Consorzio Socio Assistenziale Alba – Langhe – Roero Via Diaz, 8 - 12051 Alba, Tel. 0173 - 361017 Area Territoriale Alba – Grinzane Cavour Via Cuneo, 14 – 12051 Alba, Tel. 0173 – 364061/363676 Alba, 24 maggio 2003 MILLE VOLTI UNA SOLA UMANITA' - un confronto tra diversità - INTRODUZIONE pag. PREMESSA pag. 1. DOMANI COME IERI 1.1 Il Viaggio 1.2 Identità e Alterità 1.3 Una chiave di lettura pag. pag. pag. pag. 2. IL MESTIERE DI MEDIATORE 4.1 Il punto di vista dei ragazzi 4.2 Il punto di vista degli operatori 4.3 Il punto di vista degli educatori e dei servizi 4.4 Il punto di vista dei mediatori pag. pag. pag. pag. pag. 3. CONSIDERAZIONI FINALI pag. GLOSSARIO pag. ALLEGATO - I Linguaggi delle esperienze pag. BIBLIOGRAFIA pag. INTRODUZIONE Questo lavoro è nato dall’esigenza di avere persone che ci aiutassero nel lavoro educativo a comunicare e a conoscere nuove prospettive della cultura di appartenenza non solo nostra, ma anche di persone di paesi diversi. Sì, perché l’immigrazione in Italia è in crescita costante da tutto il mondo e quindi ci si può far aiutare a convivere con gli altri, in modo rispettoso e pacifico. Si è sentita la forte esigenza di avere un tramite tra le diverse culture presenti nei gruppi dei ragazzi, e di qui la necessità di inserire all’interno di scuole, Centri Attività Minori e interventi sui nuclei familiari, la presenza di una persona che fosse portatrice di una cultura propria e di conoscenze e vissuti di quella occidentale. Questa figura è rappresentata dal mediatore culturale; all’interno del nostro progetto hanno partecipato un mediatore maghrebino e una mediatrice albanese, che si sono prodigati nel portare alcuni sprazzi della loro cultura nella relazione con i ragazzi, e allo stesso tempo, hanno collaborato con gli operatori del CAM e del Servizio Sociale per andare incontro a persone con difficoltà e disagio, al fine di facilitare l’integrazione di queste all’interno della comunità. In questa pubblicazione si raccolgono i lavori prodotti dai ragazzi, l’esperienza fatta sul campo e portata avanti da loro stessi, in modo da avere una memoria storica degli eventi e una valutazione di ciò che è stato fatto, come testimonianza e proseguimento di un percorso fatto insieme. L’obiettivo del progetto era l’integrazione; si vedrà, nel corso di questa pubblicazione, come si è tentato di raggiungerlo, con le risorse, i vicoli, le problematiche e le novità emerse da questo lavoro, condotto in sinergia da più forze sociali: Consorzio Socio-Assistenziale, operatori CAM, Informagiovani, mediatori culturali, Agenzie del territorio. PREMESSA L’anno scolastico 2002-2003 ha visto le scuole e i Centri di Attività per i Minori, della città di Alba e dei paesi limitrofi, coinvolti nell’attuazione di parte del progetto “Mille volti, una sola umanità”, promosso dal Comune di Alba - Servizio Stranieri e dal Consorzio Socio Assistenziale Alba Langhe - Roero con il coinvolgimento delle Direzioni Didattiche del I°, II°, III° circolo, le Scuole Medie Statali Macrino e Vida-Pertini di Alba e dell'ASL 18 Alba - Bra. Il progetto, presentato e approvato nel corso dell'anno 2002, all'interno del Piano Progettuale della Provincia di Cuneo, per interventi a favore di immigrati extracomunitari (L.R. 64/89), è stato coordinato e gestito dalla Cooperativa Sociale ORSO, attraverso interventi di mediazione culturale. Le sue finalità erano quelle di fornire ai cittadini extracomunitari ed alla comunità locale maggiori competenze comunicative, intese nell'accezione più ampia, di competenze di comunicazione interculturale (linguistica, culturale, comportamentale), necessarie al fine di favorire forme di integrazione tra le due comunità. Questo progetto è nato dall'esigenza, degli operatori dei servizi coinvolti, di attivare strumenti e modalità nuove per facilitare le relazioni con le persone di culture diverse che quotidianamente incontrano nello svolgimento del loro lavoro. Di qui la necessità di inserire all’interno di scuole, Centri di Attività per Minori e negli interventi a diretto contatto con i nuclei familiari, la presenza di persone in grado di facilitare la comunicazione linguistica, culturale, proprio perché portatrici di una propria cultura originaria e, allo stesso tempo, di conoscenze e vissuti di quella locale. Questa figura è rappresentata dal mediatore culturale. All’interno del progetto “Mille volti una sola umanità” hanno partecipato un mediatore maghrebino e una mediatrice albanese, che si sono prodigati nel portare la loro cultura nella relazione con i ragazzi e le loro famiglie. La loro attività, svolta in collaborazione con gli operatori del consorzio, si poneva la finalità di andare incontro a persone con difficoltà e disagio, al fine di facilitarne l’integrazione all’interno della comunità locale. L’attività di mediazione culturale rispondeva all’esigenza propria degli operatori di poter collaborare con persone che potessero apportare il loro contributo esperienziale nel lavoro educativo, con lo scopo di comunicare e conoscere nuove prospettive della cultura di appartenenza di persone di paesi diversi. Questo perché i processi migratori che percorrono i “sentieri del mondo”, interessano il nostro paese in modo costante e strutturale. Era importante quindi farsi aiutare da professionisti che possedessero competenze e conoscenze specifiche sulle tematiche interculturali. Il Consorzio Socio-Assistenziale ha potuto così sperimentare l'attività di mediazione culturale all'interno dei Centri di Attività per Minori (C.A.M.) che sono dei servizi diurni, offerti alle famiglie e ai minori in carico al Consorzio, ma aperti a tutte le famiglie ed ai minori residenti nel territorio (città di Alba e paesi circostanti). La finalità principale dei C.A.M. è di attuare esperienze educative e garantire un supporto ai ragazzi (dai 6 ai 14 anni) sia per quanto riguarda lo svolgimento dei compiti, sia per attività culturali, permettendo ad essi di sperimentarsi in attività manualiespressive, in laboratori e nel gioco organizzato. Quindi si pone come servizio a fianco delle famiglie alle quali spetta, ovviamente, in primo luogo, il diritto-dovere di educare i figli, impegnandosi a trasmettere loro, attraverso una relazione di amore incondizionato e affetto, le competenze utili per acquisire un comportamento adeguato, i valori in cui credere e gli aspetti morali ai quali attenersi, che altro non sono che le conoscenze di base che permettono al bambino di relazionarsi con il mondo esterno. Questa pubblicazione non vuol certo avere la pretesa di essere una documentazione precisa e completa dell’attuazione del progetto, è intenzione di coloro che ne hanno curato la stesura di dare un breve resoconto del lavoro svolto, ma anche delle emozioni vissute da coloro che vi hanno partecipato in prima persona, in particolare i ragazzi, gli operatori, i mediatori e gli educatori. Non è una cronistoria, ma è una raccolta di storie, di emozioni, di testimonianze del lavoro svolto nei C.A.M. nei quali si è attuata buona parte del progetto riguardante la mediazione culturale, della fatica di crescere dei ragazzi e dell’aiutare a crescere propria degli operatori, degli educatori e, anche se per un breve tratto, dei mediatori. L’ impegno quotidiano di chi educa é la sfida del mettersi in gioco e di essere attento alla relazione con “l’altro da sé”. Gli operatori che, a livello professionale, anche se a diverso titolo, affiancano i preadolescenti sono consapevoli che nella relazione educativa si è in due con due culture diverse, ma soprattutto con due punti di vista differenti. Così com'è vero che l'altro è un diverso da me, è anche vero che per l'altro io sono un diverso. Questa consapevolezza è alla base della cultura professionale degli operatori: saper individuare anche il rapporto "all’inverso". Questo non vuol dire rinunciare a se stessi, ma avere chiaro il proprio ruolo ed offrire la possibilità di instaurare un ponte e una conoscenza reciproca con l’altro. La professioni sociali implicano la capacità di mettersi in discussione nelle varie situazioni e di mediare con i colleghi, i ragazzi, le famiglie e il territorio. In questo lavoro è fondamentale l’ascolto professionale e l’empatia verso gli altri. All’interno del C.A.M., in specifico, gli Operatori lavorano in relazione d’aiuto, imparano ed insegnano, convivendo e condividendo con i preadolescenti il quotidiano con le sue sorprese, la sua routine, i suoi problemi e i suoi conflitti. Il loro intervento, nell’ambito del progetto, è stato quello di dar senso e significato all’esperienza (aspetto educativo) e mediare con la realtà di riferimento, valorizzando la dimensione informale della vita dei ragazzi. Mentre agli Educatori è spettato il compito di porre attenzione alla persona nella sua globalità, alla valorizzazione delle risorse e al recupero delle potenzialità personali (lavoro pedagogico), promuovendo lo sviluppo della partecipazione degli individui, dei nuclei familiari negli ambiti relazionali e comunitari. I mediatori culturali hanno contribuito, invece, ponendosi come ponte tra le diverse culture, i diversi comportamenti, comunicando ad un altro livello e mettendo in atto nuove forme di interazione, permettendo quindi alle persone di mescolarsi, di confrontarsi, di scontrarsi con le proprie idee e i propri bisogni. Questi "lavoratori sociali", condividendo un pezzo di percorso con i ragazzi, hanno avuto il privilegio-dovere di confrontarsi continuamente con le loro incessanti richieste, desideri, emozioni, pur non senza difficoltà, in quanto chi educa ha il destino segnato, ma anche il suo premio, “nel lavoro continuo, su se stesso e su gli altri. Un compito sufficiente a giustificare la vita di un uomo”. (E. Enriquez). Il termine “educazione”, (dal latino “e-ducere”, “trarre fuori”) ha il significato appunto di tirare fuori dall’altro le capacità e le risorse che già possiede, ma che devono venire stimolate, in modo che acquisisca fiducia in se stesso e in ciò che è in grado di fare; essa implica, quindi, la maturazione di tutte le dimensioni della persona umana nella sua globalità. L'educazione ha l'obiettivo di portare la persona all'individuazione della propria autonomia, al fine di potersi sperimentare nel mondo, stimolando le proprie capacità personali, affinché la sostengano nei processi di indipendenza da un "qualcosa" o un "qualcuno". Diventa importante la consapevolezza di se stessi, affrontando i problemi come spinte ed occasioni di sfida verso il cambiamento. L’educatore, come persona portatrice di una cultura, di ideologie, di pregiudizi e stereotipi come tutti, prova quotidianamente ad avvicinarsi all’”altro da sè”, consapevolizzandosi (ovvero prendendo coscienza, rendendosi conto) nel tempo su diversi fattori. L’educare diventa così un’azione sociale, collettiva e culturale. Se educare è un uscire da sé, dalle proprie certezze per lasciare spazio alla “curiosità”, l’educazione interculturale rappresenta una grossa sfida per tutti coloro che, a vario titolo, vogliono dare un proprio apporto sul piano della cultura e dei valori, nei confronti di giovani e meno giovani, per aiutarli ad esprimere le proprie potenzialità e conoscenze. Educazione “interculturale” può significare pertanto educare alla pace, ai sentimenti, all’ascolto, al dialogo, allo scambio, alla gestione dei conflitti, alla legalità e al rispetto dei limiti, alla luce di una situazione sociale che vede emergere nuove identità culturali altamente dinamiche e in continua evoluzione, che rappresentano una reale risorsa per tutta la Comunità e i suoi servizi. L’educazione interculturale si collega all’educazione all’Europa e alla mondialità e soprattutto all’educazione alla cittadinanza: educare a una nuova cittadinanza multiculturale più ampia di quella nazionale che richiede tolleranza, senso della giustizia, partecipazione sociale, promozione e conoscenza di norme e istituzioni, ma, soprattutto, un’adesione ai valori di giustizia sociale, tolleranza e solidarietà. Quindi non è una sfida solo verso se stessi o verso qualcun'altro; è una sfida aperta al mondo. Da qui nascono le premesse per apprendere il concetto di pace, nel senso più allargato del termine, ovvero, di rispetto degli altri, della loro cultura, del "diverso da me"; non è detto che quello che si pensa, viene fatto, portato avanti, difeso, sia giusto per forza; magari ci sono altri punti di vista diversi dai nostri, altri modi di essere e di comportarsi che sono giusti per qualcun’altro e, che, a volte, si scontrano con noi perché sono “diversi”. Il “diverso”, se non conosciuto, fa paura; la paura è umana, accompagna ed accompagnerà sempre tutti, ma si può provare, nel corso del tempo, ad averne un po’ meno. Quindi educare diventa conoscenza di cose non conosciute, per non averne timore a priori, per avvicinarsi poco per volta e provare a capire, attraverso il confronto, che si può andare al di là; attraverso le storie, le biografie, la conoscenza del percorso di vita che ognuno porta avanti, l’”altro”, il non conosciuto, diventa finalmente conosciuto… e non fa più paura. Perché è importante raccontare e sentire il racconto delle storie di vita? Perché il prendere parte alle “storie” delle persone, con lo scopo di "restituire" agli interessati un pezzo della loro vita, equivale a dare dignità ad una cultura del quotidiano, del normale con le sue fatiche e le sue soddisfazioni. In base a quanto detto, vien da sé che è fondamentale documentare il lavoro svolto, come è stato fatto in questa pubblicazione, per non dimenticare, per fissare un pezzo dell'esperienza nella memoria e portarla a conoscenza di altri. Attingere dalle esperienze altrui e conoscere i percorsi realizzati da altri, può aiutare a comprendere che il “diverso”, non è poi tanto diverso e che in fondo siamo tutti un po’ “mescolati”. E’ interessante la relazione che il Dottor Aluisi Tosolini attribuisce agli ambiti dell’educazione e della migrazione. “Educare è infatti sempre, strutturalmente, un processo migratorio, un esodo, un viaggio, una navigazione, un percorso, un andare. Un uscire da sé, dalle proprie certezze più o meno solide, dalla propria ignoranza anche, per incamminarsi lungo un sentiero di cui non si conosce con certezza l’esito, l’approdo”. Abbandoniamo ora il mondo concreto e reale, lasciandoci trasportare dall’ immaginazione entriamo nel magico mondo della fantasia… 1. IERI COME DOMANI 1.1. Il Viaggio «C’era una volta, tanto tanto tempo fa in un pianeta chiamato Terra...». «Che cosa è il pianeta Terra?», domanda C412 ai suoi compagni, ma nessuno sa dare una risposta. «Continua a leggere!» esclamano in coro. Anno 5372 A chi trova questo plico C’era una volta tanto tanto tempo fa in un pianeta chiamato Terra, Alba una ridente cittadina nata vicino ad un fiume dove adulti e bambini vivevano in pace ed armonia…. Proprio ad Alba nel lontano 2003 passò uno speciale mezzo chiamato pullman che… dispensò amicizia e divertimento insegnando la capacità di accettarsi gli uni e gli altri. «Che scrittura terribile! – esclama C412, appena terminata la lettura del manoscritto – ho dovuto utilizzare molta energia del mio teletraduttore simultaneo per leggere un simile carattere di scrittura». «Ma T475, non è il vecchio saggio, morto ormai da più di cento anni?». Domanda M586. I bambini annuiscono stupiti. Insieme non riescono a comprendere il significato di almeno la metà delle parole contenute nel manoscritto! «Guardiamo cosa c’è scritto dopo», suggerisce un ragazzino del gruppo. C412 comincia a sfogliare i fogli contenuti nel plico, circondato dai compagni incuriositi. Davanti ai loro occhi compaiono una serie di caratteri ancora una volta sconosciuti. «Cosa sarà mai un pullman?», si domanda P253, l’intelligentone del gruppo. «Cos’è una patata?», domanda I586, il più piccolo della compagnia, una piccola pallottolina di pelo morbido morbido, da cui spuntano due occhi dallo sguardo furbetto. Nessuno risponde. I ragazzi si guardano attoniti l’un l’altro, «Basta, non ha senso che stiamo qui a lambiccarci il cervello; da soli non ne verremo mai a capo - sentenzia P253 – portiamo questi, come si chiamano, fogli?...» «Si fogli, c’è scritto così». «Allora dicevo portiamo questi fogli, … che strana parola,… ai nostri genitori». «O forse è meglio consegnarli ai nostri insegnanti?», propone un compagno. «Ho un’idea – controbatte C412 – perché non lo diciamo ad entrambi? Avvisiamo i nostri genitori di raggiungerci a casa di P253, che è la più grande, e chiediamo agli insegnanti di essere presenti in videoconferenza». Tutti i ragazzi approvano in coro, tranne P253, sa benissimo che la proposta di C412 in realtà ha uno scopo nascosto: andare a casa sua per giocare con l’ultimo video pensiero che il padre gli ha regalato per il compleanno. I ragazzini salgono sulla loro 24634Tyre e in un battibaleno, volando per un fantastico cielo blu cobalto, atterrano nei pressi della casa di P253. Ad attenderli ci sono i genitori e la mamma di P253 invitando il gruppo ad entrare in casa, un enorme fungo di metallo e vetro, informa che gli insegnanti dei ragazzi sono già tutti pronti per la video conferenza. I bambini, dopo un’abbondante merenda, raccontano ai genitori la loro straordinaria avventura. «Stavamo giocando in quella vecchia casa in fondo alla via quando, nascosto sotto un mucchio di cianfrusaglie abbiamo trovato dei fogli… - racconta C412 – che sono…». «Vai avanti, sappiamo cosa sono i fogli…» interrompe il papà di P253 che utilizzando il suo telecellulare cibernetico ha attivato la comprensione e la spiegazione simultanea di ogni singola parola visibile a tutti su di uno schermo. Riprende C412 «Allora stavo dicendo un mucchio di fogli pieni di strani segni, grazie al tele traduttore simultaneo siamo riusciti a leggerli, ma il significato di troppe parole resta oscuro… ecco perché abbiamo chiesto il vostro aiuto…». «Basta con le spiegazioni, secondo me è bene leggere insieme quanto avete trovato», interrompe il papà del piccolo I586. «Chi legge?». I ragazzi riprendono nuovamente la lettura del manoscritto, ma la curiosità è così grande che la stanza viene subito invasa da un vociare caotico dovuto alle loro domande: «Che cosa è il pianeta Terra?, che cosa è un pullman?…». «La Terra è un pianeta lontano milioni di anni luce da QT 245, abitato da esseri molto primitivi chiamati umani - dal video tele trasmettitore si sente la voce ferma e imperiosa del vecchio professore di storia, una palla di pelo arruffato e grinzoso, ma con due occhi ancora vispi e simpatici, - so che il professor T475 amava molto scorrazzarvi grazie a quel trabiccolo con il quale riusciva a spostarsi nello spazio e nel tempo, adesso so finalmente che fine ha fatto… pensate se i nostri nemici se ne fossero impossessati!» «Che cosa è un pullman?», chiede nuovamente M586, ma nessuno gli dà risposta… l’attenzione di tutti è rivolta a C412 che riprende a leggere… E’ un mercoledì mattina, il sole è appena sorto, Giulia respira l’aria fresca e frizzante. Ha 23 anni compiuti ieri, secca nel fisico ma molto bonacciona. Frequenta l’università di Torino, ma per mantenersi agli studi, da due anni lavora come autista, per l’azienda Trasporti, di un bus di linea. Alcune volte trova il lavoro un po’ pesante e un po’ ripetitivo, ma le piace il percorso che compie, perché ogni giorno le curve si arricchiscono di nuovi dettagli. Scende nel garage e guarda fiera il suo “bus”. Ieri è stata una dura giornata, una gita lunghissima al mare, il pullman brulicava di tante persone diverse… ora c’è tutto da pulire: briciole, lattine, sabbia e conchiglie. Si rimbocca le maniche e canticchiando incomincia il suo lavoro: raccoglie le lattine, mette le conchiglie in un sacchettino, ma la sabbia e le briciole vanno a finire sotto il tappeto. «Le toglierò domani», pensa sorridendo tra sé e sé! Si prepara al viaggio: accende il riscaldamento, guarda un po’ seggiolino rotto che deve ancora sopra un foglio con su scritto Aggiorna la destinazione di arrivo capolinea. motore, il insoddisfatta quel riparare e ci appiccica “fuori uso”. e si posiziona al «Ma scusa, papà, che cos’è questo pullman?», domanda per l’ennesima volta M586. «Il pullman, figlio mio, è l’antenato della nostra 24634TYRE, ma quella vola, mentre il pullman viaggiava sulla strada…» Le domande nuovamente si accavallano..i bambini incuriositi non stanno più nella pelle… «Perché tante persone diverse sono insieme??» «E perché sono tutti insieme?». «Noi non stiamo mai con i quadrati o i triangoli, ma solo con i tondi come noi…» «Guardate ragazzi, è vero, sul pullman del racconto ci sono tante persone e quindi, a volte, si sta stretti, non c’è spazio per la comodità, ha degli orari precisi, in compenso però si possono fare tanti incontri interessanti, si sentono tante storie, non sei solo e si fa meno fatica.». risponde X372, padre di C412 Continua la lettura. Giulia si guarda un po’ intorno ma non vede arrivare Maria. «E’ molto strano – pensa – di solito è puntuale...». Temporeggia qualche minuto e poi decide di andarla a chiamare, pensando «In fondo abita proprio dietro quel caseggiato». Suona il campanello e sente la bambina scendere velocemente dalle scale. Maria è una ragazza di 13 anni, frequenta la prima media nella piccola scuola del paese, proviene da una famiglia numerosissima, ha 5 fratelli. E’ molto introversa, non le piace stare con gli altri e forse, per questo, a scuola ha poca voglia di studiare, nonostante ciò è molto curiosa e creativa: sa cucinare, le piace ballare, smonta e rimonta le cose… Appena salita, partono. Alla prima fermata, insieme ad alcuni ragazzini, sale Alice, che si siede nel posto di fianco all’autista. E’ una giovane donna di circa trent’anni, che da poco più di tre lavora per l’azienda "Trasporti" e che sporadicamente utilizza il pullman. Tra lei e Giulia, durante questi viaggi, si è instaurato un rapporto di reciproca simpatia e fiducia. Giulia ha trovato in lei una persona con cui confrontarsi, a volte, in modo anche vivace, e non sempre soddisfacente… nonostante ciò, vorrebbe vederla un po’ più sovente, infatti entrambe sanno che tutto questo è finalizzato al buon andamento del viaggio. Ad Alice piace parlare con Giulia, sentirle raccontare le avventure del suo pullman, poterle essere di aiuto nei momenti di sconforto o nell’affrontare un problema… Ma soprattutto ama l’atmosfera di allegra confusione che regna intorno a lei. Appena si siede, viene subito circondata dai ragazzini, ne ascolta i racconti, sentendosene partecipe e complice, dispensa consigli, a volte su richiesta, altre volte un po’ meno, con la sensazione però che questi siano sempre ben accetti. Alla fermata successiva c’è Massimiliano con degli amici, una mamma da dietro alla tenda di una finestra li tiene d’occhio. Massimiliano è un ragazzo di 10 anni, figlio unico di genitori molto apprensivi, vive in città, ama praticare degli sport. E’ considerato dagli amici “un furbo” perché combina le marachelle, ma non compare mai; dalle compagne di scuola “un figone” perché con i suoi occhi azzurri e i capelli biondi incanta adulti e bambini, dagli insegnanti “una disperazione”,… i motivi sono facilmente intuibili. I ragazzi hanno in mano delle bolle di sapone . Giulia non può fare a meno di ammirare quello spettacolo: «Bolle di sapone che fanno sognare e sperare - pensa tra sé - che sono fragili ma che volano in alto…». Giulia si gira verso Maria, seduta come dietro di lei, e ascolta la ragazza raccontare ennesimo diverbio avuto con la madre, la a causa di una bolletta telefonica troppo alle numerose e lunghe chiacchierate con la amica. Maria esprime tutto il suo rancore nonostante siano sei figli, la causa di tutto sempre su di lei. Giulia le ricorda che non mese fa la ragazza le aveva raccontato di un simile tra suo fratello e il padre: «Ma dai che le storie si ripetono… a me non pare che ce l’abbia con te. Invece di sentirti il capro della tua famiglia prova a ripensare ai tuoi comportamenti e quanto questi siano causa sempre di un sera prima, cara dovuta sua migliore perché ricade più di un episodio Maria, vedi tua madre espiatorio di incavolature dei tuoi genitori. Io so che è difficile, però crescere vuol dire proprio questo, prendersi le proprie responsabilità…». «Non è passato tanto tempo – pensa tra sé e sé – da quando capitavano a me queste cose!». Ecco un’altra fermata, molta gente sta attendendo il pullman. Sale Miryam, carica di borse, stoffa, libri e … voglia di fare. E’ un insegnante delle scuole elementari che ha lasciato il suo Paese d’origine con tanta voglia di libertà e negli occhi desiderio di viaggiare. Vive con la sua famiglia, lavora come sarta. Conosce molti tipi di stoffe, sa da quale paese provengono, sa miscelarli, accostando i colori e sogna di inventare nuovi modelli. Insieme a lei c’è Akram, suo marito che da anni commercia nel the, di cui è un vero intenditore. Ha dedicato molto del suo tempo a scoprire nuovi abbinamenti e miscele, affinando il palato a nuovi sapori e trasmettendo la sua passione agli altri. Nel tempo libero gioca come mediano in una squadra di calcio cittadina. Il bus parte e piano comincia ad immettersi nel traffico, improvvisamente Giulia frena e riapre le porte del mezzo; ha visto da lontano sopraggiungere una distinta signora con una lunga gonna nera ed un cappotto grigio che agita la mano facendo cenno di fermarsi. «Buongiorno a tutti» dice, salendo. Giulia pensa: «Guarda un po’ è l’unica persona che entrando ha salutato.» «E anche per questa mattina il pullman è pieno, tante teste e tante pance», borbotta tra sé Giulia. «… Testa??…Pancia…? Che cosa sono?» chiede il piccolo I586, il tenero e morbido frugoletto al suo papà. «Devi sapere che gli umani, erano fatti in modo molto strano, anche un po’ bruttarelli, direi. Avevano, infatti, una cosa rotonda sopra, chiamata testa, che usavano per pensare, e solo per quello... e più in basso una specie di “contenitore” in cui sentivano rimescolamenti quando provavano cose belle e cose brutte. Il problema, però, era che queste due parti erano troppo scollegate tra loro, non come noi che invece siamo una cosa unica». «Dai continuiamo a leggere, non mi sono mai divertito tanto…». Appena superata la curva, Giulia si rende conto che il bus non risponde ai suoi comandi. Un brivido freddo le percorre la schiena; sul pullman tutti continuano a chiacchierare. Alice e Miryam si accorgono della situazione. Giulia riesce con maestria ad accostare il mezzo e solo allora tutti si rendono conto dell’accaduto. Cala il silenzio, ma poco dopo è un pullulare di commenti: «Ci siamo fermati, perché?» «Non ne ho idea..» «Sicuramente è la trazione…» «Sono da escludere le sospensioni» Massimiliano incomincia a saltellare qua e là per il pullman, forse è spaventato o forse è solo stufo di stare seduto: «Accidenti non ci voleva… arriverò tardi agli allenamenti… uffa! dai partiamo! Perché non partiamo? E dai…» Giulia dal canto suo, si sente un po’ minata nella sua sicurezza e un po’ impreparata. Nonostante il problema, vorrebbe un certo ordine, ma è difficile far mantenere la calma, quando la prima ad essere agitata è lei. «Tranquilli, dai stiamo tranquilli», cerca di rassicurare Giulia… ma la voce trema un po’… «Fare rispettare le regole ai ragazzi è spesso un’impresa», pensa. «Noooooooo, voglio che partiamo!!», urla Massimiliano battendo i pugni sul finestrino… Si sentono altri commenti, qualcuno ride e qualcuno sospira… «Io dico che è la gomma forata»! coglie nel segno una vocina dal fondo del pullman. Inizia, così, l’attivazione per la sostituzione del pneumatico. Si cerca quello di scorta, la chiave è usurata ma è di qualità, manca il cacciavite per sbloccare il pneumatico di riserva. Tra i ragazzi esce fuori un coltellino multi uso; non è corretto averlo dietro, ma può servire per l’occasione. Quando la ruota è sostituita giunge il carro attrezzi dell’ACI; il distinto avvocato aveva nel frattempo telefonato per richiederne l’intervento. «Chi pagherà le spese?» si preoccupa Alice. «Ma perché hanno fatto così, papà? Perché hanno perso tutto quel tempo? Perché hanno giocato così a tentare di indovinare?». «Vedi, come ti dicevo prima, gli umani spesso usavano troppo la testa e questo a volte li fregava, ma…. attento, spesso anche usare solo la pancia non va troppo bene... ». «Ma allora, se la pancia li fregava e la testa pure, che cosa gli restava?» «Partire comunque, ricordandosi sempre di avere sia la testa che la pancia». «Che fatica doveva essere…!» D’un tratto, Alice butta l’occhio su quel volantino appoggiato di fianco a lei... «Che bello!» strilla Maria. «Sempre le solite cose noiose…» sbuffa Massimiliano. «Ma chi paga?» si domanda l’avvocato. Giulia si sente solleticata dalla proposta: «Perché non facciamo un viaggio anche noi?». La parte più estroversa ed artistica dell’animo di Giulia già sta sognando: «Come mi piacerebbe essere una maga ed avere una bacchetta magica tutta mia…esclama con un sospiro - vi trasporterei tutti in luoghi confortevoli ed accoglienti, regalerei a tutti la voglia di sognare… e, pensate, insieme potremmo creare un grande circo, giocare a guardie e ladri… divertirci… ascoltarci…». Mentre parla tutti i passeggeri si sentono trasportati nel fantastico mondo che Giulia sta raccontando e dentro il pullman si respira il profumo della fantasia. 1.2 Identità e Alterità L’idea del viaggio incuriosisce i più: a turno i passeggeri raccontano un loro viaggio. L’atmosfera si carica di ricordi ed esperienze, difficoltà ed insegnamenti, aspettative e paure… «Un paio di anni fa, quando sono partita dal mio Paese di origine…», racconta Miryam. i suoi occhi si illuminano, brillano, e non c’è bisogno di molte parole… tutti comprendono l’emozione del ritornare con il pensiero agli affetti lasciati. Carlo, l’avvocato, tenta di alleggerire l’atmosfera e inizia a raccontare: «Nella mia ultima esperienza della “Parigi Dakar”(sono davvero patito di queste cose!!), una notte, ho deciso di proseguire da solo in quanto non condividevo più le regole di funzionamento del mio gruppo, non perché non le ritenessi giuste, ma perché non valorizzavano abbastanza le mie capacità e non tenevano conto della mia sensibilità. Avevo un po’ paura di perdermi, proprio perché so chi sono… Mi sentivo come un viandante alle prese con sentieri a volte ripidi ed a volte pianeggianti…» Miryam volge lo sguardo verso Massimiliano, seduto vicino a lei, invitandolo a raccontare un viaggio per lui significativo. Il ragazzino comincia ad agitarsi sulla sedia e a rosicchiarsi le dita… dapprima con voce titubante, via via più sicura, comincia: «Come tutti i venerdì ho preso il bus per andare a fare l’allenamento e dato che il mio borsone è molto ingombrante (dentro devo avere le scarpe a 6 tacchetti quando il terreno e molle e a 13 per il suolo più secco, i miei pantaloncini dell’Adidas, due tubetti di gel perché poi all’uscita ci sono le ragazzine …) mi sono seduto nell’unico posto in cui il sedile è ribaltabile e posso starci comodo. Quella sera avevamo giocato contro una squadra di tunisini e avevamo vinto… non mi aspettavo di vederli tutti sul pullman… ed io ero l’unico della mia squadra... ma non potevo davvero rinunciare al “mio” posto. All’inizio, confesso, avevo un po’ paura. E’ durata pochi minuti, fino a quando uno di loro mi ha chiesto se volevo una liquirizia e abbiamo incominciato a parlare della partita, ma anche di mille altre cose. La scuola, gli amici, la musica…». Giulia, attende che il semaforo diventi verde, si volta e dice: «Ciascuno con il suo viaggio… tutti uguali, ma anche così diversi…?!». Solo Maria non racconta, ma sta ad ascoltare attentamente, forse non ha mai fatto viaggi o forse solamente non li ha considerati tali. Dall’ultima fila, invece, si sente ridere e parlare di tutt’altro: è Paola, la signora vestita di grigio che, con una signora tunisina, seduta davanti a lei scambia ricette di cucina e ironizza sulle ultime prodezze di suo marito alle prese con i fornelli. «Pss. Uguali a chi? …Diversi?… Da chi?», sbuffa M721. «Bella domanda…! In fondo in nella nostra diversità, dipende dai esclama l’insegnante collegato in «Punto di vista? Che cos’è?». «Il punto di vista è come ognuno di la testa e con la pancia...». «Smettetela di interrompermi leggere!», brontola C412. Giulia guarda nello specchietto riflesse dei suoi compagni di viaggio, racconti si accavallano in un brusio di qualche parola arriva chiara a lei. ”Siamo tutti un po’ mescolati” pensa tra se e sé. fondo siamo tutti uguali punti di vista…», video conferenza. noi vede il mondo, con sempre, lasciatemi retrovisore le immagini ne distingue i volti, ma i voci indistinte, solo “Mescolati?????” «Si, mescolati, come dicevi tu. Tante persone diverse che si trovano insieme: capelli rossi, neri o biondi, pelle chiara o scura, giovani e anziani, simpatici e antipatici… Tutti su quel pullman...». Stati zitti lasciatemi leggere… dove sono rimasto? Siamo tutti un po’ mescolati - pensa tra se e sé - Volti ed espressioni diverse, personaggi di età differenti tutti su questo bus, ognuno con una destinazione diversa ma che per un piccolo tratto viaggiano insieme; una miriade di sentimenti, a volte anche contrapposti, entusiasmo e scoramento, soddisfazione e frustrazione, allegria e dispiacere, coinvolgimento e disagio… Maria, con il suo particolare sorriso, si rivolge a Giulia e dice: «Da grande mi piacerebbe fare il tuo lavoro, si incontrano molte persone, si ascoltano le loro "storie", si viaggia anche con la fantasia…e si capiscono tante cose…». Le fermate si susseguono, gente che scende, gente che sale. Giulia scorge il capolinea, è un po’ in ritardo, scendono gli ultimi passeggeri. «E anche oggi è andata, rimane solo un ultimo lavoro». Con il suo solito buon umore comincia proprio da quelle briciole che aveva lasciato il giorno prima. «C’è altro, c’è altro?» «No finisce qua… interessante!» «Perché non possiamo avere anche noi un pullman come questo? A me piacerebbe fare un viaggio così… pensate che bello… e se invitassimo anche i ragazzi quadrati e quelli triangoli?» Propone I586. «Ma scherzi, loro sono diversi da noi… è meglio lasciarli perdere». «E bèh, non succede la stessa cosa sul pullman, abbiamo letto che c’erano tante persone diverse… non possiamo provarci anche noi?». «Ma loro erano un’altra cosa!» «Erano semplicemente strani, bruttarelli, ma in fondo uguali a noi, pensavano, soffrivano, ridevano… » «Estremamente istruttivo – sentenziano in coro gli insegnanti dal video – non vi siete resi conto che in fondo da questa storia possiamo trarre un grande insegnamento? Ha ragione I586: non ha importanza la forma di ognuno, non è questa che ci impedisce di stare bene insieme, sono in realtà i pregiudizi e l’egoismo presenti in ognuno di noi». Ad un certo punto si sente un vociare. P253 guarda fuori dalla finestra: «Sono i bambini triangoli, che stanno giocando!». C412 domanda: «Cosa possiamo fare?». Ma il piccolo I586 è già sgattaiolato fuori e si è unito al loro gioco…. 1.3 Una chiave di lettura Lasciamo il pianeta della fantasia e torniamo con i piedi sul pianeta Terra. Vorremmo proporvi una chiave di rilettura del racconto precedente tenendo conto di alcune considerazioni. Il pullman rappresenta i CAM del territorio del Consorzio Socio Assistenziale Alba – Langhe Roero, che coinvolgono, nella loro attività circa 550 ragazzi, 40 operatori e 8 educatori di territorio. La programmazione di quest’anno ha inoltre portato alla realizzazione di un progetto che vede il coinvolgimento dell’Ufficio Stranieri del Comune di Alba e l’intervento di due mediatori culturali. Permettete ora che i protagonisti della storia si presentino. GIULIA: operatore CAM Sono Giulia ho 23 anni, e sono in possesso del diploma di scuola superiore, e sto frequentando l’università. Da circa due anni lavoro con la qualifica di referente in un Centro di Attività per Minori, del Consorzio Socio Assistenziale Alba Langhe - Roero. Considero il C.A.M. un luogo dove si svolgono azioni concrete e ho una chiarezza rispetto al mandato istituzionale. Amo a volte pensare al C.A.M. con metafore fantasiose: - un minestrone con tante verdure diverse che devono cuocere ed insieme prendono gusto - un direttore d’orchestra con allievi da crescere ed autonomizzare - un gruppo di viandanti lungo un sentiero a volte ripido e a volte pianeggiante - due bolle di sapone che fanno sognare e sperare, fragili ma volano in alto - Una strega con i suoi aspiranti maghi - Una barca con tanti remi che a volte segue la corrente a volte no, a cui tutti devono contribuire. - Un orto, un circo, guardia e Ladri, un mare infinito. Quando ho cominciato a lavorare al C.A.M. avevo delle aspettative che coltivo tutt’ora e che sono collegate con il fine che mi propone: lavorare con l’obiettivo di rendere i ragazzi autonomi, proponendomi come esempio di figura adulta e come punto di riferimento. Nel quotidiano miro a creare un gruppo che sia abbastanza unito e in cui regni l’armonia e si “gusti” il piacere dello stare insieme, riconoscendo quindi nel C.A.M. una forma di integrazione sociale. Aiutare i ragazzi nel loro percorso di crescita è oggi, come all’inizio della mia esperienza lavorativa la motivazione principale. In generale sono contenta di ciò che faccio, ma penso di poter migliorare. A volte ripenso al mio stare al C.A.M. e cerco di analizzare i miei sentimenti con la consapevolezza di quanto questi incidono anche sul “fare “ quotidiano. Ho preso coscienza di nutrire sentimenti spesso in contrapposizione; quali: entusiasmo/scoramento, soddisfazione/frustrazione, allegria/dispiacere, coinvolgimento e disagio. A volte mi arrabbio ma in generale provo entusiasmo. Vorrei sentirmi maggiormente accolta, avere maggiore sicurezza e nutrire solo sentimenti positivi, ma so bene che … le pie illusioni servono a sognare e a migliorarsi, ma……tali sono e che io sono un essere umano seppure con un po’ di mania di onnipotenza come quasi tutti gli operatori che lavorano nel sociale. Dopo due anni di lavoro ho maturato la consapevolezza di essere in grado di gestire con buona capacità la relazione con i ragazzi: li so ascoltare e so instaurare un dialogo costruttivo. Mi riconosco una buona creatività nel pensare giochi ed attività sempre nuovi e divertenti; anche se ho alcune difficoltà nel coinvolgerli. Vorrei avere più autorevolezza e possedere maggiori strumenti educativi nell’affrontare i momenti di crisi. Nel mio lavoro molto spesso ascolto e parlo con i ragazzi a volte, più spesso di quanto vorrei, sgrido e urlo. Nel concreto aiuto a svolgere i compiti, riordino pulisco e tutto sommato mi diverto. Durante la giornata spesso richiamo l’attenzione dei ragazzi, li stimolo e li rassicuro incitandoli a continuare e a migliorarsi. Di fronte alle difficoltà dell’impegno educativo a volte mi sento scoraggiata, il peso di reggere i ragazzi sembra insostenibile e allora mi mordo la lingua per non esprimere ciò che penso. Affronto quotidianamente difficoltà che coinvolgono più campi, in cui devo dimostrarmi eclettica nel trovare soluzioni originali. Fare rispettare le regole ai ragazzi è spesso un’impresa, così come coinvolgerli nelle attività; devo mettere infinita pazienza nel fare eseguire i compiti e nel mediare tra e con i ragazzi, con i genitori e……a volte con i colleghi. Certe volte mi sento minata nella mia sicurezza e un po’ impreparata a rispondere a domande forti che mi pongono i ragazzi. Il mio lavoro mi impone delle responsabilità per prima cosa verso i ragazzi e la loro incolumità fisica. E poi verso le agenzie del territorio : la scuola, i servizi sociali e l’ente gestore. In un gioco numerico sulle cifre della mia vita è uscito che mi sento addosso da 1 a 10 una responsabilità lavorativa pari a 8… eppure a volte ho proprio l’impressione che al mondo non ci siano abbastanza cifre per esprimerla. Quando nella mia fantasia immagino me stessa al C.A.M. come una streghetta con i suoi maghi sogno di avere una bacchetta magica con cui modificare la realtà. Con un incantesimo mi darei maggiore pazienza e più capacità di ascolto, Con un Sim-sala-bin…. darei ai ragazzi maggiore voglia di sognare, di collaborare, di ascoltare e toglierei loro un po’ di maleducazione. Farei una pozione da fare bere all’educatore affinché abbia più metodo e sia maggiormente presente al C.A.M.. Con la mia sfera magica trasporterei il C.A.M. in locali spaziosi, confortevoli ed accoglienti con un angolo ben attrezzato per chiacchierare con calma con i ragazzi. Naturalmente avrei a disposizione tanto materiale e attrezzatura tecnologica per le attività e i giochi. MIRIAM: mediatrice culturale Buongiorno a tutti sono Miriam ho trentun anni, sono laureata in pedagogia e provengo da un Paese dell’Est Europa. Il mio ruolo all’interno del C.A.M. è quello di mediatrice culturale. Le mie aspettative all’inizio del lavoro erano quelle di far conoscere al gruppo, inteso come operatori e ragazzi, la valenza della mediazione culturale. Tali aspettative si sono concretizzate sotto forma di collaborazione e di attività programmate. Al C.A.M. a volte mi sono trovata di fronte a situazioni difficili che mi hanno lasciata perplessa, ma che sono stata in grado di affrontare grazie alla mia “disposizione” a mettermi in gioco. Ho cercato di trasmettere il significato della multiculturalità utilizzando azioni che fanno parte del quotidiano: ho parlato, ascoltato e discusso con operatori e ragazzi, con loro ho disegnato, cucinato, raccontato e pulito… Sono soddisfatta dei risultati ottenuti. Ritengo sia importante analizzare gli esisti positivi e negativi in èquipe multi-disciplinare per poter programmare un futuro progetto. Sebbene spesso sia stato difficoltoso riuscire a coinvolgere i ragazzi non mi sono mai abbattuta e mi sono sempre resa disponibile ad aiutarli, proponendomi come punto di riferimento. Durante lo svolgimento delle “lezioni”, a volte il mio essere maestra prende il sopravvento, forse appaio agli occhi dei bambini un po’ severa, ma so che per portare a termine in modo fruttuoso i lavori cominciati un po’ di disciplina è necessaria. Vorrei sentirmi maggiormente accettata e trasmettere più entusiasmo. Caratterialmente sono molto riflessiva e riconosco in me, a volte, troppa emotività che non mi permette di avere la giusta distanza dalle cose. Con il mio lavoro spero di sgretolare l’indifferenza che in certi momenti leggo negli sguardi dei ragazzi, so di non poterlo fare da sola e per questo cerco la collaborazione degli altri, con buona predisposizione d’animo. Predisposizione che purtroppo non sempre mi pare di cogliere negli altri, che, approfittando un po’ della mia apertura, tendono a caricarmi di responsabilità non proprio inerenti al mio lavoro. Il trovarmi all’interno del C.A.M. mi ha portata a ridefinire le motivazioni che mi avevano spinta a fare la mediatrice culturale, e sicuramente mi sento di avere la responsabilità di promuovere un’educazione interculturale attraverso il coinvolgimento dei ragazzi in attività concrete, ma anche instaurando con loro un dialogo ( anche con quelli da cui è più faticoso farsi accettare). Mi rendo conto che lavorare per e con i ragazzi significa innanzitutto collaborare con gli operatori C.A.M. nel pensare e concretizzare un progetto, inoltre, cercare di instaurare un rapporto con i genitori dei bambini al fine di creare una rete educativa efficace. Sogno di fare il giro del mondo con i miei “allievi”, per insegnare e mostrare loro il fascino dei mille colori, delle luci, dei suoni e dei profumi della Terra. Di girare multietnici mercatini in cui ci si scambia manufatti, storie, fiabe e….cultura, nel rispetto di tutti e per una crescita individuale ALICE: educatrice di territorio Salve a tutti mi chiamo Alice e sono una giovane donna di circa 30 anni e da circa 3 lavoro presso l’Area Minori del Consorzio. Ho iniziato questo lavoro con l’aspettativa di collaborare con le istituzioni per poter offrire nuove opportunità di crescita ai ragazzi stimolandoli al cambiamento. Se dovessi definire metaforicamente il mio lavoro, direi che mi sento come un esploratore che deve attraversare una giungla. Sono circondata da una flora rigogliosa e da una miriade di animali, alcuni anche pericolosi, di fronte a me un sentiero che a prima vista appare facile e poco faticoso, ma che nasconde in realtà molte insidie. Come in tutte le giungle non mancano le sabbie mobili, ma come in tutte le storie c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti. Parte integrante della mia attività lavorativa è il coordinamento del progetto C.A.M., che considero come uno spazio accogliente dove i ragazzi possono sperimentarsi in attività varie e nella relazione con i coetanei. Ogni qualvolta vado al C.A.M. mi sembra di ritornare ragazzina, provo l’entusiasmo di un tempo e mi sento quasi complice dei bambini in particolare quando li ascolto raccontare le loro avventure. Amo parlare con i ragazzi sostenendoli con parole d’incitamento, ma quando la situazione lo richiede so essere severa ed autorevole. Se dovessi fare un bilancio delle mie attitudini certamente direi che ho una certa capacità di relazione, in particolare con i minori, ma, ahimè data forse anche l’età non più tenerissima, ho difficoltà a proporre e gestire attività ludiche. Descriverei il mio lavoro con alcune parole chiave: mediazione, negoziazione, sostegno … e un po’ di stanchezza. Ogni giorno mi scontro con la difficoltà di conciliare il mio essere persona con i doveri che il mio ruolo comporta…in fondo la prima persona con cui devo mediare sono proprio io e, a volte, il mio senso di onnipotenza. Immaginando di compilare una tabella da 1 a 10 sul grado di responsabilità che mi sento addosso crocetterei certamente il numero 8, in particolare ho delle responsabilità giuridiche, istituzionali di tutela e di protezione dei minori; inoltre avverto l’importanza di documentare agli altri l’esperienza mia e dei miei colleghi. A volte mi sento disorientata e vorrei avere la possibilità di confrontarmi in modo costruttivo con i miei colleghi, altre volte vorrei ritrovare in me l’ingenuità dei bambini per affrontare le situazioni in modo più diretto e spontaneo. AKRAM: mediatore culturale Buon giorno a tutti! Permettete di presentarmi, mi chiamo Akram, ho 37 anni, provengo da un Paese arabo dove ero un insegnante di scuola elementare, in Italia lavoro come mediatore culturale e frequento l’università, la facoltà di scienze politiche. Ho conosciuto l’esperienza dei C.A.M., nell’ambito del progetto “Mille volti, una sola umanità”, collaborando come mediatore culturale. Che cosa è per me il C.A.M.? Dunque se dovessi usare una metafora potrei definirlo come un insieme di persone che non si conoscono e che a prescindere dalla loro volontà si trovano ad essere compagni di viaggio. Quando ho iniziato questo “viaggio” le mie aspettative erano di poter partecipare attivamente, condividendo le attese e i timori dei miei compagni di avventura, di poter far loro compagnia proponendo momenti di scambio, di animazione, di ascolto. Dopo essere salito su tanti pullman, permettetemi di utilizzare la metafora della storia, posso affermare che le mie aspettative attuali si sono un po’ modificate, esse vanno dal portare avanti alcune proposte, in particolare con i gruppi che si dimostrano maggiormente interessati, al far nascere un po’ d’interesse in coloro che sono più indifferenti. Al punto in cui sono diciamo che sono abbastanza soddisfatto del mio lavoro, anche se avrei desiderato ottenere risultati migliori. Il mio ruolo effettivamente è particolare, il mediatore non è un operatore. Infatti sono arrivato quando il gruppo era già costituito, si erano già instaurati legami… la mia figura può essere quindi considerata, a volte divertente e utile, a volte anche un po’ invadente. Occorre quindi che io, in quanto mediatore, sia flessibile e cerchi di adattarmi al gruppo con cui collaboro di volta in volta. Proprio questa diversità di esperienze fa si che i miei stati d’animo mutino al mutare della situazione: in alcuni C.A.M. mi sono sentito accettato e accolto, come un nonno che racconta favole, in altri ho riscontrato alcune difficoltà… e pensare che io desidererei solo sentirmi un bambino che gioca insieme ad altri bambini. Mi piace molto parlare con i ragazzi, ascoltarli, aiutarli nei lavori manuali e insieme a loro pulire e riordinare. In questi anni ho acquisito una certa capacità nel suscitare l’interesse per l’attività che propongo e che svolgo, mentre ho alcune difficoltà a mantenere un certo ordine. Sento molto la responsabilità di questo! Per il futuro desidererei essere molto più ottimista, vorrei che i ragazzi fossero meno indifferenti e isolati, che i colleghi credessero maggiormente in un possibile cambiamento dei ragazzi, che gli educatori fornissero più strategie d’intervento e l’ambiente di lavoro fosse più allegro e caldo… peccato non ho una bacchetta magica e non posso modificare la realtà, ma posso collaborare perché qualche piccolo cambiamento possa verificarsi… cominciando da me. 2. IL MESTIERE DI MEDIATORE Mezzo secolo fa a redimere le controversie ed a stipulare i contratti tra i contadini delle Langhe (acquisto della giumente, del campo, della cascina, stipula della mezzadria) venivano interpellati i "mediatür"; tale "parola" pronunciata dai contraenti alla presenza di questi “personaggi” sottendeva un impegno preciso, anzi quella parola era il contratto medesimo. Gli operatori sociali nelle diverse articolazioni svolgono da sempre funzioni di mediazione sociale: mediazione tra le esigenze delle singole persone (di soddisfacimento dei bisogni primari e di inserimento sociale) e le necessità dei contesti allargati, del territorio e delle Istituzioni, a cui compete la tutela delle persone stesse. In questi ultimi anni si stanno formando nuovi professionisti specializzati nella mediazione: - i "mediatori familiari", a cui è affidato il compito di favorire la comunicazione all’interno delle coppie in crisi relazionali; siamo infatti in un momento in cui le separazioni ed i divorzi sono nettamente in aumento: le famiglie coinvolte vivono in una situazione di grossa conflittualità. La mediazione si inserisce cercando di rendere il contesto meno traumatico possibile con l’intervento di una “terza persona” imparziale. - i "mediatori dei conflitti" che si pongono nelle situazioni di conflittualità tra cittadini (tra condomini, passanti); - i "mediatori culturali", a cui spetta il compito di decodificare comportamenti e regole, per favorire la comunicazione e la relazione tra soggetti di culture diverse. La presenza ormai significativa di persone immigrate pone di fronte alla necessità di prendere coscienza delle dinamiche che scaturiscono dal contatto tra mondi culturali diversi, ma anche dei processi di trasformazione culturale a cui queste persone sono soggette.Il contatto con la nuova cultura di appartenenza e con le sue istituzioni pone problemi di interazione e comunicazione che devono essere affrontati; compito della mediazione è allora quello di favorire l'apertura di spazi di riconoscimento e socializzazione al fine di contrastare il consolidamento di una condizione di svantaggio. Proprio in merito a questo mestiere, il progetto “Mille volti, una sola umanità” ha raccolto le riflessioni che i bambini ed i ragazzi coinvolti, i loro operatori, gli educatori di territorio ed i mediatori stessi hanno vissuto direttamente. 2.1. Il punto di vista dei ragazzi Abbiamo intervistato i ragazzi dei C.A.M., che quest’anno hanno conosciuto i mediatori culturali, per avere un riscontro più diretto sulla riuscita del progetto “Mille volti una sola umanità”. Parlando con loro sono emerse molte differenze tra una realtà e l’altra all’interno dei diversi C.A.M. e tra i bambini delle elementari e i ragazzi delle medie. I bambini più piccoli hanno accolto con maggior entusiasmo le attività proposte dai mediatori culturali, mentre i ragazzi delle medie preferivano giocare a calcio, a pallavolo e svolgere i compiti piuttosto che dedicarsi ad attività di laboratorio, per cui l’intervento dei mediatori culturali non sempre è stato facile. Possiamo affermare, però che l’esperienza è stata positiva ed è stato interessante ascoltare molti ragazzi raccontarci, con entusiasmo, le tante attività svolte con i mediatori culturali. L’esperienza ha favorito una maggiore socializzazione dei ragazzi e ha allargato le loro vedute portandoli a discutere su temi delicati e a conoscere cose nuove. Dalle interviste è emerso che nei ragazzi non c’è la paura per il “diverso”, anzi molti di loro ci hanno spiegato che è bello conoscere persone provenienti da altre culture, perché aiuta ad arricchire le proprie conoscenze: «Non si devono fare distinzioni razziali, non si giudica in base al colore della pelle, la religione o la lingua». Lasciamo la parola ai ragazzi Domanda: Chi sono i mediatori culturali? Risposta: «Mediatore che? Domanda: Si, Kadri e Marina? Risposta: Sono persone che provengono da Paesi stranieri e fanno un lavoro per far conoscere la loro cultura. Non sappiamo esattamente cosa vuol dire mediatore culturale, abbiamo ancora le idee un po' confuse». Domanda: Cosa avete fatto con loro? «Abbiamo fatto molte attività, quelle che hanno avuto più successo sono state: - il laboratorio di cucina, perché abbiamo imparato ricette di altre culture e abbiamo insegnato ai mediatori culturali i piatti italiani. Ad essere sinceri questo laboratorio ha avuto un gran successo perché assaggiavamo quello che preparavamo ed era tutto buonissimo!!; - i giochi che i mediatori culturali ci hanno proposto e che ci hanno incuriosito e fatto conoscere come giocano i bambini di altri Paesi. Il gioco che ricordiamo volentieri si chiama “l’offeso” e si gioca con delle carte speciali; - la visita alla “Stanza dei Mondi” dove il mediatore culturale ci ha fatto conoscere gli oggetti provenienti da altri Paesi». Domanda: Cosa ti piacerebbe fare ancora con i mediatori culturali? Risposte: «Vorremmo approfondire la conoscenza di altri Paesi diversi dal nostro facendo esperienze nuove e diverse da quelle che abbiamo già fatto quest’anno. Ad alcuni di noi piacerebbe organizzare con i mediatori culturali una gita o un pic-nic. I ragazzi che quest’anno non hanno partecipato con entusiasmo alle attività, vorrebbero che i mediatori culturali facessero con loro più sport. Tutti amerebbero ripetere l’esperienza del laboratorio di cucina». Domanda: Cosa ti è piaciuto di più dei mediatori culturali? Risposta: «A noi è piaciuta la loro simpatia, la gentilezza e la disponibilità. I mediatori sono stati socievoli e non hanno fatto distinzioni tra uno e l’altro. Siamo stati colpiti da quante storie nuove conoscevano!». Domanda: Come stai con gli altri amici del C.A.M.? Risposta: «A noi piace andare al C.A.M. perché ci divertiamo e possiamo giocare con tanti amici. Tra di noi collaboriamo anche se ogni tanto litighiamo e qualcuno disturba un po' di più». 2.2. Il punto di vista degli operatori C.A.M. Il mediatore è una persona che media, che sta in mezzo ad opinioni e modelli di riferimento differenti. E’ utile dove si interrompe un equilibrio e può essere considerato il "terzo esterno non coinvolto emotivamente" in una situazione che tende ad una soluzione. Il mediatore può essere metaforicamente definito come: “un direttore d’orchestra che cerca l’armonia tra i vari strumenti, una spugna che assorbe rielabora e restituisce oppure un fiume che riceve e poi rilascia, filtrando, una risoluzione”. Il mediatore culturale è una persona che facilita l’incontro tra culture diverse, trovando ed evidenziando i punti d’incontro e tenendo conto delle differenze; ha le abilità di fornire conoscenze e motivare un avvicinamento tra realtà culturali diverse. Culture diverse intese non solo come “etnie”, ma differenze che spesso coinvolgono anche gli aspetti più quotidiani della vita di un ragazzo. Il mediatore culturale si inserisce come una persona che aiuta a capire le altre culture proprio nella quotidianità portando “informazioni”, aiuta cioè a capire il perché di alcuni comportamenti e di conseguenza come affrontarli. Il lavoro del mediatore è utile, difficile, raro, interessante là dove c’è l’esigenza, il bisogno di capire le diverse usanze. Il mediatore è (o perlomeno dovrebbe essere): moderato, disponibile, aperto, coinvolgente, interessato, tollerante, paziente, "di larghe vedute”, dinamico, buon ascoltatore. Gli aspetti forti dell’intervento del mediatore culturale nei C.A.M. sono stati la partecipazione e l’interesse riscontrato soprattutto nei bambini delle elementari; la loro presenza, infatti, ha fatto si che gli operatori abbiano operato ponendo particolare attenzione all’aspetto di mediazione ed ha favorito l’avvio di un lavoro di cooperazione tra scuola e C.A.M. Agli operatori è stato utile per intraprendere una crescita personale, conoscere parole che a volte celano significati diversi, capire la valenza, per culture diverse dalla propria, di concetti importanti quali quello di “famiglia”. E’ risultato utile, inoltre, nella relazione e nella comprensione di ragazzi provenienti da culture e religioni diverse e nei rapporti con le relative famiglie. I momenti difficili di relazione con i ragazzi ha costretto gli operatori a interrogarsi sulle loro modalità e a cercare nuove strategie a partire dalle esigenze dei ragazzi stessi. Gli aspetti deboli si sono osservati nella difficoltà, soprattutto da parte dei ragazzi delle medie, ad “accettare” una presenza esterna alle normali dinamiche. E' da tener presenta che il contesto temporale dell'intervento dei mediatori è risultato particolarmente limitato (in media una volta a settimana), rendendo difficoltosa la continuità del lavoro. Agli operatori, in alcuni momenti, è parso poco chiaro il ruolo dei mediatori, ma tutto questo può essere collegato al fatto che tale ”figura” è ancora poco conosciuta e poco delineata, creando, a volte, un po’ di confusione. Forse le aspettative erano troppo elevate e questo ha creato in alcune situazioni un po’ di “delusione” rispetto alle idee iniziali. E’ emerso il timore di non essere stati in grado di cogliere l’importanza di tale figura e quindi di non averne saputo sfruttare al meglio l’occasione. I cambiamenti "prodotti" negli operatori sono legati soprattutto alle modalità di relazione con ragazzi provenienti da culture diverse, modalità che dopo quest’esperienza si sono arricchite di nuovi elementi. Nei ragazzi gli operatori non hanno osservato cambiamenti significativi forse perché non si è riusciti a cogliere il vero significato dell’intervento del mediatore. 2.3. Il punto di vista degli Educatori Mediatore è colui che "sta in mezzo", che facilita l'incontro tra le persone, tra le diversità che si “incrociano” , tra conflitti e nella ricerca di soluzioni comuni. Può essere considerato come un facilitatore di processi comunicativi in un contesto di “ diversità”. Mediare come "fare patti" e "stipulare compromessi" che tutti accettano di rispettare; in questo senso è chiaro il ruolo di "terzo" nella questione. Proprio perché l'azione di mediazione passa attraverso i mediatori, i loro atteggiamenti, le modalità di vedere e di rapportarsi con la realtà, vogliamo far presente la nostra esperienza con i due mediatori del progetto. Ci si é resi conto del rischio corso nel momento in cui abbiamo, anche inconsapevolmente, presentato i mediatori come "soluzioni" alle tensioni esistenti, senza soppesare opportunamente la complessità che il processo di integrazione tra culture differenti, inevitabilmente porta con sé. Abbiamo rilevato, in alcune situazioni, che l'intervento diretto dei mediatori, la stessa loro presenza sia stata percepita come l'oggetto scatenante di alcuni conflitti nei ragazzi. In particolare si fa riferimento a quei ragazzi, nati in Italia da genitori stranieri, che stanno vivendo la loro preadolescenza in una cultura occidentale (con i pregi ed i limiti che essa porta con sé) che si contrappone a quella d'origine delle loro famiglie. Alcuni di questi non volevano rapportarsi con i mediatori perché, probabilmente, significava riaprire il difficile lavoro di "sintesi" che avevano, in qualche modo operato. Il difficile compito di ricercare dei collegamenti, delle linee di continuità attraverso il loro vissuto quotidiano è l'indispensabile lavoro di creazione, forse, di nuovi modelli di vita sociale. I ragazzi e le ragazze che sperimentano questi incontri (come italiani o come stranieri) sono per noi come dei pionieri degni di essere menzionati proprio perché stanno, nel rapporto con i loro coetanei, "gettando le basi" per il futuro. I risultati sono stati diversi, invece, quando il mediatore ha potuto dedicare un po’ di tempo anche ai genitori stranieri, che si sono dimostrati felici di "sentire suoni originari" in chi educa i propri figli. Ci siamo chiesti quale ruolo può avere il mediatore culturale oltre al favorire l'educazione interculturale. Può essere un supporto anche per affrontare le situazioni di disagio a cui il nostro Servizio deve dar risposta? Non abbiamo trovato risposte convincenti, perché ci siamo resi conto che non in tutte le situazioni la mediazione crea contesti di "trasparenza", soprattutto quando esistono riferimenti culturali e giuridici molto diversi (es. le punizioni corporali per educare i figli o la loro tutela). Abbiamo sperimentato difficoltà ad integrare il nostro modo di operare con quello degli operatori e quello dei mediatori; ad ogni “attore”, infatti, è stata richiesta fatica e pazienza nonché la capacità, a volte, di stare in tempi stretti, con aspetti dati forse troppo per scontato e quindi non così chiari, che hanno “vincolato” un po’ il percorso. Abbiamo cercato a nostra volta di mediare tra le aspettative e le esigenze degli operatori, dei gruppi di ragazzi da loro gestiti e le necessità dei mediatori. Abbiamo sostenuto fin dall’inizio il progetto cercando di chiarirlo alle altre figure ed intervenendo a volte anche in modo deciso per ribadire che il progetto “Mille volti, una sola umanità” poteva funzionare nella misura in cui si innescavano relazioni di accettazione. Quello del mediatore è un ruolo molte volte "poco chiaro" e lo si considera in potenziale sviluppo in quanto non ancora strutturato. Ci siamo resi conto che il loro lavoro ha trasmesso ai ragazzi, agli operatori ed a noi stessi non solo dei contenuti, ovvero un certo modo di concepire il quotidiano, ma anche dei valori agiti nella loro quotidianità: l’attenzione e la sensibilità a cogliere i contesti ed i loro funzionamenti, la pazienza davanti alle difficoltà, la mitezza nelle relazioni che ha favorito il lavoro di mediazione. «Anche noi siamo saliti sul pullman e quando siamo scesi avevamo qualcosa in più…». Se dovessimo definire i due mediatori che hanno condiviso con noi l'esperienza dei C.A.M. dovremmo riconoscere in loro un coraggio inusuale di questi tempi ed una grossa disponibilità a mettersi in gioco in qualsiasi situazione. Non sono solo stati una risorsa (in termini quantitativi e qualitativi) in più rispetto all'ordinario percorso dei CAM, ma hanno permesso il realizzarsi di tutto questo lavoro. 2.4. Il punto di vista dei mediatori culturali Il mediatore è colui che svolge una funzione di intermediazione tra due o più parti ed ha come obiettivo quello di favorire non tanto la transizione da una cultura all’altra, ma la sintesi tra culture diverse, al fine di andare oltre le reciproche differenze. Può essere visto come un “aiutante” in chiave culturale, una “possibilità” in più, una fonte per recuperare delle informazioni importanti , per avere delle chiavi di lettura diverse ed arricchenti. E’ un ingrediente in più nella ricetta del viaggio che può portare novità e curiosità. Non deve però essere concepito come “la solita minestra” ma come quel qualcosa in più che può dare sapore. Il lavoro del mediatore culturale con gruppi di ragazzi si rivela impegnativo e complesso ma allo stesso tempo coinvolgente ed interessante, che dà soddisfazioni quando si concretizza in attività, ma che va organizzato nelle sue varie fasi, per evitare che alcuni significati vadano dispersi. E’ necessaria pazienza e grande capacità di ascolto, insieme ad un “sapere” professionale che caratterizza tale ruolo, disinvoltura e flessibilità, soprattutto laddove, magari, ci si scontra con una certa resistenza. Il mediatore dovrebbe essere, paziente, con grande capacità d’ascolto, professionale cioè in grado di distinguere bene l’operato o il lavoro dei sentimenti, con buona capacità tecnica, flessibile nel accogliere i momenti favorevoli e sfavorevoli del viaggio per impostare i suoi interventi in modo da evitare le forme classiche degli interventi (lezioni) e si può aggiungere anche una altra qualità: disinvolto. Riportiamo qui di seguito quanto emerso proprio dai mediatori; riteniamo importante lasciarle in “prima persona” perché non perdano di efficacia. «Siamo saliti sul “pullman” anzi su diversi “pullman” di cui non conoscevamo nessun viaggiatore. Sapevamo di essere uno dei viaggiatori, ma con molta particolarità o con molta diversità, nella lingua, nell’età, nella provenienza e in molti altri aspetti. Sappiamo che nessuno aveva scelto i compagni del suo viaggio, così come avviene nel “Grande Fratello”. Il nostro ruolo era quello di portare qualcosa dentro i “pullman”, ma non si trattava di vendere un prodotto. Il compito era più difficile; inserirsi nel gruppo. E come farlo in un gruppo di ragazzini o bambini, se siamo “vecchi”? Bella domanda? So per esperienza che l’inserimento in un gruppo diverso non è cosi semplice, chiedetelo a me, lo straniero, che ci mise quasi un anno prima che si unisse a un tavolo nel bar con altri ragazzi alla sua età. In mezzo c’è la paura di essere considerato non come loro, diverso da loro, non si sa cosa pensi, cosa mangi o cosa legga. Abbiamo continuato il “viaggio” salendo e scendendo da quei “pullman”. Voi consideratelo come volete, ma noi l’abbiamo sempre considerato una fortuna!!! Eh si è propri fortuna. Li, abbiamo avuto possibilità di “giocare”, imparando da tutti grandi o piccoli, imparando dagli errori e trovando coraggio nei successi. Era facile e divertente di qua, ma arduo di là. Purtroppo non ci sono giocatori standard e il giocatore di oggi - per noi di questa settimana - non è il giocatore dell’altra settimana. Molti si assentano, alcuni non si parlano o litigano, altri spesso vogliono imporre le “loro regole”, a volte con la complicità di altri che assentono nel silenzio. Il bello in questo “viaggio” è che siamo riusciti a farci conoscere dai ragazzi e dagli operatori e fare conoscere a loro cose diverse, a volte raccontate a volte con i fatti, ma spesso facendo giochi. Abbiamo pensato insieme a programmare momenti di intrattenimento durante i nostri viaggi, ma non ha funzionato sempre cosi. Noi viaggiamo in un pullman ma non isolato, i giocatori/viaggiatori sono in contatto con il mondo esterno che spesso ci lo troviamo dentro. Con le sue amarezze ma anche con i suoi momenti felici ed allegri. Ricordiamo i compleanni ed altre occasioni; la sofferenza di qualche piccolo che ci ha fatto sospendere il gioco o spostare l’attività diversamente. Ricordiamo anche le notizie della guerra i nostri commenti seri ma anche ironici.» «E’ difficile osservare i cambiamenti dell’intervento del mediatore nei ragazzi e negli operatori perché prima di risalire sullo stesso “pullman” di ritornare nello stesso CAM, passava un può di tempo, che poteva cambiare tutta la situazione lasciata. Ciò che è stato facilmente osservabile è il grado di accoglienza successivo al percorso precedente, o l’insistenza nel fare una attività anziché un’ altra. Questo rispecchia il grado di gradimento e di conseguenza di premiazione o di non gradimento e di conseguenza di sanzione che abbiamo ricevuto dagli altri “viaggiatori”.Individuare gli aspetti positivi e negativi dell’intervento del mediatore culturale nei CAM, vuole dire per noi, autovalutarci. Crediamo che l’esperienza complessivamente vada considerata positivamente, perché riuscire ad inserirsi in gruppi simili non è una opera semplice. Questo da una parte, dall’altra parte in alcuni CAM si è riuscito a tenersi compagnia bene se non per tutto il viaggio, per una parte di esso. Dove invece abbiamo riscontato aspetti negativi, è stato in quei gruppi che hanno avuto difficoltà di sentirsi “un gruppo”. Questa difficoltà incombe sull’operato del mediatore che deve fare due scelte difficili: intervenire di più in queste questioni o lasciar perdere e presentarsi come la figura ospite. Si tratta d’una scelta delicata perché farsi trascinare dall’andamento del gruppo per non scontrarsi con esso, crea una sorta di “dipendenza” che accompagna il mediatore per tutto il suo “viaggio”. Intervenire può creare quella deviazione nel ruolo del mediatore che non dovrebbe essere concepito come un operatore in più, ma bensì un viaggiatore particolare, portatore di novità e divertimento.» «Ci ricordiamo di quello che ci ha detto un bambino che arriva da lontano:”Tu vieni qui per comandare!”. Nello stupore della sua espressione, abbiamo risposto:”Ma lo sai che comandare è l’ultima cosa che ci interessa!”, ma lui convinto che fossimo lì per rovinarli quello spazio di ”libertà” ha continuato a dirci:”Allora mi dici cosa vieni a fare? Perché ti interessi di noi?” E noi dovemmo dire ciò che ci aveva fatto salire sul “suo pullman”: “Sono qui perché mi hanno detto che non stai facendo bene il gioco e non voglio che tu venga eliminato. Perché questo gioco è bello quando si inseriscono altri giocatori, non quando si perdono i primi”. Il piccolo viaggiatore scese lo scalino del pullman quel giorno lì con molte domande in testa.» «Sicuramente possiamo affermare che siamo diventati ormai uno dei viaggiatori, nel bene che nel male. Siamo sopravvissuti, abbiamo superato le dure prove del gioco, non siamo stati “eliminati”. Forse i risultati della nostra “missione” non sono stati alle attese, ma se dovessi giocare di nuovo … ci butteremo subito!» 3. Considerazioni finali L’esperienza appena conclusa ha suscitato in ognuno di noi molti spunti di riflessione e stimoli emozionali. Ordinarli, organizzarli diventa un impegno per fermare tracce e traiettorie a cui far riferimento, tentare di riportarle "su carta", quindi fissarle, conferisce loro un'importanza particolare. E' dalle esperienze che si acquisiscono nuove conoscenze che, raccontate, fatte rimanere nella storia, assumono valore e significato educativo. Documentare quindi diventa una tappa di fondamentale importanza nel momento in cui si vogliono lasciare spunti da cui partire per poter riflettere. Documentare come fermarsi e ripercorrere un percorso in questo caso fatto “a più mani”, come voltarsi indietro e capire quanti passi avanti si sono fatti e quali intoppi si sono incontrati. Documentare anche come avvalorare, verificare ipotesi e idee, “rivedere sulla carta“ ciò che fino a prima si aveva solo in testa. Di qui il racconto delle pagine precedenti, una modalità “diversa” per soffermarsi sul cammino fatto con i mediatori culturali, gli operatori, i ragazzi. “Raccontare” l’esperienza sotto una forma un po’ più fantastica ha permesso anche di dare “colore” a tutto il percorso , ornarla di elementi simbolici e molto significativi. “Mille volti” che percorrono la stessa strada, “ieri” e “oggi”, tra la fantasia dello sfondo e la realtà di significati profondi di ruoli e relazioni. Il progetto “Mille volti, una sola umanità” ha avuto infatti il pregio di aver presentato e fatto conoscere maggiormente la figura dei mediatori culturali, attraverso le persone che hanno ricoperto tale ruolo. La presenza viva, concreta dei mediatori è stata un segno per i ragazzi, le loro famiglie e gli operatori che con loro condividono percorsi di vita, ma anche dei Servizi preposti. Un secondo elemento fa riferimento alla realtà albese e del suo circondario nel rispecchio di quella italiana. Il lavoro quotidiano dei servizi e delle istituzioni riscontra che su 6.900 studenti delle scuole dell’obbligo del Distretto Scolastico 65, il 7% appartengono a culture straniere. L’esperienza dei C.A.M. si è confrontata con la stessa situazione. Questo ribadisce l’importanza della tematica del confronto culturale all’interno dei contesti educativi istituzionali, come occasione di arricchimento di questa nostra società italiana, intesa come opportunità di relazione e di crescita. In proposito l'intellettuale Daniel Cohn - Bendit sostiene: "Credere che la Società interculturale si sviluppi spontaneamente senza investire risorse umane, professionali e strutturali, è una pia illusione". Aver fatto emergere la professionalità del mediatore culturale è stato sicuramente possibile grazie al fatto che i Servizi e il privato sociale hanno saputo cogliere i segni che la realtà albese sta vivendo. Questo è stato il risultato di una collaborazione reale che il Servizio Stranieri del Comune di Alba ed il Consorzio hanno saputo attuare e rendere concreta, in sinergia con la Cooperativa Sociale ORSO (ente gestore progetto), le Scuole coinvolte e le Associazioni di volontariato o le Parrocchie. Quello che abbiamo sperimentato sul "mestiere di mediatore culturale" è sicuramente il livello professionale di un ruolo sottoposto ai rapidi cambiamenti socio-politici. I flussi migratori, i processi di integrazione delle giovani generazioni. Deve formarsi ed assumere una propria identità. Come per l’artigiano, il mediatore parte da strumenti ed attrezzi propri (conoscenze, riferimenti esperienziali e culturali), adattandoli alle situazioni, oppure reinventandoli. In effetti il loro lavoro è risultata una sfida verso la novità, una sorta di prova per verificare come è possibile operare con i ragazzi, in che modo si possono sensibilizzare sulle tematiche sociali che vanno sempre più verso una cultura "mescolata". Essa è il risultato dell’incontro tra le persone, le loro idee, le loro rappresentazioni del mondo e del suo funzionamento. E’ un processo umano e per questo culturale che ci investe direttamente e che non può fare a meno di noi, come singoli cittadini, gruppi o istituzioni. Una riflessione a parte deve essere introdotta sull'uso del linguaggio utilizzato o utilizzabile nei processi di integrazione culturale. Riteniamo, infatti, che i “contenuti” e le tematiche, per risultare efficaci, debbano essere supportate da linguaggi adeguati e coerenti. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’incontro tra diverse culture o diverse persone è sicuramente un confronto tra i valori e le aspettative che si “portano dietro”, ma in primo luogo è un incontro tra linguaggi differenti. Educare all’interculturalità, quindi, significa anche apprendere le modalità comunicative delle altre culture Per questo l’utilizzo del linguaggio metaforico, del racconto, ha rappresentato per noi un'occasione in più di confronto e di espressività. Il progetto, infatti, ha vissuto di contenuti, di messaggi, di tempi, ma è stato alimentato da sensazioni vissute, da impressioni ed emozioni. Tutto ciò non è possibile comprenderlo con un linguaggio razionale; occorre mettere in campo la corporeità, le forme ed i colori del disegno, il gusto degli alimenti ed i loro profumi, i suoni, i rumori ed i ritmi. Non avviene forse anche tutto questo, quando ci si immette in un percorso di confronto con ciò che è diverso? In conclusione, parlando di processi educativi, inevitabilmente si parla di coloro che ne sono coinvolti in prima persona. In questo caso i preadolescenti, gli operatori dei C.A.M., gli Educatori di territorio ed i mediatori. Ma anche i Servizi e le Istituzioni interessate. E' una cultura del confronto che passa attraverso prassi, che cerca di ridurre le contraddizioni esistenti, le incoerenze, che si pone davanti al vivere quotidiano. Non è detto, infatti, che in ogni C.A.M. sia stato raggiunto l’obiettivo prestabilito inizialmente, ma almeno ci si è sperimentati in una situazione nuova, si è provato ad andare un po’ più in là dell’esperienza quotidiana, si è provato a venirsi incontro e a capirsi un po’ di più. Parole, temi ampi e impegnativi, ma se si pensa agli ultimi anni e ai progetti avviati su queste tematiche dal Consorzio Socio Assistenziale e dal Comune (“Un ponte tra le culture”, “I tanti mondi della città” Legge Regionale 64/89; “Conoscere l’altro per crescere insieme”, “Officina Pedagogica” Legge Nazionale 285/97) e agli sforzi messi in atto per promuovere e sostenere lo sviluppo di una rete, cooperante e concreta tra i diversi attori del pubblico e del privato sociale…allora non siamo alla fine della strada, come ha scritto Franz Rosenzweig, “la verità si trova alla fine della via”, ma sulla strada giusta, probabilmente, sì. ALLEGATO I LINGUAGGI DELLE ESPERIENZE Le attività pratiche realizzate nell'arco delle attività dei diversi C.A.M. sono state l’origine della presente pubblicazione. In alcune di esse hanno preso parte in modo attivo i mediatori, in altre invece sono stati gli operatori dei C.A.M. a gestirle. In entrambi i casi il comune denominatore è riscontrabile nell’intenzione di sperimentare con i bamini o ragazzi occasioni di confronto con la diversità intesa sotto diverse sfaccettature. Le modalità di realizzazione sono state le più svariate, in quanto i linguaggi utilizzati hanno saputo utilizzare i “primari canali comunicativi”, ovvero i sensi. I colori e le forme, i suoni, la musica, i ritmi ed i racconti, il gusto e la parola, i profumi e gli odori, ed infine la gestualità ed i movimenti del corpo nel gioco e nella danza. Attraverso le seguenti griglie di rilevazione gli Educatori Territoriali hanno voluto sintetizzare le molteplici e variegate esperienze che i ragazzi hanno svolto. Centro Attività Minori "V.I.D.E.S. 2000 O.N.L.U.S" MEDIE - S. Margherita Numero Operatori 3 Numero Ragazzi 17 Titolo esperienza Indagine: i preadolescenti e il rapporto con la diversità Obiettivi del percorso formativo - consapevolezza dei ragazzi delle proprie risorse personali; - favorire il confronto e lo scambio di esperienze tra il gruppo dei ragazzi; - assunzione di responsabilità nei confronti della scuola Numero incontri In media circa 50 incontri di 1,5 ore caduno Tempi Ottobre 2002 - Maggio 2003 Ruolo Mediatore Culturale Introduzione di punti di vista differenti nel gruppo dei ragazzi e degli operatori. Non è entrato direttamente all'interno di questa attività Ruolo Operatori del Centro Gestione diretta dell'attività con i ragazzi (stimolo, supporto) e con la scuola (collaborazione con insegnanti) Materiali necessari/ - fotocopie, riviste, materiale di cancelleria; - libri di animazione e giochi di ruolo, libri-cartine geografiche - nastri audio e audiovisivi e relativa strumentazione prodotti:Relazione finale del questionario, elaborazione dei dati, tabelle e grafici. Considerazioni Descrizione attività La fase (Ottobre- Dicembre) di preparazione, si è concretizzata nell'organizzazione di attività e laboratori focalizzati sulla scoperta dell'identità personale all'interno del gruppo dei ragazzi (personalità e diversità). Sono stati proposti giochi di ruolo e di interazione e la visione di filmati. Il laboratorio musicale ha permesso di conoscere i diversi generi musicali di diverse culture, quello di oggettistica di realizzare oggetti etnici e quello di cucina di realizzare piatti tipici di differenti aree geografiche. In una seconda fase (da Gennaio a Marzo) si è lavorato sulla scoperta dell'identità culturale dei preadolescenti attraverso la collaborazione con la scuola media Vida- Pertini, al fine di elaborare un'indagine statica sul mondo della preadolescenza. Operatori e i ragazzi hanno elaborato un questionario rivolto alle classi 3^, volto a sondare i loro interessi sul tempo libero (sport, musica, tv, moda) e nel rapporto con i coetanei e le persone di culture diverse. Nella terza fase, la relativa elaborazione statistica ha permesso di divulgare i risultati ottenuti alle diverse agenzie educative del territorio. Cambiamenti riscontrati nel gruppo: assunzione di responsabilità dell'impegno preso nei confronti con "l'esterno" (scuola); e protagonismo "indiretto" nelle relazioni quotidiane con i coetanei tra i singoli: Maggiore consapevolezza della fatica e dell'impegno necessario per conseguire dei risultati, la valorizzazione delle abilità e competenze personali, relazionali e tecniche (saper disegnare, scrivere bene, utilizzare il PC) tra gli Operatori: accettazione delle differenze portate dai ragazzi e dal mediatore, con il conseguente "arricchimento professionale"; ha favorito la chiarezza tra gli operatori e di conseguenza l'organizzazione e la proposta ai ragazzi; ha modificato la struttura delle attività, che dall'essere programmate dagli operatori sono state concordate di volta in volta con il gruppo dei ragazzi. Questo ha richiesto maggiore dialogo, confronto, pazienza, coinvolgimento. tra i genitori: non sono stati coinvolti direttamente e con difficoltà si interessano all'attività realizzata nel CAM. Hanno espresso indirettamente il gradimento dei loro figli. sul territorio(paese/quartiere): è stata formalizzata e strutturata la collaborazione tra la Scuola Media "Vida-Pertini" ed il CAM; condivisione dei risultati del questionario con parrocchie, Associazioni e Gruppi di volontariato e le famiglie, per stimolare il confronto sulla preadolescenza e sul relativo ruolo genitoriale Strumenti di rilevazione dei cambiamenti: confronto di equipe nel gruppo degli operatori; confronto e dialogo continuo degli operatori con i singoli ragazzi Questionario: I preadolescenti e la diversità 23. Conoscere le lingue straniere è importante: A. perché mi permette di conoscere altre persone B. perché mi permette di conoscere altre culture C. per aumentare le mie conoscenze D. per non restare bocciati a scuola totale % maschi % femmin e % autorita ri % mediato menefeg ri % histi % 59 31,6 23 25 36 37,9 12 34,3 40 33,1 7 22,6 41 21,9 19 20,7 22 23,2 5 14,3 29 24 7 22,6 66 35,3 36 39,1 30 31,6 14 40 42 34,7 10 32,3 19 10,2 12 13 7 7,4 4 11,4 8 6,6 7 22,6 non risposto 2 1,1 2 2,2 0 0 0 0 2 1,7 0 0 tot risposte 187 100 92 100 95 100 35 100 121 100 31 100 27. Se dovessi abbandonare l’Italia per andare in cerca di una vita migliore, come immagini di essere accolto in un'altra Nazione? totale % maschi % femmin e % 35 18,7 15 16,3 20 21,1 6 17,1 27 22,3 2 6,5 58 31 30 32,6 28 29,5 16 45,7 33 27,3 9 29 6 3,2 3 3,3 3 3,2 1 2,9 4 3,3 1 3,2 D. Non saprei 87 46,5 43 46,7 44 46,3 12 34,3 57 47,1 18 58,1 non risposto 1 0,5 1 1,1 0 0 0 0 0 0 1 3,2 tot risposte 187 100 92 100 95 100 35 100 121 100 31 100 A. Bene e cordialmente B. Avrei difficoltà ad inserirmi C. Sarei trattato male perché considerato “diverso” autoritar i % mediato ri % menefeg histi % Grafico 1 sei un ragazzo 45 38,6 40 35 30 29,2 30 %autoritari 22,9 25 20,8 20,4 18,2 20 18,7 %mediatori 18,2 %menefreghisti 15,9 14,6 15 12,5 10 10 11,4 6,8 4,5 5 2,3 2,1 2,1 0,6 0 0 tranquillo aggressivo intrapendente con buone capacità comunicative coraggioso timido non risposto Centro Attività Minori "V.I.D.E.S. 2000 O.N.L.U.S" ELEMENTARI - Casa M. Ausiliatrice Numero Operatori 3 Numero Bambini 49 Titolo esperienza o attività Favolando racconti di esperienze Obiettivi del percorso formativo - collegamento delle attività scuola- CAM ed unitarietà educativa - conoscenza di culture "altre" - educazione all'ascolto e alla narrazione (sviluppare abilità comunicative Numero incontri 2 incontri dei mediatori a scuola e 6 al CAM e momenti settimanali al CAM Tempi Gennaio- Maggio 2003 Ruolo Mediatore Culturale Introduzione e trasmissione di conoscenza dell'Albania e Marocco e collegamento pratico tra il CAM e la Scuola Ruolo Operatori del Centro Gestione dell'attività con i bambini, raccordo con l'intervento dei mediatori al CAM e con l'attività didattica delle terze elementari Materiali Necessari/ - fogli, cartoncino, colla, forbici, colori - materiale di recupero (fogli, cannucce, rami, bottoni) - registratore, PC, cassette audio - recupero di materiali "sonanti" Prodotti: LIBRONI: "La formica e l'alberello" (favola Albanese); "Mamma capra, i tre capretti e il lupo" (Albanese); "La Castagnata". CD audio di storie sonore: "Giuha e il ladro" e "La creazione dei deserti" (favole magrebine) Descrizione attività: Partendo dalla narrazione dei mediatori di quattro storie (2 albanesi e 2 marocchine), presentate ai bambini delle classi terze e a quelli del CAM il lavoro è stato così suddiviso: DISEGNO - Scuola: realizzazione iconografica delle fiabe con relative sequenze. - CAM: montaggio dei libri con particolare attenzione alla realizzazione delle copertine eseguite con la tecnica del "collage", e alle pagine personalizzate dai bambini. SUONI - Scuola: registrazione delle fiabe narrate dai bambini. - CAM: ricerca e "costruzioni" di rumori da inserire alla narrazione. Nel CAM sono stati costituiti "gruppi di lavoro" misti, dove ai grandi (4° e 5°) sono stati affidati incarichi di responsabilità. Cambiamenti riscontrati nel gruppo: Il gruppo è stato stimolato a lavorare insieme. Responsabilizzazione dei più bambini grandi nell'auto-organizzazione del lavoro pratico.Sviluppo della creatività. tra i singoli: Sono state valorizzate le abilità dei singoli tra gli Operatori: Ha favorito la chiara distinzione di ruoli e maggior coordinamento tra i genitori: Non c'è stato coinvolgimento diretto, ma restituzione indiretta del lavoro svolto globalmente. sul territorio (paese/quartiere): Collegamento forte con le insegnanti delle Terze della Scuola Elementare "U. Sacco" e reciproco riconoscimento. Strumenti di rilevazione dei cambiamenti: L'osservazione degli operatori in merito alla partecipazione ed al coinvolgimento dei bambini. Da “LA CREAZIONE DEI DESERTI” Narratore: Solo dove gli uomini hanno osservato le leggi di Allah ci sono ancora ruscelli e palmeti … e la non può cancellarli, ma li circonda come il mare l’isola. Questi luoghi si chiamano oasi e gli uomini si fermano per trovare acqua, cibo e riposo, ricordando ogni volta le parole di Allah: Tutti: Non trasformerete il mio mondo verde in un deserto infinito. Centro Attività Minori NEIVE Numero Operatori2 Numero Ragazzi Titolo esperienza Laboratorio di creatività: produzioni di giochi(maschere del mondo, bambole, …) Obiettivi del percorso formativo - Conoscenza delle diverse realtà del territorio e dei paesi stranieri, -, aiutare i bambini alla conoscenza delle diverse tradizioni e delle diverse culture Numero incontri 10 incontri con i mediatori culturali Tempi: Dicembre – aprile Ruolo Mediatore Culturale Promotore delle attività Ruolo Operatori del Centro Collaboratori e aiuto nella conduzione del gruppo Materiali Necessari - Cartoncini colorati, colla, forbici, pennarelli, stoffa, fili spilli, pennarelli Prodotti: Bambole in stoffa, maschere del mondo, decorazioni natalizie Descrizione attività: MASCHERE:Ogni bambino ha scelto il proprio personaggio (indiano, cinesino, africano) e con l’aiuto delle operatrici hanno realizzato il loro piccolo progetto. BAMBOLE: scelta della stoffa, creazione della testa con una calza, dipingere il volto, creazione del vestito con l’aiuto di fili di lana, spilli, bottoni Cambiamenti riscontrati nel gruppo: Crescita dell’interesse per l’attività. tra i singoli: Sono state valorizzate le attività dei singoli tra gli Operatori Collaborazione positiva con la mediatrice, rapporto empatico moto buono, collaborazione piena per ogni tipo di attività scelta. tra i genitori Sono stati organizzati diversi momenti di incontro con feste e balli in cui i genitori hanno partecipato come spettatori ed hanno apprezzato molto facendo numerosi complimenti per l’attività svolta. sul territorio (paese/quartiere) Coinvolgimento del paese per le feste di Natale, Carnevale e Pasqua; sono intervenuti sempre il triplo dei bambini iscritti al CAM con relativi familiari. Strumenti di rilevazione dei cambiamenti Osservazione, ascolto, N° dei partecipanti alle attività proposte Centro Attività Minori MUSSOTTO ELEMENTARI Numero Operatori 2 Numero Ragazzi 32 Titolo esperienza La fiaba Obiettivi del percorso formativo Acquisizione di semplici regole di convivenza tra le diverse culture e religioni, conoscenza delle diverse realtà del territorio, aiutare i bambini alla conoscenza dei reali problemi dei paesi sottosviluppati. Numero incontri 15 incontri con il mediatore culturale Tempi: Novembre-Maggio Ruolo Mediatore Culturale Sostegno nelle attività e aiuto nella conduzione del gruppo Ruolo Operatori del Centro Conduzione delle attività Materiali Necessari: Videocassette, cartelloni e materiale da disegno, pasta e sale Prodotti Oggetti di pasta e sale, fascicoli con disegni rilegati riguardanti le fiabe. Una fiaba nuova inventata dai bambini allo scopo di produrre un piccolo teatro. Descrizione attività 1° fase: visione di videocassette su favole italiane e albanesi allo scopo di riscontrare affinità e differenze. Rappresentazione delle favole sotto forma di disegni e oggetti in pasta e sale. 2° fase: invenzione di una favola allo scopo di una rappresentazione teatrale dove i bambini interpreteranno i personaggi della storia. Cambiamenti riscontrati nel gruppo: Nessuno tra i singoli: Alcuni bambini fanno domande su altre religioni attratti proprio dalle differenze con la propria. tra gli Operatori: Maggiore sensibilità alle differenze culturali riscontrabili nella vita quotidiana tra i genitori:Nessuno sul territorio(paese/ quartiere): Coinvolgimento della scuola Strumenti di rilevazione dei cambiamenti: Osservazione, ascolto Centro Attività Minori MUSSOTTO MEDIE Numero Operatori3 Numero Ragazzi Titolo esperienza Laboratorio di cucina e di ballo – labor. Film Obiettivi del percorso formativo Avvicinamento a culture diverse nel rispetto delle differenze Numero incontri15 Tempi Mercoledì dalle 16.30 alle 18.00 a partire dal 7.12.02 a fine aprile Ruolo Mediatore Culturale Sostegno all’operatore nella conduzione dell’attività Ruolo Operatori del Centro Conduttore dell’attività Materiali Necessari Ingredienti necessari, la cucina della parrocchia con tutti gli annessi computer, video cassette, materiale di cartoleria, cd musicali … Prodotti Libretto di ricette di cucina, balletto, scenette, cartelloni, oggetti Descrizione attività Un giorno a settimana, il mercoledì dalle 16.30 alle 18.00, il gruppo si divide in due sottogruppi: uno scende in cucina per preparare una ricetta che di volta in volta viene proposta da un ragazzo. La ricetta deve rispondere ad alcuni requisiti quali l’origine di essa, i significati che essa ha per il ragazzo. L’altro gruppo prepara un balletto, aiutato dagli operatori. L’idea originale è dei ragazzi, gli operatori coordinano solo l’attività di pasta al sale Cambiamenti riscontrati nel gruppo: Alcuni cambiamenti sono stati rilevati, in particolare non tanto collegati al progetto, ma al lavoro quotidiano fato dagli operatori. tra i singoli: Nel ragazzino di nazionalità marocchina il cambiamento rilevato è negativo: durante l’attività ha disturbato e si è opposto più volte al mediatore e all’attività proposta. tra gli Operatori: Una rivalutazione della diversità dovuta non tanto al progetto, ma allo stare con i ragazzi giorno dopo giorno. tra i genitori: Una maggiore presa di coscienza della diversità, aiutati in questo in particolare dagli operatori. sul territorio(paese/quartiere): Coinvolgimento della scuola. Strumenti di rilevazione dei cambiamenti Osservazione, diari MAKHROUD CON LE MANDORLE RICETTA TUNISINA INGREDIENTI · · · · · · 1 Kg di farina tipo 00 4 uova fresche 300 g di burro o margarina 300 g di mandorle macinate acqua di fiore o di rosa zucchero a velo PREPARAZIONE Sciogliere il burro a bagno maria. Rompere le uova. Mescolare la farina con le uova e il burro riscaldato. Mescolare aggiungendo l’acqua tiepida. Mettere la pasta a riposare dopo averla coperta con la carta stagnola (così non si raffredda). Mescolare le mandorle macinate con l’acqua di fiore e lo zucchero a velo. Dividere la pasta stirata e riempirla in mezzo con le mandorle macinate. Chiudere e tagliare a pezzettini. Mettere nel forno per 30 minuti. Farlo passare appena uscito dal forno nello zucchero a velo. Centro Attività Minori CAMPUS MAGLIANO Numero Operatori1 Numero Ragazzi Titolo esperienza Sale colorato e fiori Obiettivi del percorso formativo Creare omogeneità nel gruppo Numero incontri: Circa 10 Tempi: un giorno a settimana Ruolo Mediatore Culturale Tramite tra i bambini, aiutandoli maggiormente a capirsi Ruolo Operatori del Centro Sostegno ai bambini Materiali Necessari Sale, coralli, calze, ferro Prodotti Bottiglie sale colorato, fiori con calze e perline Descrizione attività Sono state create le bottiglie con il sale colorato, con i gessetti ed i fiori con l’assemblaggio di più parti. Cambiamenti riscontrati nel gruppo: nel gruppo non si rilevano cambiamenti particolari tra i singoli: in alcuni ragazzi si sono rilevati cambiamenti notevoli, in altri un po’ meno tra gli Operatori: Una maggiore consapevolezza della difficoltà nell’operare con i bambini tra i genitori: Poco o nullo sul territorio(paese/quartiere): Poco o nullo Strumenti di rilevazione dei cambiamenti Incontri, discussioni Centro Attività Minori Numero Operatori1+1 Numero Ragazzi Titolo esperienza Attività creative + compiti Obiettivi del percorso formativo Conoscenza di altri paesi Numero incontri9 Tempi2 ore Ruolo Mediatore Culturale Operatore Ruolo Operatori del Centro Seguire nel fare i compiti e proporre attività creative Materiali Necessari Carta, colla, colori Prodotti Sale colorato, bandiere, fiori Descrizione attività Costruire oggetti Cambiamenti riscontrati nel gruppo Più affiatamento tra i singoli Più disponibilità tra gli Operatori Più collaborazione tra i genitori sul territorio(paese/quartiere) Strumenti di rilevazione dei cambiamenti Osservazione del gruppo Centro Attività Minori Campo Verde “Cristo Re” Numero Operatori 3 Numero Ragazzi Titolo esperienza All’interno di un progetto esistente Obiettivi del percorso formativo Numero incontri Il giovedì pomeriggio (2 ore circa) Tempi Per tre mesi Ruolo Mediatore Culturale Aiuto animatore Ruolo Operatori del Centro Conduttori dell’attività Materiali Necessari Prodotti Descrizione attività Cambiamenti riscontrati nel gruppo I ragazzi hanno compreso il ruolo del mediatore ma a scuola in tra i singoli questo contesto di Cam non l’hanno vissuto nel suo ruolo specifico tra gli Operatori ma come un operatore normale, nessuno si è rifiutato di lavorare tra i genitori con lui ed il suo lavoro è sul territorio(paese/quartiere) stato “facilitato” da un percorso già preimpostato Strumenti di rilevazione dei cambiamenti da I CINQUE SOVRANI Sul palcoscenico è visibile un televisore, un gruppo di bambini è seduto in platea. Dal televisore si sente lo speaker che annuncia il telegiornale con notizie di guerre nel mondo. (Luce in palcoscenico) LAURA Ragazzi! Nel laboratorio di oggi lavoreremo con la carta pesta, l’avete impastata bene? 1° BAMBINO Ma Laura, puzza di aceto! Che schifo! LAURA Figuriamoci! Fosse puzza di piedi …… ma è solo aceto! Dai, muoviamoci! (Salgono sul palcoscenico) (I bambini si siedono davanti al televisore) 2° BAMBINO Laura cosa vuol dire conflitto? LAURA Conflitto ……Vuol dire quando non si va d’accordo, come tra due compagni che bisticciano, ma anche quando c’è incomprensione tra un gruppo di persone e l’altro, tra popoli di diverse culture e razze che non si apprezzano. 1° BAMBINO Allora anche tra neri e bianchi, tra cristiani e mussulmani. LAURA Il conflitto nasce quando non c’è la volontà di rispettarsi a vicenda. 3° BAMBINO Ma i popoli del mondo sono tanti, ognuno con la propria cultura …… Allora vuol dire che tutto il mondo è in conflitto! LAURA E’ vero quello che dici, ma sta ad ognuno di noi ragionare sulle diversità che abbiamo perché ognuna di esse arricchisce l’altro. 2° BAMBINO Io quando vedo i telegiornali con i miei genitori si parla sempre di guerre …… (Buio in scena) (Musica di sottofondo e ingresso della danzatrice) GLOSSARIO Educazione La parola educazione indica la maturazione che riguarda tutte le dimensioni della persona umana promossa da tutte le risorse, le occasioni ed i punti di vista disponibili. L’educazione può essere intesa come istruzione e come formazione. Per istruzione si intende come stanno veramente i fatti e si parla di una competenza e di una razionalità teorica. Per formazione si intende invece come questi fatti e nozioni teorici possono e debbono diventare, per questo si parla di competenza e razionalità pratica. L’educazione è legata al concetto di sviluppo come insieme di cambiamenti che hanno luogo in un organismo; questi cambiamenti possono essere causati da fattori biologici ed ambientali. Grazie all’educazione l’uomo cresce e diviene. Cresce dove si trasforma, seguendo un ordine necessario per il quale nessuna scelta deve essere compiuta. Cresce ogni singolo elemento. L’uomo diviene quando il suo sviluppo tende a realizzare una forma che egli sente e riconosce quale suo ideale. Partecipazione che deve tradursi in una libera adesione. E’ la totalità dell’uomo che diviene. L’educazione dei bambini spetta in primo luogo alla famiglia che si deve impegnare a trasmettergli, attraverso una relazione di amore incondizionato, affetto, competenze per acquisire un comportamento adeguato, aspetti morali e valori, conoscenze di base per permettere al bambino di relazionarsi con il mondo esterno. L’istituzione scolastica è anch’essa importante per l’educazione dei fanciulli. Oltre che istruire la scuola deve infatti educare a vivere in armonia con la società, trasmettendogli valori e modelli di riferimento. Troppe volte invece la scuola favorisce la memorizzazione pedestre di nozioni e concetti, tralasciando tutti gli aspetti emotivi e relazionali del bambino. E’ a questo proposito che si inserisce la figura dell’educatore. Questa figura professionale punta infatti al raggiungimento, non tanto di nozioni, quanto alla promozione della socialità e degli aspetti emotivi e relazionali del fanciullo. L’educatore deve porre attenzione alla persona nella sua globalità, alla valorizzazione delle risorse e al recupero delle potenzialità e dell’espressione (lavoro pedagogico). Deve inoltre promuovere lo sviluppo della partecipazione degli individui, dei nuclei familiari degli ambiti relazionali e comunitari. Pone attenzione alla dimensione dell’ascolto e al valore della libertà delle persone. L’educatore interviene per dar senso e significato all’esperienza (aspetto educativo) e media con la realtà di riferimento, introducendo elementi di flessibilità. E’ di sua competenza valorizzare la dimensione informale della vita delle persone e dei gruppi sociali. Etnia “L’invenzione delle etnie è il risultato dell’azione congiunta degli amministratori coloniali, degli etnologi di professione e di persone che univano in sé entrambe le qualifiche”.L’antropologia culturalista americana ha avuto il merito di evidenziare la specificità delle diverse società umane e di sostenere che ciascuna di esse sviluppa un proprio sistema di valori, non necessariamente riducibili a quelli occidentali. Identità e alterità La cultura delinea in modo provvisorio un’identità fluida, incoerente, costantemente messa in discussione sia all’interno sia all’esterno del gruppo. La cultura di una comunità è una produzione storica e politica, il risultato del confronto-scontro tra chi ha la facoltà di assegnare nomi, caratteristiche e ruoli sociali e chi vuole e può accettarli, riformularli o respingerli. “La cultura è continuamente oggetto di lotta politica, una lotta per il riconoscimento che si traduce in una riclassificazione incessante”. La cultura è come un’area di confine, in cui le diversità emergono e sono negoziate “non si deve immaginare la cultura come uno spazio che abbia delle frontiere ed un territorio interno. Il regno della cultura non ha un territorio interno ma è interamente distribuito lungo le frontiere. Esse passano dappertutto, attraversano ogni suo aspetto. Ogni atto culturale vive essenzialmente sulle frontiere; in questo sta la sua serietà e il suo interesse. Astratto dalle frontiere esso diventa vuoto, arrogante e finisce con il degenerare e morire”. I fondamentalisti irrigidiscono le frontiere sia fisiche sia simboliche, che vedono come fortificazioni dietro cui difendersi dal contatto con altri gruppi umani e non come zone in cui possono avvenire scambi preziosi. Il possesso esclusivo del territorio e dei suoi simboli più pregnanti è l’ossessione dei gruppi chiusi, che vedono nella presenza di altri gruppi una minaccia per la propria purezza e identità culturale. Al contrario, una società dinamica è capace di ridefinire incessantemente i propri simboli e i propri spazi. Nella realtà quotidiana la cultura di una data comunità non appare mai come qualcosa di univoco e compatto, ma “si scioglie in un insieme di pratiche conflittuali o pacifiche di cui gli attori sociali si servono per rinegoziare continuamente la loro identità. Fissare tali pratiche conduce a una visione essenzialista della cultura, che, al limite, è una forma moderna di razzismo”. L’identità si forma nella relazione che l’individuo instaura con il suo gruppo di appartenenza in cui si passa da un rapporto fusionale con l’altro ad una differenziazione e una percezione di sè. Può apparire una sintesi dell’io, viene costruita gradualmente, e porta la persona a riconoscersi con un io autonomo. Secondo Erikson l’identità si basa su tre fasi evolutive: • Continuità come percezione che ogni individuo ha rispetto alle esperienze precedenti e a quelle nuove che deve • Coerenza, ossia mantenere un livello di compatibilità tra le nuove esperienze e quelle precedenti; • Integrità come percezione integrata di sé. affrontare; Mandukian afferma che l’individuo è composto di istanze diverse, che si organizzano per costituire la sua identità. Mentre ci sono differenti status che non sono stati scelti (sesso, famiglia) altri sono scelti e costruiti nell’arco della propria esistenza (lavoro, religione). L’individuo costruisce il proprio sé grazie alle informazioni che gli rimanda l’altro. Ogni status, infatti, pur volontariamente desiderato da un individuo, deve essere in realtà dato e riconosciuto dal gruppo sociale. L’individualità non può essere intesa come la semplice somma degli status e dei ruoli assunti da una persona, è un qualcosa di più e deriva dalla pluralità delle identità di status accumulate da un individuo nel corso della sua vita, interagendo in contesti diversi. Assaggioli sostiene che in ogni individuo esiste una “molteciplità” dovuta alla somma dei fattori che confluiscono in ognuno di noi, ossia quelli ereditari, familiari, comportamentali, personali, derivanti sia dall’interno sia dall’esterno. Quindi sia individuali sia collettivi. Ognuno di questi elementi “è qualcosa di vivo, quasi un’entità psichica e come tale, tende a svilupparsi e ad affermarsi”. Multicultura La multiculturalità descrive situazioni di società dove coesistono realtà pluriculturali e plurilingue. In genere il passaggio migratorio è stato Sud-Nord ma in questi ultimi anni è anche Est-Ovest. Essa rappresenta la base su cui è possibile costruire l’interculturalità che implica scambio, relazione poiché non cancella l’identità di nessuno dato che l’apertura verso il diverso rafforza la propria identità culturale e infatti è l’insicurezza che genera paure, ci fa chiudere ed essere razzisti. Occorre quindi la creazione di un pensiero nomade. Una società multiculturale è uno spazio di scambi, di confronto e di influenzamento reciproco fra i gruppi che ci vivono. Una cultura viva non è sempre uguale a se stessa, ma è frutto di “un dialogo aperto e creativo tra sottoculture, tra interni ed esterni, tra fazioni diverse. La problematica del multiculturalismo non consiste nel riconoscere la giustapposizione di gruppi reciprocamente impermeabili, ma nel promuovere una costante ridefinizione di sé nell’incontro con l’altro: “Niente sarebbe più catastrofico, intellettualmente e politicamente, di un riferimento vago e debole alla società detta multiculturale, cioè a culture concepite come totalità chiuse e compiute, oggetti, secondo le circostanze, di rispetto o di esclusione”. Intercultura Processo di apprendimento e interiorizzazione dei modelli culturali da parte dell’individuo. Sono processi consapevoli e inconsapevoli attraverso cui i nuovi nati di un dato gruppo socio-culturali vengono integrati nella cultura del gruppo stesso, ne assorbono le conoscenze. L’interculturazione rappresenta un campo di studi difficile da circoscrivere per la complessità delle situazioni che descrive, come ad esempio la formazione della personalità, la trasmissione della cultura, processi di interiorizzazione meccanismi psicologici dell’apprendimento. E’ un intrecciarsi dinamico delle relazioni che si stabiliscono tra singoli membri e gruppi implica in sé il dialogo strumento necessario alla realizzazione di una educazione comparata, esso apre la possibilità di creare un nuovo “paesaggio culturale” poiché permette di porre in discussione la propria centralità la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 si muove appunto in questa direzione. Paesi come la Gran Bretagna a partire dagli anni ’80 hanno una politica educativa che si muove in questa direzione, anche legislativamente con il Race Relations Act (1976) e con il Rapporto Swann (1985). L’Italia come la Germania sono paesi tardivi rispetto alla dimensione interculturale, entrambi si sono mossi solo con la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 con le prime grandi ondate di immigrazione. E’ importante realizzare una educazione alla cittadinanza per sopperire alla carenza di senso civico dato che attualmente in Italia sono presenti ben 156 nazionalità diverse, tutte presenti a Milano, con in primis immigrati albanesi. Seguono a ruota Roma, Brescia e Torino. Negli ultimissimi anni c’è un maggiore decentramento, gli stranieri tendono a spostarsi dalle metropoli preferendo piccole realtà urbane. Esistono tre diversi modi di affrontare la presenza di persone diverse dalla propria nazionalità: • Monoculturalismo: atteggiamento che si fonda sulla cultura omogenea e sul suo mantenimento. In genere è sempre la cultura maggioritaria. • Pluralismo culturale: nucleo culturale accettato da tutti, ma solo nella sfera privata. • Multiculturalismo: riconoscimento di culture diverse dalla propria sia nella sfera privata, sia nella pubblica. Il multiculturalismo ha poi cinque accezioni: • Neoculturalismo temperato: dà priorità ai diritti individuali, accetta le differenze nel rispetto dei diritti singoli • Radicale essenzialista: dà priorità ai diritti collettivi e alle differenze • Radicale comunitario: dà priorità ai diritti collettivi subordinando quelli individuali • Critico: dà priorità alla sfera politica, le diversità sono usate per evidenziare le contraddizioni economiche • Neomercantilista: usa le differenze a fini consumistici, di globalizzazione I due radicalismi sono pericolosi poiché asseriscono che l’interesse del singolo è annullabile di fronte a quelli della comunità, chiude il singolo di forza dentro a una comunità impedendogli di scegliere e quindi ghettizzandolo rafforzando le visioni stereotipate verso le persone “diverse” e al di fuori dalla propria comunità di appartenenza. Poiché il razzismo ha due facce, ma della medesima medaglia: quello basato sull’esclusione e quello basato sull’assimilazione. L’Italia sta muovendo solo ora i primi passi verso una prospettiva interculturale, fino ad oggi si è mosso in una prospettiva multiculturale, data la presenza di realtà pluriculturali al suo interno, quindi di accettazione passiva della situazione ma, è ancora distante dal realizzare un reale incontro tra le diverse culture. Acculturazione Si riferisce alle relazioni esistenti tra più culture. Avviene quando due o più culture vengono ad incontrarsi o scontrarsi producendo un cambiamento in entrambe. Rappresentano una serie di azioni consapevoli. Gli antropologi inglesi preferiscono parlare di contatto o trasformazione culturale, mentre quelli francesi di incontro o interpretazione culturale. Cultura Insieme delle idee e dei comportamenti appresi, che gli esseri umani acquisiscono come membri di una società. E’ usata da una società per adattarsi al mondo che la circonda. Il termine cultura viene usato per descrivere un attributo della specie umana, mentre culture usato per descrivere le varie tradizioni, idee, valori. Elenco Operatori C.A.M. Negro Silvia, Fogliati Erika, Chiolerio sr. Carla e Racca Monica (CAM VIDES 2000 Moretta – Elementari) Bellomo Fabio, Grasso Silvia e Matera Daniela (CAM VIDES 2000 S.Margherita - Medie) Lavagna Dino, Marengo Laura e Schinca Roberto (CAM Campo Verde Cristo Re) Soave Tiziana, Lusso Silvana, Benvegnù Chiara,Pesci Matteo,Stella Anna (CAM Duomo) Alvisa Loredana, Gallo Sonia e Troiano Emilianna (CAM Mussotto Elementari) Demichelis Pier e Di Cristo Loredana (CAM Mussotto Medie) Quaglia Cristina, Binello Ester (CAM Corneliano Medie/Elementari) Desirò Gabriella, Calmiera Francesca (CAM Neive) Tarabra Erik, Marsero Chiara, Sibona Oriana (CAM S. Stefano Roero) Roncea Angelique (CAM Vezza d'Alba) Aloi Sara, Casetta Alice, Gorgerino Sara, Tachis Silvia (CAM Montà d'Alba Medie - Elementari) Roggia Isabella (CAM Novello Medie - Elementari) Porello Mara, Genta Andrea, Calorio Giuditta (CAM Canale Medie - Elementari) Bongiovanni Pamela, Parise Giorgia (CAM Treiso Medie) Pozzi Nicoletta, Mollo Daniela (Doposcuola Piobesi Elementari) Danusso Paola, Landolfi Germana, Marchisio Felicita, Marello Giovanna, Pavesio Giada, Ragazzo Laura (CAMPUS Priocca) Borelli Maria Luisa, Trinchero Iolanda, Virgallita (CAMPUS Magliano) Vanno ricordati, anche se non è possibile nominalmente, tutti i volontari; le tirocinanti del Liceo “L.da Vinci” di Alba; i tirocinanti: delle Scuole per educatori, del Corso di riqualifica per educatori e della facoltà di Scienze dell’educazione. Elenco Enti gestori C.A.M. Associazioni di Volontariato: “Sandro Toppino” Cristo Re Alba, “V.I.D.E.S. 2000” Maria Ausiliatrice e Parrocchia S.Margherita Alba; Circolo “ARCI Cinema Vekkio”; Parrocchie: della Cattedrale “S.Lorenzo” di Alba, “Natività Maria S.S.” Mussotto d’Alba, “S.Vittore” Canale, “S.Antonio Abate” Montà d’Alba, “del Patronato di S.Giuseppe N.S. delle Grazie” Neive, “S.Maria del Podio” S.Stefano Roero, “S.Martino” Vezza d’Alba, “S.Michele Arcangelo” Novello, “S.Giuseppe” Castagneto; Cooperative: Ro & Ro, Tingolo (che hanno fornito parte del personale); Un ringraziamento alle Scuole che in generale collaborano con questa iniziativa ed in particolare quelle che ci forniscono i locali: Scuola di Canale, Montà d’Alba; nel caso del Progetto CAMPUS anche la parte organizzativa – gestionale: Scuola di Priocca e Magliano. Gruppo di lavoro Consorzio Socio Assistenziale Alba – Langhe – Roero Anolli Luca, Baracco Luisa e Donatella Boffa (educatori professionali Area Territoriale Alba-Grinzane Cavour) Fissore Silvana ed Enrico Francesca (educatori professionali Area Territoriale Sinistra Tanaro) Deflorian Simone, Gallo Silvia e Tibaldi Enrica (educatori professionali Area Territoriale Destra Tanaro) Comune di Alba - Servizio Stranieri (in convenzione con la Cooperativa Sociale ORSO) De Vitto Emilio (Coordinatore progetto "Mille volti una sola umanità") Lafi Kadri e Xhanxhafili Marina (mediatori culturali progetto "Mille volti una sola umanità") un grazie: ai bambini e ragazzi del C.A.M. con i loro genitori a Panero Anna, Bruno Angela, Cauda Elisa e Quassolo Eliana ai numerosi volontari dei C.A.M. in particolare al Centro di Lavoro Protetto - Mussotto per l'assemblaggio e rilegatura.