AGENZIA DELLA CGIL VENETO VENETOLAVORO fondata da Marco Masi Agenzia della CGIL del Veneto Anno XVII n. 15 del 21 luglio 2008 Dir. resp. Simonetta Pento Aut. Trib. di VE n. 1190 del 15.5.95 Redazione via Peschiera 5 30174 Mestre VE [email protected] - Stampa CPSS Mestre Venezia SISTEMA PRODUTTIVO VENETO PRIME AVVISAGLIE DI DIFFICOLTÀ Nel Veneto, a fronte di una crescita rallentata (per il 2008 la crescita del pil è stimata al di sotto dello 0,7%), ad una bassa dinamica salariale e ad una diminuzione dei consumi, si sta determinando una situazione di particolare sofferenza soprattutto nel manifatturiero e nei settori maggiormente esposti alla domanda interna. L'osservatorio della Cgil regionale sulla cassa integrazione e sulle crisi aziendali presenta per i primi sei mesi dell'anno un quadro tutt'altro che roseo, dopo i segnali negativi già affacciatisi nel 2007. In particolare: aumentano ancora le imprese ma è crescita zero nel manifatturiero: se sul piano generale il numero delle iscrizioni resta ancora superiore a quello delle cessazioni aziendali, nel comparto manifatturiero siamo vicini alla crescita zero. E' il dato peggiore mai registrato dal 2005, anno in cui è giunta a termine la pesante ristrutturazione che ha visto sparire dal Veneto interi agglomerati di attività a basso valore aggiunto, anche come conseguenza delle delocalizzazioni. Cassa integrazione a livelli record: da gennaio a maggio 2008 le ore di cassa integrazione erogate in Veneto sono state 5.040.097, pari al 33,45% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (in valori assoluti l'incremento è di 1.263.350 ore). L' impennata riguarda sia la cassa integrazione ordinaria (1.424.523 ore, con un aumento del 61,90% rispetto al 2007) che quella straordinaria, legata prevalentemente a ristrutturazioni e crisi aziendali, che raggiunge quota 3.615.574 ore in 5 mesi con un balzo del 24,81% sul 2007. Si tratta di cifre record che vedono la nostra regione distaccare considerevolmente la media nazionale (+20,19% per la cassa integrazione ordinaria e +2,06 per quella straordinaria in Italia) e posizionarsi in testa alla classifica delle regioni più esposte, assieme a Friuli, Marche ed Emilia Romagna, tutte aree con strutture produttive similari alla nostra. All'ammontare delle ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) corrispondono oltre 10.000 lavoratori che per un mese non hanno lavorato affatto, vedendo così significativamente decurtato il proprio reddito. L'andamento della cassa integrazione, al rialzo da inizio anno, progredisce col passare dei mesi e a maggio conosce un' ulteriore impennata, avanzando di ulteriori due punti rispetto al primo trimestre 2008 quando l'incremento delle ore sull'analogo periodo del 2007 era stato del 31,3% Quanto ai settori, la cassa integrazione cresce ovunque con la punta più alta nel metalmeccanico (2.078.325 ore nei soli primi 3 mesi ed un + 40% rispetto al primo trimestre 2007) e nella chimica (364.711 ore nel 2008 contro le 12.735 del 2007). Balzi elevati si registrano in produzioni come legno, pelli e cuoio, carta, mentre la crisi non risparmia nemmeno il comparto dei servizi dove le ore sono più che raddoppiate, passando da poco più delle 40.000 del 2007 alle quasi 100.000 del 2008. Segue a pag. 2 ANCORA ALL'ATTACCO PER DESTRUTTURARE LAVORO E CONTRATTAZIONE Tra gli interventi previsti nel Decreto Legge n. 112 del 25/6/2008, il cosiddetto "Pacchetto Sacconi" sul lavoro rappresenta, sia nel merito che nel metodo, un inaccettabile attacco al ruolo della contrattazione collettiva e una riduzione delle tutele dei lavoratori, a tutto vantaggio degli interessi delle imprese, al punto da chiedersi se ha ancora senso chiamarlo Ministro del Welfare. Questi primi provvedimenti (assieme alla detassazione degli straordinari) erano già in parte stati annunciati nel corso della campagna elettorale e contenuti nel programma di Governo. Essi rappresentano un'anticipazione del "nuovo corso del diritto del lavoro" che il Ministro del "Welfare" ha preannunciato nel corso delle audizioni alla Camera e Senato e che dovrebbe culminare con la presentazione a giorni di un Libro Verde sul futuro del modello sociale in Italia. La filosofia e i punti centrali di questo documento sono stati anticipati dal Professor Tiraboschi, consulente del Ministro Sacconi, in un recente articolo pubblicato su "Guida al Lavoro" dello scorso 11 luglio. Gli assi portanti di questa "nuova filosofia" vengono così annunciati: l il completamento e implementazione della L. 30/03 attraverso la manutenzione del D.Lgs 276/03; l il rilancio di una moderna politica di Welfare to work, funzionale alla riforma degli ammortizzatori sociali (naturalmente a costo zero per le imprese). l il sostegno alla produttività del lavoro anche attraverso il rilancio delle relazioni industriali nell'ottica partecipativa incentrata sulla bilateralità. Queste linee di azione non rappresentano una novità rispetto alla legislatura 2001/2006, semmai si pongono in perfetta continuità ideologica, senza tener conto dei risultati concreti di attuazione della L. 30 che, nel caso del Nord-Est (secondo una recente ricerca dell'omonima Fondazione) viene utilizzata (quanto ai nuovi rapporti di lavoro flessibili) da meno del 40% delle imprese. La vera novità che traspare dai primi interventi del Governo e soprattutto nel Decreto 112/08, riguardano: l lo stravolgimento e la cancellazione di alcune misure previste nella L. 247/07 attuativa del Protocollo Governo e Parti Sociali del 23 luglio 2007; l gli interventi in materia di orario di lavoro, sul sistema solidaristico della tutela della malattia e sugli appalti; l lo svuotamento della funzione di controllo e di vigilanza dei Servizi ispettivi, con l'obiettivo di orientarne il ruolo verso funzioni di promozione e di maggior collaborazione con le imprese "dopo la stagione delle ispezioni nei luoghi di lavoro avviata nel corso della passata legislatura" (Tiraboschi) Segue a pag. 4 2 21 luglio 2008 VENETOLAVORO PRIME AVVISAGLIE DI DIFFICOLTÀ - segue dalla prima pagina È un dato preoccupante se si pensa che in comparti come il commercio gli ammortizzatori sociali sono usufruibili solo nelle unità con più di 50 dipendenti. I settori che ancora a marzo presentavano un decremento della cassa integrazione sono l'alimentare, l'edilizia (dove però sta arrivando lo sboom con il calo del mercato privato e, non a caso, già le casse edili evidenziano un calo del 10% delle ore lavorate), il tessile ed il sistema moda più in generale che, dopo il drastico ridimensionamento avvenuto tra il 2001 ed il 2004, presenta un quadro differenziato con nuove performances su alcune produzioni di nicchia, ma con colpi pesanti in alcune aree che fanno temere un' ulteriore restrizione produttiva. Ai dati relativi alla cassa integrazione prestata dall'Inps vanno aggiunti, per completare il quadro delle crisi aziendali, i sussidi erogati tramite la direzione regionale del lavoro che copre alcuni (non tutti) settori di piccola e piccolissima impresa esclusi dagli ammortizzatori sociali. Nel 2007 tale istituto ha dato copertura per una quota equivalente a 2.966 lavoratori per un mese di non lavoro. Nel 2008 questo dato registra una tendenza all'aumento. Occupazione in crescita, ma precaria: nei primi mesi dell'anno l' occupazione si presenta in aumento, ma una lettura disaggregata del dato fa emergere fenomeni nuovi come l'incremento del tasso di disoccupazione femminile. Ma è soprattutto sulla natura dei rapporti di lavoro che va spesa una riflessione. L'anno scorso nel Veneto le assunzioni a tempo indeterminato sono state appena il 27% del totale. A livello di stock il lavoro a termine interessa ormai più del 15% degli occupati (era il 9,4% nel 2004) ed è prevalentemente lavoro in somministrazione (ex interinale). Se si sommano a tale quota le false collaborazioni (ossia co.co.co e co.pro. che operano con le modalità del lavoro subordinato), i falsi rapporti di associazione in partecipazione ed i tirocini utilizzati in modo improprio, si arriva ad una stima di 350.000 lavoratori precari, pari ad un quarto del lavoro dipendente. Ciò senza contare i 200.000 lavoratori irregolari (10% della forza lavoro) stimati nella regione. Aziende in crisi: gli ultimi mesi hanno visto accendersi situazioni di crisi in tutte le province venete. I settori più colpiti sono il metalmeccanico, il tessile ed il legno, mentre sta precipitando la situazione dell'intero comparto orafo vicentino (trascinato dalla crisi del dollaro ma anche da un calo drastico della domanda interna) e si moltiplicano richieste di cassa integrazione e mobilità nell'occhialeria bellunese, già drasticamente ridimensionata tra il 2002 ed il 2004. Queste, provincia per provincia, le situazioni di difficoltà emerse di recente: Belluno Occhialeria: l Fedan: 100 lavoratori in mobilità su 300 dipendenti l Accademie Optical: (53 dipendenti) prossima alla chiusura l Safilo: (1.140 dipendenti) 13 persone in cassa integrazione a rotazione fino a settembre l 20 piccole aziende del distretto con sospensioni per circa 200 dipendenti Padova: Metalmeccanico: l GBS: 200 dipendenti gran parte dei quali in cassa integrazione l Main Group (macchine per calzature): 70 dipendenti di cui oltre 50 in Cigs l Alessio ruote (indotto auto) 100 dipendenti tutti in cassa integrazione l Difficoltà inoltre si presentano a seguito di un rallentamento degli ordinativi nel settore degli elettrodomestici. Per ora si tratta di brevi periodi di cassa integrazione ordinaria che nel padovano hanno già toccato Filippi e Lofra cucine. Alimentare: l Arena: (150 lavoratori) prospettata chiusura dello stabilimento di Montagnana Tessile: l Sixty act: (20 dipendenti) prossima alla chiusura l Gte lavanderia: richiesta di cassa integrazione per 30 dipendenti l Itac lavanderia: richiesta di cassa integrazione per 30 dipendenti Rovigo: metalmeccanico: l Bassano Grimeca (700 dipendenti): cassa integrazione a rotazione l ACC (200 dipendenti) mobilità di tutto il personale Chimica: l Ajinomoto: 50 lavoratori, tutti in cassa integrazione Commercio: l Bozzola (arredi per bagno): prospettata la chiusura di tutte le 14 filiali con sospensione, a livello nazionale, dei 247 lavoratori. Treviso: metalmeccanico: l Berco l Zanussi (elettrodomestici): prospettato un taglio di 300 posti di lavoro a Susegana alimentare: l Colussi: (80 lavoratori): chiusura, a settembre, dello stabilimento di Vittorio Veneto Venezia: Chimica: l Sirma: 230 lavoratori, prospettata la chiusura l Ineos: 250 dipendenti, abbandono delle produzioni italiane da parte della proprietà l Problemi alle lavorazioni legate al polo chimico di Marghera anche a seguito delle scelte di Ineos e permanere di difficoltà nelle prospettive di Montefibre e Solvay l Problemi diffusisi stanno affacciando nel settore del vetro artistico a Murano Tessile: l Linificio Veneto di Portogruaro Metalmeccanico l Difficoltà crescenti in molte piccole aziende con l'aumento della cassa integrazione Verona: Metalmeccanico: l difficoltà diffuse nel termomeccanico che hanno coinvolto numerose aziende (la Feroli, ad esempio, è appena uscita ad due settimane di cassa inte- grazione), gravano sull'indotto e prendono in mezzo anche grandi gruppi come Riello che vuole chiudere lo stabilimento di Lecco. Tra le maggiori aziende del settore ricorse a cassa integrazione, vale citare l Sime: 120 dipendenti in cassa integrazione fino ad agosto l Fonderia Veral (gruppo Biasi): 80 lavoratori in cassa integrazione Tessile: l Abital: 220 dipendenti in cassa integrazione a settembre per 8 settimane Calzaturiero: l Antonini: (65 dipendenti) 20 lavoratori in mobilità l Olip: (90 dipendenti), mobilità per 27 persone l Monte Rosa: (40 dipendenti) rischio di chiusura Mobili: l Selva (mobili per alberghi): 150 dipendenti in cassa integrazione a rotazione. Ripercussioni su 30 aziende dell'indotto l Problemi diffusi in molte piccole aziende della bassa veronese Lapideo: l Quarella: (400 dipendenti) richiesta di mobilità per 100 persone l Antiquaris: (54 dipendenti) cassa integrazione per parte del personale e richieste di mobilità per 6 lavoratori Vicenza: Metalmeccanico: l difficoltà in tutto il comparto dell'oreficeria, dimezzato nel numero di addetti l problemi nelle aziende che producono macchinari per il tessile Tessili: l Rainer tintoria l Euro Manteaux (60 dipendenti) Concia: l Nuova Gasbi l Tecno System l Gruppo Salmaso VENETOLAVORO 3 21 luglio 2008 PRONTO L'ACCORDO PER I "SOMMINISTRATI", UNA CATEGORIA CHE ORMAI INTERESSA MOLTI LAVORATORI MATURI In dirittura d'arrivo il rinnovo del Ccnl dei lavoratori in somministrazione dopo che è stato definito un accordo tra NIdiL-Cgil Alai-Cisl Cpo-Uil, in rappresentanza dei lavoratori, ed Assolavoro, in rappresentanza di 81 Agenzie per il Lavoro. Il nuovo Contratto, che sarà firmato a giorni, introduce importanti misure per il miglioramento delle condizioni di lavoro attraverso un sistema di prestazioni sociali a carico della bilateralità ed un rafforzamento delle tutele. NIdil Cgil di Treviso ritiene che l' intesa rappresenti un rilevante traguardo, anche per la specificità di questo contratto nazionale che interessa una tipologia contrattuale il cui utilizzo, in questi ultimi 10 anni, si è rivelato in costante crescita. Nel 2007 i lavoratori che hanno avuto almeno un contratto di lavoro interinale sono stati in Italia quasi 600mila, contro i 508mila del 2006, con un incremento del 13% in un anno. Lo stesso numero delle agenzie autorizzate è sensibilmente aumentato: dalle 33 società operanti nel 1988 si è passati alle 81 del 2007. In base ad una ricerca dell'Osservatorio Ebitemp (ente bilaterale dei lavoratori interinali) pubblicata a maggio del 2008, il lavoro in somministrazione rappresenta oramai circa l'1,2% dell'occupazione dipendente (era lo 0,4% nel 2000) ed il 12,5% dell'occupazione atipica (esclusi i parasubordinati). E' inoltre cambiato il target dei lavoratori interessati da questa tipologia contrattuale. La percentuale dei giovani con meno di 30 anni è, infatti, diminuita di circa 8 punti negli ultimi cinque anni, attestandosi al 49,4% nel 2007. Sono invece aumentati i lavoratori con più di 40 anni, che rappresentano quasi il 20% dei lavoratori interinali (erano il 13% nel 2003), e sono addirittura raddoppiati gli over 50, passati dal 2,6% al 4,3%. Questi dati dimostrano come il lavoro interinale non rappresenti più solamente un canale d'ingresso nel mercato del lavoro per i giovani, ma sia divenuto anche uno strumento di ricollocazione per i lavoratori con esperienza lavorativa. Anche la presenza delle donne è aumentata, soprattutto tra le immigrate. Il genere femminile rappresenta il 43,5% del totale nel 2007, contro il 39,9% nel 2002. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, la diffusione di questa forma contrattuale ha interessato soprattutto le regioni settentrionali dove sono occupati circa il 72% dei lavoratori interinali e l'85% degli interinali stranieri (in particolar modo nel Nord Est, dove un interinale su quattro è immigrato). La prima regione italiana per numero di interinali è la Lombardia, con circa 168mila lavoratori pari al 29,4% del totale interinali; seguita dal Veneto con 72.880 interinali (12,7%del totale), di cui 24.787 immigrati. Nella nostra regione il ricorso ai contratti di somministrazione è predominante nel settore manifatturiero (che determina oltre il 60% delle missioni totali) ed in particolare nell'industria meccanica. I dati del 2005 rivelano che nel Veneto, le missioni hanno costituito il 17% delle assunzioni totali ed il 24% dei contratti temporanei. Anche in provincia di Treviso l'occupazione interinale si è caratterizzata per una costante crescita: sono 19.573 le assunzioni effettuate con contratto di lavoro in somministrazioni nel 2006 (di cui il 57% maschi ed il 42% immigrati), mentre sono state 5.432 nel 2000. Il peso del lavoro interinale sul totale delle assunzioni è quindi passato dal 6% nel 2000 al 20,4% nel 2006. Queste hanno interessato soprattutto le aziende industriali, con incidenza superiore alla media nelle zone di Oderzo e di Conegliano (rispettivamente pari al 30% e al 25% ). Relativamente alla durata delle missioni, a livello nazionale nel 2007 un lavoratore interinale è stato praticamente assunto e licenziato in media 4 volte e la durata del contratto è stata mediamente di 44 giornate. Per quanto riguarda il Veneto, nel 2005, si è evidenziato il prevalere di missioni di breve o brevissima durata. Le prestazioni lavorative inferiori ai 30 giorni sono state, infatti, il 50% delle missioni e quelle comprese tra uno e tre mesi hanno rappresentato il 28%. E' in tale contesto che il nuovo contratto nazionale introduce significative misure per il governo di quella flessibilità propria del lavoro in somministrazione e che troppo spesso si traduce in vere forme di precariato. Per la prima volta si è, infatti, cercato di dare una certa stabilità a questa tipologia contrattuale, con la previsione della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato per almeno 12 mesi. L'assunzione automatica da parte delle agenzie si determina dopo 36 mesi di missione presso lo stesso utilizzatore o dopo 42 mesi presso utilizzatori diversi, anche non continuativi, purché tra una missione e la successiva non intercorrano più di 12 mesi per il rifiuto da parte del lavoratore ad una congrua proposta di lavoro. Si è contemporaneamente prevista una flessibilità in uscita, attraverso l'erogazione di 6 mesi di indennità di disponibilità (7 per gli over 50), a carico dell'agenzia e della bilateralità, nel caso in cui, per mancanza di lavoro, sia impossibile, il mantenimento del rapporto di lavoro. Le nuove previsioni contrattuali hanno inoltre determinato la realizzazione di un nuovo welfare, aggiuntivo a quello garantito dallo Stato, e specificatamente dedicato ai lavoratori in somministrazione a carico della bilateralità. Si sono rafforzate le prestazioni esistenti sull'accesso al credito, sugli infortuni, sulla tutela sanitaria e si sono introdotte ulteriori misure di intervento, quali ad esempio la costituzione di un Fondo chiuso di settore per la previdenza integrativa ed il sostegno al reddito per i lavoratori disoccupati da 45 giorni (con almeno 6 mesi lavorati negli ultimi 12). Per quanto concerne la tutela della maternità, si è concordata la corresponsione di un assegno pari a 1.400 euro alle lavoratrici che cessano la missione entro i primi 180 giorni di gravidanza, se non hanno diritto a percepire l'indennità a carico dell'Inps; mentre si è convenuto di definire un sostegno per le spese legate all'asilo nido. Si è anche stabilito il diritto di precedenza al riavvio in missione di pari livello professionale, se la lavoratrice presenta richiesta entro 30 giorni dalla fine della maternità. Particolare importanza si è, inoltre, data alla formazione continua, quale strumento di riqualificazione professionale e di reinserimento lavorativo, tramite l'introduzione di voucher individuali a valere sul fondo Fomatemp, e alla formazione sulla sicurezza di settore e d'impresa, prevedendo la possibilità di dimissioni per giusta causa, in caso di mancata ottemperanza dell'utilizzatore degli obblighi formativi sulla sicurezza previsti dalle norme o da contratto. NIdiL Cgil di Treviso esprime, pertanto, piena soddisfazione per un accordo che risulta essere particolarmente innovativo, che tende a garantire più sicurezza e tutele, che valorizza la bilateralità per dare maggiori protezioni sociali. Ci auguriamo che l'intesa raggiunta possa rappresentare un primo passo verso una più puntuale regolamentazione delle diverse forme di lavoro flessibile, sempre più diffuse nel nostro mercato del lavoro. Maria Cristina Furlan, Segretaria generale NIdiL Cgil Treviso 4 21 luglio 2008 VENETOLAVORO CRESCE IL LAVORO PRECARIO ANCORA ALL'ATTACCO PER DESTRUTTURARE LAVORO E CONTRATTAZIONE - segue dalla prima pagina Nonostante l'ostentazione di ottimismo sulle capacità della nostra Regione di affrontare i forti cambiamenti imposti dalla globalizzazione e competizione dei mercati, pur in una fase di quasi recessione di cui il Veneto non è immune, nella presentazione del Rapporto 2008 sul Mercato del Lavoro Veneto, accanto a conferme positive quali l'aumento del tasso di occupazione (al 65,8%) ed il basso livello del tasso di disoccupazione (al 3,3%), vanno tuttavia evidenziate alcune tendenze che mettono in luce, un lento ma costante incremento da alcuni anni a questa parte, del lavoro precario. In sostanza si tratta, senza fare i catastrofisti ma anche senza negare che il problema esista come dice la Regione, di analizzare non solo i dati elaborati dall'Istat che sappiamo non essere spesso adeguati alla realtà (basti pensare alla misurazione dell'inflazione), ma di guardare meglio ai dati più realistici delle fonti amministrative regionali (Centri per l'impiego, Inps, Inail), che mettono in evidenza un andamento sicuramente problematico nelle assunzioni con le diverse tipologie di lavoro temporaneo, le quali penalizzano soprattutto le donne e i giovani. Nel merito occorre rilevare che mentre l'Istat stima il lavoro a termine nel 2007 (compresa la somministrazione) attorno al 11,3% (era il 9,4% nel 2004), i dati rilevati a livello Regionale lo attestano invece al 15%. Secondo il rapporto "il lavoro a tempo determinato è cresciuto significativamente negli ultimi anni in valori assoluti", ma non ha eroso più di tanto lo spazio del lavoro a tempo indeterminato. Tra i contratti a termine è cresciuto il ricorso alla somministrazione di lavoro mentre vi è stata un riduzione dell'apprendistato. Viene inoltre messo in evidenza come la crescita del lavoro a termine abbia interessato quasi esclusivamente lavoratori stranieri, mentre per la componente italiana la riduzione dei contratti a causa mista è stata compensata con la crescita dei contratti di somministrazione. Per una stima del lavoro precario in Veneto occorre aggiungere il peso delle false collaborazioni nel settore privato e nella P.A., dei falsi rapporti di associazione in partecipazione e di quei tirocini che vengono utilizzati in modo improprio. L'area del lavoro precario in Veneto si colloca quindi oltre il 20% che in cifra assoluta significa circa 350.000 persone. Va inoltre tenuto presente che secondo le stime più recenti contenute nel Rapporto. Il lavoro irregolare in Veneto supera le 200. 000 unità, attestandosi vicino al 10% della forza lavoro. Un ulteriore dato da mettere in evidenza (e su cui qualche riflessione andrebbe fatta), riguarda il lavoro intermittente o a chiamata, reintrodotto di recente con il D.L. 112 del 25/6/2008, dopo la sua sostanziale abrogazione prevista dalla L. 247/07. Dopo un avvio molto modesto, si è passati da circa 10.000 assunzioni nel 2006 alle quasi 20.000 del 2007, attestandosi vicino al 4% del totale delle assunzioni. La maggior parte delle assunzioni a chiamata avviene negli alberghi, ristoranti e commercio (70%) mentre è scarsamente utilizzato nel manifatturiero. Poco utilizzato invece il contratto di inserimento, che a differenza del lavoro a chiamata è stato oggetto di un accordo interconfederale nel 2004 e pressoché disciplinato da tutti i Contratti nazionali di Lavoro. Come si dice nel Rapporto, il Veneto stà meglio dell'Italia ma peggio dell'Europa; sarebbe il caso che chi governa la Regione e non solo, riconosca che i problemi ci sono anche qui e cominci a dare risposte di tipo Europeo, in merito a politiche attive del lavoro più adeguate e sollecitando una seria riforma degli ammortizzatori sociali (di cui non si sente parola). l l'attacco frontale all'autonomia contrattuale, prevedendo un ruolo esplicitamente derogatorio e peggiorativo in capo alla contrattazione aziendale e territoriale, con l' obiettivo di creare una situazione di frammentazione contrattuale e l'indebolimento del Contratto nazionale di lavoro. Nello specifico, i punti più rilevanti cancellati o modificati dal Decreto 112/08 riguardano: IL CONTRATTO A TERMINE prevedendo la possibilità di assunzione anche per la "ordinaria attività del datore di lavoro", deroghe in "peius" in capo a tutti i livelli contrattuali, con riferimento al diritto di precedenza nelle assunzioni ed ai distacchi temporali tra un contratto a termine ed un altro. IL LAVORO ACCESSORIO con l'ampliamento del ricorso a tale istituto ad attività tipiche di lavoro subordinato (attività agricole stagionali, giovani studenti fino a 25 anni nei periodi di vacanza, ecc.) e l'estensione a tutti senza limitarlo, come prima, a particolari soggetti. IL LAVORO INTERMITTENTE o a chiamata che viene reintrodotto integralmente dopo che la L. 247/07 lo aveva limitato aI settore turismo e spettacolo, previa disciplina contrattuale. L'APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE con l'abrogazione del limite di durata minima di 2 anni e, nel caso di formazione aziendale, l'attribuzione a tutti i livelli contrattuali delle competenze (che in parte erano in capo alle Regioni) sulla definizione dei profili formativi, sulla durata della formazione (attualmente sono 120 minime), le modalità di erogazione, il riconoscimento della qualifica professionale e la registrazione nel libretto formativo. I DISABILI con la reintroduzione dell'art. 14 del D.Lgs. 276/03. IL PART TIME con l'abrogazione della norma contenuta nella L. 247/07 tesa a scoraggiare il tempo parziale con meno di 12 ore e, per quanto concerne i pubblici dipendenti, la discrezionalità della P.A. nel concedere i Part Time oggi regolati dal Contratto di lavoro. L'ORARIO DI LAVORO prevedendo deroghe pesantissime, da parte di tutti i livelli contrattuali, in materia di riposi giornalieri, le pause, il lavoro notturno. Inoltre si prevede la possibilità di fruire del riposo settimanale (rt. 36 Cost.) calcolandolo come media in un periodo non superiore a 14 giorni, ovvero lavoro per 12 giorni consecutivi e poi faccio 2 giorni di riposo! SI ABROGANO IL LIBRO PAGA E MATRICOLA e si istituisce il nuovo libro unico del lavoro, che se da un lato semplificherà le procedure di registrazione dei dati dei lavoratori alle imprese, commercialisti ed ai consulenti del lavoro, dall'altro impedirà o renderà quasi impossibile il controllo degli ispettori del lavoro, sulla regolarità dei rapporti di lavoro e la lotta al lavoro nero. Infatti l'azienda o il consulente del lavoro potranno registrare tutti i dati dei lavoratori alle dipendenze, entro il giorno 16 del mese successivo mentre oggi sono tenute e farlo quotidianamente. Inoltre in caso di tenuta del nuovo libro da parte di Consulenti o commercialisti, questi ultimi hanno tempo 15 giorni per fornire agli ispettori i documenti richiesti per il controllo delle posizioni lavorative (attualmente con il libro matricola la verifica è immediata). L'unica verifica "relativamente immediata" potrà essere la comunicazione di assunzione al Centro per l'impiego, sempre che non passi l'emendamento del Governo che prevede la comunicazione ai CPI non più il giorno prima ma entro 5 giorni, nel qual caso il gioco è fatto, con conseguenze che è facile immaginare. VIENE CANCELLATA LA L. 188/2007 che aveva introdotto la procedura telematica sulle dimissioni volontarie, al fine di evitare l'odioso fenomeno delle dimissioni in bianco, ad esempio per maternità, ma non solo. Occorre infine mettere in evidenza la totale mancanza di confronto con il sindacato sull'insieme di questi provvedimenti (e il Ministro Sacconi si lamenta della posizione pregiudizialmente ostile della Cgil...) e, cosa che preoccupa, il silenzio assordante di Cisl e Uil nazionali su questi primi provvedimenti, i quali vanno a scardinare un accordo di pochi mesi fa che ha coinvolto 5 milioni di lavoratori e pensionati (più "comprensibile" anche se inaccettabile e da stigmatizzare quello di Confindustria). A questo punto è indispensabile riprendere un forte ed ampio rapporto con i lavoratori, attraverso una capillare campagna di informazione e orientamento nei luoghi di lavoro e nel territorio, per preparare, come indica la segreteria nazionale della Cgil, la necessaria ed a questo punto urgente ed auspicabile mobilitazione unitaria. Fabrizio Maritan, Dip. Politiche Attive del Lavoro Cgil Veneto Lucia Basso, Segretaria Cgil Veneto Fabrizio Maritan, Dipartimento Politiche Attive del Lavoro VENETOLAVORO 21 luglio 2008 NO AL VOUCHER CHE SCACCIA LE TUTELE Migliaia di stagionali agricoli invitati a rifiutare il lavoro pagato coi bollini A volte ritornano, è proprio il caso di dire. Sacconi ci aveva già provato, allora come sottosegretario al Welfare (Maroni era il Ministro), con il precedente governo Berlusconi. Quella volta il tentativo era demolire il lavoro agricolo attraverso la messa in discussione delle indennità di disoccupazione, la messa in mora del sistema contrattuale e delle regolamentazioni del mercato del lavoro in agricoltura. Tre scioperi nazionali dei lavoratori agricoli convinsero il Governo e l'allora Ministro dell' Agricoltura Alemanno ad abbandonare ogni velleità e a riconoscere, in un protocollo tra le parti, la dignità dei lavoratori agricoli. Si arrivò alla firma di un protocollo a livello nazionale, estesa alle organizzazioni professionali agricole, per il riconoscimento del lavoro agricolo, compreso quello stagionale, unificando diritti e tutele al pari delle altre categorie di lavoratori. Ciò a partire dal diritto alla salute, alla lotta contro gli infortuni e contro il lavoro in nero ed il caporalato, che spesso sono la faccia della stessa medaglia, alla limitazione per legge degli orari di lavoro, al riconoscimento, infine, di un sistema di relazioni che passa attraverso il rilancio della contrattazione, favorendo tra l'altro la firma, allora, di un importante Contratto Nazionale. Quel protocollo, liberamente sottoscritto tra le parti, fu recepito dal Governo Prodi ed inserito - nel settembre del 2007 dal ministro Damiano - nell'accordo sul Lavoro e sul Welfare del 23 luglio 2007. Ora Sacconi pensa di scardinare questo accordo (trasformato in molti punti importanti in Disegno di Legge) utilizzando come "cavallo di Troia" i voucher che vengono estesi a tutto il lavoro stagionale agricolo. In Veneto significa azzerare le tutele per quasi il 70% degli occupati in agricoltura e togliere reddito a diverse migliaia di famiglie che vivono sull' occupazione stagionale, non solo per i lavori di campagna, ma anche nella trasformazione di filiera industriale (basti pensare al settore della macellazione avicola dove si applica la previdenza agricola). A questo punto è d'obbligo una precisazione - lo dico per quelli che ci accusano di dire sempre no - circa l'accordo che abbiamo fatto, relativo all'impiego di studenti e pensionati per il riconoscimento del lavoro occasionale strettamente collegato alla vendemmia, con l'obiettivo di far emergere e rendere esplicito quel lavoro di qualche settimana, a oggi quasi tutto non regolarizzato. Quell' obiettivo, presente nel D.M. del 12 marzo 2008 dall'allora ministro Damiano, non ha visto la CGIL e la FLAI pregiudizialmente contrari. In Veneto come CGIL e FLAI, unitariamente a CISL e UIL, e con le organizzazioni professionali agricole, INPS, INAIL, Regione e Veneto Lavoro il 25 di Giugno scorso abbiamo sottoscritto un progetto sperimentale, per il 2008, sull'utilizzo dei voucher per la vendemmia che coinvolge esclusivamente studenti fino a 25 anni di età e pensionati. L'accordo prevede tra l'altro il controllo e il coinvolgimento dell'INPS, dei Centri per l'Impiego Territoriali, oltre che dell'INAIL e fissa a 10 euro per ogni ora il costo dei voucher per l'impresa. Di questi 7,50 euro vanno direttamente nelle tasche dei lavoratori e la quota rimanente è versata nei fondi previdenziali e assicurativi di INPS ed INAIL. E' un accordo importante, copiato in molte altre regioni soprattutto perché fatto in Veneto, la regione di Sacconi e Zaia - che interpreta nel merito e nello spirito il D.M. del 12 Marzo, limitando e focalizzando il lavoro accessorio alla vendemmia e a due precise tipologie di lavoratori: pensionati e studenti. Ben altra è invece l'operazione contenuta nel decreto 112. Sacconi, infatti, vuole estendere i voucher a tutto il lavoro stagionale agricolo (in Veneto si applicherebbero a circa 18.000 lavoratori), abbassare il costo per l'impresa a 5 euro all'ora onnicomprensivi, assorbendo di fatto tutte le parti normative e salariali dei Contratti Nazionali e Provinciali, eliminando per i lavoratori avventizi la disoccupazione agricola, la copertura previdenziale, la malattia, mentre l'orario di lavoro ritornerebbe 5 ad essere quel "dall'alba al tramonto" dal sapore ottocentesco. Non solo; il decreto 112 contiene tra l'altro l'abolizione del registro d'impresa e del Durc, oltre alla sanatoria per gli imprenditori che riconosceranno di aver utilizzato lavoro nero. In una parola 800.000 lavoratori di questo Paese torneranno alla triste realtà del lavoro agricolo dell'inizio secolo. E' una prospettiva inaccettabile e come FLAI ci stiamo mobilitando per una grande campagna di informazione e sensibilizzazione all'interno del lavoro agricolo, in linea con quanto deciso dalla CGIL con la settimana di sensibilizzazione sul DPEF del 21-25 luglio. Per dire no ai voucher nel lavoro stagionale agricolo, per dire no alla destrutturazione contrattuale e normativa in agricoltura, per difendere la dignità del lavoro agricolo inviteremo tutti i lavoratori avventizi di questo Paese, migranti compresi, a rifiutare rapporti di lavoro pagati con i "bollini". Vedremmo come faranno gli imprenditori, agricoli e non, senza i lavoratori stagionali! Questa campagna di sensibilizzazione che vogliamo condurre unitariamente a FLAI e UILA, dovrà anche preparare lo sciopero generale dei lavoratori dell'agricoltura per i primi di settembre.Sacconi ha gia avuto modo di conoscere i lavoratori del settore agricolo. Stia certo: o modifica radicalmente il Decreto 112, oppure dovrà prepararsi ad un autunno molto caldo. Roberto Montagner, Segretario Generale della Flai del Veneto DIMISSIONI IN BIANCO PIÙ FACILI: ATTACCO ALLA MATERNITÀ E ALLA LIBERTÀ La cancellazione della Legge 188/07 sulle dimissione volontarie rafforza la filosofia del Governo di destra rendendo esplicito un disegno d'indebolimento e frantumazione del mondo del lavoro: sempre più differenziazioni tra pubblico e privato, e aumento della precarietà attraverso anche l'abolizione di tutele. Non è più uno scontro diretto, come nel passato, ma una sottile manovra legislativa che rende molto più difficile aggregare l'azione dei lavoratori e del sindacato. La legge del 2007 sulle dimissioni volontarie rendeva più difficile le odiose "dimissioni in bianco" ancora presenti nelle aziende, in particolare di piccole dimensioni e riguardante generalmente l'occupazione femminile. La motivazione che ha addotto il Governo attuale a modificarla è l'eccessiva farraginosità delle procedure previste e "l'evidente" facilità per la persona di farsi tutelare dal magistrato se oggetto di vessazione padronale. In pratica la procedura telematica non esiste più e si ritorna al passato. Ritornano con forza a farsi largo nella politica e nella società due concetti banali, ma espliciti, che rafforzano una sub-cultura liberista: l'impresa è più importante delle persone (come a dire che il mercato deve prevalere sulla vita dei singoli che lo affollano e ne fanno parte); e si ristabilisce "l'attentato" alla maternità (se rimani in gravidanza ti licenzi) e alla libertà (se ti iscrivi ad un sindacato ci sono già le tue dimissioni). È evidente che la generalizzazione di queste attitudini "imprenditoriali" non serve e non aiuta, ma è altrettanto evidente che decisioni legislative e culturali che agevolano tale pratica non aiutano certamente a contenerla. Oggi, dimostrare di aver firmato le dimissioni in bianco all'atto dell'assunzione ridiventa ancora difficile se non impossibile. L'evidente situazione di ostaggio nei confronti dell'azienda da parte dei dipendenti rappresenta una palese violazione dei diritti della persona. Confindustria e le imprese che amano sempre più usare il termine "collaboratori" per definire le loro maestranze dovrebbero forse fare un supplemento di riflessione. Infine, se ce ne fosse la necessità, tutto ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro sottolinea sempre più la demarcazione culturale e la sensibilità diversa verso i lavoratori, tra il centro sinistra e la desta al governo. Claudio Zaccarin, Segretario Generale Filtea del Veneto 6 21 luglio 2008 VENETOLAVORO LA VERA SFIDA È QUELLA DELLA QUALITÀ Un salario medio netto di un operaio si aggira oggi in Italia attorno ai 1.000/1.100 euro al mese. Uno stipendio di un impiegato sta attorno ai 1.300 euro, quello di un dipendente di piccola impresa attorno agli 879 euro, quello di un lavoratore non standard gira attorno agli 800 euro e se si è un giovane con meno di 24 anni lo stipendio può scendere sotto i 788 euro mese. Per le donne va anche peggio (IRES 2008). E' riconosciuto da tutti che oggi, in Italia, esiste un grave problema salariale che ha ripercussioni nella qualità della vita delle famiglie e nella tenuta dei consumi interni del paese, che infatti sono in caduta libera. Questi dati interrogano tutti. Ritardi nel rinnovo dei contratti nazionali, inflazione programmata distante dall'inflazione reale, mancata restituzione del cosiddetto fiscal drag, scarsa redistribuzione della produttività e, aggiungiamo, squilibrio netto nella redistribuzione della ricchezza prodotta nelle imprese tra profitti e stipendi, secondo i nostri calcoli hanno prodotto per un lavoratore una perdita in 6 anni di circa 1.900 euro su un reddito di 25.000 euro anno. Va da sé che l'accordo del luglio '93 è morto ed è interesse prima di tutto del sindacato arrivare ad un nuovo modello, ma ad un patto: che esso dia una migliore e non una più scadente copertura del potere d'acquisto (già basso, come detto) di stipendi e salari. Sennò non faremmo bene il nostro mestiere! Ipotizzare, come fa il Governo con il consenso -ci pare- di Confindustria, un rinnovo dei CCNL sui parametri di un'inflazione programmata all'1,7% quando quella reale è almeno il doppio, significa voler colpevolmente perseguire una strada che già parecchi danni ha fatto ai lavoratori e ai pensionati. Non crediamo che i dipendenti possano sopportare ulteriori perdite che si aggirerebbero attorno alla cifra di 1.000 euro al bienno. La nostra affezione al Contratto collettivo nazionale di lavoro e l'idea di concordare un indicatore di inflazione più realistico, derivano proprio dal fatto di poter garantire questa copertura e, quando possibile, poterla "valorizzare". Va da sé che un secondo strumento di protezione dei redditi da lavoro non può che derivare da un intervento strutturale di riforma dell'Irpef, che parta dall'aumento delle detrazioni fiscali sui redditi da lavoro dipendente e pensioni e arrivi alla riduzione delle tasse sugli aumenti contrattuali collettivi. E' una richiesta che il sindacato fece al Governo Prodi e che ripropone oggi pari pari al Governo Berlusconi. Sul territorio noi ci proponiamo con Cisl e Uil di aprire una nuova stagione di negoziazione sociale con gli Enti Locali su tariffe, rette, abitazioni, servizi…: è questa il 'terzo pilastro' su cui poggia la protezione del reddito dei cittadini. Ma non può essere affidato al solo Stato, il compito di rispondere al "grido di dolore" di una buona parte dei lavoratori dipendenti e concordiamo sulla necessità di redistribuire parte della ricchezza prodotta nelle aziende (aziende, che - per inciso - vanno aiutate a produrla la ricchezza!) nelle aziende stesse. Non ci sottraiamo perciò alla sfida lanciata dalle imprese affinchè gli aumenti di produttività che lì si creano, in quella sede siano contrattati e redistribuiti. Serve in anticipo capirci sul termine "produttività" che non può voler dire "aggiunta di ore lavorate", ma aumento del valore per unità di prodotto, cosa che, oggi, si ottiene incorporando nelle produzioni qualità, innovazioni, sapere, servizio. Gli investimenti in ricerca e sviluppo oggi in Italia (1,1% pil) e in Veneto (0,6% pil) sono drammaticamente al di sotto della media europea (2,0% del pil) per non parlare di Giappone e USA e ciò interpella uno Stato che continua ad investire molto poco nel sapere, ma anche le aziende che, sovente, stante soprattutto la loro piccola dimensione (il 90% delle aziende vicentine sta sotto i 9 dipendenti) non riescono ad adeguarsi alla sfida competiviva in corso. Il 35% di esse, dicono studi di Confindustria, sono in bilico. Infine: se si decentra al secondo livello la contrattazione della produttività, bisogna che quella contrattazione sia possibile, esigibile e non riguardi, come accade oggi, solo il 30% massimo il 40% dei lavoratori. Ciò non accade per inerzia del sindacato. Accade proprio a causa della struttura produttiva del nostro territorio, accade anche - diciamocelo - per una tradizionale insofferenza di molta imprenditoria locale ad aprire confronti col sindacato anche nella buona (redistribuzione economica) oltre che nella cattiva sorte (crisi aziendali, mobilità). Crediamo (speriamo) tuttavia che stiano avanzando nuove necessità che devono essere colte e trasformate in opportunità per le aziende e per chi ci lavora: la necessità di "qualificare il lavoro" e di tenerlo permanentemente "in tiro" tramite una formazione continua che sta finalmente decollando; la necessità di mantenere e riconoscere economicamente un patrimonio di conoscenze professionali utili alle innovazioni incrementali per le quali è specialista il nostro territorio; la necessità di un'idea comune di territorio (una riqualificata zona industriale, per esempio) e di un welfare locale efficace ed efficiente (sul mercato del lavoro e la formazione, per esempio). No, non crediamo proprio che la sfida si vinca detassando chi lavora di più, né aspirando al contratto individuale, ma - per dirla con le parole della Fondazione nord-est - "….con più attenzione a ciò che sviluppa la qualità del lavoro e la creatività". A questo il sindacato confederale è pronto a contribuire. La sfida la raccogliamo. Marina Bergamin, Segretaria generale Cgil Vicenza LIA COLPO NUOVA COORDINATRICE REGIONALE NIDIL Dopo l'uscita di Piero Colombo, passato a dirigere la Filcams di Rovigo, Nidil del Veneto ha scelto Lia Colpo, quale nuova coordinatrice regionale. Nata a Schio 46 anni fa, sposata e madre di una ragazza di 20 anni, Lia Colpo ha iniziato l'attività nella Cgil nel 2001. Il suo primo incarico fu quello di coordinare un progetto di "rete" con movimenti ed associazioni nell'alto vicentino che diede vita a diversi eventi, tra cui la celebrazione di un memorabile primo maggio all' ospedale psichiatrico di Montecchio Precalcino. In seguito assunse la responsabilità per la provincia di Vicenza di orienta - lavoro, che tuttora mantiene, e dal 2004 anche assunto quella di Nidil. Nel commentare il nuovo inacrico, Lia pone l'accento sul maggiore impegno che spetta non solo a Nidil, ma a tutta la Cgil ed al sindacato unitario, nella battaglia contro la precarietà del lavoro, anche alla luce delle nuove normative del Governo. "Oltre che di una battaglia politica e sindacale - dice - dovremo fare anche una grande battaglia culturale, a partire dai luoghi di lavoro. Punto di partenza è la forte coesione che deve esprimere il sindacato, intrecciando il lavoro delle categorie con quello di Nidil, per unire, in una nuova e più alta solidarietà, un mondo del lavoro sempre più diversificato. I lavoratori precari, che sono la catena più debole del mercato del lavoro e non sono più solo i giovani, vivono situazioni di disagio spesso in solitudine, come dimostra l'aumento di gesti disperati tra queste categorie. Dobbiamo spezzare queste solitudini e impegnarci a tutti i livelli in una lotta che i lavoratori consegnati alla precarietà da soli non sono in grado di fare. Un compito che intanto possiamo assumere tutti è quello di lavorare per favorire l'emersione delle false collaborazioni accedendo alle opportunità offerte dalla legge fino al 30 settembre". VENETOLAVORO 21 luglio 2008 RIPARTO DEL FONDO SANITARIO CON FORTI DISPARITÀ TRA LE ULSS La cura anti-deficit che si appresta a varare il governo prevede per i prossimi tre anni un taglio da sei miliardi di Euro sulla spesa sanitaria, manovra questa che già dal 2009 inciderà negativamente sul Fondo Sanitario Nazionale; fondo già pesantemente sottostimato ed insufficiente al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza che le regioni devono garantire. Questo scenario insieme all'impegno che grava sulle regioni più virtuose di compartecipazione alla copertura del deficit creato da altre regioni, rende ancora più complessa la ripartizione delle risorse. Il riparto del fondo sanitario da parte della Regione Veneto riveste un ruolo fondamentale sul finanziamento delle prestazioni erogate dalle Aziende Sociosanitarie del Veneto. CGIL CISL e UIL del Veneto lanciano l'allarme, preoccupate per le scelte stabilite dalla Giunta Regionale Veneta che di fatto modifica i criteri di riparto del fondo sanitario regionale, attraverso una formula che anziché soddisfare l'esigenza di un modello distributivo fondato sui bisogni di salute, produce come risultato una ulteriore sperequazione sulle quote capitarie (e quindi sui finanziamenti complessivi alle Aziende sanitarie). In sostanza le risorse destinate alle aziende sanitarie saranno distribuite in modo tale che rispetto ad un dato medio regionale "100", alcune riceveranno "120" a discapito di altre che riceveranno 95. La forbice è troppo alta, tanto più se si osserva che nel 2003 a fronte di una popolazione di 4.596.294 la quota capitaria media era di 1.221,72 e oggi, a distanza di cinque anni e un popolazione di 4.829.499 nel 2007, la quota capitaria è di 1.500,05. Un aumento irrisorio rispetto all'andamento demografico, ai costi di gestione in aumento, all'evoluzione della tecnologia ed alla necessità di manutentare comunque tutti gli ospedali, oltre ai costi sostenuti e da sostenere per costruirne di nuovi (sulla realizzazione di nuovi ospedali le Organizzazioni Sindacali da tempo hanno chiesto alla Regione uno specifico confronto di merito). La totale mancanza di un dibattito trasparente sugli obiettivi della modifica, aggrava la minaccia evidente di nuovi e gravi squilibri di sistema tra Azienda ULSS ed Azienda ULSS e non conduce ad innovazioni capaci di garantire un finanziamento orientato ad obiettivi di trasparenza, equità e giustizia sociale, anzi il contrario! Il riparto delle risorse finanziarie alle Aziende Sociosanitarie è vitale per garantire i servizi in ospedale e nel territorio, per assicurare alle famiglie un'assistenza di qualità, continua e gratuita in tutte le fasi della vita e del lavoro. Nella nostra Regione le tipologie di servizi richiesti dai cittadini cambiano: cambia il territorio, cambia la tecnologia, cambiano le professioni. Occorre stare al passo con i nuovi bisogni di salute, c'è bisogno di prevenzione, ma nulla viene fatto per adeguare i servizi alle nuove necessità. Alcune iniziative avviate in sordina dalla Giunta Regionale rischiano invece, se non raccordate a livello locale, di allontanare i servizi dai cittadini. Si discute di area vasta e di razionalizzazione senza aprire il necessario confronto con i soggetti interessati nel territorio e quindi senza giungere a decisioni condivise anche con le Organizzazioni Sindacali. Chi garantirà che le prestazioni ospedaliere e territoriali continuino ad essere erogate con modalità accessibili a tutti i cittadini ed in particolar modo alle fasce più deboli tra cui lavoratori e pensionati che già faticano ad arrivare a fine mese? L'allarme è motivato e serio. Se la Regione Veneto non farà un passo indietro su quanto proposto, la garanzia dei principi di universalità, accessibilità (e gratuità) dei servizi, rischia di essere gradualmente compromessa e di rendere il Servizio Socio Sanitario Regionale sempre più lontano dalle necessità dei cittadini. Siamo convinti che i livelli quantitativi e qualitativi che, non- 7 ostante le difficoltà, sono stati finora mantenuti nella nostra Regione da un sistema integrato e innovativo, più avanzato rispetto al sistema nazionale, oggi rischino di venir meno, ecco perché esprimiamo una forte preoccupazione per le gravi ricadute che la nuova proposta di riparto del fondo sanitario regionale potrà determinare sull'erogazione dei servizi ai cittadini e per il rischio reale di arretramento sul piano della qualità e quantità delle prestazioni. CGIL CISL UIL del Veneto si sono attivate subito per chiedere un incontro all'Assessore alle Politiche sanitarie della regione, per spiegare le motivazioni che giustificano la posizione contro questo provvedimento e con l'obiettivo di riaprire il dibattito affinché siano rivisti i criteri di riparto del fondo sanitario regionale. Contestualmente partirà una campagna di informazione dei cittadini, che hanno il diritto di essere coinvolti in scelte decisive per il loro futuro, e per sensibilizzare le forze politiche locali e regionali, affinché i bisogni di salute della popolazione tornino al centro del dibattito politico. Cristina Bastianello, Sabrina Dorio, Valerio Franceschin Segretari regionali di Cgil Cisl Uil SCIOPERO INEVITABILE "Lo scopo ultimo della manovra è smantellare i servizi pubblici per privatizzarli. Lo sciopero, per difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini, sarà inevitabile". Lo dice Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica Cgil, in un'intervista apparsa sull'Unità. "C'è molta confusione nel Governo - aggiunge - ma non mi stupisce, visto che i ministri si vantano di aver votato la manovra in nove minuti e mezzo. Secondo il viceministro all'Economia Vegas, i soldi ci sono sempre stati e da sempre sono destinati ad altri impieghi. Ma per noi non cambia nulla". L'offerta del Governo per i contratti pubblici è secondo Podda di un aumento mensile medio di 8 euro lordi per il 2008 e di circa 60 euro per il 2009. "Un'offerta irrisoria - commenta persino offensiva per i lavoratori che si trovano ad affrontare un'inflazione al 3,8 per cento. Non solo: il taglio del 10 per cento dei fondi per la contrattazione integrativa e il congelamento di alcune variabili retributive toglieranno in media ad ogni dipendente 200 euro netti al mese". Il segretario della Fp Cgil annuncia una settimana di mobilitazione e, aggiunge che, di questo passo "lo sciopero sarà inevitabile, perchè questa manovra punta allo smantellamento dei servizi e degli apparati pubblici. Dei 18 miliardi di euro destinati alle amministrazioni centrali, il governo vuole tagliarne 15. Un conto è diminuire, un conto è azzerare la capacità di spesa: secondo le nostre stime, questi tagli porteranno nel triennio alla riduzione di due punti del Pil". FIRMA SEPARATA PER IL CONTRATTO DEL COMMERCIO "Apprendo da notizie di agenzia che Fisascat Cisl, Uiltucs Uil e Confcommercio hanno concluso e firmato con un atto separato il contratto del terziario", queste le prime parole di Ivano Corraini, segretario Generale della Filcams Cgil che si dice "sconcertato" per tale atto. Infatti, precisa Corraini,"la Filcams-Cgil non aveva abbandonato il tavolo. Aveva chiesto una pausa di 10 giorni per consultare i lavoratori su parti del contratto di straordinaria rilevanza e sulle quali dissentiva in termini fermi". Per questi motivi, per il numero uno della categoria del terziario Cgil "la firma separata è un atto politico grave e irresponsabile, denso di conseguenze negative. La rapidità con cui si sono accinti ad apporre la firma -aggiunge - rende ipocriti i richiami al ripensamento rendendoli persino offensivi". La Filcams Cgil "valuterà i comportamenti da assumere nel prossimo futuro -assicura infine Corraini-, nel frattempo rimangono confermate le iniziative in corso e in primo luogo il programma di informazione e consultazione dei lavoratori". 8 21 luglio 2008 VENETOLAVORO UN ANNO DI IMPEGNO PER LA SICUREZZA CGIL CISL UIL FANNO IL PUNTO A VENEZIA Il 14 luglio è stato individuato da Cgil, Cisl e Uil della provincia di Venezia come giornata dedicata alla salute e alla sicurezza sui posti di lavoro. La scelta di questo giorno è dovuta all'ennesima morte sul lavoro avvenuta lo scorso anno all'Alcoa di Fusina, la punta estrema del polo industriale di Marghera. L'appuntamento di quest'anno è stato organizzato sotto forma di convegno-assemblea al quale hanno preso parte numerosi rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. "Un anno di impegno per la sicurezza nei luoghi di lavoro della provincia" suggeriva il titolo dell'incontro aperto dalla relazione di Sergio Chiloiro - segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Venezia - che ha sottolineato gli importanti risultati dell'impegno del sindacato negli ultimi mesi ma anche la difficile strada in salita ancora da affrontare. "La prima consapevolezza è che la piaga dei morti, degli incidenti e delle malattie professionali è un dramma ancora molto grave e ingiusto - ha esordito Chiloiro - il nostro obbiettivo di fondo deve rimanere la riduzione totale di questi drammi negli ambienti di lavoro. Non possiamo accettare che siano inevitabili prezzi da pagare per lo sviluppo e per la creazione della ricchezza del Paese". Di fronte però si trovano ancora ostacoli e forti resistenze causate dal contesto economico generale, derivanti dalla frammentazione produttiva, dalla precarietà, dal lavoro nero e sommerso, dai ritmi di lavoro insostenibili e del prolungamento degli orari di lavoro. Ma in questo difficile contesto qualche cosa di importante si sta iniziando a muovere a partire dal testo unico su salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori (decreto 81/08) entrato in vigore il 18 maggio scorso ma che ora il Governo sta mettendo in discussione in alcune parti. Il testo unico, ampiamente illustrato e commentato da Cinzia Frascheri, responsabile nazionale del Dipartimento salute e sicurezza della Cisl, è stato il frutto, come ha detto Chiloiro, di "un forte e decisivo impegno del sindacato confederale, dei Rls e delle forze politiche che hanno voluto dare un segnale di grande civiltà con un quadro normativo molto avanzato". Occorre ora, secondo il segretario della Cgil veneziana, difendere e concretizzare quelle norme. " Dobbiamo costruire con incisività una fase seria di confronto con le controparti e le istituzioni locali per rafforzare il compito del delegato alla sicurezza territoriale, introducendo questa figura nei settori, nelle imprese e nei siti complessi dove non è ancora previsto". Una delle figure centrali istituite dal nuovo decreto è infatti quella del delegato territoriale (Rlst), di espressione sindacale e nominato dall'INAIL per le ispezioni in aziende dove non sia stato designato un Rls. In provincia di Venezia sono stati sottoscritti ultimamente due importanti accordi che sono stati richiamati da Chiloiro. Si tratta del protocollo di intesa nel Porto di Venezia e il piano di prevenzione in edilizia per la provincia di Venezia. Il primo prevede un sistema operativo integrato di sicurezza del Porto (Soi) che punta ad un coordinamento delle istituzioni di vigilanza e di controllo insieme ad un analogo coordinamento degli Rls di tutte le imprese presenti nello scalo veneziano. Il secondo si caratterizza per alcuni programmi di intervento concreto delle ispezioni che devono essere rivolte prevalentemente ai cantieri "sotto il minimo etico di sicurezza", interventi che possono arrivare anche alla chiusura dell' attività. A livello locale, inoltre, sono state avviate delle vertenze sulle problematiche più importanti. Con l'Uls, per esempio, si è indicata la priorità degli investimenti nei dipartimenti di prevenzione e nello Spisal, partendo dall'aumento del numero di ispettori. Non ultimi poi sono gli accordi con le associazioni artigiane e con la Confindustria regionale, quest'ultimo teso alla pre- parazione scolastica e alla formazione professionale. "Il nostro lavoro - ha chiuso il segretario veneziano - deve essere qualificante nella contrattazione di secondo livello, il che significa fare tanti accordi come quelli che abbiamo già stipulato cercando di non realizzarli solo sull'onda di fatti tragici ma attraverso un costante intervento in ogni singola realtà". Nel corso dell'assemblea è intervenuto anche il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che si è detto in totale sintonia con l'impostazione del sindacato confederale in questa materia. "Il problema - ha sottolineato il filosofo - è che in Italia non esiste una seria politica industriale e molte volte gli enti locali si trovano nella difficoltà di gestire situazioni veramente pericolose specialmente quando un'azienda è in dismissione. E' come quando si deve abbandonare una casa tra due mesi: chi si sogna di fare qualche manutenzione?" Il primo cittadino lagunare ha poi ricordato l'impossibilità di controllare i lavori pubblici: "gli appalti sono figli di tangentopoli e quindi finora ancorati al massimo ribasso senza grossa sensibilità sulla sicurezza. Non si capisce ancora che la sicurezza è un investimento e non un costo". Dagli interventi dei vari rappresentanti - che hanno analizzato puntualmente la situazione e le problematicità del proprio settore - è emersa forte la convinzione che la cultura della sicurezza non è un risultato che si ottiene dall'oggi al domani ma il frutto di un lavoro costante di controllo e di contrapposizione a radicate abitudini anche culturali. "Se c'è un morto sul lavoro ogni sette ore - ha detto un delegato - c'è sicuramente qualcuno che dà l'assenso e noi non lo possiamo più tollerare". Giovanni Pascoli, Cgil di Venezia ANCORA UNA TRAGEDIA SUL LAVORO Un nuovo nome si aggiunge alla lista delle morti bianche nella nostra provincia, è quello di Mirco Ranzato. Un altro operaio morto sul lavoro, un'altra famiglia che perde un padre; famiglia a cui esprimiamo il massimo cordoglio. Il tragico incidente, avvenuto l'11 luglio in una piccola azienda del legno dell'alta padovana, a poco tempo di distanza da un altro infortunio mortale nella stessa area e nello stesso settore, rappresenta per noi un segnale d'allarme Morire sul lavoro non è mai frutto del caso! E non è un caso morire sul lavoro con un'incidenza così alta nella provincia di Padova, come in tutto il Veneto! Si produce ad alto ritmo, spesso in piccole fabbriche, dove la formazione per la sicurezza e l'applicazione delle corrette procedure sono spesso pericolosamente viste come "costosi dettagli." Attendiamo i risultati delle indagini delle autorità competenti, ma certamente la dinamica della tragedia - investimento dal carico del muletto - lascia ampio margine all'ipotesi del non rispetto di quanto previsto dalla normativa per la tutela dei lavoratori nelle operazioni di sollevamento. Purtroppo si tratta della seconda vittima nel settore del legno in una piccola fabbrica dell'alta padovana dall'inizio dell'anno. Da tempo chiediamo un netto potenziamento degli SPISAL nella provincia di Padova, gli organi preposti al controllo dei luoghi di lavoro. Ma in questi anni, nella provincia di Padova, gli organici si sono invece ridotti. Chiediamo a gran voce, alla giunta della Regione Veneto e ai direttori generali delle ASL, responsabili di questo servizio, il perché di questa pericolosa situazione e cosa hanno intenzione di fare da subito per garantire la sicurezza di chi lavora! Marco Benati, FILLEA CGIL di Padova