è testimoniata anche dai numerosi studi dottrinali, tra i quali si segnala ancora P. MARANO, op. cit., nonchè ex multis, nella più recente giurisprudenza, Trib. Reggio Emilia, sez. I, sentenza del 1 ottobre 2008 (ma vedi infra, par. 3, per maggior dovizia di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali) che ha ritenuto decorrente la prescrizione a partire dalla data del rifiuto dell'Istituto di credito di restituire le somme a fronte della semplice richiesta del creditore. Occorre comunque quanto mento tenere presente che questa pronuncia riguarda una fattispecie di presunta prescrizione venutasi a formare anteriormente all'introduzione della disciplina oggetto del presente studio, in cui pertanto v'era maggiore incertezza nell'identificazione del dies a quo, che l'Istituto soccombente aveva ingiustamente individuato nel giorno di svincolo di un deposito intestato a soggetto in seguito deceduto, senza però considerare che l'erede di questi aveva ignorato l'esistenza del rapporto del dante causa con la banca convenuta fino al casuale ritrovamento del libretto che a detto rapporto si riferiva, avvenuto in data successiva ai dieci anni dallo svincolo. rapporto o di terzi da lui delegati»: siffatti movimenti denotano infatti la volontà del titolare di usufruire del rapporto bancario di deposito e custodia7. Proprio su questo punto sorgono serie perplessità sulla legittimità costituzionale della formulazione del dettato regolamentare, limitatamente all'inciso - contenuto all'art. 1, lett. b e relativo alla definizione dei «rapporti dormienti» - «...escluso l'intermediario non specificatamente delegato in forma scritta...», che esclude l'intermediario presso il quale le somme o il valore finanziario dormienti sono depositati dal novero dei soggetti il cui comportamento attivo, consistente in qualunque movimentazione od operazione sul conto, abbia efficacia interruttiva del termine prescrizionale, salvo l'ipotesi in cui l'atto sia compiuto dal medesimo in forza di specifica delega conferita dal titolare del rapporto in forma scritta. Tale esclusione appare gravemente ed ingiustamente discriminatoria, concretizzandosi in un trattamento legislativo che favorisce unicamente l'istituto depositario nella procedura finalizzata all'espropriazione e devoluzione del credito, privando di efficacia interruttiva tutte quelle movimentazioni in uscita che almeno trimestralmente vengono effettuate sul rapporto a titolo di spese gestorie o di corrispettivo per servizi accessori al rapporto bancario (ad es., spese di bollo e/o di tenuta del conto corrente, spese di manutenzione di fidi, storno di interessi passivi sullo scoperto di conto corrente...). Inoltre tali operazioni sono registrate in senso tecnico come movimentazioni in uscita negli estratti conto periodicamente aggiornati e comunicati dalla banca, mentre la norma che qui si censura le esclude dal proprio ambito applicativo rendendo estremamente difficile l'ipotesi che un atto interruttivo possa essere compiuto dall'intermediario, richiedendosi a tal fine tra l'altro, come detto, una specifica delega in forma scritta da parte del titolare. 3. Tornando al tema della decorrenza della prescrizione, la disposizione in esame, come prima accennato, riallaccia il momento a quo per il computo dei dieci anni di prescrizione alla «data di libera disponibilità delle somme o degli 7 Tra gli atti idonei ad interrompere la dormienza vanno annoverati: «un versamento, un prelievo una disposizione di pagamento, la richiesta del rilascio di un carnet di assegni, di copia di documentazione bancaria, la comunicazione di variazione della residenza, ed operazioni similari attestanti in qualche modo per così dire l'interesse attivo del titolare del rapporto bancario allo stesso». Così, GHIA, PICCININNI, SEVERINI, Gli organi del fallimento e la liquidazione dell'attivo, ed. W. K. Italia, 2010, pag. 309, ove si aggiunge che per «movimentazione» si intende finanche la comunicazione espressa alla banca di voler proseguire nel rapporto. strumenti finanziari», scelta che potrebbe esser vista come un corollario del principio di cui all'art. 2935 c.c., in base al quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, in quanto identifica nel concetto di libera disponibilità delle somme, appunto, il giorno a partire dal quale il diritto di restituzione può essere esercitato. Il problema di siffatta identificazione del termine iniziale appare però, in primo luogo ed ad una più attenta analisi, in profondo contrasto con la risalente corrente dottrinale8, avallata da unanime giurisprudenza di leggitimità9, affermatasi in ordine al citato art. 2935 del Codice Civile, che ravvisa il momento realizzativo della possibilità di esercizio del diritto nel giorno del rifiuto della banca a restituire o nella data della richiesta di restituzione delle somme da parte del depositante10. E' evidente che tale modalità applicativa risponde assai meglio alle esigenze primarie di tutela dei soggetti più deboli del rapporto contrattuale, consentendo ad essi di usufruire di un termine di prescrizione basato sulla ragionevole 8 V. ex multis, FERRI., Deposito bancario in conto corrente e prescrizione del diritto alla restituzione, in Riv. Dir. Comm., 1963, II, pag. 378; ID., Postilla, in Banca Borsa e titoli di credito, 1964, I, pag. 557; ma v. anche, per citarne alcuni di una lunga lista, DISTASO, TONDO, CIUCCHINI, GEBBIA ed altri. Tuttavia non mancavano voci contrarie, quali, per citarne alcune, COPPA ZUCCARI, Il deposito irregolare, Modena, 1901, pag. 326 e ss.; FAVARA, Sulla decorrenza della prescrizione nei depositi bancari, in Bollettino della Cassa di Risparmio V.E. Per le Province Siciliane, 1959, pag. 279. 9 Vedansi, sotto il vigore del vecchio Codice Civile, Cass., sent. 30 giu. 1938, n. 2211, in Banca Borsa, 1938, II, pag. 196; Cass., sent. 27 giu. 1940, n. 2122 in Rep. Foro it., 1940, voce Deposito, n. 10; Cass., sent. 20 mag. 1942, in Banca Borsa, 1942, II, pag. 87. In relazione al vigente Codice Civile questo filone giurisprudenziale ha trovato almeno un importante epigono di merito nella sentenza del Tribunale di Napoli del 5.2.1959, ibidem, 1959, II, pag. 235. 10 Questo orientamento è stato poi ribaltato dalla sentenza n. 689 del 1963 della Suprema Corte, in Banca Borsa, 1963, II, pag. 12, con nota adesiva di FAVARA, Sulla decorrenza della prescrizione nei depositi bancari in conto corrente, che ha statuito che la decorrenza del termine prescrizionale non va fissata a far data dalla richiesta o dal suo diniego, bensì dal giorno in cui il depositante poteva chiedere la restituzione del deposito, ovvero dalla data stessa di costituzione del rapporto o dell' ultima operazione compiuta se il rapporto si sia svolto attraverso accreditamenti e prelevamenti. Tale indirizzo – che poi è quello effettivamente confluito, nella sostanza, nel dettato normativo attuale - è stato poi confortato anche in seguito dalla S. C. con la sentenza 535 del 24 gennaio 1979, in Banca Borsa, 1981, II, pag. 11 e quindi con la pronuncia n. 4389 del 3 maggio 1999, in Foro it., 2000, I, pag. 3306 (criticata in nota da TORRESI, Sulla prescrizione del diritto alla restituzione di somme in deposito bancario a risparmio). L'indirizzo, indubbiamente più rigido nei confronti dei risparmiatori, ha trovato ampia adesione anche in dottrina: v., a tal proposito, ex multis, BUONOCORE, Rassegna di Giurisprudenza Bancaria 1962 (3°)-1963 (1°), in Rassegna Economica, 1964, pag. 205, DE GIORGI, Sul momento iniziale della prescrizione nel deposito regolare senza termine, in Riv. Dir. Civ., 1970, II, pag. 255. presunzione che, quanto meno, l'esistenza del rapporto, del credito e del relativo diritto, siano conosciute dal legittimato attivo – il quale in caso contrario, logicamente, non potrebbe fare richiesta delle somme depositate - solo così giustificandosi pertanto la valutazione della eventuale inerzia di questi, successiva alla richiesta, alla stregua di un comportamento denotante una volontà estintiva del rapporto o quanto meno il sopraggiunto disinteresse al suo prosieguo, laddove invece appare persino assurdo far decorrere quel termine a partire da una data in cui non sia possibile ritenere con certezza la circostanza che il depositante sia o meno consapevole dell'esistenza del deposito di somme ad egli intestate presso la banca od altro intermediario. Queste considerazioni non sono qui articolate in astratto, bensì con riferimento a tutti quei casi concreti11 in cui il titolare delle somme depositate si è visto rifiutare dalla banca liquidità delle quali egli stesso aveva fino a quel giorno ignorato di essere il proprietario; nonchè a quelle ipotesi particolari in cui l'intestatario delle somme versi in stato di incapacità legale a causa di patologie che escludano la possibilità di una oculata gestione della sua sfera patrimoniale ed il termine di prescrizione sia decorso nelle more della procedura di nomina del suo rappresentante legale oppure, ancora, nell'inerzia di quest'ultimo (non addebitabile all'incapace) o per suo decesso seguito o meno da ulteriori procedure finalizzate a colmare la lacuna relativa alla rappresentanza necessaria dell'interessato. Sotto tale profilo dunque non stupirebbe se venisse sollevata una questione di costituzionalità della norma in discorso nella parte in cui riserva un trattamento discriminatorio ai soggetti legalmente incapaci, omettendo di prevedere che per costoro il termine di prescrizione deccorra solo a partire dal giorno in cui il legale rappresentante, venuto a conoscenza del rapporto bancario rientrante nella tutela, curatela od amministrazione di sostegno, abbia chiesto in restituzione somme ad esso afferenti12 oppure dal giorno del rifiuto opposto 11 V., ancora, Trib. Reggio Emilia, sent. 1 ottobre 2008 cit. supra, in nota. In altri termini, la «virtuale» incostituzionalità della previsione legislativa e di quella regolamentare si ravvisa qui nella parte in cui esse non prevedono che, nel caso di incolpevole mancata conoscenza dell'esistenza del diritto alla restituzione di somme depositate presso un intermediario, il relativo termine di prescrizione per esercitarlo non decorra semplicemente dalla data di libera disponibilità delle somme, bensì dal giorno, successivo, in cui il titolare, essendo venuto a conoscenza del rapporto, lo abbia di fatto esercitato (oppure dal giorno del relativo rifiuto di restituzione opposto dall'intermediario), atteso che nei casi che si sono citati non può legittimamente fissarsi una presunzione di conoscenza del diritto ancorandola all'aleatorio concetto di libera disponibilità, che viene ingiustamente fatto coincidere di solito con la data di accensione 12 dall'intermediario relativamente a detta richiesta. A conferma di ciò, si consideri la recentissima pronuncia della Consulta in materia di decorrenza del termine di prescrizione ex art. 2935 c.c., ed in particolare del diritto a chiedere la restituzione di somme indebitamente corrisposte a titolo di interessi anatocistici (sent. Corte Cost. n. 78 del 5 aprile 2012), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 co. 61 del d.l. n. 225 del 2010: si trattava di una norma di interpretazione autentica della disposizione civilistica citata e diretta ad adattarla alle operazioni in conto corrente, in base alla quale «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 c.c. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa». Tale interpretazione è stata eliminata dalla Consulta in quanto confliggente con il canone di ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), poichè illogicamente anticipava – tra l'altro esprimendosi in via interpretativa su di una questione su cui non sussisteva nè una speciale difficoltà ermeneutica oggettiva nè si era palesato alcun contrasto giurisprudenziale – la decorrenza del periodo temporale entro cui il correntista poteva richiedere la restituzione delle somme indebitamente corrisposte alla banca, rispetto alla data che giurisprudenza ampiamente maggioritaria della Cassazione13 aveva ormai individuato nella chiusura del rapporto di conto corrente, o nel momento in cui fosse effettivamente avvenuto un indebito pagamento di carattere solutorio. Per citare le nitide parole della Consulta, «ancorare con norma retroattiva la decorrenza del termine di prescrizione all'annotazione in conto significa individuarla in un momento diverso da quello in cui il diritto può essere fatto valere, secondo la previsione dell' art. 2935 c.c.»: è innegabile l'analogia di questo caso con la disposizione che àncora il termine di prescrizione del diritto alla restituzione delle somme depositate presso l'intermediario alla data di «libera disponibilità» delle stesse (da cui scaturisce poi, decorsi i dieci anni e salvo l'eventuale esito positivo della fase di interpello, la nozione di «dormienza»). Anche tale ultima regola, infatti, ricollega la decorrenza del termine ad un momento diverso ed anteriore rispetto a quello in cui il diritto può effettivamente essere fatto valere e che, tanto più nel caso di non-conoscenza o del rapporto stesso. 13 Cfr. Cass. Sez I, sent. 14 maggio 2005 n. 10127, ancora sulla linea di Cass. Sez. I, sent. 9 aprile 1984 n. 2262. addirittura di inconoscibilità del rapporto, non può certo ravvisarsi nella data di instaurazione dello stesso, che agli intermediari evidentemente converrebbe affermare come dies a quo... Inoltre, la circostanza che nel caso di specie la tecnica legislativa adottata possa concretare un'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia è quanto meno plausibile, come è accaduto nella fattispecie analoga citata: infatti a questo proposito un ulteriore motivo di illiceità è emerso in riferimento all'art. 117 della costituzione nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Come dichiarato dalla Corte, atteso che tale parametro costituzionale è per giurisprudenza costante della Consulta (a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007) integrato dalle norme della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nel significato loro attribuito dalla CEDU, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione e applicazione (ex multis, sentenze CEDU n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010), esso dovrebbe ritenersi violato da una disposizione interna di uno Stato membro che regolamenti con portata retroattiva diritti previsti da leggi in vigore, ove siffatto intervento entri in conflitto con il principio della preminenza del diritto e dell'equo processo, sanciti dall'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti umani. Difatti i menzionati principi ostano all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia al detto scopo di influenzare l'esito di una controversia, salvo che ciò non sia dettato da imperative ragioni di interesse generale 14. Orbene, anche nel caso dei conti dormienti non è proprio dato ravvisare quali siano tali imperative ragioni di interesse generale che giustifichino la portata retroattiva della disposizione censurata persino nelle ipotesi di inconoscibilità del rapporto qualificato come dormiente, derivandone la palese illegittimità per conflitto con l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6 della Convenzione Europea come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, dato che siffatta retroattività incide in modo deteriore sulla possibilità degli aventi diritto alla restituzione delle somme depositate di tutelare le proprie ragioni in sede giudiziaria, in ragione dell'ostacolo determinato dalla prematura prescrizione del 14 La Consulta a tal proposito cita ampia giurisprudenza comunitaria della Cedu, ex plurimis: Corte europea, sentenza sezione seconda, 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sezione seconda, 31 maggio 2011, Maggio contro Italia; sezione quinta, 11 febbraio 2010, Javaugue contro Francia; sezione seconda, 10 giugno 2008, Bortesi e altri contro Italia. proprio credito15. 4. Incongruità relative al momento tecnico di attuazione della disciplina. Preme peraltro, in questa sede, evidenziare anche altri aspetti del regolamento attuativo che, se si dimostrassero fondati, metterebbero in discussione la legittimità stessa non solo della disciplina di cui si discetta ma financhè della prassi bancaria che considera prescrivibili tout court i crediti nascenti dalla disponibilità di somme depositate presso banche od altri intermediari creditizi o finanziari. Una incongruità della disciplina può già scorgersi nella disposizione di cui all'art. 5 c. 2, la quale demandava ad una fonte di pari rango – mediante le parole "con uno o più regolamenti, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto" - l'emanazione della disciplina tecnica per la concreta attivazione del fondo. Tale disposizione, che non a caso è stata definita singolarissima16, non ha poi trovato esecuzione, in quanto il Consiglio di Stato con due pareri del febbraio ed ottobre 2008 si è espresso negativamente sulle bozze del regolamento che avrebbe dovuto dettare la disciplina tecnica per l'implementazione del fondo, che pertanto non è poi avvenuta. Tra l'altro, l'art. 5 del regolamento di cui al D.p.r. n. 116/2007 è stato poi completamente abrogato dal d. l. 9 ottobre 2008, n. 155 - convertito, con modificazioni, in legge 4 dicembre 2008, n. 190, recante Misure urgenti per garantire la stabilita' del sistema creditizio e la continuita' nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali - il cui art. 4, nell'apportare una serie di modificazioni all'art. 1 della finanziaria 2006, vi ha aggiunto, tra gli altri, il comma 345-quinquiesdecies, disponente appunto l'abrogazione della norma in discorso, ed il comma 345-quaterdecies, con cui ha previsto che la disciplina tecnica per l'effettiva attivazione del fondo di cui al comma 343 e' stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, rimuovendo dunque la delega a fonte di pari rango contenuta nella disposizione regolamentare abrogata. Il decreto di natura non regolamentare che avrebbe dovuto introdurre la 15 16 In seguito alla ingiustificatamente precoce qualificazione del proprio rapporto come "dormiente". Cfr. ALBERTO GIULIO CIANCI, La devoluzione allo Stato dei beni relativi ai rapporti bancari dormienti e la destinazione al fondo per la tutela dei risparmiatori in Banca Borsa e titoli di credito, n. 5 settembre e ottobre 2010. disciplina tecnica però non è stato poi emanato e sul punto si è pertanto creato un vera e propria lacuna normativa. Questa circostanza, ovvero il mancato perfezionamento di un requisito fondamentale di operatività – l'effettiva attivazione del fondo - della disposizione finanziaria istitutiva del fondo medesimo ( e come potrebbe ritenersi applicabile una disposizione che istituisce un fondo di garanzia se poi quest'ultimo non viene nè può venire attivato?), da sola sarebbe sufficiente a ritenere di fatto priva di effetti giuridici ed inoperante la stessa devoluzione dei rapporti definiti dormienti al ridetto "fantomatico" fondo previsto dalla l. n. 266/2005. Inoltre, la natura e finalità specifica di sostegno alle vittime di frodi finanziarie, che ab origine era stata impressa al fondo, è stata per così dire snaturata negli anni da ulteriori provvedimenti legislativi: basti citare l'art. 61, comma 27, d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito in l. 6 agosto 2008 n. 133, il quale ha novellato la finanziaria 2006 destinando, tramite il nuovo comma 345bis, quota parte del fondo al finanziamento della carta acquisti (prevista dall'art. 81, comma 32, del citato decreto legge) finalizzata all'acquisto di beni e servizi a favore dei cittadini residenti che versano in condizione di maggior disagio economico. E' stata così assegnata al fondo una funzione più ampia di quella originaria e non limitata al ripristino degli squilibri del mercato finanziario. Su questa linea, la legge 9 aprile 2009, n. 33, di conversione del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 (art. 8-octies, commi 2 e 3), ha tra l'altro reintegrato il fondo prevedendo un incremento di dotazione supplementare derivante anche da risorse diverse dai conti dormienti, divenuti così solo una delle multiple risorse finalizzate ad alimentarlo. La moltiplicazione delle finalità del fondo ha fatto dunque venir meno anche quell'omogeneità - tra le risorse impiegate per la sua dotazione (entrate) e le esigenze risarcitorie che esso era destinato a soddisfare (uscite) – che nel progetto del Legislatore si collocava indubbiamente tra le principali ragioni giustificative della normativa sui cosiddetti rapporti dormienti. Venendo, invece, alla sfaccettatura forse più importante della normativa in questione, che concerne il perfezionamento della procedura di comunicazione al titolare del rapporto della qualificazione di dormienza, propedeutico alla eventuale ablazione dei relativi valori ed alla loro devoluzione al fondo ministeriale di cui sopra (art. 3 D.p.r. n. 116/2007, "Obblighi dell'intermediario"), è opportuno ricordare che il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con una serie di circolari e comunicazioni integrative, ha cercato di fornire istruzioni tecnicamente più dettagliate ed analitiche di quelle del Regolamento attuativo, al fine di meglio disciplinare l'assolvimento degli obblighi informativi posti a carico degli intermediari nei confronti dei risparmiatori, ma anche per cercare - con esiti inevitabilmente non esaustivi attesa la frammentarietà della tecnica normativa adottata – di colmare le lacune presenti nella disciplina generale in ordine alle concrete modalità di pubblicazione delle liste di depositi dormienti e di devoluzione di questi. Con Circolare 11 marzo 2009 (Prot. 19697) veniva deliberato un ulteriore incremento di dotazione del Fondo, includendo nelle risorse in entrata, oltre ai cosiddetti rapporti dormienti, "anche gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il terrnine di prescrizione, gli importi delle polizze assicurative prescritte e gli importi dovuti ai beneficiari di buoni postali fruttiferi, emessi dopo il 14 aprile 2001 e non reclamati entro il terrnine di prescrizione del relativo diritto.".; quindi il Ministero dettava alcune istruzioni relativamente agli incombenti pubblicitari in capo agli intermediari, al fine implementare l'applicazione delle norme regolamentari ed integrare le misure già dettate in sede di prima applicazione con la Circolare 8 agosto 2008. Evidentemente il principale motivo ispiratore del provvedimento non era la tutela del risparmio nè il riguardo dell'interesse dei risparmiatori ad una informativa più attenta riguardo al rischio espropriativo incombente sui loro depositi: al contrario veniva ritenuta sufficiente, ai fini dell'espletamento dell'obbligo di pubblicazione degli avvisi cumulativi contenenti l'elenco dei rapporti dormienti (art. 4, c. 2 del regolamento), la pubblicazione su almeno un quotidiano a diffusione nazionale di un avviso che informi dell'avvenuta comunicazione a1 MEF dell'elenco dei rapporti dormienti e la pubblicazione del medesimo elenco sul sito web del MEF. Dunque, ove il titolare non sia stato messo a conoscenza dell'avvio della procedura - perchè, ad esempio, la racc. a.r. contenente l'invito ad impartire disposizioni di cui all'art. 3 del Reg. era stata erroneamente inviata ad altro indirizzo – l'unica speranza che gli resta di sapere che il suo deposito è stato inserito nella "black list" ministeriale, e quindi di tutelare le proprie ragioni, è "affidata" alla stampa e ad internet. La regolamentazione ministeriale di dettaglio ha però raggiunto il colmo prevedendo che le spese di pubblicazione degli elenchi dei rapporti dormienti sui quotidiani a diffusione nazionale vengano stornate dai rapporti stessi e che, qualora dette spese risultino pari o superiori all'importo dei conti da trasferire, non si debba far luogo alla pubblicazione...17. 17 Circolare 25 ottobre 2011, Prot. 83689 del Ministero dell'Economia e delle Finanze. L'aspetto più ironico è che si riconosce ivi la funzionalità della Nulla è stato peraltro aggiunto a questo sconfortante panorama normativo dalle ulteriori istruzioni integrative in tema di pubblicazione dell'elenco dei depositi dormienti, dettate con le Circolari del 3 novembre 2010 e 3 marzo 2011, fino all'ultima, emanata il 2 marzo 201218. Unico ed importante segnale positivo proveniente dall'attività regolamentare del MEF ed in relazione all'istituzione della disciplina dei depositi quiescenti è la Circolare-provvedimento del 3 nov. 2010, con cui è stato finalmente riconosciuto il diritto del e/o degli interessati a domandare alla CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) il rimborso delle somme che costituivano il rapporto, anche se la disciplina di dettaglio riguardante le modalità per l'ottenimento delle somme non ha mancato di destare polemiche, sia a causa della notevole mole di documenti, spesso non agevolmente procurabili, richiesta dal Ministero al fine di perfezionare la procedura di ripetizione, sia, soprattutto, a causa del diniego di numerosissime richieste di rimborso connesso all'introduzione di termini prescrizionali particolarmente brevi per alcune categorie di crediti ( ad es. appena due anni – dalla devoluzione per la restituzione di importi giacenti sulle cosiddette polizze assicurative "dormienti"19). Di questa Circolare si dirà più approfonditamente nell'ultimo paragrafo. 5. Irragionevolezza della disciplina in relazione alla diversa consistenza dei patrimoni devoluti ed al conseguente variabile grado di interesse al loro mantenimento, nonchè alla specifica natura del rapporto estinto per dormienza. 18 19 pubblicazione alla "tutela dell'interesse alla corretta informazione del titolare del rapporto", mentre si giustifica l'opposta misura della non pubblicazione affernando che la depauperazione del rapporto conseguente ai relativi costi pregiudicherebbe l'ulteriore interesse alla restituzione delle somme. In sostanza il Ministero ci dice che una serie di depositi dormienti non sarà pubblicata al fine di tutelare l'interesse del titolare alla restituzione delle somme (sic!). Limitatesi ad esaminare gli aspetti di sicurezza informatica inerenti all'invio al MEF degli elenchi mediante PEC. Per un resoconto accurato di alcuni dei numerosi casi di diniego, vedi, anche, PUATO ALESSANDRA, Polizze dormienti, la protesta si risveglia, articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 giugno 2011, pag. 28, nonchè, dello stesso autore, Polizze dormienti, la scadenza dei due anni e i rimborsi mancati, pubblicato sul Corriere della Sera del 10 luglio 2009, pag. 31. Aldilà delle considerazioni che precedono e che comunque rivestono essenziale importanza nel contesto di un urgente vaglio di legittimità, anche e soprattutto costituzionale, della disciplina in esame, si ritiene qui opportuno mettere in luce un altro profilo di singolare iniquità della stessa ed attinente ai devastanti effetti che la sua applicazione sta ingiustamente producendo ai danni dei consumatori: tale profilo concerne la irrazionalità della scelta legislativa di espropriare le somme senza tenere in debita considerazione l'esistenza di un oggettivo interesse al mantenimento del rapporto bancario (o finanziario od assicurativo) laddove in detto rapporto confluiscano cospicue entità patrimoniali. In altre parole non appare conforme al principio costituzionale di eguaglianza (art. 3, Costituzione della Repubblica) l'applicazione della medesima regola a rapporti completamente diversi20 e che quindi si consenta di devolvere al fondo per le vittime di frodi finanziarie, a seguito del semplice mancato riscontro della comunicazione ex art. 3 del Regolamento di cui al D.p.r. n. 116/2007, un ingente patrimonio come un mero residuo di un conto da tempo inattivo, deducendo la carenza di interesse al mantenimeno del rapporto da una circostanza di per sè non particolarmente significativa (sotto tale aspetto appare censurabile la previsione di un'unica procedura di interpello come idonea a fondare, in tutti i casi, una presunzione di disinteresse da cui scaturisce la devoluzione delle utilità al fondo...), laddove in presenza di somme o valori finanziari consistenti è innegabile in re ipsa una oggettiva e naturale aspirazione del proprietario al suo prosieguo. Tale aspirazione, poi, non si può certo ritenere superabile - neppure con la dubbia fictio juris su cui il precetto in discussione si fonda - dalla banale constatazione di una mancata risposta all'interpello: se può esservi una presunzione definibile "ragionevole" in tutto ciò, in altre parole, non è certo quella di carenza di interesse, ma il suo esatto contrario21... 20 21 Così, ancora, CIANCI, cit. Su questo è incisivo CIANCI, cit., il quale nota che "la valutazione legale tipica non possa dare luogo ad effetti contrastanti con la presumibile volontà dell'interessato." ed, ancora, che sulla base di una finzione, può essere dedotta una posizione di carenza di interesse al rapporto con l'intermediario (...) esclusivamente per le ipotesi in cui l'entità del rapporto sia tale da indurre la ragionevole certezza o, eventualmente, anche il dubbio sull'effettivo disinteresse del beneficiario; al contrario, in tutti gli altri casi, in cui debba invece presumersi la volontà di conservare i propri diritti, la finzione non potrà dare luogo ad un risultato in patente contrasto con la naturale aspirazione del titolare del rapporto. Si aggiunga a ciò una breve annotazione riguardo alla particolare natura del diritto di credito avente ad oggetto la restituzione di somme depositate presso un intermediario, in quanto rapporto la cui gestione comporta di per sè un onere economico per il depositante, il quale sostiene delle spese per la sua tenuta, automaticamente stornate dall'intermediario con cadenza periodica dal valore complessivamente depositato. Sarebbe pienamente legittima, ad esempio, l'intenzione del titolare del rapporto di proseguire il medesimo senza nessun motivo particolare e solo per conservare il proprio patrimonio con modalità che garantiscono maggior sicurezza da eventi fortuiti o da furti rispetto al detenimento di quei beni presso il proprio domicilio. Quella che viene considerata e sanzionata come "inerzia" tramite la sottrazione e devoluzione delle liquidità giacenti sul conto devoluto al Fondo, in altre parole, rappresenta in realtà la naturale modalità di svolgimento del rapporto, in quanto il depositante confida proprio sul meccanismo di protezione assicurato dalla custodia presso la banca22. Alla luce di ciò appare tanto più inspiegabile che si attribuisca all'esercizio del diritto di non disporre delle somme o valori conservati presso l'intermediario – diritto "passivo" rientrante nei poteri del proprietario – addirittura il valore legale di presunzione di disinteresse a godere di tali utilità, proprio allorchè esse superino il valore-soglia di € 100,00, mentre in caso di valore inferiore, ovvero l'unico in cui si possa validamente postulare un oggettivo disinteresse gestorio, si prevede l'inoperatività di tale presunzione e dell'intero regolamento (art. 2, comma 2). 6. Le polizze linked e il problema dell'indennizzo dei relativi titolari. Una situazione del tutto particolare viene a crearsi con riguardo alle cosiddette polizze linked, participio passato del verbo inglese "to link", che significa "collegare", "agganciare", per via della peculiare natura giuridica di codesta fattispecie. Si tratta di contratti che formalmente si presentano come polizze assicurative ma i cui effetti giuridici e la cui struttura diverge significativamente da ognuna delle posibili fattispecie sussumibili sotto la disciplina dettata per i contratti di assicurazione dagli artt. Del Codice Civile. In effetti il nomen iuris delle polizze linked non deve trarre in inganno 22 Cfr. Commentario al Codice Civile, dei singoli contratti, a cura di D. VALENTINO, Utet Giuridica, 2011, pag. 356. poichè, nonostante esse siano nominalmente classificate come assicurazioni sulla vita, l'entità del capitale di cui si conviene il versamento in favore del titolare è indicizzata non al verificarsi di un evento o di una condizione bensì all'andamento del titolo o alla capienza del fondo a cui la polizza è agganciata. Il valore della prestazione gravante su quello che imprompriamente chiamiamo "assicuratore", ma che in realtà è una società emittente di titoli o di fondi di investimento, è pertanto variabile a seconda delle fluttuazioni tipiche del mercato finanziario. Nell'ordinamento italiano si è constatata la diffusione essenzialmente di due tipi di polizze di questo tipo, ovvero le "index linked", che sono associate a prodotti finanziari ed in particolare ad un indice azionario o ad un paniere di indici azionari; e le "unit linked", in cui la prestazione dell'assicuratore varia a seconda del rendimento di un fondo di investimento dal medesimo costituito oppure gestito da altre società. Sono gli assicuratori stessi a proporre ai consumatori le polizze di questo tipo come veri e propri strumenti finanziari - sebbene i relativi contratti vengano formulati come assicurazioni sulla vita o per il caso di morte – avendo cura di avvisarli, per prassi attraverso apposite note informative distribuite al pubblico all'interno dei propri locali, circa i rischi finanziari connessi all'andamento dei parametri di riferimento cui è ancorata l'entità delle somme percepende, consistano tali parametri in fluttuazioni di indici finanziari o di fondi di investimento: può ben accadere infatti che l'ente emittente subisca perdite importanti o addirittura veda le proprie risorse azzerate nel lasso di tempo intercorrente tra la stipula del contratto e la data in cui l'acquirente della polizza avrebbe avuto diritto al rimborso del capitale investito o al pagamento degli interessi. In quest'ultima ipotesi l'assicurato si trova nella posizione di investitore vittima di un default finanziario in quanto subisce la grave perdita economica rappresentata dalla perdita e, dunque, dal mancato rimborso del capitale investito per l'accensione della polizza linked. Infatti, ulteriore spartiacque tra la fattispecie di cui si tratta ed i contratti di assicurazione tipizzati dalla legge è la modalità di pagamento del premio che mentre nel secondo caso è dilazionato in una sequenza di prestazioni a cadenza periodica, nelle polizze a carattere finanziario avviene in un'unica soluzione, attraverso il versamento di un capitale iniziale rispetto al quale il contraente perde ogni garanzia di restituzione allorchè, tramite la sottoscrizione della polizza, accetta ed assume il rischio connesso al deterioramento finanziario del titolo o del fondo. L'effettiva assenza di un rischio demografico in capo all'assicuratore (poichè lo stato di insolvenza dell'emittente del titolo o della società gestrice del fondo prescinde dall'alea relativa al decesso dell'assicurato, evento dedotto quale condizione sospensiva della prestazione assicurativa mentre qui si riduce ad una mera clausola di reversibilità a favore di un'altra persona23); il trasferimento dell'elemento di rischio dall'assicuratore all'assicurato (attraverso l'ancoraggio della polizza alle variazioni imprevedibili di entità finanziarie); le modalità di esecuzione della prestazione descritte, sono le tre principali caratteristiche di tale genere di polizze che valgono a differenziarle profondamente dal classico prodotto assicurativo ed a ricondurle tout court nell'alveo dei contratti di intermediazione finanziaria24. E' comunque doveroso notare qui che la pluralità di modelli contrattuali a cui possono corrispondere singole polizze linked – stante il diverso grado di importanza funzionale che, nella commistione di componenti assicurative ed 23 24 Cfr. LUIGI DESIDERIO, Temi e problemi di diritto delle assicurazioni, Giuffrè, 2010, pagg. 230. L'eventuale prestazione previdenziale dedotta in una polizza linked assume dunque, sul piano causale, un ruolo talmente marginale da consentire di affermarne la prevalente natura finanziaria. In altre parole è riscontrabile nella fattispecie un asservimento della causa assicurativa alla componente finanziaria che connota la prestazione principalmente prevista a carico dell'assicuratore. Per questo si è anche parlato, al proposito, di negozio atipico con causa mista a prevalente carattere finanziario ed effettivamente le osservazioni fin qui svolte rendono assai difficile se non giuridicamente inappropriata una sua qualificazione come negozio assicurativo. Numerose conferme in giurisprudenza, ex multis Trib. Venezia, sentenza del 24.06.2010, in cui si è affermato che "è quanto mai arduo ritenere che la polizza index linked non appartenga quanto meno ad "ogni altra forma di investimento di natura finanziaria" (cfr., D. Lgs. n. 58/1998 - "Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52" - art. 1, comma 1, lett. u). Dunque il dettato normativo contemplava già espressamente l'eterogeneità dei prodotti finanziari emessi dalle compagnie assicurative rispetto al classico contratto con funzione previdenziale, anche se in seguito a contrasti interpretativi il legislatore è intervenuto a sanare ogni dubbio aggiungendo alla menzionata norma la lett. w-bis) – con d.lgs. n. 303/2006, art. 3 - la quale definisce specificamente i prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione", n.d.r.), atteso che il suo contenuto è in massima parte sganciato da quello di una comune polizza vita, in relazione all'assenza di una comune causa assicurativa, ed ha natura finanziaria." elementi squisitamente finanziari nell' assetto negoziale, vi possono assumere i singoli aspetti - rende doveroso effettuare un'operazione interpretativa caso per caso, volta ad individuare in questo concorso di caratteri strutturali quale sia quello prevalente e su tale base inferirne la natura25. Se appare abbastanza univoco, in giurisprudenza, come in dottrina26, l'orientamento che attribuisce alle linked policies natura di contratti di 25 26 Così anche R. CAVALLI, Polizze linked: contratti di assicurazione o contratti di investimento mobiliare? Commento a Trib. Ferrara n. 1020/ 2011, in Diritto Bancario, Ottobre 2011: in sostanza si tratta di una valutazione comparativa avente ad oggetto la prevalenza di elementi causali (finanziari od assicurativi), a cui naturalmente consegue l'assoggettamento ad una disciplina piuttosto che all'altra. Non essendo possibile in questa sede offrire se non un quadro generale delle considerazioni che convergono verso il prevalente carattere finanziario delle linked policies, per un maggior approfondimento sulla loro natura giuridica si rinvia a studi specifici, concordi nell'affermare la tesi che qui si avalla (mentre non si registrano in dottrina – nè in giurisprudenza – significative voci contrarie, a parte forse G. VOLPE PUTZOLU, Le polizze Unit linked e Index Linked in Assicurazioni, 2000, fasc. 1, pagg. 233 e ss, in cui però è parso che, più che affermarsene la natura assicurativa, si cerchi di dimostrare - in modo peraltro poco convincente e difficilmente defendibile, atteso il ricorso a fragili argomentazioni connesse a criteri interpretativi meramente letterali e storico-sistematici – che l'assenza di rischio demografico non è sufficiente ad escluderla) della loro esclusione dallo spettro di azione del diritto previdenziale: tra tali studi si segnalano ex plurimis, oltre a DESIDERIO, op. cit., MARCO ROSSETTI, Polizze "linked" e tutela dell'assicurato in Assicurazioni, 2002, fasc. 2, pagg. 223 e ss., il quale, con consistenti riferimenti dottrinali, distingue le polizze linked a seconda che l'assicuratore assuma comunque un rischio demografico – facendole confluire tout court nei contratti di assicurazione – oppure non assuma alcun rischio demografico, nel qual caso ne va affermata l'esclusiva natura finanziaria; in questo indirizzo maggioritario e comunque incline a considerare le polizze linked come operazioni finanziarie, si innestano anche BRAUNER, La combinazione tra assicurazione sulla vita e fondo di investimento – Dai contratti “variabili” ai “prodotti misti” assicurativo – finanziari, in Dir. ed economia assicuraz., 1992, p. 125; FANELLI, Assicurazione sulla vita e intermediazione finanziaria, in Ass., 1986, I, 201; LONGO, Considerazioni riassuntive sul rapporto tra assicurazione e intermediazione finanziaria, ivi, 1985, I, p. 499; GAMBINO, Linee di frontiera tra operazioni di assicurazioni e bancarie e nuove forme tecniche dell’assicurazione mista sulla vita a premio unico, in Ass., 1993, I, p. 157. intermediazione finanziaria27, con conseguente assoggettabilità alla disciplina per tale fattispecie dettata dall'apposita normativa del Testo Unico Finanziario28, piuttosto controversa appare invece la questione relativa alla legittimazione soggettiva passiva rispetto all'azione intentata dai consumatori – individualmente o tramite associazioni rappresentative di categoria – al fine di ottenere il risarcimento dei danni economici subiti a seguito dell'insolvenza sopravvenuta degli Enti emittenti o gestori, rispettivamente, dei titoli e dei fondi di investimento a cui sottostavano le polizze linked. Il dibattito si focalizza essenzialmente sull'attribuzione della legittimazione passiva all'intermediario finanziario – compagnia assicurativa od istituto di credito - in qualità di mandatario della società emittente e di soggetto con cui è stato stipulato il contratto quadro per il collocamento del titolo; oppure, alla medesima società che ha emesso il titolo o ha gestito il fondo29. In questa sede ci si limita a constatare a tal proposito il generale accoglimento da parte della giurisprudenza del criterio della stipulazione del contratto di collocamento, in base al quale la legittimazione passiva spetta appunto all'intermediario finanziario con il quale il consumatore ha concluso tale negozio giuridico, in quanto responsabile contrattualmente per violazione dei principi di correttezza, lealtà e buona fede nell'esecuzione del mandato ricevuto dal cliente30. 27 28 29 30 Ancora sulla natura finanziaria delle polizze vedansi, ex multis, oltre al Trib. Ven., cit., Trib. Foggia, sent. n. 1625/2011, e Trib. Trani, sent. 11. 03. 2008, che concordemente richiamano il consolidato principio giurisprudenziale per cui "nel caso in cui nell'ambito di una polizza sulla vita index linked la prestazione dell'assicuratore non sia legata ad un evento attinente alla durata della vita umana, ma al valore di strumenti finanziari assunti quale riferimento, la causa del contratto deve ritenersi estranea a quella tipica del contratto di assicurazione, divenendo del tutto irrilevante il "nomen iuris" attribuito al contratto dalle parti, con la conseguenza che ad esso devono essere applicate le norme relative alla intermediazione finanziaria.". D.lgs. n. 58/98 e successive modifiche. L'assenza di una soluzione chiara ed univoca è stata sottolineata anche da Trib. Bari, sent. 1. 06. 2009, che invocando il criterio soggettivo della stipulazione del contratto di collocamento ha dichiarato inammissibili, per difetto di legittimazione passiva, le domande proposte nei confronti della società emittente. A parte la sentenza citata in nota precedente del Tribunale di Bari, che in conclusione ha ritenuto legittimato passivo per la domanda di rimborso l'intermediario finanziario, si veda anche la vasta giurisprudenza di merito che ha Detto della natura finanziaria della fattispecie in esame e della legittimazione passiva all'azione risarcitoria, può in conclusione affermarsi che l'irrilevanza sostanziale del nomen iuris "contratto di assicurazione" e dunque la sottrazione delle linked policies alla relativa disciplina, ingenerano la logica deduzione per cui la normativa sui depositi dormienti è incompatibile con la natura delle ridette polizze. Contestualmente, l'analisi compiuta consente di ritenere ed affermare la sussistenza del diritto del consumatore, rimasto vittima di default societari in seguito all'acquisto di prodotti solo nominalmente assicurativi, ad usufruire del fondo per le vittime di frodi finanziarie di cui alla L. Fin. 2006. 7. Diritto all'indennizzo dei risparmiatori espropriati del deposito "dormiente". Conclusioni. Per concludere ed in sintesi, la disciplina esaminata sacrifica in modo irragionevole l'interesse pubblico alla tutela del risparmio all'interesse, di pari rango, a che gli investitori danneggiati dagli squilibri del mercato finanziario ricevano un adeguato trattamento indennitario per la perdita economica subita. Tale scopo è realizzato infatti istituendo una presunzione di disinteresse al mantenimento del rapporto con l'intermediario derivante dalla quiescenza del medesimo per un determinato periodo di tempo, a cui consegue, tramite la procedura descritta, l'ablazione delle somme o dei valori finanziari di cui il rapporto consta, in favore di un fondo ministeriale per il risarcimento delle vittime di dissesti finanziari. Il problema cruciale risiede, come si è visto, nel fatto che la tecnica legislativa adottata, introducendo il concetto di libera disponibilità delle somme per farvi coincidere il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione di dette somme, ha concretizzato una ritenuto ammissibili ed accolto le domande articolate nei confronti di tale soggetto: ex multis, il già citato Trib. Venezia, sent. 24. 06. 2010, che nell'invocare il parametro di buona fede nell'esecuzione del mandato ricevuto dal cliente e relativo all'impiego del suo intero patrimonio per l'acquisto dei titoli divenuti incapienti, ha condannato la banca convenuta per non essersi astenuta dall'eseguire l'operazione di investimento ed aver omesso di fornire al cliente un'informativa adeguata riguardo al rischio intrinseco all'operazione; la nitidissima sentenza del Trib. Foggia, cit.; ed, ancora, Trib. Cagliari, sent. 3233/2010, e Trib. Trani, sent. n. 39/2011. regolamentazione settoriale della disciplina generale della prescrizione di cui all'art. 2935 c.c. che prevede, come termine iniziale del periodo prescrizionale, una data diversa (da) ed anteriore a quella in cui il diritto può essere fatto valere, risultandone una previsione ingiustificata, irrazionale e sperequativa per tutte quelle fattispecie in cui la dormienza non sia determinata da una carenza di interesse economico bensì dalla mancata conoscenza del rapporto di deposito, circostanza sufficiente ad escludere il realizzarsi della condizione di cui alla norma civilistica (possibilità di esercizio del diritto) affinchè il periodo di prescrizione inizi a decorrere. Inoltre, per quanto detto infra, la disciplina qui censurata non è giustificabile – nella sua arbitraria portata derogatoria al principio civilistico - neanche come legge speciale dettata da imperative esigenze di ordine pubblico, constatandosi un insanabile conflitto da essa prodotto con i principi fondanti del nostro ordinamento: si è a tal proposito illustrata la situazione di indebita ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia che si determina attraverso la preclusione della tutela giudiziaria susseguente ad un' anticipazione del termine prescrizionale iniziale, che di fatto impedisce la ripetizione delle utilità espropriate a quanti non fossero a conoscenza della loro esistenza alla data della libera disponibilità delle somme. Si tratta dunque non solo di una disciplina incompleta e parziale, per le ragioni esposte nel presente lavoro, ma finanche di un complesso di provvedimenti destituiti di ragionevolezza normativa, oltre che costituzionalmente iniqui nella loro formulazione, motivo per cui non si può che auspicarne la rimozione o, quanto meno, un adeguato intervento modificativo che ripari alla condizione di sostanziale illegalità venutasi a creare per le ragioni descritte. Le conseguenze applicative della normativa vigente, infatti, si traducono in una completa assenza di qualsivoglia tutela per i titolari dei depositi definiti "dormienti", i quali da un lato si ritrovano impoveriti dei risparmi loro sottratti in forza della procedura devolutoria mentre dall'altro vengono lasciati privi di un adeguato rimedio risarcitorio che consenta loro di assorbire, anche parzialmente, la perdita subita a seguito dell'ablazione di somme afferenti al rapporto estinto. Sarebbe quindi opportuno provvedere in tempi rapidi a colmare la grave lacuna normativa determinata dall'assenza di norme che prevedano e disciplinino compiutamente sia un meccanismo di ripetizione delle somme ablate, connesso alla manifestazione di un interesse del risparmiatore alla loro conservazione nella propria sfera patrimoniale, ove tale manifestazione si realizzi in epoca successiva alla loro devoluzione al Fondo ministeriale; sia, in via residuale e qualora non si possa addivenire alla ripetizione di tali somme per decorrenza del termine decennale, il diritto ad un risarcimento del danno che non sia solo "formale", ma proporzionato al valore del conto estinto. Quanto all'azione di ripetizione o rimborso delle somme già espropriate, invero il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha già impartito, con provvedimento del 3 novembre 2010, Istruzioni in materia di rimborso delle somme versate al Fondo di cui all'art. 1, comma 343 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - cosa di cui mette conto riferire come dato indubbiamente positivo31 - prevedendo apposita domanda di rimborso delle somme devolute al Fondo, presentabile dai soggetti individuati al punto 4. lett. a) e b) del provvedimento in questione (essenzialmente, i titolari dei rapporti devoluti ed i loro aventi causa, nonchè i richiedenti l'emissione degli assegni circolari e i rispettivi aventi causa)32 entro dieci anni a decorrere dalla data di devoluzione delle somme al fondo o 31 32 In precedenti comunicazioni, peraltro, il Ministero aveva già avuto modo di osservare che "la qualificazione come dormiente di un determinato conto non pregiudica il diritto alla restituzione al titolare." per il quale si era già prevista la possibilità di richiedere la restituzione delle relative somme alla banca o all'intermediario presso il quale risulta tale rapporto o direttamente al Ministero "entro il normale termine prescrizionale, nel caso in cui i relativi rapporti siano già stati trasferiti." ( vedansi, prot. n. 82165 del 8 agosto 2008, prot. n. 11439 del 13 febbraio 2009 e prot. n. 19677 dell' 11 marzo 2009, come integrate e modificate dal provvedimento del 2010 citato). Da un certo punto di vista, l'introduzione della domanda di rimborso entro il termine decennale decorrente dalla data di devoluzione al fondo (e dunque alla scadenza dei 180 giorni dalla comunicazione di cui all'art. 3, D.p.r. n. 116/2007), rappresenta il ribaltamento dell'originaria impostazione legislativa che fissava come ripetuto più volte la decorrenza alla data di libera disponibilità delle somme, segnando un sostanziale ritorno a quell' indirizzo giurisprudenziale minoritario che, in passato, ancorava l'attivazione del meccanismo prescrizionale all'estinzione del rapporto, individuabile nel giorno del recesso della banca dal medesimo – v. Trib. Catania, sent. 24 giu. 2004 - ed alla conseguente comunicazione di tale volontà al titolare, con la precisazione che la somma dovuta è a sua disposizione: cfr. Commentario al Codice Civile, dei singoli contratti, a cura di D. Valentino, Utet Giuridica, 2011, pag. 357. Le modalità di presentazione delle domande di rimborso sono dettagliatamente descritte ai punti da 5. a 11. della Circolare in esame, il cui testo può essere integralmente consultato sul sito ufficiale del MEF all'indirizzo WEB http://www.tesoro.it/depositi-dormienti/documenti/dep_dorm_istruzioni_2010.pdf dall'emissione dell'assegno circolare reclamato in rimborso33. Quanto, invece, al diritto al risarcimento, nelle ipotesi di inottemperanza dell'intermediario ai doveri informativi che gli incombono in forza della normativa analizzata, il relativo danno può ricondursi ad una responsabilità squisitamente contrattuale di costui ed è ricostruibile secondo lo schema della responsabilità per inadempimento dell'obbligazione negoziale di custodia delle somme e dell'obbligo di restituzione scaturente dal rapporto di deposito, incombenti sull'intermediario in forza del contratto costitutivo del rapporto in seguito classificato come quiescente e, soprattutto, per il disposto dell'art. 1834 c.c., in base al quale " nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa (...) è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante...". In base alla prospettiva qui accolta, il risarcimento del danno dovrà essere valutato sia in termini di damnum emergens, sia di lucrum cessans34, e, trattandosi di obbligazione avente ad oggetto somme di denaro, dovrà comprendere altresì gli interessi legali, salvo maggior danno documentato dal titolare del rapporto, alla stregua dei parametri di cui agli artt. 1223, 1224 e ss. del Codice Civile. Logica conseguenza di un sistema di ristòro del danno così ricostruito dovrebbe essere, da un lato, l'attribuzione al Ministero dell'Economia e delle Finanze della legittimazione passiva all' azione di ripetizione del deposito già eventualmente devoluto al Fondo, in quanto amministratore e legale rappresentante dello stesso; nonchè, la configurazione della legittimazione passiva dell'intermediario, inottemperante agli incombenti pubblicitari previsti dalla legge, rispetto all' azione risarcitoria qui ipotizzata. Dal lato attivo, invece, le azioni così delineate dovrebbero spettare, a rigor di logica e di diritto, al titolare del rapporto quiescente (o a terzi da egli delegati), od ancora ai suoi eredi e legittimi aventi causa, intesi come tutti quei soggetti che a titolo derivativo siano subentrati e così succeduti all'originario titolare del rapporto 33 34 Restano invece esclusi dal diritto di rimborso, in forza del provvedimento in oggetto, i beneficiari degli assegni circolari, una volta decorso il termine di prescrizione triennale di cui all'art. 84, comma 2, del Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736; i beneficiari degli importi relativi ai contratti di assicurazione sulla vita, non riscossi entro il termine di prescrizione biennale; i beneficiari dei buoni fruttiferi postali non riscossi entro il termine di prescrizione decennale. Non parrebbe scorretta una soluzione normativa che ponesse il correlativo obbligo di risarcimento del danno a carico dello stesso Fondo ministeriale in cui il conto ablato è ormai confluito. contrattuale per volontà del medesimo ovvero ex lege in caso di successione mortis causa35, ovverosia ai medesimi soggetti legittimati a presentare la domanda di rimborso. 35 Così, ancora, LUCIO GHIA, CARLO PICCININNI, FAUSTO SEVERINI, op. cit., nell'individuare gli "aventi causa", inclusi tra i legittimati alla domanda di rimborso dal provvedimento del MEF 3 nov. 2010.