Rivista dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario
di Montelupo Fiorentino
Luglio - Dicembre 2014 - Anno 15° - n. 67-68
Disegno di Matteo Bonelli
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Rivista dell’Ospedale
Psichiatrico Giudiziario
di Montelupo Fiorentino
Registrazione:
Tribunale di Firenze
n°5020 del 21/12/00
Anno 15° Numero 67-68
Luglio-Dicembre 2014
Direttore:
Charlotte Hats
Direttore Responsabile:
Riccardo Gatteschi
Segretario di redazione:
Simone Silla
Grafica e impaginazione:
Andrea Grassi
La mia storia recente
di Matteo Bonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 4
Sulla credibilità del paziente
di Stefano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9
Una gita fuori porta
di D’A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10
Le Poesie
di Augusto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14
Pensieri
di Carlo Pastorelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 16
COMITATO DI
REDAZIONE
Charlotte Hats
Marco Paudice
Alessandro Manca
Matteo Bonelli
Nicola Porcu
HANNO COLLABORATO
Alessandro Manca
Matteo Bonelli
Bruno De Petris
Antonio Dolceamore
Rocco Agostino
Stefano
D’A.
Augusto
Carlo Pastorelli
Naim Gjoklaj
Ion Bunduc
Corrado Pane
Roberto Capuozzo
Nazareno Mancini
Angelo Barsà
Salvatore Leo
Paolo
DISEGNI
Matteo Bonelli
Marco Paudice
La Cava
Le Poesie
di Roberto Capuozzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17
Offerta a Dio
di Alessandro Manca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 18
Le Poesie
di Antonio Dolceamore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 19
S.P.D.C.
di Bruno De Petris . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 20
Un eroe della nazione albanese
di Naim Gjoklaj . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21
Il mio avo
di Antonio Dolceamore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22
Pensieri
di Ion Bunduc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 23
Gli angeli esistono
di Corrado Pane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24
Poesie e altro
di AA.VV. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25
Il dono più bello
di Nazareno Mancini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26
Un breve viaggio una lunga storia
di Rocco Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
Dal purgatorio al giardino di Boboli
di Rocco Agostino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30
Una laurea
della redazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 31
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
La mia storia recente
(Seconda parte)
N
el febbraio del 2012 entrai in comunità a
pochi passi da Viareggio, così avrei potuto vedere mia figlia più facilmente dato
che sulla sentenza di separazione avevo diritto
di visita una volta al mese. Ma era una comunità
molto dura: vari gruppi terapeutici, seminari,
più lavoro, pulizie alle camere, turni colazione,
turno piatti e apparecchiatura, eccetera eccetera.
Per otto mesi fui responsabile della lavanderia.
Inoltre, essendo l’80 % degli ospiti in “doppia
diagnosi” mi toccavano molti lavori, tipo vangare
l’orto, spaccare montagne di legna per la caldaia
perché il metano costava troppo. Ho imbiancato,
ho tinto le travi in legno dopo averle scartavetrate.
In poche parole, i lavori più duri toccavano a me.
Ma c’è un lato positivo in ogni cosa: la comunità
era mista così, dopo otto anni di carcere, ho avuto
una mia piccola rivincita.
Dopo tre giorni ho incontrato Elena, la mia
attuale compagna che era lì non per problemi di
droga ma per anoressia e tentato suicidio. Così mi
sono avvicinato a lei in amicizia, come qualsiasi
altra persona; giorno dopo giorno stava meglio e
piano piano ci siamo innamorati; tutto all’oscuro
degli operatori.
All’interno della struttura ero considerato un
“boss”, mafioso e omertoso; in confronto Totò
Riina era un principiante. E’ vero, ero omertoso,
lo sono ancora e probabilmente lo sarò sempre.
Figuriamoci se so che Tizio va con Simona in
mansarda; sono un utente, non un operatore. E
così, ogni mia richiesta tipo uscire cinque ore con
mio padre per mangiare un pezzo di pizza era un
no! Chiedevo il motivo e il motivo era che ero il
“boss”, il mafioso, l’omertoso. Però, cazzo, visto
che ero il mafioso e l’omertoso, come mai in una
settimana spaccavo quintali di legna? Fossi stato
il boss avrei trovato chi lo avrebbe fatto per me.
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Non sono mai stato violento, non ho mai discusso con nessuno e siccome venivo dall’OPG
di Montelupo, la scure, l’accetta e il pennato ero
l’unico autorizzato a usarli. Per una ragazza che
si era fatta il cappio e si voleva gettare dalle scale
chiamarono subito me. Lì come qua, quelli che
ottenevano agevolazioni, cioè le uscite, erano
quelli che si fingevano amici e poi riferivano in
ufficio. Poi c’era chi preferiva la leccata orizzontale e chi preferiva la leccata verticale. Io avevo
altre leccate perché ho una dignità e la voglio
tenere intatta e camminare a testa alta.
Così in diciotto mesi sono uscito tre volte con
mio padre. C’è da dire che la prima volta ero appena arrivato e le altre due per andare a votare;
mentre il classico leccaculo otteneva le ore se non
giorni a casa.
Ormai ero marchiato a fuoco; del resto anche
qua all’OPG le dinamiche sono le stesse: molti
agenti non mi possono vedere, anzi mi istigano;
così come fanno anche alcuni dottori. Comunque,
tornando al discorso comunità, una sera io e la
mia ragazza siamo stati beccati mentre andavamo
all’appuntamento. Così il giorno dopo ci fu una
riunione d’urgenza. Però posso dire che siamo
stati la prima coppia del CEIS a non essere divisa. Io e Elena parlammo tra noi e decidemmo
di separarci per un po’; così la mandarono in una
comunità di mamme con bambini. Ma quelle due
settimane le fecero più male che mai. Siccome
le mamme andavano al lavoro, lasciavano a lei
i bimbi in custodia. Dopo due settimane tornò
dimagrita più che mai, però dopo poco suo papà
le portò suo figlio Diego. E così per una volta a
settimana e poi sempre più spesso. Da lì in poi gli
operatori ci hanno reso la vita dura, tipo i maschi
a un tavolo le donne in un altro sia per colazione
che per pranzo o cena. Poi, ovviamente, arrivò il
giorno dei sensi di colpa. Ma chi li ha mai avuti
i sensi di colpa? Amo Elena e rifarei tutto; non
ne sono pentito e sono quasi due anni che si sta
insieme. Hanno cercato di ostacolarci in tutto;
a lei parlavano male di me e viceversa. Io e lei
abbiamo remato contro tutto e tutti, ci siamo
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fatti inimicizie ma in compenso abbiamo fatto
l’amore ovunque; ci mancava l’ufficio, la camera
e il bagno degli operatori. E così altre coppie si
sono formate; coppie clandestine, chiaro. Io ero
stanco di stare lì; in più con l’avvocato avevo citato
in tribunale la mia ex per avere il permesso di
vedere mia figlia, ma lei non si è mai presentata e
mai ha fatto una telefonata. Così, esausto, a volte
la sera andavo con un amico ad un pub a farci una
birra, ma rischiavamo di rimanere fuori così portammo il pub da noi. Quando c’era un’operatrice
un poco ingenua, la notte ci ritrovavamo con una
cassa di Tenents e panini e passavamo la notte in
giardino a vederci il cielo. Poi un giorno mi dissi:
ma devo stare in comunità per ubriacarmi? C’è
qualcosa che non torna.
Così quella stessa notte preparai le borse; la mattina mi presentai in ufficio, chiesi il mio libretto
postale e le mie carte e me ne andai guardando
Elena negli occhi. Sapeva quello che provavo per
lei e che ci saremmo rivisti; lei sapeva dove volevo
andare. Andai alla Posta, ritirai tutti i liquidi, poi
tornai in piazza della Chiesa e chiamai i carabinieri. Mi riconobbero, parlammo un attimo e
alla mia richiesta che venissero a prendermi si
rifiutarono non una ma quattro volte. Quindi
io, per rendere la cosa più drastica, gli dissi che
avevo la misura di sicurezza e la pericolosità sociale. Loro risposero che non avevo commesso
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alcun reato e si rifiutarono. Io dissi che sarei
andato via. Vada Bonelli, mi risposero. Passai
la prima notte in una pensione a Viareggio; la
mattina mio padre mi accompagnò al SERT
per un colloquio e c’era anche la direttrice della
comunità. Si fece un programma: in certi giorni
dovevo recarmi al SERT per colloqui e analisi
delle urine. Al secondo colloquio che ebbi con
la direttrice mi disse che si era confrontata con
l’equipe e avevano deciso di fare pulizia partendo
da me. Io le dissi: “Paola, gli accordi erano altri.
Ma se è così, grazie e arrivederci.” Arrivai a casa,
preparai le borse ed era venuta via anche Elena
perché volevano rimandarla in quella comunità
dove c’erano i bambini. Chiamammo un amico
e si andò a comperare una bella tenda da quattro
posti con materassini, sacchi a pelo e luci. Era l’8
di agosto e il mare era una meraviglia, con il falò
davanti alla tenda e non eravamo gli unici. Poi un
mio caro amico mi avverti che mio padre era stato
chiamato dalla questura e che era meglio se mi
consegnavo, perché se in un controllo mi avessero
fermato era peggio. Così dissi a Elena: “Vieni che
ti porto alle terme.” Avvertii un amico e con lui
andammo a Castrocaro. Dopo due giorni, Elena
aveva trovato lavoro. Poi andai a trovare due amici
vicino alla comunità e poco dopo tornammo a
Viareggio nella spiaggia libera. Vidi carabinieri
in borghese che si aggiravano vicino così cambiai
posto e mi venne in mente di Marco, proprietario
di un bagno, il miglior amico di mio zio; lo andai
a trovare. Conosceva mio babbo e la mamma da
una vita; con Alessio, suo figlio, ci conoscevamo
da quanto avevamo cinque anni; ci siamo fatti la
comunità insieme, ebbi una storia con sua cugina,
così a Marco gli raccontai una storiella inventata.
Però dentro di me capii che non era giusto, così
andai da lui e gli dissi: “Marco, mi puoi dedicare
30 minuti?” E gli dissi tutta la verità, cosa che
lui apprezzò e allora mi aiutò molto. In cambio
io e Elena gli davamo una mano nel bagno. Ma
che bello vivere il mare 24 ore su 24! Grigliate,
bagni notturni; però c’è anche da darsi da fare.
Io sapevo benissimo di essere controllato, vedevo
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intorno gli sbirri in borghese. E’ una cosa naturale: tra noi ci riconosciamo. A ognuno la sua
parte. Anche al telefonino non stavo a togliere
le batterie. Telefonavo a tutti e dicevo: se devono
prendermi, pace; sconto quello che è giusto che
sconti. Però dicevo anche che il 20 settembre mi
sarei consegnato a Montelupo e loro mi hanno
messo alla prova, altrimenti sicuramente sarebbero venuti. Poi sentivo tutti i fruscii al telefono;
sapevo di essere controllato anche su face-book.
Per quanto posso dire, ho trovato tanti vecchi
amici che ci hanno aiutato e voluto bene. E io,
nel mio piccolo, contribuivo nei lavori al bagno,
mentre Elena aiutava al bar. Per la festa della
chiusura c’erano 250 persone e io ero alla griglia
e Elena, insieme ad altre ragazze, serviva i clienti.
Continuo i miei rapporti epistolari con queste
persone; ho incontrato una ragazza che non mi
ha lasciato nella cacca, che mi ha dato una grande
dimostrazione d’amore perché lei aveva una casa
e un bambino. Insomma, stringendo il discorso,
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il 20 mattina, con il dispiacere di tutti e anche
delle persone che avevo conosciuto da poco, sono
venuto via, accompagnato da mio cugino e dalla
mia compagna. Tutti non credevano ai propri
occhi: il Bonellino che suona il campanello? Lo
facevo perché ero fumato e avevo bevuto una boccetta di miniax. Così entrai; mi piangeva il cuore
a lasciare Elena. Che poi, di lì a poco, saremmo
stati messi a un’altra dura prova. Dopo seppi
che era rimasta incinta; una bella cosa se però si
è fuori di qua. Così eravamo rimasti d’accordo
già da prima che se ci fosse stata un’eventuale
gravidanza non l’avremmo potuta portare avanti.
Quindi piangendo tanto, lei abortì. Però io voglio
un figlio, o quello che sarà, però fuori di qui. Mio
padre “Frankino” e Elena mi stanno vicino, sono
sempre presenti. Non c’è una un giorno in cui non
pensi a quel giorno del 2004 quando uccisi mia
madre in una colluttazione e per legittima difesa.
Erano ormai sei o sette mesi che andavo avanti
con 10 o 15 grammi di coca al giorno e il cervello
era una pappa. Adesso piango solo al pensiero,
mi manca tremendamente, ma la sento sempre
accanto a me. Ho perso l’infanzia e l’adolescenza
di mia figlia Viola che adesso ha tredici anni.
Purtroppo indietro non si torna; ormai la mia
anima l’ha presa il Diavolo quella notte. L’unica
cosa buona che ho e che mi è rimasta è la mia
dignità e non mi abbasso mai perché so di avere
un cuore grande come il mondo e buono. Fuori
ho una compagna che non mi ha mai abbandonato anche quando eravamo al mare, col vento,
la pioggia, il freddo; lei era lì con me, a bagnarsi
con me con il raffreddore. Ha un meraviglioso
bambino, Diego di 4 anni. Mio padre è disposto
a darmi casa senza pagare l’affitto; lei vive già lì
e lavora come parrucchiera. Intanto io aspetto
di arrivare al 2016, passo le mie giornate a disegnare e a scrivere a tutti i parenti, amici e fratelli
che sono ancora in carcere. Me ne sto lontano
dall’infermeria per vari motivi; non mi piacciono
varie dinamiche che vedo. Parlo volentieri con la
psicologa Arianna e con Giada, due brave ragazze
che fanno un lavoro difficile a stare dietro a noi
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matti. Poi, vabbè, il mio amico infermiere Whua
e, per come la vedo io, zia Teresa, l’infermiera.
Comunque ringrazio loro, ma soprattutto mio
padre che nonostante abbia una famiglia si fa
in mille per me e per Elena. Grazie papà; se in
questi dieci anni non ti avessi avuto vicino ogni
giorno a quest’ora sarei lassù accanto a mia madre.
Amici, cosa dirvi ancora? Abbiamo sbagliato, chi
più chi meno. Bisogna rimboccarsi le maniche,
prendersi le palle in mano e assumersi le proprie
responsabilità. Essere consapevoli e sapere che
è giusto così e pensare che la vita non finisce a
Montelupo. Io ho progetti per il futuro: vivere con
Elena, sposarmi e avere un bambino o quello che
il Signore vorrà, portare avanti la mia passione
che è il disegno; ma soprattutto prendere un diploma per poter aprire uno studio di tatuaggi. Lo
so che chiedo tanto, ma ho le capacità per farlo
e, soprattutto, credo in me stesso.
Matteo Bonelli
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Sulla credibilità del
paziente psichiatrico
S
ono un paziente psichiatrico dal 2000. Nel
1999 mi sono rivolto, previo appuntamento
telefonico, alla psicologa del servizio di
Igiene Mentale per risolvere importanti traumi
subiti fino a quel momento. Dopo un anno circa
i problemi aumentarono tanto da consigliarmi di
assumere un tranquillante; nel 2002 subisco un
“trattamento sanitario obbligatorio”.
Dalla relazione sembrava che fossi stato in una
condizione di agitazione psico-motoria tale da
richiedere un ricovero coatto, situazione alquanto ridicola. Da allora, senza una “vera” diagnosi
psichiatrica, sono in trattamento con neurolettici
che tutto fanno tranne che bene.
Non mi ritengo un soggetto irrequieto, forse
scomodo, probabilmente perché esprimo verbalmente il mio pensiero anarchico. Esistesse
un farmaco che mi fa accettare disuguaglianze,
ingiustizie, ipocrisie, lo assumerei senza problemi;
ma non esiste alcun farmaco in grado di selezionare i pensieri….
Tommaso Campanella scriveva di essere nato per
debellare tre mali estremi: la tirannide, i sofismi,
l’ipocrisia. Io credo di essere nato per subirli. La
tirannide: la società è organizzata secondo una
precisa scala gerarchica e io mi trovo molto in
basso. I sofismi: sono consapevole di essere ignorante, anche se rendermene conto è già qualcosa.
L’ipocrisia: questa mi fa imbestialire. Non sono
credibile in quanto paziente psichiatrico.
Da quando sono in cella singola ho potuto elaborare, dopo otto anni di carcerazione, il mio
passato e credo di aver risolto certi traumi con i
pochi strumenti di cui dispongo. Sono certo che
i primi otto anni di carcerazione sono stati solo
una lotta per la sopravvivenza e convengo con
l’opinione dei giudici cassazionisti che scrivono
che dopo tre anni non c’è stata resipiscenza in me.
Ho ripercorso la mia vita con un memoriale; l’ho
fatto leggere a una persona in cui riponevo stima
e fiducia, non mi ha creduto….
Anche se risulto non credibile in quanto paziente
psichiatrico, credo che gli ipocriti sono coloro
che, non solo dicono, ma scrivono certe relazioni
sulla mia persona.
Ad oggi sono trattato con un tranquillante senza
una vera e propria diagnosi ed è solo una questione di responsabilità; quando dovesse succedere
l’impensabile, la responsabilità cadrebbe solo su
di me. Ho scritto qualcosa di non vero?
Stefano
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Una gita fuori porta
Questo racconto è dedicato a tutti i f igli e le
f iglie che hanno un genitore in carcere e di
carceri ne hanno visitati tanti.
G
iovannino è un bambino che ha circa
undici anni, è nato a Trapani. E’ un
ragazzino assai sveglio, curioso e intraprendente. A scuola se la cava abbastanza
bene e ha un buon rapporto con i compagni e
gli insegnati. La mamma di Giovannino è una
signora di trentacinque anni; Giovannino ha
anche una sorellina di sette anni molto furbetta
e molto attaccata a Giovannino L’unica sfortuna di Giovannino è quella di avere un papà che
tiene una condotta alquanto sregolata e incline al
crimine. Il papà di Giovannino è stato prelevato
una mattina presto dai Carabinieri “amici” che gli
hanno fatto fare un fagottino e l’hanno condotto
a lavorare (in carcere) fuori regione. Giovannino,
già quando si presentarono a casa questi amici a
prendere papà domanda alla mamma: “Mamma,
ma questi amici di papà erano vestiti tutti uguali?”
La mamma rispose che era una tuta da lavoro. Giovannino accetta la risposta ma con riserva; perché
lui aveva già visto in paese quelle tute da lavoro
e il papà con quegli operai non ci parlava mai e
qualche volta aveva notato che ci stava alla larga.
Da quel giorno a casa di Giovannino qualcosa era venuto a mancare; e poi, nei giorni che
seguirono, vi fu un viavai di parenti e amici a
domandare cosa fosse successo a papà e, tra alti
e bassi e qualche scappellotto non appena faceva
delle domande, passava il tempo. Un bel giorno
la mamma disse a Giovannino che da lì a qualche giorno sarebbero dovuti partire per andare a
trovare papà: Giovannino, tutto contento, già si
faceva un sacco di fantasie nella testa e rifletteva
sulle raccomandazioni che la mamma faceva sia
a lui che alla sorellina.
La mamma disse che il viaggio sarebbe stato lungo e che dovevano recarsi in una località vicino a
Caserta. La mamma però non gli disse il nome
del paesino vuoi per volontà o per distrazione.
Ma solo la parola “Caserta” suscito curiosità in
Giovannino. Il piccolo all’indomani a scuola
comincia a sbirciare la carta geografica dell’Italia
che era appesa a una parete dell’aula scolastica.
La maestra si incuriosisce nel vedere Giovannino
assorto nel consultare la carta e gli pone delle
domande: “Giovanni, cosa cerchi sulla carta?”
Allora il ragazzo le risponde: “Forse la settimana prossima andremo a trovare papà che lavora
presso Caserta e viaggeremo in treno; così mi
ha detto la mamma!” Giovannino già fantastica
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
nella sua testa un bel viaggio con tanti agi, cose
belle da vedere; immagina la stazione con tante
persone, il carrettino di cose buone da mangiare
e le bibite che a lui piacciono tanto e il giornalaio con tutte le riviste in bella mostra e tanta
gente che va avanti e indietro con le valigie per
prendere il treno e poi, una volta salite in treno,
correre lungo i corridoi come ha visto fare a certi
ragazzini in qualche film; e poi un albergo con
l’ascensore dove può fare su e giù per divertirsi
lui e la sorellina. No! forse è meglio da solo: la
sorellina sarebbe d’impaccio.
Giovannino crede di divenire un turista in occasione di questo viaggio per andare a trovare il
papà che è al lavoro. La mamma dice a Giovannino che sarebbero partiti mercoledì e che avrebbero visto il papà il giovedì successivo. Allora il
piccolo pone la domanda alla mamma: “Ma non
stiamo con papà anche sabato e domenica? (per
Giovannino la domenica era giorno di feste,
dolci e giocattoli di cui di occupava papà)”. La
mamma gli risponde che papà lavora anche di
sabato e di domenica. Giovannino allora si pone
un altro pensiero. Il papà non parlava mai di lavoro, ora all’improvviso lavora anche di sabato e
domenica e non ha più tempo né per i giocattoli
né per i dolci. Mah! Giovannino ha bisogno di
risposte, le quali arrivano a spizzichi e bocconi;
o meglio qualcosa non gli quadra ma ancora non
ha capito cosa.
A casa sente parlare di avvocati, giudici, procure
e giù anche qualche imprecazione, telefonate
concitate tra familiari; e ancora sente parlare di
soldi. Cioè, pochi soldi a casa e tanti per papà.
Ma come? Uno che lavora dovrebbe portare a
casa soldi, non chiederne! Un’altra cosa che incuriosiva Giovannino era che il postino, prima
che papà andasse a lavorare fuori, passava da
casa solo per portare qualche bolletta; ora che il
papà non è a casa, il postino passa anche tre o
quattro volte a settimana. La mamma, quando
arrivavano le lettere, sgorgava a piangere; poi,
dopo un po’ si ricomponeva, dava un bacio alla
sorellina e a Giovannino e gli diceva che papà gli
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voleva bene e gli mandava un bacio; ma ciò che
angustiava ancora di più Giovannino erano tutte
quelle parole insolite che all’improvviso avevano
interrotto una quotidiana tranquillità.
La città di Caserta fa fantasticare Giovannino e
chiede alla mamma se possono visitare la famosa
Reggia per vedere i luoghi dove si erano girate le
scene del film “Guerre stellari” e dove aveva visto
uno dei suoi eroi come Giubecca. La mamma
taglia corto e risponde: “Vedremo!”
Primo viaggio. Il martedì precedente la partenza,
la mamma inizia di mattina a fare i preparativi: fa
la spesa, cucina, prepara il vestiario, pesa il cibo e
tutto il resto e ripone il tutto in apposite borse,
più tutto l’occorrente per stare fuori due giorni per
sè, Giovannino e la sorellina. Il viaggio sarebbe
dovuto durare due giorni e una notte. Partenza
da Trapani per Messina, treno cuccetta fino a
Napoli e da lì un altro treno fino a Caserta. E da
Caserta un taxi o bus fino a Carinola.
Questo era il programma (Giovannino ancora
non sa che devono recarsi in questo paesino).
Partono da Trapani con il treno che impiega
quasi tutta la giornata per arrivare a Messina:
più di sette ore di viaggio con il treno locale che
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si farà in tutte le stazioni; gente stipata ovunque,
studenti, lavoratori, gente comune che prende
il treno per i più svariati motivi. Quindi niente
corse nei corridoi. Paesi e paesini fino a Palermo
dove sosta per circa un’ora; dopo di che riparte
alla volta di Messina.
A Messina c’è il traghetto ferroviario fino a
Reggio Calabria e da quest’ultima località c’è un
altro treno, quello con le cuccette che partiva alle
otto di sera alla volta di Napoli dove arriverà la
mattina seguente alle sette. La famigliola salì in
treno molto velocemente e, chiusi in cuccetta tutti
e tre, si accinsero a passare la notte in viaggio.
Dalla cuccetta non si vedeva niente, solo lampioni
e oscuri paesaggi che passavano ad alta velocità.
Giovannino puliva il vetro appannato per scorgere qualcosa ma non ci riusciva; se faceva qualche domanda alla mamma, lei gli rispondeva di
dormire. Il piccolo Giovannino già cominciava
a turbarsi di questo viaggio.
Da come se lo era prefigurato, felice e divertente,
ora iniziava a vederlo frustrante; ma non si perse
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
d’animo. Arrivati a Napoli, molto velocemente
presero la coincidenza per Caserta alle otto di
mattina e arrivarono verso le nove. Non essendoci
un collegamento diretto in treno per il piccolo
paese campano di Carinola né un bus disponibile, dovettero optare per un taxi. Solo in quel
momento Giovannino sentì il nome del posto
dove avrebbero incontrato papà, Carinola.
Carinola non compare nemmeno sulle cartine
geografiche; forse si può trovare con le mappe
satellitari. Ma se così non fosse nemmeno esisterebbe come luogo. Il carcere è situato in un
posto isolato nella terra dei mazzoni in provincia
di Caserta, creato come colonia agricola penitenziaria; oggi è un carcere di massima sicurezza
dimenticato da Dio e dagli uomini.
Posto conosciuto solo nei circuiti penitenziari
e giudiziari (povero Giovannino, verrebbe da
dire). Scesi alla stazione di Caserta, la mamma
chiese a un tassista se lo accompagnava in quel
luogo; il tassista acconsente a patto che la corsa
fosse pagata in anticipo perché parecchio cara
data la distanza e il luogo. Circa 40 chilometri
da Caserta. Saliti in macchina, tutti e tre dietro,
partirono alla volta di Carinola. Della Reggia di
Caserta Giovannino intravide solo la facciata
mentre il tassista attraversava la piazza antistante
per raggiungere il casello dell’autostrada.
Giovannino la riconobbe e domandò alla mamma
se al ritorno sarebbero andati a visitarla. La mamma, nera di umore dallo stress del viaggio e dal
costo della corsa chiesta dal tassista, lo ammonì
di stare zitto e buono anche in modo brusco.
All’uscita dell’autostrada a Capua e presa la strada
Appia per arrivare a questa benedetta Carinola,
Giovannino vide dal finestrino delle signore con
la borsa a tracolla in costume da bagno o simile
che passeggiavano lungo il limitare della strada.
Allora chiese alla mamma se potevano andare
al mare. La mamma gli chiese se aveva visto il
mare e lui gli rispose che aveva visto delle ragazze
mezze nude che si recavano al mare (signorine di
facili costumi che passeggiavano lungo la strada),
la mamma lo ammonì di badare alla sorellina che
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
si era mezza addormentata per la stanchezza.
Arrivati a Carinola tra strade interpoderali per
arrivare al paesino alla periferia dello stesso paesino, intravidero le inferriate, le mura di cinta alte
fatte di cemento armato e di garitte, ciò fu tutto
più chiaro alla vista di Giovannino.
Dopo aver compiuto i controlli e tutto il resto,
si accinsero a incontrare il papà: entrarono in
un’ enorme sala con un alto e lungo bancone in
muratura che divideva la famiglia e con qualche
sforzo riuscirono ad abbracciarsi, il papà, Giovannino, la sorellina e da ultimo la mamma. Senza
nemmeno porsi scrupoli, Giovannino domandò
al papà: “Papà, ma tu sei in carcere?” Il padre, un
po’ intimidito, lo abbraccia e risponde che sì, poi
lo fa scendere dal bancone divisorio e gli dice di
stare buono e di intrattenere la sorellina mentre
lui parla con la madre di cose più serie. Perché gli
argomenti di cui si parla durante i colloqui sono
tutti di carattere personale e molto poco per ciò
che riguarda l’affettività.
Passate circa due ore, cioè il tempo consentito,
iniziamo il viaggio di ritorno. Di nuovo il taxi, poi
il treno, notte compresa, fino a casa. Il venerdì il
piccolo non riesce ad andare a scuola nonostante
la mamma cerchi di svegliarlo dicendo che in
13
treno aveva dormito, ma Giovannino al ritorno
non aveva per niente dormito, ma aveva solo fatto
finta di dormire perché era stato a ripensare al suo
papà, al viaggio, ma soprattutto alla delusione di
ciò che aveva capito e di ciò che non aveva visto
o visitato. Cioè niente; niente treno divertente,
niente Reggia dei suoi eroi, niente albergo con
ascensore ma solo la strada con i fuochi a destra e
a manca (avevano attraversato la terra dei fuochi
di cui si parla tanto in televisione a proposito del
cattivo smaltimento dei rifiuti). Giovannino ne
conobbe i luoghi leggendo la segnaletica stradale.
Il lunedì successivo Giovannino va a scuola e
sia la maestra sia i compagni gli chiedono del
viaggio. I compagni gli chiedono se avesse visto
la Reggia dei loro beniamini, ma lui racconta di
un posto dal mare strano dove le signore mezze
nude vanno per strada a prendere il sole. Alla
maestra dice la verità e cioè che il papà era in
carcere e non al lavoro e che l’ha salutato ma non
gli era piaciuto per niente e che ne era rimasto
intristito; poi aggiunge che il papà è innocente
e in quel luogo non dovrebbe esserci, né lui né
le altre persone, in quel posto di ferro, cemento
e vetri spessi.
D’A. (continua)
14
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Le Poesie
La luna
Guardo la Luna
la vedo ballare
con le stelle danzare
provo a saltare
non riesco a girare
il ritmo è lento
amore ti sento
provo a toccarti
il buio mi blocca
apro la bocca
ti chiamo per nome
ma tu non ti giri
e tiri la porta
mi lasci da solo
a soffrire per te!
Dolore
Ti sfioro i capezzoli
li bacio li lecco
mi baci mi tocchi
gli occhi socchiusi
usi le mani uso la bocca
le lingue bisticciano
la mia la tua le nostre
dentro ti sono
senza perdono
spingo di più
lo vuoi anche tu
sei fredda Tesoro
volevo l’amore
mi hai dato
dolore!
15
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
di Augusto
Abbracciati
Corriamo abbracciati
le onde sogniamo
la sabbia vogliamo
le sbarre troviamo
il tempo scorriamo
la lacrima corre
la guancia bagnata
l’asciugo col bacio
ti amo dolcezza
mi fai tenerezza
sei dolce sei mia
non è una bugia
da anni ti aspetto
e sincero sarei
ma tu (per ora) non ci sei!
Respiri
Occhi chiusi
respiri piano
ti sento vicino
vorrei abbracciarti
ci provo
mi scacci
le mani ti tengo
la pelle di fuoco
le labbra ti mordo
dolore lamenti
ma che è amore lo sai
il dolore scompare
hai voglia d’amare
lacrime amare
dolce morire
ti stringo al mio petto
a letto non porto rispetto
ti prendo con forza
ti avvinghi al mio corpo
mi arrendo al tuo corpo
hai vinto di nuovo
è questo che vuoi
sei pazza d’amore
ed io conto le ore
ferme si sono
correr vorrei
ora non posso
ma aspettami
al solito posto!
Mi giro nel letto
Mi giro nel letto
la fronte sudata
le mani bagnate
il sangue che scorre
provo a fermarlo
il taglio è profondo
il cuore che batte
il petto sobbalza
l’urlo non esce
la voce sparisce
aiuto aiuto
nessuno che corre
gli occhi si aprono
il sangue non c’è
mi lavo la faccia
sorrido
e riprendo il respiro
il solito incubo
mi assale continuo
ci lotto da anni
scompare per mesi
poi torna malvagio
a farmi del male
ci gode il bastardo
lo sa che resisto
allora persiste
ma testa gli tengo
continuerà
ma un giorno
scomparirà!
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Pensieri
di Carlo Pastorelli
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Le Poesie
di Roberto Capuozzo
Affogo in un oceano di pensieri
Ora d’aria
Anche voi, mio povero amore siete morta
senza che noi ci rendessimo conto che piano piano curvassimo la schiena.
*******
Puoi anche negarmi il tuo amore oggi ma non puoi negare che un dì me lo concedesti
*******
Lo so, è soltanto colpa mia se sono un piccolo uccellino
che non ha ancora imparato a dispiegar le ali per volare via da questa galera.
*******
Cos’è l’amicizia? L’amicizia non è altro che il voler proiettare le proprie ansie,
le proprie aspirazioni, le proprie speranze nell’altro.
Il leone
Ti accanisci contro di esse: Lucia, Christiane, Linda, Ellis,
i tuoi grandi amori e così tutte quelle che sono state amiche per sempre,
o anche solamente per una stagione, e tante altre,
di cui ora non ricordo il nome senza le quali, ora, non potrei vivere.
Ma che fanno i galeotti
sempre a prendersi a cazzotti
cosi sorrisi sani e i denti rotti?
Ma come fanno i galeotti
né per soldi, né per donne
ad esser sempre pieni di cerotti?
Ma come fanno i prigionieri nei loro letti di paglia
a scoreggiarsi tra di loro
e non vincerla mai ‘sto cazzo di battaglia?
*******
Ma come fa il povero internato c
on il cesso otturato?
Tanto il culo ce l’ha sempre impegnato!
*******
Ma come fanno gli internati;
i secondini ci hanno per l’ennesima volta ricontati
siam cento, sembrerà strano
ma lo fanno abbastanza bene,
contando piano piano!
Quel che mi piace di più del tuo corpo è il sesso.
Quel che mi piace di più del tuo sesso è la bocca.
Quel che mi piace di più della tua bocca è la lingua.
Quel che mi piace di più della tua lingua è la parola.
Mi è stato detto che Iddio creò la terra in sei giorni e che per ben fare il settimo riposò,
e così creò la terra tonda come una mela marcia mangiata dai vermi quali noi siamo.
Credere in Dio è davvero cosa buona, ma io che non sono credente in cosa devo credere?
*******
Io mi meraviglio sempre di tutto e di tutti; anche il mio meravigliamento mi meraviglia.
*******
Cella n. 7
Camminamenti!!!... Camminamenti!!!...
Abbiamo tutti gli stessi sentimenti!
Vestiti alla rinfusa, la mente un po’ confusa!
Camminamenti!!!... Camminamenti!!!...
Abbiamo assassinato anche i sentimenti!
La mia mente non è più quella.
Alè!... ritorno in cella!
In cella d’osservanza.
Il mio cuore al passo d’un CAPI’ BLANC danza.
Conosco la mia cella come le mie tasche bucate,
così trascorro le mie giornate sbagliate!!!
Io sono troppo vecchio per i giovani e troppo giovane per i vecchi; non adulto del tutto.
Tanti saluti dall’OPG di Montelupo
a tutte le donne del mondo!
Tanto appena uscirò,
farò ogni giorno un nuovo cornuto!
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Offerta a Dio
Offerta di cibo vegetariano a Dio
come soluzione della fame nel mondo
P
er mantenere un essere umano carnivoro
occorrono 100 metri quadrati di terra destinati a mantenere un animale da macello.
Per un vegetariano occorrono due metri quadrati
di terra. Ciò significa che diventando vegetariano
e offrendo il cibo a Dio i leader religiosi, con
questo tipo di proposta ai fedeli, risolverebbe il
problema della fame nel mondo e anche della desertificazione della foresta amazonica purtroppo
coltivata a fagioli di soia per mantenere gli animali da
macello. Questo tipo di
proposta,
diffusa per televisione con contributi di testimoni
quali Martin Luther King per l’America e di
Madre Teresa di Calcutta per l’Asia, potrebbero
servire per una maggiore diffusione di questa proposta o come eventuale sostituzione alla mancata
presa di posizione dei leader religiosi.
Alessandro Manca
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Le Poesie
di Antonio Dolceamore
In verità
Non
cercare
Quando cerchi
un qualcosa dalla gente
e con una scusa
o con un’altra
non ti da niente,
ciò non vuol dire
che sei un perdente.
E’ il mondo che va così.
Sempre di fretta corre:
lunedì, mercoledì
e il venerdì.
Per chi ha la fortuna
di far riposo
magari di martedì
ed ecco il fine
settimana per chi
ha negozio di giovedì.
Com’è composta
fra vita e posta
quella che aspetti,
che non si tratti
d’una bolletta
da pagare
o di sentirsi
affogare.
Quindi resta nel tuo
senza chiedere;
vedrai un’intesa
nel richiedere
da chi osa
perché gli serve
un qualche cosa
perché osa.
L’amore
E’ come un treno
che viaggia
su due binari;
basta una deviazione
e la devozione lineare finisce.
Colpendo la persona
che si ferisce
e da l’inizio a
una nuova rotta
per arrivare a destinazione.
Sicuramente difficile
da intuire
e da capire
per chi non ha
cura nella guida.
Che si comporta
come un Giuda
nell’anima
più cruda.
Lascia intendere
cosa che sia
tanto la storia
è mia.
Come in queste
poche righe
che ti scrivo.
Una poesia
senza nessunissima
bugia o eresia.
Ho scritto un libro
non ancora aperto
al pubblico per
quel che sia
nel raccontare
la vita mia.
A chi non ancora
la conosce e giudica
cose che non sa,
chè fra il se
ed il ma
c’è vita…..
E sia come sia
è scritto in poesia.
20
D
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Un eroe della Nazione
albanese
S.P.D.C.
a quando frequento le Comunità, ti fanno conoscere anche l’ S.P.D.C. (Servizio
psichiatrico diagnosi e cura); lo conosci
perché se non rispetti le regole della comunità ti
propongono di prendere una nuova terapia e se
rifiuti, ti ritrovi all’S.P.D.C. Al momento dell’arrivo ti chiama uno psichiatra, si fa un colloquio
e poi ti propone di assumere le terapie, con la
facoltà di prenderle o rifiutarle; poi ti fa firmare un foglio dell’Asl dove ti chiede se accetti il
trattamento. Da quando frequento le Comunità
sono andato molte volte all’S.P.D.C. per i motivi
che ora elenco. Ne ho conosciuti due: quello di
Imperia e quello di Bordighera. Sono due strutture diverse: quello di Imperia, per certi aspetti è
migliore; quello di Bordighera è una prigione a
tutti gli effetti. Diverso da quello di Bordighera,
quello di Imperia, oltre a essere più spazioso, ha
la doccia e il bagno in ogni camera, c’è anche un
tavolo per mangiare; e male che ti vada siamo in
due in ogni camera. Gli infermieri sono molto più
affabili, gli strizzacervelli un po’ meno. C’è anche
diversità nel fare le pulizie: a Imperia le fanno tre
volte al giorno e bene. I pazienti sono migliori
perché si può dialogare e possono nascere nuove
conoscenze. Il vitto è decente e ci sono anche delle
infermiere carine e quando ci sono dei momenti
liberi si possono scambiare due parole. C’è un
terrazzo dove ogni ora si va a fumare e si vede
l’entrata del Pronto Soccorso e alcuni padiglioni;
guardre all’esterno ti permette di distrarti un poco.
C’è anche la macchinetta del caffè e lo puoi prendere tre volte al giorno; c’è una bellissima sala TV
con la possibilità di ricevere parenti dal momento
che nell’ampio salone ci sono divani e poltrone.
In comunità vai all’ S.P.D.C. con fogli firmati
in bianco e, secondo l’operatore, lo compila con
scuse assurde, poi chiamano l’ambulanza a parti
con le sirene accese. L’S.P.D.C. di Bordighera è
piccolino; ci sono tre bagni per i diciotto ospiti fra
uomini e donne. Si mangia male; le infermiere/i
si chiudono nello stanzino per quasi tutto il tempo del loro servizio. E quando c’è un’emergenza
sono problemi, e mi meraviglio che il primario
non faccia nulla per migliorare la situazione. Lì si
fuma a intervalli di due ore, sempre nella saletta
dove si mangia e si guarda la televisione; è tutto
lì. Bombardano di terapie per farti dormire tutto
il giorno e molti non hanno nemmeno la forza
per andare a mangiare. Si mangia malissimo e le
porzioni sono scarse; per fortuna vengono i parenti a portare qualcosa da mangiare. Da quanto
ho capito in queste strutture ci sono veri e propri
lazzaroni, se non peggio perché in questo circuito
l’Asl paga moltissimo per mantenere queste strutture e spesso non c’è nemmeno la carta igienica,
e spesso sono situate in posti sperduti: in Liguria
sono sulle Alpi Marittime o sugli Appennini, e
nessuno controlla il loro operato e fanno quello
che vogliono; tanto quando ci sono gli sporadici controlli, fanno vedere che tutto va bene. E
dopo?..... Molte persone non dovrebbero stare
in quei posti perché non sono malati psichici.
Siccome i lor signori sono padroni di scrivere
tutto quello che vogliono, la povera gente rimane
lì, tanto non ci sono verifiche sul loro operato. E
noi a soffrire.
Bruno De Petris
21
L
a nazione albanese è stata sotto l’impero
turco per circa cinquecento anni. E’ per
questo che la maggior parte degli albanesi è diventata musulmana. Prima che venisse
conquistata dalla Turchia, l’Albania era pura
cristiana. Vorrei raccontare qualcosa della vita
dell’eroe Scanderbeg.
Scanderbeg è un soprannome turco perché
il vero nome è Georgj
Kastrioti. Egli nacque
in un paesino chiamato appunto Kastrioti, vicino alla città di
Kruje intorno al 1403.
Quando aveva nove anni i turchi gli uccisero i
genitori, lo rapirono e lo portarono a Istanbul, in
Turchia, insieme a molti altri bambini. Ancora
in giovane età venne assunto nell’esercito turco
e diventerà un valoroso combattente. Ma dopo
qualche anno, insieme con trecento cavalieri,
prepara la fuga e torna a Kastrioti, dove era nato.
Da li iniziano le sue lotte per liberare l’Albania
dal dominio turco. E dopo venticinque anni di
battaglie riesce a liberare la sua patria. E per
onorare il suo eroe la piazza principale di Tirana, la capitale dell’Albania, si chiama Piazza
Scanderbeg.
Naim Gjoklaj
22
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Il mio avo
C
i troviamo nel circa
1403 quando nasce
un bambino chiamato
Giorgio Castriota di famiglia
reale in Albania. Quando per
cause maggiori all’età di 5/6
anni dovette essere ceduto ad
un sultano turco che era potente ed era entrato in Albania.
Una volta allevatolo adattandolo fino ad una certa età di
17 anni vedendolo valoroso e
combattente lo inserisce nelle
sue milizie chiamate giannizzeri che all’età di 25 anni gli
affida il comando di cui molte
terre aveva conquistato che da quando lo aveva
allevato gli cambiò il cognome da Castriota in
Skander che poi per un titolo nobile si aggiungeva bei o beg chiamandosi Skanderbeg Giorgio,
famoso per le sue molte battaglie ed il comando
dell’Albania fino alla sua morte per malanni nel
1467. Avendosi ribellato al sultano turco quando
lo mandò a combattere contro gli albanesi che
qualcuno sapendolo lo portarono dalla madre che
egli non credeva poiché cieca. Ma al rivelargli di
avere un neo sotto l’ascella e 2 dita attaccate del
piede scoppiò a piangere riconoscendo in essa
la madre e la sua vera origine. Ribellandosi e
combattendo per la sua terra per molti anni fino
alla sua morte per cause naturali. Poiché i turchi
approfittando della sua malattia stavano per entrare in Albania, consigliò a suo figlio Giovanni
di nome come suo padre Castriota di scendere in
Italia avendo delle terre feudatarie in Calabria e
Sicilia dategli dall’alleato fatto con il re delle due
Sicilie, re Riccardo se non sbaglio, ed il figlio così
fece radunando i familiari suoi più stretti circa
seicento e si imbarcarono per l’Italia dividendosi
in due tronconi; per metà in Calabria con l’erede e
l’altra in Sicilia. Dal mio sapere
come in origine trasferitami
la storia dai miei parenti in
San Nicola dell’Alto Crotone
avendo avuto lui una storia con
una donna e per paura degli
ottomani alleati con i romani,
come fu cambiato il cognome
al padre in Skanderbeg, lui per
l’amore del padre come verso
il figlio, cambiò il cognome al
nascituro facendo perdere le
tracce in Dolceamore, quello
verso la propria famiglia, poi di
seguito tutta la discendenza dei
maschi fu fra Sabato ed Antonio di nome. Giorgio Castriota Skanderbeg oltre
che essere stato un eroe ed ancora per l’Albania
è stato nominato dal papa con un titolo cattolico
poiché era cristiano nel 1433 (flagello di Dio),
non ricordo bene il titolo su racconti fattimi da
piccolo e storie susseguite nell’informarmi su al
paese; ma è tutto vero anche se potrei perdermi su
qualche punto e virgola, è da lì la mia discendenza
che ancora parlano tutti harberesce, un paesino
di circa 1500 anime situato a 40 Km di distanza
da Isola di Capo Rizzuto.
Poi di leggende ce ne sono tante ma questa è una
storia raccontata nella purezza dei fatti raccontati
negli anni dagli avi ad oggi delle origini del cognome che porto con onore nel sangue harberesce. Un saluto a tutti i paesani e compaesani albanesi e all’Italia che ci ha dato la rinascita. Giorgio
Castriota Skandebeg ha soccorso anche Venezia
alla sua epoca per quanto ne sono informato, poi
negli anni a seguire sbarcò in Puglia e Basilicata
e Aquila ma tutt’altra storia dall’originale che in
onore un castello in Calabria gli è stato dedicato
con il suo casato.
Antonio Dolceamore
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Pensieri
Un giorno
particolare
Giorno maledetto
dove mi hai portato?
Un bicchiere in più….
Sono rovinato!
Un racconto vero
che io vivo male
per un po’ di tempo
indietro delle sbarre.
Sette mesi in fila,
ripensando bene,
hanno lasciato andare via
il vizio di bere.
Ho promesso
a tutti amici e parenti
senza vino, grappa
sono più fidente.
Senza gradi in testa
realizzo tanto
con la mia sposa
che mi sta accanto.
Così vi consiglio
giovani e adulti
di non arrivare
in questi posti brutti.
Spero questo tempo
che camminerà
fino in primavera
sono in “libertà”
di Ion Bunduc
Pensiero di
fine anno
Fra un po’ di giorni
arriva “Natale”
voi tutti, amici cari,
devo ringraziare
siete sempre vicini
nei momenti difficili.
Auguro tanto bene
salute, felicità a voi
alla vostra famiglia.
Adesso da dove sono
vi auguro un “Anno nuovo”
più ricco degli anni scorsi
con più soldi, più risorse.
Questo è il mio pensiero,
ve lo auguro davvero
dal vostro amico “NELO”.
24
L
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Gli angeli esistono
a mia donna. L’angelo che dalle stelle aveva deciso di abbandonare il suo mondo di amore
acceso per accostarsi al mio limbo di dolore e cercare che evitassi di farmi inghiottire completamente dall’insensata oscurità della vita. Che Dio mi perdoni, ho respinto il suo emissario,
il mio angelo. Una perla preziosa, graziosa e dolce come una Madonna. Ora che non è più accanto
a me piango lacrime di sangue amaro che non arrestano o spengono quella fiamma di dolore che
mi brucia il cuore. Ma non ha colpa il mio angelo! L’ho respinto con tutte le mie forze nonostante
fino all’ultimo abbia cercato di non mollare la presa con le sue grida di pianto. Il mio male ha vinto
anche sull’amore che provavo per quell’angelo. Ora chissà dove sarà il mio angelo. Non lo so con
certezza, ma forse starà cercando, come da sempre sua abitudine, di strappare un sorriso a uno dei
tanti che hanno perso la speranza. Lei è così; questo è il suo compito per cui l’Altissimo l’ha chiamata:
soccorrere e dare voce ai più deboli. Gli angeli sono così: prima volano tra le nuvole, poi di fiore in
fiore e infine tra uomo e uomo. Ripeto: gli angeli esistono. Lei era diventata tutto per me. Sole, luna,
mare, ma anche coraggio, passione, amore incondizionato. Sempre insieme. Ora, mentre continuo
in parte a piangere, gioisco nel sapere che fino alla fine del mondo o dell’infinito, lei, il mio angelo,
sarà sempre con me richiamandomi ricordi pieni di colori accesi e vivi rispetto a quelli morti e spenti
che mi avevano sempre perseguitato. Grazie, angelo mio!
Corrado Pane
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Le Poesie e altro
Un carabiniere
C
L’amore
per una donna
(Da Cecco Angiolieri)
Si fossi foco arderei lo monno per te, Teresa.
Si fossi sole ti illuminerei e ti coprirei di raggi di sole
si fossi vento lo spazzerei per te.
A te sarei sempre fedele
anche se il mio male sono il bere e le canne
e non ti posso fare del male
perché ti rispetto
e perché penso che sia un amore impossibile.
Paolo
ari colleghi, perdonatemi se lo volete.
Sono un tipo sensibile ma molto buono, non
per vantarmi. Come voi
sapete, nell’anno 1983 ero
un carceriere e sono stato
un carceriere onesto. Adesso sono un carcerato più
onesto di quello che ho detto prima, cioè del
carceriere. Senza interesse, vi chiedo scusa e
perdono se vi ho offeso. Vi ho chiesto una
protezione ma non è stato possibile prima
che mi arrestassero. Che Dio vi benedica!
Carabiniere in congedo,
Salvatore Leo
Ricercare
Se potessi esprimere un desiderio,
guardando una stella cadente
le chiederei qualcosa di te
e poi ancora, ancora
di parlarmi di lei
illuminandoti il cuore.
Ovunque tu sia
è bello sapere che ci sei.
Noi figli delle stelle
nell’infinito ignoto
in cerca della luce
e del senso delle cose.
Angelo Barsà
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Il dono più bello
I
l dono più bello è la vita. Nella vita capita a chiunque di commettere errori; ma il vero uomo è
chi sa rialzarsi dopo una caduta; altrimenti sarebbe troppo facile vivere senza errare mai. E’ per
questo che piccoli o grandi, ognuno commette errori, spesso guidati dall’incoscienza o dal lato
negativo di noi stessi che ogni tanto se ne viene fuori anche se sarebbe meglio che non accadesse
mai e che se ne stesse al suo posto.
La vita passata è passata;
è passata come la nottata;
ma quando nell’invernata più buia,
la mattinata viene illuminata da un raggio;
un raggio di tiepido sole
che cancella dai campi la rugiada
e fa salire la temperatura,
è bello avere una ritrovata mano che ti rassicura;
stando insieme nel giusto, passa ogni paura.
Nazareno Mancini
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28
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Un breve viaggio,
una lunga storia
M
i sveglio alle sette; il mio primo
pensiero già vola su Firenze; l’emozione è tanta. Alle nove si esce;
l’ansia mi assale, ma finalmente si aprono le
porte del carcere. Ad aspettarci c’è un furgone taxi sul quale saliranno, oltre a noi cinque
detenuti in permesso, alcuni operatori. L’adrenalina è tanta, durante il tragitto cerchiamo di
sdrammatizzare discutendo del programma.
A un certo punto della strada noto che siamo
in una zona panoramica da dove si vede tutta
Firenze. Ci annunciano che siamo arrivati
a destinazione. Sulla mia destra scorgo una
scalinata lunga e imponente costituita da una
struttura particolarmente interessante che
porta alla chiesa di San Miniato. Lassù ad
attenderci vi erano altre autorità e, riuniti in
gruppo, ci siamo avviati verso l’ingresso della
chiesa. All’esterno si apre un ampio piazzale.
Il mio sguardo è colpito dalla spettacolare visione panoramica del luogo che comprendeva
tutta la città di Firenze. Mentre incantato
osservo il panorama, siamo stati invitati a
entrare.
All’interno la nostra assistente volontaria ci ha
descritto per circa venti minuti e in maniera
esemplare tutte le raffigurazioni dipinte e lo
stile architettonico della chiesa. Successivamente si è presentato un padre benedettino
che emanava un senso di serenità, di pace e
di luce come se fosse in Paradiso. Per i primi
trenta minuti ci ha spiegato la storia di San
Miniato (gli fu tagliata la testa sulla riva
dell’Arno, lui la prese in mano e salì il colle per
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
essere sepolto dove ora si trova la chiesa a lui
dedicata). Ci ha parlato del significato sacro
delle raffigurazioni. Una cosa che mi è rimasta
impressa è stata quando il padre ha spalancato
il portone centrale e la chiesa è stata inondata
da una luce splendente.
In seguito, con tristezza e grande rammarico, è
giunto il momento di lasciare quel posto sacro
per visitare Palazzo Vecchio, sicuramente uno
dei palazzi più antichi e sede residenziale e
politica della famiglia Medici. A piedi ci siamo
inoltrati nel centro della città e, essendo ormai
giunta l’ora di pranzo, abbiamo sostato in un
locale modesto ma accogliente. Il pranzo è
stato ottimo e grande l’armonia tra i presenti.
Finito il pranzo ci siamo avviati a piedi e dopo
alcune centinaia di metri mi si è presentato
l’imponente palazzo: Palazzo Vecchio! Ad
accoglierci è arrivata una signora responsabile
del “municipio/museo”, simpatica e piena di
entusiasmo che ci ha accompagnato in tutte
le sale del palazzo descrivendo dettagliatamente alcune opere d’arte presenti. Mi ha
stupito il fatto che in mezzo a tutte quelle
statue, dipinti e affreschi, si è aperta una
grande sala dove era in corso un’assemblea
al cui centro c’era il sindaco di Firenze. Sono
rimasto proprio sbalordito dall’entusiasmo
della signora che ci ha fatto da guida perché
conosceva la storia di ogni opera d’arte che
incontravamo. Mi ha sbalordito anche la nostra insegnante di arte che per la terza volta ci
prepara a conoscere e capire le opere che poi
andiamo a visitare. Viene una volta alla settimana alla casa circondariale per farci lezione.
Secondo una tradizione ormai consolidata
in queste uscite collettive tutti e cinque noi
permessanti ci eravamo preparati a commentare la storia e il significato artistico delle
più importanti statue presenti nel palazzo.
Io sono rimasto affascinato fino dal primo
29
momento dalla scultura fusa in bronzo di
Giuditta e Oloferne; la statua doveva essere
descritta da un mio compagno che però non
ha potuto partecipare alla gita; così ho avuto io
la gioia di descriverla. Si tratta di una fanciulla
che per salvare la sua città di Betulia dalle
truppe assire, si reca di notte nella tenda del
condottiero e dopo averlo fatto ubriacare, gli
vibra un colpo di spada tagliandogli la testa.
E’ rimasta così nella storia come un’eroina di
libertà e di vittoria sul nemico tiranno. Il viaggio di ritorno verso Prato è stato leggermente
meno allegro del viaggio di andata.
Agostino Rocco
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
Una laurea
Dal purgatorio
al giardino di Boboli
I
nsieme ad altri quattro detenuti della casa
circondariale di Prato, sono stato, grazie a
un permesso premio collettivo di dieci ore, a
visitare Palazzo Pitti e il giardino di Boboli a Firenze. In una bellissima giornata di sole ci siamo
inoltrati nel centro della città e, sbucando da una
curva, ci siamo trovati di fronte a un imponente
palazzo: Palazzo Pitti, grandioso e severo, tutto
rivestito di pietre enormi.
Ed è ancora più bello all’interno, con moltissime
sale tappezzate con quadri a dir poco meravigliosi; opere di maestri del Cinquecento e Seicento
italiano ed europeo, da Raffaello a Rubens.
Noi ci eravamo preparati a questa visita. Avevamo studiato Raffaello, e nell’occasione abbiamo
illustrato tutti i quadri di Raffaello sotto l’attenta
visione, e qualche correzione e approfondimento,
dell’assistente volontaria ed ex direttrice della
Galleria Palatina di Palazzo Pitti che ci aveva
fatto scuola nei mesi precedenti. Con lei c’era
sempre un’altra assistente volontaria; io la chiamo
l’Americana perché è originaria degli Stati Uniti.
Loro due ci dedicano tutte le settimane un paio
d’ore intrattenendoci sulla cultura in generale
(arte) e visione di film che poi commentiamo
insieme.
Mi ha colpito moltissimo l’architettura di Palazzo Pitti e il giardino di Boboli che è bellissimo:
un’esplosione di alberi di tutti i generi per tantissimi ettari di terra curati in modo tradizionale con
lo stesso stile e metodo antico con cui il giardino
era curato nel 1600 quando è stato impiantato.
Mi hanno impressionato il modo, la cura e l’attenzione che dedica alle colture il giardiniere che
ci ha fatto da guida e ci ha spiegato i metodi e
le modalità della cura delle piante. Abbiamo poi
pranzato in un locale del centro storico che è un
misto di tradizionale e di moderno. Insomma,
una giornata memorabile che rimarrà a lungo
impressa nelle nostre menti.
Un grazie al Magistrato di sorveglianza, al direttore del carcere, alle educatrici che hanno
fatto in modo che si potesse concretizzare una
giornata dedicata all’arte e alla cultura e che ci
hanno fatto vivere dieci ore nella spensieratezza.
Un grazie speciale al direttore di Palazzo Pitti e
ai suoi collaboratori che ci hanno messo a disposizione il loro tempo prezioso permettendoci, e
non è poco, di visitare Palazzo Pitti nel giorno
di chiusura al pubblico; tutto per noi. Un grazie
anche al giardiniere di Boboli.
Rocco Agostino
E
ugenio Figini, una vita avventurosa e movimentata, - qualche volta scavalcando i limiti
della legalità - che lui stesso ha messo
su pagina in un bel libro autobiografico uscito di recente “Lupo Alfa”, si
è laureato in ingegneria meccanica
all’Università di Firenze. Appassionato
di motociclette (lavora in un laboratorio di ricerche a Prato) non ci sarà
tanto da stupirsi se in un futuro anche
prossimo avremo notizia di una sua invenzione in campo motociclistico. Al
neo dottore congratulazioni e auguri
da parte della redazione di Spiragli (a
cui peraltro non ha mai collaborato!)
e dell’associazione di volontariato penitenziario.
La redazione
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Spiragli - Luglio-Dicembre 2014
è aperto alla collaborazione di chiunque voglia partecipare con proposte,
commenti, articoli, critiche, poesie, vignette.
INVIARE IL MATERIALE AL SEGUENTE INDIRIZZO:
Redazione di Spiragli - Ospedale Pschiatrico Giudiziario,
Viale Umberto Primo 64 - 50056 Montelupo Fiorentino (FI)
Oppure contattare la redazione il martedì e il venerdì dalle ore 13.30 alle ore 15.00
presso la sala della biblioteca piano terra, 3ª sezione
A.V. P.
Associazione di volontariato penitenziario
WWW.SPIRAGLI.IT
Via delle Ruote 22 r - Firenze - tel. 055.470412
Per contributi e donazioni:
C.R. FIRENZE - AGENZIA 26 - IBAN: IT72M0616002826000012433C00
“Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l’autorizzazione e secondo le direttive
del magistrato di sorveglianza - su parere favorevole del Direttore - tutti coloro che, avendo
concreto interesse per l’opera di risocializzazione dei detenuti, dimostrino di poter utilmente
promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera”
Art. 17 legge 354/75
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Anno 15° - n. 67-68