Dirigenti Scolastici
N. 29/ 2012
2012 – 07 Maggio 201
2012
E’ on line il sito web della FLC CGIL Lombardia, all’indirizzo www.flccgil.lombardia.it
Nel sito un’ampia sezione dedicata ai DIRIGENTI SCOLASTICI, con una raccolta normativa,
spazio FAQ, notizie ed informazioni utili per tutti i colleghi
PER LA CONSULENZA MAIL , SCHEDE CONSULENZA, ALTRI SERVIZI (CEDOLINO, PENSIONI ECC..)
I SOLI DIRIGENTI ISCRITTI ALLA FLC LOMBARDIA POSSONO RIVOLGERSI A
[email protected] - tel 3357322206
RESPONSABILE REGIONALE DIRIGENTI SCOLASTICI LOMBARDIA
IN PRIMO PIANO
01. Web CRONACA 1 giornata Convegno nazionale a Napoli Dirigenti scolastici
3 e 4 maggio a Napoli
02. Web CRONACA 2 giornata Convegno nazionale a Napoli Dirigenti scolastici
3 e 4 maggio a Napoli
MANOVRA
03. Precarietà: l'unico taglio giusto. Il 10 maggio la CGIL in piazza
04. Nuovi tagli per la scuola? Pantaleo: non c'è più niente da risparmiare
05. La scuola nella "spending review”di Bondi di Pippo Frisone
NOTIZIE NAZIONALI
06. Elezioni amministrative maggio 2012, le norme sui permessi
07. Liceo sportivo:
regolamento
il parere
del Consiglio
di Stato
sullo
schema
di
08. Mobilità scuola 2012-2013: terza modifica del calendario delle operazioni
09. Ripresentato dal MIUR (con commento) il monitoraggio delle sezioni
primavera
10. "Anch'io sono Italia": convegno a Genova l'11 e 12 maggio 2012
NOTIZIE REGIONALI
11. CGIL CONFEDERALE LOMBARDIA - CAMBIAMO L’ITALIA: PROMUOVERE IL
LAVORO, DIFENDERE IL WELFARE, RIFORMARE IL FISCO – presidio 11
maggio 2011
12. Conto Consuntivo 2011 – Modalità di trasmissione
SPAZIO FAQ E GIURISPRUDENZA
13. Il nulla osta per il trasferimento di uno studente ad altro Istituto non
costituisce atto discrezionale - Tar Lazio (Latina) – Sentenza n. 244 del 27
marzo 2012
14. Congedi parentali: fino agli otto anni di vita del bambino spetta l’intera
retribuzione per i primi 30 giorni di assenza - Corte di Cassazione con
Ordinanza n. 3606 del 7 marzo 2012
NAVIGANDO IN RETE
15. A proposito di autogoverno e dimensionamenti - di Antonio Valentino
16. La scuola dei compiti o i compiti della scuola? Aperto un grande non
dibattito - Paolo Cardoni - Articolo 33 n. 3/4/2012
IN ALLEGATO
NOTIZIARIO :
SUL
SITO
REGIONALE
FLC
in
sezione
dirigenti
scolastici
INSIEME
AL
http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=3322
• Relazione Gianni Carlini Convegno DS Napoli
• scheda flc cgil le norme sui permessi elettorali per le elezioni politiche e
amministrative e i referendum
• parere consiglio di stato 1870 del 17 aprile 2012 schema regolamento liceo sportivo
• nota 3405 del 4 maggio 2012 funzioni di mobilita scuola infanzia e primaria a s
2012 2013
• CARTELLA monitoraggio sezioni primavera
monitoraggio sezioni primavera a s 2010 2011 miur
monitoraggio sezioni primavera a s 2010 2011 commento del coordinamento
nazionale per politiche dell infanzia
• CARTELLA volantini manifestazione 11 maggio lombardia
Volantino precarietà unico taglio giusto
Volantino 2 precarietà unico taglio giusto
• cartella Modalità di trasmissione all’Ufficio scolastico regionale dei conti consuntivi
per l’anno 2011 delle istituzioni scolastiche
llegato A - PV base
Allegato B - PV 1
Allegato C - PV 2
Allegato D - PV 3
Allegato E - PV 4
• Tar Lazio (Latina) – Sentenza n. 244 del 27 marzo 2012 nulla osta atto non
discrezionale
• Ordinanza n. 3606 del 7 marzo 2012 Congedi parentali: fino agli otto anni di vita del
bambino spetta l’intera retribuzione per i primi 30 giorni di assenza
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IN PRIMO PIANO
01. Web CRONACA 1 giornata Convegno nazionale a Napoli Dirigenti
scolastici 3 e 4 maggio a Napoli
Convegno nazionale "La dirigenza scolastica tra questioni
aperte e nuove complessità organizzative" - Prima giornata
Quest'anno, nella magnifica cornice della Cappella Palatina del Palazzo Reale partenopeo, il
convegno si è articolato in tre sessioni e due tavole rotonde.
Le sessioni
1.
2.
3.
Gestione unitaria e scelte valoriali e organizzative
Le sfide: dimensionamento, nuove complessità, valutazione
Nuove prospettive, nuovo profilo?
Le tavole rotonde
4.
5.
Idea e forme di leadership nelle scuole di fronte alle nuove complessità e attese
Autonomia scolastica e organi di governo della scuola.
La discussione farà necessariamente i conti con il contesto attuale della scuola italiana,
avvilita da un decennio di tagli, di non-riforme, di provvedimenti confusi e frustrata dai continui
attacchi al suo personale. Ma l'obiettivo del convegno è guardare oltre, perché, nonostante
tutto, la scuola e l'istruzione sono chiamate a svolgere un ruolo importante di emancipazione, a
essere un presidio di democrazia e di cittadinanza attiva e consapevole. La missione della
scuola non è cambiata, ma si è arricchita, perché più complessa è la domanda sociale e le
domande dei singoli. A queste domande la scuola non può sottrarsi. Da qui la grande
responsabilità che i dirigenti scolastici sentono pesare sulle loro spalle e che pone loro
domande altrettanto complesse in termini di professionalità e cultura professionale, di governo
e leadership, di dialogo con tutti gli altri protagonisti dell'istruzione, di organizzazione della
comunità educante.
10.40
La prima giornata dei lavori è iniziata in modo davvero suggestivo con l'esibizione
dell'Ensemble di strumenti a fiato degli allievi del Conservatorio S. Pietro a Majella di
Napoli, diretti dal maestro Paolo Addesso. I giovani musicisti hanno eseguito l'Inno
nazionale e il "Va' pensiero" dal Nabucco di Verdi.
Gli onori di casa sono stati affidati a Fiorella Esposito, dirigente scolastica della FLC CGIL
Napoli, che ha ringraziato i tre istituti professionali che hanno contribuito all'organizzazione del
convegno fornendo i servizi di accoglienza, il catering, la grafica e i servizi fotografici.
Il contesto di Napoli e del Sud non potevano essere assenti dai primi interventi di saluto, che
sono stati davvero poco formali. Esposito ha ricordato l'assenza di futuro per i giovani, una
situazione che facilita, soprattutto nel Mezzogiorno, l'opera di adescamento della criminalità.
L'istruzione può contrastare tutto questo, ma non basta: sono necessarie efficaci politiche
attive sul lavoro, ma su questo sono gravi i ritardi della politica e delle istituzioni. Federico
Libertino, segretario della Camera del lavoro di Napoli, ha ricordato le 700 vertenze aperte in
tutta la Campania, perché in questa regione la crisi è devastante e tocca tutti i settori
produttivi. Il segretario regionale della FLC CGIL Vassallo ha messo l'accento sui pesanti tagli
che la scuola ha subito in Campania: 18 mila, circa il 14% dei tagli nazionali. Nonostante l'alto
numero di richieste da parte delle famiglie, ha precisato Vassallo, il tempo pieno riesce a fruirlo
solo il 6% degli alunni.
Il Direttore dell'Ufficio scolastico regionale Diego Buscè ha parlato brevemente della sua
esperienza di uomo di scuola – è stato docente, preside, ispettore – e di quanto sia stato
difficile misurarsi nel suo recente incarico nella regione con un dimensionamento che dovrà
riguardare 289 istituti, di cui 140 già "dimensionati".
Il sovrintendente ai beni architettonici, culturali e paesaggistici Stefano Gizzi, a cui gli
organizzatori sono particolarmente grati per la concessione della Cappella palatina, ha
raccontato in breve la storia del Palazzo reale e della scomposizione dei suoi spazi nel corso del
tempo. Ha parlato dello splendido patrimonio artistico napoletano molto complesso e purtroppo
molto compromesso da un abusivismo difficile da sradicare.
Antonio Bettoni, presidente nazionale di Proteo Fare Sapere, ha introdotto i temi del
convegno, ricordando che dietro tutte le riflessioni, le discussioni, le elaborazioni c'è sempre il
"principe" dei problemi: "la ragione sociale della scuola", "la sua funzione pubblica". Bettoni si
è soffermato sulla perdita di valore dell'istruzione e della cultura che fa scemare la motivazione
delle famiglie a investire sulla formazione dei figli e dei giovani a istruirsi. Questa situazione,
precisa il presidente di Proteo, richiama la nostra responsabilità di gente di scuola, impone alla
scuola un recupero di qualità che passa anche dai modelli formativi, dalla professionalità dei
docenti... ma ridare un alto valore alla cultura e alla istruzione non dipende solo dalla scuola. I
disoccupati con la laurea di primo livello sono aumentati del 7% dal 2008 al 2011, ha detto
Bettoni citando dati di AlmaLaurea.
L'istruzione ha smesso di essere fattore di mobilità sociale: lo stipendio medio di un laureato di
primo livello era nel 2088 di 1.247 euro contro i 1.105 del 2011. Contro un contesto sociale
così asfittico la scuola da sola non ce la fa e ha difficoltà a rispondere all'imbarazzante
domanda di tanti giovani, in tutte le parti d'Italia: "Perché devo andare a scuola?". Ma Bettoni
invita a non cedere e a non mollare, perché comunque la scuola, i docenti, i dirigenti una
risposta devono darla, sapendo che non è una risposta univoca.
11.10
Entra subito nel merito dei problemi la relazione di Gianni Carlini, coordinatore nazionale dei
dirigenti scolastici della FLC CGIL. "Nelle difficoltà del momento, la scuola è una delle poche
istituzioni che ancora raccoglie tanti consensi e che attiva, nonostante tutto, l'impegno di molte
persone. I dirigenti scolastici, insieme a tutti gli operatori della scuola, sanno di dover
corrispondere a questo interesse e ai sentimenti e alle aspettative delle famiglie e soprattutto
dei giovani. Per affrontare la sfida che ha di fronte, la scuola ha bisogno di ritrovare fiducia in
se stessa e nella sua capacità di farcela, ha bisogno di coesione e di certezze, di
riconoscimento sociale e di sostegno".
Solo insieme è possibile – richiama Carlini – adeguare la scuola ai bisogni delle persone e
della società, cioè con la partecipazione di tutti coloro che lavorano nella scuola e di quanti
sono interessati a mantenere alta la qualità della scuola pubblica.
La relazione non ha ignorato la situazione generale del Paese, il disastro del precedente
governo, di cui per fortuna ci siamo sbarazzati. Carlini ci informa che ancora non sono
certificati gli effetti delle politiche del governo Berlusconi sulla scuola perché i dati disponibili
sono curiosamente fermi all'anno scolastico 2008-2009. "Perché non sono stati pubblicati i dati
successivi?" Domanda retorica.
Un cambio di passo ha chiesto Carlini. Non si uscirà dalla crisi né ci sarà sviluppo se la quota
del Pil destinata alla conoscenza non si allineerà a quella degli altri paesi Ocse, passando dal
4,8 al 5,9%.
Dall'autonomia al centralismo. Entrando nel merito del ruolo della dirigenza scolastica in
questi tempi difficili, Carlini ha ricordato che la prima stagione dell'autonomia scolastica e della
dirigenza aveva suscitato molte aspettative ed era stata vissuta con una forte motivazione.
Purtroppo sia le une che l'altra sono andate deluse dai diversi governi che invece di aiutare le
scuole ad assumersi le proprie responsabilità, "hanno attuato politiche sempre più
centralistiche e antiautonomistiche", dimostrando, nonostante i proclami, di non avere alcuna
fiducia nell'autonomia della scuola. L'autonomia è stata brandita solo per scaricare sulle scuole
oneri impropri, di competenza di altre amministrazioni, che nulla hanno a che vedere con la
didattica e l'istruzione. Mentre le prescrizioni dall'alto sono diventate sempre più invasive e
pesanti. E intanto i veri problemi sono rimasti insoluti.
La tempesta del dimensionamento nella quale le scuole rischiano il naufragio è stata
scatenata solo per risparmiare. In un momento, maggio, molto delicato nella vita della scuola,
bisogna fare i conti con un processo confuso che sta scatenando conflitti tra ministero ed enti
locali. La scuola ha bisogno di certezze e invece con questo dimensionamento affrettato e male
organizzato non sarà possibile garantire nemmeno la continuità didattica, cioè gli stessi docenti
alle stesse classi. La preoccupazione delle famiglie è più che fondata. Ma l'incertezza sul
proprio futuro e la propria collocazione riguarda anche migliaia di lavoratori. "Nessuna impresa,
neanche molto più piccola della scuola pubblica italiana, ha mai fatto tali interventi di
riorganizzazione della sua rete produttiva senza preoccuparsi della tenuta del sistema e della
sostenibilità delle ristrutturazioni, senza investire risorse e senza adottare sapienti strategie
per preservarla dal collasso e garantirne la continuità. Questa è la ragione per cui il
dimensionamento della rete scolastica non si doveva fare nel modo e con i tempi con i quali è
stato fatto". I dirigenti scolastici si scontreranno, quindi, con la difficoltà di "garantire equità e
uguaglianza di opportunità e di risultati per tutti e per ciascuno degli alunni".
Legata al dimensionamento c'è anche la vicenda della direzione delle scuole, delle reggenze,
del concorso in atto, del sovrannumero di personale (dirigenti, docenti, personale ATA). E
infine la questione del "federalismo", dell'impegno finanziario dello Stato per garantire gli
standard nazionali del sistema, il ruolo delle regioni e il rischio di sperequazioni e di diffusione
e aggravamento delle diseguaglianze territoriali.
Carlini ha fatto riferimento anche agli organi collegiali della scuola e al disegno di legge
depositato in Parlamento che è stato epurato dagli aspetti peggiori presenti nella proposta
precedentemente presentata da Valentina Aprea, diventando un'interessante base di
discussione.
Sulle misure per risollevare la situazione della scuola italiana, Carlini ha rimandato alle 10
proposte presentate dalla FLC, tutte realizzabili subito e tutte a costo zero o quasi.
Leggi le nostre proposte
12.15
"I dirigenti scolastici come presidio di equità e uguaglianza" è stato l'argomento della relazione
di Paolo Cortegiani, dirigente scolastico di Genova. Equità – ha esordito – è un concetto
complesso e fonte di contrasti e conflitti nell'attribuzione dei significati. "Troppo spesso i
progressisti cadono nelle trappole dei frame dei conservatori. Evitarlo richiede una nuova
consapevolezza. Uscirne richiede discernimento e coraggio" questa frase di George Lakoff,
citata in apertura da Cortegiani, è davvero una metafora dei nostri tempi e serve al relatore
per esaminare le diverse concezioni e i diversi significati che vengono dati ai concetti di equità
e uguaglianza, che da circa 30 anni sono state quasi derubricate dal vocabolario e dalle
politiche della sinistra, che così facendo ha perso la propria autonomia culturale oltre che
politica. Ma il concetto di equità ha subito anche una sorta di "neutralizzazione" di significato,
soprattutto nei documenti istituzionali, europei o nazionali, creando confusione.
Nell'applicazione pratica dei diversi significati di equità si è persino arrivati a produrre una
distorsione delle finalità del servizio scolastico.
Definire l'equità come "rispetto dei diritti" significa fare riferimento a quanto stabilito dalla
Costituzione. La scuola è un'istituzione, un bene pubblico non disponibile agli interessi delle
parti (Donolo). Questa concezione è messa in discussione da quanti ritengono che la scuola
pubblica sia alla pari degli altri soggetti portatori di interessi, degli altri stakeholders.
L'obiettivo è destatalizzare la decisione politica con conseguente indebolimento dei diritti e dei
beni comuni.
Nell'affermazione e diffusione del pensiero liberista o neoliberale prevale l'idea della scuolaazienda, nella quale l'equità è intesa "come soddisfazione delle preferenze dei clienti". Una
sorta di scuola à la carte che non può determinare un'offerta formativa, ma adattarsi alle
esigenze dei singoli. C'è in questa concezione una selezione implicita delle finalità istituzionali,
dove al posto dei prezzi (importanti per un'azienda che vende qualcosa) ci sono indicatori di
prestazione sui quali attivare la valutazione. Cortegiani parla di uso maldestro di questi
indicatori che sono attivabili sono su aspetti misurabili, mentre nella scuola sono più
significativi gli aspetti non misurabili. Il risultato è che alla fine la scuola lavorerà solo su ciò
che è misurabile, perché su quello sarà valutata, trascurando il resto. Un'altra distorsione della
scuola azienda è che essa cerca i "clienti migliori", considerando gli altri "clienti residuali" e
perciò lasciandoli da parte.
Il clou della concezione neoliberista è l'equità come "riconoscimento del merito", valutando
ciascuno per il risultato conseguito e considerando negative dal punto di vista etico ed
economico tutte le azioni volte a una redistribuzione delle attenzioni dell'istituzione scolastica.
La diseguaglianza è considerata efficienza e la funzione della scuola è solo quella di selezionare
i migliori. Persino nell'equazione equità come uguaglianza delle opportunità si celano conflitti
tra chi considera l'istruzione una gara alla quale tutti hanno accesso, tra chi la considera una
gara ma bisogna guardare anche alle condizioni di partenza e chi non la considera una gara
ma, come Don Milani, ritiene che bisogna dare di più a chi ha di meno.
Come se ne esce? Cortegiani preferisce la definizione di equità come eguaglianza delle libertà,
le libertà effettive, quella dell'articolo 3 della nostra Costituzione. Conclude dicendo che
bisogna far uscire i concetti di equità ed eguaglianza dalla notte in cui tutte le vacche sono
nere, recuperando anche il rapporto scuola-società, perché inclusione e cittadinanza non si
conquistano solo nelle scuole.
13.30
Nelle prossime ore proseguiremo l'aggiornamento della web-cronaca con i resoconti delle
successive sessioni dei lavori.
15.00
La sessione pomeridiana del 3 maggio, presieduta dalla dirigente scolastica Roberta
Fanfarillo, aveva un titolo impegnativo. “Le sfide: dimensionamento, nuove complessità,
valutazione”.
Ha aperto la discussione Giovanna Barzanò, dirigente tecnico del Miur ma al convegno in
veste di studiosa dei sistemi internazionali di valutazione. La sua relazione si è soffermata su
una parola chiave della valutazione: accountability, parola di origine latina, ma ormai impostasi
nella sua forma inglese. Accountability ha diverse accezioni, decine di aggettivi contraddittori la
definiscono, tanto che per molti è un positivo strumento di controllo democratico, per altri è un
fatto negativo se non ne vengono chiariti gli ambiti e i criteri di riferimento.
L’ambiguità del termine, secondo Barzanò, è causato soprattutto dall’evocazione numerica del
conto e non solo dal racconto. In realtà “rendere conto” è un fatto democratico e la relatrice ha
portato l’esempio circolare dell’amministratore che rende conto al politico che rende conto
all’elettore. L’accountability pubblica riguarda la vita sociale e il controllo sociale tra le parti.
Nella scuola il rendere conto deve avere la voce dei “professionisti”. Rendere conto attiene al
senso di responsabilità, suscita aspettative collettive di conformità alle regole. L’unica
avvertenza è di non preoccuparsi solo dei fattori economici perché in questa rendicontazione
sociale non va dimenticata la complessità dei processi educativi. Barzanò ha invitato ad
affrontare anche con serenità i problemi della valutazione e del rendere conto. Si tratta di una
tendenza internazionale, ma non per questo dobbiamo subirla o importare modelli altrui.
L’esperienza degli altri è utile, ci fornisce spunti, ma poi i “trend globali” vanno adattati alla
realtà locale. In Italia sarebbe impensabile un sistema che valuta oltre 10 mila scuola (oltre 8
mila dopo il dimensionamento). Come fare? Altri paesi, ad esempio, hanno costruito un
sistema informativo di base rigoroso e ben strutturato, da cui trarre indicatori per interventi
differenziati anche su problemi analoghi. Barzanò non vedrebbe male che le esperienze, le
pratiche scolastiche migliori possano divenire patrimonio attraverso la peer review. La
valutazione ha senso ed è utile se sono chiare le sue finalità
Domenico Pantaleo, segretario generale della FLC, ha espresso le sue preoccupazioni per
l’attuale momento di “crisi di sistema”. La disoccupazione giovanile oltre il 35%, l’aumento
della povertà, la diffusione della precarietà sono il segno tangibile della gravità della situazione
che investe anche la scuola che perde ruolo e valore. Il 18% dei giovani non è né a scuola né
al lavoro, la dispersione scolastica e l’interruzione degli studi è in aumento (e non solo per
questioni economiche), il 60% dei diplomati non va all’università. Si è interrotto il ciclo nel
quale l’aumento dell’istruzione, dei saperi e delle competenze produceva sviluppo, nel quale la
scuola di massa aveva un ruolo formidabile nell’avanzamento sociale. Oggi la scuola è vista
solo come un costo e Pantaleo non ravvisa niente di buono nella prossima spending review
annunciata dal governo. Nonostante le politiche pessime del precedente governo la scuola
italiana non è da cancellare, come a volte vogliono farci credere talune interpretazioni di
ricerche internazionali. Sulle macerie è più difficile costruire. La scuola italiana è molto
differenziata, non c’è sistema. Gli stessi sistemi socio-economici che distruggono le culture e le
sapienze locali distruggono anche i valori culturali e tolgono senso alla scuola e alla cultura. E
invece la scuola deve tornare a essere un presidio culturale territoriale, con biblioteche aperte,
con nuovi modi di fare didattica, sviluppando una rinnovata partecipazione di famiglie e
istituzioni locali. La scuola va cambiata e migliorata, ha detto Pantaleo, ma per farlo servono
investimenti. Pantaleo ha affrontato tanti temi attuali e scottanti. La valutazione è “una
necessità fisiologica”, serve a migliorare la scuola, ma non si può pensare di farla solo con i
test Invalsi. La dirigenza scolastica deve essere liberata dal peso ideologico della legge
Brunetta, dagli eccessi di burocrazia, dall’ossessione dei controlli quantitativi... La scuola è una
comunità educativa non può essere organizzata in modo gerarchico. La dirigenza scolastica è
altro dalla dirigenza statale, proprio per la specificità dell’istituzione scolastica. Ha poi
affrontato il tema del dimensionamento per criticarne i tempi e i modi, le conseguenze
sull’occupazione, l’ingestibilità di molti istituti, la difficoltà degli alunni di raggiungere le sedi
scolastiche in un momento in cui i comuni non hanno soldi per potenziare i trasporti. Ha
parlato del federalismo e del rischio che, al posto della collaborazione, si accentui il conflitto
istituzionale se il centralismo statale viene tout court sostituito dal centralismo regionale. Sugli
organi collegiali ha detto che la proposta di legge in Parlamento è una base di discussione ma
va emendata in molti punti. Ha concluso dicendo che la scuola ha bisogno di idee forti e di
un’elaborazione di alto livello.
Ha concluso la serata l’intervento di Giancarlo Cerini, dirigente tecnico del Miur ma anch’egli
in veste personale al convegno. Ha esordito dicendo che il 2011 è stato un annus horribilis per
via del dimensionamento e per le modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici. La legge
111/2011 cambia completamente le regole dell’organizzazione della vita della scuola, ma è un
intervento che nasce da un’emergenza finanziaria, 10 anni fa il sistema scolastico aveva già
subito un dimensionamento; oggi è mancato un progetto, un piano di accompagnamento, la
definizione di ambiti territoriali ottimali per lo sviluppo dei servizi locali. Il dimensionamento
avrà un effetto significativo soprattutto sul primo ciclo perché potrebbe sviluppare gli istituti
comprensivi. Il comprensivo è un modello e un’idea di scuola molto importante se non
ripercorre logiche non coerenti con il curricolo verticale del percorso 3-14 anni. Il modello non
può essere la lezione frontale, ma un’altra didattica gestita e organizzata da una comunità
professionale pensante. Il curricolo verticale non è solo continuità, ma progressione dei saperi
verso l’alto, una regia comune per gli apprendimenti. Per i docenti non significa perdita di
identità ma occasione di rinnovamento e rilancio professionale. Questa brutta legge, quindi,
può fornire l’occasione di ripensare l’organizzazione dei cicli. Cerini non pensa che vada
accorciata la scuola primaria per consentire ai ragazzi di uscire dalla scuola entro i 18 anni, ma
propone di studiare forme di accompagnamento post scuola o verso l’università o verso altre
forme di formazione superiore.
Soffermandosi poi su autonomia e ruolo dei dirigenti scolastici, Cerini ha l’idea che autonomia
non debba essere interpretata come semplice management, perché il dirigente deve presidiare
anche gli apprendimenti, è garante del bene comune di quel territorio, solo così esercita una
leadership strategica. Non è un semplice esecutore. I dirigenti scolastici, dice Cerini, dovrebbe
girare con la fascia tricolore. Ha concluso il suo intervento con una serie di domande per
ripensare al ruolo, alle finalità e al senso dell’autonomia scolastica.
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02. Web CRONACA 2 giornata Convegno nazionale a Napoli Dirigenti
scolastici 3 e 4 maggio a Napoli
Convegno nazionale "La dirigenza scolastica tra questioni
aperte e nuove complessità organizzative" – Seconda giornata
La sessione antimeridiana di venerdì 4 maggio, coordinata in due tempi da Giulietta
Ottaviano dell'esecutivo nazionale di Proteo e dalla dirigente scolastica Patrizia Di Franco, è
stata particolarmente impegnativa, come prometteva l'argomento. Si parlava infatti del profilo
del dirigente scolastico e di "idee e forme di leadership nelle scuole".
Gli stessi aggettivi che accompagnano il sostantivo leadership danno il senso della complessità
che il termine evoca e i modelli, le idee e le ideologie o visioni che gli stanno dietro.
Ha cominciato il professor Giovanni Moretti, docente dell'Università Roma 3, che tra i diversi
modi di interpretare l'autonomia scolastica ha ritenuto preferibile la scuola di comunità e di
prossimità e la leadership diffusa che ne consegue (invece del modello competitivo e di una
leadership di tipo manageriale).
Il tipo di scuola richiamato da Moretti tiene conto del contesto, delle situazioni di partenza; è
un luogo di crescita non solo professionale ma anche umana. È una scuola attenta alla qualità
e al risultato, ma meno preoccupata di certificazioni e conformità formali, dietro alla quali
spesso non c'è nulla. È la scuola dei legami professionali e dei legami tra le persone, che non
ha paura di sbagliare, ma impara dai propri errori. In questo contesto scolastico definito
inclusivo il dirigente scolastico diventa un leader. La leadership educativa, diffusa e inclusiva,
coinvolge tutto il personale della scuola e anche le famiglie, quindi non può essere né formale
né di tipo gerarchico.
Ha suscitato qualche perplessità tra i convegnisti l'affermazione del professor Moretti sul
dimensionamento. "Piccolo non è bello" ha detto, e in particolari contesti (es. le aree
metropolitane) le scuole possono avere dimensioni ben superiori ai 1.000 allievi perché così
costituiscono reti con più potere negoziale verso le istituzioni locali ("fare massa critica") e
intervenire con progetti e proposte di interesse civico. La leadership, secondo Moretti, va
esercitata ben oltre la gestione del Pof (legame col territorio). Tra i concetti importanti che
accompagnano la leadership educativa, diffusa e inclusiva c'è l'informalità della comunicazione
e delle relazioni (che non sostituisce i luoghi formali), c'è l'idea della cultura di rete dove tutti
apprendono, compreso il leader, l'apertura, la permeabilità, l'osservazione tra pari,
l'autovalutazione. In questa circolarità la famiglia non è il cliente esterno ma uno dei soggetti
dell'apprendimento e dell'autovalutazione.
Quale leadership per un governo democratico della scuola è la domanda posta a Roberto
Serpieri, docente dell'università Federico II di Napoli, il quale ha tentato di presentare una
mappa dei linguaggi e delle tante, troppe, definizioni di leadership. Serpieri ha presentato uno
schema molto articolato per spiegare le diverse articolazioni della leadership e dell'esercizio del
potere che discendono da un modello o da una concezione ideologica. Il modello più
democratico è quello interattivo perché è più coinvolgente. La leadership democratica persegue
l'obiettivo di sollecitare la partecipazione e sviluppare motivazioni professionali, promuove
l'adozione di un punto di vista critico, ha bisogno di tempo e spazi.
Sia Serpieri che Moretti non lesinano critiche al progetto Vales. Moretti ha dubbi che sia un
progetto integrato, perché richiama un dirigente scolastico "poco implicato" che lavora su
obiettivi indicati da altri (il direttore regionale), quindi è solo un esecutore e perde
autorevolezza. Intravede il rischio che il progetto divida la comunità professionale dal dirigente
scolastico.
Serpieri critica la concezione manageriale e individualistica che sta dietro il progetto e solleva
la questione, successivamente riproposta da Gianni Carlini, dei premi ai dirigenti alla fine del
percorso. Ma critica anche gli obiettivi del progetto che ritiene arretrati anche rispetto ai più
avanzati modelli applicati nell'industria. E si chiede: Valutare i risultati o gli sforzi? Premiare i
gruppi invece che gli individui? E visto che parla di leadership democratica e di inclusione
conclude dicendo che in Vales di democratico e giustizia sociale c'è poco.
Non ha un compito facile, quindi, Damiano Previali, esperto Invalsi e responsabile del
progetto Vales, a spiegare la bontà del progetto, la cui finalità è il risultato. Ogni processo di
valutazione ha dietro un leader, dice, e le leadership sono plurime, comunque vengano definite
il problema è il risultato, cioè l'apprendimento degli studenti, dietro il risultato c'è una buona o
cattiva leadership. La sfida è come raggiungere questo risultato che viene misurato su
indicatori formalizzati (Ocse). I risultati sugli studenti permettono delle comparazioni. Previali
tiene a precisare che il progetto parte dai processi interni alla scuola, dunque l'autovalutazione
è determinante. Le scuole italiane sono molte diverse e il Miur non riesce ad avere una visione
completa. Sono le scuole che devono autorappresentarsi. L'autovalutazione dà centralità alla
scuola, ma i dati sono determinanti. All'obiezione che già stata qualche anno fa una
sperimentazione che non ha avuto seguito, Previali risponde che precedenti esperienze di
valutazione sono state troppo autoreferenziali. Dalla diagnosi (autovalutazione) si passa poi al
miglioramento attraverso un piano ampio (obiettivi), lungo (3 anni minimo). Il modello rischia
di essere gerarchico - riconosce Previali - se il dirigente non negozia anche bene le condizioni
per realizzare il miglioramento e la definizione di obiettivi e priorità. E negozia meglio se ha
potere e autonomia, altrimenti non è in grado di gestire i processi e negoziare i cambiamenti..
Gianni Carlini, intervenendo subito dopo, ha voluto precisare che il progetto Vales ha bisogno
di essere meglio definito e concordato proprio per evitare che il dirigente svolga un ruolo
subalterno nei confronti del direttore regionale e la scuola assuma un'autonomia vigilata
perché i suoi obiettivi sono decisi altrove. Inoltre ha detto che tre anni sono troppo lunghi per
decidere la retribuzione di risultato dei dirigenti e che su questo punto va rispettato il
contratto. Sul Vales ha quindi chiesto un tavolo tra le parti, altrimenti "la FLC si metterà di
traverso".
Sul tavolo di confronto e sul dialogo tra le parti prima di avviare il Vales il professor Previali ha
dato la massima disponibilità.
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• Relazione Gianni Carlini Convegno DS Napoli
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MANOVRA
03. Precarietà: l'unico taglio giusto. Il 10 maggio la CGIL in piazza
Presidi, cortei e azioni in luoghi simboli sono previsti in tutta Italia in
occasione della giornata nazionale contro la precarietà. Investimenti per
combattere la disoccupazione, cancellazione dei contratti truffa, estensione
degli ammortizzatori sociali: sono alcune della rivendicazioni che la CGIL
porterà in piazza.
La CGIL si prepara alla giornata nazionale contro la precarietà in programma per giovedì
10 e venerdì 11 maggio. Previsti per l'occasione numerosi presidi, cortei e 'azioni' in luoghi
simbolo, su tutto il territorio nazionale a livello provinciale e regionale.
Protagonisti di questa giornata di protesta i giovani e i precari, traditi dalle tante promesse
del governo che aveva annunciato una riforma del lavoro volta innanzitutto alle nuove
generazioni: la riduzione, quindi, della precarietà e l'estensione degli ammortizzatori sociali.
"Basta con le promesse e le bugie" afferma la CGIL che accusa il governo di aver
strumentalizzato i giovani per ridurre ulteriormente i diritti di tutti: innalzando l'età
pensionabile, riducendo gli ammortizzatori sociali, non cancellando neanche una delle 46
tipologie contrattuali, non avendo migliorato l'accesso al lavoro, tentando di facilitare i
licenziamenti con la cancellazione dell'articolo 18.
Al Governo e al Parlamento la CGIL chiede innanzitutto la cancellazione dei contratti truffa;
che l'indennità di disoccupazione includa tutti i precari; un equo compenso, investimenti e
innovazione per combattere la disoccupazione.
Vai allo speciale sul portale della CGIL
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04. Nuovi tagli per la scuola? Pantaleo: non c'è più niente da
risparmiare
Comunicato stampa di Domenico Pantaleo,
Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Segretario
generale
della
Il Governo sta per varare un nuovo piano di tagli sulla scuola. Questa volta l'affondo lo
farebbe nei confronti delle spese di funzionamento e delle segreterie che sarebbero gestite "a
mezzo" tra più istituti. Il risparmio annunciato sarebbe di circa un miliardo di euro.
Per questa via si vorrebbe sostenere che i tagli servono a migliorare l'efficienza del
servizio e non sono lineari. Non è vero perché l'unico scopo è proseguire con la demolizione
della scuola pubblica in perfetta continuità con il Governo Berlusconi.
Tagliare ancora sulla scuola avrà solo un effetto depressivo sul piano sociale e sulla crescita
economica del Paese. Al Governo vogliamo dire che questa strada è sbagliata come lo era
quella del Governo precedente. Per crescere e per affermare una maggiore uguaglianza
bisogna investire in conoscenza.
È giusto combattere gli sprechi. La FLC lo chiede da tempo indicando (vedi i 10
provvedimenti salva scuola) alcuni semplici interventi per rimettere un po' di ordine nella
scuola, rendere trasparenti i bilanci, dare certezza sulle risorse restituendo, attraverso un
piano pluriennale, i crediti, quasi due miliardi di euro, che esse vantano nei confronti del Miur,
liberare segreterie e docenti dalle molestie burocratiche che subiscono ogni giorno.
Ma il Ministro e il Governo fanno orecchie da mercante e invece di assumersi la
responsabilità di intervenire per arginare lo sfacelo che c'è nelle scuole sembrano indifferenti
all'ostilità mostrata da alcuni direttori generali del ministero che anziché lavorare per il bene
della scuola pubblica ne complicano la gestione quotidiana, come dimostra l'ultima circolare sul
pagamento delle supplenze. È evidente che da un Governo liberista che intende smantellare
l'intervento pubblico, ridurre i diritti dei lavoratori e privatizzare i beni comuni non ci si può
attendere nulla di positivo per il benessere delle persone e per garantire una maggiore giustizia
sociale.
Giù le mani dalla scuola pubblica. Non c'è più niente da risparmiare. C'è solo da
riparare alle nefandezze commesse da Gelmini, Tremonti e Brunetta e restituire il maltolto ai
cittadini a cui sono stati ridotti qualità e quantità dell'offerta formativa.
Se le misure annunciate non verranno ritirate, le azioni di protesta e di mobilitazione fino
allo sciopero non tarderanno ad arrivare.
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05. La scuola nella "spending review”di Bondi di Pippo Frisone
La direttiva del Governo non lascia alcun dubbio. Anche la Scuola sarà della partita della
“spending review” che si giocherà nel breve e nel medio periodo. Entro il 2012 occorrerà
risparmiare nei Ministeri, nelle Scuole, Università, Enti di Ricerca 4,2 Mld di euro, per evitare
un aumento dell’IVA di altri due punti. Ciò significherà tagli alla spesa pubblica col concorso di
tutte le Amministrazioni mediante riduzione dei flussi di spesa, riorganizzazione delle attività
per eliminare gli sprechi , una più efficiente erogazione dei servizi, realizzazione di economie di
bilancio.
Priorità assoluta avrà la revisione della spesa ( spending review ) .
Tra Scuola e Università il governo cerca di risparmiare nel medio periodo 15,4 Mld.
Lo snellimento/dimagrimento del Miur passerà da un maggior utilizzo dei sistemi informatici
alla riduzione delle affittanze e degli immobili. Allo stato attuale ogni dipendente del Miur
dispone di 100mq. Si renderà necessaria una riorganizzazione delle strutture centrali e
periferiche , dando il colpo di grazia a quel che resta dei Provveditorati, le cui funzioni principali
da tempo sono state surrogate dagli Uffici Scolastici regionali.
Nel mirino dei tagli anche i distacchi (sindacali ) e i comandi verso altre amministrazioni.
Per finire, una stretta ulteriore al dimensionamento delle unità scolastiche, già avviata a luglio
dall’ultimo Berlusconi, una ridislocazione delle segreterie, un aumento del rapporto alunni:
docenti.
Chi parlava d’inversione di marcia rispetto al governo Berlusconi e di stop ai tagli del personale
, eccolo servito! Quindi non solo riduzione di beni e servizi per circa il 15% su di una spesa di 1
mld, facendo intervenire la Consip ma anche tagli e ancora tagli del personale docente e ata.
Cos’altro vuol dire aumento del rapporto alunni:docenti se non tagli ulteriori agli organici?
Cosa vuol dire accorpamento delle scuole con non meno di 1000 alunni se non tagli ulteriori al
personale ata?
La partita è appena iniziata con Pdl e Pd che sostengono il Governo, schierati su fronti opposti
a difesa dei rispettivi “orticelli”.
E mentre la Bce esorta il Governo italiano a tagliare i costi della politica, cominciando dalle
Province, si rimettono in discussione per la prima volta anche 105 Prefetture, accorpando
quelle più piccole al di sotto dei 350mila abitanti.
Il Governo Monti va avanti, assumendo sempre più un profilo politico. Ora lascia il lavoro
sporco a supertecnici di fresca nomina: Bondi (spending review), Amato (partiti e sindacati) e
Giavazzi (incentivi alle imprese). Prova di forza o di debolezza? Lo vedremo a breve.
Intanto, ci auguriamo che il dr.Bondi , detto anche “mani di forbici”, non dia il colpo di grazia
allo smantellamento della scuola pubblica .
La Scuola non è la Parmalat.
Questa volta ad andarci di mezzo potrebbe essere il futuro di un intero Paese.
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NOTIZIE NAZIONALI
06. Elezioni amministrative maggio 2012, le norme sui permessi
La scheda della FLC CGIL sulle principali normative che interessano i
lavoratori.
Il 6 e 7 maggio 2012 si svolgeranno le consultazioni per l’elezione diretta dei sindaci e dei
consigli comunali e circoscrizionali. L’eventuale turno di ballottaggio per l’elezione diretta dei
sindaci, invece, si terrà nei giorni 20 e 21 maggio.
In allegato una scheda di approfondimento con le normative sui permessi elettorali, sia per
esercitare il diritto di voto sia per i lavoratori impegnati nelle operazioni elettorali nei seggi.
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• scheda flc cgil le norme sui permessi elettorali per le elezioni politiche e
amministrative e i referendum
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07. Liceo sportivo: il parere del Consiglio di Stato sullo schema di
regolamento
Il parere è favorevole con osservazioni.
Dopo la Conferenza Unificata e il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, la Sezione
Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere sullo
schema di regolamento riguardante l’istituzione del Liceo Sportivo, approvato, in prima lettura,
dal Consiglio dei Ministri dell’8 settembre 2011.
I contenuti del parere
Il Consiglio di Stato, dopo aver brevemente illustrato i contenuti della schema di regolamento,
ha espresso parere favorevole con le seguenti osservazioni:
1) è necessario che anche “il sistema delle scuole paritarie” nella stipula delle
convenzioni con i comitati regionali del CONI (Comitato Olimpico nazionale Italiano) e del CIP
(Comitato Italiano Paraolimpico), facciano riferimento alle linee programmatiche definite a
livello nazionale tra MIUR, CONI e CIP, così come previsto per le scuole statali. La Schema
approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri prevedeva, invece, che i gestori delle
scuole paritarie potessero stipulare le apposite convenzioni direttamente con i comitati
regionali del CONI e CIP
2) è necessario specificare l’organo che, all’interno della compagine ministeriale, procederà alla
verifica periodica dell’efficacia delle attività della sezione ad indirizzo sportivo;
3) è necessario prevedere una disciplina specifica per la verifica periodica sull’ adeguatezza
degli impianti e delle attrezzature ginnico-sportive.
Il nostro commento
La FLC, nel condividere le osservazioni del Consiglio di Stato, contesta la scelta operata dal
Regolamento sui Licei DPR 89/10 che, a fronte numerose sperimentazioni ad indirizzo sportivo
presenti in istituti tecnici e professionali, colloca tale percorso solamente nella filiera liceale.
Esemplare a questo proposito la definizione che dà il Consiglio di Stato delle sezioni di liceo
sportivo: “appendici formative all’interno del sistema” dei licei scientifici
Nel merito dello schema di regolamento, la FLC ribadisce le osservazioni già espresse in
precedenza (vedi correlati) e chiede al Ministro che su tutto il riordino della secondaria di
secondo grado vi sia un reale cambio di rotta nel segno della trasparenza e della
partecipazione.
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• parere consiglio di stato 1870 del 17 aprile 2012 schema regolamento liceo sportivo
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08. Mobilità scuola 2012-2013: terza modifica del calendario delle
operazioni
La pubblicazione dei trasferimenti per la scuola primaria e dell'infanzia è
spostata al 6 giugno 2012.
Con la nota 3405 del 4 maggio 2012, il MIUR comunica che le date concernenti i termini di
acquisizione delle disponibilità e di pubblicazione dei movimenti relativamente alla
scuola dell’infanzia e primaria sono state così modificate:
personale
docente
scuola dell’infanzia
1. termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili:
9 maggio
2. pubblicazione dei movimenti: 6 giugno
scuola primaria
1. termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili:
9 maggio
2. pubblicazione dei movimenti: 6 giugno
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• nota 3405 del 4 maggio 2012 funzioni di mobilita scuola infanzia e primaria a s
2012 2013
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09. Ripresentato dal MIUR (con commento) il monitoraggio delle
sezioni primavera
Molti gli elementi di criticità rilevati.
Recentemente il MIUR ha presentato gli esiti del monitoraggio delle sezioni primavera. I
dati, già pubblicati da alcuni mesi, sono stati ora rimessi a punto, integrati e commentati.
Già questa è una notizia. E una notizia positiva poiché le sezioni primavera sono una
realtà di recente istituzione, sperimentale ed anche controversa. Importante perciò, oltre
che doveroso, che l'amministrazione fornisca dei dati sui quali fondare analisi, dibattito e
proposta.
Una discussione è senz'altro necessaria poiché il quadro che emerge dal monitoraggio presenta
criticità rilevanti e, a onor del vero, in buona parte evidenziate anche nel commento del MIUR.
Esse richiedono interventi urgenti e risolutivi poiché i tratta di garantire ai bimbi tra i due e i
tre anni che ne hanno bisogno un servizio educativo di qualità, progettato e realizzato per
rispondere alle loro esigenze.
Dovrebbe essere scontato, ovvio, garantito, appunto. In molti casi, sempre troppi anche
fosse uno solo!, non è proprio così. Basti ricordare il fenomeno degli anticipi, ovvero
dell'inserimento di bambini/e che ancora non hanno compiuto l'età canonica nelle scuola
dell'infanzia (e, peraltro, anche nella prima classe della primaria).
Si determina così quel paradosso educativo per cui, in momenti della loro crescita
particolarmente delicati, vi sono bambini/e che invece di essere inseriti ed accolti in ambienti di
apprendimento pensati e organizzati sulla base delle loro esigenze e caratteristiche di sviluppo,
si trovano a doversi adattare, loro!,
superiore.
a contesti educativi
pensati per bambini di un'età
Ricordiamo innanzitutto che fu il comma 630 della legge finanziaria 296 del 2006 a prevedere
l’istituzione delle sezioni primavera per bambini dai 24 ai 36 mesi, con la finalità di porre fine al
fenomeno degli anticipi nella scuola dell’infanzia.
Invece, nell'a.s 2010-2011, risultano iscritti ben 1.667 bambini, che hanno meno di 24
mesi: il 7.2%! Se si tiene conto che la media per sezione è di 15,9 bambini, significa che ci
sono bambini con meno di due anni che stanno in sezioni di 16 bambini…!
Sicché le sezioni primavera, nate come antidoto al dilagare incontrollato degli anticipi nella
scuola dell'infanzia stanno invece producendo ingressi anticipati … nelle sezioni primavera
stesse!
Ma quello relativo agli anticipi non è che uno degli elementi di preoccupazione che emergono
dal monitoraggio. Vogliamo qui sottolinearne alcuni:
•
oltre un quarto delle sezioni monitorate hanno superato il rapporto numerico
tra personale educativo/docente e bambini 1:10. Tale rapporto rappresenta uno
dei criteri definiti dal Decreto n. 37 del 10 aprile 2008 a cui le sezioni primavera
avrebbero dovuto corrispondere. Evidentemente tali criteri sono stati invece
abbondantemente disattesi. A ciò si aggiunge un elemento grave: nella Intesa con
validità triennale, siglata in Conferenza Unificata Stato Regioni, nell'ottobre 2010, non
compare alcun riferimento esplicito alla Direttiva 37 e quindi le Intese regionali sono
"libere" di applicarla o meno
•
la gestione di circa il 17% delle sezioni è affidata a "servizi esterni"
•
un operatore su quattro non ha un titolo specifico
•
rapporti di lavoro: Il 74,46% del personale docente/educativo ha un rapporto di
lavoro diretto con il gestore del servizio. Il 9.6% presta invece la sua opera come
volontario (sic.!). Infine il 15,9% del personale è in forza ai soggetti esterni ai quali è
“affidato il servizio”. Occorre però precisare che per quanto attiene i contratti e le
tipologie contrattuali utilizzate ci troviamo di fronte a situazioni alquanto disomogenee
costellate da contraddizioni e da criticità.
•
Particolare attenzione va riservata anche alle modalità di assunzione: il 58,6% delle
quali avvengono per chiamata diretta, il 15,1% attraverso graduatoria per titoli, il 4,4%
da graduatoria supplenze, il 2,2% come prestazione aggiuntiva e ben il 19,7% tramite
un non meglio precisato “altro”. Sono dati inquietanti se si considera che spesso si
cominciano ad inserire pratiche “indigeste” in contesti marginali, settoriali, particolari
perché prendano poi piede nel sistema. Desumiamo che dietro il vago termine di
“altro” ci possano essere forme di intermediazione di mano d’opera, lavoro
somministrato, attivazione di partite iva, compartecipazione agli utili ovvero
questa smisurata galassia determinata dalle innumerevoli tipologie di lavoro dovute agli
effetti della legge 30.
•
E’ verosimile, a fronte dei tagli, un imminente innalzamento delle quote a carico delle
famiglie, quindi delle rette. Tuttavia, dai dati del monitoraggio emerge che la media
delle rette pagate dalle famiglie è notevolmente inferiore alle rette dei nidi. E sappiamo
quanto questo oggi conti per i bilanci famigliari!
•
E’ da segnalare la presenza del lavoro autonomo nelle sue due varianti coordinata e
continuativa presenti nella misura del 4,8% e le coordinate continuative a progetto pari
al 10,8%.
•
Desta perplessità il dato del 9,6% di volontari non meglio identificati. A tal proposito va
ricordato che il volontariato è normato da leggi ben precise e che, salvo le ipotesi del
personale religioso purché della stessa congregazione, non può essere utilizzato per
attività lavorative.
In conclusione:
Anche dal monitoraggio delle sezioni primavera emergono segnali inquietanti che mostrano
come la condizione dell’infanzia stia velocemente diventando un terminale della crisi.
Sappiamo bene che la crisi morde. Erode i bilanci delle famiglie e quelli degli enti locali. Il
rischio di considerare come un lusso la qualità dei servizi educativi incombe. E già, spesso,
non è più rischio bensì realtà. Ma noi questo non possiamo permettercelo pena la qualità
dello sviluppo di questo paese oltre che la compromissione dei destini individuali dei bambini
e delle bambine di oggi.
Stato, Enti Locali e famiglie investono sempre meno nella educazione e nella formazione dei
bambini e delle bambine. Questo si traduce anche in una erosione progressiva di quelli che
sono rapporti di lavoro corretti, contratti adeguati e pertinenti alla funzione educativa,
comprensivi della necessaria formazione in servizio, di tempi dedicati alla progettazione, alla
documentazione, alla autovalutazione del lavoro svolto.
E’ necessario invece superare le criticità emerse, accogliere nelle Intese regionali i criteri di
qualità elencati nella Direttiva 37 e assicurarne la piena applicazione.
Il rispetto dei diritti dei bambini e delle bambine, assicurare loro una scuola dell’infanzia e
servizi educativi di qualità costituisce un terreno imprescindibile del nostro impegno. Anche in
sintonia con altri soggetti che condividono queste finalità, come nel caso del Coordinamento
nazionale per le politiche dell’infanzia e della sua scuola che ha preso posizione sugli
esiti del monitoraggio.
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• CARTELLA monitoraggio sezioni primavera
monitoraggio sezioni primavera a s 2010 2011 miur
monitoraggio sezioni primavera a s 2010 2011 commento del coordinamento
nazionale per politiche dell infanzia
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10. "Anch'io sono Italia": convegno a Genova l'11 e 12 maggio 2012
Un altro appuntamento per l'Intercultura come cultura dei diritti di tutti.
L’appuntamento di Genova segue i convegni a carattere nazionale che hanno trattato i temi
dell’immigrazione e dei diritti:
•
Alunni immigrati, quale scuola? Reggio Emilia, maggio 2008
•
Immigrati, scuola e diritti di cittadinanza. Collegno - Torino, settembre 2008
•
Per una scuola interculturale. Catania, ottobre 2008
•
Stesso sangue, stessi diritti. Una scuola di tutti, per tutti. Roma, marzo 2009
•
Per un curriculum interculturale, se non ora quando? Bologna, novembre 2009
•
C'è ancora la dispersione scolastica? Lerici (La Spezia), ottobre 2010
•
Migranti e diritti di cittadinanza. Milano, maggio 2011
•
Migranti, Osservatorio Sud. Ostuni (Brindisi), ottobre 2011
Questo convegno è quindi la continuazione di un percorso che - attraverso incontri
interregionali - si pone queste finalità:
•
far conoscere e discutere il lavoro svolto dalla CGIL sul tema dell’immigrazione
•
promuovere un rigoroso confronto non limitato ai soli docenti, ma capace di coinvolgere
tutte le altre categorie di lavoratici e lavoratori, gli esperti, gli operatori sociali, le
associazioni di volontariato e i rappresentanti delle comunità di migranti presenti nel
territorio
•
proporre delle soluzioni alle questioni più rilevanti relative ai diritti di cittadinanza delle
donne e degli uomini migranti, nella convinzione che trattare dei loro diritti significhi
difendere i diritti di tutti.
Nel convegno di Genova, progettato in raccordo con il Coordinamento immigrati della FLC
CGIL, colpisce la coerenza tra i soggetti che interverranno, i temi che si affronteranno e le
modalità. Sono infatti previste lezioni in piazza, mostre, presentazioni di lavori delle scuole, in
una sorta di impregnazione della città con i temi del convegno. Ad illustrare i temi
interverranno mediatori e mediatrici culturali, rappresentanti di associazioni di migranti,
studenti e studentesse, docenti e dirigenti scolastici, ricercatori e ricercatrici, esponenti
dell'amministrazione e di istituzioni culturali. E sindacalisti della CGIL, naturalmente. Con un
forte approccio confederale che si evidenzia non solo attraverso l'impegno della CGIL Liguria e
della Cd.L.M. di Genova, ma anche attraverso la quantità e la qualità dei contributi delle
categorie, in primis la FLC CGIL e la Funzione pubblica.
A breve pubblicheremo il programma dettagliato del convegno.
**************
NOTIZIE REGIONALI
11. CGIL CONFEDERALE LOMBARDIA - CAMBIAMO L’ITALIA:
PROMUOVERE IL LAVORO, DIFENDERE IL WELFARE, RIFORMARE IL
FISCO – presidio 11 maggio 2011
La crisi non è finita: la politica dell’Unione Europea fondata sul rigore monetarista, sul liberismo
economico e sulla riduzione del welfare, si è dimostrata inadeguata e sbagliata, incapace di far
ripartire la crescita e l’occupazione.
Soprattutto per gli errori del Governo precedente, l’Italia si trova di fronte al bivio drammatico
tra recessione e stagnazione.
I provvedimenti sin qui decisi dal Governo Monti, dall’intervento sulle pensioni, alle
liberalizzazioni fino alla proposta di riforma del mercato del lavoro, si sono dimostrati privi di
equità e non sufficientemente orientati al rafforzamento della coesione sociale.
Crescita e rilancio dell’occupazione sono fino ad ora assenti nelle politiche del Governo: per
questo rivendichiamo un urgente cambio di passo con politiche che guardino ai bisogni delle
persone e non agli interessi delle banche e della finanza.
In particolare:
• Una diversa politica economica fondata sul lavoro e sul rilancio dei consumi delle famiglie
italiane;
• Un sistema di welfare orientato alla coesione sociale e alla difesa dei più deboli, a partire
dalle persone non autosufficienti;
• Una riforma fiscale equa e sostenibile, che ridistribuisca ricchezza, che tassi le rendite e i
grandi patrimoni, che sostenga pensioni, lavoro dipendente e imprese;
• Un sistema pensionistico pubblico e solidale, che risolva prima di tutto l’emergenza di coloro
che si trovano senza lavoro, senza ammortizzatori e senza pensione, oltre che il ripristino della
rivalutazione delle pensioni;
• Un sistema di servizi pubblici efficienti che, nel rispondere ai bisogni dei cittadini e delle
cittadine, valorizzino il lavoro pubblico.
CAMBIAMO LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO
Dopo aver scelto di interrompere il confronto con le Parti Sociali, il Governo ha presentato in
Parlamento la propria proposta di riforma del mercato del lavoro.
La CGIL ha deciso una vasta mobilitazione per cambiare e migliorare la proposta del Governo:
• per una maggiore equità sociale;
• per una legge che favorisca il lavoro ed il futuro dei giovani;
• per garantire l’universalità degli strumenti di protezione sociale, a favore di tutti e tutte
coloro che perdono il lavoro;
• per preservare i diritti fondamentali, garantendo il principio della deterrenza contro i
licenziamenti facili.
In particolare:
• RIDURRE LA PRECARIETÀ
La proposta presentata al Parlamento dal Governo peggiora quanto discusso con le Parti
Sociali: chiediamo l’impegno di ridurre e regolamentare le diverse tipologie di rapporto di
lavoro, eliminando quelle più precarie e rendendo le altre meno vantaggiose, sul piano
economico, per le imprese, al fine di incentivare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato,
nonché il contratto di apprendistato per l’inserimento dei giovani al lavoro.
• REALIZZARE L’UNIVERSALITÀ DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI
Contrariamente agli impegni assunti, il Governo, con la sua proposta, non realizza l’universalità
degli ammortizzatori e non prospetta una protezione sociale adeguata per le situazioni di crisi
aziendali. In particolare, l’eliminazione dal 2017 dell’indennità di mobilità – unitamente
all’allungamento dell’età pensionabile – lascia senza adeguata protezione coloro che, superati i
50/55 anni di età, perderanno il posto di lavoro: meno protetti dagli ammortizzatori, più
lontani dalla pensione e disoccupati, senza possibilità di ricollocazione.
• GARANTIRE IL DIRITTO AL REINTEGRO PER TUTTI I LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI
Grazie alla mobilitazione ed alle lotte indette dalla CGIL, il Governo ha dovuto recedere dalla
volontà di stravolgere l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, rendendo così più facili i
licenziamenti. Si tratta di un primo risultato importante che va difeso, consolidato e migliorato.
Va garantito il diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo, come unico vero
elemento di deterrenza e quale principio di civiltà giuridica fondamentale per salvaguardare la
dignità delle persone che lavorano.
• VALORIZZARE IL LAVORO PUBBLICO PER GARANTIRE I SERVIZI AI CITTADINI
Se licenziano il lavoro pubblico licenziano i diritti dei cittadini e delle cittadine. Per questo
chiediamo il rinnovo dei contratti, il rilancio della contrattazione integrativa, la valorizzazione
della scuola pubblica, un sistema di relazioni sindacali democratico e partecipato, il
superamento del precariato e lo sblocco delle assunzioni, l’abrogazione della legge Brunetta, la
definizione di regole condivise sulla mobilità.
Il Governo Monti deve affrontare il sistema dei settori pubblici: servono servizi pubblici
efficienti, per sostenere i più deboli, i giovani, i pensionati, le famiglie, un sistema pubblico di
formazione e ricerca per competere e sostenere prospettive di sviluppo.
CAMBIAMO LA REGIONE LOMBARDIA
La Regione è un’Istituzione importante, con competenze fondamentali in vari campi, dalla
sanità al welfare, dai trasporti al lavoro.
Oggi, Regione Lombardia è un’Istituzione in crisi, screditata da una lunga serie di scandali e
inchieste della Magistratura che vedono coinvolti molti Consiglieri Regionali, esponenti vecchi e
nuovi della Giunta.
Abbiamo, da molti mesi ormai, una Giunta Regionale che appare ferma, divisa, incapace di
passare dalle parole ai fatti, assente nel realizzare politiche efficaci per la crescita, lo sviluppo e
l’occupazione.
PER QUESTO LA CGIL LOMBARDIA CHIEDE SCELTE POLITICHE CHIARE
NON RIDURRE IL WELFARE, QUALIFICARE TRASPORTI LOCALI, SANITÀ E ASSISTENZA
Regione Lombardia deve rilanciare un sistema integrato di welfare mantenendo alcuni impegni
presi:
• l’estensione dell’assistenza domiciliare e politiche a favore della non autosufficienza, a partire
dalla costituzione del Fondo regionale;
• potenziare e qualificare il trasporto pubblico locale, senza ricorrere ad incrementi tariffari;
• esercitare controlli efficaci e generalizzati sulla spesa sanitaria, evitando gli sprechi e
prevenendo le ruberie, così da disporre di risorse utili ad abbattere il costo a carico dei cittadini
e dei pensionati a partire dai ticket;
• reperire nuove risorse per diminuire le rette per la degenza nelle case di riposo e di cura a
carico degli anziani, delle persone disabili e delle loro famiglie, secondo criteri trasparenti di
valutazione del reddito e del patrimonio.
RILANCIARE IL LAVORO
Vogliamo politiche, concordate con le Parti Sociali, per la crescita, che investano sulla
formazione, la ricerca e il lavoro. Non ci serve una Regione che, facendosi tentare dall’idea di
invadere l’autonomia delle Parti Sociali, sostenga la derogabilità di leggi e contratti. Chiediamo
politiche più efficaci a favore della legalità.
Noi chiediamo:
• investimenti e sostegno alla ricerca pubblica e privata, in diversi settori strategici presenti nei
territori lombardi;
• conferma ed estensione delle forme di sostegno dell’occupazione, a partire dal finanziamento
degli ammortizzatori in deroga, fino alla fine della crisi;
• qualificazione dei servizi e valorizzazione del ruolo del lavoro pubblico in tutti i settori;
• l’abrogazione dell’art. 8 della LR 7/12 e il mantenimento delle procedure concorsuali previste
dal vigente ordinamento, a garanzia del sistema nazionale di istruzione;
• un impegno sostanziale di ordine economico rispetto agli Enti di Formazione Professionale
regionale e alle loro politiche sull’apprendistato, visto l’aggravarsi della crisi.
TORNARE AL VOTO PER RIDARE CREDIBILITÀ ALLA POLITICA E ALL’ISTITUZIONE
Non è in discussione la presunzione di innocenza per chi è indagato, bensì la credibilità stessa
della nostra Regione. Per questo occorre un passo indietro da parte di tutti.
Chiediamo le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio, cosicché si possa tornare
al voto e rinnovare un’Istituzione logorata da un’inaccettabile serie di inchieste e scandali.
* Per difendere il lavoro e sostenere la crescita e il rilancio produttivo
* Per cambiare la politica fiscale, sostenendo i redditi da lavoro dipendente e
pensione
* Per un sistema di welfare universale e pubblico
PRESIDIO
DI LAVORATORI E LAVORATRICI, PENSIONATI E
PENSIONATE
VENERDI’ 11 MAGGIO 2012
dalle ore 9,30 alle ore 11.00
davanti alla Sede di
REGIONE LOMBARDIA
Via Melchiorre Gioia, 37 – Milano
IN ALLEGATO
NOTIZIARIO :
SUL
SITO
REGIONALE
FLC
in
sezione
dirigenti
scolastici
INSIEME
AL
http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=3322
• CARTELLA volantini manifestazione 11 maggio lombardia
Volantino precarietà unico taglio giusto
Volantino 2 precarietà unico taglio giusto
**************
12. Conto Consuntivo 2011 – Modalità di trasmissione
Modalità di trasmissione all’Ufficio Scolastico Regionale dei conti consuntivi per l’anno 2011
delle istituzioni scolastiche.
Direzione Generale
Via Ripamonti, 85 – 20141 Milano
Posta Elettronica Certificata: mailto:Certificata:%[email protected]
Prot. n. MIUR AOODRLO R.U. 4683
Milano, 3 maggio 2012
Ai dirigenti delle istituzioni scolastiche
della Lombardia
Ai revisori dei conti presso le istituzioni scolastiche
della Lombardia
Ai dirigenti degli Ambiti Territoriali
della Lombardia
Oggetto: Modalità di trasmissione all’Ufficio scolastico regionale dei conti consuntivi
per l’anno 2011 delle istituzioni scolastiche
La circolare MIUR, Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio (DGPFB) prot.
8910 del 1° dicembre 2011, recante le istruzioni per il rinnovo degli inventari dei beni
appartenenti alle istituzioni scolastiche statali, ha stabilito che la documentazione inerente il
rinnovo inventariale, oltre a dover rimanere agli atti della scuola, sia trasmessa al competente
Ufficio scolastico regionale, convenientemente per via telematica, mediante la sua
trasformazione in formato digitale assieme alla documentazione relativa al conto consuntivo
per l’anno 2011.
Per consentire alle istituzioni scolastiche della Lombardia di adempiere a quanto chiesto
riducendo al massimo i costi del procedimento (carta, stampa, spedizione, archiviazione, ecc.),
l’USR per la Lombardia fornisce le seguenti istruzioni alle quali attenersi, che sostituiscono
anche quelle già fornite con la propria circolare n. 4559 del 27 aprile 2011, reperibile sul sito
internet dell’USR Lombardia http://www.istruzione.lombardia.gov.it/ , riguardante la
trasmissione dei conti consuntivi 2010.
Per quanto riguarda la documentazione sul rinnovo degli inventari, dovranno essere inseriti sul
portale http://www.formistruzionelombardia.it/ i modelli PV/Base, PV/1, PV/2, PV/3 e
PV/4, distintamente per categoria.
Si precisa che il modello PV/base dovrà essere firmato digitalmente o, in mancanza della
firma digitale, lo stesso modello dovrà essere scannerizzato e recare le firme dei componenti
della Commissione per il rinnovo degli inventari.
Le credenziali di accesso al portale sono state trasmesse alle istituzioni scolastiche della
Lombardia in data 7 novembre 2011 attraverso la casella di posta elettronica istituzionale con
oggetto “Trasmissione dati in modalità digitale”.
Per accedere al portale occorre inserire username e password nel campo “Accesso” (in alto a
destra), poi scegliere dal menù “Elenchi” (sulla sinistra) il link “Conto consuntivo 2011”.
Cliccando su “Aggiungi nuovo elemento” il sistema richiederà l’inserimento del nome e
cognome del compilatore ed il numero di telefono dell’ufficio.
Sarà quindi possibile inserire i file richiesti cliccando sul comando “Collega file” in alto a
sinistra. Tale procedura dovrà essere ripetuta per ogni singolo file da allegare.
Per poter esser inseriti sulla piattaforma, tutti i file dovranno essere stati già compilati e salvati
sulla propria postazione di lavoro.
Rispetto alle istruzioni sulla trasmissione dei conti consuntivi a suo tempo fornite con la citata
circolare n. 4559 del 27 aprile 2011, per quest’anno (conto consuntivo 2011), la lettera con la
quale il dirigente scolastico comunica l’avvenuta approvazione da parte del consiglio d’istituto
del conto consuntivo, fornendo data e numero della delibera e riportando il codice
meccanografico della scuola e il numero dell’ambito revisorile (ad esempio, BG 023), dovrà
essere inserita anch’essa sul portale http://www.formistruzionelombardia.it/ assieme ai
documenti sugli inventari. In particolare, la lettera dovrà essere firmata digitalmente o, in
mancanza della firma digitale, dovrà essere scannerizzata e recare la firma del dirigente
scolastico.
Il procedimento sarà concluso una volta che sul portale http://www.formistruzionelombardia.it/
saranno stati inseriti da ciascuna istituzione scolastica i seguenti file: PV/base (firmato), PV/1,
PV/2, PV/3, PV/4, comunicazione del dirigente scolastico di avvenuta approvazione del conto
consuntivo (firmato).
I modelli PV sono allegati alla presente circolare.
Resta confermato che l’inserimento e l’invio dei modelli del conto consuntivo nel portale SIDI
sostituisce l’invio cartaceo dello stesso.
Permane l’obbligo, previsto dall’articolo 60, comma 2, del DI 44/2001, di invio all’USR della
copia dei verbali dei revisori dei conti relativi ad eventuali anomalie riscontrate nel corso della
gestione per l’adozione dei provvedimenti di competenza.
Il conto consuntivo approvato dal consiglio d’istituto in difformità del parere espresso dai
revisori dei conti dovrà essere trasmesso all’USR con tutti gli allegati prescritti dall’articolo 18,
comma 6, del DI 44/2001.
La presente circolare viene pubblicata sul sito http://www.istruzione.lombardia.gov.it/
Il direttore generale
Giuseppe Colosio
YC/nl
Per informazioni: Nadia Lombardi
tel. 02 57 46 27 237 - e-mail: [email protected]
Per problemi di natura tecnico/informatica legati SOLO all’uso della piattaforma
http://www.formistruzionelombardia.it/ rivolgersi ai seguenti indirizzi MIUR – USR Lombardia
Ufficio IX – Comunicazione:
Aldo Russo
[email protected]
Maria Chiara Pardi
[email protected]
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• cartella Modalità di trasmissione all’Ufficio scolastico regionale dei conti consuntivi
per l’anno 2011 delle istituzioni scolastiche
llegato A - PV base
Allegato B - PV 1
Allegato C - PV 2
Allegato D - PV 3
Allegato E - PV 4
SPAZIO FAQ E GIURISPRUDENZA
13. Il nulla osta per il trasferimento di uno studente ad altro Istituto
non costituisce atto discrezionale - Tar Lazio (Latina) – Sentenza n.
244 del 27 marzo 2012
Il nulla osta per il trasferimento di uno studente ad altro Istituto non costituisce atto
discrezionale, ma assolve sempre ad una finalità di mero accertamento, al di là della
circostanza che la domanda di trasferimento sia stata prodotta dall’interessato o
disposta “d’autorità” a mezzo di provvedimento di allontanamento adottato dalla
Procura della Repubblica.
Il nullaosta non è atto caratterizzato da profili di discrezionalità amministrativa, dovendosi
unicamente accertare da parte dell’autorità scolastica la regolarità della posizione dello
studente.
Ciò posto, come richiamato nella esposizione in fatto, la peculiarità che connota il caso in
esame si incentra, essenzialmente, sull’atto di allontanamento adottato dal Procuratore della
Repubblica di Frosinone, tenuto conto che il nulla osta impugnato assolve alla surriferita
finalità, di accertamento della regolarità della posizione dello studente.
Ed,invero, al di là della circostanza che la domanda di trasferimento sia stata prodotta
dall’interessato o – come è avvenuto nel caso in esame – disposta “d’autorità” (rectius: a
mezzo del provvedimento di allontanamento della Procura della Repubblica), il nulla osta
assolve sempre alla surriferita finalità di mero accertamento.
Il provvedimento adottato dal Dirigente scolastico, non riveste natura sanzionatoria, ma
costituiva attività dovuta tenuto conto che la mancata adozione dello stesso avrebbe solo
impedito al minore di iscriversi presso altro istituto.
Come si è detto in precedenza, infatti, il provvedimento impugnato è stato adottato dal
Dirigente scolastico “in obbedienza” al suindicato provvedimento del Procuratore della
Repubblica, il cui tenore non lasciava in capo all’Autorità scolastica alcun margine di
discrezionalità. In altri termini, il provvedimento dirigenziale non poteva essere che quello
concretamente adottato, e che eventuali contestazioni andavano effettuate nei confronti
dell’atto che lo aveva determinato.
Sulla natura non discrezionale del nulla osta al trasferimento si vedano SU SITO INDIRE TAR
Sicilia - Catania Sez. II - Sent. 15/01/2009 n. 59, TAR Emilia-Romagna - Bologna Sez. I - Sent.
23/10/2009 n. 1939, TAR Umbria - Sent. 06/07/2006 n. 344. Sulla differente questione della
legittimazione dei genitori, in caso di separazione o divorzio, alla richiesta del nulla osta, si vedano
Corte di Cassazione - Sez. I - Sent. 03/11/2000 n. 14360 e Tribunale per i minorenni di Ancona Decr. 07/01/2008 n. 9)
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• Tar Lazio (Latina) – Sentenza n. 244 del 27 marzo 2012 nulla osta atto non
discrezionale
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14. Congedi parentali: fino agli otto anni di vita del bambino spetta
l’intera retribuzione per i primi 30 giorni di assenza - Corte di
Cassazione con Ordinanza n. 3606 del 7 marzo 2012
Smentita l’interpretazione dell’amministrazione che riconosce l’intera retribuzione
solo per i primi 3 anni.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con Ordinanza n. 3606 del 7 marzo 2012.
Il provvedimento riguarda una dipendente del comparto ministeri, ma è perfettamente
sovrapponibile al personale scolastico.
Secondo la Corte di legittimità poiché l’art. 10 del CCNL della Funzione Pubblica (disposizione
di maggior favore) riconosce l’intera retribuzione per il periodo indicato dall’art. 32 comma 1
lett. a) del D.lgs. 151/2001 (primi otto anni di vita del bambino – N.d.R.) il pubblico
dipendente ha diritto a tale trattamento.
Nel comparto scuola è prevista un’analoga disposizione all’art. 12 comma 4 del CCNL (congedi
parentali).
Dunque, d’ora in avanti i dipendenti avranno diritto ad assentarsi percependo l’intero
trattamento economico fino agli otto anni di vita del bambino, per i primi 30 giorni di assenza.
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• Ordinanza n. 3606 del 7 marzo 2012 Congedi parentali: fino agli otto anni di vita del
bambino spetta l’intera retribuzione per i primi 30 giorni di assenza
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NAVIGANDO IN RETE
15. A proposito di autogoverno e dimensionamenti - di Antonio
Valentino
Cosa fa il Ministro?
L’approvazione del DDL sull’autogoverno delle scuole da parte della VII Commissione della
Camera ha avuto una discreta eco nel pianeta scuola.
Associazioni professionali e organizzazioni sindacali hanno espresso commenti e posizioni
articolati, dove, a fianco di rilevazioni critiche, si colgono anche diffusi apprezzamenti. Da
parte di tutti c’è l’auspicio, al riguardo, di una campagna di informazione e dibattito e
l’impegno comunque a farsene carico e ad esserne protagonisti.
Anche la Conferenza delle Regioni è intervenuta esprimendo condivisione sostanziale degli
obiettivi e dei principi ispiratori e formulando, per quanto di sua competenza, emendamenti
che non sembra contraddicano l’impianto complessivo del DDL.
A questa pluralità e densità di commenti del mondo della scuola non sembra corrispondere
altrettanta attenzione da parte dell’Amministrazione.
Almeno a voler dar peso all’assenza di riferimento a queste problematiche nell’Atto di indirizzo
del Ministro (le priorità politiche) per il 2012; atto di indirizzo che pure è stato emanato una
settimana dopo l’approvazione del DDL in questione. Nessun accenno, nel documento
ministeriale; neanche dove si parla dell’importanza di “modelli organizzativi e innovativi e di
governo” per “semplificare la complessità organizzativa e dar valore ad una autonomia
scolastica responsabile”. Niente.
Forse la cosa non è da enfatizzare, ma, comunque, ci aspettava che il Ministro, pur nel rispetto
delle prerogative del Parlamento, scendesse in campo, non per “sposare” il DDL, ma almeno
per rendere esplicito il suo impegno sull’iter legislativo del provvedimento.
Eppure il tema dell’autogoverno delle scuole autonome e quello della governance di sistema
(che costituisce parte integrante e fondamentale dell’intero impanto del DDL) non sono di
quelli che un’Amministrazione può snobbare o ritenere di secondaria importanza.
Le questioni in gioco
Anche perché con questo provvedimento legislativo si gioca una partita importante su più
fronti: su quale autonomia delle Istituzioni Scolastiche (IS), in primo luogo; ma anche su quali
forme di coordinamento tra le varie istituzioni del sistema delle autonomie coinvolte e quindi
su dove va collocato il baricentro dell’intero sistema.
Al tipo di scenario che si va a privilegiare sono poi da collegare sia il discorso – tutto da
approfondire - delle reti di scuola (che non sono quelle del DPR 275, ma qualcosa che, sembra
di capire, ha a che fare con la governance territoriale; negli stessi termini sono proposte le reti
anche nella Legge per le Semplificazioni, art. 50), sia le varie operazioni sul dimensionamento
delle istituzioni scolastiche - che stanno procedendo a ritmo serrato e, a quel che è dato
sapere, secondo logiche quasi sempre ragionieristiche e frammentate.
Quest’ultimo terreno di analisi e riflessione si incrocia con tutta evidenza con le problematiche
del governo delle scuole e quindi del tipo di management / leadership da privilegiare e
promuovere.
Problematiche da cui sembrano prescindere molte Regioni e Province nelle scelte sul
dimensionamento. Si assiste così ad operazioni di aggregazione di sedi e scuole di cui non si
riesce a cogliere il modello organizzativo di riferimento ( ma la logica sì).
E il discorso non riguarda solo il dimensionamento dei nuovi Comprensivi di cui alla L.111 del
luglio scorso; il discorso è forse ancora più drammatico per non pochi dimensionamenti nel
Secondo ciclo che si stanno formalizzando per il prossimo anno; dimensionamenti di fatto
realizzati aggregando, molte volte con criteri puramente burocratici, agli istituti di titolarità le
reggenze degli anni scorsi.
La situazione non è rosea
Al riguardo, il documento preoccupato di tutte le organizzazioni sindacali di DS – dalla FLC
CGIL, comparto Dirigenti Scolatici (DS), alla ANP -, inviato al Ministro con la richiesta al
ministro di un incontro urgente, ben evidenzia la drammaticità della situazione.
Qui interessa sottolineare, anche sulla scorta di questo documento,
1. la forte riduzione delle ISA (oltre le 1000 unità) e l’aumento spesso sconsiderato degli
studenti per istituto (che in non pochi casi arriva fino alle 2000 unità),
2. le centinaia di scuole autonome sottodimensionate, per effetto delle leggi sulla stabilità,
che saranno prive di un dirigente e di un direttore dei servizi: ancora, quindi, reggenze
e contabilità in affanno;
3. il fatto che alla consistente diminuzione delle dirigenze scolastiche non corrisponde la
diminuzione delle sedi scolastiche, né del personale, né degli alunni: aspetti - ma solo
questi ultimi - in sé positivi (il discorso sul numero delle DS è più complesso), se non
fosse che le gestione che ne consegue diventa massacrante e soprattutto rischiosa per
la qualità della direzione (si consideri solo il problema delle sedi lontane tra di loro e dei
tempi per gli spostamenti);
4. la scelta bizzarra – chiamiamola così
– di rivedere al ribasso i parametri per
l’attribuzione di esoneri e semiesoneri ai collaboratori del DS, che
completa
degnamente il quadro. Capita così che i problemi e le difficoltà raddoppino e le risorse
orarie per le funzioni di collaborazione con il DS si dimezzino o scompaiano del tutto.
Ma la cosa più bizzarra – ancora così, per dire - è che queste decisioni sono state prese –
prescindendo da qualsiasi riflessione compiuta su questioni preliminari e dirimenti. Il
riferimento è
• alla natura (le forme, le dimensioni e i livelli e i compiti) delle ISA, a parole,
costituzionalmente tutelate (Dentro il sistema delle autonomie, non si è ancora definito
– lo si è già accennato prima - dove si colloca il baricentro: se nelle autonomie
scolastiche o nelle regioni, né si riesce a cogliere concretamente la visione “orizzontale”
– quindi non più “piramidale” - del sistema),
• alle funzioni dirigenziali della gestione unitaria, del coordinamento, della promozione,
del controllo,
• alle responsabilità rispetto agli esiti, sempre del DS (nuovo Nembo Kid, a retribuzione
bloccata, nella “visione” dei dimensionamenti in atto).
Il DDL: una occasione utile?
Nel commentare le norme per l’autogoverno delle ISA ebbi a condividere con parecchi altri
un sostanziale apprezzamento per gran parte delle scelte fatte e per l’insieme dei principi
ispiratori e degli obiettivi della riforma.
Il rischio concreto che però vedo, di fronte ai dati sul dimensionamento - e a quel che ne
consegue (non parlo, ripeto, solo dei nuovi istituti comprensivi) - è che alla fine potremo
anche avere una buona legge per l’autogoverno delle scuole e per la governance
territoriale, ma non sapremo che farcene, perché, con i chiari di luna che si prevedono, la
governabilità interna sarà compromessa (e i danni irreversibili); e l’apertura al territorio, il
superamento dell’autoreferenzilità, la rendicontazione sociale degli esiti e dei processi di
apprendimento le consegneremo come compiti – anche questi - alle future generazioni.
Una ragione in più, allora, per accellerare il dibattito sul DDL e arrivare entro quest’anno ad
una buona legge che renda possibili decisioni sensate e chiare? Hoc est in votis. In
milanese: Sperèm.
**************
16. La scuola dei compiti o i compiti della scuola? Aperto un grande
non dibattito - Paolo Cardoni - Articolo 33 n. 3/4/2012
"Non si insisterà mai abbastanza
sul fatto che qualsiasi rinvio sistematico allo studio a casa
è in realtà un rinvio alle ineguaglianze sociali e familiari
degli studenti" (Philippe Meirieu, I compiti a casa, 2002)
Ormai siamo abituati da anni a un “nondibattito” sulla scuola, fatto di e su impressioni, luoghi
comuni, questioni marginali. Ogni tanto spunta una questione (basta la battuta di un politico,
un fatto di cronaca, il risultato di un sondaggio, più raramente i dati ISTAT o OCSE ecc.) e tutti
si buttano su quel tema, come se fosse quello fondamentale, da cui tutto il resto dipende,
quando invece spesso è esattamente il contrario. Tempo un paio di giorni al massimo e non se
parla più. E intanto la nave-scuola va, continua a galleggiare, rabberciata, rattoppata,
seguendo rotte sempre più incerte, con personale di bordo sempre più vecchio e passeggeri
sempre più distratti…
I suoi problemi reali nessuno sembra considerarli veramente: tralasciamo quelli più
strettamente sindacali (pensioni e stipendi) e pensiamo a temi quali l’autonomia didattica e
finanziaria, la riforma degli organi collegiali, la professionalità non riconosciuta e quindi non
premiata, ma mortificata, dei docenti, le mancate assunzioni, il caos sulle abilitazioni, o il
“semplice” passaggio alla gestione on line del personale e (senti senti!) anche della didattica
(libri solo on line, ora le tracce per gli esami di Stato solo on line…) ecc.ecc. E invece, niente.
Di questo non si parla. Quotidiani e Tv si riempiono invece ora del grande nondibattito sulla
nonriforma Gelmini, ora delle punizioni, ora degli insegnanti picchiatori, ora dei dirigenti
picchiati, ora degli edifici “sgarrupati”, ora della salvifica LIM (lavagna interattiva
multimediale), ora del valore legale del titolo di studio e, finalmente – poteva mancare? –, del
decisivo tema dei compiti a casa…
Appunto: mentre la nave va per fatti suoi e nessuno sa più dove, in attesa dell’immancabile
naufragio, continuiamo a ballare sulle note di temi imposti dall’esterno, captate da radio di
bordo mal sintonizzate, con cui i naviganti sperano di captare qualche segnale utile alla
navigazione.
Ma niente. La radio trasmette le note della vecchia canzone sui compiti a casa.
Eppure, novelli e un po’ ridicoli Rogger Rabbit, non ci possiamo sottrarre. E il ballo ricomincia…
Una piccola silloge
In Francia i genitori protestano contro i troppi compiti a casa? Bene. Anche da noi riscopriamo
il problema, come se mai ce ne fossimo occupati. E sentiamo giornalisti e ministri i quali
scoprono, avendo “sentito” mogli insegnanti e figli alunni, o amici di mogli e figli, che il
problema dei compiti a casa non solo esiste, ma è urgente, e quindi è bene che gli insegnanti
si aggiornino! come se gli insegnanti non si misurassero con tale questione tutti i giorni
dell’anno scolastico.
Non è curioso? Invece di chiedere, semmai, modestamente, ministri e giornalisti, come si
regolano gli insegnanti di fronte a bambini e ragazzi che spesso e volentieri non solo non
“fanno i compiti”, ma non fanno niente, mentre nessuno si preoccupa di loro tranne gli
insegnanti stessi, si passa subito a dare suggerimenti e ricette, e poi si saluta cordialmente in
attesa del prossima “scoperta”.
Dice Mariella Nava, dell'Associazione genitori democratici: «Ma per cambiare deve cambiare la
testa degli insegnanti, in questo senso ci deve essere un investimento del governo» (Marina
Cavallieri , la Repubblica del 5 aprile 2012).
Il ministro Profumo dice: «Se oggi si dà una versione di greco o latino, mi racconta mia moglie
che è insegnante, quasi sempre la traduzione si trova su internet. C'è anche un sito
specializzato, basta inserire tre parole... Insomma, dobbiamo essere più "smart" dei ragazzi»…
Le proposte del ministro prevedono più lavoro di squadra, meno studio solitario, una maggiore
possibilità per i ragazzi di cooperare intorno ad un progetto, magari con i loro linguaggi e le
nuove tecnologie: «Un po' più di complessità, un po' più di connettività, lavoro da fare in parte
insieme, in parte ognuno a casa sua, anche con orari più flessibili». La riflessione di Profumo
parte dal fatto che gli studenti hanno molte fonti di informazioni, internet…, una mole di notizie
in cui però si possono perdere e che invece devono imparare a controllare. Quindi i compiti
devono servire a capire come selezionare le informazioni. Ben scavato, vecchia talpa!
Concita De Gregorio scrive: “Sono perciò incline, dopo 15 anni di sempre meno efficace difesa
dei vecchi metodi, a dar ragione a Profumo: un po' meno versioni, un po' più di disponibilità all'
ascolto del mondo in cui i nostri figli vivono. Sempre che una generazione di insegnanti
invecchiati denigrati e sottopagati sia messa in condizione di aggiornarsi. Sempre che si faccia
posto a nuove figure di docenti più giovani e digitalizzate, in grado di essere riconosciuti come
autorevoli dai ragazzi…. Che resti spazio per le tabelline, chiederei infine, per qualche poesia a
memoria, per declinazioni e consecutio… (ivi).
Per fortuna Marco Lodoli nota che “Spesso i ragazzi non hanno nemmeno i libri, vengono a
scuola con un quaderno stropicciato e una penna smozzicata, a casa non hanno situazioni
tranquille, non hanno nemmeno una cameretta dove studiare in santa pace. I professori
provano ad assegnare i compiti, ma in breve tempo capiscono che è come parlare al vento.
«Avete ripassato Leopardi, avete studiato la Prima Guerra Mondiale? Avete completato gli
esercizi di matematica?», e i ragazzi guardano i prof con aria stupita, come se venisse chiesto
qualcosa di assurdo. Stanno a scuola fino alle due e mezza del pomeriggio, poi salgono su tram
e autobus, scendono e prendono altri tram e autobus, arrivano a Tor Bella Monaca o alla
Borgata Finocchio alle quattro e non hanno ancora pranzato. I compiti a casa per loro sono un
impegno impossibile. Spesso devono aiutare le madri, badare ai fratellini …. Fanno fatica anche
solo a immaginarsi da soli, chiusi in un silenzio, sono figli della confusione, del rumore, delle
televisioni sempre accese e di Facebook sempre all'opera. Quando finisce la scuola, per loro
inizia il mondo. Per questo bisogna fare tutto a scuola” (ivi).
E Benedetto Vertecchi ha modo di precisare che “La situazione italiana è molto diversa (da
quella francese). L'orario di funzionamento delle scuole coincide sostanzialmente con l'orario
delle lezioni. Non c'è tempo per svolgere tutte quelle attività che altrove sono parte
dell'esperienza quotidiana….
Per di più, il tempo limitato di permanenza degli allievi nella scuola costringe gli insegnanti a
far svolgere a casa, spesso con pregiudizio per la qualità dell'apprendimento, l'applicazione di
quanto è stato oggetto delle lezioni”.
Un aureo libretto
Noi intanto siamo qui, sulla nave scuola. A prendere lezioni anche dal prudente – e speriamo
che tale resti - ministro Profumo… Ricordiamo, però, che qualche anno fa, sempre dalla
Francia, venne un aureo libretto che si intitolava proprio I compiti a casa. Genitori, figli,
insegnanti: a ciascuno il suo ruolo (Feltrinelli, Milano 2002, pp.118 € 9,00). L'autore, Philippe
Meirieu, direttore dell'Institut National de Recherche Pédagogique, affrontava in modo diretto
quello che definiva uno dei problemi cruciali della scuola: quale rapporto debba esistere tra
lavoro svolto in classe e lavoro svolto a casa dagli alunni. Lo faceva con un testo agile, di facile
comprensione, pieno di un buon senso, che si rivolgeva agli insegnanti tanto quanto ai
genitori.
Non c'è ordine di scuola, famiglia, insegnante – notava opportunamente - che non abbia
dovuto affrontare il problema dei "compiti a casa". Ma quasi mai questo momento di contatto
scuola-famiglia è stato oggetto di una riflessione comune tra i due soggetti. L’A. suggeriva di
impostare così la questione, ed esaminava luoghi comuni, atteggiamenti diffusi, errori. "I
compiti si fanno a casa, qui si sta attenti!" dice la maestra o il professore. Ma a casa che
succede? "Sono dieci volte che ti chiedo di spegnere la tv e di andare a fare i compiti"."Ma tu,
vieni in camera mia e mi aiuti?". "No. Devi imparare a studiare da sola". Oppure: "domani ho
un'interrogazione di storia". "Domani…? e ti metti a studiare adesso?". Oppure ancora: "Devo
studiare storia". "Bene, leggi paragrafo per paragrafo e cerca di memorizzarlo…poi me lo
ripeti". E così via.
Rimproveri, esortazioni tradizionali. Ma, ricordava l'A., l'apprendimento non è riducibile alla
semplice ricezione di informazioni o di nozioni che poi possono essere "ripassate" o ripetute.
Che cosa significa "imparare la lezione"? Solo leggere? E quante volte? con quali strumenti
(matite, appunti, evidenziatore…)? e quando si capisce se la lezione è stata imparata? quando
si sanno definire i termini, quando si sanno usare in altro contesto o, al contrario, quando si sa
dire la stessa cosa in altri termini? Veramente si può lasciare ai genitori il "compito" di dare
queste risposte? Il buon senso, e l'A., dicevano di no. Occorre la competenza di un
professionista dell'apprendimento (guarda guarda!). E aggiungeva: la confusione dei ruoli tra
chi è dominato da un coinvolgimento affettivo e chi ha il compito di insegnare delle tecniche, è
negativa e non aiuta affatto a raggiungere il risultato. Il primo compito dei genitori per
sostenere i propri figli nello studio a casa, dunque, è "agire affinché…gli insegnanti diano più
spazio in classe a insegnare come si fa a imparare la lezione, a svolgere un compito, a
ripassare" ecc. Sta a loro aiutare bambini e ragazzi a organizzare il proprio tempo e ad affinare
la propria strumentazione, invece di "accontentarsi di sancire successi e fallimenti". Ai genitori
resta il compito, non meno complesso e non meno disatteso, di dare fiducia, dare ascolto nei
momenti delicati. Una corretta collaborazione, insomma, nella distinzione dei ruoli ma nella
comune assunzione di responsabilità educativa.
Quali compiti?
Era il 2002. Ma potremmo tornare ben più indietro nel tempo. Chi volesse potrebbe rileggere le
Esperienze pastorali di Lorenzo Milani, ad esempio, o Un anno a Pietralata di A.Bernardini ecc.
ecc. la verità è che passano gli anni ma la situazione non cambia. I lettori di quei libri sono
sempre stati pochi, checché ne dica la Mastrocola (cfr. Togliamo il disturbo, Guanda 2011).
Cambiano, però, le condizioni, gli strumenti, gli ambienti di apprendimento.
A maggior ragione, sulla spinta delle novità materiali che interessano giovani e ragazzi, si può
parafrasare oggi il celebre motto relativo al tempo pieno – pieno sì, ma di che? – dicendo:
compiti a casa sì, ma per fare che? Ha poco senso, infatti, dividersi secondo il costume italico
tra favorevoli e contrari. E’ inutile chiedersi se hanno ancora senso i vecchi compiti ripetitivi di
cui la scuola è storica distributrice (come, per altro verso e luogo comune lo è di voti, pagelle,
note e quant’altro l’armamentario tradizionale è venuto depositando: orecchie d’asino,
punizioni, bacchettate, segni blu e rossi ecc.), perché quelli non l’hanno mai avuto. La
domanda è piuttosto quali compiti la scuola può e deve assegnare. E la risposta non può che
essere: “dipende dalla didattica”, ovviamente. A didattica vecchia, nozionistica, tradizionale
corrispondono a monte finalità vecchie – classiste, selezionatrici ecc. - ; e a valle compititortura, ripetitivi, sempre meno capaci (se mai lo furono in passato…) di resistere ai richiami di
stimoli formidabili provenienti da tutte le parti del mondo e da tutte le pareti di casa e del fuori
casa: dalla ormai vecchia Tv alle suggestioni di facebook alle pratiche assillanti e
onniassorbenti delle chat, degli I Pod, dei cellulari di ultima generazione.
Non c’è scampo, non c’è compito che tenga, ma, più in generale, non c’è scuola che tenga di
fronte a cotanti stimoli, come sanno ormai almeno due generazioni di docenti (già, perché i
docenti, lo creda o no questo o quel ministro, questo o quel giornalista, questo o quel genitore
ecc.) non sono sempre e tutti quei vecchi babbioni che si vorrebbe far credere, ai quali
chiunque e sempre può dire che sono inadeguati, impreparati, poco aggiornati ecc.)
Ma il discorso non si può chiudere qui. Perché c’è – ci può, ci deve essere e c’è stata sempre –
un’altra scuola, un’altra didattica e quindi un altro tipo di compito. In generale si potrebbe dire
che a didattica (e quindi a scuola) buona, interessante, utile e bella corrispondono compiti
altrettanto interessanti, utili e belli. Come le tasse: tutto sta a capire a cosa servono e a non
superare una certa soglia… E però il discorso si farebbe lungo. E rischioso, anche. Perché chi
pensa che i compiti siano sempre troppi, in fondo in fondo pensa anche che la scuola sia
sempre troppa. Salvo poi lamentarsi quando la mancanza di scuola – e di compiti – viene
riempita da paurosi vuoti culturali che si traducono in prezzi sociali salatissimi: isolamento di
ragazzi e adolescenti abulici o bulimici, cui corrispondono aggregazioni spontanee all’insegna di
comportamenti violenti ecc.; la mancanza di scuola, la riduzione del tempo scuola,
l’impossibilità o l’incapacità di trovare spazi autonomi di costruzione del sé attraverso la
lettura, lo studio, l’applicazione a un “compito”, apre praterie immense e le mette a
disposizioni di altri principi educativi, spesso criminali o criminogeni, determina un generale
calo di interesse per ogni forma di attività culturale, sociale, politica ecc.
Tout se tient
Dicendo questo non andiamo fuori tema: è illusorio parlare solo di una cosa, come se fosse
isolabile dal contesto: compiti, scuola, didattica, insegnanti, investimenti, missione sociale
ecc.: tout se tient.
Ma, attenzione: è vero che non sono compiti – e scuola – tradizionali che possono contrastare
queste derive: serve al contrario una scuola capace di dare compiti all’altezza delle aspettative,
capaci di suggerire sfide interessanti alle menti di bambini e adolescenti dotati di strumenti
potentissimi, che non sanno come utilizzare. Non c’è docente, caro ministro, cari giornalisti e
cari genitori, che non abbia ben capito che la nuova frontiera sta proprio nel costruire le
competenze necessarie a selezionare tra le innumerevoli fonti disponibili a qualunque bambino
o ragazzo, quelle realmente utili a costruire conoscenza e consapevolezza critica da adoperare
da soli nello svolgimento di altre attività, quando queste siano possibili, autonomamente
condotte. Non sta qui, in fondo, il passaggio dal compito che ha finalità addestrative allo studio
vero e proprio che ha dimensioni e finalità ludiche?
E’ per questo che serve quell’altra scuola, quell’altra didattica e quindi quegli altri compiti. Vale
a dire quel tipo di attività di ricerca, di selezione, di riflessione che si svolge “assieme”, in
“compresenza” tra docente e discente, prima e per favorire l’interiorizzazione di nozioni,
conoscenze, valutazioni, consapevolezza critica. Ma allora servono risorse, tempi scuola diversi
(flessibili, ministro, può anche significare “più lunghi”!) e anche quegli altri insegnanti, quelli
capaci di proporre sfide, di porsi come guide intellettuali, di contrastare le mode, i luoghi
comuni, di mostrare che l’individuo alfa, il leader, non è necessariamente sempre il più grosso,
il più violento, il mister col fischietto. E anche questi ci sono già. Il problema è come
individuarli, premiarli e metterli in condizione di essere loro elementi di “aggiornamento” e
formazione per gli altri.
Buoni genitori e buoni insegnanti
La scuola deve sapersi porre come sfida intellettuale per le menti dei giovani, deve saper dare
compiti-sfida: solo così può contrastare il nulla che avanza. Una volta si chiamava scuola
attiva. La si può chiamare come si vuole, ma è sempre quella… Negli anni 80, seri tentativi in
questa direzione furono compiuti nella scuola di base e media attraverso lo sviluppo di
esperienze di tempo pieno e di tempo prolungato, nelle quali il ricorso ai tradizionali compiti a
casa era superfluo, svolgendosi la maggior parte delle attività conoscitive e di studio
direttamente a scuola. Purtroppo, quelle esperienze furono condannate a finire, guarda un po’!
proprio per mancanza di investimenti!
Quanto ai genitori che si ribellano al peso dei compiti, si potrebbe distinguere: genitori “buoni”
che si ribellano a compiti – e scuola - cattivi; genitori “cattivi” che si ribellano a compiti – e
scuola – buoni. Ai secondi si può consigliare uno psicologo (buono) che possa spiegare, a
proposito di impegno, quanto sia poco produttivo per i ragazzi correre da un’attività sportiva o
culturale all’altra, in mancanza di un principio educativo unificante che non sia la superficialità.
Ai primi, non può che andare la solidarietà dei “buoni” insegnanti, anche contro gli insegnanti
cattivi e la cattiva didattica, e al massimo si può suggerire di rileggere le ultime frasi di quel
libro straordinario che è Le città invisibili di Italo Calvino: “Due modi ci sono per non soffrire
(dell’inferno di tutti i giorni). Il primo riesce facile…: accettare l’inferno … fino a non vederlo
più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper
riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio”.
Ma qui il discorso potrebbe cominciare da capo: come si fa a scegliere “buoni” insegnanti? E’
fatale rassegnarsi all’idea che l’unica soluzione sia la scelta di una scuola privata (a
pagamento) lasciando che la scuola pubblica resti il regno degli insegnanti “cattivi”, o non è più
conveniente investire sulla formazione di insegnanti “buoni” per tutti?
Già. Ma l’impressione è che, dalla nave scuola, parliamo al vento…
p.s. un cartello su una vetrina diceva: “ti serve una mano con lo studio? Laureata in psicologia
(con lode) impartisce lezioni private a bambini e ragazzi di scuola primaria e secondaria”.
Come volevasi dimostrare…
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2012 07 Maggio 2012 NOTIZIARIO DS