POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
GIOVEDÌ 23 MAGGIO 2013
ANNO XI • N°101 € 1,00
ITALIA NELLA CRISI
VERTICE EUROPEO
Nel suo tradizionale Rapporto annuale l’Istat
dimostra che il nostro continua a non essere un
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paese per giovani.
Letta a Bruxelles: disoccupazione incubo del
nostro tempo. Il premier ottiene che il summit di
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giugno sia sul lavoro giovanile
■ ■ RIFORME
SISTEMA ELETTORALE
ENTRO LUGLIO UNA PRIMA CORREZIONE
EDITORIALE
È uno schifo,
allora
torniamo
al Mattarellum
Storie di
centrosinistra
a processo
STEFANO
MENICHINI
ROBERTO
GIACHETTI
L
D
avvero l’incoscienza di un’intera classe politica può arrivare al punto di proporre come
superamento del Porcellum qualche piccola e forse ancor più dannosa modifica dell’attuale legge
elettorale?
Davvero pensiamo di poter
spacciare questa come il famoso
“intervento di salvaguardia” senza
pagare un altro prezzo durissimo
alla disaffezione da parte degli elettori e alla ulteriore perdita di credibilità della politica?
Davvero è questo quello che
pensano il presidente del consiglio,
Enrico Letta, le forze politiche rappresentate in parlamento e ciascun
singolo parlamentare nella sua specifica e personale responsabilità nei
confronti degli elettori? Non posso
crederci. Non posso credere che un
parlamento, peraltro così rinnovato, non senta l’urgenza di uno scatto d’orgoglio, della necessità di
appropriarsi di un ruolo che gli è
proprio su temi di questa natura.
SEGUE A PAGINA 4
■ ■ ISTAT
Accordo a metà, Pd e Pdl già
litigano sui resti del Porcellum
Il 29 parte la Grande Riforma e intanto bisogna cautelarsi contro la legge porcata.
Parziale ritocco entro luglio, ma su come farlo c’è forte dissenso. Soprattutto nel Pd
Il governo ora
decida: meglio
istituzionali e clausol’Imu o il lavoro Riforme
la di salvaguardia sulla riforelettorale: il 29 maggio si
dei trentenni? ma
parte. Una mozione di maggioFRANCESCO
LO SARDO
TIZIANO
TREU
I
l rapporto annuale dell’Istat
presentato ieri segnala con dovizia di dati la drammaticità della situazione del paese, quella
economica generale e di conseguenza quella occupazionale.
Purtroppo si tratta non di novità
ma di conferme.
È da vari anni che si conosce
la gravità della crisi. Il suo perdurare ha dimostrato come non fosse congiunturale ma strutturale,
anzi epocale, nonostante molti nei
governi precedenti lo negassero.
Le analisi dell’Istat che da
tempo ci segnalano questa situazione sono preziose, perché solo
guardando in faccia la realtà e
proiettandosi sul futuro oltre la
crisi si può ridare fiducia ai cittadini e poi ricominciare a costruire. Il presidente Giovannini
lo ha ricordato più volte e sicuramente ne terrà conto ora che è
nel difficile ruolo di ministro del
lavoro. Tenerne conto vuol dire
uscire dalla inerzia di questi anni e fare scelte urgenti per rilanciare l’economia.
SEGUE A PAGINA 4
ranza darà il via all’estate costituente: da un lato l’approvazione
in prima lettura entro il 31 luglio
di una legge costituzionale che
istituirà il Comitato costituente
di quaranta deputati e senatori,
dall’altro l’indicazione delle modifiche al Porcellum per rispondere all’appello del presidente
Napolitano, ai dubbi di costitu-
zionalità sollevati dalla Cassazione e precedere una bocciatura
della legge in vigore da parte della Consulta. Il 30 il governo nominerà un comitato di esperti e
saggi, consulenti per le riforme.
Ieri mattina a palazzo Chigi
la macchina delle riforme su dop-
pio binario s’è messa in moto:
nell’incontro tra il premier Enrico Letta, il viceAlfano, il ministro
Franceschini e i capigruppo di
maggioranza di Pd, Pdl, Sc, Cd
non si è entrati nel merito della
clausola di sicurezza per evitare
che, in caso di elezioni anticipa-
Clausola di salvaguardia a tre stadi. Premi
limati o preferenze?
FRANCESCO LO SARDO
Il Mattarellum piace solo a Grillo, Crimi si
FRANCESCO MAESANO
affida ancora alla Rete
te, si torni al voto col Porcellum:
si è però concordato su avvio e
tempistica dell’iter. Restano le
distanze tra il Pd, che vorrebbe il
ritorno al Mattarellum e il Pdl
(che chiede modifiche minime al
Porcellum, una soglia del 40 per
cento per i premi di maggioranza
e niente preferenze). Le diplomazie parallele si accingono a mettersi al lavoro mentre i falchi pdl
rumoreggiano e tra i dem c’è
scontento. Il segretario del Pd
Guglielmo Epifani annuncia che
di riforma elettorale si discuterà
nella direzione. @francelosardo
a cronaca giudiziaria ci risbatte in faccia, sovrapposte, due
storie che magari vorremmo dimenticare, e che invece è doveroso
tenere vive e presenti tanto più ora
che si parla di una “rifondazione”
del Partito democratico.
Il Pd in quanto tale non c’entra,
né con la concussione addebitata
all’ex diessino Filippo Penati né
con i furti dei quali è imputato l’ex
diellino Luigi Lusi. Ma quando,
anche con abbondanza di retorica,
ci si rifà alle radici e alle tradizioni
dei democratici, sarebbe troppo
comodo aggirare le diramazioni
marce di queste ascendenze.
Penati a Monza si fa tentare
dalla prescrizione. Lusi a Roma
viene inseguito dalle testimonianze d’accusa di chi s’è fidato di lui.
La fiducia, appunto: in Bersani
e Rutelli abbiamo due leader, fondatori del Pd, che di queste vicende sono stati vittime avendo però
prima peccato nel dare fiducia alle
persone sbagliate, dentro due sistemi (istituzionale per Penati, di
partito per Lusi) che lasciavano
spazi a opacità e illegalità.
Quando ci interroghiamo sulla
diffidenza e sulla caduta di consenso verso il centrosinistra non
dimentichiamo che, per quanto ora
appaiano distanti, questi precedenti sono vivi e presenti nella memoria degli elettori, nonostante gli
sforzi compiuti per svuotare il bacino pieno di soldi nel quale quei
pesci hanno potuto nuotare.
Qui non si tratta di campagne
giornalistiche o di faziosità politiche. A Monza e a Roma i processi
ricostruiscono fatti. Nella sua rifondazione, a chi dovrà condurla,
al Pd toccherà di produrre altri
fatti, simbolicamente opposti e altrettanto potenti, su finanziamento della politica e non solo. Le ferite sono ancora aperte. @smenichini
Chiuso in redazione alle 20,30
) B AVA G L I O A 5 S T E L L E _
■ ■ ROBIN
2 2013
Il Grillo di Platone
e la paura dei giornalisti
Porcellum
Va bene che non si butta niente,
ma per favore almeno la sugna
■ ■ ALESSANDRO LANNI ■ ■
vorrei risparmiarmela.
L
a parola chiave del documento riservato ai parlamentari
del Movimento 5 Stelle e rivelato
martedì da Europa è all’ultima
riga. Si tratta di un avverbio, «veramente», che illumina sullo stato d’animo che rimbalza nel triangolo Genova-Roma-Settimo Vittone (il “covo” di Casaleggio).
Nella “fase 2” della comunicazione annunciata via email ieri l’altro si deve far arrivare ai cittadi-
ni quel che veramente fanno i
deputati grillini e che viene nascosto dai giornali.
Che i grillini abbiano un problema con la comunicazione è
difficile negarlo ormai. Poco dopo
l’arrivo in parlamento nasce la
struttura deputata a dirigere il
traffico delle dichiarazioni degli
oltre centocinquanta rappresentanti.
SEGUE A PAGINA 2
In questo numero:
René Girard
Culture e religioni oltre la violenza
E articoli di:
F. Anelli| M. Roncalli| M. Magatti|A. Grasso
M. Scaglioni| E. Paccagnini|A. Zaccuri| M. Gramellini
L. Scaraffia| G. Vigini| G.O. Longo|A. Brandolini
In vendita nelle principali librerie
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giovedì
23 maggio
2013
2
< N E W S
A N A L Y S I S >
RIFORMA ELETTORALE
Porcellum di salvaguardia a tre stadi. Premi nazionali limati e preferenze?
FRANCESCO
LO SARDO
A
ttribuzione del premio di maggioranza soltanto al raggiungimento di
una determinata soglia di voti. Ma anche
attribuzione di quel premio, al senato, su
base nazionale e non più regionale. Infine, espressione della preferenza. Se finirà così, cioè secondo le tre linee d’intervento indicate dall’ordinanza della Corte
di cassazione del 21 marzo – o limitatamente al recepimento del solo primo
punto – è presto per dirlo. Com’è incominciato, l’iter dell’abbattimento del
Porcellum che sembra definitivamente
avviato, invece, si sa bene: ieri s’è deciso
che le modalità di avvio saranno indicate nelle mozioni di maggioranza votate il
29 maggio. Ma quel percorso è incomin- ti di camera e senato e alla corte costituciato il 22 aprile, a Montecitorio, quando zionale: cui il Porcellum è rinviato per
il ri-eletto presidente della repubblica vagliarne la costituzionalità, visti i fondati motivi di illegittimità riGiorgio Napolitano, sotto il
scontrati su tre snodi. É qui,
grande fregio del Sartorio,
sferzando i «responsabili dei La nuova legge anche «per evitare una pronuncia di incostituzionalità
tanti nulla di fatto nel campo
sulla legge che avrebbe effetti
delle riforme», denunciò entro agosto,
l’«imperdonabile mancata ri- tra paletti della molto pesanti sulla legittimità
di questo parlamento e del goforma della legge elettorale»
verno», come ha detto ieri da
col suo «abnorme premio» di Cassazione
Bruxelles Enrico Letta, che
maggioranza che genera una e i dolori del
entra in scena il governo, attoingovernabile «sovra-rapprere protagonista e motore,
sentanza». Prosegue con la Pd e del Pdl
coinvolgendo il parlamento,
Cassazione che, riprendendo
della riforma elettorale di
il tema sollevato dal presidente
della Consulta Gallo e citando Napolita- «salvaguardia»: una riforma mirata, rano, mette nero su bianco un’ordinanza pida, «di sicurezza» per evitare che «in
trasmessa al premier Letta, ai presiden- caso di non augurabili elezioni anticipa-
te», si torni al voto col Porcellum: «Perché – dice il ministro per le riforme Quagliariello – possiamo esserne certi, il
capo dello stato non consentirà mai che
i cittadini tornino a votare con la legge
vigente». Il Pdl, rinunciando alle condizioni inizialmente poste, accetta che una
safety net preceda il percorso delle riforme costituzionali, al termine del quale
sarà individuato un sistema di voto coerente col complesso del sistema. Il Pd, a
sua volta, rinuncerebbe all’opzione di
ripristino del Mattarellum. Un disarmo
bilaterale, di cui governo (Letta, Alfano,
Franceschini) e capigruppo di maggioranza) hanno concordato ieri sulla tempistica – la legge va approvata prima
della pausa estiva, esige Enrico Letta –
senza però ancora entrare nel merito di
un’intesa su cui s’intravede già più di un
elemento di conflitto. A partire dalla soglia per il premio: il Pdl vorrebbe il 40 per
cento, ma non le preferenze.
«Il Pd incassa che non si andrà mai
più al voto col Porcellum», sottolinea
Dario Franceschini. Ma in casa dem il
confronto è aperto: Beppe Fioroni propone di consultare la base, un gruppo di
senatori rifiuta di ammainare la bandiera del Mattarellum. Il segretario del Pd
Guglielmo Epifani annuncia che ne discuterà la direzione: «Sulla clausola bisogna pensarci bene perché da una parte
è necessario farla, dall’altra bisogna riflettere su quale intervento fare, perché
se si interrompesse la legislatura, cosa
che non vogliamo, quella sarebbe la legge
con cui si va al voto». @francelosardo
M5S
Il Mattarellum piace solo a Grillo, ma Crimi si rimette ancora alla Rete
FRANCESCO
MAESANO
G
rillo non l’ha mai nascosto. Un ritorno al
Mattarellum, per lui, non sarebbe affatto una
cattiva idea. I suoi parlamentari, invece, si sono
attestati su due provvedimenti-fotocopia presentati alla camera e al senato (i ddl “parlamento
pulito”) che di fatto sono una riedizione riveduta
e corretta del Porcellum con l’introduzione dell’incandidabilità oltre i due mandati e per i condannati con sentenza definitiva, l’obbligo di deliberazione da parte delle camere sulla decadenza per
incandidabilità sopravvenuta e il ritorno del voto
di preferenza. Di lì non si muovono e, se i partiti
vogliono dialogare, non gli resta che accettare i
quella della legge elettorale. Ma, anche su questo,
punti dei Cinque stelle.
nessuna mescolanza, ha chiarito Crimi:
E allora, come sempre accade quan«Se la faccia Fioroni col Pd».
do leader e parlamentari non sono d’acIl Porcellum in formato Cinquestelcordo, la parola verrà rimandata alla La proposta: o
le ha già un emendamento, l’ha messo
rete. L’ha chiarito ieri il capogruppo al
sul tavolo ieri sempre Crimi. «O ti sei
senato, Vito Crimi: «La parola va data ti sei dimesso
dimesso da almeno un anno o non ti
sempre a chi ci ha votato, ai cittadini. da almeno
puoi candidare». Così il capogruppo ha
Quella è la maggioranza del paese a cui
messo a segno la sua stilettata contro
bisogna guardare e su maggioritario e un anno o
«i politici che usano il ruolo di sindaco
proporzionale non escludiamo di met- non ti puoi
o di senatore per fare campagna elettotere in rete la discussione e di chiedere
rale.
il loro voto». La mente di qualcuno è candidare
Crimi ha annunciato che l’atteggiacorsa alla proposta di Giuseppe Fioroni
mento dei suoi nelle commissioni affache ha chiesto al neo segretario dem
Epifani di indire un referendum tra gli iscritti ai ri costituzionali di camera e senato sarà costrutcircoli del partito in materia di riforme, compresa tivo. I parlamentari Cinquestelle, però, hanno
animi imprevedibili. «Quagliariello afferma che
ritiene opportuno modificare il quorum» informava ieri un membro della commissione affari
costituzionali della camera, l’onorevole Riccardo
Fraccaro, trentaduenne di Montebelluna, la città di Guido e Mario Bergamo, chiedendo ai giornalisti presenti in sala stampa alla camera di
alzare la mano per dividersi tra favorevoli e contrari all’abolizione del quorum. Messo di fronte
al rifiuto della stampa presente di esprimersi,
Fraccaro ha commentato: «È una cosa che chiedo spesso, dalla risposta capisco l’indice di modernità democratico del mio interlocutore».
Chissà quale sarà il coefficiente di “modernità
democratica” che assegnerà ai suoi colleghi di
commissione.
@unodelosBuendia
CONSIGLIO EUROPEO
Letta incassa l’accordo sul piano giovani. Primi passi sul fisco, al palo l’energia
RAFFAELLA
CASCIOLI
S
ull’evasione fiscale l’Unione europea
batte un colpo, anche se di decisioni
concrete alla fine del Consiglio Ue di ieri,
il primo al quale ha partecipato il presidente Letta, non ce ne sono per l’immediato. Tuttavia, il percorso è delineato e i
Ventisette hanno deciso di farne uno dei
temi prioritari dell’Unione anche nei consessi internazionali, a cominciare dal prossimo G8 di giugno in Irlanda e del G20 dei
primi di settembre a San Pietroburgo.
Due i temi centrali del summit: energia
e lotta all’evasione fiscale, considerati come settori strategici per rafforzare la crescita e la competitività nel vecchio continente, mentre si sono gettate le basi per
dedicare il prossimo Consiglio Ue di giugno alla disoccupazione, come chiesto
dall’Italia. Se per la prima volta il tema
dell’evasione è al centro di un eurosummit
ieri, nonostante le resistenze di Austria e
Lussemburgo, si è dato mandato alla Commissione di rivedere la direttiva sulla cooperazione amministrativa e quella sulla
lotta alle frodi dell’Iva; inoltre i Ventisette
si sono detti favorevoli ad avviare il negoziato per nuovi accordi fiscali con Svizzera e paradisi fiscali minori. E mentre il
presidente del parlamento Ue Schulz ha
dichiarato che non si possono perdere ogni
anno 1000 miliardi di gettito fiscale, il
presidente francese Hollande ha chiesto
che entro la fine dell’anno sia assunta una
decisione concreta contro l’evasione. Di
qui l’impegno dei 27 a dare applicazione
entro l’anno alla rivista direttiva sulla tassazione del risparmio, tanto che Letta ha
annunciato che ci sarà lo scambio automatico delle informazioni nell’Ue.
Più debole il dossier energetico che al
momento appare più costellato di buone
intenzioni che di reali possibilità di cambiamento visto che i 27 hanno ribadito la
loro volontà di unire gli sforzi per ridurre
la fattura energetica comunitaria, ma le
loro ambizioni si scontrano con gli interessi nazionali contraddittori e con le pressioni degli industriali ostili alle regolamentazioni.
Accanto a questa doppia partita relativa al fisco e all’energia, l’Italia ne ha
giocata un’altra in vista del Consiglio Ue
di giugno sia con una serie di bilaterali,
prima con Juncker poi con Cameron, e
infine riscuotendo l’apprezzamento dello
stesso presidente Schulz che ha chiesto di
«combattere la disoccupazione giovanile
con la stessa determinazione dimostrata
dai governi europei per salvare le banche».
E se Schulz ha apprezza la posizione italiana, ieri Letta in Consiglio Ue ha chiesto
di mettere al primo posto l’occupazione
giovanile anticipando l’immissione di 6
miliardi previsti per il periodo 2014-2020.
Per Roma 6 miliardi non bastano, ma si
può intanto partire da lì. Il premier italiano si è detto soddisfatto che il presidente
del consiglio Ue van Rompuy, che sarà a
Roma giovedì prossimo, abbia accolto la
proposta italiana di dedicare il prossimo
consiglio Ue di giugno alla disoccupazione
giovanile. Perché la disoccupazione è
«l’incubo di questo tempo e se non ci sono
risposte non c’è credibilità della politica e
delle istituzioni europee». Il 3 luglio poi a
Berlino ne discuteranno i ministri del lavoro Ue.
Un’intesa di massima il premier italiano l’avrebbe già raggiunta sia con il pre-
sidente Hollande che con la cancelliera
Merkel, oltre che con il premier inglese
Cameron e la stessa presidenza irlandese.
Letta, che sarà a Londra entro luglio, ha
incassato da Cameron il via libera a misure concrete per il lavoro come concordato
anche con Madrid e Varsavia.
In serata il premier italiano, insieme a
Hollande e alla Merkel, ha partecipato a
Lipsia ai festeggiamenti per i 150 anni
della Spd. Una coda ristretta del vertice
europeo non solo in vista di giugno, ma
anche – guardando più in là – per verificare una possibile intesa sul nome di un
candidato comune alla Commissione per
il dopo-Barroso in scadenza l’anno prossimo. Non è un mistero che il socialdemocratico tedesco Schulz sia già in campagna
elettorale, ma forse è ancora troppo presto
per avviare la corsa. Occorrerà capire prima se ci sarà la nuova Europa. L’Europa
politica o meglio il governo economico
dell’Europa. Il resto verrà da sè.
@raffacascioli
BAVAGLIO A 5 STELLE
Il Grillo di Platone e la paura dei giornalisti
SEGUE DALLA PRIMA
ALESSANDRO
LANNI
P
oi viene affermato il mito fondativo dello
streaming, quello sprezzante con Bersani e
quello impacciato con Letta, nel mezzo la scomunica dei giornalisti precari che inventano
notizie per qualche euro e a seguire il gran can
can sulla diaria di deputati e senatori: sì, no,
un po’. Tra piccoli e grandi incidenti di percorso, pare che il problema sia lì, nel trasformare
il Verbo in verbi.
Ora, se il problema è con la trasmissione
delle idee, qual è la soluzione messa a punto
dallo staff dei comunicatori di Grillo e Casaleggio? Semplice: centralizzare la comunicazione tra il dentro e il fuori del movimento,
produrre informazione alternativa al “sistema
dei media”, mettere dei paletti: chi può par-
lare, quando parlare, dove e soprattutto solo
con giornalisti che «non si siano dimostrati
inaffidabili o in mala fede». Più che una casa
di vetro sembra un fortino assediato, in cui
spicca il cortocircuito tra visibilità e opacità.
Vogliamo lo streaming ma le voci dei singoli
vanno monitorate, “uno vale uno” ma le notizie vanno governate: «intensificheremo la
presenza dei componenti del gruppo comunicazione in transatlantico e nell’atrio del palazzo» si legge nel documento che hanno ricevuto gli onorevoli M5s e «non per un’esigenza
di controllo ma a garanzia dei deputati». Insomma, non ci saranno dei tutor per i deputati ma quasi.
Eppure tutte queste preoccupazioni della
novità M5S per la comunicazione hanno un
sapore antico. Dietro questo lambiccarsi tra
far vedere, rendicontare, essere trasparenti, e
al tempo stesso celare, tutelare, garantire, si
«dobbiamo far vedere cosa facciamo veraintravede persino la barba di Platone. Nel Femente». La retorica della rivelazione è un cadro è annunciata già tutta la preoccupazione
vallo di battaglia di Grillo ma il mito della
inconscia che i Cinquestelle vivono in queste
trasparenza assoluta e del controllo su qualsettimane. In sintesi, dice il filosofo, il prosiasi affermazione si arena sugli
blema con la verità nasce quando
scogli della comunicazione che per
qualcuno la racconta al posto tuo,
sua natura è una scelta, una selezioper come la vede e la interpreta, e
Il problema
ne e un filtro. Parlo con te e non con
che questo può anche essere sconvecon la verità
altri, parlo di questo e non di quello.
niente.
I giornalisti – Platone non li
nasce quando Può non piacere, ma l’ambizione alla verità, anzi alla Verità, rende imchiama così, ma Derrida in un gustoprobo il compito della democrazia
so libretto sì – sono traditori perché qualcuno la
che mette in gioco opinioni da comscrivono e la scrittura per natura tra- racconta al
porre più che verità da rivelare. Boldisce la verità. Tutti coloro che si fiposto tuo
lini di qualità sui giornalisti, sulle
dano dei giornali possono diventare
fonti, addirittura sulle stanze in cui
«portatori di opinioni invece che safare interviste, non garantiranno in
pienti» come direbbe il mitico re egieterno dagli inciampi della democrazia, che
ziano Thamus, alter ego di Platone e ostile
esige parole, opinioni e conflitti.
alla scrittura. E allora occhio ai giornalisti.
@alessandrolanni
«Vi dico come stanno veramente le cose»,
primo piano 3
giovedì
23 maggio
2013
L’Italia non è
un paese per giovani
Rapporto Istat
Disoccupazione
giovanile al 35%. Due
milioni e 250mila
ragazzi fra i 15 e i 29 anni
non lavorano e non
studiano: è la quota più
alta in Europa
FABRIZIA
BAGOZZI
C
rollo del potere d’acquisto delle famiglie (- 4,8%, in quindici anni una
caduta di quasi il 5 %), consumi (a
partire da quelli alimentari) decisamente ridotti con conseguente
forte contenimento della domanda
interna, a ricasco sull’intero sistema. E dunque, meno offerta di lavoro – e in ogni caso di occupazioni a tempo indeterminato – e crescita della disoccupazione. Che in quattordici mesi è passata dal 9,6% all’11,5%, anche perché,
vista la mala parata sul reddito familiare, quelli che
prima non lavoravano ma neppure cercavano lavoro (i
cosiddetti inattivi, soprattutto donne) si sono messi a
cercarlo. Senza trovarlo o trovandolo mordi e fuggi.
Il quadro offerto dall’Istat nel suo tradizionale Rapporto annuale sulla situazione del paese non è esattamente fra i più luminosi. E non solo per il cortocircuito
recessivo in cui si è infilata l’Italia, a seguito della più
aspra crisi economica del dopoguerra.
Ma per l’avvitamento sociale che impoverisce – e
spaventa – i ceti medi e fa lievitare a livelli parafricani
la disoccupazione giovanile che passa dal 29,3% del 2011
al 35,3 del 2012 (il Mezzogiorno e un titolo di studio
basso fanno classicamente la loro parte in negativo),
aumentando di dieci punti percentuali in cinque anni.
Con un primato tutto italiano.
Il nostro paese ha infatti la quota più alta di Europa
di giovani fra i 15 e i 29 anni definiti Neet (Not in Education, Employment or training, ovvero coloro che non lavorano e non frequentano alcun corso di formazione o
istruzione): nel 2012 sono arrivati a due milioni e 250
mila (il 23,9%, praticamente uno su quattro) e in un
anno sono cresciuti di 100 mila unità.
Ma la crisi travolge anche aree sociali solitamente
più al riparo degli andamenti congiunturali, se, come
emerge dai dati, circa un quarto della popolazione
(quasi 15 milioni di persone) versa in difficoltà econo-
miche. Di queste, 8 milioni e 608 mila si trova in famiglie «gravemente deprivate»: erano il 6,9% nel 2010,
sono diventate il 14, 3% nel 2012. Nello specifico, l’Istat
rileva che «la grave deprivazione materiale comincia a
interessare non solo gli individui con i redditi familiari
più bassi ma anche coloro che disponevano di redditi
mediamente più elevati», visto che più di un quarto del
totale nel 2011 si collocava nei quinti di reddito più
elevati. Il tutto in un contesto di pressione fiscale al
44%, la più alta d’Europa: un altro primato tutto italiano. Non a caso la nostra propensione al risparmio che
era invece fra le più alte del continente europeo è drasticamente calata e si colloca ormai al di sotto di quella francese e tedesca, avvicinandosi alla più bassa di
tutte, quella inglese.
L’andamento del mercato del lavoro è collegato alla
flessione della domanda interna (anche se l’export funziona e va in parte a compensare). Al calo relativamente contenuto degli occupati (quasi 70mila persone), fa
il paio una riduzione secca delle ore lavorate e un consistente ricorso alla cassa integrazione (cresciuta nel
2012 fino a raggiungere nell’ultimo trimestre dell’anno
82,7 ore ogni mille lavorate). Dalla quale si passa alla
disoccupazione (vale a dire alla ricerca attiva di lavoro)
fino a 49 anni. Dopo i 49 anni si entra direttamente
nella categoria degli inattivi, cioé di coloro che un lavoro non lo cercano neppure più, ritenendosi (o essendo ritenuti) dificilmente ricollocabili. Si allunga poi la
durata della disoccupazione. Cresce, infatti, il numero
di chi cerca occupazione da almeno un anno (il 53% del
totale contro una media Ue del 44,4%). E che, mediamente, non la trova prima di 21 mesi (15 al Nord, 27 al
Sud).
Ma se anche sono spaventati e non nutrono fiducia alcuna nei confronti dei partiti politici (qui siamo
ai minimi storici), gli italiani pensano in fondo di
potercela fare, se, al netto del reddito, circa la metà
si dice complessivamente soddisfatta della propria
vita, soprattutto per quanto riguarda la salute, il
tempo libero, la rete familiare (e amicale). Che si
conferma un asset tipicamente nostro. In momenti
come questi, una zattera nella tempesta. @gozzip011
WELFARE
Giovannini apre
il cantiere
per il lavoro
RAFFAELLA
CASCIOLI
M
odifiche con «il cacciavite» per la
riforma Fornero, revisione degli
ammortizzatori sociali, con particolare
attenzione alla Cig in deroga, ma anche
dei centri dell’impiego, oltre ai processi
di semplificazione.
Enrico Giovannini, ministro del
lavoro, ha aperto così il confronto con le
parti sociali ieri pomeriggio annunciando
che entro fine luglio saranno messe a
punto le proposte operative: «O noi
consentiamo alle imprese di avere un
quadro normativo chiaro o sarà
estremamente difficile per le imprese
che vogliono programmare».
Nel giorno in cui il rapporto
annuale Istat fotografa la crescita
all’80 per cento dei contratti
“instabili” e annovera 2,2 milioni di
ragazzi tra i 15 e i 29 anni tra i Neet
(chi non studia nè lavora), il ministro si
mostra prudente rispetto alle risorse
disponibili: un piano da 12 miliardi per
il lavoro è difficile. E, questo,
nonostante subito dopo precisi che «se
il governo dice che l’occupazione
giovanile è la priorità non si fa a costo
zero». E che sia una priorità non c’è
dubbio tanto che a Bruxelles, dove ha
partecipato al Consiglio Ue, è lo stesso
premier Letta a sostenere che «in
questo momento l’urgenza è fare di
tutto per dare occasioni ai giovani, che
siano occasioni di qualità. L’impegno
di Giovannini è in questa direzione. La
priorità è dare occasioni».
Giovannini – che ha precisato che
obiettivo primario è prima il lavoro,
poi le pensioni – ha anche aggiunto
che sono molte al momento le ipotesi
allo studio: più o meno costose e
«sulla base delle competitività
economiche si lavorerà su quelle più
efficaci». Sul tavolo non c’è solo la
staffetta generazionale, che non è la
panacea a tutti i mali, ma può
contribuire ad aiutare i giovani che
non devono stare troppo a lungo fuori
dal mercato del lavoro. Tuttavia,
questa ipotesi è costosa e quindi
occorre in qualche modo soppesarne i
pro e i contro perché non c’è dubbio
che a chi accetta il part-time per gli
ultimi 5 anni di vita lavorativa
bisognerà garantire contributi
figurativi.
E se Giovannini rinvia a un
confronto con il ministro dell’economia
Saccomanni sia l’individuazione delle
risorse che il loro orientamento, la
rapidità dell’intervento da parte di
governo e parlamento potrebbe essere
decisiva per non aggravare un disagio
che già oggi ha raggiunto livelli elevati.
«Nei prossimi mesi – ha proseguito il
ministro – non è prevista una ripresa
vigorosa, si spera di intercettarla entro
fine anno». Ma certo non sarà la
timida ripresa economica a riassorbire
di per sè la disoccupazione.
Di qui il confronto con le parti
sociali convocate al tavolo: da
Confindustria a Rete imprese Italia,
dai sindacati confederali all’Ugl. Se
Giovannini non intende riaprire il vaso
di Pandora della riforma Fornero,
pensando semmai di eliminare i
principali ostacoli alla flessibilità in
entrata, la Cisl con il segretario
confederale Sbarra chiede politiche
per la crescita a partire dalla
«redistribuzione del carico fiscale a
favore del lavoro e delle imprese,
oppure lo sblocco di opere
infrastrutturali per 15 miliardi». Una
posizione in gran parte condivisa dal
presidente di Rete imprese Italia
Sangalli secondo cui occorre «un
piano straordinario con risorse
straordinarie». Sangalli ha sostenuto
la necessità di semplificare il mercato
del lavoro e la burocrazia oltre che
ridurre il costo del lavoro. E se per le
imprese è importante ridurre la pausa
tra un contratto a termine e l’altro,
oltre al superamento del contributo
aggiuntivo dell’1,4%, il segretario
confederale della Cgil Sorrentino ha
sostenuto che l’occupazione non si
crea intervenendo solo sulle regole:
«Per un piano per l’occupazione non
possiamo commettere l’errore di
parlare di sole regole: servono risorse,
programmazione e progettazione».
@raffacascioli
giovedì
23 maggio
2013
lettere e commenti 4
FEDERICO
ORLANDO
RISPONDE
La Rai non si distragga con la guerra alle miss
Cara Europa, dopo la vostra lettera di ieri, ho
cercato e letto l’intervista della signora Tarantola,
presidente Rai, alla Stampa di lunedì scorso, intitolata “Nella mia Rai mai più miss e isole dei famosi”. Da anni non seguo più il concorso di miss Italia,
perché la qualità delle concorrenti e della conduzione mi sembra mediocre rispetto ai miei ricordi.
Quanto all’isola, non l’ho mai guardata, non perché
i protagonisti fossero in abiti più o meno succinti
(certe pruderies non mi riguardano) ma perché l’insieme mi dava un senso di stupidità. Tutto ciò premesso, mi chiedo se davvero la signora Tarantola
non abbia, per la “sua” Rai, qualche problema più
serio di cui occuparsi nell’interesse della cittadinanza.
Adriana Spezie, Vicenza
C
ara amica, condivido le sue considerazioni e il suo
interrogativo. Non ho nulla da spartire con la cultura bigotta della signora Tarantola, forse gradita alla
Cei e al premier Monti, che la prelevò dalla Banca
d’Italia: grande scuola laica, degna dell’Ecole francese,
che ha sturato bottiglie di champagne per la partenza
dell’incongrua collega. Alla quale riconosco la difficile
situazione in cui si trova: tra l’esigenza del paese migliore, che la Rai aumenti la sua qualità culturale; la
presenza della tv commerciale, che invece fa pubblicità
e ascolti abbassando proprio quella qualità; e infine una
forte minoranza anarcoide nel paese, fatta di gente che
non paga il canone perché ritiene che lo stato befana
debba passarle gratis anche il divertimento.
So che la Rai concupirebbe le star dell’informazione
(non solo politica, però, occorrerebbero star della cultu-
ra, del costume, dell’inchiesta sulle mode: esempio,
quella dei “beni comuni” che ieri “il manifesto” denunciava come «retorica stucchevole». E se lo pensano loro...). Ma le star stagionate in tv hanno pretese di casta
(altro che “La Casta” dei parlamentari, egregi Stella e
Rizzo). Ciò riconosciuto, i vertici Rai debbono convincersi che le emergenze non stanno nelle miss e nelle
isole, quanto nei problemi di laicità e libertà del prodotto e di ridimensionamento del “partito Rai”: che per
un verso subisce le prevaricazioni dei cda nominati dai
partiti e per l’altro prevarica sui partiti offrendo i suoi
uomini e donne come candidati a tutto, realizzando il
cerchio magico partiti-tv-interessi.
Dunque non si tratta di tornare ad Andreotti, Fanfani, Bernabei, al censore con le forbici e con l’imprimatur (ma allora in tv c’erano anche il teatro, la lirica, la
danza). Il problema è distruggere il sistema partitocratico con le sue tre reti e tre tg, come se nel frattempo Dc,
Pci e Psi non fossero passati a miglior vita e la tv non
fosse quantitativamente e tecnologicamente cambiata.
Basta un tg unico pluralista per le notizie, e tantissima
libertà di commenti interni ed extra-Rai.
Con l’aiuto del silente cda, occorrerebbe spostare
l’attenzione dai diavoli che turbano la Tarantola alla
fuga dalle responsabilità e agli spazi della creatività
da conquistare. Altrimenti la Rai sarà sempre lo specchio pedissequo della partitocrazia che, per eludere i
problemi veri (lavoro, sviluppo, scuola, istruzione,
abitazioni, fiscalità, cittadinanza, sicurezza) finiscono col guerreggiarsi con vecchie o nuove storie. Pur
sapendo in partenza che non sono al momento praticabili.
••• LEGGE ELETTORALE •••
Riforme, allora torniamo al Mattarellum
SEGUE DALLA PRIMA
ROBERTO
GIACHETTI
N
onostante rimanga convinto che la riforma
elettorale sia una materia di chiara natura
parlamentare nella quale l’esecutivo deve avere
un ruolo puramente formale, considerata la situazione di “emergenza” nella quale si è formato
l’esecutivo di Enrico Letta, ho convenuto con le
dichiarazioni programmatiche del presidente del
consiglio nella parte in cui prendeva impegni diretti per dare impulso a un processo riformatore
che il paese attende da anni, bloccato ogni volta
da veti, furbizie e contrapposizioni.
Non mi occupo della proposta della cosiddetta Convenzione contenuta in quelle dichiarazioni e abortita di lì a qualche giorno per le divergenze sulla natura, sulla missione e persino
sulle priorità di azione. Parlo ora solo della riforma elettorale.
«Cambiarla serve non solamente per assicurare la formazione di maggioranze sufficientemente ampie e coese, in grado di garantire governi stabili, ma prima ancora, restituire legittimità
al parlamento e ai singoli parlamentari (…). Permettetemi di esprimere, a livello meramente personale, che certamente migliore della legge attuale sarebbe almeno il ripristino della legge
elettorale precedente». Così il presidente del
consiglio in occasione delle sue dichiarazioni
programmatiche in base alle quali ha preso
un’ampia fiducia alla camera. Ironia della sorte
lo stenografico della seduta recita: «Applausi dei
deputati dei gruppi Partito democratico, Sinistra
ecologia e libertà e di deputati del gruppo il Popolo della libertà».
Dopo qualche settimana, durante la riunione
dei ministri a Spineto, Letta ha parlato di una
“rete di protezione” da realizzare subito per evitare, nel caso in cui la situazione precipitasse, di
andare alle urne con l’attuale sistema. Davvero il
piatto che si sta apparecchiando in queste ore
può lontanamente dirsi coerente con quanto solennemente dichiarato sia per la soluzione principale che per la subordinata? Non scherziamo,
perché c’è davvero poco da ridere e non disperdiamo quella residua credibilità che miracolosamente resiste verso la politica.
Quella che si affaccia in parlamento è una
mera operazione di lifting. Non è accettabile, né
politicamente né eticamente, un inganno del genere. Io spero, e mi adopererò fino in fondo come
parlamentare, che un progetto omogeneo di riforma istituzionale (costituzionale ed elettorale)
trovi luce.
Personalmente sono a favore dell’approdo ad
una forma di semipresidenzialismo accompagnato da una legge di tipo maggioritario a doppio turno. Ove mi sarà possibile non mancherà il
darlo – che ha dalla sua l’adesione di oltre un
mio contributo, essendo peraltro cofirmatario di
milione e duecentomila sottoscrittori del refeproposte in questo senso già dalla scorsa legislarendum bocciato più di un anno fa dalla Contura e ripresentate anche nell’attuale; spero inolsulta.
tre che il lavoro del ministro Quagliariello,
Se si vuole costruire una vera “rete di pronell’ambito di un confronto vero in parlamento,
tezione” questa è la strada, il resto – torno a
faciliti il raggiungimento di questo obiettivo. Il
dire – è una finzione, un inganno. Siamo in 73
governo vada avanti su questo e lo faccia sulla
al momento ad averla sottoscritta,
scorta delle ambiziose indicazioni
colleghi in maggioranza del Pd ma
programmatiche sulle quali ha raccolto
un’ampia fiducia.
Servono altre anche di Sel, Scelta civica, minoranze
linguistiche e Maie; affinché l’intera
Ma sul cosiddetto “intervento di
137 firme
camera possa pronunciarsi e decidere
salvaguardia”, a maggior ragione di
occorrono altre 137 firme. Sono confronte alle ipotesi che si affacciano, il
per discutere
vinto che la stragrande maggioranza
parlamento e ogni singolo parlamentadei deputati sia a favore della strada
re si assumano le proprie responsabili- la mozione
che abbiamo proposto e sono convintà e si riapproprino del loro ruolo. Non che supera
to che la realizzazione di questo
ci sono e non possono più esserci alibi,
obiettivo sarebbe una risposta almescappatoie, rinunce. È una responsabi- il Porcellum
no dignitosa nei confronti dei tanti
lità grande estranea alla maggioranza
milioni di elettori e cittadini che ci
parlamentare che potrà e dovrà mantechiedono serietà e concretezza.
nere fede agli impegni assunti davanti al parlaPersonalmente è ormai un anno che mi batto
mento.
con tutti gli strumenti possibili per un reale suHo presentato nei giorni scorsi una richieperamento dell’attuale legge elettorale. Non insta di convocazione straordinaria della camera
tendo arrendermi ma è necessario che a noi 73 si
(che come prevede la Costituzione dà diritto al
aggiungano altri 137 deputati che credono non
senato di fare altrettanto) per discutere e votasolo nel superamento del Porcellum ma anche
re una mozione che impegni i propri organi ad
nella capacità di riscossa del parlamento. Accaattivarsi in tempi rapidissimi per l’esame delle
drà nelle prossime ore? Più che una domanda il
proposte di legge che chiedono il ritorno al
mio è davvero un auspicio.
Mattarellum, unica proposta – occorre ricor-
• • • I S TAT • • •
Il governo ora decida: meglio l’Imu o il lavoro dei trentenni?
SEGUE DALLA PRIMA
TIZIANO
TREU
Q
ui il rapporto Istat indica alcune piste essenziali; a cominciare dalla necessità di sostenere le imprese innovative, di puntare sull’internazionalizzazione
come fattore essenziale di crescita,
e sull’export anche manifatturiero.
D’altra parte segnala i punti di
maggior disagio sociale: segnalati
dal crescente numero di famiglie in
grave difficoltà, dal crollo dei consumi, dall’aumento dei disoccupati
e delle persone disponibili a lavorare ma che non lo trovano, oltre
che di quelle scoraggiate che abbandonano la ricerca.
La drammaticità di questi dati
non è stata finora sufficiente a provocare reazioni adeguate. Ed è qui
che serve una svolta: meno denun-
INFORMAZIONI
E
ce e più fatti concreti, come ha sottolineato il presidente Letta, il
quale ha fatto appello all’Europa
perché abbandoni le politiche di
austerità che rischiano di farla implodere.
Al nostro paese, che ha svolto
bene finora i compiti di rigore, servono scelte coraggiose con priorità
precise per non disperdere le risorse scarse, come si rischia di fare
buttando miliardi sull’Imu. Altrettanto irresponsabile è eludere i
gravi problemi sociali ed economici
del paese, per litigare su temi fuori
dall’Agenda di governo, a fini di
posizionamento elettoralistico o
demagogici.
Anche in materia di lavoro ci
sono priorità e urgenze diverse. Nella gravità generale del quadro occupazionale, la disoccupazione giovanile è l’emergenza prima da affrontare. La disoccupazione media è al
ANALISI
www.europaquotidiano.it
ISSN 1722-2052
Registrazione
Tribunale di Roma
664/2002 del 28/11/02
12%, quella giovanile è tre volte tanto, e nel Sud persino di più.
Anche a questo fine può essere
utile fare qualche correzione alla
legge Fornero; ad esempio rendere
più accessibile il contratto a termine, per dare fiato almeno temporaneo all’occupazione giovanile;
semplificare l’apprendistato e rafforzarne gli incentivi perché diventi
effettivamente lo strumento principale per facilitare il passaggio
dalla scuola al lavoro.
Ma servono soprattutto misure
positive che diano sostegno ai giovani, a cominciare dai cosiddetti
Neet. Su questo vanno concentrati
gli sforzi finanziari e l’impegno
politico del governo, sollecitando
l’Europa a fare di più, come intende fare il presidente Letta, nel
prossimo Consiglio dedicato al tema dell’occupazione giovanile.
Il piano Youth Guarantee è uno
strumento già sperimentato in altri
paesi e che dovrebbe essere attivato
subito anche da noi. Servono risorse, ma serve anche una mobilitazione straordinaria di tutti gli operatori del mercato del lavoro in grado di
offrire a migliaia di giovani opportunità di lavoro e di formazione in
tutte le forme possibili: periodi di
stage e di apprendistato, lavori anche temporanei, sostegno ad iniziative di lavoro autonomo e di impresa. Questo è un terreno concreto
per stimolare una collaborazione
vera fra operatori privati e servizi
pubblici all’impiego, invece di contrapporli. Un ruolo fondamentale
può essere svolto da Regioni ed enti
locali non solo nell’organizzazione
dei servizi sul territorio, ma per
concentrare la destinazione delle risorse del Fondo sociale europeo.
La staffetta generazionale è
un’altra misura ipotizzata in sede go-
vernativa, che può essere utile per
affrontare l’emergenza occupazionale. È sbagliato caricarla di funzioni
che non può svolgere: come quella di
risolvere il problema di fondo, cioè
creare lavoro nuovo. Non occorre essere economisti per saperlo. Ma si
può favorire un passaggio non traumatico dal lavoro alla pensione, sia
con forme di part time misto a pensione, sia offrendo la possibilità di
anticipare il pensionamento con
l’opzione del metodo contributivo e
relativa penalizzazione.
D’altra parte queste possibilità
di uscita graduale degli anziani
possono facilitare l’assunzione di
giovani, specie con contratti formativi, cui gli stessi anziani possono fungere da tutor. Accettare e
diffondere una simile staffetta sarebbe una prova concreta di solidarietà intergenerazionale, che il
governo può promuovere ma che
può avere successo solo se sostenuta da una convinta adesione dei
lavoratori e delle imprese.
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