Rivista dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino Luglio - Dicembre 2014 - Anno 15° - n. 67-68 Disegno di Matteo Bonelli 2 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 3 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Rivista dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino Registrazione: Tribunale di Firenze n°5020 del 21/12/00 Anno 15° Numero 67-68 Luglio-Dicembre 2014 Direttore: Charlotte Hats Direttore Responsabile: Riccardo Gatteschi Segretario di redazione: Simone Silla Grafica e impaginazione: Andrea Grassi La mia storia recente di Matteo Bonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 4 Sulla credibilità del paziente di Stefano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9 Una gita fuori porta di D’A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10 Le Poesie di Augusto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14 Pensieri di Carlo Pastorelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16 COMITATO DI REDAZIONE Charlotte Hats Marco Paudice Alessandro Manca Matteo Bonelli Nicola Porcu HANNO COLLABORATO Alessandro Manca Matteo Bonelli Bruno De Petris Antonio Dolceamore Rocco Agostino Stefano D’A. Augusto Carlo Pastorelli Naim Gjoklaj Ion Bunduc Corrado Pane Roberto Capuozzo Nazareno Mancini Angelo Barsà Salvatore Leo Paolo DISEGNI Matteo Bonelli Marco Paudice La Cava Le Poesie di Roberto Capuozzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17 Offerta a Dio di Alessandro Manca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 18 Le Poesie di Antonio Dolceamore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19 S.P.D.C. di Bruno De Petris . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20 Un eroe della nazione albanese di Naim Gjoklaj . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21 Il mio avo di Antonio Dolceamore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22 Pensieri di Ion Bunduc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 23 Gli angeli esistono di Corrado Pane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24 Poesie e altro di AA.VV. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25 Il dono più bello di Nazareno Mancini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26 Un breve viaggio una lunga storia di Rocco Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28 Dal purgatorio al giardino di Boboli di Rocco Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30 Una laurea della redazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 31 4 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 La mia storia recente (Seconda parte) N el febbraio del 2012 entrai in comunità a pochi passi da Viareggio, così avrei potuto vedere mia figlia più facilmente dato che sulla sentenza di separazione avevo diritto di visita una volta al mese. Ma era una comunità molto dura: vari gruppi terapeutici, seminari, più lavoro, pulizie alle camere, turni colazione, turno piatti e apparecchiatura, eccetera eccetera. Per otto mesi fui responsabile della lavanderia. Inoltre, essendo l’80 % degli ospiti in “doppia diagnosi” mi toccavano molti lavori, tipo vangare l’orto, spaccare montagne di legna per la caldaia perché il metano costava troppo. Ho imbiancato, ho tinto le travi in legno dopo averle scartavetrate. In poche parole, i lavori più duri toccavano a me. Ma c’è un lato positivo in ogni cosa: la comunità era mista così, dopo otto anni di carcere, ho avuto una mia piccola rivincita. Dopo tre giorni ho incontrato Elena, la mia attuale compagna che era lì non per problemi di droga ma per anoressia e tentato suicidio. Così mi sono avvicinato a lei in amicizia, come qualsiasi altra persona; giorno dopo giorno stava meglio e piano piano ci siamo innamorati; tutto all’oscuro degli operatori. All’interno della struttura ero considerato un “boss”, mafioso e omertoso; in confronto Totò Riina era un principiante. E’ vero, ero omertoso, lo sono ancora e probabilmente lo sarò sempre. Figuriamoci se so che Tizio va con Simona in mansarda; sono un utente, non un operatore. E così, ogni mia richiesta tipo uscire cinque ore con mio padre per mangiare un pezzo di pizza era un no! Chiedevo il motivo e il motivo era che ero il “boss”, il mafioso, l’omertoso. Però, cazzo, visto che ero il mafioso e l’omertoso, come mai in una settimana spaccavo quintali di legna? Fossi stato il boss avrei trovato chi lo avrebbe fatto per me. Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Non sono mai stato violento, non ho mai discusso con nessuno e siccome venivo dall’OPG di Montelupo, la scure, l’accetta e il pennato ero l’unico autorizzato a usarli. Per una ragazza che si era fatta il cappio e si voleva gettare dalle scale chiamarono subito me. Lì come qua, quelli che ottenevano agevolazioni, cioè le uscite, erano quelli che si fingevano amici e poi riferivano in ufficio. Poi c’era chi preferiva la leccata orizzontale e chi preferiva la leccata verticale. Io avevo altre leccate perché ho una dignità e la voglio tenere intatta e camminare a testa alta. Così in diciotto mesi sono uscito tre volte con mio padre. C’è da dire che la prima volta ero appena arrivato e le altre due per andare a votare; mentre il classico leccaculo otteneva le ore se non giorni a casa. Ormai ero marchiato a fuoco; del resto anche qua all’OPG le dinamiche sono le stesse: molti agenti non mi possono vedere, anzi mi istigano; così come fanno anche alcuni dottori. Comunque, tornando al discorso comunità, una sera io e la mia ragazza siamo stati beccati mentre andavamo all’appuntamento. Così il giorno dopo ci fu una riunione d’urgenza. Però posso dire che siamo stati la prima coppia del CEIS a non essere divisa. Io e Elena parlammo tra noi e decidemmo di separarci per un po’; così la mandarono in una comunità di mamme con bambini. Ma quelle due settimane le fecero più male che mai. Siccome le mamme andavano al lavoro, lasciavano a lei i bimbi in custodia. Dopo due settimane tornò dimagrita più che mai, però dopo poco suo papà le portò suo figlio Diego. E così per una volta a settimana e poi sempre più spesso. Da lì in poi gli operatori ci hanno reso la vita dura, tipo i maschi a un tavolo le donne in un altro sia per colazione che per pranzo o cena. Poi, ovviamente, arrivò il giorno dei sensi di colpa. Ma chi li ha mai avuti i sensi di colpa? Amo Elena e rifarei tutto; non ne sono pentito e sono quasi due anni che si sta insieme. Hanno cercato di ostacolarci in tutto; a lei parlavano male di me e viceversa. Io e lei abbiamo remato contro tutto e tutti, ci siamo 5 fatti inimicizie ma in compenso abbiamo fatto l’amore ovunque; ci mancava l’ufficio, la camera e il bagno degli operatori. E così altre coppie si sono formate; coppie clandestine, chiaro. Io ero stanco di stare lì; in più con l’avvocato avevo citato in tribunale la mia ex per avere il permesso di vedere mia figlia, ma lei non si è mai presentata e mai ha fatto una telefonata. Così, esausto, a volte la sera andavo con un amico ad un pub a farci una birra, ma rischiavamo di rimanere fuori così portammo il pub da noi. Quando c’era un’operatrice un poco ingenua, la notte ci ritrovavamo con una cassa di Tenents e panini e passavamo la notte in giardino a vederci il cielo. Poi un giorno mi dissi: ma devo stare in comunità per ubriacarmi? C’è qualcosa che non torna. Così quella stessa notte preparai le borse; la mattina mi presentai in ufficio, chiesi il mio libretto postale e le mie carte e me ne andai guardando Elena negli occhi. Sapeva quello che provavo per lei e che ci saremmo rivisti; lei sapeva dove volevo andare. Andai alla Posta, ritirai tutti i liquidi, poi tornai in piazza della Chiesa e chiamai i carabinieri. Mi riconobbero, parlammo un attimo e alla mia richiesta che venissero a prendermi si rifiutarono non una ma quattro volte. Quindi io, per rendere la cosa più drastica, gli dissi che avevo la misura di sicurezza e la pericolosità sociale. Loro risposero che non avevo commesso 6 alcun reato e si rifiutarono. Io dissi che sarei andato via. Vada Bonelli, mi risposero. Passai la prima notte in una pensione a Viareggio; la mattina mio padre mi accompagnò al SERT per un colloquio e c’era anche la direttrice della comunità. Si fece un programma: in certi giorni dovevo recarmi al SERT per colloqui e analisi delle urine. Al secondo colloquio che ebbi con la direttrice mi disse che si era confrontata con l’equipe e avevano deciso di fare pulizia partendo da me. Io le dissi: “Paola, gli accordi erano altri. Ma se è così, grazie e arrivederci.” Arrivai a casa, preparai le borse ed era venuta via anche Elena perché volevano rimandarla in quella comunità dove c’erano i bambini. Chiamammo un amico e si andò a comperare una bella tenda da quattro posti con materassini, sacchi a pelo e luci. Era l’8 di agosto e il mare era una meraviglia, con il falò davanti alla tenda e non eravamo gli unici. Poi un mio caro amico mi avverti che mio padre era stato chiamato dalla questura e che era meglio se mi consegnavo, perché se in un controllo mi avessero fermato era peggio. Così dissi a Elena: “Vieni che ti porto alle terme.” Avvertii un amico e con lui andammo a Castrocaro. Dopo due giorni, Elena aveva trovato lavoro. Poi andai a trovare due amici vicino alla comunità e poco dopo tornammo a Viareggio nella spiaggia libera. Vidi carabinieri in borghese che si aggiravano vicino così cambiai posto e mi venne in mente di Marco, proprietario di un bagno, il miglior amico di mio zio; lo andai a trovare. Conosceva mio babbo e la mamma da una vita; con Alessio, suo figlio, ci conoscevamo da quanto avevamo cinque anni; ci siamo fatti la comunità insieme, ebbi una storia con sua cugina, così a Marco gli raccontai una storiella inventata. Però dentro di me capii che non era giusto, così andai da lui e gli dissi: “Marco, mi puoi dedicare 30 minuti?” E gli dissi tutta la verità, cosa che lui apprezzò e allora mi aiutò molto. In cambio io e Elena gli davamo una mano nel bagno. Ma che bello vivere il mare 24 ore su 24! Grigliate, bagni notturni; però c’è anche da darsi da fare. Io sapevo benissimo di essere controllato, vedevo Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 intorno gli sbirri in borghese. E’ una cosa naturale: tra noi ci riconosciamo. A ognuno la sua parte. Anche al telefonino non stavo a togliere le batterie. Telefonavo a tutti e dicevo: se devono prendermi, pace; sconto quello che è giusto che sconti. Però dicevo anche che il 20 settembre mi sarei consegnato a Montelupo e loro mi hanno messo alla prova, altrimenti sicuramente sarebbero venuti. Poi sentivo tutti i fruscii al telefono; sapevo di essere controllato anche su face-book. Per quanto posso dire, ho trovato tanti vecchi amici che ci hanno aiutato e voluto bene. E io, nel mio piccolo, contribuivo nei lavori al bagno, mentre Elena aiutava al bar. Per la festa della chiusura c’erano 250 persone e io ero alla griglia e Elena, insieme ad altre ragazze, serviva i clienti. Continuo i miei rapporti epistolari con queste persone; ho incontrato una ragazza che non mi ha lasciato nella cacca, che mi ha dato una grande dimostrazione d’amore perché lei aveva una casa e un bambino. Insomma, stringendo il discorso, Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 il 20 mattina, con il dispiacere di tutti e anche delle persone che avevo conosciuto da poco, sono venuto via, accompagnato da mio cugino e dalla mia compagna. Tutti non credevano ai propri occhi: il Bonellino che suona il campanello? Lo facevo perché ero fumato e avevo bevuto una boccetta di miniax. Così entrai; mi piangeva il cuore a lasciare Elena. Che poi, di lì a poco, saremmo stati messi a un’altra dura prova. Dopo seppi che era rimasta incinta; una bella cosa se però si è fuori di qua. Così eravamo rimasti d’accordo già da prima che se ci fosse stata un’eventuale gravidanza non l’avremmo potuta portare avanti. Quindi piangendo tanto, lei abortì. Però io voglio un figlio, o quello che sarà, però fuori di qui. Mio padre “Frankino” e Elena mi stanno vicino, sono sempre presenti. Non c’è una un giorno in cui non pensi a quel giorno del 2004 quando uccisi mia madre in una colluttazione e per legittima difesa. Erano ormai sei o sette mesi che andavo avanti con 10 o 15 grammi di coca al giorno e il cervello era una pappa. Adesso piango solo al pensiero, mi manca tremendamente, ma la sento sempre accanto a me. Ho perso l’infanzia e l’adolescenza di mia figlia Viola che adesso ha tredici anni. Purtroppo indietro non si torna; ormai la mia anima l’ha presa il Diavolo quella notte. L’unica cosa buona che ho e che mi è rimasta è la mia dignità e non mi abbasso mai perché so di avere un cuore grande come il mondo e buono. Fuori ho una compagna che non mi ha mai abbandonato anche quando eravamo al mare, col vento, la pioggia, il freddo; lei era lì con me, a bagnarsi con me con il raffreddore. Ha un meraviglioso bambino, Diego di 4 anni. Mio padre è disposto a darmi casa senza pagare l’affitto; lei vive già lì e lavora come parrucchiera. Intanto io aspetto di arrivare al 2016, passo le mie giornate a disegnare e a scrivere a tutti i parenti, amici e fratelli che sono ancora in carcere. Me ne sto lontano dall’infermeria per vari motivi; non mi piacciono varie dinamiche che vedo. Parlo volentieri con la psicologa Arianna e con Giada, due brave ragazze che fanno un lavoro difficile a stare dietro a noi 7 matti. Poi, vabbè, il mio amico infermiere Whua e, per come la vedo io, zia Teresa, l’infermiera. Comunque ringrazio loro, ma soprattutto mio padre che nonostante abbia una famiglia si fa in mille per me e per Elena. Grazie papà; se in questi dieci anni non ti avessi avuto vicino ogni giorno a quest’ora sarei lassù accanto a mia madre. Amici, cosa dirvi ancora? Abbiamo sbagliato, chi più chi meno. Bisogna rimboccarsi le maniche, prendersi le palle in mano e assumersi le proprie responsabilità. Essere consapevoli e sapere che è giusto così e pensare che la vita non finisce a Montelupo. Io ho progetti per il futuro: vivere con Elena, sposarmi e avere un bambino o quello che il Signore vorrà, portare avanti la mia passione che è il disegno; ma soprattutto prendere un diploma per poter aprire uno studio di tatuaggi. Lo so che chiedo tanto, ma ho le capacità per farlo e, soprattutto, credo in me stesso. Matteo Bonelli 8 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 9 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Sulla credibilità del paziente psichiatrico S ono un paziente psichiatrico dal 2000. Nel 1999 mi sono rivolto, previo appuntamento telefonico, alla psicologa del servizio di Igiene Mentale per risolvere importanti traumi subiti fino a quel momento. Dopo un anno circa i problemi aumentarono tanto da consigliarmi di assumere un tranquillante; nel 2002 subisco un “trattamento sanitario obbligatorio”. Dalla relazione sembrava che fossi stato in una condizione di agitazione psico-motoria tale da richiedere un ricovero coatto, situazione alquanto ridicola. Da allora, senza una “vera” diagnosi psichiatrica, sono in trattamento con neurolettici che tutto fanno tranne che bene. Non mi ritengo un soggetto irrequieto, forse scomodo, probabilmente perché esprimo verbalmente il mio pensiero anarchico. Esistesse un farmaco che mi fa accettare disuguaglianze, ingiustizie, ipocrisie, lo assumerei senza problemi; ma non esiste alcun farmaco in grado di selezionare i pensieri…. Tommaso Campanella scriveva di essere nato per debellare tre mali estremi: la tirannide, i sofismi, l’ipocrisia. Io credo di essere nato per subirli. La tirannide: la società è organizzata secondo una precisa scala gerarchica e io mi trovo molto in basso. I sofismi: sono consapevole di essere ignorante, anche se rendermene conto è già qualcosa. L’ipocrisia: questa mi fa imbestialire. Non sono credibile in quanto paziente psichiatrico. Da quando sono in cella singola ho potuto elaborare, dopo otto anni di carcerazione, il mio passato e credo di aver risolto certi traumi con i pochi strumenti di cui dispongo. Sono certo che i primi otto anni di carcerazione sono stati solo una lotta per la sopravvivenza e convengo con l’opinione dei giudici cassazionisti che scrivono che dopo tre anni non c’è stata resipiscenza in me. Ho ripercorso la mia vita con un memoriale; l’ho fatto leggere a una persona in cui riponevo stima e fiducia, non mi ha creduto…. Anche se risulto non credibile in quanto paziente psichiatrico, credo che gli ipocriti sono coloro che, non solo dicono, ma scrivono certe relazioni sulla mia persona. Ad oggi sono trattato con un tranquillante senza una vera e propria diagnosi ed è solo una questione di responsabilità; quando dovesse succedere l’impensabile, la responsabilità cadrebbe solo su di me. Ho scritto qualcosa di non vero? Stefano 10 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Una gita fuori porta Questo racconto è dedicato a tutti i f igli e le f iglie che hanno un genitore in carcere e di carceri ne hanno visitati tanti. G iovannino è un bambino che ha circa undici anni, è nato a Trapani. E’ un ragazzino assai sveglio, curioso e intraprendente. A scuola se la cava abbastanza bene e ha un buon rapporto con i compagni e gli insegnati. La mamma di Giovannino è una signora di trentacinque anni; Giovannino ha anche una sorellina di sette anni molto furbetta e molto attaccata a Giovannino L’unica sfortuna di Giovannino è quella di avere un papà che tiene una condotta alquanto sregolata e incline al crimine. Il papà di Giovannino è stato prelevato una mattina presto dai Carabinieri “amici” che gli hanno fatto fare un fagottino e l’hanno condotto a lavorare (in carcere) fuori regione. Giovannino, già quando si presentarono a casa questi amici a prendere papà domanda alla mamma: “Mamma, ma questi amici di papà erano vestiti tutti uguali?” La mamma rispose che era una tuta da lavoro. Giovannino accetta la risposta ma con riserva; perché lui aveva già visto in paese quelle tute da lavoro e il papà con quegli operai non ci parlava mai e qualche volta aveva notato che ci stava alla larga. Da quel giorno a casa di Giovannino qualcosa era venuto a mancare; e poi, nei giorni che seguirono, vi fu un viavai di parenti e amici a domandare cosa fosse successo a papà e, tra alti e bassi e qualche scappellotto non appena faceva delle domande, passava il tempo. Un bel giorno la mamma disse a Giovannino che da lì a qualche giorno sarebbero dovuti partire per andare a trovare papà: Giovannino, tutto contento, già si faceva un sacco di fantasie nella testa e rifletteva sulle raccomandazioni che la mamma faceva sia a lui che alla sorellina. La mamma disse che il viaggio sarebbe stato lungo e che dovevano recarsi in una località vicino a Caserta. La mamma però non gli disse il nome del paesino vuoi per volontà o per distrazione. Ma solo la parola “Caserta” suscito curiosità in Giovannino. Il piccolo all’indomani a scuola comincia a sbirciare la carta geografica dell’Italia che era appesa a una parete dell’aula scolastica. La maestra si incuriosisce nel vedere Giovannino assorto nel consultare la carta e gli pone delle domande: “Giovanni, cosa cerchi sulla carta?” Allora il ragazzo le risponde: “Forse la settimana prossima andremo a trovare papà che lavora presso Caserta e viaggeremo in treno; così mi ha detto la mamma!” Giovannino già fantastica Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 nella sua testa un bel viaggio con tanti agi, cose belle da vedere; immagina la stazione con tante persone, il carrettino di cose buone da mangiare e le bibite che a lui piacciono tanto e il giornalaio con tutte le riviste in bella mostra e tanta gente che va avanti e indietro con le valigie per prendere il treno e poi, una volta salite in treno, correre lungo i corridoi come ha visto fare a certi ragazzini in qualche film; e poi un albergo con l’ascensore dove può fare su e giù per divertirsi lui e la sorellina. No! forse è meglio da solo: la sorellina sarebbe d’impaccio. Giovannino crede di divenire un turista in occasione di questo viaggio per andare a trovare il papà che è al lavoro. La mamma dice a Giovannino che sarebbero partiti mercoledì e che avrebbero visto il papà il giovedì successivo. Allora il piccolo pone la domanda alla mamma: “Ma non stiamo con papà anche sabato e domenica? (per Giovannino la domenica era giorno di feste, dolci e giocattoli di cui di occupava papà)”. La mamma gli risponde che papà lavora anche di sabato e di domenica. Giovannino allora si pone un altro pensiero. Il papà non parlava mai di lavoro, ora all’improvviso lavora anche di sabato e domenica e non ha più tempo né per i giocattoli né per i dolci. Mah! Giovannino ha bisogno di risposte, le quali arrivano a spizzichi e bocconi; o meglio qualcosa non gli quadra ma ancora non ha capito cosa. A casa sente parlare di avvocati, giudici, procure e giù anche qualche imprecazione, telefonate concitate tra familiari; e ancora sente parlare di soldi. Cioè, pochi soldi a casa e tanti per papà. Ma come? Uno che lavora dovrebbe portare a casa soldi, non chiederne! Un’altra cosa che incuriosiva Giovannino era che il postino, prima che papà andasse a lavorare fuori, passava da casa solo per portare qualche bolletta; ora che il papà non è a casa, il postino passa anche tre o quattro volte a settimana. La mamma, quando arrivavano le lettere, sgorgava a piangere; poi, dopo un po’ si ricomponeva, dava un bacio alla sorellina e a Giovannino e gli diceva che papà gli 11 voleva bene e gli mandava un bacio; ma ciò che angustiava ancora di più Giovannino erano tutte quelle parole insolite che all’improvviso avevano interrotto una quotidiana tranquillità. La città di Caserta fa fantasticare Giovannino e chiede alla mamma se possono visitare la famosa Reggia per vedere i luoghi dove si erano girate le scene del film “Guerre stellari” e dove aveva visto uno dei suoi eroi come Giubecca. La mamma taglia corto e risponde: “Vedremo!” Primo viaggio. Il martedì precedente la partenza, la mamma inizia di mattina a fare i preparativi: fa la spesa, cucina, prepara il vestiario, pesa il cibo e tutto il resto e ripone il tutto in apposite borse, più tutto l’occorrente per stare fuori due giorni per sè, Giovannino e la sorellina. Il viaggio sarebbe dovuto durare due giorni e una notte. Partenza da Trapani per Messina, treno cuccetta fino a Napoli e da lì un altro treno fino a Caserta. E da Caserta un taxi o bus fino a Carinola. Questo era il programma (Giovannino ancora non sa che devono recarsi in questo paesino). Partono da Trapani con il treno che impiega quasi tutta la giornata per arrivare a Messina: più di sette ore di viaggio con il treno locale che 12 si farà in tutte le stazioni; gente stipata ovunque, studenti, lavoratori, gente comune che prende il treno per i più svariati motivi. Quindi niente corse nei corridoi. Paesi e paesini fino a Palermo dove sosta per circa un’ora; dopo di che riparte alla volta di Messina. A Messina c’è il traghetto ferroviario fino a Reggio Calabria e da quest’ultima località c’è un altro treno, quello con le cuccette che partiva alle otto di sera alla volta di Napoli dove arriverà la mattina seguente alle sette. La famigliola salì in treno molto velocemente e, chiusi in cuccetta tutti e tre, si accinsero a passare la notte in viaggio. Dalla cuccetta non si vedeva niente, solo lampioni e oscuri paesaggi che passavano ad alta velocità. Giovannino puliva il vetro appannato per scorgere qualcosa ma non ci riusciva; se faceva qualche domanda alla mamma, lei gli rispondeva di dormire. Il piccolo Giovannino già cominciava a turbarsi di questo viaggio. Da come se lo era prefigurato, felice e divertente, ora iniziava a vederlo frustrante; ma non si perse Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 d’animo. Arrivati a Napoli, molto velocemente presero la coincidenza per Caserta alle otto di mattina e arrivarono verso le nove. Non essendoci un collegamento diretto in treno per il piccolo paese campano di Carinola né un bus disponibile, dovettero optare per un taxi. Solo in quel momento Giovannino sentì il nome del posto dove avrebbero incontrato papà, Carinola. Carinola non compare nemmeno sulle cartine geografiche; forse si può trovare con le mappe satellitari. Ma se così non fosse nemmeno esisterebbe come luogo. Il carcere è situato in un posto isolato nella terra dei mazzoni in provincia di Caserta, creato come colonia agricola penitenziaria; oggi è un carcere di massima sicurezza dimenticato da Dio e dagli uomini. Posto conosciuto solo nei circuiti penitenziari e giudiziari (povero Giovannino, verrebbe da dire). Scesi alla stazione di Caserta, la mamma chiese a un tassista se lo accompagnava in quel luogo; il tassista acconsente a patto che la corsa fosse pagata in anticipo perché parecchio cara data la distanza e il luogo. Circa 40 chilometri da Caserta. Saliti in macchina, tutti e tre dietro, partirono alla volta di Carinola. Della Reggia di Caserta Giovannino intravide solo la facciata mentre il tassista attraversava la piazza antistante per raggiungere il casello dell’autostrada. Giovannino la riconobbe e domandò alla mamma se al ritorno sarebbero andati a visitarla. La mamma, nera di umore dallo stress del viaggio e dal costo della corsa chiesta dal tassista, lo ammonì di stare zitto e buono anche in modo brusco. All’uscita dell’autostrada a Capua e presa la strada Appia per arrivare a questa benedetta Carinola, Giovannino vide dal finestrino delle signore con la borsa a tracolla in costume da bagno o simile che passeggiavano lungo il limitare della strada. Allora chiese alla mamma se potevano andare al mare. La mamma gli chiese se aveva visto il mare e lui gli rispose che aveva visto delle ragazze mezze nude che si recavano al mare (signorine di facili costumi che passeggiavano lungo la strada), la mamma lo ammonì di badare alla sorellina che Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 si era mezza addormentata per la stanchezza. Arrivati a Carinola tra strade interpoderali per arrivare al paesino alla periferia dello stesso paesino, intravidero le inferriate, le mura di cinta alte fatte di cemento armato e di garitte, ciò fu tutto più chiaro alla vista di Giovannino. Dopo aver compiuto i controlli e tutto il resto, si accinsero a incontrare il papà: entrarono in un’ enorme sala con un alto e lungo bancone in muratura che divideva la famiglia e con qualche sforzo riuscirono ad abbracciarsi, il papà, Giovannino, la sorellina e da ultimo la mamma. Senza nemmeno porsi scrupoli, Giovannino domandò al papà: “Papà, ma tu sei in carcere?” Il padre, un po’ intimidito, lo abbraccia e risponde che sì, poi lo fa scendere dal bancone divisorio e gli dice di stare buono e di intrattenere la sorellina mentre lui parla con la madre di cose più serie. Perché gli argomenti di cui si parla durante i colloqui sono tutti di carattere personale e molto poco per ciò che riguarda l’affettività. Passate circa due ore, cioè il tempo consentito, iniziamo il viaggio di ritorno. Di nuovo il taxi, poi il treno, notte compresa, fino a casa. Il venerdì il piccolo non riesce ad andare a scuola nonostante la mamma cerchi di svegliarlo dicendo che in 13 treno aveva dormito, ma Giovannino al ritorno non aveva per niente dormito, ma aveva solo fatto finta di dormire perché era stato a ripensare al suo papà, al viaggio, ma soprattutto alla delusione di ciò che aveva capito e di ciò che non aveva visto o visitato. Cioè niente; niente treno divertente, niente Reggia dei suoi eroi, niente albergo con ascensore ma solo la strada con i fuochi a destra e a manca (avevano attraversato la terra dei fuochi di cui si parla tanto in televisione a proposito del cattivo smaltimento dei rifiuti). Giovannino ne conobbe i luoghi leggendo la segnaletica stradale. Il lunedì successivo Giovannino va a scuola e sia la maestra sia i compagni gli chiedono del viaggio. I compagni gli chiedono se avesse visto la Reggia dei loro beniamini, ma lui racconta di un posto dal mare strano dove le signore mezze nude vanno per strada a prendere il sole. Alla maestra dice la verità e cioè che il papà era in carcere e non al lavoro e che l’ha salutato ma non gli era piaciuto per niente e che ne era rimasto intristito; poi aggiunge che il papà è innocente e in quel luogo non dovrebbe esserci, né lui né le altre persone, in quel posto di ferro, cemento e vetri spessi. D’A. (continua) 14 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Le Poesie La luna Guardo la Luna la vedo ballare con le stelle danzare provo a saltare non riesco a girare il ritmo è lento amore ti sento provo a toccarti il buio mi blocca apro la bocca ti chiamo per nome ma tu non ti giri e tiri la porta mi lasci da solo a soffrire per te! Dolore Ti sfioro i capezzoli li bacio li lecco mi baci mi tocchi gli occhi socchiusi usi le mani uso la bocca le lingue bisticciano la mia la tua le nostre dentro ti sono senza perdono spingo di più lo vuoi anche tu sei fredda Tesoro volevo l’amore mi hai dato dolore! 15 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 di Augusto Abbracciati Corriamo abbracciati le onde sogniamo la sabbia vogliamo le sbarre troviamo il tempo scorriamo la lacrima corre la guancia bagnata l’asciugo col bacio ti amo dolcezza mi fai tenerezza sei dolce sei mia non è una bugia da anni ti aspetto e sincero sarei ma tu (per ora) non ci sei! Respiri Occhi chiusi respiri piano ti sento vicino vorrei abbracciarti ci provo mi scacci le mani ti tengo la pelle di fuoco le labbra ti mordo dolore lamenti ma che è amore lo sai il dolore scompare hai voglia d’amare lacrime amare dolce morire ti stringo al mio petto a letto non porto rispetto ti prendo con forza ti avvinghi al mio corpo mi arrendo al tuo corpo hai vinto di nuovo è questo che vuoi sei pazza d’amore ed io conto le ore ferme si sono correr vorrei ora non posso ma aspettami al solito posto! Mi giro nel letto Mi giro nel letto la fronte sudata le mani bagnate il sangue che scorre provo a fermarlo il taglio è profondo il cuore che batte il petto sobbalza l’urlo non esce la voce sparisce aiuto aiuto nessuno che corre gli occhi si aprono il sangue non c’è mi lavo la faccia sorrido e riprendo il respiro il solito incubo mi assale continuo ci lotto da anni scompare per mesi poi torna malvagio a farmi del male ci gode il bastardo lo sa che resisto allora persiste ma testa gli tengo continuerà ma un giorno scomparirà! 16 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Pensieri di Carlo Pastorelli 17 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Le Poesie di Roberto Capuozzo Affogo in un oceano di pensieri Ora d’aria Anche voi, mio povero amore siete morta senza che noi ci rendessimo conto che piano piano curvassimo la schiena. ******* Puoi anche negarmi il tuo amore oggi ma non puoi negare che un dì me lo concedesti ******* Lo so, è soltanto colpa mia se sono un piccolo uccellino che non ha ancora imparato a dispiegar le ali per volare via da questa galera. ******* Cos’è l’amicizia? L’amicizia non è altro che il voler proiettare le proprie ansie, le proprie aspirazioni, le proprie speranze nell’altro. Il leone Ti accanisci contro di esse: Lucia, Christiane, Linda, Ellis, i tuoi grandi amori e così tutte quelle che sono state amiche per sempre, o anche solamente per una stagione, e tante altre, di cui ora non ricordo il nome senza le quali, ora, non potrei vivere. Ma che fanno i galeotti sempre a prendersi a cazzotti cosi sorrisi sani e i denti rotti? Ma come fanno i galeotti né per soldi, né per donne ad esser sempre pieni di cerotti? Ma come fanno i prigionieri nei loro letti di paglia a scoreggiarsi tra di loro e non vincerla mai ‘sto cazzo di battaglia? ******* Ma come fa il povero internato c on il cesso otturato? Tanto il culo ce l’ha sempre impegnato! ******* Ma come fanno gli internati; i secondini ci hanno per l’ennesima volta ricontati siam cento, sembrerà strano ma lo fanno abbastanza bene, contando piano piano! Quel che mi piace di più del tuo corpo è il sesso. Quel che mi piace di più del tuo sesso è la bocca. Quel che mi piace di più della tua bocca è la lingua. Quel che mi piace di più della tua lingua è la parola. Mi è stato detto che Iddio creò la terra in sei giorni e che per ben fare il settimo riposò, e così creò la terra tonda come una mela marcia mangiata dai vermi quali noi siamo. Credere in Dio è davvero cosa buona, ma io che non sono credente in cosa devo credere? ******* Io mi meraviglio sempre di tutto e di tutti; anche il mio meravigliamento mi meraviglia. ******* Cella n. 7 Camminamenti!!!... Camminamenti!!!... Abbiamo tutti gli stessi sentimenti! Vestiti alla rinfusa, la mente un po’ confusa! Camminamenti!!!... Camminamenti!!!... Abbiamo assassinato anche i sentimenti! La mia mente non è più quella. Alè!... ritorno in cella! In cella d’osservanza. Il mio cuore al passo d’un CAPI’ BLANC danza. Conosco la mia cella come le mie tasche bucate, così trascorro le mie giornate sbagliate!!! Io sono troppo vecchio per i giovani e troppo giovane per i vecchi; non adulto del tutto. Tanti saluti dall’OPG di Montelupo a tutte le donne del mondo! Tanto appena uscirò, farò ogni giorno un nuovo cornuto! 18 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Offerta a Dio Offerta di cibo vegetariano a Dio come soluzione della fame nel mondo P er mantenere un essere umano carnivoro occorrono 100 metri quadrati di terra destinati a mantenere un animale da macello. Per un vegetariano occorrono due metri quadrati di terra. Ciò significa che diventando vegetariano e offrendo il cibo a Dio i leader religiosi, con questo tipo di proposta ai fedeli, risolverebbe il problema della fame nel mondo e anche della desertificazione della foresta amazonica purtroppo coltivata a fagioli di soia per mantenere gli animali da macello. Questo tipo di proposta, diffusa per televisione con contributi di testimoni quali Martin Luther King per l’America e di Madre Teresa di Calcutta per l’Asia, potrebbero servire per una maggiore diffusione di questa proposta o come eventuale sostituzione alla mancata presa di posizione dei leader religiosi. Alessandro Manca 19 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Le Poesie di Antonio Dolceamore In verità Non cercare Quando cerchi un qualcosa dalla gente e con una scusa o con un’altra non ti da niente, ciò non vuol dire che sei un perdente. E’ il mondo che va così. Sempre di fretta corre: lunedì, mercoledì e il venerdì. Per chi ha la fortuna di far riposo magari di martedì ed ecco il fine settimana per chi ha negozio di giovedì. Com’è composta fra vita e posta quella che aspetti, che non si tratti d’una bolletta da pagare o di sentirsi affogare. Quindi resta nel tuo senza chiedere; vedrai un’intesa nel richiedere da chi osa perché gli serve un qualche cosa perché osa. L’amore E’ come un treno che viaggia su due binari; basta una deviazione e la devozione lineare finisce. Colpendo la persona che si ferisce e da l’inizio a una nuova rotta per arrivare a destinazione. Sicuramente difficile da intuire e da capire per chi non ha cura nella guida. Che si comporta come un Giuda nell’anima più cruda. Lascia intendere cosa che sia tanto la storia è mia. Come in queste poche righe che ti scrivo. Una poesia senza nessunissima bugia o eresia. Ho scritto un libro non ancora aperto al pubblico per quel che sia nel raccontare la vita mia. A chi non ancora la conosce e giudica cose che non sa, chè fra il se ed il ma c’è vita….. E sia come sia è scritto in poesia. 20 D Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Un eroe della Nazione albanese S.P.D.C. a quando frequento le Comunità, ti fanno conoscere anche l’ S.P.D.C. (Servizio psichiatrico diagnosi e cura); lo conosci perché se non rispetti le regole della comunità ti propongono di prendere una nuova terapia e se rifiuti, ti ritrovi all’S.P.D.C. Al momento dell’arrivo ti chiama uno psichiatra, si fa un colloquio e poi ti propone di assumere le terapie, con la facoltà di prenderle o rifiutarle; poi ti fa firmare un foglio dell’Asl dove ti chiede se accetti il trattamento. Da quando frequento le Comunità sono andato molte volte all’S.P.D.C. per i motivi che ora elenco. Ne ho conosciuti due: quello di Imperia e quello di Bordighera. Sono due strutture diverse: quello di Imperia, per certi aspetti è migliore; quello di Bordighera è una prigione a tutti gli effetti. Diverso da quello di Bordighera, quello di Imperia, oltre a essere più spazioso, ha la doccia e il bagno in ogni camera, c’è anche un tavolo per mangiare; e male che ti vada siamo in due in ogni camera. Gli infermieri sono molto più affabili, gli strizzacervelli un po’ meno. C’è anche diversità nel fare le pulizie: a Imperia le fanno tre volte al giorno e bene. I pazienti sono migliori perché si può dialogare e possono nascere nuove conoscenze. Il vitto è decente e ci sono anche delle infermiere carine e quando ci sono dei momenti liberi si possono scambiare due parole. C’è un terrazzo dove ogni ora si va a fumare e si vede l’entrata del Pronto Soccorso e alcuni padiglioni; guardre all’esterno ti permette di distrarti un poco. C’è anche la macchinetta del caffè e lo puoi prendere tre volte al giorno; c’è una bellissima sala TV con la possibilità di ricevere parenti dal momento che nell’ampio salone ci sono divani e poltrone. In comunità vai all’ S.P.D.C. con fogli firmati in bianco e, secondo l’operatore, lo compila con scuse assurde, poi chiamano l’ambulanza a parti con le sirene accese. L’S.P.D.C. di Bordighera è piccolino; ci sono tre bagni per i diciotto ospiti fra uomini e donne. Si mangia male; le infermiere/i si chiudono nello stanzino per quasi tutto il tempo del loro servizio. E quando c’è un’emergenza sono problemi, e mi meraviglio che il primario non faccia nulla per migliorare la situazione. Lì si fuma a intervalli di due ore, sempre nella saletta dove si mangia e si guarda la televisione; è tutto lì. Bombardano di terapie per farti dormire tutto il giorno e molti non hanno nemmeno la forza per andare a mangiare. Si mangia malissimo e le porzioni sono scarse; per fortuna vengono i parenti a portare qualcosa da mangiare. Da quanto ho capito in queste strutture ci sono veri e propri lazzaroni, se non peggio perché in questo circuito l’Asl paga moltissimo per mantenere queste strutture e spesso non c’è nemmeno la carta igienica, e spesso sono situate in posti sperduti: in Liguria sono sulle Alpi Marittime o sugli Appennini, e nessuno controlla il loro operato e fanno quello che vogliono; tanto quando ci sono gli sporadici controlli, fanno vedere che tutto va bene. E dopo?..... Molte persone non dovrebbero stare in quei posti perché non sono malati psichici. Siccome i lor signori sono padroni di scrivere tutto quello che vogliono, la povera gente rimane lì, tanto non ci sono verifiche sul loro operato. E noi a soffrire. Bruno De Petris 21 L a nazione albanese è stata sotto l’impero turco per circa cinquecento anni. E’ per questo che la maggior parte degli albanesi è diventata musulmana. Prima che venisse conquistata dalla Turchia, l’Albania era pura cristiana. Vorrei raccontare qualcosa della vita dell’eroe Scanderbeg. Scanderbeg è un soprannome turco perché il vero nome è Georgj Kastrioti. Egli nacque in un paesino chiamato appunto Kastrioti, vicino alla città di Kruje intorno al 1403. Quando aveva nove anni i turchi gli uccisero i genitori, lo rapirono e lo portarono a Istanbul, in Turchia, insieme a molti altri bambini. Ancora in giovane età venne assunto nell’esercito turco e diventerà un valoroso combattente. Ma dopo qualche anno, insieme con trecento cavalieri, prepara la fuga e torna a Kastrioti, dove era nato. Da li iniziano le sue lotte per liberare l’Albania dal dominio turco. E dopo venticinque anni di battaglie riesce a liberare la sua patria. E per onorare il suo eroe la piazza principale di Tirana, la capitale dell’Albania, si chiama Piazza Scanderbeg. Naim Gjoklaj 22 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Il mio avo C i troviamo nel circa 1403 quando nasce un bambino chiamato Giorgio Castriota di famiglia reale in Albania. Quando per cause maggiori all’età di 5/6 anni dovette essere ceduto ad un sultano turco che era potente ed era entrato in Albania. Una volta allevatolo adattandolo fino ad una certa età di 17 anni vedendolo valoroso e combattente lo inserisce nelle sue milizie chiamate giannizzeri che all’età di 25 anni gli affida il comando di cui molte terre aveva conquistato che da quando lo aveva allevato gli cambiò il cognome da Castriota in Skander che poi per un titolo nobile si aggiungeva bei o beg chiamandosi Skanderbeg Giorgio, famoso per le sue molte battaglie ed il comando dell’Albania fino alla sua morte per malanni nel 1467. Avendosi ribellato al sultano turco quando lo mandò a combattere contro gli albanesi che qualcuno sapendolo lo portarono dalla madre che egli non credeva poiché cieca. Ma al rivelargli di avere un neo sotto l’ascella e 2 dita attaccate del piede scoppiò a piangere riconoscendo in essa la madre e la sua vera origine. Ribellandosi e combattendo per la sua terra per molti anni fino alla sua morte per cause naturali. Poiché i turchi approfittando della sua malattia stavano per entrare in Albania, consigliò a suo figlio Giovanni di nome come suo padre Castriota di scendere in Italia avendo delle terre feudatarie in Calabria e Sicilia dategli dall’alleato fatto con il re delle due Sicilie, re Riccardo se non sbaglio, ed il figlio così fece radunando i familiari suoi più stretti circa seicento e si imbarcarono per l’Italia dividendosi in due tronconi; per metà in Calabria con l’erede e l’altra in Sicilia. Dal mio sapere come in origine trasferitami la storia dai miei parenti in San Nicola dell’Alto Crotone avendo avuto lui una storia con una donna e per paura degli ottomani alleati con i romani, come fu cambiato il cognome al padre in Skanderbeg, lui per l’amore del padre come verso il figlio, cambiò il cognome al nascituro facendo perdere le tracce in Dolceamore, quello verso la propria famiglia, poi di seguito tutta la discendenza dei maschi fu fra Sabato ed Antonio di nome. Giorgio Castriota Skanderbeg oltre che essere stato un eroe ed ancora per l’Albania è stato nominato dal papa con un titolo cattolico poiché era cristiano nel 1433 (flagello di Dio), non ricordo bene il titolo su racconti fattimi da piccolo e storie susseguite nell’informarmi su al paese; ma è tutto vero anche se potrei perdermi su qualche punto e virgola, è da lì la mia discendenza che ancora parlano tutti harberesce, un paesino di circa 1500 anime situato a 40 Km di distanza da Isola di Capo Rizzuto. Poi di leggende ce ne sono tante ma questa è una storia raccontata nella purezza dei fatti raccontati negli anni dagli avi ad oggi delle origini del cognome che porto con onore nel sangue harberesce. Un saluto a tutti i paesani e compaesani albanesi e all’Italia che ci ha dato la rinascita. Giorgio Castriota Skandebeg ha soccorso anche Venezia alla sua epoca per quanto ne sono informato, poi negli anni a seguire sbarcò in Puglia e Basilicata e Aquila ma tutt’altra storia dall’originale che in onore un castello in Calabria gli è stato dedicato con il suo casato. Antonio Dolceamore 23 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Pensieri Un giorno particolare Giorno maledetto dove mi hai portato? Un bicchiere in più…. Sono rovinato! Un racconto vero che io vivo male per un po’ di tempo indietro delle sbarre. Sette mesi in fila, ripensando bene, hanno lasciato andare via il vizio di bere. Ho promesso a tutti amici e parenti senza vino, grappa sono più fidente. Senza gradi in testa realizzo tanto con la mia sposa che mi sta accanto. Così vi consiglio giovani e adulti di non arrivare in questi posti brutti. Spero questo tempo che camminerà fino in primavera sono in “libertà” di Ion Bunduc Pensiero di fine anno Fra un po’ di giorni arriva “Natale” voi tutti, amici cari, devo ringraziare siete sempre vicini nei momenti difficili. Auguro tanto bene salute, felicità a voi alla vostra famiglia. Adesso da dove sono vi auguro un “Anno nuovo” più ricco degli anni scorsi con più soldi, più risorse. Questo è il mio pensiero, ve lo auguro davvero dal vostro amico “NELO”. 24 L Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Gli angeli esistono a mia donna. L’angelo che dalle stelle aveva deciso di abbandonare il suo mondo di amore acceso per accostarsi al mio limbo di dolore e cercare che evitassi di farmi inghiottire completamente dall’insensata oscurità della vita. Che Dio mi perdoni, ho respinto il suo emissario, il mio angelo. Una perla preziosa, graziosa e dolce come una Madonna. Ora che non è più accanto a me piango lacrime di sangue amaro che non arrestano o spengono quella fiamma di dolore che mi brucia il cuore. Ma non ha colpa il mio angelo! L’ho respinto con tutte le mie forze nonostante fino all’ultimo abbia cercato di non mollare la presa con le sue grida di pianto. Il mio male ha vinto anche sull’amore che provavo per quell’angelo. Ora chissà dove sarà il mio angelo. Non lo so con certezza, ma forse starà cercando, come da sempre sua abitudine, di strappare un sorriso a uno dei tanti che hanno perso la speranza. Lei è così; questo è il suo compito per cui l’Altissimo l’ha chiamata: soccorrere e dare voce ai più deboli. Gli angeli sono così: prima volano tra le nuvole, poi di fiore in fiore e infine tra uomo e uomo. Ripeto: gli angeli esistono. Lei era diventata tutto per me. Sole, luna, mare, ma anche coraggio, passione, amore incondizionato. Sempre insieme. Ora, mentre continuo in parte a piangere, gioisco nel sapere che fino alla fine del mondo o dell’infinito, lei, il mio angelo, sarà sempre con me richiamandomi ricordi pieni di colori accesi e vivi rispetto a quelli morti e spenti che mi avevano sempre perseguitato. Grazie, angelo mio! Corrado Pane 25 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Le Poesie e altro Un carabiniere C L’amore per una donna (Da Cecco Angiolieri) Si fossi foco arderei lo monno per te, Teresa. Si fossi sole ti illuminerei e ti coprirei di raggi di sole si fossi vento lo spazzerei per te. A te sarei sempre fedele anche se il mio male sono il bere e le canne e non ti posso fare del male perché ti rispetto e perché penso che sia un amore impossibile. Paolo ari colleghi, perdonatemi se lo volete. Sono un tipo sensibile ma molto buono, non per vantarmi. Come voi sapete, nell’anno 1983 ero un carceriere e sono stato un carceriere onesto. Adesso sono un carcerato più onesto di quello che ho detto prima, cioè del carceriere. Senza interesse, vi chiedo scusa e perdono se vi ho offeso. Vi ho chiesto una protezione ma non è stato possibile prima che mi arrestassero. Che Dio vi benedica! Carabiniere in congedo, Salvatore Leo Ricercare Se potessi esprimere un desiderio, guardando una stella cadente le chiederei qualcosa di te e poi ancora, ancora di parlarmi di lei illuminandoti il cuore. Ovunque tu sia è bello sapere che ci sei. Noi figli delle stelle nell’infinito ignoto in cerca della luce e del senso delle cose. Angelo Barsà 26 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Il dono più bello I l dono più bello è la vita. Nella vita capita a chiunque di commettere errori; ma il vero uomo è chi sa rialzarsi dopo una caduta; altrimenti sarebbe troppo facile vivere senza errare mai. E’ per questo che piccoli o grandi, ognuno commette errori, spesso guidati dall’incoscienza o dal lato negativo di noi stessi che ogni tanto se ne viene fuori anche se sarebbe meglio che non accadesse mai e che se ne stesse al suo posto. La vita passata è passata; è passata come la nottata; ma quando nell’invernata più buia, la mattinata viene illuminata da un raggio; un raggio di tiepido sole che cancella dai campi la rugiada e fa salire la temperatura, è bello avere una ritrovata mano che ti rassicura; stando insieme nel giusto, passa ogni paura. Nazareno Mancini Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 27 28 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Un breve viaggio, una lunga storia M i sveglio alle sette; il mio primo pensiero già vola su Firenze; l’emozione è tanta. Alle nove si esce; l’ansia mi assale, ma finalmente si aprono le porte del carcere. Ad aspettarci c’è un furgone taxi sul quale saliranno, oltre a noi cinque detenuti in permesso, alcuni operatori. L’adrenalina è tanta, durante il tragitto cerchiamo di sdrammatizzare discutendo del programma. A un certo punto della strada noto che siamo in una zona panoramica da dove si vede tutta Firenze. Ci annunciano che siamo arrivati a destinazione. Sulla mia destra scorgo una scalinata lunga e imponente costituita da una struttura particolarmente interessante che porta alla chiesa di San Miniato. Lassù ad attenderci vi erano altre autorità e, riuniti in gruppo, ci siamo avviati verso l’ingresso della chiesa. All’esterno si apre un ampio piazzale. Il mio sguardo è colpito dalla spettacolare visione panoramica del luogo che comprendeva tutta la città di Firenze. Mentre incantato osservo il panorama, siamo stati invitati a entrare. All’interno la nostra assistente volontaria ci ha descritto per circa venti minuti e in maniera esemplare tutte le raffigurazioni dipinte e lo stile architettonico della chiesa. Successivamente si è presentato un padre benedettino che emanava un senso di serenità, di pace e di luce come se fosse in Paradiso. Per i primi trenta minuti ci ha spiegato la storia di San Miniato (gli fu tagliata la testa sulla riva dell’Arno, lui la prese in mano e salì il colle per Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 essere sepolto dove ora si trova la chiesa a lui dedicata). Ci ha parlato del significato sacro delle raffigurazioni. Una cosa che mi è rimasta impressa è stata quando il padre ha spalancato il portone centrale e la chiesa è stata inondata da una luce splendente. In seguito, con tristezza e grande rammarico, è giunto il momento di lasciare quel posto sacro per visitare Palazzo Vecchio, sicuramente uno dei palazzi più antichi e sede residenziale e politica della famiglia Medici. A piedi ci siamo inoltrati nel centro della città e, essendo ormai giunta l’ora di pranzo, abbiamo sostato in un locale modesto ma accogliente. Il pranzo è stato ottimo e grande l’armonia tra i presenti. Finito il pranzo ci siamo avviati a piedi e dopo alcune centinaia di metri mi si è presentato l’imponente palazzo: Palazzo Vecchio! Ad accoglierci è arrivata una signora responsabile del “municipio/museo”, simpatica e piena di entusiasmo che ci ha accompagnato in tutte le sale del palazzo descrivendo dettagliatamente alcune opere d’arte presenti. Mi ha stupito il fatto che in mezzo a tutte quelle statue, dipinti e affreschi, si è aperta una grande sala dove era in corso un’assemblea al cui centro c’era il sindaco di Firenze. Sono rimasto proprio sbalordito dall’entusiasmo della signora che ci ha fatto da guida perché conosceva la storia di ogni opera d’arte che incontravamo. Mi ha sbalordito anche la nostra insegnante di arte che per la terza volta ci prepara a conoscere e capire le opere che poi andiamo a visitare. Viene una volta alla settimana alla casa circondariale per farci lezione. Secondo una tradizione ormai consolidata in queste uscite collettive tutti e cinque noi permessanti ci eravamo preparati a commentare la storia e il significato artistico delle più importanti statue presenti nel palazzo. Io sono rimasto affascinato fino dal primo 29 momento dalla scultura fusa in bronzo di Giuditta e Oloferne; la statua doveva essere descritta da un mio compagno che però non ha potuto partecipare alla gita; così ho avuto io la gioia di descriverla. Si tratta di una fanciulla che per salvare la sua città di Betulia dalle truppe assire, si reca di notte nella tenda del condottiero e dopo averlo fatto ubriacare, gli vibra un colpo di spada tagliandogli la testa. E’ rimasta così nella storia come un’eroina di libertà e di vittoria sul nemico tiranno. Il viaggio di ritorno verso Prato è stato leggermente meno allegro del viaggio di andata. Agostino Rocco 30 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 Una laurea Dal purgatorio al giardino di Boboli I nsieme ad altri quattro detenuti della casa circondariale di Prato, sono stato, grazie a un permesso premio collettivo di dieci ore, a visitare Palazzo Pitti e il giardino di Boboli a Firenze. In una bellissima giornata di sole ci siamo inoltrati nel centro della città e, sbucando da una curva, ci siamo trovati di fronte a un imponente palazzo: Palazzo Pitti, grandioso e severo, tutto rivestito di pietre enormi. Ed è ancora più bello all’interno, con moltissime sale tappezzate con quadri a dir poco meravigliosi; opere di maestri del Cinquecento e Seicento italiano ed europeo, da Raffaello a Rubens. Noi ci eravamo preparati a questa visita. Avevamo studiato Raffaello, e nell’occasione abbiamo illustrato tutti i quadri di Raffaello sotto l’attenta visione, e qualche correzione e approfondimento, dell’assistente volontaria ed ex direttrice della Galleria Palatina di Palazzo Pitti che ci aveva fatto scuola nei mesi precedenti. Con lei c’era sempre un’altra assistente volontaria; io la chiamo l’Americana perché è originaria degli Stati Uniti. Loro due ci dedicano tutte le settimane un paio d’ore intrattenendoci sulla cultura in generale (arte) e visione di film che poi commentiamo insieme. Mi ha colpito moltissimo l’architettura di Palazzo Pitti e il giardino di Boboli che è bellissimo: un’esplosione di alberi di tutti i generi per tantissimi ettari di terra curati in modo tradizionale con lo stesso stile e metodo antico con cui il giardino era curato nel 1600 quando è stato impiantato. Mi hanno impressionato il modo, la cura e l’attenzione che dedica alle colture il giardiniere che ci ha fatto da guida e ci ha spiegato i metodi e le modalità della cura delle piante. Abbiamo poi pranzato in un locale del centro storico che è un misto di tradizionale e di moderno. Insomma, una giornata memorabile che rimarrà a lungo impressa nelle nostre menti. Un grazie al Magistrato di sorveglianza, al direttore del carcere, alle educatrici che hanno fatto in modo che si potesse concretizzare una giornata dedicata all’arte e alla cultura e che ci hanno fatto vivere dieci ore nella spensieratezza. Un grazie speciale al direttore di Palazzo Pitti e ai suoi collaboratori che ci hanno messo a disposizione il loro tempo prezioso permettendoci, e non è poco, di visitare Palazzo Pitti nel giorno di chiusura al pubblico; tutto per noi. Un grazie anche al giardiniere di Boboli. Rocco Agostino E ugenio Figini, una vita avventurosa e movimentata, - qualche volta scavalcando i limiti della legalità - che lui stesso ha messo su pagina in un bel libro autobiografico uscito di recente “Lupo Alfa”, si è laureato in ingegneria meccanica all’Università di Firenze. Appassionato di motociclette (lavora in un laboratorio di ricerche a Prato) non ci sarà tanto da stupirsi se in un futuro anche prossimo avremo notizia di una sua invenzione in campo motociclistico. Al neo dottore congratulazioni e auguri da parte della redazione di Spiragli (a cui peraltro non ha mai collaborato!) e dell’associazione di volontariato penitenziario. La redazione 31 32 Spiragli - Luglio-Dicembre 2014 è aperto alla collaborazione di chiunque voglia partecipare con proposte, commenti, articoli, critiche, poesie, vignette. INVIARE IL MATERIALE AL SEGUENTE INDIRIZZO: Redazione di Spiragli - Ospedale Pschiatrico Giudiziario, Viale Umberto Primo 64 - 50056 Montelupo Fiorentino (FI) Oppure contattare la redazione il martedì e il venerdì dalle ore 13.30 alle ore 15.00 presso la sala della biblioteca piano terra, 3ª sezione A.V. P. Associazione di volontariato penitenziario WWW.SPIRAGLI.IT Via delle Ruote 22 r - Firenze - tel. 055.470412 Per contributi e donazioni: C.R. FIRENZE - AGENZIA 26 - IBAN: IT72M0616002826000012433C00 “Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l’autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza - su parere favorevole del Direttore - tutti coloro che, avendo concreto interesse per l’opera di risocializzazione dei detenuti, dimostrino di poter utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera” Art. 17 legge 354/75