INTRODUZIONE Introduzione Se la scienza smette di essere una ribellione contro l’autorità, non merita il talento dei nostri figli migliori. Freeman Dyson, Lo scienziato come ribelle Secondo il grande studioso di probabilità Alfréd Rényi (1921-1970), un ottimista non dovrebbe scrivere una prefazione, in quanto l’autore non può che essere sicuro che il libro parli di per sé e sia in grado di far arrivare al lettore il messaggio. Nonostante i suoi proclami spesso anche Rényi le prefazioni le scriveva; attenendomi alla tradizione ritengo sia opportuno scrivere qualche pagina per spiegare le motivazioni di questo libro. I miei campi di ricerca sono la meccanica statistica e i sistemi caotici. Sono ben cosciente che questi argomenti non scatenano l’entusiasmo delle folle. Ancora ricordo l’espressione perplessa di mio padre quando cercai di spiegargli lo scopo della meccanica statistica. Anche allargando al massimo l’orizzonte, fino ad arrivare alla scienza in generale, nel nostro paese l’interesse non aumenta di molto. In Italia la diffusa disattenzione per la scienza, e addirittura una certa avversione, risalgono a tempi lontani. Come non ricordare Giovanni Gentile (1875-1944) e Benedetto Croce (1866-1952), che non riconoscevano alla scienza alcuna rilevanza culturale, ma solo una valenza in ambito pratico. In tempi recenti, almeno ufficialmente, la scienza sembra non avere nemici: i nostri 9 INTRODUZIONE politici e governanti, anche ai massimi livelli, non perdono occasione di ripetere il mantra/tormentone ricerca, innovazione, scuola, merito. La realtà è purtroppo ben diversa, la politica reale è sotto gli occhi di tutti: blocco delle assunzioni dei ricercatori, molti giovani costretti ad una diaspora senza speranza, moltiplicazione delle regole burocratiche, taglio dei fondi per la ricerca e le borse di studio. Parte dei tagli finiscono in pochi centri autoproclamatisi di eccellenza. A volte qualche politico messo alle strette (ad esempio per giustificare l’ennesimo taglio a istruzione e ricerca), oppure per mera distrazione, esprime il suo vero pensiero: «perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?» sono parole di Silvio Berlusconi che in modo non ambiguo esprime l’opinione maggioritaria nel mondo politico e imprenditoriale. Non illudiamoci che questa rozza analisi sia l’imbarbarimento dei tempi recenti; niente di nuovo sotto il sole: negli anni sessanta Giuseppe Saragat (1898-1988), polemizzando con Felice Ippolito (1915-1997) sul piano di costruzione delle centrali nucleari, settore in cui all’epoca l’Italia era all’avanguardia, scriveva: «perché non aspettare che questa competitività sia realizzata da paesi che hanno più quattrini?». Presso le televisioni pubbliche, deliranti programmi su presunti misteri condotti da ciarlatani vengono spacciati come divulgazione scientifica; sulle reti private imperversano esperti del lotto che promettono vincite sicure, e anche su alcuni dei principali giornali nazionali c’è la rubrica sui numeri ritardatari. Per non parlare delle interrogazioni parlamentari sulle scie chimiche, i contributi (di entità non proprio simboli10 INTRODUZIONE ca) a scuole private, anche a quelle in cui si insegnano tradizioni e danze lombarde, e i soldi del Servizio sanitario nazionale dilapidati per la cura Di Bella del cancro. Per molto tempo ho pensato che la divulgazione sia importante, anche se può essere efficace solo se la scuola riesce a dare la prima alfabetizzazione scientifica. Confesso che ora sono molto perplesso e non riesco a capire in modo chiaro a chi la divulgazione dovrebbe essere indirizzata. Nella tradizione anglosassone il destinatario è il «colto e curioso avvocato»; non m’è chiaro se nel nostro paese questa figura mitologica esista ancora (se mai è esistita). Mi permetto di fare mia una famosa frase di Ludwig Boltzmann: «sono cosciente di essere solo un individuo che lotta debolmente contro la corrente del tempo; ma posso sempre contribuire», e ritengo un dovere fare un tentativo. Diciamo che non sono molto ottimista, ma non voglio arrendermi. In genere a chi si occupa di scienza vengono rivolte due tipi di domande: a) ma queste cose in pratica a che servono? b) con queste ricerche possiamo capire come è nato l’Universo? Ci sono altre forme di vita? Dio gioca a dadi? Sul secondo tipo di domande non ho molto da dire e in tutta sincerità tutte le volte che leggo sui giornali di multiuniversi, possibilità di mettere Einstein in soffitta e spiegazioni dei misteri ultimi della materia sono un po’ perplesso. La prima domanda è ovvia e motivata, la scienza deve avere anche una valenza pratica. A volte però suona aggressiva: fateci un po’ capire: che ci fate con i nostri soldi? Se si vuole provare a or11 INTRODUZIONE ganizzare una banca dati, costruire una rete di rilevamento o di monitoraggio sottolineandone le ricadute pratiche, allora c’è qualche possibilità che le istituzioni accettino. Ma appena si dicono le parole proibite «scienza di base», le cose cambiano. Guardando cosa sono diventati negli ultimi anni i bandi per la ricerca, con i loro obiettivi al primo e al secondo anno, il valore aggiunto delle collaborazioni, le scadenze rigidissime ecc., risulta chiaro l’intento punitivo e la deriva verso un drastico ridimensionamento della ricerca di base. Anche chi, per stanchezza o connivenza, è costretto a convivere con tutto questo, fingendo di piegarsi a questa parodia di efficienza, sa bene che non è quasi mai successo che da programmi di questo tipo sia nato qualcosa di veramente importante. Gli entusiasti di telefonini, smartphone e annessi, magari non conoscono i principi su cui si basa il loro funzionamento: ad esempio relatività generale e teoria dell’informazione, due settori che non sarebbero mai nati da programmi triennali; e si potrebbe continuare con i laser, la Tac (Tomografia assiale computerizzata), internet e così via. Comunicare la scienza è difficile, inutile negarlo. La prima difficoltà è ovviamente il linguaggio tecnico (in particolare la matematica) che non può essere evitato del tutto. Alcuni dicono che se non si è in grado di presentare un’idea in mezz’ora allora non la si è capita veramente; non credo affatto che le cose stiano così. Questo libretto è il mio personale tentativo di divulgare qualche idea su caso, probabilità e complessità algoritmica. Il libro è articolato in una serie di dialoghi, che toc12 INTRODUZIONE cano i principali aspetti concettuali, alternati alla presentazione dell’opera di alcuni personaggi protagonisti della costruzione della scienza del caso. Le parti nei riquadri hanno un carattere un po’ più matematico. Nel primo capitolo sono discusse una serie di situazioni che spesso vengono presentate come paradossali, ma possono essere perfettamente capite, e smitizzate, una volta compresi i concetti di base della teoria della probabilità. Il capitolo secondo è dedicato in gran parte all’ipotesi atomistica e alla meccanica statistica. Il capitolo terzo affronta l’affascinante intreccio tra caos, complessità algoritmica e teoria della probabilità. Nel capitolo quarto si parla un po’ di filosofia, di finanza e del rumore che non sempre disturba. Il libro termina con un tentativo di sintesi, ovviamente senza nessuna pretesa di completezza, sulla probabilità, il suo uso, la sua formalizzazione, le sue connessioni con i campi confinanti. Alcuni dei personaggi dei dialoghi non sono di fantasia: Ipazia (370-415), Boltzmann, Mach (18381916), Shannon e Gammaitoni. Anche grazie allo zelo di San Cirillo di Alessandria (370-444) nel distruggere le ultime tracce della cultura ellenistica, di Ipazia non c’è pervenuto alcuno scritto, dubito si sia mai occupata di probabilità; quello che viene attribuito a Boltzmann nel dialogo è realistico; mentre Mach non ha mai accettato l’atomismo neanche dopo le numerose prove sperimentali sulla reale esistenza degli atomi; Shannon ha veramente costruito una macchina che legge il pensiero; Luca Gammaitoni è realmente il direttore del laboratorio Noise in Physical Systems (Nips) di Perugia, ha letto e approvato il dialogo di cui è protagonista. 13 INTRODUZIONE Nell’immaginario collettivo spesso chi si occupa di scienza è visto come un nerd, un secchione noioso e polveroso, ma non sempre è così, alcuni sono entusiasti e militanti; quasi tutti i personaggi di cui si parla in questo libro lo sono stati. A volte i contrasti scientifici sono (o almeno sono stati) durissimi e accaniti, paragonabili alle controversie su questioni politiche o religiose. Questo libretto vuole essere anche un omaggio ai grandi della teoria della probabilità e della meccanica statistica, che con il loro lavoro ci hanno reso meno ingenui, cambiando il nostro modo di vedere il mondo. Sicuramente il lettore avvertirà la mia grande simpatia verso alcuni personaggi. È quasi inutile dire che, senza le tante persone (colleghi, collaboratori e studenti) con cui ho interagito negli ultimi decenni, questo libro non esisterebbe. Impossibile citarle tutte; voglio solo ricordare il Gruppo Tnt con i suoi componenti (e amici) sparsi in Italia ed Europa: S. Berti, G. Boffetta, R. Burioni, P. Castiglione, F. Cecconi, M. Cencini, S. Chibbaro, M. Falcioni, A. Gnoli, G. Gradenigo, G. Lacorata, U. Marini Bettolo Marconi, A. Mazzino, P. Muratore Ginanneschi, S. Pigolotti, A. Puglisi, L. Rondoni, A. Sarracino, D. Vergni e D. Villamaina. Molti di loro mi hanno aiutato a migliorare la presentazione e snidare non poche imprecisioni; ovviamente le oscurità e gli errori rimasti sono solo colpa mia. Sono grato ad Angelo Guerraggio, Gian Italo Bischi e Paolo Freguglia per il loro incoraggiamento; un 14 INTRODUZIONE grazie speciale ad Andrea Baldassarri e a Michele Gianfelice, che mi hanno guidato e aiutato con preziosi suggerimenti e consigli. Un ricordo particolare va a due persone a me carissime: Giovanni Paladin, amico fraterno con cui ho condiviso tante scorribande nel maelstrom della turbolenza e nei territori del caos e della meccanica statistica; una sorte ingiusta ci ha privato anzitempo della sua lieve e acuta intelligenza, e mio nonno Vincenzo Vulpiani, che per primo mi fece capire che un cerchio in fin dei conti è costituito da tanti triangoli isosceli molto sottili. 15