CAPRIGLIO
I fratelli - Ritratto di Giovanni - Giovanni impara a leggere - La prima
scuola a Capriglio - Il maestro D. Lacqua e progressi di Giovanni nella
virtù - Giovanni perdona a chi lo insulta - Le prime sue prove in mezzo ai
giovanetti.
I tre figliuoli lasciati da Francesco Bosco a Margherita Occhiena, Antonio, Giuseppe e
Giovanni, erano diversi per indole e per inclinazioni. Antonio, rozzo di modi, di poca o
nessuna delicatezza di sentimento, millantatore, manesco, era il vero ritratto del me ne
infischio! Messo a scuola, avea imparato a leggere e a scrivere; ma vantavasi di non avere
mai studiato e di non essere mai andato a scuola. Di certo, egli non avea attitudine agli
studi; si occupava nei lavori della campagna, e per robustezza sarebbe riuscito davvero un
buon lavoratore.
Giuseppe, di un'indole dolce e tranquilla, tutto bontà, pazienza e oculatezza, seguiva
volentieri la condizione paterna; ma avea un ingegno sottile per trarre vantaggio da ogni
cosa, anche da quelle che poteano sembrare poco utili; cosicché sarebbe riuscito un
esperto negoziante, se non avesse amato la vita pacifica dei campi.
Giovanni invece aveva sortito un naturale facilmente accendibile ed insieme poco
pieghevole e duro, sicché di grandi sforzi avea d'uopo per vincere se stesso. Di carattere
piuttosto serio, parlava poco, osservava tutto, pesava le altrui parole, e cercava di
conoscere le diverse indoli e indovinarne i pensieri per sapersi regolare con prudenza.
Nelle cose ridicole che udiva, o che esso stesso faceva o pronunciava, non fu mai visto
ridere sgangheratamente. “Il fatuo se ride alza la voce, dice l’Ecclesiastico, ma l'uomo
saggio appena sorride senza rumore”. Dotato di cuor grande e di vivace ingegno, egli
imitava con facilità qualunque arte o mestiere avesse visto esercitare dagli altri. Tenace
ne’ suoi propositi, colla pazienza seppe superare tutte le traversie della vita per arrivare al
suo scopo. Certo Giovanni Becchis, abitante dei Becchi, che conobbe Giovanni Bosco
bambino, aggiunge come egli fosse di un'obbedienza straordinaria, tantoché le madri lo
portavano per esempio ai loro figliuoli.
In quanto al suo esterno, di statura media, agile di corpo, era di gradevole aspetto. Il suo
viso paffutello, di forma ovale, con fronte spaziosa e serena: regolare il naso e le labbra, e
queste sempre atteggiate a un calmo sorriso; mento ben torniato e grazioso; occhi
piuttosto neri variegati, penetranti, secondo la luce dei quali mutava espressione la sua
fisionomia; capo adorno di fitti e ricciuti capelli, di color biondo scuro come le sue
sopracciglia: ecco il ritratto che di lui ci danno i suoi coetanei.
Le relazioni tra Antonio e gli altri due fratelli erano sempre tese; Giuseppe e Giovanni
invece si volevano un bene dell'anima: ciò che voleva uno era pur voluto dall'altro; fra loro
non ci fu mai il minimo dissapore; anzi ciascuno di essi andava sempre a gara per cercare
di far ciò che sapeva tornar più gradito al fratello.
Era l'anno 1823, ottavo del terzogenito di Francesco. La buona madre intravedendo forse
come la Provvidenza non destinasse Giovanni alla vita dei campi, desiderava di mandarlo
alla pubblica scuola di Castelnuovo, nella quale l'insegnamento riducevasi alla lettura,
scrittura, alle prime quattro operazioni di aritmetica, ai primi rudimenti della grammatica
italiana ed al catechismo; ma trovavasi assai impacciata per essere la sua borgata distante
da Castelnuovo cinque chilometri circa e perché ciò importava qualche spesa in famiglia,
sia per la debita pensione, sia per le necessarie provviste. Se ne aperse pertanto con
Antonio, che aveva raggiunto il suo ventesimo anno di vita, il quale subito si oppose a
questo giusto desiderio: - Perché mandar Giovanni a scuola? andava brontolando. Prenda
la zappa, come l'ho presa io!
- Mandando a scuola Giovanni, rispondeva Margherita, non fo una preferenza. Anche
Giuseppe andò ad imparare a leggere ed a scrivere, e tuo padre ha pure usato questo
riguardo con te.
- Ma voi avete parlato di collegio.
- Guarda: finora siamo andati avanti e bene nei nostri affari, e il Signore ci ha sempre
aiutati. Persuaditi che nessuno consumerà la tua parte. Adesso è una necessità studiare:
fino i calzolai e i calderai studiano: è venuta cosa comune andare a scuola. - Antonio
rispondeva, che egli era cresciuto uomo grande e grosso, senza aver bisogno di scuola e di
studio; e però si impuntava nel combattere il desiderio di Margherita.
Qui splende la prudenza di mamma Margherita. Quantunque Antonio fosse suo figliastro,
tuttavia essendo primogenito avea per lui una deferenza unica piuttosto che rara, tanto
più che nulla egli avea fatto per meritarsela. Ella non intraprendeva cosa alcuna senza
prima consigliarsi con lui, o persuaderlo qualora fosse di opinione contraria; e cedeva
volentieri, allorché si avvedeva che il partito da prendersi non gli andava a genio. Così
conservava quella preziosa pace nella famiglia, che in terra è il primo tesoro dopo la grazia
dì Dio. Pel momento adunque Margherita non credé d'insistere; ma, atteso tempo più
opportuno, fece intendere ad Antonio come avesse deposta ogni idea di mandar Giovanni
a Castelnuovo. Restava tuttavia ferma sul progetto di farlo studiare. Antonio ne fu
contento.
Nell'agosto di quest'anno tutte le chiese si vestivano a lutto: il suono funebre delle
campane annunziava la morte di Pio VII, accaduta il 20 del mese. Trascorse poche
settimane, la novella dell'elezione di Leone XII, proclamato Papa il 28 settembre, ritornava
la gioia e l'esultanza in tutti i cristiani. Quanto in quei giorni si parlò del Papa, al quale i
piemontesi portavano un amore tenerissimo! Avevano visto tante volte Pio VII, avevano
pianto al suo martirio, avevano giubilato a' suoi trionfi. Il suo ritratto era tenuto esposto
come in venerazione in tutte le famiglie: tutti ne conoscevano le amabili sembianze; e non
sono molti anni che nelle case de’ benestanti si vedeva ancora ritratta in tela l’effigie di
questo grande Pontefice. Le impressioni della fanciullezza non si cancellano mai, ed io non
dubito asserire aver questi avvenimenti fatto scintillare nel cuore di Giovanni quell'affetto
al Papa, che doveva un giorno informare tutte le splendide imprese della sua vita.
Margherita intanto, venuto l'autunno, col consenso d'Antonio prese un temperamento.
Giovanni in tempo d'inverno avrebbe frequentato tutti i giorni la scuola pubblica del vicino
paesello di Capriglio, per impararvi gli elementi di lettura e scrittura. Ne era maestro il
cappellano D. Giuseppe Lacqua, sacerdote di molta pietà; e Margherita andò a visitarlo,
pregandolo ad accettare il figlio alle sue lezioni, poiché la tenera età non permettevagli di
percorrere la via tra i Becchi e Castelnuovo. Il cappellano non volle accondiscendere, non
essendo obbligato a ricevere in scuola giovanetti di altri Comuni. Margherita, vivamente
contrariata, non sapeva a qual partito appigliarsi, quando un buon contadino si offerse ad
essere il primo maestro di Giovanni nel leggere. Fu accettata la sua caritatevole
prestazione, e Giovanni imparò in quell’inverno 1823- 24 a compitare assai bene. Il bravo
uomo gloriavasi or sono pochi anni con D. Michele Rua di aver avuta questa fortuna.
Frattanto il Signore disponeva gli avvenimenti in modo che Margherita fosse consolata.
Nel 1824 moriva a Capriglio la fantesca di D. Lacqua, e prendeva il suo posto Marianna
Occhiena, sorella di Margherita, la quale amava molto i suoi nipotini e di quando in quando
veniva ai Becchi per trovarli. Marianna pregò subito il cappellano di voler far scuola a
Giovanni, ed egli per riguardo alla nuova fantesca, che già conosceva come persona
religiosissima e fedele, non poté rifiutarsi ed acconsentì a fargliela gratuitamente. La zia
Marianna, che aprì la via agli studi elementari al piccolo Giovanni, dopo aver assistito quel
venerando cappellano fino all'ultimo istante di sua vita, rimanendo celibe venne a finire i
suoi giorni nell'Oratorio di S. Francesco di Sales, impiegando la sua caritatevole attività in
pro dei giovani quivi ricoverati.
Trovandosi adunque la zia a Capriglio, per Giovanni era come recarsi in casa propria. Le
scuole incominciavano poco dopo le feste d'Ognissanti, e duravano tutt'al più fino alla
festa della SS. Annunziata. Giovanni in così tenera età, nella più rigida stagione dell'anno,
incominciò a percorrere quasi ogni giorno per pioggia, neve, fango e freddo circa quattro
chilometri. D. Lacqua prese a volergli grandissimo bene e ad usargli molti riguardi,
occupandosi assai volentieri della sua istruzione e più ancora della sua educazione
cristiana. Sorpreso della speciale sua attitudine alla pietà e allo studio, aggiungevagli
spiegazioni alle verità già apprese dalla madre, avvertivalo sui mezzi necessari per
conservare nell'anima la grazia di Dio, istruivalo con precisione sul modo di accostarsi con
frutto al Sacramento della Penitenza e sulla necessità della mortificazione cristiana, per
praticare la quale fa d'uopo vegliare continuamente sulle proprie azioni anche minime,
acciocché non siano guaste dalla superbia. Era un passo avanti che Iddio faceva muovere
a Giovanni. I suoi condiscepoli più giovani lo maltrattavano tenendolo per uno sciocco. È
naturale che un giovanetto, vissuto nell'isolamento di una cascina, si senta sul principio
impacciato in mezzo ad un numeroso stuolo di sconosciuti compagni. Ma Giovanni non
cercò mai difendersi, come avrebbe facilmente potuto, anche quando non era più novizio.
E poi non aveva un sicuro appoggio nella zia e nel maestro? Eppure amò meglio
sopportare con pazienza, senza fare le proprie ragioni. Ciò narrava il Sig. Antonio Occhiena
di Francesco, che fu sindaco di Capriglio, il quale allora sedeva sugli stessi banchi con
Giovanni Bosco. Pare anzi che Giovanni fino da questa sua prima età abbia preso amore
ad alcune penitenze da lui segretamente praticate, come risulterà dal complesso di questa
istoria, e che per i racconti del suo maestro siasi invogliato ad imitare la vita dei Santi.
Sebbene egli frequentasse regolarmente la scuola di Capriglio nel solo inverno 1824 e
1825, tuttavia poté fare molto progresso nel leggere e nello scrivere. Nel tempo libero
dalle lezioni andava al pascolo, e nell'estate appagò suo fratello Antonio lavorando
eziandio la campagna. Però, secondo che affermano tutti quelli della borgata, appena fu
capace di leggere, attese a questo esercizio con grande ardore, per potersi abilitare a farsi
prete, come fin d'allora ne aveva manifestato il desiderio. Suo fratello Giuseppe narrava
che anche in tempo di pranzo Giovanni teneva sempre in mano un libro e continuava a
leggere. Ed il libro suo prediletto era il catechismo, che sempre portò seco finché non ebbe
incominciate regolarmente le scuole. Questo prezioso libretto fu per lui fonte di nuove
grazie. Dicono i libri sacri: “I tuoi pensieri sieno fissi nei precetti di Dio, e medita di
continuo i suoi comandamenti; ed egli ti darà un cuore, e la sapienza bramata da te ti sarà
conceduta”.
Venuto il novembre, quando incominciarono a cadere le prime nevi e si dovette cessare
ogni lavoro all'aperta campagna, Giovanni parlò di ritornare a scuola. Antonio si fece serio,
e Margherita credette bene non far valere la propria autorità. Non mancando pretesti o
necessità per mandare Giovanni a Capriglio, o per visitare la zia, o per recare commissioni
al nonno, egli poté intrattenersi, benché non troppe volte, in quell'inverno 1825 e 1826,
con D. Lacqua, esercitarsi nello scrivere ed aver anche qualche libro per leggere; ma non
andò guari, che dovette interrompere ogni relazione con quel sacerdote. Duro martirio per
chi sente in sé vivo il desiderio d'imparare!
Intanto venivano in lui svolgendosi e crescendo i germi delle virtù gettate nel suo cuore
dalla madre e dal maestro. Il sullodato Secondo Matta rendeva un'altra onorevole
testimonianza alla condotta di Giovanni suo compagno nella pastorizia. Quattro o cinque
altri giovinetti conducevano le loro mucche al pascolo nei dintorni del prato, ov'era
Giovanni. Irriflessivi e negligenti, molte volte lasciavano le bestie senza custode, e si
allontanavano correndo su e giù, o salendo sugli alberi o intrattenendosi in varii giuochi.
Giovanni non prendeva mai parte in quel tempo ai loro divertimenti, ma stava isolato
pregando o leggendo continuamente. Molte volte fecero le prove d'invitarlo ad andare con
essi, ma ognora cortesemente si rifiutava. Un giorno finalmente quei birichini, risoluti di
vincere a qualunque costo ed anche a viva forza la ritenutezza di Giovanni, gli si
avvicinarono, e circondatolo gli dissero, senz'altro, con un fare insolente: - Questa volta
verrai a giuocare con noi.
- Fatemi il piacere, rispose Giovanni; lasciatemi in pace: divertitevi fin che volete, non vi
sarò di impedimento, ma io ho altro da fare.
- Non intendi che noi vogliamo che tu venga e tu devi venire?
- Scusatemi, io non m'intrigo dei vostri affari, e non so perché voi vogliate intromettervi
ne’ miei. Io non disturbo voi, e voi non dovete disturbar me.
- Non sai che questo tuo modo di diportarti è un vero disprezzo per noi? E chi sei tu che
non ti degni di venire in nostra compagnia?
- Io disprezzarvi? anzi, quando voi vi sollazzate, non sono io che tengo d'occhio le vostre
vacche e impedisco che vadano a recar danno su quel degli altri, risparmiandovi così
rimproveri e castighi?
- Orsù, gridò allora il più audace, se noi veniamo a questione teco con parole, sei capace
di metterci nel sacco colle tue ragioni. Ma noi siamo risoluti, che tu debba a tutti i costi
prendere parte ai nostri giuochi. Non più tante parole; vieni!
- Voi siete ragionevoli e non vorrete costringermi; giuocate pure, lasciate a me la cura del
vostro armento, ma lasciatemi tranquillo.
- Assolutamente no! tu devi venire.
- Perdonatemi, ma io non vengo!
- E se non vieni, hai da far con noi!
- Vi ho detto che non verrò e non vengo.
- Non verrai? Ebbene!…..- Tutti si slanciarono su di lui, e coi pugni serrati incominciarono
a tempestarlo con tante percosse, quante bastarono per dar sfogo alla loro bestiale
irritazione. Giovanni, che in quell'età era già molto robusto, avrebbe potuto gettare a terra
e lasciare malconci que’ suoi coetanei, ma al contrario senza difendersi, senza lamentarsi
sopportò l'ingiuria e le percosse che non furono poche. Come i compagni ebbero compiuto
quell'indegna vendetta, si allontanarono sghignazzando e minacciando, e andarono a
riprendere i loro divertimenti. Giovanni ritornò a sedersi tranquillo all'ombra del suo albero
e a guardare eziandio l’armento di quegli spensierati. Ai quali, venuti nuovamente a
chiedergli se, dopo quella dura lezione, fosse disposto a giuocare, rispose: - Battetemi
pure, ma io non giuocherò mai, perché voglio studiare e farmi prete.
Questa risposta e la sua pazienza fece tale impressione sull'animo di quei ragazzi, che si
misero d'accordo di custodirgli essi stessi la vacca. - Non pensarci più, gli dissero, a
disturbarti per le bestie, chè ci penseremo noi, e tu continua a leggere.
Qui notiamo come Giovanni non abbia mai adoperata la forza per vendicarsi, ovvero per
difendersi con violenza, ma sibbene l'usasse qualche volta per difendere i compagni più
deboli quando erano oppressi da prepotenti. Eppure egli era fornito eziandio di un
ardimento e di una risolutezza non comune.
I compagni da quel punto divennero suoi amici; e quando cessava dal pregare o dal
leggere, venivano a lui, ed egli, trattenendoli con incantevole dolcezza, prendeva a
discorrere con tanta accuratezza che, affezionandoseli sempre più, esercitava sopra di loro
una certa autorità. Loro ripeteva quanto aveva appreso nei catechismi o nelle prediche, li
istruiva così nella religione il meglio che sapeva, e compieva questa missione con
vantaggio morale e intellettuale dei medesimi. Talora li intratteneva nel canto di lodi sacre,
alternandole col racconto di qualche favola amena; tal'altra insegnava loro a dire le
orazioni del mattino e della sera. In casa si dilettava nel fare piccoli altarini coll'immagine
di Maria SS., che ornava di frondi e di fiori campestri, e dinanzi ai quali attirava poi gli altri
fanciulli. Ed era costante in queste sue sante industrie, per tenere quei giovanetti lontani
dalle cattive compagnie; e ciò faceva anche per suggerimento della stessa sua madre. Egli
aveva un vivo timore dei giusti giudizi di Dio e un grande orrore al peccato, come ci
narrava suo fratello Giuseppe. E in casa e nei prati, prima e dopo i suoi racconti o i suoi
catechismi, faceva fare a tutti i suoi piccoli amici il segno della santa croce. Ed è degno di
nota che a questi suoi trattenimenti non partecipavano mai le fanciulle.
Tratto da: “Memorie biografiche di San Giovanni Bosco, volume 1 capitolo 12”
Scarica

Capriglio – approfondimento