Docente
Prof. Mara Del Baldo
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Economia e Governo
Delle Piccole Imprese
Corso annuale
1
Le basi delle conoscenze
PARTE PRIMA
LA PICCOLA IMPRESA NELL’ECONOMIA ITALIANA
•
Un primo problema: come definire la piccola impresa
•
Le piccole imprese nel sistema industriale italiano
PARTE SECONDA
IMPRENDITORIALITA’, PICCOLI IMPRENDITORI,
PICCOLE IMPRESE
•
L’imprenditorialità
•
L’imprenditorialità e managerialità
•
L’imprenditorialità manageriale
•
Tipologie di piccoli imprenditori e di piccole imprese
•
Il gruppo imprenditoriale
•
L’imprenditorialità femminile
2
La Gestione Strategica
•
PARTE PRIMA
L’IMPRENDITORIALITA’ COME STRATEGIA
• La creazione dell’impresa
• Forme alternative di entrata nell’attivita’
d’impresa
•
•
•
•
•
PARTE SECONDA
LA FORMAZIONE DELLE STRATEGIE NELLA
PICCOLA IMPRESA
Le principali “filosofie” di formazione delle
strategie
Il processo strategico nella piccola impresa
Un modello di governo strategico della piccola
impresa
• PARTE TERZA
LE OPZIONI STRATEGICHE DELLA PICCOLA
IMPRESA
• Le strategie generiche o di base
• Le strategie competitive
• Le strategie di sviluppo quantitativo
• Le strategie di sviluppo qualitativo
• Le strategie basate sulla tecnologia
• Le strategie di internazinalizzazione
• Le strategie di”turnaround”
3
Imprenditorialità e Piccole Imprese
LA PICCOLA IMPRESA NELL’ECONOMIA ITALIANA
Perché lo studio della piccola impresa?
•
La numerosità del comparto
•
Il contributo all’occupazione
•
L’inesauribile mobilità
•
L’impatto nell’ambito sociale e la valenza sociale
del tessuto produttivo delle piccole imprese
4
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL PROBLEMA DI DEFINIRE LA PICCOLA IMPRESA
1.
-
Difficoltà definitoria:
molti tentativi per definirla;
meglio non definirla, ma descriverne le specificità
2.
-
Utilità di una definizione:
per identificare il segmento di imprese cui fare
riferimento
a. la ricerca empirica
b. provvedimenti legislativi (fiscali, civilistici, di
incentivazione, …)
3.
Relazione tra tipo di definizione e obiettivi:
Dennis identifica 3 tipi di definizioni:
definizioni basate su indicatori quantitativi o
operativi
definizioni qualitative o concettuali
definizioni multidimensionali e ibride
-
-
5
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Relazione tra tipo di definizione e obiettivi:
Dennis identifica 3 tipi di definizioni:
-
definizioni basate su indicatori quantitativi o
operativi (n. addetti, fatturato, investimenti fissi,
…);
loro limitazioni: evolvere fenomeni ambientali
(tecnologia, metro monetario, …)
-
definizioni qualitative o concettuali
(studi di economia aziendale che vertono sulle
modalità di governo delle imprese)
-
definizioni multidimensionali e ibride che
costituiscono una combinazione delle precedenti
6
Tab. 1 Tipi ed esempi di definizioni di piccola impresa
Criteri
definitori
Qualitative o
concettuali
Quantitative o
operative
Ibride
Unidimensi
onale
1. Ogni impresa
in cui il
proprietario
conosce i
dipendenti.
2. Ogni impresa
in cui può
individuarsi solo
un centro di
profitto.
1. Un’impresa
industriale che
abbia da 10 a 100
addetti.
2. Un’impresa che
abbia un fatturato
non superiore ai
20 miliardi.
Nessuna per
definizione
Multidimen
sionale
1. Ogni impresa
posseduta e
gestita in modo
indipendente e
che non sia
dominante nel
proprio settore.
1. Un’impresa
industriale da 10 a
100 addetti e un
fatturato non
superiore a 20
miliardi.
1. Un’impresa
industriale
indipendente con
meno di 1200
addetti.
2. Un’impresa che
non ha filiali
all’estero ed ha
attività
patrimoniali sino a
100 miliardi.
7
Definizioni ibride di importanza storica
U.S. Small Business Act (1953): “E’ piccola impresa quella la
cui proprietà e gestione sono esercitate in modo
indipendente e che non è dominante nel suo settore. Nel
settore manifatturiero il massimo numero di addetti può
variare fra 250 e 1500, a seconda dell’attività industriale
prevalente”.
Rapporto Bolton (1971): “E’ piccola impresa quella che ha una
quota di mercato relativamente piccola; che è diretta dai
suoi proprietari su base personale; che è indipendente per
non essere parte di una grande azienda e i proprietari non
subiscono controlli esterni nelle loro principali decisioni. La
maggioranza delle imprese industriali con meno di 200
addetti vi rientra”.
Commissione Cee (1991): “E’ piccola impresa quella che ha
meno di 50 addetti; presenta un fatturato non superiore a
5 milioni di Ecu; appartiene per non oltre un terzo a una
grande impresa al fine di garantire un adeguato grado di
indipendenza”.
8
Che cos’è una piccola impresa?
• ogni impresa in cui il proprietario conosce i dipendenti
(Drucker)
• ogni impresa a proprietà indipendente e non dominante nel suo
settore (SBAct)
• ogni impresa che costituisce razionalmente un centro di
profitto (McGuire)
• ogni impresa che ha una dimensione che consente una gestione
personale di uno o pochi soggetti (Hollander)
dimensioni
di
mercato
la struttura e/o lo stile di direzione
la proprietà
la non dominanza nel settore o quota
la compattezza della funzione imprenditoriale
Definizioni concettuali, astratte non sempre capaci di discriminare
realmente il fenomeno
Che cosa meglio caratterizza una piccola impresa?
• un’impresa con 5 o meno dipendenti (Yugoslavia)
• un’impresa industriale da 10 a 200 dipendenti (Francia)
• un’impresa di commercio al dettaglio con 10 o meno negozi
Definizioni operative che aiutano a discriminare una piccola
impresa
9
Come viene definita una piccola impresa?
Un’impresa con un fatturato lordo non superiore a 70.000 volte il
salario minimo orario (Central Bank of Brasil)
Un’impresa senza filiali all’estero che non occupi più di 2000
square feet con i suoi impianti.
Impresa con meno di 50 addetti, con fatturato inferiore a 5
milioni di Ecu, appartenente per non oltre un terzo a una
grande impresa.
Molte definizioni di p.i. in un approccio eclettico possono essere
accolte e/o respinte: ognuna contiene elementi di vitalità ma
anche di unilateralità e di contingenza
non esiste una definizione di Piccola Impresa comunemente
accolta
Dal punto di vista dell’analisi microeconomica, ciò che rileva è
l’assetto proprietario.
Piccola impresa è quella impresa con una proprietà indipendente.
La definizione è significativa perché la proprietà indipendente
considera l’incidenza dei fattori soggettivi e personali.
LA PROPRIETA’ INDIPENDENTE E’
QUALIFICAZIONE DELLA PICCOLA IMPRESA
10
Imprenditorialità e Piccole Imprese
LA P.I. NELL’ECONOMIA ITALIANA
LA CRESCITA DEL COMPARTO
Nel sistema industriale italiano la definizione di tipo
quantitativo più diffusamente utilizzata considera P.I.
quelle che si attestano alla soglia dei 100 addetti.
L’Ue definisce P.I. quelle che occupano sino a 49 addetti,
mentre sono imprese MEDIE quelle nell’intervallo 50-249
addetti.
Inoltre, spesso nelle statistiche non vengono considerate P.I. le
microimprese, ossia le imprese che abbiano meno di 10
addetti e a volte anche meno di 20 addetti.
11
I censimenti ISTAT riferiti alle imprese industriali
ANNO
DI
RILEV
AZION
E
Fino a 99
addetti
%
imprese
%
occupat
i
1971
98.8
48.5
1981
98.9
55.4
1991
99.0
63.3
1996
Da 1 a 49
addetti
Da 1 a 249
addetti
%
imprese
%
%
occupati imprese
%
occupati
98.7
62.3
79.0
99.8
12
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL MODELLO DI SVILUPPO DELL’INDUSTRIA ITALIANA
a.
Crescita costante del comparto della P.I.
b.
Ridotta dimensione media del comparto
Negli anni ’60 il nostro sistema industriale era tale per cui le
grandi imprese non giocavano un ruolo assimilabile a
quello osservato in altri Paesi.
Nel decennio ’70-’80 l’avvio del decentramento produttivo e
della deverticalizzazione (downsizing) è stato
particolarmente accentuato in Italia: tra il 70 ed il 1995
l’occupazione nelle imprese con oltre 500 addetti si
dimezza e quella nelle imprese sino a 99 aumenta.
Quali ipotesi interpretative alla crescita del comparto?
1. è un fenomeno transitorio del processo di sviluppo economico;
2. è un vero e proprio cambiamento strutturale dello sviluppo
industriale
In base alla seconda ipotesi si sono sviluppati due modelli
interpretativi:
a.
modello dualista: dove si afferma che la PI è dipendente
dalla G.I. con manodopera meno qualificata,
sindacalmente meno protetta e meno remunerata
b.
modello della specializzazione flessibile: dove la PI
acquisisce il proprio ruolo autonomo attraverso la
specializzazione completa di determinate fasi di
produzione con l’impiego di manodopera qualificata
13
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL MODELLO DELLA SPECIALIZZAZIONE FLESSIBILE
La specializzazione flessibile come modello di successo delle PI:
1.
condizioni
di
elasticità
della
struttura
tecnico/produttiva come capacità di risposta alla
variabilità quantitativa della domanda senza aumento dei
costi unitari;
2.
condizioni di flessibilità come capacità di adeguamento
alla
variabilità
qualitativa
della
domanda
(differenziazione ed innovazione dei prodotti)
3.
dipendono e determinano
•
impiego dei fattori produttivi polivalenti;
•
committenza a lavoratori autonomi;
•
produzione più artigianale, personalizzata, di elevata
qualità;
•
orari flessibili;
•
ricomposizione delle mansioni;
•
reti di rapporti di collaborazione: il ruolo delle imprese
“guida”.
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Imprenditorialità e Piccole Imprese
I SISTEMI LOCALI DI PICCOLE IMPRESE
Definizione.
Il distretto industriale è un aggregato di imprese di minori
dimensioni che insiste in un ‘area geografica e all’interno
del quale si attuano la divisione del lavoro e si collabora per
ottenere l’output finale
Esso è caratterizzato
-
da economie di specializzazione che sostituiscono le
economie di scala;
-
da economie di localizzazione (disponibilità dei fattori di
produzione, infrastrutture, …)
-
da economie di agglomerazione (la ricomposizione del ciclo
produttivo attraverso la collaborazione tra le imprese
specializzate);
-
dalla variabile sociologica di appartenenza al dato settore
industriale come fattore di cultura industriale che
accresce i rendimenti;
-
dalla presenza di altri tipi di industria al servizio di quella
dominante (beni strumentali, servizi, …).
15
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Altre denominazioni o forme di aggregati territoriali di
piccole imprese:
A.
Sistemi Articolati di Produzione (Nuti)
B.
Sistemi Produttivi Locali (Garofoli)
1. aree di specializzazione produttiva:
a. sistema locale di tipo orizzontale in quanto tutte le
imprese sono concorrenti;
b. manca la componente sociale, le interrelazioni tra
imprese;
c. sono presenti le condizioni economiche favorevoli a
insediamenti industriali, basso costo del lavoro e sua
flessibilità d’uso.
2. Sistemi Produttivi Locali:
a. sistema locale di tipo orizzontale in quanto tutte le
imprese sono concorrenti;
b. esistono delle interrelazioni produttive-socialiterritoriali tra le imprese;
c. settore monoculturale.
3. Aree Sistema:
a. forma più evoluta di un’area periferica;
b. esistono forme di coordinamento, di cooperazione e di
organizzazione;
c. settore multiculturale con interrelazioni a livello
intersettoriale.
16
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Questioni critiche del modello di specializzazione flessibile
(Ash Amin):
-
è vero che i sistemi articolati di produzione seguano la fine
del fordismo e delle produzioni di massa?
-
è vero che la loro flessibilità li sottrae totalmente a
fenomeni recessivi?
-
è vero che migliorano le condizioni del fattore lavoro? E
l’occupazione?
-
sono davvero i sistemi locali un punto di arrivo e di
superamento della grande impresa verticalizzata in grado di
resistere alle strategie di globalizzazione?
17
Imprenditorialità e Piccole Imprese
LE PICCOLE IMPRESE
NEL SISTEMA INDUSTRIALE ITALIANO
La specializzazione territoriale:
esistono aree territoriali a forte prevalenza di tessuto e di
attività produttive di grandi imprese e altre di piccole imprese.
La specializzazione settoriale:
esistono settori a prevalenza di grandi imprese e settori a
prevalenza di piccole imprese perché esistono condizioni
produttive diverse da quelle che rientrano nel modello
interpretativo della specializzazione flessibile.
-
La tripartizione del sistema industriale italiano:
Economia Centrale
Regioni del Nord-Ovest con la G.I.
Economia Periferica
Regioni Centro-Nord-Est con p.m.i.
Economia Marginale
Regioni meridionali
La “geografia
Meccanica
Tessile
Abbigliamento
Calzatura
Ceramica
Oreficeria
Concia
settoriale” dei distretti italiani
Emilia Romagna
Lombardia, Toscana (Prato)
Lombardia, Veneto e Marche
Veneto (Montebelluna), Marche
Emilia Romagna (Sassuolo, Carpi)
Piemonte (Valenza), Veneto (Vicenza), Toscana
(Arezzo)
Campania (Solfora), Toscana
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Imprenditorialità e Piccole Imprese
IMPRENDITORIALITA’
Definizione:
“l’insieme delle qualità e delle
caratteristiche dell’imprenditore”
Il concetto di imprenditorialità è un concetto derivato da
quello dell’imprenditore, infatti:
focalizza l’imprenditore alla base di un fenomeno che ha
dato e dà impulso allo sviluppo dei sistemi economici.
Difficoltà di definire l’imprenditore sulla base di identificati
attributi:
- proprietà dell’impresa
- assunzione del rischio
- creatività
- etc.
essi possono riconoscersi anche in soggetti che non sono
imprenditori.
Alcune concezioni classiche dell’imprenditore:
- Cantillon
chi organizza la produzione che ne
è
l’iniziatore, il creatore, il
responsabile di attività
produttive organizzate;
- Smith
colui che avvia iniziative produttive
(undertaker) con atteggiamento progettuale
(projector) e assumendosi i rischi connessi
(adventurer).
19
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Le funzioni proprie dell’imprenditore che emergono come
elemento caratterizzante della funzione imprenditoriale
sono per:
-
Schumpeter:
la capacità ad innovare
-
Knight:
scelte
l’assunzione del rischio (innovare = fare
in condizione di incertezza)
-
Cole e Redlich: il potere a decidere, ossia, la funzione di
formulazione delle decisioni (compiti di
governo)
Due filoni di studio sull’imprenditorialità:
-
indirizzo storico: orientato a identificare le ragioni che
portano
determinati soggetti a farsi
imprenditori.
(Perché un soggetto si fa
imprenditore?)
-
indirizzo analitico: pone l’accento su come questi soggetti si
comportano; tendendo a far coincidere i
concetti di imprenditorialità e
managerialità
(Come
si
comportano
gli
imprenditori? Quali i
loro compiti?)
20
Imprenditorialità e Piccole Imprese
L’INDIRIZZO STORICO
Distingue i concetti di imprenditorialità e managerialità poiché
considera l’imprenditore chi
- crea l’impresa (fatto innovativo);
- per quali motivazioni (lucro);
- se ne assume il rischio.
Poiché il concetto di imprenditorialità trova una sua
qualificazione nell’attività di creazione dell’impresa, esso
viene normalmente associato a quello di piccola impresa.
Nei modelli biologici, che analizzano gli stadi del ciclo vitale delle
imprese, una nuova impresa viene gestita in modo
indipendente dall’imprenditore
siamo in presenza del fenomeno di
coincidenza tra proprietà e controllo
Le indagini di natura storica tendono ad identificare i tratti
comuni nei soggetti che si fanno imprenditori.
Il fine del profitto non è fattore dominante verso l’impresa. Esso
è perseguito affinchè l’impresa rimanga vitale e soddisfi
motivazioni psicologiche e spinte sociologiche di chi la crea.
I filoni di studio e i modelli in letteratura identificano le variabili
soggettive che sono caratteristiche individuali e condizioni
sociali, considerate singolarmente o nella loro combinazione,
che spingono all’imprenditorialità.
21
Imprenditorialità e Piccole Imprese
INDIRIZZO PSICOLOGICO
Mc
Clelland
(1961):
fattore
need
of
achievement
(autorealizzarsi facendo bene le cose) – bassa propensione al
rischio e un solo carattere
Rotter (1966) Shakero (1975) Brockhaus (1987): locus of
control (alla base del need of achievement sta il
convincimento di controllare il proprio destino) – un solo
carattere
Kets De Vries (1977): è imprenditore chi, avendo avuto una
storia familiare infelice, che gli ha prodotto scarsa fiducia
in se stesso, insicurezza viene spinto da adulto ad un atto di
RIBELLIONE INNOVATIVA.
Modello psicodinamico: si ricercano più caratteri, si valutano le
preferenze, i valori, più caratteri personali.
INDIRIZZO SOCIOLOGICO
Stanworth e Curran (1973): la teoria della “marginalità sociale”
(perdita del posto di lavoro, appartenenza a minoranze
etniche, etc.) che nasce dall’incongruenza tra attributi
personali e posizione occupata in società; tale discrasia è
superata diventando imprenditori.
Altri fattori sociali
- eredità;
- imitazione;
- esperienza;
- turbolenza del mercato del lavoro;
- disoccupazione;
- in occupazione.
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Imprenditorialità e Piccole Imprese
L’INDIRIZZO ANALITICO
Definisce l’imprenditore con riguardo alle funzioni che
deve assolvere per governare l’impresa ossia per decidere il
sistema evolutivo delle operazioni aziendali che danno
contenuto alla gestione e le forme organizzative che ne
costituiscono il supporto.
Vengono
superate
le
seguenti
dell’imprenditorialità:
- il momento creativo dell’impresa;
- la proprietà dell’impresa;
- l’assunzione del rischio.
qualificazioni
E’ imprenditore chi gestisce l’impresa e allo scopo usa capacità
creativo/innovative o, in chiave moderna, chi gestisce il
cambiamento; non necessariamente chi assume il rischio, ma
ne crea i presupposti con il suo potere a decidere.
Il potere a decidere come qualificazione dell’imprenditore in un
regime di separazione tra proprietà e controllo estende
l’imprenditorialità ai manager.
Brozen (1954) Redlich (1957): è imprenditore chi per effetto di
scelte innovative, genera i presupposti del rischio ma non li
assume, li assume la proprietà.
Cole (1959): la funzione imprenditoriale è un’attività
plurifunzionale (che esplicita l’attività di governo) esercitata
da più soggetti.
23
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Pantaloni, Zappa: ancor prima affermavano il concetto di
imprenditorialità diffusa tra tanti soggetti che cooperano
per realizzare i fini aziendali – l’imprenditore come attività
astratta.
Occorre limitare le suddette concezioni ai soggetti che
comunque esplicano il processo manageriale e non quello
logistico-esecutivo.
Dagli anni ’60 le teorie di management si sono fortemente
sviluppate attraverso gli studi di strategia identificando le
funzioni più tipicamente imprenditoriali, assunte dai
manager.
L’imprenditorialità debba essere identificata solo in quei
componenti dell’alta direzione (modello di Anthony – all’alta
direzione sono riservate le decisioni strategiche), oppure se
ad essa partecipino anche coloro cui è delegato il potere a
decidere.
Elementi di sistemazione teorica:
- l’evoluzione delle strutture organizzative;
- lo spostarsi dell’enfasi dalla fase di formulazione a quella di
attuazione delle strategie.
Direttore generale
le strategie
Direttore funzionale
strategie
Struttura funzionale
(manager generalista) formula
(manager specialista) attua le
Struttura divisionale
Direzione generale
Direttore di Divisione
formula le strategie
24
Imprenditorialità e Piccole Imprese
L’evoluzione delle strutture organizzative e l’importanza della
fase attuativa delle decisioni depongono a favore di
un’imprenditorialità diffusa a tutti coloro che detengono
potere di guida e di controllo (processo manageriale).
Se l’imprenditorialità coincide con l’esercizio del processo
manageriale essa diventa sinonimo di managerialità e quindi i
due concetti hanno un significato comune.
Limiti di manifestazione dell’imprenditorialità nella GI
- le funzioni imprenditoriali nella GI sono assolte dai manager
che le esercitano in forma professionale, quest’ultima
qualificazione implica il possesso di conoscenze acquisite non
solo tramite l’esperienza, ma anche tramite la formazione.
- utilizzando la distinzione di Cole, basata sui comportamenti
con cui si governa l’impresa, si può affermare che il piccolo
imprenditore si configura più come imprenditore empirico
che razionale o cognitivo, queste ultime modalità
riconosciute tipiche dei manager.
Imprenditore empirico: acquisisce le conoscenze dall’esperienza
e spesso usa una logica estrapolativa.
Imprenditore razionale: acquisisce le conoscenze attraverso
una analisi razionale di come potranno evolvere le situazioni.
Imprenditore cognitivo: è attento ad aggiornare le conoscenze
e a rialimentare le sue scelte con quanto di nuovo.
25
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Imprenditorialità e managerialità
Le situazioni che consentono di mantenere una distinzione tra
imprenditorialità e managerialità:
-
le funzioni di governo dell’impresa si assumono in virtù:
a. del diritto di proprietà nella pi;
b. di una delega di chi detiene la proprietà (m.g.i.)
-
coincidenza tra proprietà e controllo: si assommano negli
stessi soggetti le facoltà che derivano dal diritto di
proprietà: partecipazione agli utili, avere potere
sull’impresa, amministrarla.
-
Berle e Means: il diritto di proprietà discende:
a. partecipare con un interesse economico al suo andamento;
b. avere un potere su di essa;
c. agire nel suo interesse (amministrare).
-
il piccolo imprenditore esercita tutte queste facoltà o
decide di delegare parti dell’amministrazione a managers in
virtù di un regime di controllo fondato sulla proprietà quasi
totale; proprietà e controllo restano di sua competenza.
-
nelle PI la presenza di manager non modifica il regime di
coincidenza tra proprietà e controllo: si può distinguere tra
imprenditorialità e managerialità poiché quest’ultima
esercita solo la facoltà dell’amministrare nei limiti delle
deleghe conferite.
26
Imprenditorialità e Piccole Imprese
-
Verso la separazione tra proprietà e controllo dei diritti
inerenti la proprietà:
a. Le società anonime, le società per azioni, la dispersione
della proprietà, il controllo di minoranza.
b. Il controllo di minoranza: gli azionisti dispersi detengono
la maggioranza della proprietà nominale.
c. L’azionista di comando detiene il controllo perché è in
grado di nominare gli organi di governo e i managers di
massimo livello.
d. Il capitalismo manageriale: i managers detengono
l’amministrazione ma sono in grado di acquistare il controllo:
- attraverso le deleghe degli azionisti dispersi (usano
il
diritto di proprietà)
- attraverso “la capacità di organizzare su larga
scala” e
produrre utili e dividendi nelle grandi
imprese.
-
Se i managers acquisiscono il potere di controllo, ossia
quello di governo dell’impresa, in essi si assommerebbe
l’imprenditorialità e la managerialità: ma se c’è l’azionista di
comando, chi comanda veramente la GI?
27
Imprenditorialità e Piccole Imprese
-
L’azionista di comando è l’imprenditore e, quindi, tale figura
è ancora distinguibile da quella del manager.
-
La public company come fenomeno compiuto di separazione
tra proprietà e controllo: il controllo dell’amministrazione
prescinde dal diritto di proprietà e scompare la figura
dell’imprenditore.
La coincidenza tra proprietà e controllo e i suoi effetti negli
assetti organizzativi della PI.
Altre differenze tra imprenditorialità e managerialità:
-
creare l’impresa vs darle continuità
-
patrimonio vs carriera
-
situazioni diverse nella PI e nella GI
rispetto ai ruoli
rispetto alle condizioni di esercizio del ruolo
28
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Prime connotazioni organizzative della piccola impresa:
EFFETTI DELLA COINCIDENZA TRA PROPRIETA’ E
CONTROLLO SU ASSETTI ORGANIZZATIVI DELLA PI
La dimensione dell’impresa e i fattori soggettivi della PI si
connettono alla coincidenza tra la proprietà e controllo e
determinano nella PI peculiari condizioni organizzative:
1.
le mansioni sono costituite intorno alle persone;
2.
commistione tra aspetti politici (o strategici) ed aspetti
operativi della gestione;
3.
limitato orizzonte temporale (o di pianificazione);
4.
scarso impiego di sistemi informativi e di tecniche di
gestione;
5.
forte limitatezza del tempo per compiti manageriali;
6.
gli errori di gestione sono più incidenti;
7.
resistenza al cambiamento;
8.
scarsa considerazione delle variabili ambientali.
Queste caratteristiche della PI più piccola, occorre conoscerle
per emanarle.
Inoltre anche le PI evolvono quando al fondatore subentrino le
successive generazioni che possono orientare il governo
della PI verso un modello più manageriale.
29
Imprenditorialità e Piccole Imprese
L’IMPRENDITORIALITA’ MANAGERIALE
Le variabili soggettive dell’imprenditore possono avere effetti
negativi sui percorsi della p.i.
Il problema di far evolvere un modello prettamente
imprenditoriale di governo della p.i. verso uno stile più
manageriale dove si attenui l’influenza di suddette
variabili.
Il problema della burocratizzazione della G.I.: non sempre il
modello prettamente manageriale giova.
Nell’evoluzione verso uno stile più manageriale si incontrano:
1.
Difficoltà
a. La centralità dell’imprenditore e la dimensione non
rendono omologabile la p.i. alla G.I.
b. L’approccio learning by doing è sufficiente per
acquisire professionalità manageriali?
2.
Condizioni
a. Interventi mirati e differenziati;
b. Considerazioni e rispetto della personalità della p.i.
c. Metodi di comunicazione e di soluzione di problemi
concreti;
d. Fenomeni di resistenza del piccolo imprenditore.
30
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Come indurre comportamenti più manageriali?
- Evitare il richiamo delle teorie di management sviluppate
per la G.I.
- Utilizzare uno schema generale di riferimento utile sia alla
p.i. sia alla g.i. in cui comporre le contrapposizioni tra
imprenditorialità e managerialità per pervenire alle nozioni
di:
Imprenditorialità manageriale
Managerialità imprenditiva
la g.i.
per la p.i.
per
Contributi
a. il modello di Ansoff che spiega le componenti del processo
manageriale in ottica di managerialità imprenditiva
b. il Modello di Stevenson chiarisce la natura dei
comportamenti imprenditivo e amministrativo e gli effetti
del prevalere dell’uno sull’altro
nella g.i. la burocrazia manageriale tende a
limitarsi ai comportamenti amministrativi
nella p.i. i comportamenti amministrativi
sono
poco praticati
Non esiste un unico modello, ma una gamma di comportamenti
che si collocano tra due estremi:
iniziatore o promotore
conservatore
continuatore o
che manifestano i loro comportamenti nelle fasi basilari del
31
governo dell’impresa come segue
Fasi e
dimensioni del
processo di
gestione
Iniziatore o
promotore (genera
accadimenti nuovi)
Continuatore o
conservatore (conserva
l’esistente)
Orientamento
strategico
Identifica le
opportunità che altri
non percepiscono; le
risorse sono variabili
dipendenti e non lo
condizionano
Seleziona le opportunità
offerte dall’ambiente in
base alle risorse
disponibili: innova poco
Coinvolgimento
strategico
Limita l’analisi per
agire rapidamente; si
fida della sua
esperienza e capacità
di previsione (modello
rivolutivo)
Procede in modo
evolutivo: ha bisogno di
tempo per innescare
l’azione e per attuarla
Impiego delle
risorse
Procede per stadi e ne
minimizza
l’intensificarsi
Utilizza accurate analisi:
pianifica ed effettua la
scelta investendo in
unica e completa
soluzione
Controllo delle
risorse
Evita i vincoli della
proprietà, del rapporto
di lavoro stabile; cerca
la flessibilità con le
formule del servizio e
dell’uso di risorse di
terzi
Prerequisito dell’impiego
delle risorse è il loro
pieno controllo con
vincoli di proprietà dei
beni materiali e rapporti
di dipendenza del
fattore lavoro
Struttura
organizzativa
Piatta con relazioni
informali che
facilitano i contatti
diretti e le
informazioni
necessarie
Privilegia la
formalizzazione
organizzativa dei ruoli,
le deleghe di autorità,
l’attribuzione di
responsabilità;
32
organizza con logiche
gerarchiche le risorse
Nessuno di questi comportamenti di per sé solo è sufficiente
per gestire con successo l’impresa: essi si esercitano su
un’area comune di intervento dove i loro caratteri antitetici
devono trovare composizione e complementarità per gestire
efficacemente l’impresa
IMPRENDITORIALITA’
MANAGERIALE
Comportamento
prettamente
Comportamento
prettamente
INIZIATORE
CONTINUATORE
imprenditivo
MANAGERIALITA’
IMPRENDITIVA
amministrativo
Dinamicamente chi gestisce l’impresa dovrà percepire
le “SPINTE”:
ambientali
di origine interna
comportamento più imprenditivo
comportamento più amministrativo
Chi gestisce l’impresa deve realizzare il giusto mix dei due
comportamenti in relazione ai problemi e alle esigenze di
origine esterna o interna: imprenditorialità manageriale nella
p.i. dove ferma restando la carica innovativa implicita nel
primo termine e le condizioni di flessibilità privilegiate
dall’iniziatore, esse siano temperate da formule di ordine e
di controllo interno e da analisi più puntuali delle variabili in
gioco più tipiche del comportamento del continuatore.
33
Imprenditorialità e Piccole Imprese
TIPOLOGIE DI PICCOLI IMPRENDITORI
1.
La tipologia Stratos (1990)
-
ricerca campionaria svolta dal gruppo Stratos
-
costruita su indicatori dei valori (ideali astratti di ciò che
è considerato “buono”, “desiderabile”, “preferibile”) e
degli atteggiamenti (ossia l’effetto dei convincimenti
posseduti dalle persone)
-
ha consentito di rapportare ai differenti tipi di
imprenditori le strategie che essi adottano e in cui hanno
successo e le relative performance
-
in base ai diversi gradi di intensità con cui si manifestano
i due principali caratteri che definiscono i comportamenti
imprenditoriali
a. dinamico/creativo
b. amministrativo/attuativo
è possibile individuare le seguenti quattri tipologie di
p.imprenditore.
34
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Tipo
Dinamico/Creativo
Amministrativo/Attuativo
Versatile
Forte
Forte
- molto adattabile
- eccessiva polivalenza genera mediocrità nella gestione
- strategia di diversificazione prodotti/mercati
- rispecchia il modello della imprenditorialità
manageriale
Pioniere
Forte
Debole
- corrisponde all’innovatore Shunpeteriano
- molto propenso al rischio
- strategie di diversificazione prodotti/mercati
- buone performance
Organizza
tore
Debole
Routiniero
Debole
Forte
- comportamento amministrativo
- buone facoltà nazionali, analitiche e organizzative
Debole
- assai prudente
- scarsa propensione al rischio
- poche prospettive di successo nel lungo termine
- strategie di penetrazione del mercato
- performance non elevate
35
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Successiva ricerca Gruppo Stratos sull’internazionalizzazione
non era più presente l’imprenditore Routiniero. Ipotesi:
a.
non presente sul mercato internazionale;
b.
la possibile formazione fatta dagli imprenditori che
hanno acquisito abilità amministrative;
c.
specie praticamente estinta.
2.
La tipologia di Smith (1967)
Si basa sulle differenze socio-culturali
L’imprenditore Artigiano
L’imprenditore opportunista
-svolge attività esecutive
-privilegia accentramento
potere
-orientamento a breve
periodo
-maggiore statisticità
-forte adattabilità
-buona flessibilità
36
Imprenditorialità e Piccole Imprese
3.
La tipologia di Stanworth e Curran (1973)
Dall’identità sociale latente deriva la definizione che ogni
imprenditore dà del proprio ruolo:
si prefigura la possibilità della transizione da un tipo all’altro.
L’identità
dell’artigiano
La sua soddisfazione deriva
-dall’autonomia nello svolgere il proprio
lavoro;
-dalla scelta dei collaboratori;
-dalla qualità del risultato in termini di
prodotti / servizi personalizzati;
La crescita dimensionale non è
contemplata.
L’identità
dell’imprenditore
classico
La sua soddisfazione deriva dal
profitto generato.
Sono di secondaria importanza le
caratteristiche tipiche
dell’imprenditore artigiano;
è questione opinabile se la crescita
dimensionale è contemplata.
L’identità del
manager
La crescita è considerata desiderabile
o necessaria.
37
Imprenditorialità e Piccole Imprese
4.
La tipologia di Goffe e Scase (1980)
Variabili considerate:
a. ruolo imprenditoriale
b. rapporti con i dipendenti
Piccoli
imprenditori
autodatori di
lavoro
-non utilizzano dipendenti ma solo
collaboratori familiari;
-traggono più soddisfazione dal proprio
lavoro che non dall’obiettivo di crescere.
Piccoli
imprenditori
datori di lavoro
-affiancano i loro dipendenti nelle
attività produttive;
-assumono il compito di dirigere e di
amministrare la loro impresa;
-no crescita
Piccoli
imprenditori
amministratori
-si dedicano unicamente ai compiti
amministrativi e di gestione;
-richiedono sistemi formali di direzione;
-spesso preferiscono non crescere per
evitare che venga meno il rapporto
fiduciario con i dipendenti
Piccoli
imprenditori
manager
-controllano piccole imprese più grandi;
-il rapporto fiduciario non è più
sufficiente;
-deleghe a manager, tecnici e staff.
Si prefigura la possibilità della transizione da un tipo 38
all’altro.
Imprenditorialità e Piccole Imprese
5.
La tipologia di Julien e Marchesnay (1988)
La tipologia di Julien e Marchesnay si collega direttamente a
quella di Smith e consente di identificare il tipo di
impresa alternativamente deriverà dal tipo di
imprenditore in quanto influenzata dai suoi obiettivi e
comportamenti.
Si fonda su gerarchie di obiettivi.
A.
Imprenditore
Crescita)
C.I.C.:
(Continuità
–
Indipendenza
-
Autofinanziamento;
-
Familiare;
-
Bassa competitività;
-
Possibile successo durevole;
-
Autocratica;
-
Vulnerabile al cambiamento.
B.
Imprenditore C.A.C.: (Crescita – Autonomia – Continuità)
-
Anche finanziamento esterno;
-
Più suscettibile di crescere attraverso le opportunità a
più alto rischio;
-
La crescita potrà limitare ma dovrà comunque mantenere
l’autonomia;
-
Cresce attraverso l’esternalizzazione di alcune funzioni.
39
–
Imprenditorialità e Piccole Imprese
-
-
-
-
-
PICCOLE IMPRESE STABILI E
PICCOLE IMPRESE EMERGENTI
Coesistono nei sistemi economici occidentali, ma emergono
da diverse concezioni di p.i. presenti nella letteratura USA
e UK;
P.i. emergenti (USA): tutte le p.i. sono destinate a crescere
attraverso stadi di un ciclo di vita e a diventare “grandi” –
sono dotate di attributi organizzativi del modello
“manageriale”;
P.i. stabili (UK): la maggioranza delle p.i. non crescono,
poiché i p.imprenditori temono le conseguenze dell’aumento
di dimensione, né perseguono la massimizzazione del
profitto, privilegiano altri obiettivi;
La coesistenza dei due tipi si spiega con i diversi obiettivi
di cui sono portatori i relativi imprenditori;
L’apparente contraddizione dipende dal fatto che
la
letteratura USA focalizza l’impresa sulla base degli studi di
management attribuendole lo stile manageriale di gestione,
mentre la letteratura UK focalizza la soggettività del
p.imprenditore
da
cui
dipende
il
concetto
di
imprenditorialità;
I due tipi di p.i. si collocano in due diverse posizioni nel
continuum dei ruoli di comando:
quasi solo ruoli
imprenditoriali
aumentano i
ruoli manageriali per
sostenere la crescita
p.i.
stabile
p.i.
emergente
molti più ruoli
manageriali
media
impresa
grande
impresa
40
Imprenditorialità e Piccole Imprese
-
La p.i. emergente è tale poiché la crescita non è un’opzione,
ma è un vincolo: crescere o fallire;
Le verifiche empiriche rilevano che i due tipi di p.i.
dipendono dalle scelte degli imprenditori (Churchill e Lewis);
Quesito:
le scelte degli imprenditori sono libere da vincoli o sono imposte
dalle caratteristiche strutturali del settore?
I settori frammentati e maturi / i settori emergenti hanno
caratteristiche che impongono rispettivamente la scelta di
permanere nella data dimensione oppure di crescere.
Però:
è facile constatare che, i fattori personali diversi stanno alla
base della creazione di imprese che si inseriscono
alternativamente nei settori frammentati e maturi oppure in
quelli emergenti.
Quindi partendo dall’osservazione di p.i. di tipo diverso si
conferma che i fattori soggettivi degli imprenditori,
anche superando la mera considerazione dei loro
obiettivi, consentono di interpretare il loro diverso modo
di essere e di evolvere.
41
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL MODELLO DI GREINER
Punti nodali del contributo di Greiner (1997)
1.
2.
3.
4.
La
relazione
unidirezionale
opportunità/strategia/struttura organizzativa prevista
da Chandler non sempre si verifica: la struttura può
giocare un ruolo critico rispetto allo sviluppo; è meno
malleabile di quanto previsto e può influenzare la
strategia;
Il cambiamento organizzativo è imposto dall’aumento
della dimensione; al mantenimento della stessa
dimensione corrisponde il mantenimento delle stesse
logiche manageriali;
In ogni stadio del ciclo ci sono due fasi: di evoluzione e
di rivolgimento; nella prima lo sviluppo si manifesta in
modo evolutivo e non richiede cambiamenti di stile di
direzione che lo promuove; nella seconda tale stile
perde il carattere di fattore di sviluppo, diventa
fattore di una crisi, si genera un problema di direzione
che deve essere risolto per non arrestare lo sviluppo;
Il modello interessa la piccola impresa che si identifica
nel primo stadio, dove lo stile è imprenditoriale (area 1 =
area della piccola impresa): l’aumento della dimensione
impone uno stile manageriale (area 2 = area possibile
della p.i.);
a. Non prevede che l’imprenditore possa realizzare la
“mutazione” (evoluzione nel ciclo di vita);
b. Più spesso ci sarà una crisi di leadership:
l’imprenditore rifiuta di mettersi da parte, non può o
non vuole modificare i suoi comportamenti (ipotesi di
Greiner) con il fenomeno di discontinuità impresaimprenditore;
c. Subentra un manager che formalizza l’organizzazione
42
(il modello non contempla l’ipotesi di evoluzione
dell’imprenditore).
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL MODELLO DI CHURCHILL E LEWIS (1983)
Il modello di Churchill e Lewis è quello che offre i più
significativi contributi avallati anche da indagini sul campo.
Viene analizzata la crescita e i suoi stadi non solo attraverso la
dimensione, ma anche attraverso la dispersione spaziale e la
complessità.
Ogni stadio viene
manageriali.
descritto
attraverso
cinque
variabili
43
I
stadio
Esisten
za
II
stadio
Sopravvi
venza
III stadio
Disimpiego
o sviluppo
IV stadio
Decollo
V stadio
Maturità
delle
risorse
Stile di
direzione
Fortem
ente
accent
rato
Delega
compiti
supervisi
one
Delega
compiti
funzionali
Decentra
mento
organizza
tivo
(delega)
Manageri
ale con
molte
deleghe
(decentra
mento)
Struttur
a
organizza
tiva
Embrio
nale
piatta
Non
ancora
formaliz
zata
Funzionale
Divisional
e
Organi di
staff
nelle
divisioni
Sistemi
manageri
ali
formali
Inesist
enti
Proiezion
i di
cassa
Controllo
budgetario
Pianif.ope
rativa e
strategic
a
Diffusion
e dei
sistemi
Obiettivi
strategic
i
Riuscir
e ad
esister
e
Riuscire
a
sopravvi
vere
III D:
rimane nella
data
posizione
senza
perdere
quote di
mercato e
competitivit
à
III S:
ottenere le
risorse per
lo sviluppo
Sviluppo
Risultati
finanziari
Coinvolgi
mento
dell’impre
nditore
proprieta
rio
Totale
Totale
Organizzazi
one si rende
più
autonoma
Rimane
l’importan
za della
coinciden
za tra
proprietà
Separazi
one tra
proprietà
44
e
controllo
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL CICLO DI VITA DELL’IMPRENDITORE
Alcune osservazioni:
1.
deve esserci coerenza delle variabili manageriali nei vari
stadi;
2.
i fattori chiave di successo in ogni stadio assumono
diversa importanza;
3.
occorre anticipare le configurazioni delle variabili
manageriali prima di transitare nel nuovo stadio.
In parallelo al ciclo di vita dell’impresa vi è il ciclo di vita
dell’imprenditore.
I stadio
II stadio
III stadio
fare
IV stadio
l’impresa
Esistenza
saper fare
Sopravvivenza
saper far fare
Successo
saper
Maturità
lasciar
capacità a gestire
strategicamente
Il modello di crescita delle p.i. italiane non prevede la struttura
divisionale ma la gemmazione.
L’imprenditore artigiano trova difficoltà a passare da uno
stadio all’altro.
L’imprenditore opportunista già adatto, grazie al suo
background, per i successivi stadi.
45
Tab. 3 – Crisi nel ciclo di vita della piccola impresa
Tipo
DI START-UP – dipende da errori iniziali: a) le persone chiave non
hanno sufficiente esperienza per gestire l’attività dell’impresa; b) il
fabbisogno finanziario è stato sottovalutato; c) mancano le informazioni
per corrette decisioni.
DI CASSA – dipende da eccessiva spinta vs. profitti e crescita: a) si
collega alla sottocapitalizzazione; b) si confondono i risultati economici
con quelli finanziari; c) si ignora che la crescita comporta aumento del
fabbisogno finanziario.
DI DELEGA – dipende dall’incapacità di delegare compiti a validi
collaboratori quando l’impresa non può più essere gestita da una sola
persona, ma non può permettersi un “team” di manager.
DI LEADERSHIP – l’impresa si è dotata di manager, ma l’imprenditore
non consente di formalizzare i ruoli, le responsabilità, i sistemi
manageriali. Anche crisi di pianificazione e controllo: l’imprenditore
continua a “fare” invece che a “pianificare”.
DI CAPITALIZZAZIONE – la crescita non può più essere finanziata
con il cash flow e i capitali personali, ma l’imprenditore è restio: a fare
debiti, a rivolgersi al venture capital, ad ampliare la compagine sociale,
perdendo il controllo.
DI COMPIACIMENTO – il successo spinge a parziale disimpegno
dell’imprenditore e lo convince della validità futura dei fattori che
l’hanno prodotto.
DI ESPANSIONE/DIVERSIFICAZIONE – il successo induce a
sopravvalutare le capacità di gestione proprie e dei manager. Può
produrre:
- Errati piani di ampliamento con eccessivi investimenti
- Diversificazione in attività senza avere le necessarie competenze e
risorse.
DI SUCCESSIONE – l’imprenditore non ha pianificato gli eventi dopo la
sua morte o il suo ritiro in termini di chi assumerà il potere.
DI COINVOLGIMENTO – l’imprenditore che si è ritirato e dedicato ad
46
altre attività vuole tornare a gestire gli affari.
Imprenditorialità e Piccole Imprese
LE PICCOLE IMPRESE A BASE FAMILIARE
Caratteristiche distintive
-
La proprietà e il potere di decidere si estendono ai membri
del nucleo familiare.
-
È il possesso di un grado di parentela con l’imprenditoreproprietario la matrice della partecipazione di tali soggetti.
-
La partecipazione può essere di natura finanziaria (se sono
soci); di natura di direzione (se non hanno titolo di
proprietà), di natura gestionale (se condividono con il
titolare la proprietà e collaborano con lui alla gestione).
-
Il potere discende normalmente dal grado di delega che
l’imprenditore proprietario è disposto a concedere ai
familiari; il potere di comando si fonda sul rapporto di
parentela.
-
Possono essere presenti anche soggetti esterni alla famiglia
(manager).
-
Ciclo di vita dell’impresa familiare:
a. prefamiliare o imprenditoriale
b. familiare allargata (per attrarre risorse oltre a
quelle
della famiglia).
47
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Ricerca Censis (Carminucci) 1991 su 730 piccoli imprenditori:
-
Meno strategica è l’area, maggiore è la delega.
-
La delega è maggiore a funzionari che a membri di famiglia.
-
La delega è maggiore in presenza di maggiore età degli
imprenditori.
-
Con imprenditori al di sotto di 50 anni anche se sono più
accentratori concedono più spazi di delega ai funzionari che
ai parenti.
-
Nelle imprese familiari i figli degli imprenditori-proprietari
già
collaborano
per
il
67%
con
imprenditori
ultrasessantenni e per il 53% con imprenditori
ultracinquantenni.
48
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Problemi tipici delle imprese familiari (letteratura
britannica):
Boldizzoni (1990):
- Contrasto tra i principi e le logiche dell’impresa e quelle
della famiglia
- Ambiguità nella gestione delle risorse umane
Lansberg (1976):
- Sovrapposizione istituzionale tra istituto famiglia e istituto
impresa
- Conflitti interpersonali che si riflettono nel processo
decisionale
Levinson (1971):
- Conflitti e rivalità tra padri e figli
Peiser e Wooten (1983):
- Crisi nel ciclo di vita dell’impresa familiare: la crisi di
successione. La seconda generazione è capace ma il
fondatore non cede; diversi sono gli obiettivi. Effetti
negativi: sul clima organizzativo, sui processi decisionali, sui
rapporti con i terzi, …La crisi di successione riguarda tutte
le imprese ma in quella imprenditoriale il fondatore
gestisce la transizione e trasforma il regime di proprietà,
in alternativa si produce crisi di leadership o cessione
dell’impresa. Nell’impresa prefamiliare è difficile trovare
persone “supplenti”.
Mc Givern (1978):
- È difficile generalizzare. Occorre anticipare la successione.
Ci sono prescrizioni: coinvolgimento, scelta del successore,
accettazione, volontà e umiltà di apprendere, carisma.
49
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL PROBLEMA DELLA SUCCESSIONE
Significato di successione:
•
Sostituzione di una persona fisica ad altra nella gestione
dell’impresa causa morte, età avanzata o anche insufficienti
capacità;
•
Fenomeno di transizione, non solo totale, ma anche parziale,
del potere (deleghe conferite a fronte del passaggio da un
forte accentramento del potere ad un decentramento).
50
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Possibili casi in cui si può manifestare il problema della
successione nell’impresa di tipo imprenditoriale:
•
L’imprenditore proprietario realizza che la crescita impone
cambiamenti qualitativi (assetti organizzativi, competenze
delle risorse umane, nei sistemi manageriali, ect.) gestisce
lui stesso la transizione verso un’impresa manageriale.
•
La crescita dell’impresa genera una crisi di leadership che
sfocia nella discontinuità imprenditore/impresa con
subentro di manager professionali (previsto nel modello di
Greiner).
•
L’imprenditore-proprietario non ha figli che gli subentrino
nell’impresa o che intendano farlo o che siano capaci di
farlo (la successione si risolve nella cessione dell’impresa).
•
Nell’impresa pre-familiare dove l’imprenditore che voglia
continuare l’impresa con i figli, ancora troppo giovani per
entrare in azienda, deve disporre le condizioni per una
successione in caso di eventi imprevedibili (malattia, morte)
o prevedibili (età avanzata) scegliendo una persona esterna
che possa subentrargli pro-tempore.
51
Imprenditorialità e Piccole Imprese
-
McGivern: è difficile produrre delle generalizzazioni in
grado di rappresentare le implicazioni di tale evento; esiste
un complesso intreccio di forze che si esprimeranno nel
momento della successione:
a. l’imprenditore;
b. la famiglia;
c. il management dell’azienda.
-
La crisi di successione potrà essere superata se
l’imprenditore-proprietario a tempo debito, acquisisca:
a. la consapevolezza del problema, per identificarne
gli
elementi e impostarne le soluzioni;
b. l’autoconvincimento che è giusto il momento di dare
il
passo al successore.
-
Fasi delicate da gestire durante una crisi di successione:
a. la scelta del successore tra i figli;
b. il suo coinvolgimento rispetto al ruolo da assumere;
c. l’accettazione della famiglia e dell’impresa.
Birley (1986): la maggioranza delle imprese familiari (70%) non
era sopravvissuta in seguito ad una successione.
52
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL GRUPPO IMPRENDITORIALE
Le caratteristiche distintive
•
La natura individuale o societaria è indifferente rispetto al
permanere della valenza dei fattori soggettivi
dell’imprenditore nella gestione dell’impresa e non
contraddice la centralità dell’imprenditore, se non come
persona fisica
•
La centralità dell’imprenditore resta nella gestione del
potere di comando
•
I compiti di gestione e direzione sono redistribuiti tra più
soggetti: la gestione dell’impresa è di tipo collegiale
•
Alla gestione congiunta si accompagna l’effettiva delega del
potere decisionale
•
Si verifica un’evoluzione dell’assetto organizzativo
•
È presente la ripartizione delle responsabilità funzionali e
delle responsabilità di indirizzo strategico
•
Non si verifica comunque la separazione tra proprietà e
controllo: il soggetto economico resta unitario
53
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Come si perviene al gruppo imprenditoriale
•
Per cooptazione dei soci
•
Per delega ai familiari
•
Per delega ai manager
•
Attraverso operazioni di management buy-out tramite la
tecnica del leveraged buy-out (gruppo imprenditoriale
costituito da soggetti professionalizzati in possesso di
esperienze complementari)
Dove è dato più frequente trovare il gruppo imprenditoriale
•
Nelle piccole imprese stabili appartenenti a settori maturi
•
Nelle
piccole
imprese
emergenti
(imprenditori
opportunisti): il gruppo esiste già dalla fase di start-up
54
Imprenditorialità e Piccole Imprese
UN PROFILO DEL PICCOLO IMPRENDITORE ITALIANO
Fonte: ricerca di Carminucci (1991)
Scopo della ricerca è verificare i collegamenti tra le variabili
culturali e comportamentali degli imprenditori e i processi
di modernizzazione
Indagine su 730 imprenditori che gestiscono nel 94,4% imprese
con meno di 100 addetti
Profilo socio-anagrafico
95,7% è maschio
9,5% ha meno di 35 anni
51% è fondatore
38,3% ha ereditato l’impresa
77,6% è diplomato o laureato
21% è un ex operaio
La forma giuridica dell’impresa
71,3%
società di capitali
20,7%
società di persone
8,1%
ditta individuale
Modalità attraverso cui sono diventati imprenditori
51,4%
ex lavoratore
dipendente
nello stesso
settore
39,5%
appartiene
alla seconda
generazione
33,1%
ha avviato un’attività
imprenditoriale senza
precedenti esperienze
(marginalità sociale come
matrice di imprenditorialità)
Sulla base dei dati è possibile individuare tre percorsi ognuno dei quali
fa leva su un punto di forza: l’esperienza, la tradizione
55
imprenditoriale, la determinazione.
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Il principio organizzativo
84,7% verticalizzate accentrate (10,3% multidivisionali)
46,4% organizzazioni padronali (13,6% multidivisionali)
L’uso della delega
43,9% delega
42,5% interviene su tutto
L’orientamento
43,6% il mercato deve orientare il prodotto
35% il prodotto deve orientare il mercato
Vantaggi della p.i.
per il 60% forte accentramento del controllo
per il 23% la flessibilità
Svantaggi della p.i.
il 27% sul fronte tecnologico e della conoscenza
il 30,2% debolezza nei rapporti con soggetti esterni
il 27,8% maggiore esposizione alle inefficienze esterne
56
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Sulla base della ricerca è possibile identificare una
polarizzazione del campione su due tipi di imprenditori
assimilabili a coloro che gestiscono imprese stabili
Imprenditori con:
- formazione scolastica di basso livello;
- guidano imprese di piccolissime dimensioni;
- esiste una forte identificazione tra impresa e
imprenditore.
O imprese emergenti
Imprenditori con:
- formazione scolastica medio alta;
- guidano imprese di dimensione superiore;
- predilige la forma di società di capitali;
- è orientato alla crescita;
- imita gli assetti manageriali delle imprese medio-grandi
I processi di modernizzazione ritenuti prioritari
Innovazione tecnologica 65,9%
Rafforzamento strategie di commercializzazione 60,3%
Riorganizzazione aziendale 33%
La capitalizzazione 38,5%
La crescita dimensionale 20,8%
L’internazionalizzazione 36,4% (di opinione opposta il 33,6%)
57
Imprenditorialità e Piccole Imprese
L’IMPRENDITORIALITA’ FEMMINILE
Le linee di tendenza
L’imprenditore è un soggetto astratto rispetto al genere.
I primi studi risalgono agli anni ’80 e aumentano negli anni ’90.
Tali ricerche si interessano:
-
donne come particolare manifestazione della categoria
generale dell’imprenditorialità;
-
donne che hanno la proprietà ed il controllo di imprese
principalmente nell’ambito di grandi imprese o di gruppi
imprenditoriali
Negli anni ’90 gli studi verificano che:
-
negli USA 1/3 delle imprese è diretto e gestito da donne e
oltre la metà delle nuove imprese nasce da donne;
-
nei Paesi Bassi e Danimarca il 33%;
-
in Germania il 30%;
-
in Giappone il 23%;
-
in Africa del Nord il 10%;
-
in Italia – collocata tra le “culture intermedie” si attesta
tra l’8% e il 17% (alta mascolinità, ritardo culturale e forte
modello sociale e familiare).
58
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Perché le imprese delle donne?
- insufficiente offerta di lavoro dipendente;
- prevalenza di attività labour-intensive basate su un sapere
produttivo, legato alla cultura tradizionale del lavoro
femminile nel settore dei servizi e nel commercio al
dettaglio (effetto globalizzazione dell’economia)
- economia informale all’interno delle mura domestiche
(tipica dei Paesi in via di sviluppo) e le imprese terziste
home based business (economie occidentali).
LA QUESTIONE DELLA DIVERSITA’
DELL’IMPRENDITORIALITA’ FEMMINILE
-
esistono o no differenze legate
motivazioni?
il genere è influente o ininfluente?
al
genere
e
alle
IL MODELLO DELL’UGUAGLIANZA
L’imprenditorialità non è legata al genere maschile o femminile
dell’imprenditore.
Nonostante ciò le donne subiscono discriminazioni verificate in
termini:
- di profili e percorsi di formazione;
- di accesso al credito;
- di quantità e qualità di informazioni necessarie per
raggiungere il successo.
Si solleva la questione dell’equità e delle pari opportunità e
della molteplicità dei ruoli sociali.
59
Imprenditorialità e Piccole Imprese
IL MODELLO DELLA DIFFERENZA
HP: esistono differenze legate al genere maschile e femminile.
Questa è l’ipotesi più provata e verificata oggettivamente.
Le differenze sono legate:
- ai diversi valori;
- alle preferenze;
- alle attitudini.
La diversità della natura dei contributi femminili
all’imprenditorialità sta nei fattori:
- intuito;
- sensibilità;
- capacità relazionale;
- doti di informalità;
- adattabilità.
Le implicazioni:
- ci sono tuttavia diverse tipologie;
- occorre considerare altri fattori quali la classe economica,
l’istruzione, la razza;
- promozione dello sviluppo sociale ed economico compatibile;
- se si guardano i comportamenti, non ci sono differenze (nei
campioni monosettoriale)
60
Imprenditorialità e Piccole Imprese
Gli studi ancora in corso:
-
quali effetti sulle performance? Le imprese sono più piccole
e crescono meno
-
sono più diffuse in alcuni settori (no profit, ecc…);
-
esiste il doppio ruolo (impresa / famiglia);
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self employment e spin off da grandi imprese (USA).
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Imprenditorialità e Piccole Imprese