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Una pubblicazione ben curata, rimaste rizzata a 24 bit, con
un booklet pieno di informazioni ,
curiosità e foto , che può rappresentare un punto fermo, definitivo
per chi voglia avvicinarsi o approfondire la creatività e l'arte di un
chitarrista che rivoluzionò il modo
di suonare la chitarra, a dispetto
anche delle avversità fisiche che
lui seppe trasformare in opportunità.
Gabrie/e Longa
Django Reinhardt
The Last Studio Sessions
Essentia/ Jazz C/assics / Egea
Music
Questo CD raccoglie tutte le
ultime registrazioni del grande
Django Reinhardt, sia in studio
che dal vivo, a partire dal 1951
fino alla sua ultima session dell'8
aprile 1953, che ha avuto luogo
quasi un mese prima della morte
improvvisa del chitarrista all'età
di 43 anni. Tutte le registrazioni vedono il chitarrista in piccoli
gruppi e comprendono un buon
numero di composizioni dello
stesso Django , tra cui spicca l'ipnotica "Anouman", divenuta un
archetipo e un riferimento imprescindibile per tutti gli appassionati e i chitarristi amanti del genere.
Tra le chicche di questa raccolta spicca la session in quartetto
realizzata per Norman Granz nel
marzo del 1953, una delle registrazioni di Django più rare, con
il chitarrista affiancato da Martial
Solai al pianoforte , Pierre Michelot al contrabbasso e Pierre
Lemarchand alla batteria. Come
bonus è stata aggiunta una versione in quartetto di "Yesterdays"
registrata in studio nello stesso
anno, ma conservata solo grazie
a una trasmissione radiofonica.
Django morì prima di poter re alizzare registrazioni in stereo.
Ma, dal 1953 in poi , le tecniche
di registrazione divennero decisamente migliori rispetto a quelle
relative ai primi anni della carriera del chitarrista gitano. Per cui
la rarità della bonus track rappresenta un documento prezioso,
che testimonia del miglior sound
possibile di tutta la discografia di
Django.
l'esattezza delle trascrizioni su
pentagramma ad opera di Marco
Rossetti che , nella appassionata Prefazione che apre il volume dopo la 'benedizione' dello
stesso Renbourn , racconta con
commozione e quasi devozione
i lunghi momenti trascorsi con il
Maestro a 'costruire' questi nuovi
arrangiamenti , verificandoli momento per momento , corollario
di una fascinazione iniziata nei
mitici anni '80 (ma per chi scrive
erano già mitici i '70: e qui dico
io «ahimè l ", e due) del Fokstudio
romano.
La seconda cosa che emerge
è la statura davvero imponente di
Renbourn come autore: cosa già
risaputa, certo , ma che in qualche modo riceve da questa operazione come un'investitura ufficiale (qualche vol ta ce va', e qui
parte il terzo «ahimè!u) perché i
suoi brani , anche quelli notissimi
come ''The Hermit", "Judy" non
a caso qui "New Judy", "Luke's
John Renbourn
Guita r Works - Solo composit ions fa r classica I o r acoustic
gu itar - Revised and edited by
Marco Rossetti
Faber Music / V%ntè & Co (libro
+ CD)
John Renbourn per chitarra
classica! E non inganni il sottotitolo del volume che magnanimamente amplia il bacino d'utenza
anche alla 'acoustic guitar' (e
comunque: perché no?): qui si
sente il nylon , qui ci vuole il poggiapiede , qui bisogna mettersi
la chitarra sulla gamba sinistra
e ... (per molti ci sarà un sonoro
«ahimè! ", il primo) qui bisogna
saper leggere la musica (anche
se naturalmente l'ottimo CD,
con le magnifiche esecuzioni di
Marco Rossetti che accompagna l'edizione, potrà servire da
modello per chi voglia comunque
approcciare queste trascrizioni
riproducendole per imitazione) .
Ma la prima cosa che colpisce
in questa meritoria iniziativa è
proprio la perizia, la ricchezza e
16
chitarra acustica 04 duem ilatredici
Uttle Summer" , "The Black Balloon", "Ladye Goes to Church",
"Luckett Sunday" trovano sonorità ed echi inauditi. E bene ha
fatto Rossetti a paragonare la
scrittura e la figura renbourniane
a quelle di Villa-Lobos, di Barrios ,
di Jiménez Manjòn, gente che ha
bagnato la propria raffinatissima
innovazione stilistica ed espressiva nel 'popolare', restando
sempre profondamente originale
e aperta a tutte le influenze. Nel
caso di Renbourn colpiscono le
reminiscenze arcaizzanti (che poi
negli usi modali vanno a ricollegarsi al blues , al folk , al jazz) a
partire dagli splendidi titoli quali
"Ladye Nothynge's Toye Puffe"
o "Arc et Senans". Ma il top del
volume (e del CD) resta secondo me l'iniziale "Palermo Snow",
nella quale il 'nordico' John fa
suoi , con infinito amore, gli occhi
incantati dei siciliani davanti a
una inusuale nevicata e produce
un brano di inaudita ricchezza
armonica e melodica (mediterranea, siciliana e a tratti addirittura
rusticana) che si conclude con un
baluginio di armonici che rimane
nel cuore per molti giorni .
Tanto altro si potrebbe dire, ma
il volume e il CD parlano da soli
(ci sono commenti accurati dei
singoli brani, appendici di approfondimento con varianti e simboli
frequentemente usati ...) e quindi
chiudo qui con un'unica e doverosa avvertenza: nessuna illusione,
i brani (quarto e ultimo «ahimè"')
non sono facili , la scrittura è talvolta densa e sono richieste notevoli capacità espressive . Nessuna illusione ma anche nessuno scoraggiamento: ascoltare,
approcciare , costruire, entrare in
questi brani è un lavoro dello spirito che arricchisce , migliora, fa
stare bene. Come un viaggio in
terre inesplorate o che, così, nessuno aveva esplorato mai. Avete
presente Il Milione? Ecco .. .
Comprare subito.
Carlo de Nonno
Philipp Wiechert & Sonke
Meinen
PhiliSophical Jou rn ey
Acoustic Music Records
Gioca con le iniziali dei loro
nomi il titolo di questo album d'esordio del duo Wiechert & Meinen , cosi come 'Die PhiliS6phen'
è, appunto, il nome che hanno
deciso di dare alla loro formazione. Non saprei dire se siano tra
gli artisti più giovani presenti nel
catalogo della prestigiosa etichetta di Peter Finger, ma la loro giovane età è un dato di fatto (i due
sono, rispettivamente, classe '89
e '91) e questo non può che sorprendere. Sorprende, infatti, fin
dal primo ascolto questo CD: per
l'estrema fruibilità, per la varietà
dei generi, per l'evidente padronanza degli stessi, per la tecnica
espressa, per la .. . freschezza.
Entrambi hanno scoperto molto presto la loro passione per la
musica: Philipp a sei anni già
prendeva lezioni di pianoforte,
passando alla chitarra a dodici
anni, mentre S6nke si avvicinava
alla chitarra acustica già a otto
anni, esibendosi su un palco solo
due anni dopo. Gli anni successivi per entrambi sono un continuo
ribollire di esperienze, in gruppo
e da soli , nelle quali coltivano le
loro passioni: più orientate al jazz
quelle di Philipp (sue, infatti, le
elettriche nell'album), più legate al fingerstyle quelle di S6nke
(Tommy Emmanuel il suo modello , con il quale si è anche incrociato sul palco per la prima volta
nel 2007) .
Questo progetto, datato 2012,
è una sorta di compendio del
loro bagaglio musicale . Si va da
una "Crucial Experiences" chiaramente ispirata da TE , per proseguire con la fusion di ''Timeout''
(la mia preferita) , passando attraverso le melodie irish di "R66I"
o il latin di "Mexican Tapas Bar" .
Undici brani , tutti originali, tranne
le due cover di "Mr. Bojangles"
di Jerry Jeff Walker, che vede la
partecipazione del violino di linda Gossmann , e "Made in France" di Biréli Lagrène.
Andate a cercare i loro video su
YouTube , vi divertiranno. Anche
questa volta Herr Finger ha avuto
l'occhio lungo ...
Alfonso Giar dino
Marco Poeta - Alessandra Losacco
Rem iniscence 01 John
Dowland
Continuo
Il grande liutista e compositore
elisabettiano John Dowland , dalIa vita errabonda ed enigmatica,
esercita da sempre un grande
fascino su musicisti e cantanti
contemporanei. La sua 'moderni-
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chitarra acustica 04 duemilatredlci
tà', le atmosfere inquiete dei suoi
songs, le sottigliezze della sua
musica hanno suscitato operazioni , diverse dalle riproposizioni più o meno fedeli da parte di
complessi e artisti specialisti , di
grande intensità sebbene talvolta discutibili. In campo 'classico'
ricorderemo la collaborazione tra
Julian Bream e l'attrice Peggy
Ashcroft, in un talvolta avventuroso mélange di melodie dowlandiane e versi di Shakespeare
(con Bream che suonava il liuto
con le unghie e l'impostazione
chitarristi ca classica ... ); in campo 'pop' (ma si dirà ancora cosi?)
il CD cupo e bellissimo di John
Surman e quello ormai fin troppo celebre di Sting , meritorio per
certi versi , deleterio per altri (ovviamente per chi scrive) .
Marco Poeta e Alessandra
Losacco (con la collaborazione
del New Vocal Ensemble) fanno
piazza pulita di tutto ciò, e soprattutto di ogni scrupolo filologico, e
propongono un Dowland in cui
le linee vocali (sostanzialmente intatte ma screziate da un'espressività decisamente non tradizionale) sono sorrette da una
chitarra a dodici corde suonata in
uno stile derivato dal fado (genere in cui Poeta è maestro) che si
prende, dichiaratamente, molte
libertà e che , dopo qualche sgomento iniziale , finisce per sedurre. Di tanto in tanto, gli interventi
dell'ensemble vocale sembrano
riportare Dowland sulla 'sua' strada: ma qual è la sua strada?
Alla fine gli efficaci brani strumentali originali di Poeta sembrano più elisabettiani dei songs del
'semper dolens'... Ma è proprio
questa la forza di Reminiscence:
non riproposizione filologica, ma
appunto 'reminiscenza' e soprattutto passione e cuore.
I brani vocali sono da 'greatest hits' dowlandiano (tra gli
altri , "Flow My Tears", "Come
Again", "Say Love If Ever Thou
Didst Find" e, un po' spaesata rispetto al mondo di Dowland ma
molto bella, "Have You Seen But
a Bright lily Grow?" di Robert
Johnson). Meritorio il libretto, con
le traduzioni accurate dei testi.
Un CD da ascoltare e riascoltare,
per poi ritrovare gli originali e ...
riascoltarlo ancora.
Carlo de Nonno
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Chitarra Acustica, aprile 2013