Una biografia per immagini Book or Report Section Published Version Medioli, F. (2015) Una biografia per immagini. In: Medioli, F. and Mancini, R. (eds.) Il costruttore di immagini: Enrico Medioli sceneggiatore. Aska, Florence, pp. 27-42. ISBN 97888775422448 Available at http://centaur.reading.ac.uk/40622/ It is advisable to refer to the publisher’s version if you intend to cite from the work. Publisher: Aska All outputs in CentAUR are protected by Intellectual Property Rights law, including copyright law. Copyright and IPR is retained by the creators or other copyright holders. Terms and conditions for use of this material are defined in the End User Agreement . www.reading.ac.uk/centaur CentAUR Central Archive at the University of Reading Reading’s research outputs online UNA BIOGRAFIA PER IMMAGINI FRANCESCA MEDIOLI 1. Parma, 1925-1945 Enrico Medioli nasce il 17 marzo 1925 alle 11.15 della mattina1 a Parma, a Palazzo Bocchi, allora strada Farini, 93, dove la sua famiglia ha in affitto un grande appartamento al piano nobile. Viene battezzato il 30 aprile 1925 in Battistero con i secondi nomi Guido Maria - forse in onore del vescovo di Parma, Guido Maria Conforti, 1865-1931, di cui il padre era amico personale - padrino un fratello del padre, Ennio (1898-1928), e madrina sua moglie, Ines Del Soldato (1896-1986)2. Suo padre è Luigi Medioli (1890-1973), di Emilio (1861-1934) e di Ugolina Schiaretti (1866-1947), la madre è Ester Cattivelli (1888-1978), di Vittorio e di Teresita Giovanardi. I genitori si erano sposati il 20 aprile 1913 a Noceto3: Ester portava in dote la tenuta di San Pancrazio, presso Parma, e il giorno del matrimonio indossava un paio di scarpe che erano costate la somma astronomica di 100 lire (di solito ne costavano 15). Enrico è il più piccolo dei figli: prima di lui vengono Anita (1914-2009), Emilio (1916-1987) e Peppino (1921-2011). Il padre ha un’impresa di costruzioni, come già il nonno e il bisnonno (secondo quanto tramanda la leggenda famigliare, a loro si deve il trasporto delle statue poste ai capi del ponte sul fiume Taro verso Fidenza e quello delle colonne del portico d’ingresso del Teatro Regio di Parma, sotto Maria Luigia). L’impresa è in costante espansione: Luigi in quegli anni, per poter seguire tutti i lavori, viaggia dormendo in treno, in prima classe, e sbarbandosi con il rasoio elettrico. Oltre alla costruzione del convento delle Missioni Estere, del Seminario e di Palazzo Medioli in Piazza della Ghiaia a Parma negli anni Trenta, il 1° gennaio 1939 inizia la costruzione della linea di fortificazioni da Tarvisio a San Candido detta Vallo del Littorio, che proseguirà fino al 1942. Dopo la guerra, oltre all’isolato bombardato di Piazza Garibaldi a Parma, costruisce quello di San Rocco a Reggio Emilia, su progetto dell’architetto Luigi Vietti; negli anni Cinquanta impiega fino a 5.000 operai, facendo opere pubbliche quali la posa dei cavi telefonici da Ventimiglia a Reggio Calabria. Luigi, come servizio di leva sostitutivo alla ferma che in quel periodo era di due anni, aveva fatto, da volontario, la guerra di Libia nel 62° reggimento di fanteria, in qualità di soldato semplice e poi di caporale, facendo prima il corso d’istruzione dall’ottobre al dicembre 1910 (dove ebbe come compagni Lupo Meli Lupi di Soragna e Lupo Corradi-Cervi). Poi, imbarcatosi a Palermo il 9 ottobre 1911, fu in Tripolitania fino all’aprile, sbarcando a Catania il 16 e venendo infine congedato il 20 aprile 1912. Allo scoppio della prima guerra mondiale era stato richiamato l’8 agosto 1914, dapprima nel 52° reggimento di fanteria, poi, dal 27 settembre 1914 fino al 15 novembre 1914, nel 21° reggimento di artiglieria, compagnia auto- 1 Parma, Anagrafe di Stato, anno 1925, Parte I, atto n. 221. 2 Archivio del Vescovado di Parma, Registro dei battezzati del Battistero, anno 1925, n. 161, c. 54. 3 Diocesi di Parma, Parrocchia di Noceto (Parma), registro dei matrimoni non numerato, 1908-1919, n. 20, c.10v. 27 mobilistica, e quindi “in territorio dichiarato di guerra” dall’8 maggio 1915 all’8 agosto 1919, prima nella 4° compagnia automobilisti e poi nella 46° compagnia autotrasporto Piacenza4. Da tale esperienza sarebbe nato nel 1921 l’Auto-Moto Club di Parma, da cui ora l’ACI-Parma, di cui Luigi fu socio fondatore insieme al vecchio compagno d’armi Corradi Cervi5. La madre Ester, appartenente a una famiglia di possidenti terrieri della provincia di Parma, aveva studiato insieme alle sue sorelle (Ines, Isabella, Iolanda ed Ernestina) presso le Figlie della Croce, o Suore di Sant’Andrea, una congregazione religiosa stabilitasi a Parma con il ritorno degli ultimi Borboni e dedita alla cura dei malati e all’educazione delle fanciulle. Le religiose parlavano ancora in francese, e così le ragazze in educazione presso di loro. Le ragazze Cattivelli trascorrevano anche le vacanze estive in collegio, trasferendosi nella casa estiva posta sopra Fornovo. Enrico non va all’asilo, mentre per le elementari, come i suoi fratelli prima di lui, viene mandato al San Marcellino, vicino a casa. Va spesso all’opera, essendo suo padre appassionato, anche se la famiglia non possiederà mai un palco di proprietà (“La mia prima opera? Direi il Mefistofele”)6. Dopo essere stato cresimato in Duomo il 6 giugno, nell’estate del 1933, nel giardino dell’Albergo Fiames a Cortina d’Ampezzo, giocando con quello che si sarebbe rivelato essere un tubetto di gelatina, residuato della Grande Guerra, a causa dell’esplosione perde tre dita della mano sinistra. Risale a questo periodo la sua passione per il cinema: ci va spesso con la madre Ester (“Era molto miope e guardava il film attraverso la sua lorgnette”)7 o insieme alla cameriera e cuoca Ines Guareschi, che resterà in casa Medioli fino al 1978. Nel 1939 dopo aver visto Biancaneve e i Sette Nani, in occasione della nascita di una cucciolata di cani in casa, scrive in America a Walt Disney, raccontandogli di aver battezzato i sette cuccioli coi nomi dei nani: riceverà una lunga risposta corredata da un disegno formato poster degli stessi8. All’inizio della quinta elementare, nel periodo in cui la famiglia si trasferisce nella nuova casa circondata da magnolie e coperta da un grande glicine, appena fuori porta, vicino allo Stradone e alla Cittadella, in Viale Magenta, 1, viene iscritto presso la scuola Maria Luigia, l’ex Collegio dei Nobili, dove resterà fino alla conclusione della terza liceo classico (senza sostenere l’esame di maturità, sospeso per legge a causa della guerra in corso). Segue l’orario di semi-convittore, dalle 8.30 alle 7 di sera, mangiando a scuola (“malissimo”) e facendo i compiti là nel pomeriggio, insieme alle attività extra-scolastiche come l’equitazione e il francese. Qui incontra quali compagni di classe l’amico di tutta la vita Maurizio Chiari, Giulio Bollati, Franco Bassi, Giuseppe Contino, Cesare Gelmini, di qualche anno più giovane, nonché i futuri partigiani Ottavio Maria Ricci, caduto in battaglia, e Giacomo, detto “Giacometto”, Ulivi, condannato a morte e fucilato a Modena il 10 novembre 1944, medaglia d’argento al Valor Militare (“Sua madre aveva chiesto di vedermi, dopo il fatto, e io andai”)9. Ha come professori personalità da lui definite di “grandi educatori”, come Attilio Bertolucci, per l’italiano e la storia dell’arte (“Faceva notare la bellezza di “dolce colore d’oriental zaffiro” [Dante, Purgatorio, Canto I, n.d.r.], ma poi ci parlava di Joan Crawford, di John Ford, ci parlava di Fritz Lang”)10, e Ninnina Giovanardi Alpi (“severissima”), cognata di Attilio, la cui madre era australiana, per l’inglese. 4 Archivio di Stato di Piacenza, Distretti militari di Piacenza e di Parma, Registri e ruoli matricolari, Distretto di Parma, a. 1890, matr. 24042. 5 La notizia proviene da http://www.motorvalley.it/storia/dal-1913-il-lungo-viaggio-verso-il-duemila.html, che cita il volume a cura di D. Sassano, AC Parma 1913-1998. 6 Conversazione EM con FM, Orvieto, 5 aprile 2015. 7 Conversazione EM con FM, Orvieto, 16 ottobre 2014. 8 Conversazione EM con FM, Orvieto, 23 febbraio 2015. 9 Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, a cura di P. Malvezzi, G. Pirelli, Torino, Einaudi, 1954, pp. 493-497; conversazione EM con FM, 19 ottobre 2014. 10 Intervista a Enrico Medioli, Orvieto, Tuscia Film Festival, 1° luglio 2011, ora in https://www.youtube.com/watch?v=hdoWhnTaWrU; cf., per un’analoga citazione, il documentario di F. Barilli, Poltrone rosse. Parma e il cinema, 201?; e, ancora di più, il bel documentario di R. Talucci, Ritratto di sceneggiatore in un interno, 2013. 28 La famiglia della madre Ester Cattivelli (la seconda seduta sulla sinistra con gli occhiali). La scolaresca della signorina Franciosi in costume da pierrots: Enrico è il piccolo in piedi sulla carlinga del camion, il fratello Peppino a sinistra della bandiera. 29 Nel 1938, all’emanazione delle leggi raziali in Italia, a scanso di equivoci, essendo Medioli l’abbreviazione di Mediolani, il padre Luigi fa compiere una ricerca storica sulla famiglia Medioli, di cui si rintracciano i battesimi fino alla fine del Settecento presso la parrocchia di San Giuseppe, nell’Oltretorrente11. Nello stesso 1938 si inizia a costruire la grande casa di Cortina, dopo che il padre Luigi durante la Grande guerra aveva combattuto in quella zona. Rifatta la casa di Parma dall’architetto Vietti, Enrico potrà invitarvi personaggi di spicco in visita in città, come Lord Acton e Evelyn Waugh (“Quando venne a casa da noi, gli dissi che avevo letto tutti i suoi libri e lui mi rispose: “Dicono sempre così”; allora andai in biblioteca e glieli portai tutti…”)12. Enrico aveva un conto aperto presso lo storico libraio Vanini, saldato a fine mese dal padre (che, da parte sua, leggeva solo la Bibbia e La storia dei papi di Pastor, insieme ad almeno quattro giornali al giorno): quando però Enrico gli chiese la cifra astronomica di 20 mila lire per comprare A la recherche du temps perdu, che aveva letto grazie a un prestito del suo professore Bertolucci, la risposta fu: “Non solo non te li do, ma non voglio neppure questi volumi in casa mia”13. Nel 1940, terminata Cortina (a firma dall’architetto Maurizio Tempestini di Firenze), d’ora in poi Enrico vi ritornerà tutte le estati e spesso anche per Natale quando la famiglia festeggia in montagna. Questo finché questa casa non verrà venduta, come quella di Parma, le barche, i poderi e tutto il resto, in seguito a gravi dissesti finanziari dell’impresa del padre, che porta alla dichiarazione del fallimento nel 1972, nonostante nel 1968 i due soci, Luigi e il fratello Ettore (1894-1976), si fossero impegnati a liquidare tutti i beni della società, insieme a quelli personali dei due soci, che a ciò non erano tenuti, per onorare i debiti14, tutti pagati fino all’ultimo centesimo. Dopo il ’43, mentre la casa di Viale Magenta viene occupata dalle SS (e dopo l’aprile ’45 dal comando inglese e poi da quello americano), la famiglia sfolla, in bicicletta, nella propria casa di campagna di Santa Romana, vicino a Monticelli Terme, casa dotata di tennis e piscina, mentre il padre deve lavorare con la sua impresa per l’Organizzazione Todt, direttamente sottoposta al governo centrale tedesco. Questo gli permette di salvare dal servizio militare molti ragazzi di leva, fra cui anche Bruno Ferrari, detto “Brunen”, che resterà in casa fino al 1973 come autista. Ciò non impedisce tuttavia che Luigi venga arrestato dalle SD, la polizia politica delle SS, per una sospetta collaborazione con i partigiani e successivamente dai partigiani per una supposta collaborazione coi tedeschi. La guerra però non arresta le vacanze nella casa di Cortina e in quelle di Rapallo e Santa Margherita della zia Maria Medioli Canali (1898-1974), moglie del fratello del padre, Ettore, molto amata dai nipoti Emilio ed Enrico. Il 25 luglio troverà tutta la famiglia riunita in montagna e l’8 settembre causerà il ritorno immediato di Enrico dalla Liguria, in una Parma deserta dove non trova neppure un taxi alla stazione. 2. Milano-Davos, 1945-1950 Alla fine della guerra (“uno dei giorni più belli della mia vita”15), Enrico con il compagno di classe Maurizio Chiari sceglie architettura e insieme si iscrivono al Politecnico di Milano, andando a vivere come ospiti paganti, visti i tempi di ristrettezze post-belliche, presso un loro professore, Gio Ponti, e la sua famiglia, in via Aurelio Saffi, 24. Nel 1946, durante l’anno di ar- 11 Da una conversazione del fratello maggiore di Enrico, Emilio Medioli, con la figlia Francesca, s.d., ma precedente al 1987. 12 Conversazione EM con FM, Orvieto, 8 dicembre 2014. Cf. The Diaries of Evelyn Waugh, a cura di M. Davie, London, Weidenfeld and Nicolson, 1976, dove sono mancanti gli anni 1956-1959. 13 Conversazione di EM con FM, Orvieto, 14 marzo 2015. 14 Il Foro Italiano, vol. 102, Parte prima: giurisprudenza costituzionale e civile (1979), pp. 2451/2452-2455/2456, “Sezione I civile; sentenza 11 maggio 1978, n. 2295; Pres. R. Sandulli, Est. Sensale, P. M. La Valva (concl. conf.); Medioli (Avv. D’Alessandro, Castellano) c. Soc. immob. Giesse (Avv. Bonsignori, Grassani). Conferma App. Bologna 21 febbraio 1975”, ora in http://www.jstor.org/discover/10.2307/23170928?uid=2129&uid=2&uid=70&uid=4&sid=21105966114831. 15 Conversazione EM con FM, Orvieto, 16 ottobre 2014. 30 chitettura a Milano, Enrico si ammala di ripetute influenze, tanto da non poter andare al concerto diretto da Arturo Toscanini di riapertura della Scala bombardata, l’11 maggio, come fa invece Maurizio. Si tratta in realtà di tubercolosi, diagnosticata già al fratello maggiore Emilio nel 1938. Nonostante la penicillina, viene curato con il sistema ormai consolidato del pneumotorace, inventato da Carlo Forlanini nel 1912. Dapprima a Bolzano presso la clinica a Gries, dove già era stato curato il fratello, e trascorrendo un anno nella casa di Cortina, e poi, dal 1948, presso il Wald Sanatorium (come Thomas Mann) a Davos, in Svizzera, dove risiede per un altro anno (e dove gli viene impedito di sciare, ma non di andare a cavallo). Qui, in mezzo a pochi italiani (“un Fiocchi di Lecco, una figlia di Isabelle Colonna, una ragazza Longoni, adorabile”), si trova a mettere in pratica intensivamente l’inglese e il francese che aveva studiato a Parma. Qui incontra amici che resteranno per tutta la vita: Geoffrey Bennison, pittore, decoratore e futuro grande antiquario, con cui andava di nascosto a volte al cinema, calandosi dal balcone del sanatorio. Insieme andarono a Zurigo a vedere la danzatrice, coreografa e antropologa afro-americana Katherine Dunham, alloggiando al Bauer au Lac, forse l’albergo più costoso del continente, oppure a Saint Moritz al Palace. Gli amici che li andavano a trovare erano, dall’Inghilterra, lo storico dell’arte esperto di Picasso John Richardson e James Bailey per Geoffrey, Maurizio Chiari per Enrico, nonché lo studente di architettura conosciuto a Cortina, futuro scenografo e regista teatrale Filippo Sanjust, e il regista cinematografico Franco Brusati, dall’Italia16. 3. Roma 1950-1980 Nel 1950, ormai guarito, si trasferisce a Roma, prima nella casa della sorella in via Ruggero Bonghi, poi in quella di via Angelo Brunetti, 33, acquistata nel 1957. A quest’epoca iniziano le traduzioni per i doppiaggi dei film (resterà famosa quella, molto innovativa, de The Lion in Winter per il film di A. Harvey, 1968, tratto dalla pièce di J. Goldman, ripresa poi a teatro da Rossella Falk): Medioli dice: “Lavoravo sui copioni […] e ai primi momenti ero molto ossequioso nei riguardi di quello che traducevo, poi invece ero arrivato al punto che riscrivevo io un po’ i dialoghi nel modo in cui volevo io”17. Iniziano le amicizie che accompagneranno il resto della sua vita: la pittrice milanese Bice Brichetto, Franca Valeri con il marito Vittorio Caprioli, Luisa Rota, il napoletano Peppino Patroni Griffi, il traduttore Bill Weaver e lo scrittore Raffaele La Capria. Enrico frequenta anche persone più di età, come Carlo Emilio Gadda: Alberto Arbasino ricorda: “Qualche sera dopo lo invitammo nella migliore Via Veneto in piccola compagnia chic: Enrico Medioli e Maurizio Chiari, eleganti discepoli d’Attilio Bertolucci a Parma, e la principessa del Drago, appassionata lettrice sua e del Cecchi, in tutto il suo splendore. En passant, si conversava del vicino Club 84 […] L’Ingegnere era incuriosito. “Mi si dice che sia un club assai elegante”. Però appariva assai esitante. Domietta lo confortava. Sulla soglia, lui si impuntò. “Si sarà tenuti a danzare, all’interno?”. Ma no, ma no, lo rassicuravamo. “Vi suoneranno saxofonisti sguaiati?”. Senza dubbio. “Allora entriamo”; Enrico riporta, per altro, il commento di Gadda, all’uscita, mentre i tre sciagurati si scusavano per il twist: “Uno spettacolo di rara grazia ed eleganza”18. Infine, ultimo e più importante, presentato dal comune amico lo scenografo Mario Chiari, Luchino Visconti, almeno dal 1952, come attesta una dedica preposta al volume di Proust: “Roma 1952 / 5 agosto / Jean Santeuil -/ Ischia -/ Enrico -/ Jean Santeuil -/ Maristella -/ Ischia -/ Luchino”. Nel 1953 Suso Cecchi D’Amico, conosciuta a sua volta attraverso Visconti, invita Enrico Medioli a collaborare a quella che diventerà la sua prima sceneggiatura: commissionata da Mario Soldati e tratta da un racconto di R. L. Stevenson, Il diavolo 16 G. Newberry, Geoffrey Bennison: Master Decorator, Rizzoli International Publications, 2015, pp. 47-52. 17 Intervista alla trasmissione radio RAI Hollywood Party, 12 ottobre 2012, ora in http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2a7a08d7-c91e-4af4-835e-6545a17cc1b2.html. 18 Alberto Arbasino, L’Ingegnere in blu, Milano, Adelphi, 2008, pp. 108-110; conversazione telefonica EM con FM 25 aprile 2015. 31 Emilio ed Enrico Medioli nella veranda di Viale Magenta a Parma, con i rotoli di un qualche progetto di costruzione a cui Emilio stava lavorando, Pasqua 1956 (foto Franca Medioli Cavara). 32 nella bottiglia, resterà un film mai girato (“Succede abbastanza spesso che una sceneggiatura non diventi un film”)19. Nel 1955 i due collaborano nuovamente per un film che invece va in porto: Graziella, di Giorgio Bianchi, tratto dal romanzo omonimo di Lamartine (fra gli attori anche Tina Pica). In seguito Enrico lavorerà con Suso Cecchi D’Amico per Luchino Visconti, ma, dal momento che i due continueranno fino alla fine a darsi del “lei”, Enrico fa altrettanto, (“Io ho seguito”), mentre Suso gli dà del “tu”, come per altro Luchino ed Enrico fra di loro. Enrico dice: “Ho iniziato a lavorare con Suso Cecchi e da lei ho imparato tante cose, mi fa piacere dirlo qui”20. Risalgono a questo periodo le frequentazioni a casa di Luchino, sia in Via Salaria, sia alla villa “La Colombaia” di Ischia: risale a quest’epoca l’aneddoto secondo cui, a seguito di un mal di pancia, Suso Cecchi D’Amico doveva avere un riso in bianco; gli altri iniziano a pranzare, ma Visconti si accorge che la Suso non è ancora stata servita e, colto da una delle sue ire terribili, ne chiede ragione al maggiordomo. Subito arriva il riso, ma a quel punto Visconti si accorge che il bassotto Ciclamino non ha ancora ricevuto la sua ciotola, e chiede ragione anche di ciò: il maggiordomo arriva e, anziché il consueto riso per il cane, annuncia, nell’ilarità generale, “Ciclamino oggi pasta”21… Nel 1958 collabora, insieme a Peppino Patroni Griffi, Franca Valeri e Vittorio Caprioli, alla stesura di Lina e il cavaliere: “era una commedia musicale con le musiche di Fiorenzo Carpi, erano delle canzoncine alla Kurt Weill […] noi avevamo raccontato la corruzione prima che fosse sui giornali ogni giorno come vediamo oggi”22. Dell’amica, Enrico dice: “Io penso che la Franca sia una persona a cui la cultura italiana deve molto, non soltanto come attrice, insuperata e insuperabile, ma anche come scrittrice […] È stata un punto fermo nella mia carriera di sceneggiatore”23. Insieme infatti scriveranno, nello stesso 1959, le sei puntate televisive di Le divine (con costumi di Maurizio Chiari) nonché il film Scusi facciamo l’amore? (1967), regia di Vittorio Caprioli. Nel periodo marzo-maggio 1958 a Londra Visconti mette in scena il Don Carlo di Verdi ed Enrico è con lui in qualità di assistente alla regia: il debutto, il 9 maggio di quell’anno, con la direzione di Carlo Maria Giulini, è un trionfo, che rimane in cartellone per i successivi trent’anni. Sempre nel 1958, nello stesso ruolo, Enrico segue Visconti a Spoleto, dove il Festival dei due Mondi viene inaugurato con il suo Falstaff (“Menotti ci vide all’alba, dal balcone di casa sua, mentre uscivamo dal teatro e ce ne chiese ragione, e noi gli spiegammo che avevamo passato la nottata a fare le luci e lui ci rispose, traducendo dall’inglese: “Ma siete seri?”)24. Di nuovo a Spoleto nel 1959, Visconti mette in scena, sempre con Enrico assistente alla regia, Il duca d’Alba di Donizetti, direttore, come già l’anno precedente, Thomas Schippers. (“A Spoleto c’era un carcere, in cima al paese, e la sera, dalla piazza durante i concerti, si vedevano le mani dei detenuti che penzolavano alle finestre fra le sbarre. Una pena immensa”)25. L’esperienza teatrale si conclude nel 1960, quando Medioli mette in scena al Covent Garden di Londra, questa volta in veste di regista, La Sonnambula di Vincenzo Bellini, con scene e costumi di Filippo Sanjust. Intanto, a partire dal 1959, insieme a Lettere di una novizia (1960) per la regia di Alberto Lattuada (sceneggiato con Patroni Griffi, Roger Vailland e Lattuada) e La ragazza con la valigia (1961) per la regia dell’amico Valerio Zurlini (sceneg- 19 Conversazione EM con FM, Orvieto, 14 marzo 2015; cf. G. Aiello, A Orvieto per incontrare Medioli, in S. Cecchi D’Amico, E. Medioli, L. Visconti, L’innocente. Sceneggiatura originaria dell’omonimo film di Luchino Visconti ispirato al romanzo di d’Annunzio, Comune di Mantova, 2006, pp. 9-14, in part. p. 12, dove per altro si riporta erroneamente che il film non fosse stato poi realizzato. 20 Intervista citata www.rai.tv/.../ContentItem-6c09a11c-571c-4de2-95d8-41a24498f080.htpp, 11 settembre 2012. 21 Conversazione EM con FM e Angelica Sisti, Orvieto, 14 marzo 2015 22 Intervista a EM e Toni Concina, Orvieto, 25 ottobre 2012, ora http://orvietosi.it/?s=medioli&x=0&y=0. 23 Intervista EM, Hollywood Party, 12 ottobre 2012 cit. 24 Conversazione EM con FM, Spoleto, 18 luglio 2013. 25 Conversazione EM con FM, Spoleto, 18 luglio 2013. 33 giato con Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Patroni Griffi e Zurlini), inizia la collaborazione per Visconti, che da Rocco e i suoi fratelli (1960, Nastro d’Argento) prosegue con Il Gattopardo (1963, Palma d’oro a Cannes), Vaghe stelle dell’orsa (1965, Leone d’Oro alla XXVI Mostra del Cinema di Venezia), La caduta degli dei (1969, nomination all’Oscar per miglior sceneggiatura e soggetto originali), Ludwig (1972: “Ci sono dei film assassini: Luchino è morto di Ludwig”) e arriverà fino a Gruppo di famiglia in un interno (1974) e L’innocente (1976), con la sola esclusione di Morte a Venezia (“Stavo facendo Proust”) e de Lo straniero (“Luchino non me lo chiese e a me non interessava”): a ogni film realizzato, Visconti regala a Enrico un ciondolo in oro per la sua catena dell’orologio: i guanti da boxeur per Rocco…, un cigno per Ludwig, ecc. Del suo mestiere di sceneggiatore, Medioli racconta: “Per Rocco e i suoi fratelli, eravamo in cinque a scrivere quella storia: Suso Cecchi D’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Visconti ed io. […] Avevo l’impressione di partecipare a delle sedute psicoanalitiche. Sembrava di raccontare parte di noi stessi, in una sorta di liberazione dell’inconscio. Debbo dire che da allora, quando mi accade di partecipare a una sceneggiatura assieme ad altri colleghi, quella sensazione continua. È successo con Benvenuti, De Bernardi, Arcalli, Ferrini e Zurlini [..] o con Badalucco […]. E con tutti quelli con i quali mi sono incontrato”26. Più in particolare, della sua lunga collaborazione con Luchino Medioli dice: “Visconti è stato determinante per la mia crescita professionale, ma credo lo sia stato per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di collaborare con lui. Nella scrittura, chiedeva di insistere sulla psicologia dei personaggi, perché essi dovevano influenzare il racconto, mai subirlo. Mi diceva: “Quando scegli un effetto narrativo, devi spingere fino in fondo”27. Inoltre: “Visconti aveva sempre tre o quattro progetti filmici o teatrali che lo impegnavano contemporaneamente. Era instancabile, non stava mai fermo anche quando era coinvolto nella lavorazione di un film. Ricordo che ci ritrovavamo talvolta a lavorare per Il Gattopardo, senza di lui, perché impegnato nel libretto de Il diavolo in giardino, l’opera musicale di Franco Mannino, di cui curò la regia al Teatro Massimo di Palermo”28. Autori del libretto insieme a Visconti sono Filippo Sanjust ed Enrico Medioli: l’operetta va in scena il 28 febbraio 1963 (ripresa un’unica volta, nel maggio 2010, a Vezzano, Trento, a causa del numero esorbitante dei personaggi: quasi settanta)29. Si tratta di anni intensi, lavorativamente e anche personalmente: come scrive a una lettera alla nipote: “Alla tua età la vita comincia appena adesso, te lo dico io che, trattato come un infante fino a quarant’anni, mi sono rimboccato le maniche dopo di allora”30. Cominciano i viaggi nel mondo con Maurizio: l’India, il Tibet, il Messico nel 1971, la Cina nel 1982, la Grecia e la Turchia in barca più tardi, solitamente con il gruppo di amici parmigiani d’infanzia e poi anche con gli amici acquisiti in seguito (le “bimbe” Bormioli, Barbara e Sosò Marchi, i più giovani Marta Tirelli, Armando e Lorenza Marchi, Gigi e Anna Malerba, Piero e Margherita Pirri, Adriano Aldomoreschi e Sandra Morpurgo). A Parma torna per votare e per tutte le feste comandate (anche se “Io vado a Parma con piacere e ne vengo via con sollievo”)31. In occasione di un certo Natale nella grande casa di Viale Magenta, le figlie del fratello Emilio e di Franca Medioli Cavara recitano per la famiglia riunita le poesie che hanno imparato all’asilo inglese: l’episodio finirà trasposto nella Caduta degli dei (1969). Di questo film Enrico racconta: “Visconti quando voleva fare un film, lo faceva. Perché per lui naturalmente il denaro era una cosa 26 G. Aiello, A Orvieto… cit., p. 12. Nei titoli di testa del film La prima notte di quiete, tuttavia, compaiono come autori della sceneggiatura soltanto Zurlini e Medioli. 27 G. Aiello, A Orvieto… cit., p. 12. 28 Testimonianza raccolta da S. Stefanutto Rosa, Cinecittà Newspaper, settembre 2006, anno 2, c.n.n. 29 G. Aiello, A Orvieto… cit., p. 13; cf. per lo spettacolo del 2010, http://www.liricamente.it/showdocument.asp?iddocumento=488. 30 Lettera EM a FM, Orvieto, 29 novembre 2001. 31 Lettera EM a FM, Roma, 14 giugno 1982. 34 I quattro ragazzi Medioli nei primi anni Trenta. Da sinistra, Anita, nata nel 1914, Emilio, nato nel 1916, Peppino, nato nel 1921, ed Enrico, il piccolo, nato nel 1925. La casa di Cortina, in località Riva, di fronte all’Hotel Miramonti, terminata nel 1941 e arredata dall’architetto fiorentino Maurizio Tempestini. 35 che non importava. Nel momento che lui ha deciso di fare La caduta degli dei, gli hanno detto “Guarda, non basteranno, i fondi” […]. E allora su questo, i produttori italiani, Haggiag, hanno messo in moto tutta la grande consorteria ebraica della grande Hollywood, sono venuti giù i fratelli Warner, Luchino gli ha fatto vedere la notte dei lunghi coltelli, e loro hanno detto “Paghiamo noi”. E infatti è un film americano, della Warner”32. Ma anche: “Luchino mi disse proprio: ‘Voglio la confessione di Stavrogin e io l’ho messa”33. Nel 1971 Enrico si trova a stendere nello stesso periodo due sceneggiature, da due soggetti originali, scrivendo l’una la mattina per Visconti (Ludwig) e l’altra per Zurlini - e la Titanus di Goffredo Lombardo - il pomeriggio (La prima notte di quiete). “Mal me ne incolse: obbligato a lavorare a due stesure contemporaneamente, servitore di due padroni, due registi-committenti esigentissimi anche se amici, ho attraversato il periodo più angoscioso della mia carriera professionale: quel passare continuamente, funambolicamente dalle spiagge romagnole alle Alpi bavaresi, esser sbalestrato dalla sguaiataggine dei vitelloni nostrani alle eleganze della famiglia Wittelsbach, dalle puttanelle di provincia a Sissi imperatrice; il timore di non essere puntuale alle consegne, i dubbi, gli assilli mi toglievano il sonno. “Ti vedo malmesso”, mi sembra ancora di sentirmi dire da Suso Cecchi D’Amico”34. La prima notte di quiete (titolo ripreso da un verso di Goethe) riscuote un vero successo di cassetta, ma, fatta eccezione per Pietrino Bianchi che, su “Il Giorno” del 28 ottobre 1972, ne coglie tutti i risvolti, non di critica: Enrico ne sottolineerà l’incongruenza trent’anni dopo. Lo stesso accadrà a Ludwig (“un personaggio pieno di fascino, malgrado queste eccentricità, queste manchevolezze, questo non essere all’altezza del suo compito come regnante […]. Ma malgrado tutto questo, è una figura molto romantica. Il grande visionario, il destino tragico, l’omosessualità, l’epoca, il momento, era come un grande tragedia che avrebbe potuto ispirare Shakespeare, ma rifatta oggi, ripensata oggi”)35, nonostante “nel novembre 1978 un titolo a quattro colonne sul Times dove un autorevole critico esortava il pubblico ad andare a vedere quel film sebbene fosse stato mutilato in modo vergognoso, sì da divenire incomprensibile”36. Il 27 luglio 1972, durante il montaggio di Ludwig (“Nel modo di muoversi di Helmut, negli atteggiamenti, Luchino mi disse che si era molto ispirato a Umberto di Savoia. Lui era ufficiale nel suo reggimento; insieme andavano, la mattina presto della domenica, a sentire la messa al Cottolengo, dietro una tenda, e poi a un certo momento questa tenda si muoveva e capivano che erano arrivati gli altri…”37), sulla terrazza dell’Hotel Eden di Roma, Luchino Visconti si sente male, viene portato in una stanza dell’albergo. Suso Cecchi D’Amico scrive nel suo diario quanto segue: “Con poche speranze di trovarlo in casa (dopo le dieci di sera a fine luglio), ho chiamato Enrico. C’era. L’ho scongiurato, per l’amor d’Iddio, di cercare subito il medico di Luchino, e di venire anche lui. […] È arrivato Enrico. Gli ho detto di entrare subito a salutare Luchino e a dirgli – come mi aveva informato – che il suo medico stava venendo. Io in camera non ci sono entrata più: assistevo da fuori. C’ero entrata soltanto una volta per rassicurarlo [Luchino] che avevo cercato il suo medico. E lui mi aveva detto: “Scimone, lo sa Enrico”. “Ho telefonato a Enrico” gli ho detto io. […] Enrico era già andato a telefonare a Uberta [la sorella di Luchino, n.d.r.] a Sperlonga. […] Alla clinica abbiamo trovato Madina Arrivabene, [la cognata, n.d.r.] avvertita da Uberta. […] Siccome Luchino lamentava la durezza dell’impacco ghiacciato che usano in clinica, nell’attesa di Uberta, Enrico e io 32 Intervista a Enrico Medioli, Orvieto, 25 ottobre 2012, http://orvietosi.it/?s=medioli&x=0&y=0. Cf. conversazione EM con FM e Pietro Valle, Orvieto, 18 ottobre 2014. 33 Conversazione EM con FM e Pietro Valle, Orvieto, 10 maggio 2015. 34 E. Medioli, in Zurlini ritrovato, in La prima notte di quiete. Un viaggio ai limiti del giorno, a cura di L. Miccichè, Torino, Lindau, 2000, pp. 32. 35 Intervista a E. Medioli, dal documentario Baviera la terra di Ludwig II, regia di Daniele Carminati, ora in https://www.youtube.com/watch?v=-IDPS4zuurs. 36 Da Scrivere il cinema: Suso Cecchi D’Amico, a cura di O. Caldiron, M. Hochkofler, Bari, Edizioni Dedalo, 1988, p. 62. 37 Conversazione EM con FM e Pietro Valle, durante la visione del film, Orvieto, 14 marzo 2015. 36 Enrico all’epoca del Maria Luigia. In abito da cerimonia. Sul lago di Braies in barchetta. A un tè danzante. 37 siamo andati alla farmacia notturna a comprare una borsa per il ghiaccio e il talco per il massaggio. […] Nella hall della clinica abbiamo trovato Mario Chiari e Lello Bersani allarmatissimi per le voci raccolte in Via Veneto. Li abbiamo rassicurati e fatto telefonare da Bersani al “Messaggero” notizie meno allarmistiche. Mario Chiari era stravolto. Si è messo a piangere appoggiandosi a Enrico. Più tardi, quando con Enrico siamo ridiscesi per andare via, abbiamo trovato dietro la porta a vetri Notarianni, al quale avevano telefonato dall’”Unità”. Anche a lui abbiamo fatto telefonare notizie più tranquillizzanti. Sono venuta a casa con Pietro ed Enrico a piedi. Saranno state più o meno le due e mezzo”38. Enrico segue Luchino, quando questi viene trasferito nella clinica svizzera di Zurigo e da lì nella casa avita di Cernobbio, dove viene allestita una moviola per il montaggio di Ludwig. Di questo film, Enrico dice: “Lui ha montato il Ludwig, l’ha montato lì a Cernobbio. He was staying in the house of his sister Nane, and sister Nane had, they had prepared a huge salone con una moviola and he was editing Ludwig there. He had began to work again. So, lì era tutto circondato dalla famiglia, era molto più… insomma, ricominciava in un certo senso la vita, e compreso il lavoro. È stato un ricominciare la vita in Italia, è stata proprio un turning point, la malattia”39. Nel 1973 “Luchino non era stato bene. Era impedito nei movimenti, non poteva più sobbarcarsi la fatica del genere la notte dei lunghi coltelli nella Caduta degli dei o il ballo del Gattopardo, ci voleva un film in cui potesse muoversi con facilità, un set con pochi personaggi”40. Così Enrico pensa a un soggetto e una sceneggiatura che diventeranno Gruppo di famiglia in un interno, film girato tutto in studio: “È stato l’unico caso in cui Luchino mi ha lasciato interferire con la musica dei suoi film: lui voleva l’aria della marescialla dal Cavaliere della rosa di Strauss e io gli ho suggerito invece Mozart, Vorrei spiegarVi o Dio, di cui avevo il disco”41. Medioli racconta: “La malinconia dell’età e della vecchiaia, con l’attesa della morte è […] presente in […] Gruppo di famiglia in un interno, ispirato ad un racconto di Thomas Mann, L’inganno. Una matura signora, non più fertile, s’innamora d’un giovane: il sentimento, fortissimo, le provoca poco tempo dopo il ritorno del ciclo mestruale. Così lei crede, felice. È invece un’emorragia. Un cancro, che la porterà presto alla morte. Si tratta di una drammatica allegoria sul rapporto amore-morte, giovani-vecchi: l’amore per i giovani come preludio della morte”42. La vicenda della produzione di questo film non è tuttavia semplice: “L’Italnoleggio, per il quale Visconti aveva fatto La caduta degli dei - me lo ricordo bene perché avevo portato io il copione - aveva detto semplicemente “È un film che a noi non interessa”43. La produzione da parte di Rusconi, un uomo di destra, suscita le critiche di una certa sinistra ideologica, a fronte della gara di solidarietà degli amici e dei collaboratori: Burt Lancaster si offre di garantire per il film, ossia di terminarlo lui nel caso Visconti sia impossibilitato, di modo da poter ottenere l’assicurazione necessaria44. A un certo punto l’anglista Mario Praz si era identificato a tal punto nel protagonista che Suso Cecchi D’Amico gli inviò la sceneggiatura da leggere (“Non era affatto così, se avevo pensato a qualcuno per il personaggio del professore, era 38 Suso Cecchi D’Amico, Storie di cinema (e d’altro) raccontate a Margherita D’Amico, Milano, Bompiani, 2002, p. 52-55. 39 Intervista a Enrico Medioli, dal documentario, prodotto da BBC4, del regista A. Low, dal titolo The Life and Times of Count Luchino Visconti (2002, 108 minuti), ora parzialmente in http://www.youtube.com/watch?v=2QoYGdPQt2Q. 40 N. Aspesi, Lo sanno ancora chi è Luchino? Conversazione con Enrico Medioli, in Gruppo di famiglia in un interno. Un film di Luchino Visconti, a cura di Q. Conti, Milano, RCS Libri Spa, 2013, pp. 173-183, in part. p. 174. 41 Conversazione fra EM, FM, PV e Roberto Mancini, Orvieto, 10 dicembre 2014. 42 Testimonianza raccolta da S. Stefanutto Rosa, Cinecittà Newspaper, settembre 2006, c.n.n. 43 N. Aspesi, Lo sanno… cit., p. 175. 44 N. Aspesi, Se volete garantisco io. Conversazione con Caterina D’Amico, in Gruppo di famiglia in un interno. Un film di Luchino Visconti, a cura di Q. Conti, Milano, RCS Libri Spa, 2013, pp. 207-215, in part. p. 209. 38 semmai Carlo Emilio Gadda”)45. Contrariamente a quanto dichiarato altrove circa gli sceneggiatori durante il tournage, Medioli si reca spesso sul set di Gruppo di famiglia.46 Nel periodo successivo (il volume di Enrico nella sua biblioteca reca la data “ottobre 1974”), scrive con Suso Cecchi D’Amico e Visconti la sceneggiatura de L’innocente, tratto dal romanzo di G. D’Annunzio. Richiesto del perché di una simile scelta da parte di Luchino, Medioli risponde: “Sinceramente, non lo so. Forse è stato un incontro occasionale o una lettura ripescata dalla memoria, una malinconia dell’età per un film che contiene tuttavia la condanna di un mondo arido e superficiale, con il suicidio del protagonista, conclusione diversa da quella del libro”47. Il finale scelto da Visconti non era tuttavia quello proposto da Medioli in fase di scrittura: “Era più bello il mio: l’Antonelli e Giannini decidevano di suicidarsi insieme e invece lui prima sparava a lei e poi, quando stava per spararsi lui, gli mancava il coraggio”48. Dopo la morte di Visconti, avvenuta il 17 marzo 1976 (“era anche capace di grandi malizie. È probabilmente per questo che ha deciso di morire il giorno del mio compleanno”)49, nel 1978, dopo che la versione tagliata di Ludwig era finita all’asta, gli amici, capeggiati da Suso Cecchi D’Amico, fondano una loro casa di produzione, la Ohonte (in toscano, il conte, ironicamente), che rileva la pellicola, restaurandola e integrandola dai tagli voluti dalla produzione all’uscita del film nel 1973. Dell’operazione, Suso Cecchi D’Amico e Medioli scrivano insieme a Carlo Lizzani una lunga lettera, entrando nei dettagli più tecnici della vicenda50, ed effettivamente nel settembre 1980 la versione integrale viene presentata alla Mostra del Cinema presso il Teatro la Fenice di Venezia. 4. Roma-Orvieto, 1990-2015 L’anno precedente, dopo alcuni anni ospite con Enrico da amici a San Gemini, Maurizio Chiari acquista in campagna, di fronte a Orvieto, una grande casa cinquecentesca che ristruttura: a Enrico va la cura del grande giardino, assecondando la sua passione botanica già lungamente messa in pratica sul terrazzo della casa di Roma (farà una nuova varietà di camelia bianca riproducendola da un seme). Della ristrutturazione scrive: “Sono state imbiancate due o tre stanze, ammobiliate alla meglio, simpaticamente scomode, tanto da poterci passare i fine settimana. […] Con Maurizio siamo in piena totale polemica: io aprirei qua, io chiuderei; qui ci farei il camino, io la finestra; io entrerei di qua, io di là. In attesa abbiamo pulito il giardino, delle grande cataste di legna dappertutto che sembra di essere a Dobbiaco”51. E altrove: “La casa è sempre e più soltanto rottami. Ma la mia proda di viburni è superba. O almeno lo sarà tra vent’anni (?). C’è un sistema di irrigazione memorizzato alle sette di sera quando esplode in tante girandole d’acqua che io resto incantato a guardare, bagnato fradicio”52. Nello stesso 1979 Enrico scriveva alla nipote Francesca, in quel momento a New York: “La Dama, già da tempo ormai, 45 D’Amico, Storie di cinema… cit., p. 149; cf. A. Gonzáles Palacios, Gruppo di famiglia in un interno. Un film di Luchino Visconti, a cura di Q. Conti, Milano, RCS, 2013, p. 15-19. 46 G. Treves, Un bel giorno d’aprile, in Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti, Bologna, Cappelli Editore, 1975, in part. 124 (8 aprile 1974), p.128 (11 aprile), p. 133 (22 aprile), p. 140 (3 maggio), p. 114 (4 maggio), p. 176 (23 giugno). Cf. Guerra, infra, p. 55. 47 G. Aiello, A Orvieto… cit., p. 10. 48 Conversazione EM con FM e PV, Orvieto, 6 aprile 2015. 49 Enrico Medioli, in L’arte del costume nel cinema di Luchino Visconti. Documentazione dei costumi ideati da Piero Tosi per i film di Luchino Visconti, Comune di Modena, Comune di Reggio Emilia, con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, Galleria Civica del Comune di Modena, 3-27 novembre 1977, Roma, Arte della Stampa, 1977, p. 11. 50 Suso Cecchi D’Amico, Enrico Medioli, s.d. ma luglio 1980, in Scrivere il cinema, cit. pp.36, 49, 56,61, 62-63, 106-107, in part. p. 62. 51 Lettera EM a FM, Roma, 10 novembre 1979. 52 Lettera EM a FM, Roma, 14 giugno 1982. 39 La tenuta di San Pancrazio, portata in dote dalla madre Ester al momento del matrimonio nel 1914. La casa di Viale Magenta, 1, a Parma, acquistata nel 1933 e arredata nel 1941 dall’architetto Luigi Vietti. 40 ha tirato le cuoia e tutti ne sono contentissimi. Da Parigi è scesa Isabelle Huppert – sarà lei l’Alfonsina delle Camelie – a provare i costumi e ha fatto professione di ammirazione, anche tenuto conto del gusto francese per l’iperbole. Vedremo. E adesso pare che si riprenderà il vecchio progetto Sergio Leone, tutta quella gran macchina tra New York e Chicago e che ancora non si sa se verrà girata in Canada o a Prima Porta. Certo non sarebbe male se, con la scusa di un sopralluogo, apparissi improvvisamente alla tua porta”53. Effettivamente questo si verificherà qualche anno più tardi, al momento della scelta delle locations. Il progetto di Leone durava da tempo, avendo preso le mosse da uno script di Norman Mailer, a cui era poi subentrato Medioli dopo la morte di Arcali nel 1978, ma nel 1981-1982, riporta Luca Morsella, l’aiuto-regista di C’era una volta in America, occorreva tagliare: “Sergio non c’era. Benvenuti e De Bernardi sono ottimi scrittori, ma l’unica persona seria e meticolosa fra i tre era Medioli. Loro stavano facendo bene il loro lavoro, ma senza preoccuparsi della lunghezza, l’unico controllo su quel punto poteva venire da Medioli”54. Enrico dice: “Leone voleva qualcuno che lo contraddicesse. Io non avevo mai fatto un film d’azione prima di allora… Nessuno di noi sceneggiatori era americano, nessuno era ebreo, nessuno era un gangster. Ma tutti noi avevamo incontrato tutto questo, filtrato dal cinema piuttosto che dalla letteratura, e il filo che tiene insieme la storia è piuttosto europeo. Il senso di certi errori fatti, della delusione, del tradimento, dell’amarezza, del tempo che è definitivamente perduto. Il punto di partenza del nostro lavoro era francamente un grande amore per i film americani”55. Nel 1984, l’anno dell’uscita del film, Medioli fa una serie di viaggi di lavoro: in Argentina, in Canada. In proposito scrive: “Ho avuto plausi e approvazioni. Qualche vecchio frizzo e aneddoti un po’ annosi ed è andata. Per venirmi a sentire si pagava 50 dollari. Più che alla Scala, se ci pensi”56. Viene sempre più spesso intervistato su Visconti: “Hai visto gli special su Luchino che appaiono a ore antelucane su Rai Tre? Appaio anch’io, con la mia insopportabile parlata”57. Dopo i film precedenti, ossia La storia vera della Signora delle Camelie (1981) per Bolognini, Oltre la porta (1982) per Liliana Cavani, Il petomane (1983) per Festa Campanile (nel 1985 scrive: “Da domani dovrò riprendere a lavorare. Non che non mi piaccia, naturalmente, ma insomma mi ero un po’ abituato a questo gap di mano in mano, di letture non su ordinazione, di attesa. Il Miler è slittato (non si fa che slittare, nel cinema); è tornata invece a farsi vedere una variazione su Andrea o i ricongiunti, per Prandino Visconti. Di questo si tratta. Bel libro. Anche se non vedo le folle fare a gomitate al botteghino”)58, nel 1987 esce Gli occhiali d’oro, di Giuliano Montalto, da una sceneggiatura scritta per Valerio Zurlini a suo tempo. D’ora in poi Enrico lavora soprattutto per la televisione: dopo una prima collaborazione con Mauro Bolognini nel 1982 per La Certosa di Parma, prodotta in sei puntate da Roberto Levi, e La Bella Otero nel 1984, nel 1987 finisce Gli indifferenti, uscito nel 1988 (nel 1987 scrive: “Sto rilavorando ai Promessi sposi. Quanti anni sono? Tutti i miei film sono di lunga gestazione”), a cui seguirà nel 1994, sempre per Bolognini, sempre con Roberta Mazzoni, Casa Ricordi, e nel 1995 il rifacimento in chiave contemporanea di Anna Karenina, per Canale5 e la Titanus, con il titolo Il grande fuoco. Sempre nel 1987 scrive: “Devo cominciare La vedova scaltra da girarsi, forse te l’ho detto, in una Venezia ricostruita a Mosca. Misteri cinesi. Sarà una Vedova goldoniana fino a un certo punto, anche un po’ sinistra […]. Ho anche pranzato con il Ministro della Cultura sovietico e alcuni suoi accompagnatori, tutti monolinguistici, la conversazione è andata avanti cordialissima, tutta a gesti. Li 53 Lettera EM a FM, Roma, 10 novembre 1979. 54 C. Frayling, Sergio Leone. Something to Do with Death, London, New York, Faber & Faber, 2000, p. 435-436. 55 Frayling, Sergio Leone cit., p. 401. 56 Lettera EM a FM, Roma, 19 aprile 1984. 57 Lettera EM a FM, Roma, 5 marzo 1987. Si trattava con ogni probabilità delle otto puntate in occasione del decimo anniversario della morte del regista, Per Luchino Visconti, a cura di C. D’Amico de Carvalho e V. Razzini, mai più riproposte. 58 Lettera EM a FM, Roma, 28 gennaio 1985. 41 abbiamo portati in un ristorante nightclub di super lusso, l’hanno adorato, c’era un po’ l’aria dei tre funzionarii di Ninocka al Ritz di Parigi”.59 Il film, regia di Giorgio Ferrara, esce nel 1991; a esso seguirà nel 2003, dello stesso regista, Tosca e altre due, sceneggiatura di Giorgio Ferrara, Enrico Medioli e Franca Valeri, una delle due protagoniste insieme a Adriana Asti, tratto da una commedia della Valeri. Continua la scrittura per la televisione: nel 1997 Il quarto re, nel 1999 Michele Strogoff, corriere dello zar per la Titanus (dell’amico Goffredo Lombardo dice: “Mi ricordo la sua infernale pennetta verde”)60, e nel 2004, Cime tempestose e infine, nel 2007, La baronessa di Carini. Nel biennio 2000-2002 fa parte della giuria popolare degli “Amici della Fenice” (“popolare si fa per dire: solo Falk, Marzotto, Grimani, ambasciatori, rettori universitari)”.61 Il Rotary Club di Parma, di cui il padre Luigi era membro, insignisce Enrico Medioli di un premio il 17 aprile 2002. Il 6 marzo 2003 muore a Orvieto, nel giro di quattro giorni, a seguito di un ictus, Maurizio Chiari. “Il dolore per la morte di una persona amata è una malattia; c’è un momento acuto che poi regredisce. Bisogna aspettare di guarire, con pazienza. Può succedere di tornare a sentirsi male. Viene la convalescenza. Un tempo, per aiutarla, si usava ‘cambiare aria’, ed era provvidenziale”62: da allora Enrico lo ricorderà ogni anno con un necrologio su “la Repubblica”. Il 5 agosto 2005 viene insignito della Targa Sergio Leone, a Torella dei Lombardi. Il 13 gennaio 2006 il Comune di Parma gli dà la Medaglia d’Oro. Nello stesso anno scrive insieme al giovane sceneggiatore Lorenzo Favella la riduzione televisiva di Guerra e pace e partecipa alla sceneggiatura con la regista e amica Giovanna Gagliardo, per un film-documentario 20 anni (2011). Nel 2008, con Lea Tafuri, scrive il trattamento e la sceneggiatura per Coco, che riceverà due nominations per gli Emmy Awards. Il 18 novembre dello stesso anno Medioli viene insignito del Premio Vittorio De Sica, consegnatogli al Quirinale dal presidente Giorgio Napolitano. Nel 2009 a Bologna gli viene dedicato una rassegna cinematografica presso il Cinema Lumière, dal titolo “Enrico Medioli. La musica segreta della scrittura”, dove inaugura le proiezioni63. Risalgono a questi anni le andate a Salisburgo per il festival di Pasqua e gli agosti a Lucerna, a dimostrare l’importanza che la musica riveste per lui nel tempo. La sceneggiatura per la RAI di Cenerentola termina la sua carriera di sceneggiatore. Nell’ottobre 2012 Susanna Vrioni Ippolito e Roberta Mazzoni organizzano a Orvieto “Omaggio ad Enrico Medioli. C’era una volta il cinema”, in collaborazione con la Biblioteca Renzo Renzi-Cineteca di Bologna: Irene Bignardi intervista Enrico Medioli e presenta in tre giornate i suoi film Gruppo di famiglia in un interno, La ragazza con la valigia e Splendori e miserie di Madame Royale64. Invitato a Cannes per l’edizione 2015 dalla Fondazione Martin Scorzese, il 17 marzo Enrico Medioli compie 90 anni nella sua casa di Orvieto, circondato dagli amici, dai nipoti e dai bisnipoti65. 59 Lettera EM a FM, Roma, 5 marzo 1987. 60 L’ultimo Gattopardo, intervista di Giuseppe Tornatore (per gentile concessione di Guido Lombardo), di seguito, p. 111. 61 Lettera EM a FM, Orvieto, 29 novembre 2001. 62 Lettera EM a FM, Roma, 5 marzo 1987, in occasione della morte del fratello Emilio. 63 Rassegna cinematografica, 14-23 dicembre 2009, Bologna, Cinema Lumière. 64 Intervista a Enrico Medioli al programma radio Hollywood Party, 17 marzo 2015, ora www.radio3.rai.it/.../ContentItem-49e0ca3d-9045-407aaf21-2a669fc69: la definizione è data da chi conduceva. 65 In www.radio3.rai.it/.../ContentItem-49e0ca3d-9045-407a-af21-2a669fc69. 42 Enrico a cavallo mentre salta un ostacolo: tutti e tre i fratelli Medioli montavano e sciavano molto bene. 43 Franca Valeri nella trasmissione televisiva “Le Divine” (1959), nel costume disegnato da Maurizio Chiari. 44