RAM KRISTALL TOP
Il cronotermostato oltre l’insuperabile
Theben ha già confermato la propria
modo da poter utilizzare Kristall Top anche nelle
supremazia nella creazione di prodotti
situazioni più insolite. Non mancano i classici
affidabili, e soprattutto facili da usare,
programmi a temperatura costante (impostabile
con i cronotermostati digitali della Serie
a piacere) Comfort, Risparmio e Antigelo
RAMSES 800 Top. Questi apparecchi
ed è inoltre possibile prolungare il tempo
sono infatti apprezzati per la loro
di applicazione delle prime due temperature
programmazione così intuitiva da
con le funzioni Party e Eco. Non basta: se in
rendere pressocché inutile il manuale
qualsiasi momento si decidesse di variare
d’istruzioni. Grazie al numero contenuto
temporaneamente la temperatura del programma
di controlli e pulsanti ed ai messaggi
in uso, basta premere i pulsanti + e – senza
interattivi in cinque lingue che appaiono
dover variare qualsiasi altra impostazione.
sul display (italiano incluso), chi
Il controllo totale del cronotermostato è
effettua la programmazione familiarizza
garantito dal tasto “Informazione”, con il
immediatamente con l’apparecchio
quale si può visualizzare istantaneamente la
padroneggiandone appieno le complete
temperatura ambiente, quella impostata dal
funzioni.
programma, la data e l’orario attuale. Kristall
Sembrava impossibile oltrepassare questi livelli, ma Theben ha voluto
Top è adatto a controllare qualsiasi impianto di
superare se stessa creando Kristall Top, un nuovo cronotermostato
riscaldamento o condizionamento, perché può
complementare alla serie RAM 800 Top che mantiene la stessa filosofia
essere programmato sia a livello giornaliero
di programmazione ed è dedicato all’installazione ad incasso universale.
che settimanale e dispone di ben 22 memorie
Incredibile ma vero: la particolare realizzazione brevettata e la linea
che permettono l’abbinamento di orari diversi
sobria di Kristall Top permettono l’abbinamento a qualsiasi placca
a livelli di temperatura differenti. La memoria
attualmente in commercio senza alcun accessorio di adattamento,
EEPROM garantisce la conservazione dei
nonché il montaggio in scatole sia a due che a tre moduli. Kristall Top
dati per molti anni anche in assenza di
vanta anche il display più ampio della sua classe (45 x 75 mm), visibile
alimentazione, che avviene tramite due comuni
persino a grandi distanze e di ausilio a chi dispone di ridotte capacità
pile ministilo (AAA). La commutazione fra orario
visive. Il crononotermostato ha inoltre il gruppo di alimentazione a pile
legale/solare e viceversa è automatica.
solidale con il dispositivo, in questo modo è possibile programmarlo
La concezione avanzata di Kristall Top soddisfa
anche prima dell’installazione.
ogni requisito di montaggio dei paesi europei
Le ampie possibilità di programmazione sono le stesse della Serie RAM
e risponde a tutte le principali normative di
800 Top. I programmi P1 e P2 riducono al minimo le impostazioni in
sicurezza e qualità: ISO, UNI/CEI, VDE ecc.
situazioni normali, perché sono già predisposti rispettivamente con
orari e giorni di intervento adatti agli ambienti di lavoro e domestici;
Per informazioni:
in entrambi è sufficiente definire solo due livelli di temperatura a
Theben S.r.l. Via Ciro Menotti, 11 - 20129 Milano
seconda delle necessità ed il gioco è fatto. P3 è invece completamente
Tel. 02 7386141 – Fax 02 7386144
programmabile in termini di tempo (giorni e orari) e temperature, in
e-mail: [email protected] - web: www.theben.it
Territorio
A SORANO CON
CANAPA E FELTRO
ALLA RICERCA DEL
TEMPO PERDUTO
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di Enrico Villa
Sono “Ai Canapai”. Non solo: oltre alla
canapa lavorano anche il feltro, come
duemila anni fa e anche più facevano gli
antichi (Etruschi e Romani) da queste parti.
Il negozio, affascinante come la sua cornice
urbanistica e storica, è nel centro di Sorano,
nelle colline dell’entroterra grossetano,
poco distante dalle Terme di Saturnia e dal
lago di Bolsena. Anni fa Enrico Martino,
originario di Cuneo e la moglie Clara
che faceva la grafica editoriale a Milano,
approdarono da queste parti.
La Rocca di Sorano e il borgo medioevale,
prima feudo degli Aldobrandeschi e, poi,
degli Orsini, esercitarono su di loro
un’attrazione prepotente. Rimasero e, appunto,
gettando alle ortiche le loro occupazioni
precedenti, scoprirono due prodotti da
trasformare creativamente: la canapa
e il feltro che sbucavano dall’antichità:
forse dalla preistoria, che avevano esaltato,
dannato e protetto il genere umano e che
erano soprattutto ecologici. Già Francesco
Sansovino, nel XVI Secolo, aveva illustrato
le bellezze pittoriche e un po’ misteriose di
Sorano. I temi di oltre cinquecento anni fa
adesso sono stati ripresi. “Ai Canapai”
rappresenta uno dei motivi per lasciare il
mare e la maremma, inerpicarsi sui colli e
immergersi nell’atmosfera rara di questo
paese della Toscana (sarebbe meglio dire
dell’Etruria) difeso dalla sua Rocca come
farebbe un bull-dog per un tesoro prezioso.
La gente, qui, ha voglia di vivere di arte e
di artigianato; di rintracciare il genio antico
di questi luoghi e di proporlo, magari
aggiornato, a turisti che non si accontentino
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delle sole cose trite e ritrite. L’associazione culturale Pandora, per
esempio, organizza corsi di ceramica, vetro, tecniche pittoriche,
stampa su tessuto, oreficeria, scultura, erboristeria. Del resto,
tutto riporta ai millenni e ai secoli passati: le abitazioni rupestri, le
necropoli etrusche, il centro dell’abitato. E i tessuti in canapa,
i cappelli e gli altri oggetti in feltro che si trovano da “Ai Canapai”.
Sì perché la canapa e il feltro sbucano dai tempi antichi, sono stati
“normalità” fin tanto che la società italiana è stata agricola, sono
caduti in disuso con l’avvento della industrializzazione negli anni
Cinquanta e sono in via di recupero. E’ giusto, è opportuno che sia così.
Sia la canapa che il feltro hanno una lunga storia alle spalle e sono
stati determinanti per la vita, prima in Oriente e, poi, in Occidente.
L’Oryza Sativa, cioè il riso che giunse in Italia (anche in Toscana
e nella Maremma grossetana) ad incominciare dal XVI Secolo
diffondendosi inarrestabilmente nella pianura padana occidentale
dopo la metà dell’Ottocento, biologicamente e da un punto di vista
botanico e agronomico, ricorda da vicino la Cannabis Sativa, cioè
la canapa. E come il riso prima della meccanizzazione integrale, la
canapa richiese alla civiltà contadina lavoro duro e grandi sacrifici.
Diversamente dal riso, però, la canapa a metà del ‘900 ha perso,
via via, di importanza a causa di altre fibre adatte alle lavorazioni
tessili nonché a causa delle fibre artificiali
chimiche. La ragione, a parte la concorrenza
di altri prodotti? La risposta nella lavorazione,
pressoché interamente a mano, per ricavare
dal tiglio (il fusto della Cannabis Sativa) la
fibra, robustissima e adatta a tessere tessuti
estremamente robusti, più del cotone e del
lino. Infatti dopo il raccolto, fra luglio e
agosto, le piante di canapa dovevano essere
immerse nei maceratoi ed essere tenute ferme
con pietre per favorire la decomposizione
del tiglio e la liberazione delle parti adatte
alla lavorazione delle scorie. L’ultima fase
costringeva gli addetti a stare immersi nei
maceratoi fino alla cintola respirando i miasmi
della putrefazione in condizioni igieniche
generali proibitive. Più del riso e della monda
dalle erbe infestanti, che diete luogo all’epopea
delle mondariso rievocata da Riso amaro
(interpreti Silvana Mangano, Vittorio Gassman
e altri attori di primo piano, regista De Santis).
Eppure la Cannabis Sativa è una miniera: il
seme contiene grasso greggio insaturo nella
misura del 30% e proteine in percentuale
del 20% da cui si ricavano olio minerale
e olio alimentare. Non solo: dalla canapa
si servono i fabbricanti di corde e la
marineria, l’industria della carta (i primi
fogli risalgono a duemila anni fa) dei
coloranti, delle vernici e dei mangimi.
La regolamentazione della coltivazione
(introdotta in Europa dagli Sciti, diffusa dai
Fenici che facevano di canapa le vele delle loro
imbarcazioni e dai Romani, che dal XVI secolo
prese piede in Emilia nelle province di Ferrara
e Bologna, in Campania a Caserta e Napoli,
in Veneto a Rovigo e in Piemonte a Cuneo
e Torino) risale al 1938 ed è stata rinverdita
nel 1998. Anche il feltro (materia prima la
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lana che si “salda” per pressione grazie al
calore e con sapone e acqua) avrebbe le sue
origini ottomila anni fa e i primi ritrovamenti
archeologici risalgono a 3000 anni fa. Esso
ripara dal caldo, dal freddo, dal vento
e dalla pioggia ed è per questo che le
Iurta, tende dei mongoli nelle smisurate
pianure orientali, sono fatte di feltro. Ma per
le sue caratteristiche di imbattibile elasticità,
con il feltro si riesce ad ottenere qualsiasi
forma: cappelli, creazioni di moda e nel
design, sculture, tappeti, arazzi, quadri,
prodotti in provincia di Alessandria e universalmente noti. Sempre in
Lunigiana il feltro fu riproposto una trentina di anni fa come materia
prima ecologica e la sua nuova, ritrovata patria è diventata la Toscana.
Anche Sorano, dove una designer editoriale si è buttata alle spalle
la sua professione e, accanto a quelli di canapa, ha incominciato
a ideare tanti, deliziosi oggetti, altrettante variazioni sul tema della
tradizione che non teme la modernità ma che, proustianamente, vuole
richiamare ogni giorno i bei tempi antichi.
gioielli, bambole e mille altri oggetti. In
Lunigiana, in provincia di Lucca, già nel XIX
Secolo c’erano cinque fabbriche di cappelli
per non parlare della fabbrica “dei Borsalino”
Il paradiso fra i colli
Lui, Enrico Martino, era un tecnico di
marketing. Lei, Clara, una grafica editoriale.
Negli anni Novanta vivevano a Milano,
intossicati dai falsi miti del “produrre,
guadagnare, spendere” come sottolinea un
po’ polemicamente appunto lui. Un giorno,
con l’animo di chi cerca una spiaggia
lontana con il desiderio prepotente di
“evadere” dalla routine quotidiana ricca di
tensioni dannose, approdarono a Sorano,
provincia di Grosseto. Le colline di quella
che fu una parte dell’Etruria misteriosa,
forse fondata dagli esuli che qui avevano
cercato riparo dopo la guerra di Troia,
esercitarono una attrazione irresistibile.
E si fermarono voltando le spalle alla
Lombardia, patria del “fare” ma anche delle
nevrosi e dell’ansia. “Camilla - dice Enrico
parlando della figlia - è evasa con noi nel
’95, pochi giorni dopo la sua nascita e ci ha
aiutati a ristrutturare un’antica cocceria e
un insediamento rupestre dell’età del bronzo;
una ventina di grotte affacciate su circa
8.000 metri di terreno terrazzato, frutto del
lavoro di etruschi, lanzichenecchi e di tutti
coloro che, in migliaia di anni, hanno usato
quello che ora è il nostro giardino con tombe,
abitazioni, laboratori o stalle”.
L’atmosfera di Sorano e del Grossetano
collinare invogliava a cercare, meglio a
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creare, il paradiso. Detto fatto : ricostruzione dei muri a secco con la
tecnica etrusca, dissodamento del terreno, raccolta e distribuzione
dell’acqua piovana, messa a dimora di centinaia di piante e di
essenze vegetali, come il timo, sui sentieri per “profumare i passi”,
piante aromatiche sui pendii, ”frutta antica scovata da frutticoltori
illuminati in vecchi orti o nei conventi e poi fiori, centinaia di fiori”.
E Enrico ricorda inoltre: “Intanto Clara progettava anche la
ristrutturazione delle nostre case nel centro storico, e insieme
abbiamo deciso di proporle ai turisti che desiderano respirare
l’atmosfera magica di questi luoghi. In autunno Camilla vendemmia
con noi e insieme cogliamo le olive, e tutti insieme condividiamo
la gioia di lavorare e fare cose buone e biologiche”. Per adulti e
adolescenti un ritorno a “ritmi più umani del mestiere di vivere”, al
XVIII Secolo, secolo dei lumi e di Rousseau. Ed anche la riscoperta
della canapa, una fibra davvero ecologica nonché del feltro
ottenuto secondo i metodi antichissimi di produzione; materia che
Clara plasma lasciandosi condurre dalla sua creatività per pezzi
unici, irripetibili, alla maniera degli artigiani dell’Anatolia (vedere
il servizio sulla canapa e sul feltro, appunto). Così nasce anche la
“bottega del canapaio”, secondo gli schemi della Toscana di un
tempo, per proporre tessuti “onesti” perché indenni dai ritrovati
della tecnologia chimica. E nasce anche la bottega della “feltraia”
dove, spiega Enrico, “Clara non lavora in serie: ogni suo cappello
è un pezzo unico, ogni sua stola un dipinto che riproduce i colori
e le forme che ha nel cuore”. I colori e le forme donati dal genius
loci di questo angolo ancora segreto del bel Paese, da scoprire
giorno per giorno in punta di piedi e con tanta discrezione,
secondo una mentalità e uno stile ormai smarriti nella dimensione
metropolitana.
(e.v.)
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