AGENZIA DELLA CGIL VENETO
VENETOLAVORO
fondata da Marco Masi
Agenzia della CGIL del Veneto Anno XVII n. 15 del 21 luglio 2008 Dir. resp. Simonetta Pento Aut. Trib. di VE n. 1190 del 15.5.95
Redazione via Peschiera 5 30174 Mestre VE [email protected] - Stampa CPSS Mestre Venezia
SISTEMA PRODUTTIVO VENETO
PRIME AVVISAGLIE
DI DIFFICOLTÀ
Nel Veneto, a fronte di una crescita rallentata (per il 2008 la
crescita del pil è stimata al di sotto dello 0,7%), ad una bassa
dinamica salariale e ad una diminuzione dei consumi, si sta
determinando una situazione di particolare sofferenza
soprattutto nel manifatturiero e nei settori maggiormente
esposti alla domanda interna.
L'osservatorio della Cgil regionale sulla cassa integrazione e
sulle crisi aziendali presenta per i primi sei mesi dell'anno un
quadro tutt'altro che roseo, dopo i segnali negativi già affacciatisi nel 2007.
In particolare:
aumentano ancora le imprese ma è crescita
zero nel manifatturiero: se sul piano generale il
numero delle iscrizioni resta ancora superiore a quello delle
cessazioni aziendali, nel comparto manifatturiero siamo vicini alla crescita zero. E' il dato peggiore mai registrato dal
2005, anno in cui è giunta a termine la pesante ristrutturazione che ha visto sparire dal Veneto interi agglomerati di
attività a basso valore aggiunto, anche come conseguenza
delle delocalizzazioni.
Cassa integrazione a livelli record: da gennaio a
maggio 2008 le ore di cassa integrazione erogate in Veneto
sono state 5.040.097, pari al 33,45% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (in valori assoluti l'incremento è di 1.263.350 ore). L' impennata riguarda sia la
cassa integrazione ordinaria (1.424.523 ore, con un aumento del 61,90% rispetto al 2007) che quella straordinaria, legata prevalentemente a ristrutturazioni e crisi aziendali, che
raggiunge quota 3.615.574 ore in 5 mesi con un balzo del
24,81% sul 2007.
Si tratta di cifre record che vedono la nostra regione distaccare considerevolmente la media nazionale (+20,19% per la
cassa integrazione ordinaria e +2,06 per quella straordinaria
in Italia) e posizionarsi in testa alla classifica delle regioni più
esposte, assieme a Friuli, Marche ed Emilia Romagna, tutte
aree con strutture produttive similari alla nostra.
All'ammontare delle ore di cassa integrazione (ordinaria e
straordinaria) corrispondono oltre 10.000 lavoratori che per
un mese non hanno lavorato affatto, vedendo così significativamente decurtato il proprio reddito.
L'andamento della cassa integrazione, al rialzo da inizio
anno, progredisce col passare dei mesi e a maggio conosce
un' ulteriore impennata, avanzando di ulteriori due punti
rispetto al primo trimestre 2008 quando l'incremento delle
ore sull'analogo periodo del 2007 era stato del 31,3%
Quanto ai settori, la cassa integrazione cresce ovunque con
la punta più alta nel metalmeccanico (2.078.325 ore nei soli
primi 3 mesi ed un + 40% rispetto al primo trimestre 2007) e
nella chimica (364.711 ore nel 2008 contro le 12.735 del
2007). Balzi elevati si registrano in produzioni come legno,
pelli e cuoio, carta, mentre la crisi non risparmia nemmeno il
comparto dei servizi dove le ore sono più che raddoppiate,
passando da poco più delle 40.000 del 2007 alle quasi
100.000 del 2008.
Segue a pag. 2
ANCORA ALL'ATTACCO PER
DESTRUTTURARE LAVORO E
CONTRATTAZIONE
Tra gli interventi previsti nel Decreto Legge n. 112 del
25/6/2008, il cosiddetto "Pacchetto Sacconi" sul lavoro
rappresenta, sia nel merito che nel metodo, un inaccettabile attacco al ruolo della contrattazione collettiva e una
riduzione delle tutele dei lavoratori, a tutto vantaggio
degli interessi delle imprese, al punto da chiedersi se ha
ancora senso chiamarlo Ministro del Welfare.
Questi primi provvedimenti (assieme alla detassazione
degli straordinari) erano già in parte stati annunciati nel
corso della campagna elettorale e contenuti nel programma di Governo. Essi rappresentano un'anticipazione del "nuovo corso del diritto del lavoro" che il Ministro
del "Welfare" ha preannunciato nel corso delle audizioni
alla Camera e Senato e che dovrebbe culminare con la
presentazione a giorni di un Libro Verde sul futuro del
modello sociale in Italia.
La filosofia e i punti centrali di questo documento sono
stati anticipati dal Professor Tiraboschi, consulente del
Ministro Sacconi, in un recente articolo pubblicato su
"Guida al Lavoro" dello scorso 11 luglio.
Gli assi portanti di questa "nuova filosofia" vengono così
annunciati:
l il completamento e implementazione della L. 30/03
attraverso la manutenzione del D.Lgs 276/03;
l il rilancio di una moderna politica di Welfare to work,
funzionale alla riforma degli ammortizzatori sociali (naturalmente a costo zero per le imprese).
l il sostegno alla produttività del lavoro anche attraverso
il rilancio delle relazioni industriali nell'ottica partecipativa
incentrata sulla bilateralità.
Queste linee di azione non rappresentano una novità
rispetto alla legislatura 2001/2006, semmai si pongono in
perfetta continuità ideologica, senza tener conto dei risultati concreti di attuazione della L. 30 che, nel caso del
Nord-Est (secondo una recente ricerca dell'omonima
Fondazione) viene utilizzata (quanto ai nuovi rapporti di
lavoro flessibili) da meno del 40% delle imprese.
La vera novità che traspare dai primi interventi del
Governo e soprattutto nel Decreto 112/08, riguardano:
l lo stravolgimento e la cancellazione di alcune misure
previste nella L. 247/07 attuativa del Protocollo Governo
e Parti Sociali del 23 luglio 2007;
l gli interventi in materia di orario di lavoro, sul sistema
solidaristico della tutela della malattia e sugli appalti;
l lo svuotamento della funzione di controllo e di vigilanza dei Servizi ispettivi, con l'obiettivo di orientarne il ruolo
verso funzioni di promozione e di maggior collaborazione
con le imprese "dopo la stagione delle ispezioni nei luoghi di lavoro avviata nel corso della passata legislatura"
(Tiraboschi)
Segue a pag. 4
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21 luglio 2008
VENETOLAVORO
PRIME AVVISAGLIE DI DIFFICOLTÀ - segue dalla prima pagina
È un dato preoccupante se si pensa che in comparti come il commercio gli ammortizzatori sociali sono usufruibili solo nelle
unità con più di 50 dipendenti.
I settori che ancora a marzo presentavano un decremento della cassa integrazione sono l'alimentare, l'edilizia (dove però
sta arrivando lo sboom con il calo del mercato privato e, non a caso, già le casse edili evidenziano un calo del 10% delle
ore lavorate), il tessile ed il sistema moda più in generale che, dopo il drastico ridimensionamento avvenuto tra il 2001 ed
il 2004, presenta un quadro differenziato con nuove performances su alcune produzioni di nicchia, ma con colpi pesanti
in alcune aree che fanno temere un' ulteriore restrizione produttiva.
Ai dati relativi alla cassa integrazione prestata dall'Inps vanno aggiunti, per completare il quadro delle crisi aziendali, i sussidi erogati tramite la direzione regionale del lavoro che copre alcuni (non tutti) settori di piccola e piccolissima impresa
esclusi dagli ammortizzatori sociali. Nel 2007 tale istituto ha dato copertura per una quota equivalente a 2.966 lavoratori
per un mese di non lavoro. Nel 2008 questo dato registra una tendenza all'aumento.
Occupazione in crescita, ma precaria: nei primi mesi dell'anno l' occupazione si presenta in aumento, ma una
lettura disaggregata del dato fa emergere fenomeni nuovi come l'incremento del tasso di disoccupazione femminile.
Ma è soprattutto sulla natura dei rapporti di lavoro che va spesa una riflessione. L'anno scorso nel Veneto le assunzioni
a tempo indeterminato sono state appena il 27% del totale. A livello di stock il lavoro a termine interessa ormai più del 15%
degli occupati (era il 9,4% nel 2004) ed è prevalentemente lavoro in somministrazione (ex interinale). Se si sommano a
tale quota le false collaborazioni (ossia co.co.co e co.pro. che operano con le modalità del lavoro subordinato), i falsi rapporti di associazione in partecipazione ed i tirocini utilizzati in modo improprio, si arriva ad una stima di 350.000 lavoratori precari, pari ad un quarto del lavoro dipendente. Ciò senza contare i 200.000 lavoratori irregolari (10% della forza lavoro) stimati nella regione.
Aziende in crisi: gli ultimi mesi hanno visto accendersi situazioni di crisi in tutte le province venete. I settori più colpiti sono il metalmeccanico, il tessile ed il legno, mentre sta precipitando la situazione dell'intero comparto orafo vicentino
(trascinato dalla crisi del dollaro ma anche da un calo drastico della domanda interna) e si moltiplicano richieste di cassa
integrazione e mobilità nell'occhialeria bellunese, già drasticamente ridimensionata tra il 2002 ed il 2004.
Queste, provincia per provincia, le situazioni di difficoltà emerse di recente:
Belluno
Occhialeria:
l Fedan: 100 lavoratori in mobilità su
300 dipendenti
l Accademie Optical: (53 dipendenti)
prossima alla chiusura
l Safilo: (1.140 dipendenti) 13 persone in cassa integrazione a rotazione
fino a settembre
l 20 piccole aziende del distretto con
sospensioni per circa 200 dipendenti
Padova:
Metalmeccanico:
l GBS: 200 dipendenti gran parte dei
quali in cassa integrazione
l Main Group (macchine per calzature): 70 dipendenti di cui oltre 50 in Cigs
l Alessio ruote (indotto auto) 100
dipendenti tutti in cassa integrazione
l Difficoltà inoltre si presentano a
seguito di un rallentamento degli ordinativi nel settore degli elettrodomestici.
Per ora si tratta di brevi periodi di
cassa integrazione ordinaria che nel
padovano hanno già toccato Filippi e
Lofra cucine.
Alimentare:
l Arena: (150 lavoratori) prospettata
chiusura
dello
stabilimento
di
Montagnana
Tessile:
l Sixty act: (20 dipendenti) prossima
alla chiusura
l Gte lavanderia: richiesta di cassa
integrazione per 30 dipendenti
l Itac lavanderia: richiesta di cassa
integrazione per 30 dipendenti
Rovigo:
metalmeccanico:
l Bassano Grimeca (700 dipendenti):
cassa integrazione a rotazione
l ACC (200 dipendenti) mobilità di
tutto il personale
Chimica:
l Ajinomoto: 50 lavoratori, tutti in
cassa integrazione
Commercio:
l Bozzola (arredi per bagno): prospettata la chiusura di tutte le 14 filiali con
sospensione, a livello nazionale, dei
247 lavoratori.
Treviso:
metalmeccanico:
l Berco
l Zanussi (elettrodomestici): prospettato un taglio di 300 posti di lavoro a
Susegana
alimentare:
l Colussi: (80 lavoratori): chiusura, a
settembre, dello stabilimento di Vittorio
Veneto
Venezia:
Chimica:
l Sirma: 230 lavoratori, prospettata la
chiusura
l Ineos: 250 dipendenti, abbandono
delle produzioni italiane da parte della
proprietà
l Problemi alle lavorazioni legate al
polo chimico di Marghera anche a
seguito delle scelte di Ineos e permanere di difficoltà nelle prospettive di
Montefibre e Solvay
l Problemi diffusisi stanno affacciando
nel settore del vetro artistico a Murano
Tessile:
l Linificio Veneto di Portogruaro
Metalmeccanico
l Difficoltà crescenti in molte piccole
aziende con l'aumento della cassa
integrazione
Verona:
Metalmeccanico:
l difficoltà diffuse nel termomeccanico
che hanno coinvolto numerose aziende (la Feroli, ad esempio, è appena
uscita ad due settimane di cassa inte-
grazione), gravano sull'indotto e prendono in mezzo anche grandi gruppi
come Riello che vuole chiudere lo stabilimento di Lecco. Tra le maggiori
aziende del settore ricorse a cassa
integrazione, vale citare
l Sime: 120 dipendenti in cassa integrazione fino ad agosto
l Fonderia Veral (gruppo Biasi): 80
lavoratori in cassa integrazione
Tessile:
l Abital: 220 dipendenti in cassa integrazione a settembre per 8 settimane
Calzaturiero:
l Antonini: (65 dipendenti) 20 lavoratori in mobilità
l Olip: (90 dipendenti), mobilità per 27
persone
l Monte Rosa: (40 dipendenti) rischio
di chiusura
Mobili:
l Selva (mobili per alberghi): 150
dipendenti in cassa integrazione a
rotazione. Ripercussioni su 30 aziende
dell'indotto
l Problemi diffusi in molte piccole
aziende della bassa veronese
Lapideo:
l Quarella: (400 dipendenti) richiesta
di mobilità per 100 persone
l Antiquaris: (54 dipendenti) cassa
integrazione per parte del personale e
richieste di mobilità per 6 lavoratori
Vicenza:
Metalmeccanico:
l difficoltà in tutto il comparto dell'oreficeria, dimezzato nel numero di addetti
l problemi nelle aziende che producono macchinari per il tessile
Tessili:
l Rainer tintoria
l Euro Manteaux (60 dipendenti)
Concia:
l Nuova Gasbi
l Tecno System
l Gruppo Salmaso
VENETOLAVORO
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21 luglio 2008
PRONTO L'ACCORDO PER I "SOMMINISTRATI", UNA CATEGORIA
CHE ORMAI INTERESSA MOLTI LAVORATORI MATURI
In dirittura d'arrivo il rinnovo del Ccnl dei lavoratori in somministrazione dopo che è stato definito un accordo tra
NIdiL-Cgil Alai-Cisl Cpo-Uil, in rappresentanza dei lavoratori, ed Assolavoro, in rappresentanza di 81 Agenzie per il
Lavoro.
Il nuovo Contratto, che sarà firmato a giorni, introduce
importanti misure per il miglioramento delle condizioni di
lavoro attraverso un sistema di prestazioni sociali a carico
della bilateralità ed un rafforzamento delle tutele.
NIdil Cgil di Treviso ritiene che l' intesa rappresenti un rilevante traguardo, anche per la specificità di questo contratto nazionale che interessa una tipologia contrattuale il cui
utilizzo, in questi ultimi 10 anni, si è rivelato in costante crescita.
Nel 2007 i lavoratori che hanno avuto almeno un contratto
di lavoro interinale sono stati in Italia quasi 600mila, contro
i 508mila del 2006, con un incremento del 13% in un anno.
Lo stesso numero delle agenzie autorizzate è sensibilmente aumentato: dalle 33 società operanti nel 1988 si è passati alle 81 del 2007.
In base ad una ricerca dell'Osservatorio Ebitemp (ente bilaterale dei lavoratori interinali) pubblicata a maggio del
2008, il lavoro in somministrazione rappresenta oramai
circa l'1,2% dell'occupazione dipendente (era lo 0,4% nel
2000) ed il 12,5% dell'occupazione atipica (esclusi i parasubordinati).
E' inoltre cambiato il target dei lavoratori interessati da questa tipologia contrattuale. La percentuale dei giovani con
meno di 30 anni è, infatti, diminuita di circa 8 punti negli ultimi cinque anni, attestandosi al 49,4% nel 2007. Sono invece aumentati i lavoratori con più di 40 anni, che rappresentano quasi il 20% dei lavoratori interinali (erano il 13% nel
2003), e sono addirittura raddoppiati gli over 50, passati dal
2,6% al 4,3%.
Questi dati dimostrano come il lavoro interinale non rappresenti più solamente un canale d'ingresso nel mercato
del lavoro per i giovani, ma sia divenuto anche uno strumento di ricollocazione per i lavoratori con esperienza lavorativa.
Anche la presenza delle donne è aumentata, soprattutto tra
le immigrate. Il genere femminile rappresenta il 43,5% del
totale nel 2007, contro il 39,9% nel 2002.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, la diffusione di questa forma contrattuale ha interessato soprattutto
le regioni settentrionali dove sono occupati circa il 72% dei
lavoratori interinali e l'85% degli interinali stranieri (in particolar modo nel Nord Est, dove un interinale su quattro è
immigrato).
La prima regione italiana per numero di interinali è la
Lombardia, con circa 168mila lavoratori pari al 29,4% del
totale interinali; seguita dal Veneto con 72.880 interinali
(12,7%del totale), di cui 24.787 immigrati.
Nella nostra regione il ricorso ai contratti di somministrazione è predominante nel settore manifatturiero (che determina oltre il 60% delle missioni totali) ed in particolare nell'industria meccanica.
I dati del 2005 rivelano che nel Veneto, le missioni hanno
costituito il 17% delle assunzioni totali ed il 24% dei contratti temporanei.
Anche in provincia di Treviso l'occupazione interinale si è
caratterizzata per una costante crescita: sono 19.573 le
assunzioni effettuate con contratto di lavoro in somministrazioni nel 2006 (di cui il 57% maschi ed il 42% immigrati), mentre sono state 5.432 nel 2000.
Il peso del lavoro interinale sul totale delle assunzioni è
quindi passato dal 6% nel 2000 al 20,4% nel 2006. Queste
hanno interessato soprattutto le aziende industriali, con
incidenza superiore alla media nelle zone di Oderzo e di
Conegliano (rispettivamente pari al 30% e al 25% ).
Relativamente alla durata delle missioni, a livello nazionale nel 2007 un lavoratore interinale è stato praticamente
assunto e licenziato in media 4 volte e la durata del contratto è stata mediamente di 44 giornate. Per quanto riguarda il Veneto, nel 2005, si è evidenziato il prevalere di missioni di breve o brevissima durata. Le prestazioni lavorative inferiori ai 30 giorni sono state, infatti, il 50% delle missioni e quelle comprese tra uno e tre mesi hanno rappresentato il 28%.
E' in tale contesto che il nuovo contratto nazionale introduce significative misure per il governo di quella flessibilità
propria del lavoro in somministrazione e che troppo spesso si traduce in vere forme di precariato.
Per la prima volta si è, infatti, cercato di dare una certa stabilità a questa tipologia contrattuale, con la previsione della
trasformazione del rapporto a tempo indeterminato per
almeno 12 mesi.
L'assunzione automatica da parte delle agenzie si determina dopo 36 mesi di missione presso lo stesso utilizzatore o
dopo 42 mesi presso utilizzatori diversi, anche non continuativi, purché tra una missione e la successiva non intercorrano più di 12 mesi per il rifiuto da parte del lavoratore
ad una congrua proposta di lavoro. Si è contemporaneamente prevista una flessibilità in uscita, attraverso l'erogazione di 6 mesi di indennità di disponibilità (7 per gli over
50), a carico dell'agenzia e della bilateralità, nel caso in cui,
per mancanza di lavoro, sia impossibile, il mantenimento
del rapporto di lavoro.
Le nuove previsioni contrattuali hanno inoltre determinato
la realizzazione di un nuovo welfare, aggiuntivo a quello
garantito dallo Stato, e specificatamente dedicato ai lavoratori in somministrazione a carico della bilateralità.
Si sono rafforzate le prestazioni esistenti sull'accesso al
credito, sugli infortuni, sulla tutela sanitaria e si sono introdotte ulteriori misure di intervento, quali ad esempio la
costituzione di un Fondo chiuso di settore per la previdenza integrativa ed il sostegno al reddito per i lavoratori disoccupati da 45 giorni (con almeno 6 mesi lavorati negli ultimi 12).
Per quanto concerne la tutela della maternità, si è concordata la corresponsione di un assegno pari a 1.400 euro alle
lavoratrici che cessano la missione entro i primi 180 giorni
di gravidanza, se non hanno diritto a percepire l'indennità a
carico dell'Inps; mentre si è convenuto di definire un sostegno per le spese legate all'asilo nido. Si è anche stabilito il
diritto di precedenza al riavvio in missione di pari livello professionale, se la lavoratrice presenta richiesta entro 30
giorni dalla fine della maternità.
Particolare importanza si è, inoltre, data alla formazione
continua, quale strumento di riqualificazione professionale
e di reinserimento lavorativo, tramite l'introduzione di voucher individuali a valere sul fondo Fomatemp, e alla formazione sulla sicurezza di settore e d'impresa, prevedendo la
possibilità di dimissioni per giusta causa, in caso di mancata ottemperanza dell'utilizzatore degli obblighi formativi
sulla sicurezza previsti dalle norme o da contratto.
NIdiL Cgil di Treviso esprime, pertanto, piena soddisfazione per un accordo che risulta essere particolarmente innovativo, che tende a garantire più sicurezza e tutele, che
valorizza la bilateralità per dare maggiori protezioni sociali.
Ci auguriamo che l'intesa raggiunta possa rappresentare
un primo passo verso una più puntuale regolamentazione
delle diverse forme di lavoro flessibile, sempre più diffuse
nel nostro mercato del lavoro.
Maria Cristina Furlan, Segretaria generale NIdiL Cgil Treviso
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21 luglio 2008
VENETOLAVORO
CRESCE IL LAVORO PRECARIO
ANCORA ALL'ATTACCO PER DESTRUTTURARE LAVORO
E CONTRATTAZIONE - segue dalla prima pagina
Nonostante l'ostentazione di ottimismo sulle capacità
della nostra Regione di affrontare i forti cambiamenti
imposti dalla globalizzazione e competizione dei mercati, pur in una fase di quasi recessione di cui il Veneto
non è immune, nella presentazione del Rapporto 2008
sul Mercato del Lavoro Veneto, accanto a conferme
positive quali l'aumento del tasso di occupazione (al
65,8%) ed il basso livello del tasso di disoccupazione
(al 3,3%), vanno tuttavia evidenziate alcune tendenze
che mettono in luce, un lento ma costante incremento
da alcuni anni a questa parte, del lavoro precario.
In sostanza si tratta, senza fare i catastrofisti ma anche
senza negare che il problema esista come dice la
Regione, di analizzare non solo i dati elaborati dall'Istat
che sappiamo non essere spesso adeguati alla realtà
(basti pensare alla misurazione dell'inflazione), ma di
guardare meglio ai dati più realistici delle fonti amministrative regionali (Centri per l'impiego, Inps, Inail), che
mettono in evidenza un andamento sicuramente problematico nelle assunzioni con le diverse tipologie di
lavoro temporaneo, le quali penalizzano soprattutto le
donne e i giovani.
Nel merito occorre rilevare che mentre l'Istat stima il
lavoro a termine nel 2007 (compresa la somministrazione) attorno al 11,3% (era il 9,4% nel 2004), i dati
rilevati a livello Regionale lo attestano invece al 15%.
Secondo il rapporto "il lavoro a tempo determinato è
cresciuto significativamente negli ultimi anni in valori
assoluti", ma non ha eroso più di tanto lo spazio del
lavoro a tempo indeterminato.
Tra i contratti a termine è cresciuto il ricorso alla somministrazione di lavoro mentre vi è stata un riduzione
dell'apprendistato. Viene inoltre messo in evidenza
come la crescita del lavoro a termine abbia interessato quasi esclusivamente lavoratori stranieri, mentre per
la componente italiana la riduzione dei contratti a
causa mista è stata compensata con la crescita dei
contratti di somministrazione.
Per una stima del lavoro precario in Veneto occorre
aggiungere il peso delle false collaborazioni nel settore privato e nella P.A., dei falsi rapporti di associazione
in partecipazione e di quei tirocini che vengono utilizzati in modo improprio.
L'area del lavoro precario in Veneto si colloca quindi
oltre il 20% che in cifra assoluta significa circa 350.000
persone. Va inoltre tenuto presente che secondo le
stime più recenti contenute nel Rapporto. Il lavoro irregolare in Veneto supera le 200. 000 unità, attestandosi vicino al 10% della forza lavoro.
Un ulteriore dato da mettere in evidenza (e su cui qualche riflessione andrebbe fatta), riguarda il lavoro intermittente o a chiamata, reintrodotto di recente con il
D.L. 112 del 25/6/2008, dopo la sua sostanziale abrogazione prevista dalla L. 247/07.
Dopo un avvio molto modesto, si è passati da circa
10.000 assunzioni nel 2006 alle quasi 20.000 del
2007, attestandosi vicino al 4% del totale delle assunzioni. La maggior parte delle assunzioni a chiamata
avviene negli alberghi, ristoranti e commercio (70%)
mentre è scarsamente utilizzato nel manifatturiero.
Poco utilizzato invece il contratto di inserimento, che a
differenza del lavoro a chiamata è stato oggetto di un
accordo interconfederale nel 2004 e pressoché disciplinato da tutti i Contratti nazionali di Lavoro.
Come si dice nel Rapporto, il Veneto stà meglio
dell'Italia ma peggio dell'Europa; sarebbe il caso che
chi governa la Regione e non solo, riconosca che i problemi ci sono anche qui e cominci a dare risposte di
tipo Europeo, in merito a politiche attive del lavoro più
adeguate e sollecitando una seria riforma degli
ammortizzatori sociali (di cui non si sente parola).
l l'attacco frontale all'autonomia contrattuale, prevedendo un ruolo
esplicitamente derogatorio e peggiorativo in capo alla contrattazione
aziendale e territoriale, con l' obiettivo di creare una situazione di frammentazione contrattuale e l'indebolimento del Contratto nazionale di
lavoro.
Nello specifico, i punti più rilevanti cancellati o modificati dal Decreto
112/08 riguardano:
IL CONTRATTO A TERMINE prevedendo la possibilità di assunzione
anche per la "ordinaria attività del datore di lavoro", deroghe in "peius"
in capo a tutti i livelli contrattuali, con riferimento al diritto di precedenza nelle assunzioni ed ai distacchi temporali tra un contratto a termine
ed un altro.
IL LAVORO ACCESSORIO con l'ampliamento del ricorso a tale istituto ad attività tipiche di lavoro subordinato (attività agricole stagionali,
giovani studenti fino a 25 anni nei periodi di vacanza, ecc.) e l'estensione a tutti senza limitarlo, come prima, a particolari soggetti.
IL LAVORO INTERMITTENTE o a chiamata che viene reintrodotto
integralmente dopo che la L. 247/07 lo aveva limitato aI settore turismo e spettacolo, previa disciplina contrattuale.
L'APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE con l'abrogazione
del limite di durata minima di 2 anni e, nel caso di formazione aziendale, l'attribuzione a tutti i livelli contrattuali delle competenze (che in
parte erano in capo alle Regioni) sulla definizione dei profili formativi,
sulla durata della formazione (attualmente sono 120 minime), le
modalità di erogazione, il riconoscimento della qualifica professionale
e la registrazione nel libretto formativo.
I DISABILI con la reintroduzione dell'art. 14 del D.Lgs. 276/03.
IL PART TIME con l'abrogazione della norma contenuta nella L.
247/07 tesa a scoraggiare il tempo parziale con meno di 12 ore e, per
quanto concerne i pubblici dipendenti, la discrezionalità della P.A. nel
concedere i Part Time oggi regolati dal Contratto di lavoro.
L'ORARIO DI LAVORO prevedendo deroghe pesantissime, da parte
di tutti i livelli contrattuali, in materia di riposi giornalieri, le pause, il
lavoro notturno. Inoltre si prevede la possibilità di fruire del riposo settimanale (rt. 36 Cost.) calcolandolo come media in un periodo non
superiore a 14 giorni, ovvero lavoro per 12 giorni consecutivi e poi faccio 2 giorni di riposo!
SI ABROGANO IL LIBRO PAGA E MATRICOLA e si istituisce il
nuovo libro unico del lavoro, che se da un lato semplificherà le procedure di registrazione dei dati dei lavoratori alle imprese, commercialisti ed ai consulenti del lavoro, dall'altro impedirà o renderà quasi
impossibile il controllo degli ispettori del lavoro, sulla regolarità dei
rapporti di lavoro e la lotta al lavoro nero. Infatti l'azienda o il consulente del lavoro potranno registrare tutti i dati dei lavoratori alle dipendenze, entro il giorno 16 del mese successivo mentre oggi sono tenute e farlo quotidianamente. Inoltre in caso di tenuta del nuovo libro da
parte di Consulenti o commercialisti, questi ultimi hanno tempo 15
giorni per fornire agli ispettori i documenti richiesti per il controllo delle
posizioni lavorative (attualmente con il libro matricola la verifica è
immediata). L'unica verifica "relativamente immediata" potrà essere la
comunicazione di assunzione al Centro per l'impiego, sempre che non
passi l'emendamento del Governo che prevede la comunicazione ai
CPI non più il giorno prima ma entro 5 giorni, nel qual caso il gioco è
fatto, con conseguenze che è facile immaginare.
VIENE CANCELLATA LA L. 188/2007 che aveva introdotto la procedura telematica sulle dimissioni volontarie, al fine di evitare l'odioso
fenomeno delle dimissioni in bianco, ad esempio per maternità, ma
non solo.
Occorre infine mettere in evidenza la totale mancanza di confronto con
il sindacato sull'insieme di questi provvedimenti (e il Ministro Sacconi
si lamenta della posizione pregiudizialmente ostile della Cgil...) e, cosa
che preoccupa, il silenzio assordante di Cisl e Uil nazionali su questi
primi provvedimenti, i quali vanno a scardinare un accordo di pochi
mesi fa che ha coinvolto 5 milioni di lavoratori e pensionati (più "comprensibile" anche se inaccettabile e da stigmatizzare quello di
Confindustria). A questo punto è indispensabile riprendere un forte ed
ampio rapporto con i lavoratori, attraverso una capillare campagna di
informazione e orientamento nei luoghi di lavoro e nel territorio, per
preparare, come indica la segreteria nazionale della Cgil, la necessaria ed a questo punto urgente ed auspicabile mobilitazione unitaria.
Fabrizio Maritan, Dip. Politiche Attive del Lavoro Cgil Veneto
Lucia Basso, Segretaria Cgil Veneto
Fabrizio Maritan, Dipartimento Politiche Attive del Lavoro
VENETOLAVORO
21 luglio 2008
NO AL VOUCHER
CHE SCACCIA LE TUTELE
Migliaia di stagionali agricoli invitati a
rifiutare il lavoro pagato coi bollini
A volte ritornano, è proprio il caso di dire. Sacconi ci aveva già
provato, allora come sottosegretario al Welfare (Maroni era il
Ministro), con il precedente governo Berlusconi.
Quella volta il tentativo era demolire il lavoro agricolo attraverso la messa in discussione delle indennità di disoccupazione, la messa in mora del sistema contrattuale e delle regolamentazioni del mercato del lavoro in agricoltura.
Tre scioperi nazionali dei lavoratori agricoli convinsero il
Governo e l'allora Ministro dell' Agricoltura Alemanno ad
abbandonare ogni velleità e a riconoscere, in un protocollo tra
le parti, la dignità dei lavoratori agricoli.
Si arrivò alla firma di un protocollo a livello nazionale, estesa
alle organizzazioni professionali agricole, per il riconoscimento del lavoro agricolo, compreso quello stagionale, unificando
diritti e tutele al pari delle altre categorie di lavoratori. Ciò a
partire dal diritto alla salute, alla lotta contro gli infortuni e contro il lavoro in nero ed il caporalato, che spesso sono la faccia
della stessa medaglia, alla limitazione per legge degli orari di
lavoro, al riconoscimento, infine, di un sistema di relazioni che
passa attraverso il rilancio della contrattazione, favorendo tra
l'altro la firma, allora, di un importante Contratto Nazionale.
Quel protocollo, liberamente sottoscritto tra le parti, fu recepito dal Governo Prodi ed inserito - nel settembre del 2007 dal
ministro Damiano - nell'accordo sul Lavoro e sul Welfare del
23 luglio 2007.
Ora Sacconi pensa di scardinare questo accordo (trasformato
in molti punti importanti in Disegno di Legge) utilizzando come
"cavallo di Troia" i voucher che vengono estesi a tutto il lavoro
stagionale agricolo.
In Veneto significa azzerare le tutele per quasi il 70% degli
occupati in agricoltura e togliere reddito a diverse migliaia di
famiglie che vivono sull' occupazione stagionale, non solo per
i lavori di campagna, ma anche nella trasformazione di filiera
industriale (basti pensare al settore della macellazione avicola
dove si applica la previdenza agricola).
A questo punto è d'obbligo una precisazione - lo dico per quelli che ci accusano di dire sempre no - circa l'accordo che
abbiamo fatto, relativo all'impiego di studenti e pensionati per
il riconoscimento del lavoro occasionale strettamente collegato alla vendemmia, con l'obiettivo di far emergere e rendere
esplicito quel lavoro di qualche settimana, a oggi quasi tutto
non regolarizzato. Quell' obiettivo, presente nel D.M. del 12
marzo 2008 dall'allora ministro Damiano, non ha visto la CGIL
e la FLAI pregiudizialmente contrari.
In Veneto come CGIL e FLAI, unitariamente a CISL e UIL, e
con le organizzazioni professionali agricole, INPS, INAIL,
Regione e Veneto Lavoro il 25 di Giugno scorso abbiamo sottoscritto un progetto sperimentale, per il 2008, sull'utilizzo dei
voucher per la vendemmia che coinvolge esclusivamente studenti fino a 25 anni di età e pensionati. L'accordo prevede tra
l'altro il controllo e il coinvolgimento dell'INPS, dei Centri per
l'Impiego Territoriali, oltre che dell'INAIL e fissa a 10 euro per
ogni ora il costo dei voucher per l'impresa. Di questi 7,50 euro
vanno direttamente nelle tasche dei lavoratori e la quota rimanente è versata nei fondi previdenziali e assicurativi di INPS ed
INAIL.
E' un accordo importante, copiato in molte altre regioni soprattutto perché fatto in Veneto, la regione di Sacconi e Zaia
- che interpreta nel merito e nello spirito il D.M. del 12 Marzo,
limitando e focalizzando il lavoro accessorio alla vendemmia e
a due precise tipologie di lavoratori: pensionati e studenti.
Ben altra è invece l'operazione contenuta nel decreto 112.
Sacconi, infatti, vuole estendere i voucher a tutto il lavoro stagionale agricolo (in Veneto si applicherebbero a circa 18.000
lavoratori), abbassare il costo per l'impresa a 5 euro all'ora
onnicomprensivi, assorbendo di fatto tutte le parti normative e
salariali dei Contratti Nazionali e Provinciali, eliminando per i
lavoratori avventizi la disoccupazione agricola, la copertura
previdenziale, la malattia, mentre l'orario di lavoro ritornerebbe
5
ad essere quel "dall'alba al tramonto" dal sapore ottocentesco.
Non solo; il decreto 112 contiene tra l'altro l'abolizione del registro d'impresa e del Durc, oltre alla sanatoria per gli imprenditori che riconosceranno di aver utilizzato lavoro nero.
In una parola 800.000 lavoratori di questo Paese torneranno
alla triste realtà del lavoro agricolo dell'inizio secolo.
E' una prospettiva inaccettabile e come FLAI ci stiamo mobilitando per una grande campagna di informazione e sensibilizzazione all'interno del lavoro agricolo, in linea con quanto deciso dalla CGIL con la settimana di sensibilizzazione sul DPEF
del 21-25 luglio.
Per dire no ai voucher nel lavoro stagionale agricolo, per dire
no alla destrutturazione contrattuale e normativa in agricoltura,
per difendere la dignità del lavoro agricolo inviteremo tutti i
lavoratori avventizi di questo Paese, migranti compresi, a rifiutare rapporti di lavoro pagati con i "bollini".
Vedremmo come faranno gli imprenditori, agricoli e non, senza
i lavoratori stagionali!
Questa campagna di sensibilizzazione che vogliamo condurre
unitariamente a FLAI e UILA, dovrà anche preparare lo sciopero generale dei lavoratori dell'agricoltura per i primi di settembre.Sacconi ha gia avuto modo di conoscere i lavoratori
del settore agricolo. Stia certo: o modifica radicalmente il
Decreto 112, oppure dovrà prepararsi ad un autunno molto
caldo.
Roberto Montagner, Segretario Generale della Flai del Veneto
DIMISSIONI IN BIANCO PIÙ
FACILI: ATTACCO ALLA
MATERNITÀ E ALLA LIBERTÀ
La cancellazione della Legge 188/07 sulle dimissione volontarie rafforza la filosofia del Governo di destra rendendo esplicito un disegno d'indebolimento e frantumazione del mondo del
lavoro: sempre più differenziazioni tra pubblico e privato, e
aumento della precarietà attraverso anche l'abolizione di tutele.
Non è più uno scontro diretto, come nel passato, ma una sottile manovra legislativa che rende molto più difficile aggregare
l'azione dei lavoratori e del sindacato.
La legge del 2007 sulle dimissioni volontarie rendeva più difficile le odiose "dimissioni in bianco" ancora presenti nelle
aziende, in particolare di piccole dimensioni e riguardante
generalmente l'occupazione femminile.
La motivazione che ha addotto il Governo attuale a modificarla è l'eccessiva farraginosità delle procedure previste e "l'evidente" facilità per la persona di farsi tutelare dal magistrato se
oggetto di vessazione padronale.
In pratica la procedura telematica non esiste più e si ritorna al
passato.
Ritornano con forza a farsi largo nella politica e nella società
due concetti banali, ma espliciti, che rafforzano una sub-cultura liberista: l'impresa è più importante delle persone (come a
dire che il mercato deve prevalere sulla vita dei singoli che lo
affollano e ne fanno parte); e si ristabilisce "l'attentato" alla
maternità (se rimani in gravidanza ti licenzi) e alla libertà (se ti
iscrivi ad un sindacato ci sono già le tue dimissioni).
È evidente che la generalizzazione di queste attitudini "imprenditoriali" non serve e non aiuta, ma è altrettanto evidente che
decisioni legislative e culturali che agevolano tale pratica non
aiutano certamente a contenerla.
Oggi, dimostrare di aver firmato le dimissioni in bianco all'atto
dell'assunzione ridiventa ancora difficile se non impossibile.
L'evidente situazione di ostaggio nei confronti dell'azienda da
parte dei dipendenti rappresenta una palese violazione dei
diritti della persona.
Confindustria e le imprese che amano sempre più usare il termine "collaboratori" per definire le loro maestranze dovrebbero forse fare un supplemento di riflessione.
Infine, se ce ne fosse la necessità, tutto ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro sottolinea sempre più la demarcazione culturale e la sensibilità diversa verso i lavoratori, tra il centro sinistra e la desta al governo.
Claudio Zaccarin, Segretario Generale Filtea del Veneto
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21 luglio 2008
VENETOLAVORO
LA VERA SFIDA È QUELLA DELLA QUALITÀ
Un salario medio netto di un operaio si aggira oggi in Italia
attorno ai 1.000/1.100 euro al mese. Uno stipendio di un
impiegato sta attorno ai 1.300 euro, quello di un dipendente di
piccola impresa attorno agli 879 euro, quello di un lavoratore
non standard gira attorno agli 800 euro e se si è un giovane
con meno di 24 anni lo stipendio può scendere sotto i 788
euro mese. Per le donne va anche peggio (IRES 2008).
E' riconosciuto da tutti che oggi, in Italia, esiste un grave problema salariale che ha ripercussioni nella qualità della vita
delle famiglie e nella tenuta dei consumi interni del paese, che
infatti sono in caduta libera. Questi dati interrogano tutti.
Ritardi nel rinnovo dei contratti nazionali, inflazione programmata distante dall'inflazione reale, mancata restituzione del
cosiddetto fiscal drag, scarsa redistribuzione della produttività
e, aggiungiamo, squilibrio netto nella redistribuzione della ricchezza prodotta nelle imprese tra profitti e stipendi, secondo i
nostri calcoli hanno prodotto per un lavoratore una perdita in 6
anni di circa 1.900 euro su un reddito di 25.000 euro anno.
Va da sé che l'accordo del luglio '93 è morto ed è interesse
prima di tutto del sindacato arrivare ad un nuovo modello, ma
ad un patto: che esso dia una migliore e non una più scadente copertura del potere d'acquisto (già basso, come detto) di
stipendi e salari. Sennò non faremmo bene il nostro mestiere!
Ipotizzare, come fa il Governo con il consenso -ci pare- di
Confindustria, un rinnovo dei CCNL sui parametri di un'inflazione programmata all'1,7% quando quella reale è almeno il
doppio, significa voler colpevolmente perseguire una strada
che già parecchi danni ha fatto ai lavoratori e ai pensionati.
Non crediamo che i dipendenti possano sopportare ulteriori
perdite che si aggirerebbero attorno alla cifra di 1.000 euro al
bienno.
La nostra affezione al Contratto collettivo nazionale di lavoro
e l'idea di concordare un indicatore di inflazione più realistico,
derivano proprio dal fatto di poter garantire questa copertura
e, quando possibile, poterla "valorizzare".
Va da sé che un secondo strumento di protezione dei redditi
da lavoro non può che derivare da un intervento strutturale di
riforma dell'Irpef, che parta dall'aumento delle detrazioni fiscali sui redditi da lavoro dipendente e pensioni e arrivi alla riduzione delle tasse sugli aumenti contrattuali collettivi. E' una
richiesta che il sindacato fece al Governo Prodi e che ripropone oggi pari pari al Governo Berlusconi.
Sul territorio noi ci proponiamo con Cisl e Uil di aprire una
nuova stagione di negoziazione sociale con gli Enti Locali su
tariffe, rette, abitazioni, servizi…: è questa il 'terzo pilastro' su
cui poggia la protezione del reddito dei cittadini.
Ma non può essere affidato al solo Stato, il compito di rispondere al "grido di dolore" di una buona parte dei lavoratori
dipendenti e concordiamo sulla necessità di redistribuire parte
della ricchezza prodotta nelle aziende (aziende, che - per
inciso - vanno aiutate a produrla la ricchezza!) nelle aziende
stesse. Non ci sottraiamo perciò alla sfida lanciata dalle imprese affinchè gli aumenti di produttività che lì si creano, in quella sede siano contrattati e redistribuiti.
Serve in anticipo capirci sul termine "produttività" che non può
voler dire "aggiunta di ore lavorate", ma aumento del valore
per unità di prodotto, cosa che, oggi, si ottiene incorporando
nelle produzioni qualità, innovazioni, sapere, servizio.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo oggi in Italia (1,1% pil) e
in Veneto (0,6% pil) sono drammaticamente al di sotto della
media europea (2,0% del pil) per non parlare di Giappone e
USA e ciò interpella uno Stato che continua ad investire molto
poco nel sapere, ma anche le aziende che, sovente, stante
soprattutto la loro piccola dimensione (il 90% delle aziende
vicentine sta sotto i 9 dipendenti) non riescono ad adeguarsi
alla sfida competiviva in corso. Il 35% di esse, dicono studi di
Confindustria, sono in bilico.
Infine: se si decentra al secondo livello la contrattazione della
produttività, bisogna che quella contrattazione sia possibile,
esigibile e non riguardi, come accade oggi, solo il 30% massimo il 40% dei lavoratori. Ciò non accade per inerzia del sindacato. Accade proprio a causa della struttura produttiva del
nostro territorio, accade anche - diciamocelo - per una tradizionale insofferenza di molta imprenditoria locale ad aprire
confronti col sindacato anche nella buona (redistribuzione
economica) oltre che nella cattiva sorte (crisi aziendali, mobilità).
Crediamo (speriamo) tuttavia che stiano avanzando nuove
necessità che devono essere colte e trasformate in opportunità per le aziende e per chi ci lavora: la necessità di "qualificare il lavoro" e di tenerlo permanentemente "in tiro" tramite una
formazione continua che sta finalmente decollando; la necessità di mantenere e riconoscere economicamente un patrimonio di conoscenze professionali utili alle innovazioni incrementali per le quali è specialista il nostro territorio; la necessità di un'idea comune di territorio (una riqualificata zona industriale, per esempio) e di un welfare locale efficace ed efficiente (sul mercato del lavoro e la formazione, per esempio).
No, non crediamo proprio che la sfida si vinca detassando chi
lavora di più, né aspirando al contratto individuale, ma - per
dirla con le parole della Fondazione nord-est - "….con più
attenzione a ciò che sviluppa la qualità del lavoro e la creatività".
A questo il sindacato confederale è pronto a contribuire. La
sfida la raccogliamo.
Marina Bergamin, Segretaria generale Cgil Vicenza
LIA COLPO NUOVA COORDINATRICE
REGIONALE NIDIL
Dopo l'uscita di Piero Colombo, passato a dirigere la Filcams
di Rovigo, Nidil del Veneto ha scelto Lia Colpo, quale nuova
coordinatrice regionale. Nata a Schio 46 anni fa, sposata e
madre di una ragazza di 20 anni, Lia Colpo ha iniziato l'attività nella Cgil nel 2001. Il suo primo incarico fu quello di coordinare un progetto di "rete" con movimenti ed associazioni nell'alto vicentino che diede vita a diversi eventi, tra cui la celebrazione di un memorabile primo maggio all' ospedale psichiatrico di Montecchio Precalcino.
In seguito assunse la responsabilità per la provincia di
Vicenza di orienta - lavoro, che tuttora mantiene, e dal 2004
anche assunto quella di Nidil.
Nel commentare il nuovo inacrico, Lia pone l'accento sul maggiore impegno che spetta non solo a Nidil, ma a tutta la Cgil
ed al sindacato unitario, nella battaglia contro la precarietà del
lavoro, anche alla luce delle nuove normative del Governo.
"Oltre che di una battaglia politica e sindacale - dice - dovremo fare anche una grande battaglia culturale, a partire dai luoghi di lavoro. Punto di partenza è la forte coesione che deve
esprimere il sindacato, intrecciando il lavoro delle categorie
con quello di Nidil, per unire, in una nuova e più alta solidarietà, un mondo del lavoro sempre più diversificato.
I lavoratori precari, che sono la catena più debole del mercato del lavoro e non sono più solo i giovani, vivono situazioni di
disagio spesso in solitudine, come dimostra l'aumento di gesti
disperati tra queste categorie.
Dobbiamo spezzare queste solitudini e impegnarci a tutti i
livelli in una lotta che i lavoratori consegnati alla precarietà da
soli non sono in grado di fare.
Un compito che intanto possiamo assumere tutti è quello di
lavorare per favorire l'emersione delle false collaborazioni
accedendo alle opportunità offerte dalla legge fino al 30 settembre".
VENETOLAVORO
21 luglio 2008
RIPARTO DEL FONDO SANITARIO
CON FORTI DISPARITÀ TRA LE ULSS
La cura anti-deficit che si appresta a varare il governo prevede per i prossimi tre anni un taglio da sei miliardi di Euro sulla
spesa sanitaria, manovra questa che già dal 2009 inciderà
negativamente sul Fondo Sanitario Nazionale; fondo già
pesantemente sottostimato ed insufficiente al finanziamento
dei Livelli Essenziali di Assistenza che le regioni devono
garantire.
Questo scenario insieme all'impegno che grava sulle regioni
più virtuose di compartecipazione alla copertura del deficit
creato da altre regioni, rende ancora più complessa la ripartizione delle risorse.
Il riparto del fondo sanitario da parte della Regione Veneto
riveste un ruolo fondamentale sul finanziamento delle prestazioni erogate dalle Aziende Sociosanitarie del Veneto.
CGIL CISL e UIL del Veneto lanciano l'allarme, preoccupate
per le scelte stabilite dalla Giunta Regionale Veneta che di
fatto modifica i criteri di riparto del fondo sanitario regionale,
attraverso una formula che anziché soddisfare l'esigenza di un
modello distributivo fondato sui bisogni di salute, produce
come risultato una ulteriore sperequazione sulle quote capitarie (e quindi sui finanziamenti complessivi alle Aziende sanitarie). In sostanza le risorse destinate alle aziende sanitarie
saranno distribuite in modo tale che rispetto ad un dato medio
regionale "100", alcune riceveranno "120" a discapito di altre
che riceveranno 95. La forbice è troppo alta, tanto più se si
osserva che nel 2003 a fronte di una popolazione di 4.596.294
la quota capitaria media era di 1.221,72 e oggi, a distanza di
cinque anni e un popolazione di 4.829.499 nel 2007, la quota
capitaria è di 1.500,05. Un aumento irrisorio rispetto all'andamento demografico, ai costi di gestione in aumento, all'evoluzione della tecnologia ed alla necessità di manutentare
comunque tutti gli ospedali, oltre ai costi sostenuti e da sostenere per costruirne di nuovi (sulla realizzazione di nuovi ospedali le Organizzazioni Sindacali da tempo hanno chiesto alla
Regione uno specifico confronto di merito).
La totale mancanza di un dibattito trasparente sugli obiettivi
della modifica, aggrava la minaccia evidente di nuovi e gravi
squilibri di sistema tra Azienda ULSS ed Azienda ULSS e non
conduce ad innovazioni capaci di garantire un finanziamento
orientato ad obiettivi di trasparenza, equità e giustizia sociale,
anzi il contrario!
Il riparto delle risorse finanziarie alle Aziende Sociosanitarie è
vitale per garantire i servizi in ospedale e nel territorio, per
assicurare alle famiglie un'assistenza di qualità, continua e
gratuita in tutte le fasi della vita e del lavoro.
Nella nostra Regione le tipologie di servizi richiesti dai cittadini cambiano: cambia il territorio, cambia la tecnologia, cambiano le professioni. Occorre stare al passo con i nuovi bisogni di salute, c'è bisogno di prevenzione, ma nulla viene fatto
per adeguare i servizi alle nuove necessità.
Alcune iniziative avviate in sordina dalla Giunta Regionale
rischiano invece, se non raccordate a livello locale, di allontanare i servizi dai cittadini. Si discute di area vasta e di razionalizzazione senza aprire il necessario confronto con i soggetti interessati nel territorio e quindi senza giungere a decisioni condivise anche con le Organizzazioni Sindacali.
Chi garantirà che le prestazioni ospedaliere e territoriali continuino ad essere erogate con modalità accessibili a tutti i cittadini ed in particolar modo alle fasce più deboli tra cui lavoratori e pensionati che già faticano ad arrivare a fine mese?
L'allarme è motivato e serio.
Se la Regione Veneto non farà un passo indietro su quanto
proposto, la garanzia dei principi di universalità, accessibilità
(e gratuità) dei servizi, rischia di essere gradualmente compromessa e di rendere il Servizio Socio Sanitario Regionale
sempre più lontano dalle necessità dei cittadini.
Siamo convinti che i livelli quantitativi e qualitativi che, non-
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ostante le difficoltà, sono stati finora mantenuti nella nostra
Regione da un sistema integrato e innovativo, più avanzato
rispetto al sistema nazionale, oggi rischino di venir meno,
ecco perché esprimiamo una forte preoccupazione per le gravi
ricadute che la nuova proposta di riparto del fondo sanitario
regionale potrà determinare sull'erogazione dei servizi ai cittadini e per il rischio reale di arretramento sul piano della qualità e quantità delle prestazioni.
CGIL CISL UIL del Veneto si sono attivate subito per chiedere
un incontro all'Assessore alle Politiche sanitarie della regione,
per spiegare le motivazioni che giustificano la posizione contro questo provvedimento e con l'obiettivo di riaprire il dibattito affinché siano rivisti i criteri di riparto del fondo sanitario
regionale. Contestualmente partirà una campagna di informazione dei cittadini, che hanno il diritto di essere coinvolti in
scelte decisive per il loro futuro, e per sensibilizzare le forze
politiche locali e regionali, affinché i bisogni di salute della
popolazione tornino al centro del dibattito politico.
Cristina Bastianello, Sabrina Dorio, Valerio Franceschin
Segretari regionali di Cgil Cisl Uil
SCIOPERO INEVITABILE
"Lo scopo ultimo della manovra è smantellare i servizi pubblici per privatizzarli. Lo sciopero, per difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini, sarà inevitabile". Lo dice Carlo Podda,
segretario generale della Funzione pubblica Cgil, in un'intervista apparsa sull'Unità.
"C'è molta confusione nel Governo - aggiunge - ma non mi
stupisce, visto che i ministri si vantano di aver votato la manovra in nove minuti e mezzo. Secondo il viceministro
all'Economia Vegas, i soldi ci sono sempre stati e da sempre
sono destinati ad altri impieghi. Ma per noi non cambia nulla".
L'offerta del Governo per i contratti pubblici è secondo Podda
di un aumento mensile medio di 8 euro lordi per il 2008 e di
circa 60 euro per il 2009. "Un'offerta irrisoria - commenta persino offensiva per i lavoratori che si trovano ad affrontare
un'inflazione al 3,8 per cento. Non solo: il taglio del 10 per
cento dei fondi per la contrattazione integrativa e il congelamento di alcune variabili retributive toglieranno in media ad
ogni dipendente 200 euro netti al mese".
Il segretario della Fp Cgil annuncia una settimana di mobilitazione e, aggiunge che, di questo passo "lo sciopero sarà inevitabile, perchè questa manovra punta allo smantellamento
dei servizi e degli apparati pubblici.
Dei 18 miliardi di euro destinati alle amministrazioni centrali, il
governo vuole tagliarne 15. Un conto è diminuire, un conto è
azzerare la capacità di spesa: secondo le nostre stime, questi
tagli porteranno nel triennio alla riduzione di due punti del Pil".
FIRMA SEPARATA PER IL CONTRATTO
DEL COMMERCIO
"Apprendo da notizie di agenzia che Fisascat Cisl, Uiltucs Uil
e Confcommercio hanno concluso e firmato con un atto separato il contratto del terziario", queste le prime parole di Ivano
Corraini, segretario Generale della Filcams Cgil che si dice
"sconcertato" per tale atto.
Infatti, precisa Corraini,"la Filcams-Cgil non aveva abbandonato il tavolo. Aveva chiesto una pausa di 10 giorni per consultare i lavoratori su parti del contratto di straordinaria rilevanza e sulle quali dissentiva in termini fermi".
Per questi motivi, per il numero uno della categoria del terziario Cgil "la firma separata è un atto politico grave e irresponsabile, denso di conseguenze negative. La rapidità con cui si
sono accinti ad apporre la firma -aggiunge - rende ipocriti i
richiami al ripensamento rendendoli persino offensivi".
La Filcams Cgil "valuterà i comportamenti da assumere nel
prossimo futuro -assicura infine Corraini-, nel frattempo rimangono confermate le iniziative in corso e in primo luogo il programma di informazione e consultazione dei lavoratori".
8
21 luglio 2008
VENETOLAVORO
UN ANNO DI IMPEGNO PER LA SICUREZZA
CGIL CISL UIL FANNO IL PUNTO A VENEZIA
Il 14 luglio è stato individuato da Cgil, Cisl e Uil della provincia
di Venezia come giornata dedicata alla salute e alla sicurezza
sui posti di lavoro. La scelta di questo giorno è dovuta all'ennesima morte sul lavoro avvenuta lo scorso anno all'Alcoa di
Fusina, la punta estrema del polo industriale di Marghera.
L'appuntamento di quest'anno è stato organizzato sotto forma
di convegno-assemblea al quale hanno preso parte numerosi rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. "Un anno di
impegno per la sicurezza nei luoghi di lavoro della provincia"
suggeriva il titolo dell'incontro aperto dalla relazione di Sergio
Chiloiro - segretario generale della Camera del Lavoro
Metropolitana di Venezia - che ha sottolineato gli importanti
risultati dell'impegno del sindacato negli ultimi mesi ma anche
la difficile strada in salita ancora da affrontare.
"La prima consapevolezza è che la piaga dei morti, degli incidenti e delle malattie professionali è un dramma ancora molto
grave e ingiusto - ha esordito Chiloiro - il nostro obbiettivo di
fondo deve rimanere la riduzione totale di questi drammi negli
ambienti di lavoro. Non possiamo accettare che siano inevitabili prezzi da pagare per lo sviluppo e per la creazione della
ricchezza del Paese".
Di fronte però si trovano ancora ostacoli e forti resistenze causate dal contesto economico generale, derivanti dalla frammentazione produttiva, dalla precarietà, dal lavoro nero e
sommerso, dai ritmi di lavoro insostenibili e del prolungamento degli orari di lavoro. Ma in questo difficile contesto qualche
cosa di importante si sta iniziando a muovere a partire dal
testo unico su salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori (decreto 81/08) entrato in vigore il 18 maggio scorso ma
che ora il Governo sta mettendo in discussione in alcune parti.
Il testo unico, ampiamente illustrato e commentato da Cinzia
Frascheri, responsabile nazionale del Dipartimento salute e
sicurezza della Cisl, è stato il frutto, come ha detto Chiloiro, di
"un forte e decisivo impegno del sindacato confederale, dei
Rls e delle forze politiche che hanno voluto dare un segnale di
grande civiltà con un quadro normativo molto avanzato".
Occorre ora, secondo il segretario della Cgil veneziana, difendere e concretizzare quelle norme. " Dobbiamo costruire con
incisività una fase seria di confronto con le controparti e le istituzioni locali per rafforzare il compito del delegato alla sicurezza territoriale, introducendo questa figura nei settori, nelle
imprese e nei siti complessi dove non è ancora previsto". Una
delle figure centrali istituite dal nuovo decreto è infatti quella
del delegato territoriale (Rlst), di espressione sindacale e
nominato dall'INAIL per le ispezioni in aziende dove non sia
stato designato un Rls.
In provincia di Venezia sono stati sottoscritti ultimamente due
importanti accordi che sono stati richiamati da Chiloiro. Si tratta del protocollo di intesa nel Porto di Venezia e il piano di prevenzione in edilizia per la provincia di Venezia.
Il primo prevede un sistema operativo integrato di sicurezza
del Porto (Soi) che punta ad un coordinamento delle istituzioni di vigilanza e di controllo insieme ad un analogo coordinamento degli Rls di tutte le imprese presenti nello scalo veneziano.
Il secondo si caratterizza per alcuni programmi di intervento
concreto delle ispezioni che devono essere rivolte prevalentemente ai cantieri "sotto il minimo etico di sicurezza", interventi che possono arrivare anche alla chiusura dell' attività.
A livello locale, inoltre, sono state avviate delle vertenze sulle
problematiche più importanti. Con l'Uls, per esempio, si è indicata la priorità degli investimenti nei dipartimenti di prevenzione e nello Spisal, partendo dall'aumento del numero di ispettori. Non ultimi poi sono gli accordi con le associazioni artigiane e con la Confindustria regionale, quest'ultimo teso alla pre-
parazione scolastica e alla formazione professionale.
"Il nostro lavoro - ha chiuso il segretario veneziano - deve
essere qualificante nella contrattazione di secondo livello, il
che significa fare tanti accordi come quelli che abbiamo già stipulato cercando di non realizzarli solo sull'onda di fatti tragici
ma attraverso un costante intervento in ogni singola realtà".
Nel corso dell'assemblea è intervenuto anche il sindaco di
Venezia, Massimo Cacciari, che si è detto in totale sintonia
con l'impostazione del sindacato confederale in questa materia. "Il problema - ha sottolineato il filosofo - è che in Italia non
esiste una seria politica industriale e molte volte gli enti locali
si trovano nella difficoltà di gestire situazioni veramente pericolose specialmente quando un'azienda è in dismissione.
E' come quando si deve abbandonare una casa tra due mesi:
chi si sogna di fare qualche manutenzione?" Il primo cittadino
lagunare ha poi ricordato l'impossibilità di controllare i lavori
pubblici: "gli appalti sono figli di tangentopoli e quindi finora
ancorati al massimo ribasso senza grossa sensibilità sulla
sicurezza. Non si capisce ancora che la sicurezza è un investimento e non un costo".
Dagli interventi dei vari rappresentanti - che hanno analizzato
puntualmente la situazione e le problematicità del proprio settore - è emersa forte la convinzione che la cultura della sicurezza non è un risultato che si ottiene dall'oggi al domani ma
il frutto di un lavoro costante di controllo e di contrapposizione
a radicate abitudini anche culturali.
"Se c'è un morto sul lavoro ogni sette ore - ha detto un delegato - c'è sicuramente qualcuno che dà l'assenso e noi non lo
possiamo più tollerare".
Giovanni Pascoli, Cgil di Venezia
ANCORA UNA TRAGEDIA SUL LAVORO
Un nuovo nome si aggiunge alla lista delle morti bianche nella
nostra provincia, è quello di Mirco Ranzato. Un altro operaio
morto sul lavoro, un'altra famiglia che perde un padre; famiglia
a cui esprimiamo il massimo cordoglio.
Il tragico incidente, avvenuto l'11 luglio in una piccola azienda
del legno dell'alta padovana, a poco tempo di distanza da un
altro infortunio mortale nella stessa area e nello stesso settore, rappresenta per noi un segnale d'allarme
Morire sul lavoro non è mai frutto del caso! E non è un caso
morire sul lavoro con un'incidenza così alta nella provincia di
Padova, come in tutto il Veneto!
Si produce ad alto ritmo, spesso in piccole fabbriche, dove la
formazione per la sicurezza e l'applicazione delle corrette procedure sono spesso pericolosamente viste come "costosi dettagli."
Attendiamo i risultati delle indagini delle autorità competenti,
ma certamente la dinamica della tragedia - investimento dal
carico del muletto - lascia ampio margine all'ipotesi del non
rispetto di quanto previsto dalla normativa per la tutela dei
lavoratori nelle operazioni di sollevamento.
Purtroppo si tratta della seconda vittima nel settore del legno
in una piccola fabbrica dell'alta padovana dall'inizio dell'anno.
Da tempo chiediamo un netto potenziamento degli SPISAL
nella provincia di Padova, gli organi preposti al controllo dei
luoghi di lavoro. Ma in questi anni, nella provincia di Padova,
gli organici si sono invece ridotti.
Chiediamo a gran voce, alla giunta della Regione Veneto e ai
direttori generali delle ASL, responsabili di questo servizio, il
perché di questa pericolosa situazione e cosa hanno intenzione di fare da subito per garantire la sicurezza di chi lavora!
Marco Benati, FILLEA CGIL di Padova
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Anno XVII n. 15 - FLC Cgil Verona