Darwinismo: Thomas Nagel viene
attaccato su MicroMega.
BY
ENZO PENNETTA
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#1. La reductio ad idiotam.
http://www.enzopennetta.it/2016/01/darwinismo-thomas-nagel-attaccato-su-micromega-1-lareductio-ad-idiotam/
“Chi tocca Darwin muore” è il messaggio.
Chi muove una critica non è più degno di rispetto, neanche fosse uno dei massimi filosofi
viventi.
Per chi non l’avesse ancora capito ci ha pensato MicroMega a ricordarcelo.
Quando i libro “Mind and cosmos” del filosofo statunitense Thomas Nagel fu pubblicato nel
2012 la reazione del versante darwinista fu più limitata, adesso che però è stata pubblicata la
versione tradotta in italiano si è avvertita la necessità di affrontare il problema. E lo si è affrontato
nel più secco dei modi, le espressioni impiegate per apostrofare il filosofo Thomas Nagel e la sua
opera sono frutto di una fantasia lessicale invidiabile, queste le più evidenti:
naufragio filosofico
un 'grande' filosofo…
incompetenza
presunzione
performance da bar dello sport
questo incredibile libretto
un delirio
cita a casaccio
concezione dilettantesca
errore sesquipedale
fallacie logiche
conclusioni assurde
Nagel si improvvisa scienziato… con esiti imbarazzanti
prende cantonate madornali
Nagel comicamente…
fesserie negazioniste
misto di insipienza e supponenza
fatui argomenti
trucchetti retorici
libertà di critica esercitata a vanvera
sfortunato incidente dentro una radiosa carriera…
A dare sfoggio di tanto caleidoscopico lessico è il prof. Telmo Pievani che MicroMega incarica
di difendere d’ufficio il darwinismo ogniqualvolta qualche nome di rilievo lo critichi. Una sorte
analoga, anche se meno impietosa, era capitata nel giugno 2014 ad un nutrito gruppo di nomi di
primissimo piano della scienza e della filosofia guidati da Noam Chomsky accusati di fare della
cattiva critica della scienza e di avere ceduto a qualche “eccesso antidarwiniano” quando si erano
permessi di mettere in dubbio, anche solo di striscio, la sacralità del pensiero neo-darwinista. Il
numero e lo spessore dei nomi coinvolti li aveva però adeguatamente difesi da un linguaggio più
caustico. Sorte ben peggiore era capitata a Massimo Piattelli Palmarini che, stavolta sulle pagine di
Pikaia, il portale dell’evoluzione, sito diretto dallo stesso prof. Pievani, era stato per mano di
Giorgio Tarditi Spagnoli “bocciato in biologia” e tacciato di fare della “pornografia filosofica”1.
1
http://pikaia.eu/e-quindi/
La prima accusa mossa a Nagel su MicroMega è quella di non essersi documentato mediante
“pubblicazioni scientifiche primarie”. In pratica il filosofo ne saprebbe “quanto un qualsiasi lettore
medio di saggistica scientifica”. Appare interessante il fatto che secondo l’autore del pezzo su
MicroMega la saggistica scientifica sembrerebbe dire cose diverse da quelle scritte nelle
pubblicazioni scientifiche, la cosa colpisce a maggior ragione perché è egli stesso autore di
saggistica scientifica. Cosa vuol dire con questa affermazione? Forse che non dobbiamo leggere i
suoi libri? Evidentemente no, perché quello che si trova sui suoi libri o su quelli del suo equivalente
a livello mondiale, quel Richard Dawkins dal quale vengono prese le distanze solo quando fa
comodo, è esattamente il pensiero darwinista ed è davvero curioso che si sostenga che non ci si può
formare un’idea sul darwinismo leggendo questo tipo testi.
Quello che Nagel critica è l’impostazione stessa della teoria neodarwiniana e di questo non si
parla nelle pubblicazioni “primarie” a cui Pievani si riferisce. A dirla tutta dei veri meccanismi
neodarwiniani non ce è traccia neanche nei testi scolastici, ma questo è un altro problema. L’accusa
è quindi debole ma ha come effetto quello di screditare Nagel agli occhi dei lettori di MicroMega.
Quello che Nagel afferma è che l’evoluzionismo darwiniano non può affrontare uno dei temi
principali della storia del pensiero filosofico-scientifico e cioè l’emergere della ‘coscienza’ e le
questioni ad essa correlate. Per Nagel la mente andrebbe collocata al centro del cosmo e questo
argomento altro non è che la logica conclusione delle considerazioni riportate nell’articolo che lo
rese famoso nel 1974 “Che cosa si prova ad essere un pipistrello?”2. Per cui le obiezioni di Pievani
non sono in realtà specifiche riguardo il libro “Mente e cosmo”, semmai andrebbe criticata tutta
l’opera di Nagel e non solo il momento in cui inevitabilmente questa finisce per toccare il
darwinismo. E in effetti Nagel attacca primariamente non il darwinismo ma tutto il riduzionismo (di
cui il neodarwinismo è un’espressione) che affronta la realtà solo nei suoi aspetti fisici quantitativi.
Che la scienza sperimentale non possa spiegare (e non potrà mai spiegare), che cosa si provi ad
essere un pipistrello è insito nella natura stessa del metodo sperimentale: nessun esperimento potrà
mai metterci nella mente di un altro. La coscienza è infatti una realtà innegabile che però non è
soggetta ad essere misurata in alcun modo, quali affermazioni potrà mai fare la scienza
riduzionistica su qualcosa di non misurabile?
Il secondo punto sostenuto da Nagel è una forma di principio antropico forte secondo il quale le
leggi dell’universo devono essere tali da prevedere la nascita della coscienza. Questo punto tocca
sul vivo Pievani il quale ha pubblicato nel 2011 “La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che
non ci aveva previsto” un libro nel quale egli sostiene esattamente la tesi opposta.
Per effettuare questo tipo di critica Nagel non aveva bisogno di leggere gli articoli sulle peer
review, quello che è noto a livello divulgativo della biologia evoluzionistica di tipo darwiniano,
reperibile sui libri di Dawkins o dello stesso Pievani, è più che sufficiente per affrontare
l’argomento.
Se la biologia riduzionista non può affrontare lo studio della nascita della coscienza e delle leggi
che l’hanno prodotta, secondo l’ateo Nagel, allora alla biologia manca qualcosa di fondamentale.
Nagel attacca anche le spiegazioni attuali dei meccanismi all’origine della vita e dell’evoluzione
secondo la dinamica neodarwiniana per mutazioni casuali e selezione naturale e se lui, nella sua
modestia, afferma di aver letto solo testi divulgativi (che si sottolinea dovrebbero dire le stesse cose
dette nelle pubblicazioni scientifiche primarie), noi che tali pubblicazioni primarie le abbiamo lette
e continuiamo a leggerle, constatiamo che le obiezioni di Nagel sono del tutto fondate anche alla
luce di tali pubblicazioni.
Queste sono le colpe di cui è accusato Nagel.
Per questo motivo le avanguardie del pensiero riduzionista rappresentato da MicroMega sentono
minacciato il loro credo e reagiscono. Da Thomas Huxley in poi i mastini del darwinismo, posti a
guardia della teoria, ringhiano, abbaiano e cercano di mordere.
Per quel che riguarda la posizione di CS, leggendo Thomas Nagel si può trovare un’incredibile
2
https://it.wikipedia.org/wiki/Qualia#Che_cosa_si_prova_ad_essere_un_pipistrello.3F
corrispondenza di vedute, tanto che il libro “Mente e cosmo” potrebbe essere benissimo assunto
come il manifesto evoluzionista di Critica Scientifica. Non sorprende quindi che al filosofo
statunitense sia toccato un trattamento analogo a quello a noi riservato.
E si comprende come mai le nostre pagine, pur nell’ambito nazionale in cui ci muoviamo, siano
tanto scomode per la teoria darwiniana e per tutta la cultura ad essa correlata che va sotto il nome di
darwinismo.
#2. Gli argomenti contro
http://www.enzopennetta.it/2016/01/darwinismo-thomas-nagel-attaccato-su-micromega-2-gliargomenti-contro/
Su MicroMega contemporaneamente agli argomenti ad personam vengono esposti quelli
contro la tesi di Nagel.
Ecco l’analisi delle contestazioni formulate.
Quali sono le contro argomentazioni che il prof. Pievani porta per ribattere alle critiche che il
filosofo Thomas Nagel muove alla teoria darwiniana?
2.1 Narrazione
dell’evoluzione
finalistica
La prima di esse la troviamo a pag. 239 del numero di MicroMega 8/2015:
Insomma siamo alla solita, grande, confortante, edificante e del tutto infondata e
irrazionale, narrazione finalistica dell’evoluzione..
La “narrazione finalistica” non solo dell’evoluzione, ma di tutta la realtà naturale, è infondata e
irrazionale tanto quanto il suo contrario, infatti il non finalismo è solo una “narrazione”
diametralmente opposta frutto di una posizione assunta in modo dogmatico. Lo spiega chiaramente
Jacques Monod, Nobel per la medicina e autorità indiscussa del darwinismo degli anni ’70 nel suo
libro “Il caso e la necessità” dove a pag. 25 (ed. Oscar Mondadori) afferma:
La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato di oggettività della Natura, vale
a dire il rifiuto sitematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza
‘vera’ mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali […]
Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile
concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno
scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Monod riconosce che l’assenza di un progetto non è dimostrabile e che si tratta solo di una
posizione assunta in modo apodittico dalla scienza sperimentale la quale, forzando il metodo
galileiano, è passata dal non potersi occupare del finalismo al negarlo dogmaticamente. L’ipotesi
teleologica non è quindi infondata di più di quella contraria che vede nei soli caso e contingenza
l’origine delle specie e dell’uomo. Affermare come fa Pievani che “l’evoluzione non ci aveva
previsti”, o il suo contrario come fa Nagel “l’evolzione ci stava aspettando”, sono posizioni
equivalenti dal punto di vista sperimentale: indimostrabili. Non è quindi motivata la critica mossa
su questo punto a Nagel, se non nella logica della difesa di una posizione dogmatica contro un’altra
posizione dogmatica.
2.2 La biologia evoluzionistica è una
teoria fisica?
La seconda critica viene mossa a pag. 240, dove testualmente si afferma quanto segue:
“la biologia evoluzionistica è una teoria fisica” (p. 18, un’intera disciplina ricolma di
fatti corroborati viene confusa con una teoria, ma sorvoliamo)…
E invece non possiamo sorvolare su questo punto. Il filosofo Pievani accusa il filosofo Nagel di
aver fatto confusione sul termine “teoria” che sarebbe stato impropriamente usato per indicare il
neodarvinismo che sarebbe invece una scienza “colma di fatti corroborati”. Ma il significato del
termine “teoria” non è quello di qualcosa di non dimostrato, per chiarire meglio in concetto
prendiamo una definizione autorevole, quella del dizionario Treccani3:
Formulazione logicamente coerente (in termini di concetti ed enti più o meno astratti)
di un insieme di definizioni, principi e leggi generali che consente di descrivere,
interpretare, classificare, spiegare, a vari livelli di generalità, aspetti della realtà…
Una teoria è una spiegazione della realtà, essa poi può essere da dimostrare o dimostrata. Casi
come quello della teoria della relatività, che si chiama ancora oggi così, o della teoria cinetica dei
gas, dimostrano che il termine viene impiegato anche quando è presente una forte corroborazione.
Perché dunque quel passaggio è stato criticato?
2.3 Predicibilità nella teoria darwiniana
Una terza critica viene mossa a pag. 241-2 sull’obiezione di Nagel riguardo alla mancanza di
predicibilità nella teoria darwiniana:
Una spiegazione evoluzionistica infatti, secondo Nagel (p. 51), deve mostrare: perché
l’occorrenza di un determinato evento storico era probabile e prevedibile (chissà perché,
lo ha deciso lui; abbiamo miriadi di attendibili spiegazioni scientifiche di eventi che
erano improbabili eppure sono successi)… Un delirio, chi scrive sciocchezze del genere
non ha la più pallida idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica.
Forse Nagel non ha idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica ma ce l’ha di cosa sia la
scienza sperimentale galileiana e popperiana. Se non è possibile fare delle previsioni viene a
mancare l’esperimento di prova, la corroborazione sperimentale tanto decantata dallo stesso autore
dell’articolo poche righe prima. Se una teoria scientifica non consente di fare delle previsioni viene
a mancare anche il criterio di falsificabilità che è proprio della scienza sperimentale. Ha ragione
dunque Nagel nel fare le sue osservazioni. Su una cosa però potrebbe avere ragione il prof. Pievani:
Nagel non ha la più pallida idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica neodarwiniana. Nagel
non sa infatti che una spiegazione evoluzionistica neodarwiniana è in genere una storia non
dimostrabile, una specie di mito che è stato efficacemente assimilato alle “Just so story” di Kipling.
Una critica al principio antropico forte presente nel libro di Nagel appare a pag.243:
A parte il progressionismo interstellare e il narcisismo antropocentrico insiti nell’idea,
si tratta di nient’altro che di una nuova versione del principio antropico forte, già
demolito da biblioteche intere di argomentazioni razionali e logiche. Per Nagel
l’esperimento unico di vita sulla Terra sarebbe “il fatto naturale cosmologicamente più
significativo” di tutti (p. 36): ma come fa a dirlo? Ha mai chiesto l’opinione degli
abitanti di un’altra galassia?
2.4 Progressionismo interstellare
Riguardo al “progressionismo interstellare” non è possibile esprimere alcuna opinione in quanto
trattasi di termine non presente nel vocabolario italiano, il narcisismo di cui si accusa il principio
antropico forte è invece riferito ad una sua confutazione che però di fatto non viene neanche
accennata. I lettori di MicroMega devono quindi farne a meno e accontentarsi di sapere che contro
il principio antropico forte ci sono intere biblioteche di argomentazioni. Peccato, poteva almeno
essere riportata quella ritenuta più significativa. L’autore dell’articolo su MicroMega ci chiede
3
http://www.treccani.it/vocabolario/teoria/
insomma di credere a lui. Che poi la comparsa della vita sulla Terra sia il fatto cosmologicamente
più significativo è un dato di fatto, Nagel infatti afferma nella citata pagina 36: “Non abbiamo
osservato forme di vita in altri mondi oltre la Terra e nessun fatto naturale è cosmologicamente più
significativo di questo“. A questa considerazione basata su evidenze sperimentali (provvisorie se
vogliamo, come tutte le conoscenze scientifiche), il suo critico chiede di ascoltare l’opinione di
abitanti extraterrestri intergalattici. Se questa è la scienza…
Continua poi poche righe più sotto:
Questa autoreferenzialità cosmica non sta in piedi, da nessun punto di vista, e
contraddice tutte le evidenze in nostro possesso su come è andata realmente
l’evoluzione naturale contingente… E’ legittimo credere, fideisticamente, che vi sia
stato nonostante tutto un grande piano finalistico (senza un agente intenzionale alle
spalle) che puntava diritto verso la comparsa della mente umana, a patto di accettare di
scontrarsi con l’evidenza e con ciò che la scienza oggi suggerisce oltre ogni
ragionevole dubbio.
Ancora una volta si parla di di evidenze di un’evoluzione naturale contingente, dimenticando la
lezione di Monod sull’indimostrabilità della contingenza. Quelle evidenze non solo non esistono,
ma non possono esistere. Eppure si parla di evidenze “oltre ogni ragionevole dubbio”, una
locuzione presa in prestito dalla giurisprudenza e del tutto estranea alle scienze sperimentali. Si
tratta della proiezione di un desiderio, a tanta insistenza si può opporre altrettanta ripetitività: non
solo la mancanza di finalismo non è stata dimostrata “oltre ogni ragionevole dubbio”, ma essa è
assolutamente indimostrabile. Oltre ogni ragionevole dubbio.
2.5 Conclusioni
In conclusione le critiche mosse dal prof Pievani alla tesi di Nagel non sono di un tipo valido
secondo il metodo scientifico. Per una eterogensi dei fini finiscono però per valere contro la tesi
opposta da lui sostenuta: il finalismo di Nagel non è dimostrabile scientificamente, ma neanche la
mancanza di finalismo sostenuta dal suo contestatore lo è.
#3. Argomenti a difesa del darwinismo
78
http://www.enzopennetta.it/2016/01/darwinismo-thomas-nagel-attaccato-su-micromega-3argomenti-a-difesa-del-darwinismo/
I punti deboli della teoria neodarwiniana sono ormai evidenti e le risposte in difesa sono
inefficaci.
Ecco l’analisi degli argomenti impiegati su MicroMega.
Dopo aver analizzato l’attacco ad personam condotto nei confronti di Thomas Nagel su
MicroMega e dopo aver verificato la consistenza delle critiche mosse alla sua teoria, adesso è la
volta di analizzare gli argomenti che sul mensile sono stati portati a difesa della teoria
neodarwiniana. Questo paragrafo è stato così intitolato su MicroMega:
Il naufragio (presunto ndr) delle ‘ragioni empiriche’ di Nagel
Riguardo a tale ‘naufragio’ andiamo a vedere quali sono le obiezioni mosse alle ragioni
empiriche di Nagel, il prof. Pievani ne fa una critica a pag. 244 dove nel presentare quanto segue si
parla di “esiti imbarazzanti”. Ecco quanto affermato nell’articolo:
A p.11 (Nagel) afferma: “Non è più lecito immaginare semplicemente una sequenza di
fenotipi in graduale evoluzione, come se la loro comparsa per mezzo di mutazioni del
dna non fosse problematica”. Non si accorge (o forse non ha letto) il saggio divulgativo
giusto
Riguardo questo passaggio diverse sono le considerazioni da fare. Per prima cosa però bisogna
segnalare quello che nel brano riportato è stato tolto e cioè la citazione che Nagel fa di Richard
Dawkins. Il brano realmente presente su “Mente e cosmo” è infatti il seguente:
Non è più lecito immaginare semplicemente –come fa Richard Dawkins per l’evoluzione
dell’occhio– una sequenza di fenotipi in graduale evoluzione, come se la loro comparsa
per mezzo di mutazioni del DNA non fosse problematica.
Nella citazione su MicroMega è sparito il riferimento a Richard Dawkins, uno degli autori
divulgativi a cui si riferisce Nagel. Dawkins rappresenta nel versante neodarwinista un caso
singolare, da una parte è l’autore in assoluto più letto e conosciuto al mondo, dall’altro quando si fa
riferimento a lui in un confronto con esponenti del darwinismo viene considerato poco significativo.
La contraddizione è che in realtà Dawkins dice esattamente come stanno le cose nella teoria
neodarwiniana e nessun autore neodarwinista lo ha mai sconfessato o ha mai mostrato dove le sue
affermazioni sarebbero errate.
Questa omissione nella citazione sembra confermare l’uso ambiguo che viene fatto del
personaggio Dawkins: utile per diffondere il darwinismo presso le masse e mai contestato in ambito
darwinista, mal tollerato quando qualcun altro usa le sue affermazioni per parlare di darwinismo.
Questa è una posizione che merita una risposta: Dawkins espone in modo corretto il neodarwinismo
oppure ne distorce le caratteristiche? Se è vero il caso uno allora non si capisce la contestazione a
chi vi fa riferimento; se è vero il caso due non si capisce perché nessun autore neodarwinista abbia
mai evidenziato gli errori di Dawkins. Su questo aspettiamo invano da tempo una chiara presa di
posizione da parte di fonti autorevoli su testate di larga diffusione.
Stranamente nella citazione viene anche scritto il termine “dna”, minuscolo, anziché “DNA”, che
essendo un acrostico va scritto in maiuscolo almeno nella sua lettera iniziale, mentre su MicroMega
appare tutto in minuscolo, eppure nel testo di Nagel stampato da Cortina Editore la sigla è scritta
correttamente in maiuscolo. Si tratta di un errore che ad uno studente varrebbe un segno a matita
rossa, ma non sappiamo se l’errore sia nel testo originale dell’articolo o se si tratti di un refuso. La
presenza però di un foglio all’interno del numero di MicroMega 8/2015 contenente due “errata
corrige”, nel quale non si fa menzione dell’errore in questione, lascia pensare che la scritta in
minuscolo sia stata consapevole, ma la motivazione della scelta quantomeno non è chiara.
La risposta a queste righe del saggio di Nagel è comunque la seguente affermazione “le evidenze
sulle leggi di autorganizzazione che regolano molti fenomeni biologici non contraddicono affatto la
teoria neodarwiniana ma la integrano”. È vero, i fenomeni di autorganizzazione regolano molti
fenomeni biologici, ma non certo le mutazioni del DNA, se così fosse si tratterebbe della scoperta
del secolo. La risposta data è quindi su un argomento diverso da quello in questione, fuori dal
problema posto da Nagel che quindi resta senza risposta.
La seconda critica viene mossa sempre a pag 244 dove si afferma che Nagel “prende cantonate
madornali” riguardo il seguente punto:
…come quella secondo cui oggi sarebbe dimostrato che le mutazioni genetiche non
sono casuali, o che le scoperte sulla complessità del codice genetico metterebbero in
difficoltà la spiegazione evoluzionistica (p.11). Confonde i vincoli della variazione con
la sua impossibilità di fornire materiale genetico variazionale per la selezione.
Nella citata pagina 11 ho cercato più volte il passaggio contestato a Nagel ma non esiste. Nagel
non ha mai scritto che “oggi sarebbe dimostrato che le mutazioni genetiche non sono casuali”, la
cantonata sembra dunque essere quella di MicroMega. Al contrario Nagel ha scritto quanto segue:
Ancora: per quanto riguarda l’evoluzione, il processo di selezione naturale non può
rendere conto della storia effettiva senza presupporre un’adeguata disponibilità di
mutazioni attuabili e mi sembra una questione ancora aperta che ciò possa essere stato
ottenuto nel tempo geologico solamente come il risultato di un evento chimico casuale,
senza che fossero operativi altri fattori a determinare e a restringere le forme di
variazione genetica.
Lungi dal parlare di “dimostrazione” della non casualità delle mutazioni, nel testo di Nagel si
parla di una “questione ancora aperta”, la differenza tra le due affermazioni non potrebbe essere più
grande. Come già evidenziato nel secondo articolo sulla questione, ogni filosofo sa bene che la
casualità o il suo contrario, il finalismo, non possono essere dimostrati, e Nagel non avrebbe mai
commesso un simile errore.
Riguardo l’affermazione riportata che le scoperte sulla complessità del codice genetico
metterebbero in difficoltà la spiegazione evoluzionistica, Nagel ha effettivamente scritto quanto
segue:
…i dubbi sulla spiegazione riduzionistica della vita vanno contro il consenso scientifico
dominante; tale consenso deve però affrontare la questione -che non mi sembra sia
stata presa abbastanza sul serio- di quanto sia probabile che le forme di vita evolvano
per mutazione casuale e per selezione naturale e di quanto sia probabile che sistemi
fisici capaci di una tale evoluzione possano originarsi dalla materia inanimata. Questi
problemi ci appaiono tanto più difficili quanto più scopriamo sulla complessità del
codice genetico e sul suo controllo dei processi chimici della vita.
Nagel non ha mai parlato di “impossibilità di fornire materiale genetico variazionale per la
selezione” da parte delle mutazioni ma ha parlato di probabilità. E che la probabilità che le
variazioni casuali possano spiegare l’evoluzione diminuisca in modo inversamente proporzionale
con la scoperta di una maggiore complessità del codice genetico è un’ovvietà che non ha bisogno di
essere dimostrata. Ciò premesso questa scoperta di una complessità superiore a quanto
precedentemente ipotizzato è di fatto avvenuta con il progetto ENCODE i cui risultati sono stati
pubblicati su pubblicazioni scientifiche primarie come Nature: ENCODE Project Writes Eulogy for
Junk DNA4. La cantonata madornale di Nagel non si capisce dunque dove sia, anche alla luce di
quanto affermato da pubblicazioni scientifiche primarie.
La critica successiva, sempre a pag. 244 è la seguente:
Ha una concezione del tutto dilettantesca di cosa sia la selezione naturale (p.28).
Su questo punto l’analisi non potrebbe essere più breve: a pag. 28 del libro di Nagel la parola
“selezione” non viene mai nominata.
Continuiamo con la contestazione che giunge subito dopo:
Pensa che nell’evoluzione tutto dipenda necessariamente dalla selezione e che servano
davvero mutazioni genetiche per qualsiasi variazione fenotipica (p.82).
Questa critica appare innanzitutto davvero troppo sintetica per rispondere a quanto ha detto
Nagel. Le “variazioni fenotipiche” citate da Nagel e di cui si parla su MicroMega sarebbero le
seguenti:
Tutto questo è abbastanza inverosimile, ma non più di quanto lo siano parecchie
congetture evoluzionistiche. Richiede che le mutazioni, o qualsiasi altra cosa possa
essere all’origine della variazione genotipica, generino non solo le strutture fisiche, ma
anche la fenomenologia, il desiderio e l’avversione, la consapevolezza delle altre menti,
la rappresentazione simbolica e la coerenza logica, tutte cose che hanno ruoli essenziali
nella produzione del comportamento.
La questione posta da Nagel è quella della possibilità che la variazione genetica determini realtà
come il desiderio e l’avversione e altre caratteristiche mentali. La risposta fornita a questa sua
osservazione è però una non-risposta, si afferma che per certe variazioni fenotipiche non serve il
meccanismo mutazione-selezione, ma questo non dice nulla sul fatto che il riduzionismo sia
sufficiente a spiegare la mente, che è la vera questione posta da Nagel.
L'unica cosa che emerge è che singolarmente per difendere il neodarwinismo si minimizzano i
due punti che ne sono alla base: mutazioni e selezione. L’argomento usato è in realtà potenzialmente
distruttivo per le posizioni che si vogliono difendere, infatti sostenere che parlare di mutazioni e
selezione come spiegazione insoddisfacente per alcune variazioni fenotipiche (senza spiegare quali
ed entrare nel merito) significa difendere la teoria neodarwiniana minandone le basi.
Ma andiamo oltre, al punto in cui si dice:
Ritiene che “le complessità e i disaccordi all’interno della teoria darwiniana non siano
rilevanti” per gli scopi della sua trattazione (p.109).
Nagel ha pienamente ragione a ritenere che i disaccordi all’interno della teoria siano irrilevanti,
essi infatti non riguardano mai il riduzionismo (che è il punto contestato da Nagel) ma altri aspetti
della teoria, e quindi sono giustamente considerati irrilevanti.
Niente da dire sulla successiva presa di distanze dalla psicologia evoluzionistica sulla quale
Pievani e Nagel concordano.
Va spesa invece qualche parola sul punto sollevato a pag.245 dove il prof. Peivani contesta a
Nagel quanto segue:
Mette nello stesso calderone studiosi della complessità biologica e neocreazionisti. Non
sa o finge di non sapere (p.53) che l’evoluzione neodarwiniana non è un
assembramento casuale di tratti che magicamente diventano complessi, ma è la
sopravvivenza differenziale dei portatori di varianti (genetiche ed epigenetiche;
4
http://www.sciencemag.org/content/337/6099/1159.summary
anatomiche, comportamentali, cognitive) che danno un certo valore di fitness in un dato
ambiente, con il risultato che con il tempo si formano strutture anche di elevatissima
complessità, ancorché mai perfette come sarebbero quelle di un progettista intelligente.
Liquida tutti gli argomenti del neodarwinisno come forme di riduzionismo fisicalista.
La prima riga è un ricorso ad un principio di autorità che non appartiene alla scienza, un “ipse
dixit” che proprio il metodo scientifico galileiano aveva rigettato come argomento valido. La
seconda parte appare invece una risposta ad una domanda non posta, un generico ripetere i principi
base del neodarvinismo che fa apparire il tutto come un dialogo tra sordi. A pag. 53 Nagel scrive:
Come ogni spiegazione storica, essa comprenderebbe una forte dose di casualità, cosi
ché la specifica storia della vita che ne emergerebbe non sarebbe spiegata unicamente
dalla teoria evoluzionistica. Le contingenze e i loro effetti, tuttavia, dovrebbero essere
consistenti con il carattere fisico della teoria. Per completare il nesso con la fisica,
inoltre la spiegazione dovrebbe supporre l’esistenza di una probabilità non trascurabile
che certe sequenze di passaggi, a partire dalla materia inanimata e sulla base di
meccanismi puramente fisici, avrebbero potuto infine avere come risultato una molecola
che si riproduce capace di tutto questo, incorporando un preciso codice lungo miliardi
di caratteri, insieme ai ribosomi che traducono quel codice in proteine. Non è
sufficiente dire: “Qualcosa doveva succedere quindi perché non questo?”. Trovo
difficile da capire la fiducia dell’establishment scientifico nel fatto che l’intero scenario
condurrebbe a una spiegazione puramente chimica se non come manifestazione di una
dedizione assiomatica al materialismo riduzionistico.
Come si può verificare Nagel continua a parlare dell’improbabilità del meccanismo
neodarwiniano e della sua incompatibilità con le leggi della fisica conosciute mentre la risposta
evita questo problema riproponendo un meccanismo di base che supporrebbe che ogni mutazione
sarebbe sottoposta a selezione naturale anche prima di essere utile o dannosa e quindi prima di
avere un qualche effetto sulla fitness. Il problema dell’estrema improbabilità del meccanismo
neodarwiniano resta.
#4. Altri argomenti
darwinismo
a
difesa
del
http://www.enzopennetta.it/2016/01/darwinismo-thomas-nagel-attaccato-su-micromega-4-altriargomenti-a-difesa-del-darwinismo/
I punti deboli della teoria neodarwiniana sono ormai evidenti e le risposte in difesa sono
inefficaci.
Ecco l’analisi degli argomenti impiegati su MicroMega.
“Il naufragio (presunto Ndr) delle ‘ragioni empiriche’ di Nagel” (parte seconda)
A pag. 245 di MicroMega 8/2015 troviamo la seguente risposta alle osservazioni di Nagel:
Sull’onda dell’entusiasmo antidarwiniano, Nagel comicamente prende per buoni anche gli
“argomenti empirici di grande interesse” (p. 12) offerti dei teorici dell’Intelligent Design
statunitense contro il neodarwinismo. Nell’ordine:
1 l’argomento della presunta elevata improbabilità che l’evoluzione possa averci
condotto fin qui attraverso mutazioni casuali e selezione naturale (Nagel a p. 8 afferma
che, “per quanto ne sa”, non esistono argomenti credibili che attestino la possibilità
non trascurabile che la storia sia andata così); anche in questo caso è sorprendente
come un filosofo possa ignorare bellamente la letteratura degli ultimi quarant’anni (a
parte il fatto che eventi altamente improbabili succedono continuamente almeno a ogni
sorteggio della lotteria l’evoluzione è sospinta da fattori che riducono fortemente
l’improbabilità, fattori ecologici e adattativi la cui azione si è protratta per tempi
lunghissimi -la vita ci ha messo due miliardi di anni per passare dallo stadio uno in
cellulare a quello pluricellulare, avete presente quanti tentativi ed errori si possono fare
in 2 miliardi di anni? Ma di quale “alta improbabilità” stiamo parlando?); l’argomento
può sussistere soltanto nella mente di chi non ha capito come funziona l’evoluzione;
Per la seconda volta la contestazione agli argomenti di Nagel viene preceduta da un
antiscientifico principio di autorità che proprio la rivoluzione scientifica di Galilei aveva eliminato
per sempre. Il solo prendere in considerazione le obiezioni provenienti da una parte demonizzata è
sufficiente a essere considerati ridicoli. Riguardo poi la letteratura degli ultimi quarant’anni che
Nagel avrebbe “bellamente” ignorato, essa non ha mai risolto il problema dell’improbabilità, se così
non fosse siamo pronti a pubblicizzare eventuali prove in senso contrario.
Del tutto fuori luogo poi il parallelismo proposto tra l’improbabilità dell’evoluzione per
mutazioni casuali e quella di una vincita alla lotteria, i motivi che lo rendono inadatto sono tre:
1. In una lotteria il sorteggio viene fatto tra i biglietti venduti a ciascuno dei quali corrisponde
un compratore, quindi la vincita è improbabile per ciascun singolo acquirente ma con la certezza di
verificarsi come evento. Nelle mutazioni casuali sarebbe invece come trovarsi nel caso di una
lotteria nella quale, ad es., dieci persone hanno acquistato il biglietto ma il sorteggio avviene tra un
miliardo di biglietti, anche quelli mai venduti. Infatti nessuno ci assicura che la mutazione che ad
esempio ha portato all’emoglobina debba necessariamente avvenire ed essere sottoposta alla
selezione naturale.
2. Il numero di probabilità di vincere ad una lotteria è di moltissimi ordini di grandezza
inferiore a quello di “indovinare” la sequenza di una proteina. Se una lotteria come quella “Italia”
del 2015 ha visto la vendita di 7.656.840 biglietti, cioè 7,656.840 x 10^6 con la probabilità di
vincere pari a 1/7,656.840 x 10^6, la probabilità che una proteina come l’emoglobina si possa
formare per caso è pari a 1/10^190. Paragonare una grandezza come 10^6 con una come 10^190 è
peggio che paragonare la probabilità di vincere a testa o croce con quella di fare un sei al
Superenalotto (1/622.614.630 ). Un raffronto che renderebbe ancora molto, ma molto poco la
enorme differenza tra le due realtà messe a confronto su MicroMega.
3. Il numero delle reazioni chimiche che possono essere avvenute nell’intera storia
dell’universo non è compatibile con la spiegazione neodarwiniana dell’evoluzione. Per fare un
esempio “classico” prendiamo ancora in considerazione i tentativi necessari a realizzare una sola
proteina come l’emoglobina le cui combinazioni come abbiamo visto sono 1o^190. Secondo un
calcolo facilmente verificabile questo numero supera di gran lunga tutte le reazioni chimiche che
possono essere avvenute nell’universo dal suo inizio (ammettendo per assurdo che sin dal primo
istante fossero presenti atomi e molecole). Il calcolo, eseguito su CS da Giorgio Masiero è il
seguente5:
La scala temporale minima dettata dalla meccanica quantistica è il tempo di Planck,
~10^-43 secondi: nessuna reazione chimica può avvenire in un tempo inferiore. Quindi,
nel tempo di ~10^18 secondi (che è l’ordine d’età della Terra e dell’Universo) non
possono avvenire localmente più di ~10^61 reazioni, che moltiplicate per tutti gli atomi
della Terra (~10^50) danno un maggiorante di 10^111 reazioni chimiche globali
terrestri. Nell’Universo, dove il numero di particelle è ~10^82, il maggiorante delle
reazioni chimiche accadute in ogni tempo e luogo sale a 10^143. Dunque, nel caldo
brodo primordiale terrestre ospite delle prime forme di vita e nelle fredde nubi
molecolari delle galassie giganti dell’Universo non possono essere accadute più di
10^111 e 10^143 reazioni chimiche rispettivamente.
Se dall’inizio del Big bang (ripetiamo, per assurdo) avessero potuto iniziare a verificarsi
nell’intero universo tutte le possibili reazioni chimiche consentite dalle leggi della fisica avremmo
un totale di 10^143 reazioni possibili mentre il numero delle combinazioni della sola emoglobina è
di 10^190 (ricordiamo che l’emoglobina è solo una delle 100.000 proteine del corpo umano). Alla
luce di questi dati appare in tutta la sua inconsistenza la frase scritta nell’articolo su MicroMega:
“…la vita ci ha messo due miliardi di anni per passare dallo stadio uno in cellulare a quello
pluricellulare, avete presente quanti tentativi ed errori si possono fare in 2 miliardi di anni? Ma di
quale “alta improbabilità” stiamo parlando?” E la conclusione diventa un atto di accusa contro la
teoria neodarwiniana: “…l’argomento può sussistere soltanto nella mente di chi non ha capito
come funziona l’evoluzione“.
Se aver ‘capito come funziona l’evoluzione’ significa andare contro la matematica e le leggi
della fisica, è certo che la teoria neodarwiniana è errata.
Sempre a pag. 245 troviamo una seconda obiezione:
2- l’argomento del mistero delle origini della vita e del codice genetico (troppo
improbabile che forme di vita auto prodotte in originale spontaneamente sulla terra
solo per effetto delle leggi della fisica e della chimica); e dunque di grazia in base a
quali altre leggi “non fisiche” e “non puramente chimiche” si sarebbero evoluti la vita
il codice genetico?
Questa obiezione è ben nota ai lettori di CS, l’inadeguatezza della teoria neodarwiniana viene
nascosta dietro il falso argomento della richiesta di una nuova teoria che invece è quello che si
invita a cercare. Al riguardo Nagel è stato molto chiaro a pag. 14:
Quella visione del mondo e ormai abbastanza matura per essere rimpiazzata,
nonostante i grandi risultati ottenuti dal materialismo riduzionistico, i quali
5
http://www.enzopennetta.it/2013/01/i-3-salti-dellessere/
presumibilmente continueranno per lungo tempo a essere la nostra maggiore risorsa
per comprendere realmente e controllare il mondo intorno a noi. Sostenere come farò,
che tale visione lascia molte cose inspiegate non equivale a offrire un’alternativa.
Tuttavia, il riconoscimento di questi limiti è una precondizione finché si possano
cercare alternative o, almeno, affinché ci si possa aprire alla possibilità che ve ne siano.
Terza considerazione di MicroMega:
3- l’argomento del mistero delle origini di organismi coscienti, che “si deve principi di
sviluppo che non derivano dalle leggi senza tempo della fisica” (p. 15); e dunque, di
grazia da dove mai saranno derivati questi principi di sviluppo?
Nagel ha detto chiaramente che va introdotta la mente come elemento della realtà naturale e le
alternative al riduzionismo vanno cercate, poi si può essere d’accordo o no con lui ma la questione è
chiara e alla domanda posta è stato già risposto.
Quarta considerazione di MicroMega:
4- l’argomento della complessità irriducibile: la coscienza e una realtà del mondo
troppo complessa per essere spiegata solo con principi fisici e ancor meno attraverso
un processo di variazione e selezione; è necessario ricorrere a principi di ordine
diverso, cioè teleologici (riproposizione letterale dell’argument from design della
teologia naturale ottocentesca);
Anche in questo caso si può essere o no d’accordo con Nagel ma non viene confutato il suo
pensiero. Ritenere che l’associare questo pensiero a quanto sostenuto dalla teologia naturale
ottocentesca ne costituisca un indebolimento, significa assumere una posizione pregiudiziale di
stampo positivistico e cioè ideologica.
Quinta considerazione di MicroMega:
5- infine, sull’evoluzione “le prove disponibili sono molto indirette” e pertanto “a
dispetto del consenso dell’opinione scientifica”, l’evidenza scientifica a disposizione
non ci impone razionalmente di escludere possibili teorie alternative (p.8); inghiottendo
l’imbarazzo e con pazienza zen, bisognerebbe suggerire a Nagel di sottoporsi al test
obbligatorio per tutti indicatori dell’evidenza evoluzionistica: inoculatevi un batterio
aggressivo, poi prendete un antibiotico ma senza rispettare dosi e tempi, la pressione
selettiva dell’antibiotico e le mutazioni genetiche produrranno un ceppo resistente e la
vostra malattia peggiorerà, avrete così una prova molto diretta dell’evoluzione per
selezione naturale; per chi ancora fosse scettico, il test successivo è quello stare un paio
di decenni in tendina su un’isola sperduta delle Galapagos e vedere l’evoluzione mentre
succede.
La risposta data in questo caso è ad un’obiezione che non è stata formulata. Come abbiamo visto
Nagel muove delle critiche alla spiegazione darwiniana dell’evoluzione, non al fenomeno
dell’evoluzione in sé. Ma vediamo per intero il passaggio con il virgolettato al quale la critica si
riferisce (pp. 7-8):
“Vorrei difendere la reazione ingenua di incredulità alla spiegazione riduzionistica e
neodarwiniana dell’origine e dell’evoluzione della vita. E’ prima facie altamente
implausibile che la vita così come la conosciamo, sia il risultato del susseguirsi di
eventi fisici casuali in combinazione con il meccanismo della selezione naturale….
…Al riguardo sorgono due domande. In primo luogo, a partire da ciò che sappiamo
sulle basi chimiche della biologia e della genetica qual è la probabilità che forme di
vita autoprodotte possano aver avuto spontaneamente origine sulla Terra primordiale
solo per effetto delle leggi della fisica e della chimica? La seconda domanda riguarda
le cause della variazione del processo evolutivo avviato si quando la vita ebbe inizio:
nel tempo geologico trascorso da quando le prime forme di vita sono apparsi sulla
Terra,quanto è verosimile che come risultato gli eventi fisici casuali, possa aver avuto
luogo una sequenza di mutazioni genetiche realizzabili sufficiente a permettere che la
selezione naturale producesse gli organismi che di fatto esistono?
Nella comunità scientifica c’è molta incertezza sulla prima domanda che sulla seconda.
Molti ritengono estremamente difficile che si giunga a una spiegazione riduzionistica
dell’origine della vita, ma la maggior parte delle persone non ha alcun dubbio che
siano sufficienti variazioni genetiche casuali a sostenere l’effettiva storia
dell’evoluzione per selezione naturale, una volta comparsi organismi in grado di
riprodursi. Tuttavia, dal momento che tali domande riguardano eventi altamente
specifici su un ampio periodo che si estende fino a un remoto passato, le prove
disponibili sono molto indirette e le assunzioni generali svolgono per forza una parte
importante. Il mio scetticismo non si basa su una credenza religiosa o su una credenza
di una qualsiasi altra particolare alternativa; esso non è altro che la credenza che su
queste questioni l’evidenza scientifica a disposizione non ci impone razionalmente –a
dispetto del consenso dell’opinione scientifica– di trascurare l’incredulità del senso
comune. Ciò è particolarmente vero per quanto concerne l’origine della vita.
Come si vede i virgolettati inseriti nel contesto assumono un significato molto chiaro: non è
l’evoluzione ad essere messa in dubbio ma la sua spiegazione riduzionistica neodarwiniana. Non c’è
dunque bisogno di alcuna ‘pazienza zen’ ma solo di riconoscere la fondatezza delle obiezioni mosse
da Nagel: non sappiamo come è nata la vita sulla Terra e non esistono prove dirette di
macroevoluzione con meccanismo neodarwiniano. Questo nessuno lo può mettere in discussione.
Dal punto di vista della scienza galileiana poi il consenso non ha alcuna voce in capitolo, la scienza
non è una questione di voti. Del resto proprio nel periodo in cui nasceva Galilei il consenso
scientifico era ad esempio quasi totalmente a favore della teoria geocentrica, una teoria che non
spiegava in modo soddisfacente una serie di fenomeni, proprio come avviene oggi per la teoria
neodarwiniana.
Ciò premesso, l’esperimento (poco salutare) che il prof. Pievani suggerisce a Nagel può
solamente dimostrare la selezione naturale all’opera e qualche caso di mutazioni, ma sempre
all’interno della microevoluzione: i batteri resteranno batteri. La microevoluzione è un fenomeno di
cui nessuno dubita, neanche i creazionisti puri e duri del Tennessee. Infine, l’invito a passare
qualche decennio in tendina alle Galapagos è al massimo un modo per mandare in esilio volontario
il povero Nagel, infatti nessuna macroevoluzione avverrà in quel lasso di tempo.
L’ultima parte della risposta a Nagel è in realtà priva di contro argomentazioni e si risolve
solamente in un’invettiva:
Dopo aver sciorinato queste incredibili fesserie negazioniste, Nagel ha la spudoratezza
di aggiungere che i neodarwinisti sono fermi alle “assunzioni generali” e tutti gli altri
li seguono perché i “intimiditi” (p.9) o perché in questo mondo pensano ingenuamente
di liberarsi della religione (p.14). A suo avviso l’evoluzione per selezione naturale non
è scientificamente fondata (sottolineiamo: scientificamente) (p.13). Il neodarwinismo
sarebbe un “grandioso trionfo della teoria ideologica sul senso comune”, nient’altro
che il consenso attuale dei benpensanti, poco più di una credenza che fra un paio di
generazioni ci sembrerà ridicola (p.132). I neocreazionisti sono dipinti invece come
coraggiosi iconoclasti che vanno “contro il consenso scientifico ortodosso” (p.12).
Difficile trovare in un lavoro filosofico misto tale di insipienza e di supponenza. Chi ha
un minimo di onestà intellettuale sa che le obiezioni dei buontemponi dell’Id sono state
analizzate per decenni sul piano scientifico, razionale e filosofico. Esse non arrecano
alcun contributo alla discussione sui limiti e sugli avanzamenti possibili della teoria
neodarwiniana (che è un cantiere aperto e pieno di dibattiti, ma tra studiosi competenti
che si assumono l’onere della prova).
Questi fatui argomenti di senso comune su improbabilità e misteri sono trucchetti
retorici è poco più: libertà di critica sì, ma esercitata a vanvera. Riabilitare “con
gratitudine” (p.14) questi ambienti del fondamentalismo religioso statunitense è un
errore e basta, una provocazione inutile. La dinamica è nota: le reazioni degli scienziati
saranno ovviamente dure e irose (tanto più quanto il nome dell’autore e influente), ciò
acuirà il senso di vittimismo del provocatore (ecco, l’establishment colto in fallo si
difende), il circolo vizioso sarà senza uscita, con buona pace della realtà dei fatti.
Contrariamente a quanto affermato in queste righe le affermazioni di Nagel appaiono supportate
dai fatti, come abbiamo sostenuto per anni, per comunanza di argomentazioni e analisi noi ci
sentiamo di aderire alle posizioni di Nagel sia sui limiti della teoria neodarwiniana e sulle
dinamiche che l’hanno portata ad affermarsi pur nella sua fondamentale inadeguatezza a spiegare il
fenomeno della macroevoluzione. L’accusa più grande sembra quella di aver sdoganato alcune
critiche mosse dai creazionisti americani, un’accusa che finisce col confermare che la battaglia è
prima di tutto ideologica. Le reazioni irose di cui si parla sembrano comunque non essere quelle
degli scienziati ma quelle di MicroMega, meglio infine sorvolare sull’attribuzione di una voglia di
vittimismo da parte di un Nagel “provocatore”.
Conclusioni
Le pagine che seguono non aggiungono altri argomenti a quelli sin qui visti e quindi
quest’analisi può ritenersi conclusa.
Si è deciso di dedicare così numerosi articoli a questo argomento in quanto le posizioni espresse
da Thomas Nagel sono largamente quelle sostenute da Critica Scientifica sin dai primissimi articoli
(l’archivio è a disposizione per chi volesse verificare). La cronologia dimostra che siamo giunti
sulle posizioni di Nagel prima che egli le esponesse nel suo libro, si tratta quindi di una
convergenza di ragionamenti che fa del filosofo statunitense un vero e proprio riferimento per CS.
Allo stesso modo le critiche (dure e irose) di cui siamo stati fatti oggetto hanno preceduto quelle
mosse a Nagel per aver detto le stesse cose.
Le dichiarazioni di Nagel, le risposte di MicroMega e le nostre considerazioni finali su entrambe,
resteranno come una sorta di Manifesto di CS dove sarà possibile avere una chiara idea di quale sia
il nostro pensiero.
Lo strumento offerto dal sito consentirà inoltre di tenere aperto il confronto e di argomentare in
modo illimitato sulle nostre idee. Con chi vorrà confrontarsi.
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Thomas Nagel e la critica su MicroMega versione