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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
ISTITUTO SUPERIORE “IVAN PIANA”
Partecipazione al concorso
“ Ivan Piana:
uno studente, un uomo della Resistenza”
GLI ALUNNI
LUCA ZENTI
LORENZO ZAMPATTI
ILARIO RIZZI
CLASSE 5 SEZ. C - ITIS
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PREMESSA
Questo lavoro ha la finalità di ripercorrere a grandi linee la storia
del nostro Istituto intestato a “Ivan Piana”.
Perché proprio a Ivan Piana?
Di solito le scuole hanno nomi di personaggi illustri:
grandi scrittori, protagonisti della storia e della scienza
Manzoni – Mazzini – Galilei.
Così abbiamo cercato di dare una risposta
ripercorrendo sia la breve vita di questo giovane loverese
caduto per mano fascista insieme ad altri giovani,
sia la storia della nostra scuola.
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Ivan Piana
Uno studente,
un giovane,
una storia
Ivan Piana nacque il 24 febbraio 1924 a Lovere, da Giacinto Piana e
Domenica Zeziola. Apparteneva a una famiglia numerosa (doc.1). Il padre
esercitava
la
professione
di
fornaio;
pur
trovandosi
in
ristrettezze
economiche (doc.2), dovute anche al difficile periodo storico, offrì a Ivan
l’opportunità di studiare.
A undici anni, il 28 giugno 1935, conseguì il diploma che gli permise di
accedere agli “istituti medi” d’istruzione di primo grado (doc.3). Dal 1935 al
1939 frequentò il corso inferiore del Regio Istituto Tecnico Commerciale
“Vittorio Emanuele III” di Lovere. Dopo quattro anni, sostenne l’esame
ottenendo il diploma di ammissione al corso superiore presso lo stesso istituto
(doc.4), che frequentò fino al 1942 quando, sostenuti gli esami della sessione
estiva, conseguì il diploma di abilitazione tecnico commerciale.
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Doc.1 – Ivan Piana, nel presentare la domanda di ammissione alla seconda classe superiore, chiedeva l’esenzione parziale dalle
tasse perché appartenente a famiglia numerosa.
Doc.2 - 1936 (XV anno dell’Era Fascista). Per “ragioni di salute e finanziarie” il padre Giacinto iscrive in ritardo il figlio nella
classe seconda inferiore.
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Doc. 3 - Diploma di ammissione 1935 (XIII anno E.F.)
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Doc 4 - Diploma di ammissione 1939 (XVII anno E.F.)
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Principi razzisti divennero leggi dello Stato
Doc.5- Dal 1938 per l’ammissione nelle scuole divenne un requisito essenziale l’appartenenza alla “razza ariana italiana”.
Il 5 settembre 1938 (XVI E.F., Giuseppe Bottai era ministro in carica
dell’Educazione Nazionale), veniva approvato il Regio Decreto Legge n. 1390
sui “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”.
I provvedimenti erano discriminatori nei confronti di chi professava la
religione ebraica. La scuola veniva «bonificata» dalla presenza fisica e
culturale degli ebrei. Ecco quanto stabiliva l’articolo 2:
“Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto
legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. “
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Le testate giornalistiche “LA STAMPA” del 3 settembre 1938 e il “CORRIERE DELLA SERA” dell’11 novembre 1938 riportano la notizia
dei provvedimenti discriminatori.
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Doc. 6 - Tessera di iscrizione alla Gioventù Italiana del Littorio di Ivan Piana “Avanguardista Moschettiere”.
Retro della tessera. Riporta il giuramento cui sono vincolati i giovani iscritti.
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La GIL era un'organizzazione giovanile alle dipendenze del PNF che si poneva
come fine quello di educare e preparare la gioventù ai principi dell'ideologia del
regime. Fu istituita nell’ ottobre 1937 su volere del duce e di Achille Starace,
gerarca fascista "fedelissimo" di Mussolini, negli anni Trenta segretario del PNF,
impegnato nell'opera di “fascistizzazione” della società. In quegli anni fu il
principale organizzatore delle adunate “oceaniche” e delle grandi
manifestazioni del Regime. Sua l’introduzione del cosiddetto “sabato fascista”,
giorno dedicato alle manifestazioni pubbliche del Regime, all’attività sportiva e
alla ginnastica.
Le organizzazioni giovanili e la scuola assegnarono grande importanza
all’educazione fisica. Il regime incoraggiò e finanziò l’addestramento ginnico.
Gli stessi alunni versavano una somma come tassa per educazione fisica (doc.
1 e 9).
Doc. 7 – Pagella dell’Anno Scolastico 1941- ‘42
In particolare a partire dall’anno scolastico 1934/’35 venne introdotta una
nuova materia, obbligatoria in tutte le scuole secondarie, inferiori e superiori:
la “cultura militare” (come testimoniano le pagelle di Ivan Piana, doc. 7-8).
Trenta ore di insegnamento all’anno, impartite da ufficiali della Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale, con l’intento di forgiare nei giovani “lo
spirito guerriero”. La materia, se non superata, impediva il raggiungimento sia
della maturità che della laurea.
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Doc. 8 - “Cultura militare” è la prima disciplina dell’elenco.
Doc. 9 - Ivan Piana dichiara di aver versato la somma di
lire £ 30.80 per tassa di educazione fisica.
In quel periodo ogni voce di opposizione veniva fatta tacere o con la
prigione o con l’esilio o col confino o con le “lezioni” impartite dalle
“squadracce”.
La
scuola,
fondamentale
nella
formazione
della
consapevolezza nei giovani, mostrava una versione dei fatti a senso
unico. Lo spirito critico non veniva neanche proposto.
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Foto del 1936
Nel cortile del regio istituto, ragazzi in uniforme armati con finti fucili di legno, nell’attuale sede del polo tecnico
Foto del 1938 - Giovani allieve in divisa si esibiscono in un saggio ginnico nel cortile del regio istituto.
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Foto del 1938 – Giovani allievi svolgono attività ginnica nel cortile della
scuola. Sulla maglietta bianca della divisa che
indossano è possibile scorgere la “M”, iniziale di Mussolini.
Foto del 1940
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”… un cuore avido di buoni pensieri … capace solo di malinconie e
impregnato di solitudine.”
Così si definiva il giovane Ivan Piana in un frammento del diario personale che
scrisse nell’ultimo anno della sua vita.
Proprio attraverso le poche pagine del diario è possibile delineare il ritratto di
un giovane che visse il proprio tempo da un lato con il desiderio di andare
avanti, dall’altro con un forte senso di amarezza per quanto stava accadendo.
Concluse le scuole superiori, nel settembre 1942 iniziò a lavorare presso l’ILVA
di Lovere (attuale Lucchini).
Giovedì 9 settembre 43 scriveva nel suo diario: “Incidentalmente ricordo che
oggi si compie un anno dalla mia assunzione all’Ilva.”
Non amava particolarmente questo lavoro. In data 3 aprile ’43 annotava
infatti: “Questa mattina sono arrivato inspiegabilmente in anticipo in ufficio… è
inutile il lavoro che devo fare non mi va, è troppo e solo un lavoro meccanico
che ci rende automi e a sera alla volte istupiditi a furia di numeri. Non è un
lavoro di contabilità come dovrebbe spettare a un diplomato in ragioneria, ma
un lavoro che chiunque può fare.
Valeva la pena di studiare otto anni per finire lì.”
Intanto si iscrisse all’ università “BOCCONI” di Milano alla facoltà di Economia e
Commercio.
Lunedì
25
gennaio
1943
ritirò
il
libretto
e
la
tessera
d’immatricolazione.
Aveva ormai 19 anni, trascorreva momenti di svago con una compagnia di
amici, molti di questi erano militari. Era particolarmente legato a Nino Archetti,
reduce dalla campagna di Russia, che stava curando un piede che aveva subito
il congelamento. Un suo grande amico d’infanzia era Salvatore Conti (uno dei
Tredici Martiri) a cui confidava le sue delusioni affettive, le sue idee di
patriottismo. Ivan desiderava partecipare anche lui alla guerra, entrare nel
corpo degli alpini. Il 25 gennaio 1943 scriveva:
“…ho la convinzione di partire presto anche se ciò arrecherà dolore ai miei ed
interromperà per qualche tempo i miei studi…”
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e domenica 25 aprile:
“Questa sera mi sono misurato in altezza e torace e queste misurazioni le
ripeterò ogni quindici per vedere i risultati raggiunti spero di poter fare tutti i
giorni alla mattina gli esercizi e i massaggi indicati nel metodo perché io voglio
fermamente crescere ancora, voglio raggiungere l’altezza minima per essere
ufficiale e per non sfigurare troppo al cospetto dei grandi (almeno in altezza).
Gli studi vedrò di non interromperli e di dare magari anche da militare qualche
esame per portarmi il più avanti possibile. Sempre avanti è il mio desiderio; il
comando che devo sempre impormi: chi si ferma è perduto.”
Un mese dopo, lunedì 24 maggio ’43 annotava:
“Dopo cena ho sentito dire di una chiamata alle armi di diverse classi. Se mi
arriva la cartolina precetto, ho intenzione di recarmi al distretto di Bergamo per
far riconoscere la mia qualifica di studente universitario e sono deciso a non
accettare la proroga ma di farmi arruolare colla mia classe e andare nel corpo
che io desidero. Venissero chiamati subito gli studenti, sarebbe più giusto e
non avrei bisogno così di partire volontario. Vedremo come andrà a finire. Oh
se riuscissi a farmi mettere negli alpini! Sono un po’ piccolo ma credo di esser
abbastanza robusto per non sfigurare al cospetto di quei rudi soldati.”
Dalle pagine del diario traspare la fisionomia di un giovane di grande
sensibilità, che stava attraversando un periodo in cui avvertiva un profondo
senso di amarezza e delusione. Spesso fa riferimento ad una ragazza per la
quale nutriva dei sentimenti probabilmente non corrisposti, di lei non
conosciamo il nome, in quanto Ivan riporta sempre l’iniziale V.
Domenica 4-7-43 XXI
“Questa sera al cinema, caso raro, c’era anche V. però accompagnata dai suoi
zii. Niente altro; la storia della propria vita, è una cosa assurda per giovani
della nostra età soggetti come siamo agli improvvisi innamoramenti ed
inesperti della vita che ancora ci tiene nascoste le sue più grandi gioie e
dolori.”
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Uno dei frammenti più poetici del diario risulta la pagina datata
Giovedì 22 - 7 - 1943
“Stanotte io e Nino abbiamo deciso di
prendere il battello e andare a Montisola
assieme per passare una giornata fuori
di Lovere. Detto fatto siamo partiti alle
10.10
e
col
battello
siamo
passati
proprio sotto un balcone di una casa
dove lavorano la fidanzata di Nino e V.
Esse
ci
hanno
visto
e
le
abbiamo
salutate. A Peschiera abbiamo passato il
tempo facendo visita ai suoi parenti poi
verso le 17 costeggiando il lago siamo
andati a Siviano sempre sull’ isola dove
si fermava il battello. Ci sono delle
passeggiate magnifiche da quelle
parti
e
osservavo
facendole
quanto
con
Nino
sarebbe
io
stato
bello passeggiare con due ragazze e
farsi ritrarre all’ ombra dei salici nei
punti più belli e poetici. Cogliere un tramonto sul lago sarebbe stato
bellissimo ed io sospirando pensavo quanto sarebbe stato romantico
sedere sulla panchina di pietra sotto i salici e, di fronte al lago,
guardando la costa bresciana, stringere sul cuore la propria fanciulla e
con essa innalzarsi sopra le cose umane nell’ immensità della notte
lunare. Cose belle ma irrealizzabili per un cuore avido di buoni pensieri
come è il mio capace solo di malinconie e impregnato di solitudine.”
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Crollo del regime fascista
Pochi giorni dopo improvvisamente qualcosa cambiò.
Dopo l’occupazione di Pantelleria e Lampedusa avvenuta in giugno, gli angloamericani sbarcarono in Sicilia, dando il via all’invasione della penisola italiana.
Il 19 luglio, per la prima volta, venne bombardata Roma. La crisi del regime
fascista culminò con la seduta del Gran Consiglio nella notte tra il 24 e il 25
luglio, quando il gran Consiglio del Fascismo votò un ordine del giorno che, con
un atto di sfiducia verso Mussolini, invitava la monarchia ad assumere tutti i
poteri. Vittorio Emanuele III affidò l’incarico di formare il nuovo Governo al
maresciallo Pietro Badoglio e fece arrestare il dittatore.
Era la fine del regime fascista dopo oltre 20 anni di governo dell’Italia.
La
popolazione
accolse
la
notizia
con
soddisfazione, sperando in una conclusione
rapida dei combattimenti. Una confusione
generale si avvertì tra il popolo il quale non
poté fare a meno di esultare e riversarsi nelle
piazze per festeggiare.
Non si poteva certo immaginare quello che di lì a poco sarebbe accaduto.
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Il 25 luglio 1943 era domenica. Il maresciallo Pietro Badoglio lesse alla radio
un proclama alla nazione nel quale dichiarava: “La guerra continua”.
Ivan Piana nel suo diario trascrisse interamente il proclama.
.
Il 26 luglio
la notizia
apparve sulle
prime pagine
dei giornali.
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Da alcune pagine del Diario si può cogliere lo stato d’animo di Ivan in
quei giorni non facili.
Martedì 27-7-43
Giornata un poco turbolenta anche quella di oggi.
Alcuni atti di vandalismo chiamati da qualcuno atti di necessaria vendetta.
Cose dolorose a vedersi in questi momenti così tristi. Alla sera molta gente in
giro curiosa di vedere e ansiosa di sempre nuove sensazionali notizie tanto che
i pochi carabinieri hanno avuto il loro da fare per sfollare un poco lungo il lago.
È una vita ben grama quella che si deve condurre noi giovani in questi tempi
duri ma bisogna pazientare per l'ordine pubblico nell' interno del paese in crisi
di assestamento. Pare una cosa quasi incredibile vedere tanta gente che pare
uscita da un doloroso incubo e mentre fino a pochi giorni fa la vita pareva
svolgersi serena e pacifica all'ombra dei fasci, ora nessuno vuol più vedere
nemmeno l'ombra del più piccolo segno del partito che era destinato a lasciare
di sé un grande ricordo e che invece per l'incapacità e l'inconsapevolezza dei
suoi dirigenti è fallito nel suo scopo.
Sabato 7-8-43
La mattina dopo le 11 sono stato sul porto.
Alle 13 ho visto Nino e mi ha raccontato tutto della sua vita. Un amico che
veramente è l'unico che fin'ora ha capito qualcosa di me, ha detto che sono
molto giù di morale e non so proprio dargli torto.
Sento che nella mia vita manca qualcosa e questo qualcosa mi sfugge, non
riesco ad afferrarlo e a trarlo a me. Forse sarà il bisogno di una persona amica,
quello che mi tormenta; forse il desiderio di fare presto il mio dovere di
italiano; forse anche la mancanza di soddisfazione nell'ampia vita presente e
forse qualcosa di altro che non riesco nemmeno io a precisare.
Quale di questi miei desideri espressi e nascosti mi darà una tranquillità anche
relativa? Non saprei! Per il primo posso soltanto dire che in tre anni ho già
sofferto inutilmente per due delusioni amorose che hanno gran parte nella
situazione presente del mio animo.
[…] bisognerebbe dire che a diciannove anni sono disilluso e stanco della vita;
qualche volta rimpiango la mia fanciullezza ma sarebbe vile se per questo
rinunciassi a quello che l'avvenire ancora può offrirmi.
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Sono inutili tutte queste mie recriminazioni, ma io le scrivo con nessuno altro
scopo che quello di sfogarmi e di sollevarmi per un poco al di fuori della vita
presente.
Io forse nella vita non avrò mai fortuna come mai l'hanno avuta i miei genitori
e per vivere dovrò sempre fare la vita dell’umile impiegato che si accontenta di
un ancor più misero stipendio, mai contento del suo operato e invidiando
dall'ombra la fortuna degli altri che meno scrupolosi di lui hanno saputo farsi
largo tra i molti ed assurgere a posti di responsabilità, questo sarà forse il mio
destino.
Mercoledì 8-9-43
Questa sera è stata diffusa la notizia dell’armistizio tra Italia, Inghilterra e Stati
Uniti. Non ho potuto gioire di una simile conclusione della guerra perché subito
ho pensato a quello che può succedere dopo tale armistizio.
Benché sia rimasto in giro fino all’una e trenta, qualcosa nell’animo mi ha
impedito di prender parte alle prime manifestazioni di contentezza della
popolazione.
La guerra è finita. L’Italia è stata costretta alla resa.
Questa la dura realtà che qui si è preservata agli occhi subito dopo l’annuncio
della fine.
Come si comporteranno i tedeschi nostri alleati? è questo l’interrogativo più
assillante per me.
Giovedì 9-9-43
[…] Questa mattina per il paese grande
entusiasmo e si è formato quasi un
corteo che al suono di inni patriottici ha
sfilato per le vie del paese.
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Martedì 14-9-43
Oggi ho visto una copia del “Popolo di Brescia” con la notizia della liberazione
del duce da parte dei tedeschi [..].
C’erano anche altre notizie militari tutte di fonte tedesca e fascista relative al
disarmo di quella che essi chiamavano l’Armata di Badoglio.
Iniziano nuovi guai per l’Italia che si
trova ora divisa in due tronchi con
due distinti governi, quello fascista
appoggiato dalle armi tedesche e
quello
di
Badoglio
che
dopo
l’armistizio si è rifugiato in Sicilia con
il re sotto la protezione delle armi
anglo-americane.
Frattanto sembra che i nostri ex
nemici non facciano troppi progressi
in territorio italiano per cui è da
prevedere che la durata della guerra
sul nostro suolo debba essere non
troppo breve.
Già questa mattina sono stati affissi
manifesti in cui si comunica alla
popolazione che il comando viene
assunto dai tedeschi per ogni cosa.
Anche il nostro stabilimento passerà
in loro potere.
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Quattro
giorni
dopo
l’annuncio dell’armistizio, il 12 settembre,
Mussolini venne liberato da paracadutisti
tedeschi e portato a
Monaco di Baviera ove
ricevette da Hitler l'invito a ricostituire un
governo fascista. Il 18
settembre, dai microfoni di Radio Monaco,
annunciò la nascita di
un nuovo stato, fascista e repubblicano.
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Quella di lunedì 16 settembre 1943 è la penultima pagina del Diario.
Dopo aver trascritto tutti gli ordini che Mussolini tornava ad impartire, Ivan
Piana concludeva con queste parole.
LA PRIMA “BANDA” PARTIGIANA A LOVERE
Subito dopo l’8 settembre 1943, a Lovere, il Partito Comunista locale, per
iniziativa dell’antifascista Giovanni Brasi (Lovere, 1901-1974, nome di battaglia
“Montagna”), incominciò la distribuzione di volantini propagandistici con articoli
del giornale clandestino “L’Unità”. Brasi era una persona nota per le sue idee
politiche. Già nel lontano 1922, operaio all’ILVA di Lovere, fu protagonista delle
prime manifestazioni contro il movimento fascista che stava sorgendo. Brasi e
un gruppo di uomini, che volevano difendere la libertà, la democrazia, i diritti
civili e politici, diedero vita alla prima «banda» partigiana della zona.
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«Il nome di 53a Brigata Garibaldi - precisò lo stesso Brasi - venne assegnato a
noi nel mese di giugno del ’44 dal Comando generale del Corpo volontari della
libertà. Prima si chiamava “Banda di Lovere”».
Nei mesi di ottobre e novembre si organizzò anche il Gruppo Patriottico
Giovanile (GPG), unico nel suo genere in tutta la provincia di Bergamo,
formato da studenti, giovani loveresi non ancora ventenni, che aspiravano al
cambiamento e decisero di osteggiare i nazifascisti. Il gruppo arrivò a stilare
un programma firmato da Nicola da Locarno, pseudonimo di Ivan Piana,
che, tra l’altro, auspicava un governo che garantisse la giustizia sociale. Il
documento venne redatto su un quaderno nel novembre del 1943.
Al gruppo di Brasi, alcune settimane dopo, si unirono dei giovani provenienti
da Grumello del Monte, guidati dal tenente Eraldo Locardi. Con questa fusione,
la formazione diventò una vera e propria unità partigiana, decisa a far sentire
l’esistenza di una volontà contrapposta a quella della R.S.I.
I partigiani decisero di organizzare un’azione su Lovere con l'intento di
distruggere la sede del fascio, catturare alcuni esponenti fascisti, procurarsi i
mezzi necessari per il sostentamento della formazione.
L’azione venne effettuata il 29
novembre 1943. Quel giorno
furono uccisi due esponenti
fascisti che avevano riorganizzato il partito e aderito alla
repubblica sociale: il notaio
Paolo Rosa (ucciso accidentalmente a Poltragno) e il
ragionier Giuseppe Cortesi
(impiegato all’Ilva, ucciso sul
posto da Locardi perché
oppose resistenza all'ordine di
seguire i partigiani).
Partigiani con il comandante Brasi a sinistra
Questa azione mise in allarme i fascisti bergamaschi e i tedeschi che disposero
immediatamente numerosi controlli e prepararono una rappresaglia, per
stroncare sul nascere il movimento partigiano.
Il 7 dicembre 1943 i nazifascisti organizzarono un rastrellamento (guidati da
una spia, un tale Ninetto Vaccaro) e catturarono sei giovani loveresi. Tra
questi, a Qualino, furono presi Ivan Piana (19 anni) e l’amico Salvatore Conti
(21 anni). Proprio quel giorno infatti i due stavano per unirsi alla formazione di
Brasi dopo lo scioglimento del Gruppo Patriottico Giovanile (da loro fondato
insieme ad altri giovani del posto). Stavano risalendo la strada da Qualino a
Ceratello per raggiungere i partigiani guidati da Brasi insieme a Martino,
fratello di Ivan Piana, il quale raccontò:
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«Al mattino ci siamo alzati io e mio fratello, eravamo d’accordo che io andavo
avanti, avevo quindici anni [...] se c’era qualcuno a me non avrebbero fatto
niente. Eravamo d’accordo che ogni tanto loro si fermavano e aspettavano che
io tornassi indietro a dire qualcosa. Siamo partiti da casa, siamo andati a
chiamare Conti e io sono arrivato fino a Qualino. Qui ci siamo fermati e mio
fratello dice: “Va beh, con quel tempo qua non ci sarà in giro nessuno, torna
indietro e vai a casa”. Difatti io sono ritornato a casa. Siamo partiti da Lovere
verso le sei, saranno state le sei e mezza che io sono tornato indietro. Sono
tornato a casa e verso le undici e mezzo, mezzogiorno ero lì sul porto [...]
vedo un mucchio di gente… Vado anch’io a guardare [...] e li vedo là, loro
erano fermi [...] io mi avvicino e c’erano due o tre militari tedeschi. Mi avvicino
a poca distanza da mio fratello e lui mi dice sottovoce “avvisa”. C’era una
ragazza di Pianico, lì in forneria, che aveva un fratello che erano d’accordo che
si trovavano a San Giovanni. [...] Mio fratello mi dice “avvisa subito quello là
che non vada su”».
Giovanni Brasi, alcuni anni dopo, ricordava i due giovani con queste parole:
«Il fatto toccante riguardante la personalità di parte dei Tredici, che mi
impressionò fortemente, è questo: il Piana e il Conti, a distanza di pochi
giorni dalla costituzione della banda, chiesero un abboccamento col
sottoscritto. L’appuntamento avvenne in località Qualino, frazione di Costa
Volpino. I due, Piana e Conti, che erano fra i più preparati intellettualmente di
questi giovani, mi chiesero di poter aderire alla banda, però ponevano come
condizione che non vi fosse spargimento di sangue. Guarda un po’ l’ingenuità
di questi giovani, che non erano animati per niente da volontà sadiche, da
volontà di assassinio... Dissi loro: “Guardate, è d’uopo che noi si combatta […]
Tedeschi e fascisti, per sciogliere le bande, dovranno attaccarci e dovranno
sparare… e noi dovremo rispondere, e allora ci sarà senz’altro spargimento di
sangue. È doloroso, però il nemico nostro, oggi, sono i fascisti, servi dei
tedeschi, i quali non esitano a sparare, a incarcerare, a uccidere. È d’uopo che
voi entriate in quest’ordine di idee”. Assentirono dopo lunga discussione...
Compresero l’ineluttabilità della situazione e dettero l’adesione alla Brigata.
Due giorni dopo vennero catturati durante la marcia di avvicinamento per
raggiungere la formazione. Ai fatti di Lovere non avevano nemmeno
partecipato. […] Questa è la riprova, se ancora ce ne fosse bisogno, della
crudeltà fascista e del sadismo dei tedeschi, che imposero ai fascisti la
fucilazione di questi ragazzi... Una minima parvenza di processo avrebbe loro
provato che i due non avevano partecipato per niente all’azione contro i
fascisti a Lovere.»
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Nei giorni seguenti vennero arrestati altri sette partigiani. Tutti e tredici
vennero condotti nelle carceri a Bergamo. Per giorni furono sottoposti a
torture, ai parenti venne negato il permesso di visitare i prigionieri. A nulla
valsero gli interventi verso i capi fascisti perché risparmiassero la vita di tanti
giovani.
Il 22 dicembre vennero prelevati dal carcere e condotti a Lovere. Sette
partigiani furono fucilati sulla strada che da Poltragno conduce a Sellere alla
presenza dei loro compagni. Gli altri sei, dopo che i dirigenti dell’Ilva si
opposero alla fucilazione lungo il muro di cinta della fabbrica, furono condotti in
Piazza Marconi e fucilati nel cortile del deposito di legnami messo a
disposizione da un fascista (nei pressi della pesa pubblica di Lovere, attuale
caserma dei carabinieri).
Tredici eroi caddero, ma altri presero il loro posto di combattimento; la lotta
partigiana si rafforzò e andò avanti. Altri giovani accorsero al fianco dei
partigiani superstiti. Nacque così la 53a Brigata Garibaldi, che assunse il nome
di «Tredici martiri di Lovere».
Piazzale in cui il 22 dicembre del 1943 vennero fucilati i sei partigiani.
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Ecco la stampa
fascista come
riporta la
notizia della
fucilazione
Salvatore Conti amico di Ivan Piana
1945 – Funerale solenne dei
«Tredici Martiri».
I corpi, gettati in una fossa
comune subito dopo l’eccidio,
furono riportati a Lovere con
la Liberazione
La Lapide dei partigiani caduti
a Lovere (presso l’attuale
Caserma dei Carabinieri) in
Via Marconi
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LA STORIA DEL NOSTRO ISTITUTO
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Sappiamo che in quell’area nel 1894 era stato ultimato un nuovo edificio
scolastico, costruito dove precedentemente si trovava un’antica fabbrica di
panni, su disegno dell’ingegnere Casari. Esso comprendeva al piano terreno le
cinque classi elementari maschili (le classi elementari femminili si trovavano
presso il Convento delle Suore di Carità). Al primo piano le tre scuole tecniche,
al secondo piano le cinque classi ginnasiali (queste si trovavano all’interno del
collegio, che fino al 1891-1892 fu amministrato e diretto dai fratelli Marinoni).
L’accesso al primo ed al secondo piano si effettuava da Via Cesare Battisti,
mentre mancava l’entrata al piano terreno dove vi erano le scuole elementari.
Fu così che il Consiglio Comunale il 21-8-1894 deliberò la costruzione di una
nuova via, denominandola Via XX Settembre, che dava accesso alle Scuole
Elementari e, nel contempo, maggiore risalto alla Chiesa di S. Maria Assunta.
Foto del 1903
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Foto del 1910
Foto del 1912
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Foto del 1920
1961- Si incomincia la demolizione della vecchia palestra per costruire il nuovo complesso scolastico dell’ITIS.
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Un nome …. esempio di dignità
Nel 1975 esistevano due istituti tecnici ubicati in due diversi edifici: l’Istituto
Tecnico Commerciale statale (ITC) “Vittorio Emanuele III” (in Via Nazario
Sauro) e l’Istituto Tecnico Industriale Statale (ITIS) “Galileo Galilei” (in Via XX
Settembre).
Dal 4 gennaio 1977, con decreto del Presidente della Repubblica, l’Istituto
Tecnico Commerciale Statale “Vittorio Emanuele III” ha assunto il nome di
“Ivan Piana”, martire della Resistenza loverese.
La nuova intitolazione dell’Istituto fu proposta, già nel 1975, trentesimo
anniversario della Liberazione, dal Collegio dei Docenti che, all’unanimità,
decise di ricordare i martiri della Resistenza, come “esempio di scelta
consapevole per la dignità dell’uomo contro l’oppressione della dittatura”.
L’attuale polo tecnico “Ivan Piana” è nato nel 1996 dalla fusione dei due istituti.
Il ricordo di Ivan Piana deve essere per i giovani di oggi un invito a vivere
grandi ideali e ad impegnarsi perché non venga mai meno il rispetto della
persona a cui la nostra Costituzione riconosce e garantisce diritti inviolabili
primo fra tutti la libertà.
1961 – Di fronte al Convitto si inizia la costruzione di nuove
aule dell’ITIS
1961 - Le aule furono ultimate in poco tempo
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BIBLIOGRAFIA
ALBORGHETTI MATTEO, La 53ª Brigata Garibaldi "Tredici martiri". Mursia
ANPI DI ZONA, I Tredici Martire, 22 dicembre 1943. Nel 60° Anniversario
della fucilazione, per non dimenticare. Lovere 2003
FANTONI BRUNO (nome di battaglia Carlo), Memorie di un vecchio partigiano
e di suoi amici, Edizioni Toroselle, stampato presso la tipografia “La Cittadina”
di Gianico (BS), ottobre 2002.
GIOVANNI BRASI “MONTAGNA”, Lovere, 1901-1974. Collana IL TEMPO E
LA MEMORIA. Anpi Alto Sebino. Boario terme, Marzo 1999.
IMMAGINI di cronaca LOVERESE fotografie inedite dal 1947 al 1962. A cura di
Demetrio Oberti.
Un ringraziamento particolare al signor Demetrio Oberti per averci fornito le
foto d’epoca.
Ringraziamo, inoltre, i nostri insegnanti Maria Pia Loiacono e Adelio Gregori.
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Ivan Piana