LA
COSTITUZIONE
EUROPEA
Testo e Articoli
Storico-Filosofici
IL TESTO
COSTITUZIONALE
PRESENTAZIONE
 A Roma, il 29 ottobre 2004, 25 Paesi europei
hanno firmato il Trattato che adotta la
Costituzione europea.
 Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno 2004,
i 25 Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea
avevano già approvato la Costituzione per l'Europa.
Un risultato storico che consente di gettare basi
solide e importanti per l'Unione europea e dare uno
nuovo slancio al cammino comunitario.
Il testo del Trattato costituzionale europeo unifica
in un documento organico tutti i precedenti
trattati, da quelli più lontani di Roma del 1957 fino
ai più recenti di Maastricht e Nizza. La
Costituzione europea dovrà essere ratificata da
tutti i 25 Paesi membri dell'Unione: alcuni Stati lo
faranno per via parlamentare, altri con referendum
popolari. La Costituzione, una volta ratificata da
tutti gli Stati, entrerà in vigore il 1° novembre
 Il testo della Costituzione approvato lo scorso 18
giugno, prevede maggiori poteri per il Parlamento
europeo rispetto al passato. Come avviene oggi,
esso eserciterà, insieme al Consiglio europeo, la
funzione legislativa e quella di bilancio, ma avrà
l'ultima parola su tutte le spese dell'Unione.
Elegge il presidente della Commissione europea e
ratificherà la nomina del ministro degli Esteri e dei
membri della Commissione. Mantiene il potere
esclusivo di censura sulla Commissione, come
avvenne 5 anni fa con la Commissione Santer. Una
novità rispetto alla bozza presentata dalla
Convenzione guidata da Valery Giscard d'Estaing, è
che il Parlamento europeo potrà raggiungere al
massimo 750 parlamentari - quando entreranno 3
nuovi Stati membri. Inoltre è stato fissato un
numero mimino e massimo di deputati per ciascun
Paese: 6 e 96.
LE TAPPE CHE HANNO
PORTATO ALL’
APPROVAZIONE DELLA
COSTITUZIONE
 Dicembre 2001 - Consiglio di Laenken
 Viene approvata la "dichiarazione di
Laenken" che istituisce la Convenzione
incaricata di preparare una bozza di
Costituzione europea. La Convenzione
riunisce i principali soggetti interessati al
dibattito sul futuro dell'Unione, tra cui i
rappresentanti di tutti gli Stati membri e
dei Paesi candidati all'adesione, nonché i 16
rappresentanti del Parlamento europeo. La
Convenzione, presieduta da Valery Giscard
d'Estaing, ha adottato lo stesso modus
operandi che il Parlamento europeo aveva
 28 febbraio 2002 - inizio dei lavori
della Convenzione
 Nella sede del Parlamento europeo
di Bruxelles si tiene la riunione
costitutiva della Convenzione.
 20-21 giugno 2003 - Consiglio europeo
di Salonicco
 Al vertice nella città greca, Valery
Giscard d'Estaing presenta
formalmente ai Capi di Stato e di
Governo il testo delle prime due Parti
del Progetto di Trattato costituzionale
elaborato dalla Convenzione. Il
Vertice europeo convoca la Conferenza
Intergovernativa incaricata di mettere
a punto il testo definitivo della
Costituzione.
 10 luglio 2003 - Chiusura dei lavori della
Convenzione
 La Convenzione conclude i suoi lavori e adotta
per consenso il testo completo della
Costituzione per l'Europa.
 18 luglio 2003 - Consegna del testo elaborato
dalla Convenzione
 Giscard d'Estaing consegna all'Italia,
presidente di turno dell'Ue, il testo definitivo
che dovrà essere discusso dalla CIG, la
Conferenza Intergovernativa.
 4 ottobre 2003 - Al via la CIG a Roma.
 La prima riunione della Conferenza
Intergovernativa si tiene a Roma, sotto
la Presidenza italiana dell'Ue. Secondo
il Parlamento europeo il testo finale da
adottare si sarebbe dovuto discostare il
meno possibile dal progetto adottato
dalla Convenzione. I capi di Stato e di
Governo adottano la Dichiarazione di
Roma.
 12-13 dicembre 2003 - Vertice europeo
 I Capi di Stato e di Governo riuniti a
Bruxelles, non raggiungono un accordo sulla
Costituzione europea il cui Testo uscito dalla
Convenzione è stato rivisto e corretto. Ci
sono problemi soprattutto sulla formula del
voto a maggioranza qualificata e sulla sua
applicazione, ma anche sulla composizione
della Commissione e su alcuni temi economici.
Il testimone passa alla presidenza irlandese
dell'Ue.
 25-26 marzo 2004 - Vertice europeo
 I leader dei paesi dell'Ue, riuniti a
Bruxelles, si impegnano formalmente a
ricercare un accordo per dare
all'Unione una Costituzione entro
giugno.
 17-18 giugno - Vertice europeo
 Dopo un primo accordo fra i Ministri degli
Esteri dei 25, i Capi di Stato e di Governo
dei 25 raggiungono un compromesso sui punti
ancora aperti del testo della Costituzione
europea.
 Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno
2004, i 25 Capi di Stato e di Governo
dell'Unione europea, hanno approvato la
Costituzione per l'Europa.
 29 ottobre 2004. Firmata a Roma la
Costituzione Europea.
IL PREAMBOLO INIZIALE ED
I PRIMI DIECI ARTICOLI:

PREAMBOLO

SUA MAESTÀ IL RE DEI BELGI, IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA CECA, SUA MAESTÀ LA REGINA DI DANIMARCA,
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI ESTONIA, IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA ELLENICA, SUA MAESTÀ IL RE DI SPAGNA,
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE, LA PRESIDENTE
DELL'IRLANDA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA,
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CIPRO, LA PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA DI LETTONIA, IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA DI LITUANIA, SUA ALTEZZA REALE IL GRANDUCA
DEL LUSSEMBURGO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI
UNGHERIA, IL PRESIDENTE DI MALTA, SUA MAESTÀ LA
REGINA DEI PAESI BASSI, IL PRESIDENTE FEDERALE DELLA
REPUBBLICA D'AUSTRIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI
POLONIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PORTOGHESE, IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA, IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA SLOVACCA, LA PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA DI FINLANDIA, IL GOVERNO DEL REGNO DI
SVEZIA, SUA MAESTÀ LA REGINA DEL REGNO UNITO DI GRAN
BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
 ISPIRANDOSI alle eredità culturali, religiose e umanistiche
dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei
diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà,
della democrazia, dell'uguaglianza, e dello Stato di diritto;
CONVINTI che l'Europa, ormai riunificata dopo esperienze
dolorose, intende avanzare sulla via della civiltà, del
progresso e della prosperità per il bene di tutti i suoi
abitanti, compresi i più deboli e bisognosi; che vuole restare
un continente aperto alla cultura, al sapere e al progresso
sociale; che desidera approfondire il carattere democratico e
trasparente della vita pubblica e operare a favore della pace,
della giustizia e della solidarietà nel mondo;
PERSUASI che i popoli d'Europa, pur restando fieri della loro
identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare
le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a
forgiare il loro comune destino;
CERTI che, "Unita nella diversità", l'Europa offre ai suoi
popoli le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei
diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro
responsabilità nei confronti delle generazioni future e della
Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio
privilegiato della speranza umana;
RISOLUTI a proseguire l'opera compiuta nel quadro dei
trattati che istituiscono le Comunità europee e del trattato
sull'Unione europea, assicurando la continuità dell'acquis
comunitario;

HANNO DESIGNATO COME PLENIPOTENZIARI:

SUA MAESTÁ IL RE DEI BELGI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CECA
SUA MAESTÁ LA REGINA DI DANIMARCA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI ESTONIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ELLENICA
SUA MAESTÁ IL RE DI SPAGNA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE
LA PRESIDENTE DELL'IRLANDA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CIPRO
LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LETTONIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LITUANIA
SUA ALTEZZA REALE IL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIA
IL PRESIDENTE DI MALTA
SUA MAESTÁ LA REGINA DEI PAESI BASSI
IL PRESIDENTE FEDERALE DELLA REPUBBLICA D'AUSTRIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI POLONIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PORTOGHESE
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SLOVACCA
LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI FINLANDIA
IL GOVERNO DEL REGNO DI SVEZIA
SUA MAESTÁ LA REGINA DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E
IRLANDA DEL NORD

I QUALI, dopo avere scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e
debita forma, hanno convenuto le disposizioni che seguono:
PARTE I, TITOLO I
DEFINIZIONE E OBIETTIVI
DELL'UNIONE
 ARTICOLO I-1
 Istituzione dell'Unione
 1. Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati
d'Europa di costruire un futuro comune, la
presente Costituzione istituisce l'Unione europea,
alla quale gli Stati membri attribuiscono
competenze per conseguire i loro obiettivi comuni.
L'Unione coordina le politiche degli Stati membri
dirette al conseguimento di tali obiettivi ed
esercita sulla base del modello comunitario le
competenze che essi le attribuiscono.
 2. L'Unione è aperta a tutti gli Stati europei che
rispettano i suoi valori e si impegnano a promuoverli
congiuntamente.
 ARTICOLO I-2
 Valori dell'Unione
 L'Unione si fonda sui valori del rispetto
della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di
diritto e del rispetto dei diritti umani,
compresi i diritti delle persone appartenenti
a una minoranza. Questi valori sono comuni
agli Stati membri in una società
caratterizzata dal pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla
giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra
donne e uomini.




ARTICOLO I-3
Obiettivi dell'Unione
1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il
benessere dei suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia senza frontiere interne e un mercato interno nel quale la
concorrenza è libera e non è falsata.
3. L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato
su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su
un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira
alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello
di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa
promuove il progresso scientifico e tecnologico.
L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e
promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e
uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del
minore.
Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la
solidarietà tra gli Stati membri.
Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e
vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale
europeo.
4. Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e
promuove i suoi valori e interessi. Contribuisce alla pace, alla
sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al
rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo,
all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in
particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo
 ARTICOLO I-4
 Libertà fondamentali e non discriminazione
 1. La libera circolazione delle persone, dei
servizi, delle merci e dei capitali e la
libertà di stabilimento sono garantite
dall'Unione ed al suo interno in conformità
della Costituzione.
 2. Nel campo d'applicazione della
Costituzione e fatte salve le disposizioni
particolari da essa previste, è vietata
qualsiasi discriminazione in base alla
nazionalità.
ARTICOLO I-5
 Relazioni tra l'Unione e gli Stati membri
 1. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati
membri davanti alla Costituzione e la loro identità
nazionale insita nella loro struttura fondamentale,
politica e costituzionale, compreso il sistema
delle autonomie locali e regionali. Rispetta le
funzioni essenziali dello Stato, in particolare le
funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale,
di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela
della sicurezza nazionale.
 2. Secondo il principio di leale cooperazione,
l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si
assistono reciprocamente nell'adempimento dei
compiti derivanti dalla Costituzione.
Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere
generale o particolare atta ad assicurare
l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla
Costituzione o conseguenti agli atti delle istituzioni
dell'Unione.
Gli Stati membri facilitano all'Unione

 ARTICOLO I-6
 Diritto dell'Unione
 La Costituzione e il diritto adottato dalle
istituzioni dell'Unione nell'esercizio delle
competenze a questa attribuite prevalgono
sul diritto degli Stati membri.
 ARTICOLO I-7
 Personalità giuridica
 L'Unione ha personalità giuridica.
 ARTICOLO I-8
 I simboli dell'Unione
 La bandiera dell'Unione rappresenta un
cerchio di dodici stelle dorate su sfondo
blu.
 L'inno dell'Unione è tratto dall'"Inno alla
gioia" della Nona sinfonia di Ludwig van
Beethoven.
 Il motto dell'Unione è: "Unità nella
diversità".
 La moneta dell'Unione è l'euro.
 La giornata dell'Europa è celebrata il 9
maggio in tutta l'Unione.
TITOLO II
DIRITTI FONDAMENTALI E
CITTADINANZA DELL'UNIONE
 ARTICOLO I-9
 Diritti fondamentali
 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i
principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali
che costituisce la parte II.
 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea di
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali. Tale adesione non modifica le
competenze dell'Unione definite nella Costituzione.
 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla
Convenzione europea di salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti
dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri,
 ARTICOLO I-10
 Cittadinanza dell'Unione
 1. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di
uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge
alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.
 2. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai
doveri previsti nella Costituzione.
Essi hanno:
 a) il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri;
 b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del
Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato
membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di
detto Stato;
 c) il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel
quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è
rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e
consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei
cittadini di detto Stato;
 d) il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di
ricorrere al mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni o
agli organi consultivi dell'Unione in una delle lingue della
Costituzione e di ricevere una risposta nella stessa lingua.
 Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti
ARTICOLI
STORICOFILOSOFICI
Libertà di religione e
Costituzione Europea

Il caso dell’Italia

Le seguenti considerazioni derivano dalla nostra esperienza di cittadini
italiani: l’art. 7 della nostra Costituzione stabilisce che il Concordato
con la Chiesa cattolica non può essere sciolto se non per accordo di
entrambe le parti. La Repubblica italiana e la Chiesa cattolica sono
quindi poste sullo stesso piano e ciò conferisce alla Chiesa cattolica un
ruolo ufficiale che comporta una serie nefasta di conseguenze.
La prima di tali conseguenze è la violazione dell’art. 3 della
Costituzione che stabilisce che tutti i cittadini sono eguali davanti alla
legge. In realtà non lo sono: i cittadini di religioni o comunità di fede
diverse dalla cattolica e i cittadini senza appartenenza religiosa (atei,
agnostici, liberi pensatori, persone che non hanno nessuna fede
religiosa) sono de facto discriminati in molti ambiti quali l’insegnamento
della religione nella scuola, l’esposizione di simboli religiosi in tutti gli
edifici pubblici, il finanziamento pubblico di oratori, di istituti e di Ong
a carattere religioso, la presenza di rappresentanti delle religioni a
cerimonie pubbliche, il tempo dedicato dalla radio e dalla TV pubbliche
al Papa le cui dichiarazioni sono spesso anteposte a quelle del
Presidente della Repubblica, agli eventi religiosi, ai miracoli, alle
madonne piangenti, ai preti esorcisti e così via. Il Concordato del 1984
e il Governo Berlusconi hanno accresciuto ulteriormente i privilegi della

 Il Ministro della pubblica istruzione ha nominato un cardinale
come consulente del Ministero per le questioni attinenti
all’etica. La presenza ufficiale nel processo di governo di un
consulente religioso ottunde e mina le basi della democrazia,
perché la legittimità di un Governo risiede esclusivamente nel
mandato ricevuto dal popolo sovrano e il ricorso a una fonte
di legittimità esterna ad esso rappresenta un suo
inequivocabile indebolimento. Tanto più se la fonte esterna in
questione è l’esponente di una religione che, in quanto tale,
basa la propria etica su un messaggio trascendente che solo i
suoi seguaci possono essere in grado di apprezzare. Inoltre,
essendo la Chiesa cattolica una teocrazia la cui gerarchia non
è eletta - né è responsabile dei propri atti - non dovrebbe
essere considerata allo stesso livello di un governo
democraticamente eletto.
 È attualmente all’esame del Parlamento un disegno di legge
sulla libertà religiosa che, per la prima volta, riconosce
esplicitamente la libertà di non avere alcuna religione. Ci
auguriamo che abbia come effetto di legittimare i non
credenti e le loro associazioni presso le istituzione della
Repubblica poiché, fino a ieri, ogni richiesta, da parte
dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), di
essere sentiti su questioni quali l’insegnamento della religione
nelle scuole è stata da esse ignorata o respinta perché…non
siamo una religione! L’UAAR ha condotto una campagna di
 L’Europa e la libertà religiosa
 L’Articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali
assicura la libertà di religione e la libertà di
cambiare religione ma non menziona la libertà di
non avere religione alcuna. Ci sono due possibili
interpretazioni di tale omissione: a) che questa
libertà è ovvia e non necessita di essere esplicitata
e, b) che ai cittadini senza religione tale libertà
non si applica. Una simile omissione sarebbe
inconcepibile nella Costituzione europea, sia per le
ragioni esposte in precedenza, sia perché tutti gli
stati membri hanno firmato e ratificato le
Conclusioni dell’Incontro di Vienna del 1986 sulla
sicurezza e la cooperazione in Europa1 la quale
afferma che i governi si impegnano a favorire
l’effettiva eguaglianza tra credenti e non credenti
e a promuovere un clima di tolleranza e rispetto
reciproci tra cittadini di differenti comunità
religiose e tra credenti e non credenti.
 La maggioranza dei cittadini europei sono, tutt’al più,
indifferenti alla religione e al credo religioso.2 Alcuni
appartengono ad associazioni filosofiche e non confessionali,
alcuni a comunità di pensiero o di fede, ma la grande
maggioranza di essi non sentono il bisogno di associarsi su
temi che ritengono essere di natura strettamente privata.
Confidano che il loro parlamento e il loro governo
raggiungeranno la migliore soluzione di compromesso,
rispettosa di tutti, su temi etici che riguardano la
cittadinanza nel suo complesso. Si tratta di un rapporto di
fiducia giusto e prezioso, l’essenza della democrazia. Tuttavia
se a una religione fosse permesso di fare pressione o di
pronunciarsi ufficialmente su tematiche riguardanti il processo
decisionale, ciò creerebbe un privilegio per i cittadini
appartenenti a quella religione. Tale privilegio comporterebbe
inevitabilmente la discriminazione dei non credenti e dei
cittadini appartenenti a minoranze religiose, cioè della
maggior parte della popolazione europea.
 I nostri Paesi hanno sottoscritto il principio secondo il quale
lo Stato è tenuto ad assicurare ai cittadini l’esercizio
effettivo dei propri diritti; quindi essi sono tenuti ad
attribuire lo stesso peso ai credenti e ai non credenti, ai
cittadini singoli e a quelli associati. Pertanto, le associazioni
religiose e le associazioni filosofiche non confessionali devono
godere degli stessi benefici relativi alla libertà religiosa

La Costituzione europea

Una Costituzione non è un documento filosofico e perciò ogni
riferimento alla storia - comunque soggetto a interpretazioni di
parte - è superfluo. Inoltre, considerato che i futuri allargamenti
dell’UE ci trasformeranno in una popolazione più ricca, variegata e
differenziata di 480 milioni di abitanti, sarà necessario che la
Costituzione ne tenga conto, evitando ogni privilegio e conseguente
discriminazione.
La citazione nella Costituzione di un “patrimonio religioso”,3
accettabile per chi ritiene che il Diritto e la Legge ci vengano da
una autorità o una ispirazione celeste, è estranea ai principi della
democrazia parlamentare; va comunque ricordato che, fino alla
prima metà del ventesimo secolo, la Chiesa cattolica si è opposta a
molti dei grandi principi fondanti della nostra democrazia. In ogni
caso, il dibattito attuale sulle “radici cristiane” d’Europa è mal
impostato per due ragioni. La prima è che nessuno nega l’influsso del
Cristianesimo, sebbene pochi ricordino che tale influsso è stato
spesso assai deprecabile - come i troppo scarsi pentimenti del Papa
testimoniano - e non è assolutamente unico, dal momento che è al
Rinascimento e all’Illuminismo che dobbiamo la libertà di religione e i
valori della nostra politica cui teniamo maggiormente. Inoltre, la
storia ci insegna che l’intolleranza religiosa - e quindi le guerre di
religione - sono un prodotto delle religioni monoteistiche che ancora
oggi affermano di essere le uniche a detenere la verità. La
dichiarazione Dominus Jesus della Congregazione vaticana per la
diffusione della fede (agosto 2000)4 è illuminante in questo senso.

 La seconda ragione è che un riferimento alle radici
cristiane dell’Europa equivarrebbe, all’atto pratico,
al riconoscimento del ruolo ufficiale delle religioni
nel processo pubblico europeo. Ciò non solo
aprirebbe la via alle richieste da parte degli
esponenti delle chiese di considerare come diritti
acquisiti i loro attuali privilegi, ma consentirebbe
loro di opporsi ad ogni misura considerata contraria
alla dottrina, in particolare nell’ambito della libertà
di coscienza, famiglia, educazione, vita sessuale
(La Santa Sede ha condannato il Field Manual
dell’Alta Commissariato per i Rifugiati dell’ONU
utilizzato nei campi profughi perché raccomanda la
contraccezione), ricerca scientifica, ecc.
 L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
richiede la vostra piena attenzione sui temi sopra
trattati.
 Aprile 2002






NOTE
1. CONCLUSIONS de la réunion de Vienne 1986 des représentants des
Etats qui ont participé à la Conférence sur la sécurité et la coopération en
Europe, convoquée sur la base des dispositions de l’Acte final relatif aux
suites de la Conférence.
[...] (16) Afin d’assurer la liberté des individus de professer et de pratiquer
une religion ou une conviction, les Etats membres, entre autre:
(16.1) adopteront des mesures efficaces tendant à empêcher et éliminer
toute discrimination basée sur la religion ou la conviction des individus et des
communauté pour ce qui est de la reconnaissance, l’exercice et la jouissance
des droits de l’homme et des libertés fondamentales dans tous les secteurs
de la vie civile, politique, économique, sociale et culturelle et assureront
l’égalité effective entre croyants et non croyants;
(16.2) favoriseront un climat de tolérance et de respect réciproque entre
les croyants des différentes communautés ainsi qu’entre croyants et noncroyants;
(17)...Dans leurs lois et règlements et dans leur application (les Etats)
assureront la mise en œuvre pleine et effective de la liberté de pensée, de
conscience, de religion ou conviction;

2. Dall’accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa, edito
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2001: «Le identità, infatti,
non possono che essere fuse nei calchi dei principi supremi di uguaglianza e
libertà che la Costituzione ha predisposto, né possono, ove si dovesse
“esaltare” qualsiasi tipo di diversità in quanto religiosa , creare spazi di
privilegio per i “credenti” a scapito non di altri “credenti” (tutti in un
sistema ottomano potrebbero ottenere il privilegio della specialità), ma di
quei “non credenti” che - lo si voglia o non - sono in realtà la vera
maggioranza dell’Europa occidentale del Duemila».

3. Dall’ufficio stampa del Vaticano (da Internet) - 23 febbraio 2002

3. La mia preoccupazione più grande per l'Europa è che essa conservi e
faccia fruttificare la sua eredità cristiana. Non si può, infatti, negare che il
continente affondi le proprie radici, oltre che nel patrimonio greco-romano,
in quello giudaico-cristiano, che ha costituito per secoli la sua anima più
profonda. Gran parte di quello che l'Europa ha prodotto in campo giuridico,
artistico, letterario e filosofico ha un'impronta cristiana e difficilmente può
essere compreso e valutato se non ci si pone in una prospettiva cristiana.
Anche i modi di pensare e di sentire, di esprimersi e di comportarsi dei
popoli europei hanno subito profondamente l'influsso cristiano.
Purtroppo, alla metà dello scorso millennio ha avuto inizio, e dal Settecento
in poi si è particolarmente sviluppato, un processo di secolarizzazione che ha
preteso di escludere Dio e il cristianesimo da tutte le espressioni della vita
umana.
Il punto d’arrivo di tale processo è stato spesso il laicismo e il secolarismo
agnostico e ateo, cioè l'esclusione assoluta e totale di Dio e della legge
morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana. Si è relegata così la
religione cristiana entro i confini della vita privata di ciascuno. Non è
significativo, da questo punto di vista, che dalla Carta d'Europa sia stato
tolto ogni accenno esplicito alle religioni e, quindi, anche al cristianesimo? Ho
espresso il mio rammarico per questo fatto, che ritengo antistorico e
offensivo per i Padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente
spetta ad Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la Fondazione che voi qui
rappresentate.

4. Il «vecchio» continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua
anima e per non perdere ciò che l'ha reso grande nel passato e ancora oggi
lo impone all'ammirazione degli altri popoli. E' infatti in virtù del messaggio
cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della
dignità e dell'inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della
dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita
dignitosa e sicura e quindi alla partecipazione ai beni della terra, destinati
da Dio al godimento di tutti gli uomini.
Indubbiamente all'affermazione di questi valori hanno contribuito anche altre
forze al di fuori della Chiesa, e talora gli stessi cattolici, frenati da
L'Europa pacifista
tra Kant e Machiavelli
di EUGENIO SCALFARI

Rispondo, perché direttamente chiamato in causa anche se non nominato con
una "pudicizia" di cui mi sfugge il senso, all'articolo di Ernesto Galli Della
Loggia pubblicato come fondo dal "Corriere della Sera" di domenica 23
febbraio con il titolo "Europa e America, il grande freddo". In esso il Della
Loggia riassume molto bene un mio articolo di domenica 16 febbraio,
all'indomani dei grandi cortei sulla pace svoltisi il giorno prima in tutta
Europa e in molte altre parti del mondo e pone la seguente questione: il
pacifismo europeo - che ha con sé la grande maggioranza dello spirito
pubblico del continente - è nato dopo le due grandi guerre che sconvolsero i
nostri territori e li insanguinarono con milioni e milioni di morti.
Da allora gli europei bandirono la guerra e anche la politica (così sempre
Della Loggia) dal proprio orizzonte mentale affidando le loro sorti alle forze
socialdemocratiche e cattoliche, intrinsecamente pacifiste, e
s'incamminarono verso la meta di un'Europa unita e pacifica. La quale prosegue il Nostro - non riesce tuttavia a compiersi poiché, come ogni
soggetto istituzionale e politico, non può fondarsi su un sentimento di
pacifismo assoluto e antipolitico. E' quindi una favola quella di un popolo
europeo che dal basso superi le riserve dei governi nazionali e imponga
speditamente l'unità politica del continente.
Questa unità, avendo come base un pacifismo ideologico e quindi antipolitico,
è impensabile per definizione. "In senso profondo prefigurerebbe un vero e
proprio rovesciamento della stessa storia europea: la rivincita di Kant su
Machiavelli. Ma in un mondo che continuerebbe ad ispirarsi al grande

Conclusione: diverso sarebbe se una determinata guerra viene rifiutata con
specifiche motivazioni sulle quali si può consentire e dissentire. Ma se il
rifiuto comprende tutte le guerre e quindi il concetto stesso di guerra in
quanto tale, ciò esclude l'esercizio della sovranità che fa tutt'uno con l'uso
della forza. Il preteso popolo europeo pacifista ad oltranza è dunque una
fanfaluca ideologica che si dimostrerà impotente a produrre alcunché di
costruttivo e di duraturo. Fin qui la tesi del mio contraddittore che, come
spesso gli accade, volendo dimostrare troppo finisce col dimostrare assai
poco se non nulla affatto.

* * *
E' vero: dal 1945 ad oggi e presumibilmente per molti e molti anni a venire
lo spirito pubblico europeo ha rifiutato il concetto di mattatoio che aveva
tristissimamente sperimentato sulle proprie carni e ha spinto in vari modi i
propri governi nazionali a fare proprio il motto: [ab]mai più guerre tra di
noi[bb]. Quel mattatoio - sia qui incidentalmente ricordato - non era
cominciato nel 1914 e poi ripreso nel '39; aveva radici infinitamente più
antiche ed aveva regalato all'Europa secoli e secoli di guerre, carestie,
pestilenze e uno sterminato ossario di vittime, con insulse anche se non
ideologiche motivazioni dinastiche e/o religiose. Non starò ad enumerare le
tappe del mattatoio che presumo siano note a tutti e che finì poi per
estendersi anche ad altre parti del mondo come proiezione della politica di
potenza della Spagna, della Francia, delle Provincie Unite, dell'Inghilterra,
dell'Austria, della Prussia, della Russia. La prima vera guerra ideologica fu
quella della Francia repubblicana e poi napoleonica (altri milioni di morti) che
cominciò come difensiva, si trasformò in strumento di diffusione della libertà
e della democrazia contro i regimi assolutistici, per divenire infine guerra
imperiale e imperialistica. Naufragò a Sant'Elena, ma il mattatoio,
purtroppo, continuò su scala industriale, anzi tecnologica. Questa situazione
è stata rovesciata - mi auguro per sempre - sessant'anni fa. Da chi? Lo
dice anche il Della Loggia: dallo spirito pubblico europeo che decise di
rifiutare la guerra. Quale guerra, questa, quella, quell'altra? No: ogni
guerra che insanguinasse ancora il continente. E con quali mezzi quello spirito

***
La Francia repubblicana dell'Ottantanove volle esportare la
Repubblica e la democrazia nell'Europa ancora feudale, anzi
assolutistica. Ci riuscì? Propongo la questione perché è quanto mai
attuale alla vigilia d'una guerra "preventiva" che si propone obiettivi
analoghi e altrettanto "filantropici" di liberazione di popoli oppressi.
Ebbene sì, ci riuscì. Ma dove? Ci riuscì nei Paesi Bassi, nelle regioni
economicamente evolute al di là del Reno, nell'Italia padana.
Non ci riuscì in Brandeburgo, nell'Italia del Sud, nella Spagna
sanfedista, in tutti i paesi che, al di là dell'Elba, non conoscevano
né borghesia né capitalismo ma soltanto latifondo, burocrazia,
"anime morte" e poteri per censo e diritto divino mescolati insieme.
Se c'è da trarre una morale (con tutte le cautele del caso) è
questa: un sistema politico si può esportare in paesi con condizioni
sociali consimili a quelle del paese esportatore, altrimenti l'innesto
non attecchisce. La Camera dei Comuni era impensabile nell'India
castale e infatti gli inglesi non ci pensarono neppure. E così accadde
dovunque nel periodo coloniale. Affinché l'innesto attecchisca
bisogna non dico abolire ma mitigare la povertà e tutto quanto ne
segue. Si vuol sapere perché si è contrari (chi lo è) all'imminente
guerra irachena? Una ragione è questa: non si innesta la libertà
politica in culture completamente diverse e dove il reddito è sotto il
livello della sussistenza. Non ha funzionato neppure in Egitto, né in
Siria, né in Giordania, né nella penisola arabica, né in Afghanistan,
né in Pakistan.
E neppure in Algeria e in Marocco, dove pure una borghesia c'è e il

* **
Personalmente sono da sempre un cultore del Machiavelli. Anche del Guicciardini. E sono
assai devoto del pensiero kantiano (e non dell'hegeliano). Kant deriva per filo diretto
dall'Illuminismo, anzi fu un grandissimo illuminista. Hegel nient'affatto. Kant laicizzò il
divino, Hegel lo rimise in trono. "Decapitaro Immanuel Kant Iddio/Massimiliano
Robespierre il Re": era un po' approssimativo il Carducci e ci andava giù di grosso ma
spesso coglieva il punto. Che cosa vuol dire il Della Loggia quando si avventura su Kant e
su Machiavelli? Che la politica, cioè il Potere, ignorano l'etica? Che il fine giustifica i
mezzi? Che Platone è una testa di rapa? Che la colpa del mattatoio è dei giacobini e i
giacobini essendo figli di Voltaire o meglio di Rousseau, spetta dunque al povero
Rousseau la responsabilità del Gulag?
Alcune di queste cose le ha scritte più volte, altre le ha sottintese; del resto non è
stato il solo. Ma mi permetto di dire che sono baggianate. Machiavelli si era posto un
problema e si era fatto una domanda: quali fossero i modi per rendere efficiente il
Potere e per conquistarlo, e aveva risposto: commisurare i mezzi al fine, calcolare diremmo noi oggi - i costi e i benefici.
Lo stesso Machiavelli si pose, in altre stanze del suo pensiero, altre domande tra le
quali anche domande sull'etica, cioè sul bene comune, cioè sui fini del Potere e non
soltanto del Potere come fine. Infatti piaceva sia al De Sanctis che al Croce. Perché
distingueva. Affrontava distintamente problemi distinti. Non si pose mai, il Machiavelli,
la domanda sui rapporti tra l'etica e la politica. Analizzava, non cercava la sintesi.
Kant, dal canto suo, studiò, anzi inventò la conoscenza e la logica trascendentali. Ogni
persona dotata di buonsenso capisce che non si tratta di parteggiare per l'uno o per
l'altro, che sarebbe poi l'ennesima baggianata. Si tratta invece di sapere che nella
cultura moderna e in particolare nella cultura democratica moderna il Potere non può
esimersi da un rapporto con l'etica.
Questo, almeno questo, lo dobbiamo a Rousseau e a Diderot. Ed anche ad Adam Smith
e alle sue considerazioni morali. Mi permetto di usare un esempio terra terra perché ho
sempre il timore di non essere capito bene: Aznar ha oggi buone ragioni di temere che
alle prossime elezioni i socialisti (pacifisti senza né "se" né "ma") di Zapatero
riconquisteranno il governo del Paese. Anche Blair in casa propria qualche guaio ce l'ha.
Berlusconi, da quel formidabile venditore di tappeti che è, questi pericoli li ha già
avvistati per primo; infatti è preoccupatissimo e naviga a vista sperando almeno
nell'"imprimatur" dell'Onu. Con questo non voglio identificare il pacifismo con l'etica ma
 * * *
Comunque: non mi sento un Gino Strada; tra l'altro
lui fa una vita meritoria quanto impossibile;
confesso che non sono un apostolo e quella vita non
saprei né vorrei farla. Per dire: non credo alla fine
della storia e quindi neppure al pacifismo integrale
che sarebbe il paradiso in terra. Ma credo che
anche le grandi utopie, oltre che i grandi interessi,
muovano il corso della storia e il pacifismo
integrale (o ideologico come sento dire con
schifiltoso disprezzo) è una grande utopia che può
muovere la storia e forse ha già cominciato a
muoverla.
E credo, per venire a noi, che questa guerra
preventiva contro l'Iraq sia una grande imbecillità.
Monsignor Tauran, segretario di Stato vaticano agli
Esteri, ha detto l'altro ieri che questa guerra
sarebbe un crimine. Lui se lo può permettere
perché ha il Vicario di Cristo in casa. Io mi limito
UN PARADOSSO? UNA
COSTITUZIONE EUROPEA SENZA
RICHIAMI AL CRISTIANESIMO
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
Perché nella Costituzione Europea è assente il riferimento alle radici
cristiane del continente? Perché non si fa neanche cenno al Cristianesimo
nella futura costituzione Europea?
Forse in nome di quell'illuminismo che viene considerato come patrimonio di
idee di una rinascita del pensiero e della ragione, come se prima essi non
fossero stati presenti nella nostra storia? E' stato forse l'Illuminismo a fare
l'Europa?
O forse perché si vuole sgomberare il campo a future incomprensioni con
nazioni che vogliono entrare nella nuova Europa?
Eppure grandi uomini di pensiero hanno dato il loro contributo di idee per la
nascita di una nuova comunità Europea che sappia costruire il futuro
guardando al passato storico. Basti pensare a Goethe che così diceva: «La
lingua materna dell'Europa è il cristianesimo». Oppure a Emmanuel Kant più
esplicito sul collante che ha unito tanti popoli diversi in un unico grande
sogno: «Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà».
Cosa vogliamo fare? Per facilitare la strada alle altre nazioni, di religioni
diverse, che ambiscono ad entrare nel Sogno Europeo, già da ora vogliamo
mettere da parte le nostre radici? La nostra memoria storica? Quel
"Pensare" al passato ed al suo patrimonio di cultura e tradizione religiosa
senza il quale non esiste futuro?
Vogliamo scendere a compromesso per facilitare un certo amalgama tra etnie
diverse, culture diverse e popoli diversi? Fino a che punto pensiamo di essere
fedeli alle linee dei padri d'Europa: i De Gasperi, gli Shumann e gli
Adenauer?
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

Non dimentichiamo ciò che ha detto Papa Giovanni Paolo II ai
partecipanti al convegno "Verso una Costituzione Europea", tenutosi
dal 20 al 22 giugno 2002:
"...occorrerà perciò ispirarsi, con fedeltà creativa, a quelle radici
cristiane che hanno segnato la storia europea. Lo esige la memoria
storica, ma anche, e soprattutto, la missione dell'Europa, chiamata,
ancora oggi, ad essere maestra di vero progresso, a promuovere una
globalizzazione nella solidarietà e senza marginalizzazioni, a
concorrere all'edificazione di una pace giusta e duratura al suo
interno e nel mondo intero, ad intrecciare tradizioni culturali diverse
per dar vita a un umanesimo in cui il rispetto dei diritti, la
solidarietà, la creatività permettano ad ogni uomo di realizzare le
sue più nobili aspirazioni".
Già un altro pontefice, prima di lui, aveva detto che l'Europa «nasce
dalla croce, dal libro e dall'aratro».
Anche il Patriarcato ortodosso di Mosca ha preso posizione per la
difesa dei valori cristiani in Europa. Per la prima volta a fianco della
Chiesa cattolica il patriarcato ha definito la bozza di Carta
«deplorevolmente inaccurata dal punto di vista storico», criticando
«i pregiudizi ideologici» di natura laicista e antropocentrica che ne
sarebbero posti alla base, oltre che l’assenza di riferimenti espliciti
alle radici cristiane del continente. «Escludendo le radici dell’eredità
culturale, religiosa e umanistica dell'Europa, essa ignora
completamente il periodo storico compreso tra il IV e il XVIII
secolo, quando la Cristianità esercitò un influsso decisivo sullo
sviluppo dei Paesi europei», così la nota del Patriarcato di Mosca,
che aggiunge: «Questo significa riscrivere la storia sulla base di



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Non dimentichiamo ciò che affermò Martin Heidegger nella sua opera
Sentieri interrotti: «Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà,
perché il mondo diventa sempre più povero. È già diventato tanto povero da
non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza».
Possibile che sia vero ciò che Fëdor Michajlovic Dostoevskij con veemenza
gridava: «L'Europa ha rinnegato Cristo. È per questo, è solo per questo che
sta morendo».
Da questo sito apolitico, dedicato a Gesù Cristo, non si può non riflettere su
un'evidenza storica: il rappresentante del governo italiano Fini ed il Partito
popolare europeo hanno presentato degli emendamenti volti a inserire nel
preambolo della bozza della futura costituzione Ue un riferimento alle
«radici giudaico-cristiane» dell’Europa.
"Un fattore qualificante dell'identità di questo continente - ha detto
recentemente il Papa - è la Chiesa fondata da Gesù Cristo. "Non c'è dubbio
che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un
elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento
dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi
etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha
plasmato la cultura del continente e si è intrecciata in modo inestricabile con
la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si
facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande
periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur
nella dolorosa divisione fra Oriente ed Occidente, si è affermato come la
religione degli Europei stessi" (Motu Proprio, Spes aedificandi, n. 1). In
questo contesto non c'è dubbio che un chiaro riferimento a Dio e alla fede
cristiana nella Costituzione europea in corso di elaborazione significa il
riconoscimento di una realtà storica e culturale che opera nel presente e
dalla quale gli europei traggono la propria identità"(DISCORSO DI
GIOVANNI PAOLO II ALL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA FEDERALE
DI GERMANIA PRESSO LA SANTA SEDE - Venerdì, 13 settembre 2002)
Un Cristianesimo senza l'Europa vive, perché è poggiato sulla ROCCIA che è
Gesù Cristo. Un'Europa senza Cristianesimo è come una mela marcia su un
La Pace Perpetua, in Europa,
oggi
di Antonella Succurro

È difficile accettare la realtà devastante e devastata che ogni giorno ci si mostra,
rischiando a volte di tramutarsi in show, in televisione. Viene spontaneo chiedersi se sia
veramente così difficile volere la pace, pretenderla tanto ardentemente da poterla
realizzare.
Nello scritto Nazionalismo e Federalismo, Mario Albertini (1919-1997) denunciava la
mancanza in Europa (in tutto il mondo) di una «cultura della pace», una ``cultura''
(intesa come «orientamento delle società umane») che ponesse la pace come obiettivo
supremo della politica, dal momento che ormai guerra significa autodistruzione del
genere umano.
Ebbene, il mondo odierno (in fondo il mondo di sempre, un poco più sviluppato) è
caratterizzato invece dalla «cultura della guerra», che altro non è che la quotidiana
«cultura del comportamento nazionale»: Albertini parlava di «mondo della guerra»,
formato da «Stati come società nazionali chiuse, esclusive, armate», e governato dalla
ragion di stato, cioè con l'uso della forza.
E qui sorge il problema del pacifismo di oggi: un pacifismo che, per quanto possa essere
sentito, non si propone di distruggere - attraverso la rinuncia della propria sovranità
(anche militare) auspicata da Luigi Einaudi (nell'articolo Chi vuole la pace?, del 1948) il mondo della guerra, ma che pensa di poter contrastare questa cultura così radicata
introducendo «un po' più di liberalismo, di democrazia o di socialismo nel proprio Stato
nazionale». Lord Lothian direbbe che «il pacifismo non basta». O almeno non questo
pacifismo ingenuo e utopistico, il pacifismo tradizionale definito da Albertini come privo
di «nerbo metafisico o senso storico», che deriva proprio dalla denunciata mancanza di
una cultura della pace.
Ma nella tradizione c'è un pensiero che spicca, non unico ma sicuramente più alto e
luminoso, ed è quello che ha analizzato con chiarezza la realtà alla base di una simile
situazione del pensiero politico: Immanuel Kant (1724-1804) vedeva la pace come
l'esito di un processo di trasformazione dello ``stato naturale'' in un ordine controllato
dalla volontà dell'intero genere umano. Lontano da ogni ingenuità, Kant auspicava un
futuro nel quale «la nostra civiltà avrà raggiunto il punto di perfezione, il solo di cui
questa pace [la pace perpetua] potrebbe essere la conseguenza». Egli era anche
consapevole che «al grado di civiltà cui il genere umano è pervenuto la guerra è un

La filosofia della storia di Kant traccia proprio il quadro storico del mancato sviluppo di
quella cultura della pace che, dopo una serie di tentativi imperfetti, avrebbe dovuto
portare al superamento della ``libertà selvaggia'' degli Stati (lo stato di natura è uno
stato di guerra, e quindi uno stato ingiusto) attraverso una ``federazione di popoli''
che prevede l'unione dei popoli sotto un pactum societatis e non sotto un pactum
subiectionis, che equivale a istituire un superstato. La teoria kantiana della pace
perpetua si costituisce di sei articoli preliminari, una sorta di pars destruens che
denuncia l'assolutismo monarchico, il sistema dei rapporti internazionali regolati dalla
ragion di stato e la natura precaria dei trattati di pace, che non sono in grado di
eliminare possibili pretesti di guerre future; e di tre articoli definitivi, la pars
construens in cui si pongono le condizioni per la pace perpetua.
Il primo di questi tre articoli definitivi prevede che la Costituzione di tutti gli Stati sia
repubblicana: per Kant infatti solo Stati tra loro omogenei possono riconoscersi nella
pace, e lo Stato repubblicano è lo Stato giuridico che meglio di ogni altro garantisce la
libertà all'interno e la pace all'esterno, in quanto solo al cittadino viene richiesto
l'assenso per decidere se la guerra debba o non debba essere fatta. Infatti «che cosa
è un monarca assoluto? È colui che quando comanda: ``la guerra deve essere'', la
guerra segue. Cosa è invece un monarca limitato? Colui che chiede prima al popolo se la
guerra debba esseri o meno, e se il popolo dice: ``la guerra non deve esserci'', essa
non segue».
Il passo successivo, descritto nel secondo articolo, è quindi la federazione dei popoli, di
cui la repubblica è condizione necessaria, ma non sufficiente: il pacifismo politico di
Kant confluisce qui nel pacifismo giuridico, che vede nella struttura giuridica degli Stati
nazionali, gelosi della propria sovranità, la causa principale della guerra, eliminabile
unicamente nel sistema federale. Il diritto internazionale deve quindi fondarsi su di una
federazione di liberi Stati, che si distingue sia da un'associazione di Stati sotto un
"superstato" sia, visto il proposito di porre fine a tutte le guerre e per sempre, da un
puro e semplice trattato di pace.
Nel terzo ed ultimo articolo Kant giunge, in una sorta di climax, alla dimensione
individuale: il diritto cosmopolitico di universale ospitalità, che ricapitola nel soggetto
singolo i rapporti tra gli Stati. Questo diritto, che spetta a tutti gli uomini in virtù del
possesso comune originario di tutta la superficie della terra, pone nuova attenzione
(anche critica nei confronti degli europei del XVIII secolo) sulla persona del cittadino,
in quanto diretta ai rapporti tra uno Stato e i cittadini degli altri Stati, mentre il
diritto internazionale regolava solamente i rapporti tra gli Stati.
Dopo tutto ciò che è stato detto, è impossibile non accorgersi dell'incredibile attualità
del pensiero kantiano.
Tornando al tema del mancato sviluppo di una vera cultura della pace: nel considerare la
L’ EUROPA DI MOTESQUIEU,
VOLTAIRE E KANT

Europeismo o Nazionalismo
Nell'Illuminismo Montesquieu e Voltaire insistono sull'identità e sulla
centralità dell'Europa nell'epoca moderna sia sul piano economico sia su
quello politico. La scoperta dell'America legò all'Europa l'Asia e l'Africa.
L'America fornì all'Europa le merci necessarie per il commercio con le Indie
orientali e i traffici marittimi con l'Africa furono indispensabili perché essa
forniva uomini per il lavoro nelle miniere e nei campi dell'America.
L'Europa divenne il centro dei commerci e raggiunse così un grado di potenza
molto elevato superiore anche a quello dell'Asia. L'unica differenza tra
Europa e Asia era che nella prima c'era la libertà mentre nella seconda
c'era dispotismo. La radice dell'idea d'Europa come terra della libertà
nacque nell'epoca greca perché l'Europa era sede di governi fondati sulle
leggi a differenza dell'Asia, terra di dispotismo.
Con l'epoca romana si introdusse anche il concetto d'uniformità politica, pur
nella diversità e molteplicità dei popoli sottomessi a Roma, e questo concetto
rimase anche dopo la fine dell'impero attraverso il diritto romano e l'idea di
legalità ad esso legata.
Con il Cristianesimo si aggiunse quello d'unità spirituale e l'Europa divenne la
Cristianità. La spaccatura portata dalla Riforma protestante contribuì a
sostituire alla unità religiosa quella culturale d'Europa: la particolarità
dell'Europa è quella di essere un "corpus a sé" con proprie caratteristiche
politiche, sociali, culturali e con una propria tradizione.

Intorno all'XVIII - XIX secolo queste diverse radici vennero riprese dagli
studiosi grazie anche all'Illuminismo. Voltaire, uno di questi filosofi,
riconosce che l'Europa costituisce anche un'unità politica, nel senso d'avere
principi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti nelle altre parti del
mondo e fra questi il principio d'equilibrio fra gli Stati.
Con l'idea illuminista di sovranità popolare e, dopo l'avvento di Napoleone,
con l'esigenza di liberazione da un dominio straniero, si afferma il concetto
di Nazione. Questo però accade solo nel primo '800 perché nella cultura
dell'antico regime l'idea che lo Stato dovesse coincidere con una Nazione
era sostanzialmente estranea. L'idea moderna di Nazione si rafforzò con
Rousseau e con la sua concezione dello stato come espressione di un popolo
capace di esprimere una volontà comune.
Rousseau infatti era contrario all'europeismo e per questo si contrappone a
Montesquieu e a Voltaire. Questa concezione venne diffusa grazie alla
rivoluzione francese e alle guerre napoleoniche in tutta Europa. Con la
diffusione dell'idea di nazione nacquero molti problemi legati alle due
concezioni di Europa e di Nazione.
In Italia erano presenti due studiosi come Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini
che avevano idee differenti sulle diverse concezioni, ma comuni nello spirito
della libertà e del progresso. Cattaneo aveva una concezione federale di
Europa perché era convinto che la libertà avvicinasse i popoli e li spingesse
ad associarsi in una federazione europea di Stati. Mazzini invece, esaltava
la patria, la nazione ponendola in connessione strettissima con l'umanità.
Nell'appello Ai giovani in Italia del 1859 la nazione non era solamente fine a
se stessa ma era anche mezzo per il compimento del fine supremo, vale a
dire l'umanità. Quest'ultima si esprimeva nell'Europa per questo il pensiero
di Mazzini era rivolto alla giovane Europa, all'Europa dei popoli. Mazzini dice
anche che ogni popolo ha avuto da Dio una missione, "l'insieme di tutte quelle
missioni compiute in bella armonia per il bene comune, rappresenterà un

Lo "Sprito delle Leggi" (1748)
La scoperta dell'America ha intensificato il commercio tra Europa
Asia e Africa. L'Europa al centro del commercio mondiale. Il
commercio interno favorisce quello estero. La religione cristiana si
oppone all'assolutismo e contribuisce alla felicità terrena al
contrario di quella maomettana.
Secondo Montesquieu l'Europa sarebbe il fulcro del commercio
internazionale; questo perché grazie alla scoperta dell'America
l'Europa è riuscita ad emergere sugli altri mercati. Infatti
l'America ha fornito all'Europa merce necessaria al suo commercio
con l'Asia, come l'argento, materiale molto usato per gli scambi di
mercato. Oltre all'America anche l'Africa ha contribuito molto al
potenziamento dell'Europa, infatti dall'Africa arrivano gli schiavi da
far lavorare nelle miniere e nelle piantagioni dell'America.
Questa potenza dell'Europa si nota soprattutto dall'immensità delle
spese (anche certe volte inutili) che venivano affrontate in questo
arco della storia. Su questo fatto però non era d'accordo il padre
Duhalde che affermava invece la supremazia dell'Asia sull'Europa. A
questa provocazione Montesquieu risponde dicendo che questo fatto
potrebbe essere anche vero solo se il commercio estero dell'Europa
non facesse aumentare anche quello interno. Inoltre Montesquieu
per concludere dice che l'Europa svolge anche il commercio ed i
traffici marittimi delle altre tre parti del mondo. Con questo
discorso Montesquieu fa affiorare notevolmente la potenza
dell'Europa e soffoca così le inutili proteste fatte dal padre
Duhalde.

Al contrario nella religione cristiana esistono principi che contano sul loro
popolo e vengono ammirati e stimati da esso. Con questo discorso
Montesquieu fa notare che la religione cristiana, preoccupandosi della felicità
nell'altra vita, contribuisce a rendere migliore anche la vita terrena.
"Spirito delle leggi" di Montesquieu (documento originale collegato)
Il risultato della scoperta dell'America fu di legare all'Europa l'Asia e
l'Africa. L'America fornì all'Europa la merce necessaria per il suo
commercio con quella gran parte dell'Asia che si suole chiamare le Indie
orientali. L'argento questo metallo così utile al commercio sotto forma di
moneta, fu inoltre la base, come merce di scambio, del commercio più
grande dell'universo. Infine i traffici marittimi con l'Africa divennero
necessari, perché essa forniva uomini per il lavoro nelle miniere e nei campi
dell'America. L'Europa ha raggiunto un grado così elevato di potenza da non
trovar riscontro nella storia, se si considerano l'immensità delle spese, la
grandezza degli impegni, il numero delle truppe e la continuità del loro
mantenimento, anche quando sono del tutto inutili e non sono altro che
oggetto di ostentazione.
Il padre Duhalde afferma che il commercio interno della Cina è maggiore di
quello di tutta l'Europa. Ciò potrebbe anche darsi se il nostro commercio
estero non facesse aumentare il volume di quello interno. L'Europa svolge il
commercio e i traffici marittimi delle altre tre parti del mondo, come la
Francia, l'Inghilterra e l'Olanda svolgono quasi tutto il commercio e la
navigazione dell'Europa. (Libro XXI, cap. XXI) La religione cristiana è ben
lungi dal puro dispotismo poiché, essendo la mitezza totalmente
raccomandata nel Vangelo, essa si oppone al furore dispotico con il quale il
principe si farebbe giustizia ed eserciterebbe le sue crudeltà. Poiché questa
religione proibisce la pluralità delle mogli, i principi sono meno chiusi, meno
separati dai loro sudditi, e di conseguenza più uomini; sono più disposti a
darsi delle leggi e più inclini ad accorgersi che non possono tutto.
Mentre i principi maomettani danno continuamente la morte e la ricevono, la
 Le "Lettere Persiane" (1721)
- Artificiosità e raffinatezza della vita di Parigi
- Passione di arricchirsi da parte di tutti, a partire dagli
artigiani sino ai signori
- Dinamismo individuale, caratteristiche tipicamente europee
- Un sovrano per essere potente deve provvedere non solo al
necessario per la vita, ma anche a ogni sorta di superfluo.
Parigi è una città dalla vita artificiosa. L'estensore della
lettera la definisce la più sensuale del mondo, in quanto i
piaceri sono i più raffinati, ma è anche la città in cui si
conduce una vita più dura, perché un uomo per vivere
deliziosamente ha bisogno che altri cento lavorino per lui
senza tregua. Da questa situazione è sorto l’ardore da parte
dell’uomo per il lavoro e per l’arricchimento.
Questa mentalità domina non solo una persona, ma addirittura
tutta la nazione. A Rhedi, l'altro corrispondente che accusa
il popolo francese di essere effeminato, si risponde che
l’accusa non è valida perché dovunque non si vede altro che
lavoro e se una nazione non pensasse ad arricchirsi non
sarebbe che la più miserabile del mondo e soprattutto la più
vulnerabile agli attacchi del nemico.
A conclusione della lettera Montesquieu afferma che il
sovrano per essere potente deve sostenere il popolo
 Dalle "Lettere persiane" (1721)
(testo originale collegato)
[…] Parigi è forse la città del mondo più sensuale e dove i
piaceri sono più raffinati; ma è forse quella in cui si conduce
una vita più dura. Perché un uomo possa vivere
deliziosamente, bisogna che cento altri lavorino senza tregua
[…] Quest'ardore per il lavoro, questa passione di arricchirsi
passa di condizione in condizione, dagli artigiani ai signori.
Nessuno ama esser più povero di colui che ha visto
immediatamente dietro di sé. Voi vedete a Parigi un uomo che
ha da vivere fino al giorno del giudizio, lavorare senza posa e
correr rischio di abbreviarsi la vita per ammassare, dice lui,
di che vivere. Il medesimo spirito domina la nazione: noi non
vediamo che lavoro e industria; dove è dunque questo popolo
effeminato del quale mi parli tanto? Immaginiamo, Rhedi, che
in uno Stato siano tollerate solamente quelle arti, e sono
numerose, che sono necessarie alla coltivazione delle terre e
che si escludano quelle che servono solamente ai godimenti e
alla fantasia; ebbene, questo Stato sarebbe il più miserabile
del mondo. Quando gli abitanti avessero tanto coraggio da
fare a meno di tante cose necessarie ai loro bisogni, il popolo
deperirebbe ogni giorno di più e lo Stato diventerebbe così
debole, che non vi sarebbe piccola potenza incapace di
conquistarlo. […] Onde bisogna concludere, o Rhedi, che un
sovrano per essere potente deve procurare che i suoi sudditi
vivano nelle delizie; bisogna ch'egli si adoperi affinché non
manchi loro non solamente ciò che è necessario alla vita, ma

"Il secolo di Luigi XIV", di Voltaire
L’Europa cristiana viene vista come una specie di grande repubblica divisa in più Stati, tutti
pressappoco simili
- Questi Stati hanno tutti gli stessi principi di diritto pubblico e di politica sconosciuti nelle
altre parti del mondo.
- In base a questi princìpi abbiamo la garanzia che i prigionieri non sono fatti schiavi, gli
ambasciatori nemici sono rispettati
- Gli stati europei praticano una sola politica per mantenere un eguale equilibrio di potere fra
loro attraverso continue negoziazioni e ambascerie (la diplomazia), ma anche attraverso spie
che possono dare l’allarme a tutta Europa nel caso di invasione.
"Il secolo di Luigi XIV" (1738-51)
(documento originale collegato).
L’Europa supera in ogni campo le altre parti del mondo […]. [Si può] vedere l’Europa cristiana
(ad eccezione della Russia) come una specie di grande repubblica divisa in più Stati, gli uni
monarchici, gli altri misti, alcuni aristocratici, altri popolari: ma tutti press’a poco simili,
avendo tutti uno stesso fondo di religione, sebbene diviso in più sètte; e tutti hanno gli stessi
princìpi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti nelle altre parti del mondo. È in base a
questi princìpi che le nazioni europee non fanno schiavi i loro prigionieri, e rispettano gli
ambasciatori dei loro nemici, e riconoscono la supremazia e i diritti di certi principi, come
dell’imperatore, dei re e degli altri meno potenti, e soprattutto si accordano, nella saggia
politica di mantenere tra loro, nel limite del possibile, un eguale equilibrio di potere,
impiegando continuamente le negoziazioni, anche nel mezzo di una guerra, e mantenendo gli uni
presso gli altri ambasciatori o, meno onorevolmente, spie, che possono tutti sovvertire il corso
dei piani di uno solo, dare contemporaneamente l’allarme a tutta Europa e garantire i più deboli
nel caso di invasioni che il più forte è sempre pronto a intraprendere. (Prefazione) […] Si è
visto che una repubblica letteraria si era insensibilmente stabilita in Europa, nonostante le
guerre, e nonostante le diversità di religione. Tutte le scienze, tutte le arti hanno così goduto
di scambievoli aiuti; le accademie han creato tale repubblica. La letteratura ha unito l’Italia
colla Russia; gl’inglesi, i tedeschi, i francesi andavano a studiare a Leida. Il celebre medico
Bourhave veniva consultato a un tempo e dal papa e dallo zar. I suoi migliori allievi attiravano
allo stesso modo gli stranieri, e son diventati in certa guisa i medici delle nazioni: i veri
scienziati, in ogni ramo del sapere, hanno stretto i legami di quella grande società degli spiriti,
dappertutto diffusa, e dappertutto indipendente. Tale carteggio dura ancora, ed è una delle
consolazioni dei mali che l’ambizione e la politica procurano all’umanità. [...] Siam debitori di
tali progressi a un piccol numero di saggi e di genî apparsi in alcune regioni d’Europa, quasi
tutti per lungo tempo oscuri, e spesso perseguitati; essi hanno rischiarato e consolato la terra
mentre le guerre la desolavano. In altre opere si posson trovare gli elenchi di tutti coloro che

"Per la pace perpetua" di Immanuel Kant
- Il diritto internazionale deve fondarsi sopra una federazione di liberi
Stati.
- Differenza tra il concetto di federazione di popoli e Stato di popoli.
- Ogni Stato dovrebbe uscire dalla sua forma selvaggia.
- Il sovrano vuole accrescere il numero dei sudditi per avere più strumenti in
guerra.
- La forte morale dell’ uomo porta la parola "diritto" in tutti gli Stati.
- Distinzione tra la "lega di pace" e il "patto di pace".
- Rinunciare alla selvaggia libertà per formare uno Stato di popoli
- Il diritto internazionale deve fondarsi sopra una federazione di liberi
Stati.
- Non bisogna confondere una federazione di popoli con uno Stato di popoli;
poiché dobbiamo considerare il diritto dei popoli tra loro in quanto essi
costituiscono altrettanti Stati diversi che non devono confondersi in un solo e
unico Stato.
- Ogni uomo preferisce essere libero rimanendo allo stato selvaggio piuttosto
che sottoporsi ad una coazione legale
- Ogni popolo civile dovrebbe uscire dallo stato degradante di selvaggio.
Anche gli Stati europei, che pur si distinguono dai selvaggi per la loro civiltà,
non si sottopongono ad una coazione legale esterna per vivere in concordia
poiché ogni sovrano cura il proprio potere e preferisce accrescere il numero
dei suoi sudditi per aumentare la quantità di strumenti da usare in guerra.
La differenza tra i selvaggi d’America ed i "selvaggi" d’Europa consiste nel
fatto che i primi divorano i propri nemici mentre i secondi li usano per
accrescere il loro potere. Attraverso lo spirito filosofico e diplomatico,
testimoniato da uomini celebri, possiamo vedere che nell’uomo si riscontra
una morale talmente forte, anche se assopita, da essere destinata a
prendere il sopravvento sopra il principio del male, e a portare così la parola
"diritto" in tutti gli Stati. - Bisogna saper distinguere tra la "lega della
pace" (foedus pacificum) e il "patto di pace" (pactum pacis) perché

"Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico" (1784), di
Immanuel Kant
(documento originale collegato)
TESI QUINTA - Il più grande problema alla cui soluzione la natura
costringe la specie umana è di pervenire ad attuare una società civile che
faccia valere universalmente il diritto. Poiché solo nella società, e
precisamente in quella società in cui si attui, da un lato, la massima libertà,
e quindi un generale antagonismo dei suoi membri e, dall’altro, la più rigorosa
determinazione e sicurezza dei limiti di tale libertà affinché essa possa
coesistere con la libertà degli altri: poiché, ripeto, solo in una società
siffatta il supremo fine della natura, cioè lo sviluppo di tutte le facoltà, può
essere nell’umanità raggiunto, la natura vuole ancora che l’umanità debba
attuare da sé così questi come tutti gli altri fini della sua destinazione.
Perciò una società, in cui la libertà sotto leggi esterne vada congiunta nel più
alto grado possibile con un potere irresistibile, cioè con una costituzione
civile perfettamente giusta, è il compito supremo della natura nei riguardi
della specie umana.
[...] TESI SETTIMA - Il problema di instaurare una costituzione civile
perfetta dipende dal problema di creare un rapporto esterno tra gli Stati
regolato da leggi, e non si può risolvere il primo senza risolvere il secondo.
La natura [...] mediante la guerra, mediante gli armamenti sempre più estesi
e non mai interrotti, per la miseria che da ciò deriva a ogni Stato anche in
tempo di pace, sospinge a tentativi dapprima imperfetti, e da ultimo, dopo
molte devastazioni, rivolgimenti, e anche per il continuo esaurimento interno
delle sue energie, spinge a fare quello che la ragione, anche senza così
triste esperienza, avrebbe potuto suggerire: cioè a uscire dallo Stato eslege
di barbarie ed entrare in una federazione di popoli, nella quale ogni Stato,
anche il più piccolo, possa sperare la propria sicurezza e la tutela dei propri
diritti non dalla propria forza o dalle proprie valutazioni giuridiche, ma solo
da questa grande federazione di popoli (foedus amphictyonum), da una forza
collettiva e dalla deliberazione secondo leggi della volontà comune.

"Per la pace perpetua. Progetto filosofico" (1795-96)
(documento originale collegato)
Lo stato di pace tra gli uomini assieme conviventi non è affatto uno stato di
natura (status naturalis). Questo è piuttosto uno stato di guerra, nel senso
che, se anche non vi sono sempre ostilità dichiarate, è però continua la
minaccia che esse abbiano a prodursi. Dunque lo stato di pace dev’essere
istituito, poiché la mancanza di ostilità non significa ancora sicurezza.
[...] Secondo articolo definitivo per la pace perpetua: "Il diritto
internazionale deve fondarsi sopra una federazione di liberi Stati".
[...] Questa sarebbe una federazione di popoli, ma non dovrebbe però
essere uno Stato di popoli. In quest’ultima idea vi sarebbe una
contraddizione, poiché ogni Stato implica un rapporto di un superiore
(legislatore) con un inferiore (colui che obbedisce, cioè il popolo), mentre
molti popoli in uno Stato costituirebbero un sol popolo, ciò che è contrario al
presupposto (poiché qui dobbiamo considerare il diritto dei popoli tra loro in
quanto essi costituiscono altrettanti Stati diversi e non devono confondersi in
un solo e unico Stato). Come l’attaccamento dei selvaggi alla loro libertà
senza legge, che li spinge a preferire di azzuffarsi di continuo tra loro
piuttosto che sottoporsi a una coazione legale da loro stessi stabilita, a
preferire una folle libertà a una libertà ragionevole, noi lo riguardiamo con
profondo disprezzo e lo consideriamo barbarie, rozzezza, degradazione
brutale dell’umanità, così si dovrebbe pensare che i popoli civili (di cui ognuno
forma uno Stato per sé) dovrebbero affrettarsi ad uscire al più presto
possibile da uno stato così degradante. Al contrario ogni Stato ripone
piuttosto la sua maestà (poiché maestà del popolo è un’espressione insulsa)
nel non sottoporsi a coazione legale esterna di sorta, e lo splendore del
sovrano si fa consistere nell’avere al suo comando, senza che egli stesso si
esponga al pericolo, molte migliaia di uomini pronti a sacrificarsi per una
causa di cui ad essi non importa nulla. La differenza tra i selvaggi
dell’Europa e quelli dell’America consiste soprattutto in questo: che in

[...] Sono ancora sempre candidamente citati, a giustificazione di una guerra di
aggressione, Ugo Grozio, Pufendorf, Vattel e altri (i quali non sono che assai
deboli incoraggiatori), sebbene il loro codice, redatto con spirito filosofico e
diplomatico, non abbia o anche solo possa avere la minima forza legale (poiché
gli Stati come tali non sono sottoposti a una coazione esterna comune) e non si
dia l’esempio di uno Stato che sia mai stato indotto a desistere dal suo
proposito da argomenti avvalorati da testimonianze di uomini tanto celebri.
Questo omaggio, che ogni Stato rende (almeno a parole) all’idea di diritto,
dimostra che si riscontra nell’uomo una disposizione morale più forte, anche se
presentemente assopita, destinata a prendere un giorno il sopravvento sopra il
principio del male che è in lui (cosa che egli non può negare) e a fargli sperare
che ciò avvenga anche negli altri, poiché altrimenti la parola diritto non
verrebbe mai sulla bocca degli Stati che vogliono arrendersi, se non per
prendersi gioco di essa, come quel principe gallo che affermava: "È privilegio
che la natura ha concesso al più forte sul più debole, che questo debba a quello
obbedire".
[...] La ragione, dal suo trono di suprema potenza morale legislatrice, condanna
in modo assoluto la guerra come procedimento giuridico, mentre eleva a dovere
immediato lo stato di pace, che tuttavia non può essere creato o assicurato
senza una convenzione di popoli. Di qui la necessità di una lega di natura
speciale, che si può chiamare lega della pace (foedus pacificum), da distinguersi
dal patto di pace (pactumpacis) in ciò: che quest’ultimo si propone di porre
termine semplicemente a una guerra, quello invece a tutte le guerre e per
sempre.
[...] Per gli Stati che stanno tra loro in rapporto reciproco non vi è altra
maniera razionale per uscire dallo stato naturale senza leggi, che è stato di
guerra, se non rinunciare, come i singoli individui, alla loro selvaggia libertà
(senza leggi), sottomettersi a leggi pubbliche coattive e formare uno Stato di
popoli (civitas gentium), che si estenda sempre più, fino ad abbracciare da

Italia e Europa nel Pensiero di Mazzini
Mazzini porta nell’ottocento il concetto di dovere, quello di costruire una nazione. Nel
saggio "Fede e Avvenire", Mazzini, partendo dalla visione religiosa di un Dio unificatore
e creatore prospetta una nuova legge morale fondata sulla associazione e sulla
solidarietà. Dio ha dato a ciascun uomo una coscienza rivolta alla costruzione della
nazione, unico mezzo del progresso civile. Si tratta di una missione di fratellanza che
spetta a ciascun uomo per un'unica unione.
Il dovere di ogni nazione è quella di creare un’unione tra le varie nazioni, vista come
un’associazione di popoli. Tale unione di popoli per Mazzini è possibile perché egli crede
in un unico Dio, motore dell’esistenza, in un’unica legge immutabile che lega tutte le
persone e quindi nella " Santa Alleanza dei Popoli", determinata dalla libertà e
dall’uguaglianza.
"Fede e Avvenire", di G. Mazzini
(documento originale collegato)
L’elemento religioso è universale, immortale: universalizza e collega…Per esso si fonda
l’associazione
…Noi salutiamo…quell’immenso avvenire, la cui leva avrà a punto di appoggio la Patria,
per fine l’Umanità, quando i popoli stringeranno un patto comune e definiranno fratelli la
missione di ciascuno nel futuro, l’ufficio che spetta a ciascuno nell’associazione
generale, governata da una legge per tutti, da un Dio per tutti. Spetta a noi
d’affrettare il momento in cui la campana a stormo dei popoli, la Rivoluzione,
convocherà una Convenzione che sia un vero Concilio generale
…Noi crediamo in un Dio solo, autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto
...Crediamo in un’unica Legge immutabile
…Crediamo nell’Umanità, ente collettivo e continuo nella quale si manifesta più che
altrove il pensiero di Dio sulla terra.. Crediamo nella Associazione come nella sola via
esistente di perfezionamento.. Crediamo nella Santa Alleanza dei popoli, come quella
che è la più vasta formula di associazione possibile nell’epoca nostra, nella libertà e
nella uguaglianza dei popoli senza le quali non ha vita associazione vera, nella
“nazionalità”, ch’è la coscienza dei popoli e che assegnando ad essi la loro parte di
lavoro nell’associazione, il loro ufficio nell’umanità, costituisca la loro missione sulla

"Gli Stati Uniti d'Europa".
Carlo Cattaneo letto da Arturo Momigliano
Per Cattaneo la sola forma di unità tra popoli liberi è il patto federale "Io
non spero mai nella nuda unità; per me la sola possibile forma di unità tra
popoli è un patto federale", nella convinzione che la libertà avvicina i popoli e
li spinge ad associarsi.
Secondo Momigliano il principio federale di Cattaneo doveva unire l'Europa
tramite il principio morale dell' uguaglianza e della libertà. Per Cattaneo
quando le nazioni tendono ad avvicinarsi, ad avere qualcosa in comune, il
commercio, le leggi, la scienza; devono iniziare a mettere da parte le
vecchie discordie e stringere un patto di fratellanza, sottomettendosi ad un
unico codice di un'unica giustizia. Il testo presenta il pensiero di Cattaneo
ed in particolare la sua concezione federale per l’Europa.
La soluzione del problema italiano, per i federalisti repubblicani, come per i
mazziniani unitari, comporta la soluzione del problema della libertà per tutta
Europa. Nella convinzione che la libertà avvicina i popoli e li spinge ad
associarsi, Cattaneo sostiene la scelta federale, garanzia di libertà, e scrive
nel 1860 in una lettera ad un amico siciliano: “Io non spero mai nella nuda
unità; per me la sola possibile forma di unità tra liberi popoli è un patto
federale. Il potere deve essere limitato e non può essere limitato se non dal
potere”. (pag.48) Commenta Momigliano: “L’associazione delle nazioni non era
che l’estensione del principio federale che doveva annodare le nazioni, non
con l’unità materiale del dominio, ma col principio morale dell’uguaglianza e
della libertà”(pag. 53)
Scrive Cattaneo sul giornale Il Cisalpino nel 1948: “No, quando le nazioni
tendono d’ogni parte verso la comunanza dei viaggi, dei commerci, delle
scienze, delle leggi; quando il vapore trae sulle terre e sui mari moltitudini
nel nome della fratellanza e della pace; quando la parola vibra veloce nei fili
elettrici da un capo all’altro dei continenti… è tempo che le discordi
tradizioni delle genti si costringano ad un patto di mutua tolleranza e di
amicizia, si sottomettano ad un codice di un’unica giustizia…” (pag. 54)
Il significato del "Progetto di pace
perpetua" di Kant per l'uomo
contemporaneo
Lucio Levi (Docente di Politica Comparata - Università di Torino. Direzione
Nazionale Movimento Federalista Europeo)
30 agosto 2004
 1. La pace attraverso la Federazione mondiale
Il progetto di una federazione o di una repubblica mondiale è
stato concepito e formulato da Kant nel suo saggio sulla pace
perpetua nel 1795.
Il sogno della pace universale è una vecchia idea. Essa risale
alla filosofia stoica e al cristianesimo. E’ stato ripreso nel
Medio Evo da Dante che identificava nell’Impero l’istituzione
da costruire per realizzare la pace. Ma il progetto di Kant,
elaborato durante la Rivoluzione francese, alle soglie dell’era
della democrazia e del nazionalismo, è profondamente
differente da tutti i progetti precedenti. Esso non era
concepito come una proposta da sottomettere a un imperatore
capace di unire un gruppo di Stati entro le frontiere di un
impero o a governi o diplomatici per realizzare un migliore
equilibrio di potere. Kant sostiene l’idea che la pace
universale e permanente presuppone il superamento della
sovranità degli Stati e dell’anarchia internazionale e la

2. La visione della pace secondo Kant
Kant non concepisce semplicemente la pace come la sospensione delle
ostilità nell’intervallo tra due guerre (pace negativa). Questa nozione
della pace è ancora dominante, a parte qualche eccezione, nella
cultura politica contemporanea. Lo stato di pace, secondo Kant, non
è uno stato naturale, piuttosto è qualcosa che deve essere istituito
attraverso un ordine legale imposto da un’autorità mondiale superiore
a ogni singolo Stato (pace positiva). Definendo la pace come
l’organizzazione politica che mette fine a tutte le guerre e per
sempre, Kant identifica con precisione il fattore che differenzia la
pace dalla guerra e situa la tregua – situazione nella quale, una volta
terminate le ostilità, permane la minaccia che esse possano riaprirsi
– sul versante della guerra.

3. I pre-requisiti della pace
All’epoca di Kant, la Federazione mondiale era un lontano fine
ultimo. Ma l’importanza del suo approccio alla pace risiede
nell’identificazione dei pre-requisiti essenziali che solo oggi ci
avvicinano alla pace universale e permanente:
a) il primo pre-requisito sarebbe stato acquisito quando l’esperienza
della devastazione della guerra avrebbe spinto le nazioni a rinunciare
alla libertà selvaggia (senza legge) e alla situazione intollerabile di
anarchia internazionale;
b) il secondo, quando lo sviluppo del commercio, dal momento che la
terra è un globo, avrebbe obbligato l’umanità a rassegnarsi a vivere
a stretto contatto;
c) il terzo, quando l’evoluzione dell’umanità avrebbe raggiunto lo
stadio della formazione di una costituzione civile repubblicana,

4. Il problema della pace nel mondo contemporaneo
Tutto ciò mostra che Kant non era un utopista. Egli era cosciente che
l’imperativo della ragione non era sufficiente a persuadere gli uomini a
cercare la pace:
a) le guerre mondiali e le armi nucleari mostrano che Kant aveva ragione
quando predisse che soltanto l’esperienza della distruttività della guerra
avrebbe persuaso gli Stati a rinunciare alla loro libertà selvaggia e a
sottomettersi a una legge comune;
b) per di più, il processo di globalizzazione ha comportato l’erosione della
sovranità nazionale e il bisogno di nuovi poteri a livello regionale e mondiale;
c) inoltre, dopo la caduta dei regimi fascisti e comunisti, una maggioranza di
Stati membri delle Nazioni Unite è retta da regimi di democrazia
rappresentativa, che costituisce il pre-requisito per l’estensione della
democrazia alle relazioni tra gli Stati, cioè per la realizzazione della
democrazia internazionale. Il Parlamento europeo è il laboratorio di questa
nuova forma di democrazia;
d) infine, grazie ai mass media, noi siamo informati ogni giorno degli
avvenimenti che accadono ovunque nel mondo. Ciò costituisce la base per la
formazione di un’opinione pubblica e di una società civile globali. Questi
fenomeni sono aspetti del processo di globalizzazione, che cancella la
distinzione tra politica interna e politica estera. La Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo e la Corte penale internazionale sono due esempi della
tendenza ad applicare agli individui il diritto internazionale. Questi esempi
mostrano che l’ordine internazionale è cambiato e che può cambiare ancora
più radicalmente.

5. L’attualità del pensiero di Kant
Se quanto sopra è corretto, allora possiamo trarre un conclusione
importante. La tradizione kantiana, rimasta latente durante l’era del
nazionalismo, è stata rilanciata nella nuova fase della storia del mondo
iniziata con la fine della guerra fredda. Numerosi studiosi, come Jürgen
Habermas, David Held e Otfried Hoffe , sostengono che l’idea di Kant di
una Repubblica federale mondiale costituisce la risposta ai problemi posti

6. La globalizzazione e la crisi del paradigma realistico
Il paradigma realistico è basato sull’ipotesi che la vita politica è divisa in due
sfere: la politica interna, dove i conflitti possono essere risolti con mezzi
legali, e la politica internazionale, nella quale i conflitti sono risolti con gli
strumenti della violenza ogni volta che la diplomazia fallisce nella
composizione pacifica delle controversie internazionali. Mentre entro i confini
degli Stati i governi dispongono del monopolio della forza, a livello
internazionale, il potere è distribuito tra una pluralità di Stati sovrani. E’
dunque la struttura del sistema internazionale degli Stati, caratterizzato
dall’assenza di un’autorità politica mondiale, che conduce i governi nazionali a
privilegiare la ricerca della sicurezza e a ricorrere alla guerra quando i
negoziati falliscono. La principale priorità che ispira la condotta degli Stati a
livello internazionale è la ricerca della sicurezza, alla quale, se necessario,
tutti gli altri obiettivi (osservanza dei valori morali e delle regole del diritto)
debbono essere sacrificati.
L’ipotesi discutibile del paradigma realistico, è che la natura delle relazioni
internazionali non può cambiare. Gli Stati sovrani sono concepiti come le sole
istituzioni che sovrintendono alla sicurezza e all’ordine pubblico e sono i
protagonisti esclusivi della politica internazionale. Il fatto è che il potere,
l’interesse nazionale e la sicurezza sono concetti relazionali e storici. Il
processo di globalizzazione favorisce il successo degli sforzi per superare la
divisione del mondo in Stati sovrani.
La globalizzazione determina un arretramento dello Stato, per utilizzare
un’espressione impiegata da Susan Strange nel titolo di un libro che
costituisce uno dei più importanti contributi alla comprensione dell’evoluzione
attuale delle relazioni internazionali.
Nel mondo contemporaneo, non si può più definire la società civile come un
sotto-sistema dello Stato, come avveniva nel XIX secolo nella Filosofia del
diritto di Hegel. Oggi lo Stato sta diventando progressivamente un sottosistema della società globale, che è costituita da attori non statali, come le
società multinazionali, le ONG, i mass media, le organizzazioni criminali e

7. La globalizzazione e la crisi dello Stato sovrano
La globalizzazione non è solamente promossa da incentivi economici, ma
anche, e specificamente, da una forza storica irresistibile più potente della
volontà di qualsiasi governo o di qualsiasi partito politico: la forza scatenata
dall’evoluzione del modo di produrre. Essa ha creato l’ambiente materiale e
culturale nel quale si sviluppano gli Stati e le relazioni internazionali. Ogni
stadio dell’evoluzione del modo di produrre cerca di soddisfare bisogni umani
fondamentali, secondo una forma specifica della divisione del lavoro.
Il materialismo storico si fonda sull’ipotesi che la prima condizione della
storia umana consiste negli individui concreti che producono i loro mezzi di
sussistenza. Se si utilizza questa concezione della storia semplicemente come
un “canone di interpretazione storica” - espressione coniata da Benedetto
Croce -, la determinazione esercitata dal modo di produrre non è concepita
come il solo fattore che influenza la natura dei fenomeni politici, giuridici,
culturali ecc. Secondo questo schema esplicativo, la determinazione non
procede in una sola direzione (determinismo economico), ma è compatibile con
l’influenza reciproca dei fattori politici, giuridici, culturali sulla produzione
materiale. Per esempio, Max Weber, che ha definito il materialismo storico
come un fruttuoso tipo ideale che può orientare il lavoro degli scienziati
sociali, ha messo in luce nei suoi lavori sulla sociologia della religione come
l’etica delle religioni abbia influenzato l’evoluzione dei sistemi economici.
Se si accetta l’idea di un’influenza reciproca tra differenti fattori che
contribuiscono a determinare il corso della storia, si può considerare il modo
di produzione come il fattore che ha un’influenza decisiva sulla struttura e la
dimensione dello Stato e le relazioni internazionali. Più specificamente si può
stabilire una relazione tra il modo di produzione e la dimensione dello Stato
e in particolare tra il modo di produzione agricolo e la città-stato, tra la
prima fase del modo di produzione industriale (impiego del carbone e della
macchina a vapore) e lo Stato nazionale, tra la seconda fase del modo di
produzione industriale (impiego dell’elettricità, del petrolio e del motore a
combustione interna) e lo Stato di dimensioni grandi come un’intera regione
del mondo. Con la rivoluzione scientifica della produzione materiale (e quella
delle telecomunicazioni e dei trasporti) la Federazione mondiale diviene

8. Integrazione europea e globalizzazione
Ciò significa che l’integrazione europea e la globalizzazione appartengono a due stadi
differenti dell’evoluzione del modo di produrre: rispettivamente la seconda fase del
modo di produzione industriale e il modo di produzione scientifico. Nel XIX secolo,
durante il primo stadio della rivoluzione industriale, la società non poteva organizzarsi
sul piano regionale né su quello mondiale. Di conseguenza, lo Stato e il regime
democratico non potevano che essere organizzati a livello nazionale. Il secondo stadio
del modo di produzione industriale ha determinato il declino degli Stati nazione e spinto
al vertice della gerarchia del potere mondiale gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, che
avevano acquisito la dimensione di grandi regioni del mondo. Nel libro The Expansion of
England (1883), John Robert Seeley pose in modo chiaro i termini del problema: “Gli
Stati Uniti e la Russia ... sono... esempi della tendenza moderna verso la costituzione
di aggregati politici enormi, cosa che sarebbe stata impossibile senza le invenzioni
moderne che riducono le difficoltà legate al tempo e allo spazio”. Egli formulò dunque
questa previsione straordinaria: entro “una cinquantina di anni....la Russia e gli Stati
Uniti sorpasseranno in potenza gli Stati considerati importanti allo stesso modo che gli
Stati territoriali del XVI secolo sopravvanzarono Firenze”.
Allo stesso modo, il processo di integrazione europea ha indebolito i governi nazionali, li
ha costretti a cooperare per risolvere insieme i problemi cui essi erano incapaci di fare
fronte separatamente, ha creato una società civile europea accanto alle società civili
nazionali, ha creato istituzioni europee che rappresentano un meccanismo decisionale
che ha svuotato progressivamente le istituzioni nazionali. Il processo è arrivato a uno
stadio così avanzato che la guerra tra gli Stati membri dell’Unione europea è diventata
inconcepibile e la Costituzione europea è oggi al centro del dibattito politico in Europa.
In altre parole, lentamente e imperfettamente, qualcosa di simile a una federazione
europea sta prendendo forma.
Mentre il processo di integrazione europea è in corso e tutte le regioni del mondo sono
coinvolte, con un ineguale grado di sviluppo, in un analogo processo di integrazione,
queste ultime sono coinvolte in un processo complessivo di integrazione a livello
mondiale. C’è un numero crescente di problemi importanti che anche lo Stato più
potente è incapace di risolvere da solo. E’ là che affondano le radici della crisi dello
Stato sovrano e il bisogno che ne deriva di cooperazione internazionale e di sviluppo di
organizzazioni internazionali.
D’altra parte esiste una rete fitta di organizzazioni internazionali, dall’Onu, al Fondo
monetario internazionale, all’Organizzazione mondiale del commercio. Anche se con
costituiscono un governo mondiale, esse lo anticipano, proprio come la Comunità europea
e l’Unione europea sono istituzioni precorritrici della Federazione europea. La Corte

9. L’Unione europea e le nuove forme di statualità a livello internazionale
Affinché le decisioni prese a livello internazionale siano efficaci e democratiche occorre
creare nuove forme di governo democratico al di sopra dei governi nazionali. E’ la via
che è stata aperta dall’Unione Europea, anche se il processo dell’unificazione europea
non è ancora compiuto. Per esempio, la politica commerciale è una competenza esclusiva
dell’Unione europea esattamente come lo è la politica monetaria per gli Stati che hanno
adottato l’euro. In questi campi l’Unione europea si comporta più o meno come uno
Stato. Inoltre, per assicurare la libera concorrenza, la Commissione europea è dotata
di un’autorità anti-trust. Se si considera che una moneta unica è la condizione
essenziale per impedire la speculazione internazionale e che l’azione pubblica di
un’autorità anti-trust costituisce un rimedio alle distorsioni di concorrenza condotte dai
monopoli e dagli oligopoli, si può concludere che ciò è quanto ci occorre a livello
mondiale per governare la globalizzazione.

10. Il bisogno di democrazia internazionale
La democrazia, proprio perché è frammentata tra numerosi Stati nazionali troppo
piccoli per assicurare lo sviluppo economico e lacerati da conflitti internazionali, non è
abbastanza forte da impedire la degenerazione autoritaria delle sue istituzioni.
Solo la democrazia potrebbe sottomettere al controllo del popolo le relazioni
internazionali, che sono ancora il terreno di conflitti diplomatici e militari tra le
nazioni. La democrazia e l’indipendenza non possono essere realmente conciliate che nel
quadro di istituzioni federali da creare a livello regionale e mondiale. L’analisi delle
strutture delle organizzazioni internazionali mostra che esse sono macchine diplomatiche
all’interno delle quali i governi praticano la cooperazione. Ma recentemente alcune di
esse si sono arricchite di strutture parlamentari che costituiscono la risposta dei
parlamenti nazionali al processo di globalizzazione e all’erosione del loro potere. In altre
parole, esse rappresentano il tentativo di spostare a livello internazionale il controllo
parlamentare nei confronti dei governi. La maggior parte di queste strutture
parlamentari sono composte da parlamentari nazionali, ma il Parlamento europeo, che
rappresenta l’evoluzione più avanzata di questa categoria di assemblee internazionali, è
eletto direttamente. Il Parlamento europeo è quindi il laboratorio della democrazia
internazionale . Dopo la sua elezione diretta ha aumentato non solo i suoi poteri
legislativi, ma anche quelli di controllo sulla Commissione, intesa come il potenziale
governo europeo. Questo significa che la democratizzazione dell’Unione europea è stato
uno strumento potente del rafforzamento delle istituzioni europee. Nell’insieme, la
lezione che si può tirare dalla storia (per utilizzare per la riforma dell’ONU) è che il

11. L’Unione europea: paese-guida della democrazia internazionale
Non si può nascondere il fatto che il progetto di porre la globalizzazione sotto controllo
democratico incontra un’opposizione formidabile, non solo da parte dei regimi autoritari,
ma principalmente dal governo degli Stati Uniti che non permetterà che la sua potenza
subisca limitazioni da parte di organizzazione internazionali alle quali essi appartengono
né da parte dei movimenti della società civile globale. Ciò significa che non è sufficiente
che un governo sia democratico per essere capace di promuovere la democrazia
internazionale. E’ una condizione necessaria ma non sufficiente. Gli Stati Uniti hanno
impegni strategici mondiali così gravosi che sono incapaci di promuovere un tale
progetto. Per battere l’opposizione degli Stati Uniti, occorre che emerga un centro di
potere capace di sostenere il progetto di un ordine mondiale democratico. E’ ragionevole
credere che l’Europa potrebbe giocare tale ruolo. Il significato dell’unificazione europea
risiede nel superamento dello Stato nazionale, una forma di organizzazione politica che
sviluppa rapporti di forza nei confronti di altri Stati. E’ per questo che si può stimare
con certezza che l’Unione europea, né in futuro la Federazione europea, non avrà
ambizioni egemoniche
Sebbene l’Unione europea aspiri a essere indipendente dagli Stati Uniti, il suo obiettivo
non sarà quello di sostituirsi agli Stati Uniti nel ruolo di stabilizzatore dell’ordine
politico ed economico del mondo. L’Europa perseguirà piuttosto una politica di
cooperazione con gli Stati Uniti nella prospettiva di una gestione comune dell’ordine
mondiale, aperto alla partecipazione di altri raggruppamenti di Stati (l’unificazione delle
grandi regioni che si costituiscono nel mondo). L’Europa avrà una potenza sufficiente per
sollevare gli Stati Uniti da alcune delle loro schiaccianti responsabilità mondiali ed avrà
l’autorità per persuaderli a sostenere la riforma democratica dell’ONU.
Tuttavia, per potere parlare con una sola voce, l’Europa deve prima di tutto completare
il processo di unificazione federale. Con un Parlamento eletto a suffragio universale,
l’Unione europea può diventare il paese-guida della democrazia internazionale. E’
prevedibile che essa sarà anche più disponibile di altre organizzazione politiche a
promuovere questa esperienza nelle altre regioni del mondo, così come a livello mondiale
(democratizzazione dell’ONU).

"Dato che l’interdipendenza (più o meno stretta) tra i popoli della terra si è estesa a
tal punto, che la violazione del diritto in un punto della terra è avvertita dovunque,
l’idea di un diritto cosmopolitico non è affatto una rappresentazione fantastica ed
esagerata del diritto, ma un necessario completamento del codice non scritto, che al di
là del diritto statale e internazionale tende verso un diritto pubblico dell’umanità, e
BIBLIOGRAFIA:
 www.governo.it/costituzione_europe
a/presentazione.html
 www.europa.eu.int/constitution/inde
x_it.htm
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LA COSTITUZIONE EUROPEA