ARTE, STORIA E CULTURA
NEI CORTILI DI BESOZZO
25 maggio - 26 maggio 2013
m
PRO LOCO
BESOZZO
Comune
di Besozzo
museo
amici bodini
Comune
di Gemonio
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La manifestazione è stata curata dalla Proloco Besozzo
Si ringraziano:
-i proprietari per aver messo gentilmente a disposizione i cortili delle case: Bossi, Castiglioni, Pajetta, Contini e Locchi
- L’amministrazione comunale per l’utilizzo del Palazzo Comunale e del cortile del CFP.
- La parrocchia nella persona del decano Don Sergio Vegetti per il Santuario dI San Nicone.
- Il Sig. Alberto Pellegrini per la Torre Longobarda
- Le decorazioni floreali sono state curate da Floricultura Roncari, Monverde, “il Giardinie-
re” di Bragutti, “La Fioraia” Debora.
- L’impianto di illuminazione è stato realizzato dalla ditta
- Particolarmente l’assessore alla cultura dott. Gianceleste Pedroni
- Il Museo Civico Bodini di Gemonio
- L’ associazione “Amici del Museo Bodini”
- L’addetta stampa Serena Pedroni
- Un grazie speciale alle associazioni che presidieranno i cortili durante l’evento:
CRCB di Bogno, Auser, Alpini Bogno, Proloco Besozzo, Insieme nel futuro
- Tutti gli Sponsor. Solo grazie a loro è stato possibile realizzare l’evento
Le schede dei cortili sono corredate da una pianta di Besozzo, tratta dal catasto Teresiano
del Settecento, con evidenziato in colore l’ubicazione dell’edificio, e da uno spaccato con il
dettaglio della situazione topografica attuale.
Di questo nobile centro del Varesotto colpisce il patrimonio architettonico particolarmente ricco: i palazzi patrizi che risalgono alle varie epoche attraverso le quali si
è svolta la storia di Besozzo, le strade suggestive del borgo feudale, il “centro sacro”
attorno al quale si snoda come a semicerchio la strada principale.
Vivificare il centro storico grazie alla rassegna che vede presenti alcuni tra i maggiori artisti contemporanei è certamente frutto dell’intelligente attenzione di Besozzo
verso la propria storia: i cortili rivisitati attraverso gli itinerari della mostra di opere
d’arte è non solo un’iniziativa dove l’arte si sposa con la storia, ma anche e soprattutto
una suggestiva passeggiata nel proprio patrimonio di cultura.
Auguriamo che il successo del “maggio d’arte” sia per Besozzo il segno di una ripresa
del ruolo di centro vivo e attivo che ha avuto nel passato, e che l’esposizione di opere
d’arte divenga un punto di riferimento per pregio e qualità delle opere esposte.
Pro Loco Besozzo
Osteria del Sass
Sabato 25 - Domenica 26 maggio
Menù Maggio d’arte
dalle ore 11.00 alle ore 23.00
Piatto freddo di formaggi e salumi della Valcuvia + 2 calici
€ 15,00
Risotto con formaggella del luinese e asparagi di Cantello,
terrina di pesce di lago, latte in piedi di capra al timo
menù + 2 calici€€ 28,00
in collaborazione con l’Azienda vinicola
Cascina Ronchetto - Morazzone (VA)
info e prenotazioni: OSTERIA DEL SASS, VIA S.ANTONIO 17 - BESOZZO
Tel. 0332771005 www.osteriadelsass.it - [email protected]
PROGRAMMA della MANIFESTAZIONE
Sabato 25 Maggio
Domenica 26 Maggio
ore 16.00
Apertura dell’evento
Concerto di primavera a cura della
“Filarmonica di Besozzo”
dalle ore 10.00 alle 21.00
Studenti del Maestro Enrico Groppo
del Conservatorio Giuseppe Verdi di
Torino.
ore 18.00
Spettacolo teatrale - Compagnia
Teatrale “Attori per caso” 2011
Medley
ore 18.30
Apertura stand gastronomico con
musica Dj set con Tibe
Davanti al Palazzo Municipale
laboratori per bambini
Palazzo Comunale
Casa Bossi
ore 16.30
Bianca Procino - violinista Conservatorio G. Cantelli, Novara
Casa Contini
ore 17.30
Luciano Franzetti - Mandolino e
chitarra, folk popolare.
Chiesa S. Alessandro e Tiburzio
ore 21,00
Concerto d’organo a cura della fondazione Giuseppe e Giuliana Ronzoni in ricordo di Don Sandro Dell’Era
e Dott. Massimo Sartorio organizzato da Marco Cadario.
Santuario S. Nicone
dalle ore 12.00
Stand gastronomico aperto NON
STOP
fino alle 22.00
Musica Dj set con Tibe
Casa Contini
dalle ore ore 10.30
Luciano Franzetti - Mandolino e
chitarra, folk popolare.
Palazzo Comunale
ore 15.00
Scuola Civica di Musica
Orchestra di archi e solisti
ore 17.00
Spettacolo teatrale degli allievi
Under 17 dell’ Associazione della
Compagnia Duse di Besozzo diretto
da Silvia Sartorio “Il labirinto di
Alice” “Piccole follie”
Arte, Storia e Cultura nei
Cortili di Besozzo
Casa Bossi
ore 18.30
Lorenzo Bertocchini - Voce, chitarra
e armonica
Palazzo Comunale
ore 20.30
Spettacolo teatrale a cura dell’ Associazione della Compagnia Duse di
Besozzo diretto da Silvia Sartorio.
Allievi del Corso avanzato
“Tutto è bene quel che finisce bene”
di W. Shakespeare
Le esposizioni nei cortili rimarranno aperte nei seguenti giorni:
Sabato 25/05
dalle ore 16.00 alle 21.00
Domenica 26/05
dalle ore 10.00 alle 21.00
Casa Contini: Rod Dudley
Casa Bossi: Mattoni - Berg
Casa Locchi: Bickler
Palazzo Comunale: De Bernardi Paganin - Pelizzoli
CFP: Ferrari- Pedroni
Installazioni dei ragazzi del CFP
S. Nicone: Lina Del Pero
Casa Pajetta: brevi racconti
In caso di maltempo l’evento non sarà rinviato ma solo ridotto in base alle esigenze.
Tutte le mostre e gli appuntamenti in programma sono a ingresso gratuito.
Per informazioni: Infopoint Proloco di fronte al Palazzo Comunale
srl
Tipo
Tipografia
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Palazzo Comunale
L’attuale palazzo comunale era nel
Settecento residenza di uno dei più
ricchi rami della famiglia Besozzi e
il catasto di Maria Teresa indica che
apparteneva a Don Giovanni Andrea
Besozzo, figlio di Francesco, il quale
possedeva in Besozzo beni e terreni
che raggiungevano 902 pertiche.
Il palazzo veniva indicato tradizionalmente come casa Besozzi Maggi e nelle memorie del
canonico Rabaglioni del 1874
si legge che un Maggi la lasciò
ad un suo servitore di nome
Bianchi. Dai Bianchi passò in
eredità ad Antonio Cerini;
divenne infine proprietà comunale agli
inizi del Novecento e da allora
ospita la sede del municipio.
La casa è posta alla confluenza tra la via
Mazzini un tempo chiamata “contrada nuova”, e la via Domenico Adamoli
che scende verso Besozzo inferiore. Ha
conservato quasi inalterato il suo aspetto originario, quale si rivela dalle mappe
settecentesche.
Tre corpi di fabbrica ad U circondano il
raccolto cortile, al quale si giunge per
l’ampio portale d’ingresso, sormontato
da un balconcino che si ripropone anche
nella facciata interna, sopra l’androne. Il
cortile presenta oggi alcune peculiarità:
porticato sui tre lati con colonne tuscaniche, curiosamente sul lato destro viene
raddoppiato, presentando così un ampio
androne, aperto verso strada; murato è
uno stemma Besozzi..
Sul lato opposto uno scalone sale al piano superiore; mentre sotto il portico del
lato principale sono alcune lapidi storiche.
Una lapide scoperta nel 1909 ricorda i
Besozzesi partecipanti alle guerre risorgimentali ed una, dello scultore Cerini di
Arcumeggia, è posta ad onorare la memoria dei coniugi Lucia Prinetti e Domenico Adamoli.
Altre ricordano Giuseppe Garibaldi e due
più recenti, il contributo alla resistenza.
In un angolo è posta un’importante ara
romana dedicata alle Matrone, che fu già
nota all’umanista Ciriaco d’Ancona.
Questa ara si trovava originariamente al
Castellaccio di Brebbia superiore e fu
portata qui dai Besozzi-Maggi.
Paolo Pelizzoli
Scultore
Paolo Pelizzoli nasce a Varese il 30 agosto 1967 vive a Taino. Autodidatta.
All’inizio degli anni 90 si avvicina alla scultura, realizzando i suoi primi lavori
su commissione di privati ed enti religiosi restando fedele alla tradizione classica
e fortemente impressionato dalle opere dei grandi maestri del passato esegue le
sculture con la tecnica dell’intaglio diretto. L’opera gli nasce dal cuore.
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Rainville)
Costellazioni familiari sistemiche
Sedute di Fisiochinesiterapia (FKT)
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Casa Locchi (ex Piola)
Il Palazzo, situato nell’antica contrada
di S. Antonio, apparteneva negli
ultimi decenni del Cinquecento a
Bartolomeo Luvino, che vi risiedeva
con la famiglia. Probabilmente a lui
si devono i riattamenti tardo cinquecenteschi ancora evidenziati dal bel portale
d’ingresso sovrastato dallo
stemma della famiglia Luvini o
Luini.
Nel catasto Teresiano di
metà Settecento la casa appare
ancora di proprietà Luini, di
Carlo e Antonio, mentre una
porzione era di Carlo Peruccone.
I Luini manterranno poi la
proprietà per tutto il Settecento.
Nell’Ottocento la dimora passa ai Garavaglia, prima a Carlo, nel 1832 e poi ai
figli. Dopo diversi passaggi è pervenuta
negli anni Quaranta alla famiglia Piola;
oggi appartiene ai signori Locchi.
Rimane, a caratterizzare il raccolto cortile, il porticato sul lato opposto all’ingresso, su quattro colonne in granito,
ripetuto nel loggiato superiore, e che si
prolungava sul lato destro, ora murato,
Nell’appartata via S. Antonio, già contra- ma ancora chiaramente individuabile
da di S. Antonio, spicca per la sua monu- dalle cinque colonne terrene.
mentalità il portale d’ingresso dell’antica
casa Luini, elegante opera con bugnatu- A sinistra un muro divide le altre prore raggiate sormontato dallo stemma in prietà sorte successivamente.
ovale della famiglia, ad evidenziare l’al- All’esterno sono ancora da notare l’eleto grado di prosperità economica nonchè gante smusso angolare in conci regolari
il gusto raffinato che la committenza di pietra per facilitare il giro ai carri delpossedeva a fine Cinquecento.
lo stretto angolo retto della strada e, sul
lato destro del palazzo, le belle finestrelIl cortile interno, pur mantenendo inalte- le polilobate.
rati i volumi e gli spazi antichi, ha subito
modifiche tra Ottocento e Novecento.
Dietrich Bickler
Pittore
L’artista alsaziano Dietrich Bickler da quasi trent’anni abitante a Cardana di Besozzo
ha al suo attivo oltre 120 mostre personali in Italia e all’estero. Le sue opere fanno parte
di collezioni private in Europa e negli U.S.A. Bickler è conosciuto per i suoi olii di
paesaggi mediterranei, per le vedute di grandi città nonchè per i suoi disegni sarcastici
sulla cosiddetta “fauna umana”.
Nel 1982 il Museo Regionale di Darmstadt acquista tre olii di Bickler. Nel 1997 l’Editore Nicolini pubblica il libro “Gente che si racconta” con 45 disegni e storielle agrodolci
dell’artista. Nel 1999 il Centro Ricerche Europeo di Ispra invita l’artista per una mostra
personale in rappresentanza della Germania durante il semestre tedesco.
Nel 2000 i Comuni di Orta e di S.Zenone Po commissionano dei Murales a Bickler che
riscontrano molto successo.
Rappresentato dalla Galleria Eleuteri di Roma, nel 2011 ha partecipato alla “Biennale
d’arte Internazionale” di Istanbul.
Nel 2011 la Casa Editrice Albatros di Roma pubblica il suo romanzo “L’ultimo ballo di
Relkib”, storia d’amore intensa e crepuscolare sulle rive del Lago Maggiore.
Fotomania
In Liguria
Sala lettura
GIOVANNI PAGANIN - LUNGO LA LINEA DEL RITRATTO
Esposizione dal 25 Maggio al 15 Giugno 2013
somatici tipici di quel carattere, di quella perIntervista a cura di Daniele Astrologo a
Patrizio Paganin
sonalità.
DA - Caro Patrizio, questo selezionato nu- DA - È stato proprio Testori a riconoscere cercleo di ritratti rappresenta l’occasione per te qualità plastiche espresse da Paganin e lo
ripercorrere assieme i rapporti di amicizia ha fatto in occasione della mostra al Milione:
intrecciati da tuo padre nel corso degli anni «Qui la capacità d’intuire, attraverso una fidella sua prolifica carriera artistica. Desidero sionomia particolare, una condizione generale
iniziare con quella coppia di sculture datate dell’esistenza, mi sembra davvero superba, e
ai primi anni Sessanta: Giovanni Testori ed altrettanto la libertà con cui la forma apre e
chiude di continuo, in un groviglio interno di
Ernesto Treccani.
PP - Mio padre si interessa al ritratto in tre nodi materici, la storia privata del singolo perepoche distinte. Nell’immediato dopoguer- sonaggio per trovarne il valore che la dispone
ra, tra il 1945 e il 1947, quando realizza una sul piano dell’universo».
serie di teste, che non sono ritratti, perché PP - Giovanni Testori è stato il primo ad indimancano di connotati somatici specifici, viduare la capacità di mio padre di “artigliare”
nelle quali è prevalente l’interesse per la ge- la psicologia del personaggio, le sue fattezze
ometria della figura umana, o, più precisa- fisiche e a metterlo a nudo così a fondo da farmente, della testa. In seguito, nei primi anni lo sentire a disagio.
Sessanta realizza una serie di ritratti che DA - Analisi confermata nel saggio pubbliverranno esposti alla Galleria del Milione cato per la mostra alla Rotonda della Besana,
(Milano) nel 1963 e di questa serie fanno dove scrive: «L’occhio, ecco, di Paganin riveparte i ritratti di Giovanni Testori ed Ernesto la d’essere come la zampa d’una belva amica
e nemica; guarda gli amici (o anche i nemiciTreccani.
DA - Di Giovanni Testori è anche la prefa- amici e persino i nemici); e nel guardarli li
zione al catalogo di questa mostra personale azzanna. Quel che resta dentro le sue dita, se
e per l’occasione elabora un testo accurato lo porta a casa; e da lì comincia». Nel citare
sul piano storiografico e teorico. Tuttavia, il questo scritto, nel ricordare questa mostra, enrapporto con questi due protagonisti dell’ar- triamo a parlare dell’ultima stagione.
te e della cultura italiana è riconducibile a
molti anni prima.
PP - Certo, con Treccani andiamo agli anni
di Corrente, attorno al 1940, quando Giovanni Paganin viene invitato ad esporre alla
personale allestita alla Bottega di Corrente
(Gennaio 1941), con presentazione di Duilio
Morosini. Mentre con Testori andiamo al dopoguerra, nel 1946, quando firmano assieme
il celebre Manifesto Oltre Guernica. Stiamo
comunque parlando di amicizie importanti,
che dureranno tutta la vita. Lo testimonia il
fatto che nel corso degli anni mio padre realizza altri ritratti sia dell’uno che dell’altro.
In oltre non va sottovalutato che non sono
ritratti su commissione e sono spesso realizzati a memoria, all’insaputa degli amici. Il
Esempio di “Testa di Luna” 1945-1946, gesso
suo interesse è tutto rivolto a cogliere i tratti
PP - Sì, la terza stagione va riferita a quei ritratti realizzati per essere esposti nella grande
mostra alla Rotonda della Besana organizzata dal Comune di Milano ed inaugurata nel
1978. È stata un’importante retrospettiva su
tutta l’attività di mio padre, nella quale furono
esposti diversi ritratti. Una galleria dedicata ai
cosiddetti “Amici di Paganin” che culminava
con un ritratto a figura intera di Testori, intitolato Il compagno di strada.
DA - Tuttavia, come confermano le parole di
Testori, tra i soggetti ritratti non ci sono solo
delle amicizie. Lo stimolo a ritrarre, lo abbiamo già detto, può essere motivato da un certo
rapporto umano oppure dagli interessi plastici suscitati da quella particolare testa. Il mio
pensiero va al caso emblematico di Giorgio
de Chirico.
PP - Sì, in effetti non mi risulta che tra mio padre e de Chirico ci fosse stata un’amicizia. So
per certo che la ragione di quel ritratto va cercata nell’ambito degli interessi formali. Paganin apprezzava molto la testa di de Chirico, i
suoi volumi, la sua conformazione anatomica.
La fascinazione non è stata per il personaggio
ma per squisite ragioni estetiche.
DA - Mi pare di cogliere la stessa ragione nella figura di Raffaele Carrieri.
PP - Nel caso di Carrieri si possono riconoscere delle analogie plastiche. Va tuttavia
aggiunto che col poeta, critico d’arte ci fosse anche un rapporto di amicizia. Desidero
ricordare l’interessante articolo dove Carrieri insiste proprio sulla qualità plastica delle
teste ispirate alla scultura egizia e come tali
senza riferimenti somatici precisi. Il titolo di
Raffaele Carrieri, 1976, gesso patinato, cm. 33x20,5x24,5
Archivio Giovanni Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
quell’articolo, pubblicato su Epoca nel 1957,
è Paganin ha messo la luna in un sotterraneo,
ma qui torniamo a parlare della prima stagione.
DA - Altro artista noto e qui ben rappresentato
è Renato Guttuso, con cui ....
PP - ...ha avuto un rapporto abbastanza continuativo, benché Paganin risiedesse a Milano e
Guttuso a Roma. Si erano conosciuti nell’immediato dopoguerra, quando Guttuso, già
artista militante e politicamente impegnato
con il partito comunista, era arrivato in quella
Milano, che era appena uscita vittoriosamente
dalla clandestinità, dopo la Liberazione, dove
si respirava un fermento febbrile e creativo;
era allora, Milano, la città dell’industria, delle
case editrici, dei giornali nazionali, ma anche delle gallerie. Poi Guttuso era tornato a
Roma, ma mio padre l’incontrava ogni volta che andava a Roma. E poi avevano amici
comuni, come Morlotti, come Testori, che in
quei primi anni del dopoguerra faceva il pittore, come Giovanni Pirelli, fratello di Leopoldo e scrittore.
DA - Ti ringrazio per questo breve ma significativo excursus che ci ha permesso di cogliere il valore assunto dal ritrarre nell’arte di
Giovanni Paganin, un collante efficace perché
giunge a unire gli interessi creativi con i rapporti umani. Il ritratto testimonia e documenta un contatto, una certa vena espressiva. Si
desume una coerenza stilistica, un rigore nel
pensare, nel vedere, nel sentire la propria vita
senza entrare in contraddizione con se stesso
anche a costo di generare delle importanti frizioni con la realtà.
Giorgio de Chirico, 1975, gesso patinato, cm. 35,5x17x25
Archivio Giovanni Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
Giovanni Testori, 1962, gesso naturale, cm. 47x24x23
Archivio Giovanni Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
Ernesto Treccani, 1963, gesso naturale bianco, cm. 34,5x20x21
Archivio Giovanni Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
Renato Guttuso, 1976, gesso bianco, cm. 39,5x18x24,5
Archivio Giovanni Paganin Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
Alberico Sala, 1976-77, gesso patinato, cm. 30x17,5x21,5
Archivio Giovanni Paganin / Museo Civico Floriano Bodini
MUSEO CIVICO
FLORIANO BODINI
AVAMPOSTO DELLA CULTURA
Il Museo Civico Bodini sorge a Gemonio in una tipica cascina lombarda del
Settecento restaurata e rifunzionalizzata
dagli architetti Gianni Pozzi ed Annig
Sarian che si sono valsi anche dei suggerimenti e della sensibilità dell’amico
Floriano Bodini. Alla loro competenza e
cura si deve il rispetto per la tradizione
architettonica locale senza venir meno
ai requisiti richiesti da una sede espositiva. Inaugurato nel 2000, il Museo è
sede della collezione donata dallo scultore Floriano Bodini (Gemonio 1933-Milano 2005) al Comune di Gemonio. La
collezione consta di 400 opere circa e
comprende opere del Maestro che documentano le tappe della sua ricerca artistica a partire dagli anni Cinquanta, opere di artisti facenti parte del “Realismo
Esistenziale”, tra cui segnalo quelle di
Tino Vaglieri, Mino Ceretti, Gianfranco
Ferroni e Giuseppe Banchieri, e di artisti
che a tale gruppo si riconducono come
Alberto Sughi ed Augusto Perez. Vi sono
anche sculture facenti parte della storia
italiana quali Leonardo Bistolfi, Giusep-
pe Grandi, Paolo Troubetzkoy e Francesco Messina, maestro di Floriano Bodini
negli anni della formazione braidense.
Anche l’opera grafica gode di un fondo
cospicuo con gemme internazionali che
recano le firme di Fernand Léger, Georges Rouault, Graham Sutherland, senza
omettere la maestria di un Marino Marini
o di un Giuseppe Zigaina. Una collezione permanente destinata ad ampliarsi ed
arricchirsi con altre opere generosamente
donate da amici e collezionisti che hanno
visto nell’istituzione museale un avamposto della cultura in grado di proteggerla e diffonderla. In questi termini va letto
l’Archivio Giovanni Paganin, conservato
presso il Museo al fine di diffondere l’arte e la cultura di un altro grande maestro
della scultura italiana. Qui a Besozzo,
presso la “Sala Lettura”, è possibile apprezzare un selezionato numero di ritratti
in gesso raffiguranti i volti di Raffaele Carrieri, Giorgio de Chirico, Renato
Guttuso, Alberico Sala, Giovanni Testori
ed Ernesto Treccani…tutti pittori, poeti e
scrittori per creare un accordo semantico
tra l’arte di Paganin e un luogo di studio.
Per tornare a Gemonio, tra le mura del
Museo, il visitatore è invitato a seguire
un percorso espositivo che si sviluppa
in parte al chiuso su due piani, in parte
all’aperto, nella corte d’ingresso e nel
giardino delle sculture. Il centro ideale
di questo iter è costituito dal Lamento sull’ucciso (1961), opera cardine di
Floriano Bodini: alla ferma orizzontalità dell’ucciso risponde la verticalità del
vivo che esprime il proprio lamento col
braccio teso al cielo. Le mani e i piedi,
puntando in direzioni diverse, indicano
i possibili sentieri da percorrere, orientano il pensiero e lo sguardo del visitatore. Ma vi sono altre opere che meritano
attenzione: il Ritratto del fratello (1964)
e il Ritratto del padre (1965) scavano
nella materia per scovare e immortalare
emozioni e sentimenti a lungo vissuti nel
nucleo familiare, oppure il Crocefisso
(1957) compatto, chiuso per favorire lo
slancio ascensionale della forma anche
se trattenuta a terra da quel volto assorto
dal dolore. Tra le opere esposte sono da
ricordare i monumentali gessi preparatori
a I Sette di Gottinga per la città di Hannover, quello al Monumento al cavatore
per la città di Carrara e numerose altre
sculture che vanno viste ed apprezzate
lì dove sono, dove le ha volute Floriano.
Va infine ricordato il fondo librario che
conta su 3.500 volumi e 2.000 cataloghi
facenti parte della donazione di Bodini.
Si tratta di un patrimonio bibliografico
importante, specifico nel tema della pittura e della scultura, consultabile presso
la biblioteca, a disposizione degli studenti e dei ricercatori.
Fin qui s’è parlato della collezione permanente che, per quanto importante, non
basta a garantire la vita di un museo. Vi
sono anche le mostre temporanee e il
Museo Bodini ne ha organizzate numerose, molte delle quali specifiche sull’arte
della scultura: Lucio Fontana Attraversando la materia (2006), Anima Mundi
I marmi di Adolfo Wildt (2007), Marino
Marini gli archetipi (2008) oppure tra i
maestri del contemporaneo Antonio Re-
calcati L’impronta nella materia (2009),
mostra itinerante prima alla Sala Veratti
di Varese e poi alla Sala Mostre di Besozzo. Iniziative culturali importanti rese
possibili anche grazie al prezioso apporto
dei volontari. La loro generosa disponibilità ha garantito e garantisce la regolare
attività del Museo, aperto ad accogliere
nuovi volenterosi amici poiché ogni sede
culturale che si rispetti è anche un crocevia di rapporti umani per dialogare e
confrontarsi sui temi della vita.
Daniele Astrologo
Direttore Museo Civico Floriano Bodini
(Gemonio)
Bibliografia specifica
in ordine cronologico
Claudio Rizzi, Gemonio - Museo Civico
Floriano Bodini, Nicolini editore, Gavirate (Va), 2000
Daniele Astrologo, Museo Civico Floriano Bodini. Stratificazioni culturali in
«Percorsi e proposte di ricerca sull’arte»,
n. 8-9, anno VI, Varese Settembre 2008
Daniele Astrologo, Museo, metafora
d’identità in Enrico Crispolti (a cura di),
Il segno dell’anima nell’arte di Bodini,
Taccuino d’arte n. 7, Edizioni Amici di
Piero Chiara, 2010
Realizzato grazie al contributo dello
Studio Notarile Ferdinando Cutino.
Cortile principale - Lamento sull’ucciso 1961
Scuola Professionale
Sull’asse principale del paese verso
oriente, sulla strada per Cocquio, una
delle ultime case che si susseguono
ininterrottamente, è l’antico edificio
attualmente utilizzato come scuola.
All’inizio del settecento la casa è segnalata nel catasto teresiano al numero
684 come casa di propria abitazione di
don Camillo Tiburzio Besozzo, figlio
di Annibale.
In uno stato d’anime del 1731 la
casa appare infatti abitata dal
conte Tiburzio Besozzo e da altre
quattro persone.
Questo ramo Besozzi era uno
dei più antichi della famiglia: il
padre di Annibale, Teodoro, che
si fregiava del titolo di
fisico collegiato, visse
all’inizio del Seicento.
Il pronipote di Tiburzio, il nobile don
Carlo Besozzi, colonnello del Genio, che
aveva seguito la carriera militare sotto
gli austro-ungarici, vendette nel 1884 la
proprietà di via Mazzini al Comune, che
qui fissò la sede municipale e le scuole
elementari. Con Carlo Besozzi si estinse
questo ramo della famiglia. Seppur l’attuale destinazione a scuola ne ha in parte
degradato l’aspetto, l’edificio si presenta
ancora nella sua integrità come poteva
apparire nel secolo XVIII. La facciata
verso strada è ingentilita da due balconcini posti al piano superiore a lato del
portone. Superato l’androne lastricato si
entra nell’ampio cortile, sul quale prospettano i corpi di fabbrica disposti a L.
A sinistra, sul lato più lungo, si apre un
porticato a cinque arcate su colonne tu-
scaniche; due balconcini con ringhiera in
ferro battuto danno movimento al piano
superiore. Il lato orientale del cortile è limitato da una balconata che spazia sulla
sottostante vallata; una discesa porta ai
pianori inferiori adibiti a orti
Stili di vita differenti.. Ritorno alla campagna
installazione a cura dei ragazzi del C.F.P. Besozzo.
Prof. Tessaro Luciano
Antonio Ferrari
Besozzo fa scoprire un talento locale,
un pittore figurativo innamorato della natura
L’artista gioca in casa. Una personale che mette in luce l’abilità pittorica di Ferrari e la sua predisposizione per le scene di genere e i paesaggi. Classe 1939, i
suoi quadri hanno varcato le frontiere nazionali. Ha ricevuto importanti riconoscimenti ed è inserito nei volumi: “Rassegna dei pittori contemporanei 1973”
- “Dizionari dei pittori, scultori e incisori”. Osservando le sue opere, nella sua
prolifica attività, si giunge a dire che è un artista eclettico, ha affrontato senza
alcuna difficoltà, ma con amore e passione la natura nei suoi multiformi aspetti. Si
può dire che in ognuno di essi c’è un piccolo pezzo di cuore dell’artista. Sulle tele
di Ferrari si scopre il fascino della natura nel suo mutare a seconda delle stagioni.
Cambiano i colori, l’atmosfera si fa più calda in estate e in autunno per gelare
poi nel freddo inverno dove la neve ovatta i prati e gli alberi. Scene silenziose
e bianche o tripudi di colori; l’artista passa dai toni accesi della pittura ad olio
alla delicatezza di pastelli e acquerelli. Antonio Ferrari è un uomo senza tempo,
saggio, umile e profondo la cui umanità si estrinseca attraverso la sua pennellata
sapiente e disinvolta che sa comporre paesaggi affascinanti e pieni di speranza in
un mondo migliore.
Giovanni Pedroni
Il mondo in versi, pittura e musica
Pittore, poeta, musicista. Tre realtà che a Giovanni Pedroni si addicono perfettamente, facendo di lui un artista completo. La linearità del tocco e l’immediatezza
della parola costituiscono le caratteristiche peculiari che contraddistinguono la
pittura e la poesia di questo artista besozzese che opera in via Indipendenza 23.
Autodidatta dipinge fin dalla prima giovinezza traendo spunto da cascinali ed
interni rustici ove è cresciuto. Il mondo contadino che gli è profondamente connaturato, costituisce lo stimolo primario di questo artista. Grazie alle partecipazioni
a rassegne e concorsi, si è fatto conoscere da un pubblico sempre più vasto. Suona
fisarmonica, tromba, sax e si è esibito per sei anni nelle balere come tenore.Un’invidiabile completezza artistica!
Casa Pajetta
Le vicende antiche di casa Pajetta sono
strettamente correlate a quelle dell’
attigua chiesa di S. Antonio e
comunque sempre legate alla famiglia Besozzi. Nel 1408 abitava vicino
alla chiesa di S. Antonio, lungo la “via
pubblica”, in una “domus magna”, il
notaio Giovannolo Besozzo. Certo è
che la casa, segnalata nel Cinquecento
come casa del cappellano, dal
1581 viene a far parte del
beneficio teologale di
S. Antonio, come abitazione
del canonico teologale, di
giuspatronato della famiglia
Besozzi o Castelbesozzi.
Qui veniva impartita la
scuola teologale ai giovani con l’insegnamento
dello scrivere, leggere e far musica.
E così rimane per i secoli successivi,
fino al 1888 quando, in via di soppressione della cappellania teologale che avverrà l’anno seguente, la casa viene venduta prima ai Besozzi e poi ai Nicora. A
fine Ottocento la casa viene trasformata,
alzata di un piano, e adibita ad albergo,
con la denominazione di “Osteria di S.
Antonio”. Nel 1924 passa ai Pajetta che
la detengono tuttora come casa d’abitazione.
Se anonimo appare il lato verso strada,
contraddistinto da un portale a più strombature successive per facilitare l’accesso
ai carri e sormontato da un antico peduccio con lo stemma dei Castelbesozzi,
di estrema suggestione e di inaspettata
ariosità si rivela il cortile interno.
Chiuso su tre lati dai fabbricati e fiancheggiato a sinistra dalla chiesetta di S.
Antonio, il lato di fronte all’ingresso è
aperto su Besozzo inferiore e su di uno
straordinario panorama sulle colline circostanti, di Bregano, Brebbia superiore,
della Pelata di Comabbio, di Bogno e del
Vergante al di là del Verbano.
La casa sul lato verso strada, di aspetto ottocentesco con balconata al piano
superiore, mantiene ancora qualche ricordo del suo precedente uso ad albergo, come i numeri delle stanze sopra le
porte; nell’ampio salone sulla destra,
all’inizio del secolo era ospitato un cinematografo.
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Casa Bossi
Apparteneva anticamente a un ramo
della famiglia Besozzi. Alla metà
del Settecento, compare nel catasto
Teresiano come dimora di Baldassarre
Besozzi, figlio di Carlo.
Successivamente la proprietà passò alla
famiglia Bossi.
Un Giulio Bossi, intorno al 1850, esercitava in questa casa la professione
di farmacista. Questo ramo
Besozzi della famiglia dei Bossi,
già illustre per antenati, prese
rilievo agli inizi del Novecento
con la figura di Pietro Bossi, che
fu diplomatico e console generale d’Italia in Spagna.
Si devono a Pietro Bossi
i più importanti lavori di
ristrutturazione che diedero alla dimora
e al giardino l’aspetto che conservano
ancor oggi. I discendenti di questa famiglia mantengono tuttora la proprietà
e la cura del palazzo. Le mappe catastali del Settecento ci danno informazioni
sommarie sulle strutture della casa in
quell’epoca.
Si può notare che esisteva fin da allora
il corpo principale prospiciente la casa
prepositurale; questa si articolava con
il fabbricato che si affacciava sulla sottostante piazzetta.
A quell’epoca tutto il complesso era di
pertinenza di un solo proprietario e gravitava su un’unica grande corte.
La facciata del palazzo quale appare
oggi è frutto delle ristrutturazioni praticate da Pietro Bossi all’inizio del
secolo e mostra linearità e soluzioni
architettoniche di gusto urbano, sulla
quale si impone la presenza di un ampio
portale; su questo campeggia, sull’arco,
uno stemma dei Bossi.
L’androne conduce direttamente alla
corte a giardino; la prospettiva è modulata dalla presenza dell’ala della casa che
chiude la corte a settentrione, dall’articolarsi del giardino su tre diversi livelli
e dalla presenza sul fondo di una torretta
isolata di gusto neogotico (eretta agli inizi del Novecento).
Questo fabbricato e la sua corte presentano alcuni elementi di rilievo.
Mentre l’ala a settentrione è un’aggiunta d’epoca posteriore, il corpo centrale
mantiene l’originario impianto caratterizzato dalla consueta struttura a porticato di colonne tuscaniche.
All’interno sono conservati due pregevoli camini che recano lo stemma dei
Besozzi, antichi proprietari dell’edificio.
Esposizione di opere di Andrea Mattoni
Nato a Varese nel 1981, vive e lavora a
Besozzo. Internet è sempre più presente;
occupa sempre più spazio nell’arco della
giornata, e ciò che lo caratterizza è la sua
innata capacità di evolversi, velocizzarsi
e aggiornarsi, è come un grande scatolone pieno zeppo di soggetti e oggetti
futili ma con buona probabiltà si possono ritrovare anche oggetti e soggetti
interessanti e, dopo una attenta ricerca,
quelli fondamentali. Internet attraverso
la velocità con cui corrono le informazioni al suo interno, nel suo “battito” o
nel suo “sangue”, ci offre un quadro dei
cambiamenti comportamentali, linguistici di nuove generazioni che sono tali
soltanto dopo un piccolo cambiamento
di velocità della rete, un nuovo modo di
comunicare, esse si susseguono ormai di
anno in anno, ora per ora.
Il lavoro di Andrea Mattoni cerca di accarezzare la vastità del web cogliendo
immagini “segnale” trovando in loro
un’immensa poesia, così alta, da poter
essere fermata e tradotta in pittura.
Andrea Mattoni, Pastello su carta,
“Al dio degli inglesi non credere mai”, 29 X 21 cm
Andrea Mattoni, Pastello su carta,
“Alchemic Acherontia Atropos”, 29 X 21 cm
VINCENT BERG
“Pose” all’opera
Foto che documentano il pensiero dell’artista mediante la forza nello scatto.
Non è l’istante rubato, ciò che Berg ricerca, ma la durata temporale, il tempo
della vita, degli uomini e delle cose.
Ecco perché queste figure ci appaiono
così plastiche, come sculture, e gli oggetti così significativi e carichi di valore e di personalità: perché su di essi
il fotografo ha voluto fermarsi, sostare
condividendo il suo tempo con il loro.
E lo stesso discorso vale per il modo
in cui Berg sente lo spazio intorno alle
figure e agli oggetti oppure disegna la
grandiosa bellezza degli alberi, esseri
magnifici al pari degli uomini.
Questo sostare misurato, equilibrato, è,
per il fotografo, il modo per comprendere e rispettare una civiltà diversa e
lontana che gli sta di fronte, negli aspetti della società, del lavoro, degli affetti,
della natura stessa - così maestosa - in
un gesto di avvicinamento. Dove percepiamo quell’armonia diffusa che regna in ognuna di queste immagini, e
quel senso di sospensione che ci rende,
mentre guardiamo, un po’ pensosi (...)
Roberta Valtorta, 2001.
Nasce a Yangambi, ex Congo Belga,
nel 1959.
Nel 1981 espone al SICOF nella sezione giovani fotografi. Nel 1982 inizia da
autodidatta come fotografo free-lance,
pubblica la sua prima foto sulla rivista
“Il diaframma” di Lanfranco Colombo.
Dal 1983 al 1989 si dedica alla fotografia commerciale lavorando per le principali agenzie di pubblicità di Milano.
Dal 1990 lavora alla creazione del suo
nuovo studio, l’Espace, a Besozzo.
Lo spazio viene utilizzato come location da diversi fotografi e case di produzione cinematografica.
Dopo un periodo di riflessione ricomincia il percorso di ricerca sui luoghi
e il territorio curando personalmente la
stampa in camera oscura. Tra il 19981999 percorre la terra delle sue origini
documentando i luoghi vissuti dai suoi
antenati.
Nel 2000 allestisce una personale a “La
Maison de la Culture” Arlon –Belgio
a cui fa seguito un viaggio di ricerca
in Bangladesh. Nel 2001 viaggia in
Siberia. Dello stesso anno è la personale “Bangladesh Début du siècle” al
Chiostro di Voltorre a cura di Roberta
Valtorta.
Ancora nel 2001, da un viaggio di approfondimento sulla Siberia meridionale scaturisce la nuova personale al
Museo Lenin di Krasnojarsk.
Il ciclo di opere dedicate alla Siberia
viene esposto anche al Castello di Cennina in Toscana. Nel 2004 è tra i vincitori del Premio Giacomelli; espone a
Brescia e a Milano alla Galleria Grazia
Neri.Nel 2005 si dedica ad intensivo di
ricerca Land-Art e fotografia.
A settembre espone in Sala Veratti a
Varese in una mostra fotografica per
un progetto di Aspem-Varese insieme
a Alberto Bortoluzzi, Carlo Meazza e
Giorgio Lotti.
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Torre Longobarda
Che i barbari abbiano qui stanziato è
fuori di ogni discussione.
Ne fa fede il “Castello” del quale sono
conservati alcuni avanzi, come la torre
e parte delle mura. Fu eretto a sbarramento della valle del Bardello.
Che si sappia, nessuna storia ne parla,
e nemmeno si sa con precisione in quale occasione e ad opera di chi sia stato
distrutto.
Fu certamente uno dei maggiori, se
non addirittura il più grande della zona
, con triplice ordine di mura collegate
con camminamenti coperti, dei quali uno è tuttora visibile dietro l’abside
della chiesa di S. Antonio
La Torre Longobarda è visitabile Sabato
26 Maggio dalle ore 15:00.
Per prenotazioni mandare un’e-mail a
[email protected] con nome,
cognome e numero di telefono e vi sarà
assegnato un orario di visita.
Incontro all’Infopoint Proloco sito di
fronte al Palazzo Comunale.
Besozzo - Casa Pajetta
[email protected]
Santuario di
S. Nicone
Dal sagrato della chiesa prepositurale dei Ss. Alessandro e Tiburzio
una ripida salita selciata, fiancheggiata
dalle edicole della Via Crucis, conduce
alla tranquilla e isolata chiesa dedicata
al Santo Nicone.
Questo eremita, vissuto nel XII secolo,
pare sia nato a Barasso e morto a
Besozzo, dopo una vita di penitenza, alla metà di quel secolo.
La chiesa, eretta sulle sue venerate spoglie, appare già citata
alla fine del XIII secolo nel
“Liber Notitia Sanctorum
Mediolani”, dove si trovava
anche una breve notizia agiografica
su San Nicone. La sua venerazione
crebbe nei secoli successivi, ma ancor
più dopo il 1568, quando San Carlo
Borromeo, durante la sua visita pastorale a Besozzo, provvide all’esumazione della salma, dandole sepoltura sotto
la mensa dell’altare e instituendo una
confraternita con il compito di vegliarla e custodirla degnamente.
Noto era nei secoli passati il culto della
popolazione per il beato Nicone contro
le epidemie del bestiame a favore dei
combattenti. Una nuova riformulazione
della chiesa avvenne nel 1685 con un
ampliamento dell’edificio e la costruzione dell’abitazione del custode sopra
l’androne dell’ingresso principale, a sinistra del piccolo sagrato.
Nel settecento la confraternita fa ornare di affreschi le pareti della cappella
dei fratelli Baroffio di Varese, compreso
l’affresco prospettico attorno al portale
laterale che si evidenzia sulla salita della
Via Crucis.
Nuovi affreschi vengono dipinti alla
metà dell’Ottocento dal pittore locale
Stocchetti, che decora anche le edicole
della Via Crucis, successivamente ricoperte da bassorilievi in cemento (1910).
Nel 1898, in occasione della visita pastorale del cardinal Ferrari, le spoglie del
beato vengono traslate nella nuova teca a
vetri, tuttora esposta sopra l’altare.
Ai lati della navata si aprono due cappelle: a destra quella di S. Antonio, con lapidi dedicate alla famiglia Borroni (1830
e 1835); a sinistra è la cappella della beata Vergine del Monte Carmelo (1643),
voluta dalla nobile famiglia Besozzi che
vi instituì un giuspatronato nel 1691.
Lina Delpero
I colori del mistero
Sono nata a Vermiglio, un paese situato
a 1300 m. nelle Alpi del Trentino, in una
famiglia numerosa e contadina nel 1941,
durante la seconda guerra mondiale.
Qui tutti si conoscevano e si aiutavano
a superare le difficoltà della guerra e la
povertà in cui molti vivevano. La bellezza della natura, i colori delle nuvole
che giocano tra le cime delle montagne,
i ghiacciai, i fiori, le foreste di larici ed
abeti, l’acqua dei ruscelli che rumorosa scende veloce dalle montagne: sono
immagini scolpite per sempre nel mio
intimo. A Milano ho frequentato il liceo
artistico Beato Angelico e la facoltà di
Architettura. All’Università Cattolica
di Milano ho frequentato con interesse i
corsi di Scienze religiose e all’Ècole de
la Foi di Friburgo, in Svizzera, due anni
di studi biblici. Scrivo icone da quando
avevo 24 anni e considero questo l’impegno più significativo della mia vita.
Ho insegnato disegno e storia dell’arte al
Liceo Scientifico e alla Scuola Media. Il
contatto con gli adolescenti mi ha sempre entusiasmato e aiutato ad approfondire il mio lavoro di iconografa. È per
loro, per le loro famiglie, oltre che per la
gente della strada, che scrivo le mie icone. Con le esposizioni fatte finora in Italia e all’estero il mio obiettivo è quello
di mostrare attraverso l’icona un qualcosa che riempia il cuore di speranza e gli
occhi di bellezza. Grazie anche a molti
amici, le mie icone sono ormai diffuse un
po’ ovunque, sia in Europa sia negli altri
continenti. Per tre volte ho rappresentato
l’arte italiana a Londra nell’esposizione mondiale “Art in action”, dove viene invitato un solo artista per nazione.
Lo stato di Malta, in collaborazione con
l’Istituto Italiano di Cultura, ha ospitato
le mie icone nel Museo Nazionale.
Besozzo ricorda De Bernardi
Pittore
Moriva a Besozzo nel 1963: a Domenico De Bernardi è dedicata la rassegna commemorativa. Spentosi cinquant’anni or sono nella nativa Besozzo, sorretto da una magistrale
tecnica pittorica ci lascia con le sue opere una testimonianza artistica ,soprattutto legata
al territorio, dove restituisce nei suoi dipinti una sorta di realtà storica naturalistica, tesa
a dialogare sapientemente con le poetiche del passato. La rassegna ricca di oltre quaranta dipinti compresi tra gli anni venti e cinquanta rende omaggio al suo personalissimo
stile che lo porta ad abbandonare materia e toni cupi, privilegiando linee e contorni ed
una tavolozza dai colori tenui. Siamo dunque lieti di ospitare una panoramica del percorso artistico di Domenico De Bernardi in sala mostre nel Palazzo Comunale.
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Casa Contini
La casa era anticamente della famiglia
Besozzi, la cui proprietà è provata anche
dagli stemmi che appaiono su di un
portale recante la data del 1515.
All’inizio del Settecento apparteneva
al marchese Giovan Battista Daverio al
quale era giunta per alleanze matrimoniali. Estinta la famiglia Daverio, tra i
successivi proprietari emersero nel corso
dell’Ottocento i Pirinoli, famiglia di
industriali della carta provenienti
da Intra. Da Regina Garavaglia
Pirinoli passò poi al dottor
Francesco Crivelli.
Successivamente fu dei Forti e
quindi dei Contini. Le piante del
catasto Teresiano testimoniano già
l’esistenza della corte centrale intorno
alla quale si articolavano sia la parte di
residenza padronale sia le strutture rustiche e di servizio. Gli interventi successivi di ristrutturazione non hanno alterato
l’aspetto complessivo del fabbricato,
improntato agli stili costruttivi in uso in
questa regione nelle case da nobile. La
posizione del complesso è ai margini del
centro storico di Besozzo superiore e costituisce l’ultimo grande edificio lungo
l’asse principale del borgo. Sulla facciata
esterna, a destra del portale d’ingresso,
una lapide ricorda il nome dell’antica
proprietaria Regina Pirinoli Garavaglia.
Un breve androne a volte specchiate introduce al cortile quadrangolare chiuso
su tre lati da un porticato di colonne tuscaniche. Il quarto lato è delimitato da
un muro; un’apertura ad arco mette in
collegamento con la sottostante corte di
servizio. Sulla corte principale si affac-
cia, lungo il lato destro, anche un grazioso
loggiato. Gli ambienti interni mantengono
carattere monumentale e si segnala un interessante camino cinquecentesco. Dalla
strada si può accedere alla corte di servizio
anche attraverso un altro portale che reca
sulle sue spalle stemmi della famiglia Besozzi; tracce di uno stemma simile si trovano anche sulla chiave dell’arco. Lo stemma
fu però anticamente scalpellato è non è più
leggibile chiaramente. Vi si scorge tuttavia
un’iscrizione datata 1515. Caratteristica
della dimora è anche il vasto parco, nel Settecento prato a vite, sempre dei Daverio, e
poi trasformato in giardino e parco nell’Ottocento probabilmente da Regina Pirinoli
Garavaglia. Mantiene intatto il gusto ottocentesco, con un laghetto, un canneto e alte
conifere: al parco si accede direttamente
dalla casa con un ponticello che scavalca
la sottostante strada comunale.
ROD DUDLEY
Un Australiano a Besozzo
Esposizione di sculture di Rod Dudley a Besozzo
Il pittore scultore d’oltreoceano è ormai da 45 anni in provincia. Cresciuto
a Melbourne, in Australia negli anni 60
iniziò l’arte della scultura influenzato
nella sua formazione da scultori inglesi come Henry Moore. Nel 1965 arrivò
nel nostro paese e si dedicò alla scultura
in pietra. Suo maestro all’accademia di
Brera fu Marino Marini. Poi si stabilì a
Londra dove incontrò la POP ART inglese e americana. Nel 1968 Dudley tornò a
Besozzo utilizzando un nuovo materiale
per le sue sculture, il legno. A Besozzo
non passa inosservato non foss’altro per
la sua “auto di rappresentanza”. “Avevo
visto su un carro attrezzi un bellissimo
carro da morto, me ne sono innamorato, non è stato facile averlo l’ho scambiato con una scultura. “Si definisce la
persona più contenta del mondo. Mio
padre mi diceva che la cosa più importante del suo lavoro era che lo faceva
divertire. Credo di avere imparato da
lui, prima di tutto, la soddisfazione” Il
suo essere soddisfatto ha portato Rod
Dudley a vendere le sue opere in tutta
Europa ma il suo ricordo più strabiliante
è sicuramente “La mia mostra a Palazzo
Grassi a Venezia”. Durante i 35 anni di
permanenza a Besozzo i lavori di Dudley, sia i quadri sia le sculture, sono
stati un ironico e disperato commento al
mondo del consumismo e del materialismo, che porta l’uomo verso una forma
di alienazione dal mondo moderno. Rod
Dudley lavora nel suo studio nell’ex
Cotonificio di Besozzo, in via Diaz 8.
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