Dai Manoscritti Musicali inediti dei Maestri della Cappella Eusebiana del Duomo di Vercelli AGESILAO RE DI SPARTA DRAMMA PER MUSICA IN DUE ATTI di Giovanni Domenico Perotti (1761 – 1824) Libretto di Sala Vercelli, 1 e 2 febbraio 2008 Teatro Civico, ore 21,00 PERSONAGGI Agesilao (II) Lis(s)andro VOCALITA’ Sopranista Tenore ESSENZIALE NOTIZIA STORICA o DRAMMATURGICA Fu re (basiléus) a Sparta dal 399 al 359 a.C.. Nel 396, con Lisandro, fu inviato al comando di una spedizione contro la Persia. Nonostante i successi riportati, fu richiamato in patria dalla sua città, per fronteggiare una coalizione antispartana sorta fra Atene Corinto e Tebe: Agesilao la sconfisse a Cheronea (394), anche se la vittoria non risultò decisiva. Fu ispiratore della politica antitebana di Sparta, che dovette difendere da Epaminonda. Morì di ritorno dall’Egitto, dove aveva stretto alleanza con il Faraone Tasis. Le biografie classiche di lui sono dovute a Senofonte e a Plutarco, che ne tessono - soprattutto il primo l’elogio per l’esemplare senso di pietas, giustizia e moderazione con cui resse il potere regio e si comportò con gli stessi nemici. Generale spartano, ebbe il merito di concludere vittoriosamente per Sparta la Guerra del Peloponneso contro la rivale Atene: con la vittoria navale di Nozio (407 a.C.) determinò il tracollo politico dell’ateniese Alcibiade; nel 405 riportò la vittoria decisiva ad Egospòtami, ed impose nella vinta Atene il governo oligarchico dei Trenta Tiranni. Salutato dapprima come “liberatore” della Grecia dall’imperialismo di Atene, in seguito si attirò una vasta avversione per aver imposto una sorta di signoria personale ed arbitraria sulle città liberate dal giogo ateniese. Nella politica interna a Sparta egli tentò di trasformare l’istituto regale da dinastico in elettivo, ma fallì. Allora favorì la salita alla carica di re Agesilao II, il cui diritto di successione era piuttosto controverso, forse nella speranza di esercitare un potere di fatto se non di nome attraverso una sua “creatura”. Agesilao in realtà, una volta salito al potere, ignorò Lisandro e si emancipò dal suo controllo. L. morì intorno al 395 combattendo contro i Tebani. La tradizione storiografica gli è ostile: Plutarco ne abbina la biografia, in parallelo, a quella del Romano Silla, esemplare negativo di dispotismo fazioso; e factiosus lo definisce anche Cornelio Nepote. La sceneggiatura la fa figlia di Lis(s)andro e, come nell’Agésilas si P. Corneille, alla fine sposa di Agesilao. Aglatide Soprano Arsida Contralto Il Libretto 1789 ne fa un “confidente di Agesilao”. Sopranista La sceneggiatura lo fa figlio di Lis(s)andro e pupillo di Agesilao Soprano La sceneggiatura la fa promessa sposa, e infine sposa, di Leucade. Leucade Erissa ______________________ Primi appunti per uno studio più approfondito e per una messa in scena “moderna”. ( a cura di A. Fragonara) Ad una prima domanda di fondo, se valga la pena di tanti sforzi, e di tante incertezze e difficoltà economiche, il tentativo di rimettere in scena l’Agesilao di Gian Domenico Perotti a più di duecento anni dalla sua prima rappresentazione romana (Teatro di Torre Argentina, Carnevale del 1789), credo si possa (e forse si debba) rispondere affermativamente. Si deve riconoscere che le difficoltà che l’impresa deve affrontare non sono poche. La prima viene dallo stato del Manoscritto che conserva la partitura musicale dell’operina presso l’Archivio del Duomo: un primo confronto della trascrizione dovuta a Don Giorgio Necco con il Libretto 1789, fortunatamente reperito e disponibile, che riproduce a stampa (forse con qualche errore) il testo andato in scena in occasione della “prima”, ci mette di fronte a guasti e lacune di non lieve entità che il Ms. accusa, con poche speranze - allo stato attuale delle nostre conoscenze - di ritrovamenti fortunosi e “risarcimenti” delle parti musicali mancanti. Le lacune sono particolarmente estese e problematiche nell’Atto II, che subì probabilmente ripensamenti e rimaneggiamenti ancor prima della “ prima”. In ogni caso, mancano allo stato attuale delle pagine intere di Musica, mentre del testo del dramma non manca neppure un verso. Stante la situazione, in primo luogo si dovranno dunque, doverosamente, compiere ancora tentativi in diverse direzioni (Archivio del Duomo, Accademia dei Filarmonici di Bologna, Archivio del Teatro Argentina – ove ne esista uno -, fondi musicali in Torino) per verificare se esista la fortunata possibilità di qualche “recupero”. In eventualità di esito negativo di tale ricerca, la soluzione praticabile è quella che nelle note al testo si avanza, e cioè una forma “mista” di rappresentazione, in cui parti recitate (o dai Cantanti stessi o, più suggestivamente, da Attori-copia) si inseriranno “ad intarsio” nella tessitura vocale estrumentale del Dramma . La seconda difficoltà da superare attiene al coordinamento culturale ed artistico, necessario alla buona qualità ed alla coerenza del risultato finale, dei diversi Cantieri che lavorano intorno all’ Agesilao del Perotti: la concezione della prima ri-edizione moderna dell’opera, l’ideazione e la progettazione teatrale, dalla scenografia ai costumi di scena, dalle scelte con cui si interpreteranno (alla lettera, filologicamente, o più liberamente nella ri-invenzione artistica) le didascalie di scena del Libretto 1789 alla eventuale riduzione a simboli di molti dei suggerimenti o delle presenze figuranti, la concertazione vocale e strumentale; tutte dovranno sortire da un disegno unitario ed essere portate ad esito coerente sul piano estetico ed artistico. Sarà pertanto necessaria una conduzione registica che muova da un accordo condiviso di vedute e di orientamenti ben definiti, derivanti a loro volta da uno studio critico approfondito non solo dell’opera del Perotti, ma del contesto storico, ideologico, filosofico ed artistico in cui l’ Agesilao si colloca. In tale prospettiva assumono, a parere del sottoscritto, importanza decisiv ai Cantieri della creatività studentesca: è lì, nel lavoro di indagine e di ricerca (sull’Antico e sulle fonti storiche del Dramma settecentesco; sul pensiero filosofico ed etico-politico, sull’ideologia dell’Illuminismo; sul Teatro e sulla Musica del Settecento; sulla Storia del Costume del XVIII secolo; ecc.), supportato da tutte le competenze scientifiche qualificate che potranno venire dall’esterno (prima fra tutte, dall’ Università di Vercelli); è lì, ripeto, che dovrà maturare, in modo interdisciplinare, la qualità raffinata e criticamente intelligente dell’evento musicale e teatrale. Ed è lì, appunto, che si dovranno concentrare tutti gli sforzi positivi per giungere ad una concezione unitaria della messa in scena, che sappia tradurre nella massima essenzialità pregnante il senso e la profondità critica della rilettura moderna dell’ Agesilao, con tutto il corredo di materiale di studio, di approfondimento, di divulgazione e di presentazione che il progetto comporta (pubblicazioni a stampa, a mezzo Internet – Web, mostre degli elaborati prodotti dalle Scuole, ecc.). In questo caso - per la complessità dell’operazione culturale che è sottesa al progetto sarà la Musica (ovvero, il Cantiere musicale) a dover seguire gli indirizzi e le scelte maturate dagli studi condotti in seno ai Cantieri della creatività studentesca: non sudditanza, s’intende, ma perfetta traduzione dei contenuti dell’opera e dei suoi significati nelle forme e negli stilemi della Musica settecentesca . Con un occhio alla Clemenza di Tito di Mozart, cui guardare come ad un paradigma “maggiore” del dramma, drammaturgicamente e ideologicamente assai affine, del vercellese Perotti. L’ultima difficoltà - quella di animare intorno a questo progetto arduo e complesso interessi ed entusiasmo - spero non riguardi il mondo della Scuola che vi aderisce. Quanto all’interesse e alla fiducia degli Enti interpellati per sostenerlo finanziariamente, le risposte fin qui ottenute inducono a sperare di trovare le energie necessario a concluderlo bene. (a . f.) Ottobre 2006 ATTO PRIMO Scena I [Atrio nella Reggia del Re di Sparta, che conduce alle Gallerie terrene] (Agesilao, con guardie, ed Aglatide; poi Arsida) Agesilao Bella Aglatide, oh quanto di me a torto ti lagni . Al padre tuo se dell’ armi il governo oggi toglier mi vedi, i miei vassalli ne incolpa, e non il Re. Bramo nel soglio di Lissandro l’affetto Qual lo bramai privato… Frena il tuo affanno, e non chiamarmi ingrato. Aglatide Crudel, così m’insulti ?… E non rammenti che Che quel Real Diadema, onde superbo vai, dono è del Padre mio? Agesilao Dicesti assai, Odimi: io chiamo i Numi testimonj del ver: vedrà Lissandro, che assai più che gli tolsi, gli rendo nella sorte che medito per te. Aglatide Per me ? qual sorte ? Parla. Agesilao Per mio consiglio d’Armenia il Reg(g)io Erede, oggi, la destra 1 offrirà a te di Sposo !… Aglatide Indegno ! E vuoi del genitore ai torti aggiunger quello di tradir la figlia ? La fede a me giurata oblii in un punto ?… Agesilao Ah, non sdegnarti, o cara!… Aglatide Ingrato ! I passi miei guarda di più seguir !…La nuova face tenti celarmi, in vano ! A tanti eccessi so ben io chi ti consiglia …, ma t’odierà col Genitor la Figlia ! Arsida Signor, la reg(g)ia pompa disposta è già. L’impazienti schiere chieggono il Padre, il Re … Agesilao Vengo … Aglatide Ad Erissa potrai, in sì fausto giorno, dar di sposo la destra … Agesilao Eterni Dei !… Lascia di lacerarmi con le Furie gelose ! Séguimi ! 2 [Oh Dio, qual fier contrasto io sento !… Il cor mi trema in sen … Quest’è tormento !] (Aria di Agesilao) Fra gli affanni e fra l’amore son confuso ed agitato; palpitando in seno, il core mi fa incerto vacillar … Darà fine alle tue pene il favor del tuo Regnante; e potrai col nuovo amante d’ogni affanno trionfar !… (Agesilao parte con guardie) Scena II (Arsida e Aglatide) Arsida Quanta pietà mi fai, Aglatide infelice ! Il re, d’affetto come cangiò in un punto ? … Aglatide E a te, chi chiede ragion dell’opre altrui ? … Parti ! Arsida Vorrei palesarti il mio cor … Aglatide Parla ! … Arsida Se vuoi un fido adorator, l’affetto mio 3 posso offrirti, se il brami … Aglatide Arsida, addio ! (Aglatide parte) Arsida Mie fallaci speranze !: appena nate, già tornate a morir … Ma non mi perdo. Chi sà…: forse nel core conserva i lacci ancor del primo amore … (Arsida parte) Scena III (Leucade, poi Erissa con seguito) Leucade (Cavata di Leucade) [ Sventurato, almen vorrei riveder l’amato bene: per lei spera, a tante pene, la sua calma questo cor. ] 1 Larve di gelosia, fuggite dal mio petto ! E a tanti affanni, che un sventurato figlio, che un amante fedel, straziano ognora, dubitar del mio ben mancava ancora ?… Ma …, oimé ! Sogno … o deliro ! (vedendo Erissa) Stelle !… colei che miro non è l’anima mia ? Ma in queste soglie, qual destin la conduce? Ah, mia Regina, un amante infelice, deh, mira a’ piedi tuoi … Erissa Leucade, sorgi 2 ! E quando 1 I versi mancano nella trascrizione Necco. Verificare sul Ms. lo stato della partitura musicale: se li possa accogliere o no. 2 Da preferirsi il sorgi del Ms. al ferma del Libretto originale della Prima. 4 tai segni di rispetto io richiesi da te ? … Sai che t’adoro … Leucade T’ ubbidirò, ma non sdegnarti, oh Dio ! Ah, dimmi, idolo mio, qual astro reo ti guida in sì barbara terra ? Svelami il ver, non ingannarmi ! Forse t’invita Agesilao di Sparta al Trono ? Erissa Così Leucade parla ? … Leucade Ah no, perdono ! Scusa, o cara, un trasporto D’ un amante fedel ! Ma mi palesa[, o cara, ] perché in Sparta ne vieni … 3 Erissa T’appagherò … 4 Minaccia la Persia il regno mio. Soccorso, [e] 5 asilo ad implorar qui venni. Allor che il core donasti a me, le invitte a suo talento Lacedemoni schiere reggendo il Padre tuo, potea de’ Persi l’orgo(l)glio debellar . Oh, quanto, allora, io mi credea felice, unir potendo le cure del mio Regno agli affetti del cor ! … Ma il Re, dell’armi a lui tolse il comando, e lo ridusse un Cittadin privato… Io ne ignoro il perché … Leucade Perché è un ingrato ! 3 Il Libretto espunge il Vocativo del Ms. (o non ne porta traccia) . Da accogliere - per il ritmo - il testo del Libretto. Da preferirsi la lectio difficilior del Ms.. Il Libretto porta un banalizzante T’ubbidirò … 5 Così coordina il Libretto. Preferisco l’asindeto del Ms.. 4 5 Erissa Nobil cor, sensi illustri nudre il Re vostro . I rei trasporti frena del labbro sconsigliato !… Leucade Tacerò, se lo brami . Ma, oh Dio !, da questi accenti < crudel >, 6 comprendo adesso che il tuo cuor per me non è l’istesso ! Addio ! (Leucade fa l’atto di partire) Erissa (trattenendolo) Senti ! … Leucade Che brami ? che più deggio ascoltar ? Erissa Leucade!, oh quanto meco ingiusto tu sei ! Sarò tua sposa, fìdati pur di me. Frema di Persia il Popolo feroce; il Regno mio mi tolga il Fato avaro…: ma per te sempre, o caro, vivrà questo mio core, che da te apprese a sospirar d’ amore. (Aria di Erissa) Per te, ben mio, nel petto mi parla amor pietoso. Costante al primo affetto quest’anima sarà . E se l’ingrata sorte <mi> toglie e vita e Regno, ad onta ancor di Morte, il cor t’adorerà ! 6 Non c’è nella trascrizione Necco dal Ms. (probabile salto di parola del trascrittore). 6 (Erissa parte con le guardie) Scena IV (Leucade; poi Lissandro, e congiurati) Leucade Ah, cari accenti ! Ah, quale nova speme destate nel mio povero cor ! Or che costante io ritrovo il mio ben, sfido le Stelle armate a danno mio; incontro, ardito, di morte ogni periglio ! Lis(s)andro Leucade, amato figlio !, vieni, siegui i miei passi … (guardandosi intorno sempre sospettoso) Leucade E quel pallore, Padre, che mai vuol dir ? Li(s)sandro Taci ! Ogni indugio È, < figlio >, a noi fatal ! Sono vendicato ! “Agesilao svenato !” chieggono le falangi; io così voglio; Vieni: il Popolo ti vegga, e ascendi in soglio ! Leucade E tentarmi tu puoi di tradimento infame? Padre, cangia consiglio ! E se mi brami reo, non son tuo figlio ! Lis(s)andro 7 Empio ! Così t’opponi A’ grandi sdegni miei ? M’ascolta. Il colpo disposto è già. Da mille spade e mille, che dipendon da me, l’ultimo Fato attenda Agesilao. Mi lusingai che, obbediente, il Figlio secondasse i miei voti … e, oh Dio! mi veggo nella speme deluso . M’abbandono al destino, vado solo al cimento ! Se non cade il fellon, non son contento. Scena V (Leucade, solo) Leucade Voi difendete, o Numi, la vita del mio Re ! Voi conservate innocente quest’alma ! A lui si corra !… E quando Agesilao spirar dovesse, ancora al fianco del suo Re Leucade mora. (Leucade parte) Scena VI Tempio dedicato alla Dea Cibale preparato per la Coronazione d’Agesilao, con Simulacro della dea, ed Ara accesa. [Lissandro con spada nuda scortato da’ suoi congiurati, che a suo tempo si ritirano in ag(g)uato, ed egli va ad incontrare Agesilao. Al suono di lieta Marc(h)ia si ved(e)ranno in ordinanza marciare le schiere Spartane, poi Agesilao accompagnato dagl’Efori, e da Aglatide, poi Erissa con il suo seguito, e finalmente dop(p)o breve strepito d’ Armi, si vedrà Leucade fra catene, scortato d’Arsida, e dalle guardie Spartane.] (Lissandro, e congiurati) Lis(s)andro Fidi compagni, è questo il momento < felice >, in cui da me s’aspetta la ben giusta vendetta. Agesilao, avido sol di fasti 7 , qui a momenti s’attende … Se degno il sen v’accende, 7 Preferibile, forse, il plurale trascritto da Necco (ma sul Ms.?) al singolare, fasto, del Libretto. 8 cada da voi svenato… Ma, … qual voci di giubilo da lungi io sento ? … Amici, egli a noi si avvicina … Celatevi, e attendete l’istante, in cui l’indegno cada esangue dal soglio. E’ questo il mio desio; sol questo io voglio ! (si ritirano i congiurati, ed egli va ad incontrare Agesilao) /segue la Marc(h)ia – sinfonia di intermezzo strumentale) dopo la Marc(h)ia <[Scena VII ?]> No nel Libretto <(Agesilao, Lissandro, Aglatide, Erissa, Arsida; poi Leucade)> Agesilao Spartani !, al vostro amore è grato il vostro Re. Sarò per voi più Padre che Sovrano … Ma perché qui non veggo Leucade, il caro amico ? Il lieto giorno, che del soglio di Sparta possessore mi fa, dimmi, Lis(s)andro, forse Leucade sdegna ? Lis(s)andro (a parte) [Un nuovo inganno dilegui i suoi sospetti ...] Il figlio mio? non so da quale, oh Dio !, intempestivo affanno ei gema afflitto ! … <[Gli nascondo in tal guisa il mio delitto]> 8 Agesilao 8 Il verso manca del tutto nella trascrizione Necco (ma nel Ms.?). Va probabilmente ripristinato (compatibilmente con la partitura della linea di canto), anche se sembra, nella forma di a sé, più una glossa che una necessità. 9 Olà, si cerchi Leucade ! Al mio fianco voglio, in sì lieto istante, veder l’amico !… (partono due guardie) Aglatide Ei, forse, in te sdegna un Tiranno, un ingiusto, un crudel . Agesilao Sì fieri accenti, Aglatide, raffrena ! Al Padre tuo, già tel dissi, son grato; e se oppresso egli fu, ne incolpa il Fato. Lis(s)andro (a parte) [Empio ! Avvampo di sdegno … Voi secondate, o Numi, il mio disegno ! ] Agesilao Ma … qual strepito d’armi …?, (s’ode strepito d’Armi) qual tumulto …? Erissa (agitata) Ah, Signor ! tu sei tradito … Agesilao Regina, e chi è l’indegno Che s’oppone al suo Re ? Erissa Già mille acciari ti circondan d’intorno ! A tante spade argine fanno, invano, i tuoi fidi custodi … I giorni tuoi sono in periglio… <Oh Dio !> 10 Salvati, fuggi ! … Agesilao (snuda l’acciaro = sfodera la spada) Ah, voglio del sangue dei ribelli saziare il brando mio ! A te, Lisandro, affido la custodia d’Erissa, e di tua figlia … Ah, se qui fosse il mio Leucade ! Almeno al suo fianco cadrei sul suolo, estinto ! … Arsida Signor, il reo freme fra ceppi avvinto … Lis(s)andro (a parte) [Me infelice ! che sento ?! …] Aglatide Ma il tumulto svanì ? … Arsida … dispersi, in fuga si posero i ribaldi . Lis(s)andro E, dell’eccesso, qual mai cagion s’adduce ? Arsida <Nol so …> 9 Erissa 9 La battuta manca del tutto nella trascrizione Necco (ma nel Ms.?). Va ripristinata, credo, per il senso dei ruoli nel dialogo, dove è Arsida la fonte delle notizie dei fatti che avvengono fuori scena. 11 La testa infame di chi la trama ordì giri, recisa, di Sparta per le vie ! Arsida Ecco l’audace ! … Aglatide Leucade ! e il crederò ? Erissa Leucade ! oh dei !… Lis(s)andro (a parte) [V’ingannate, occhi miei !…] Leucade Mio Re, fra ceppi avvinto innocente mi vedi ! … In tua difesa armato, il braccio mio volea i ribelli, valoroso, punir …; quando, all’istante, cinto dai tuoi Custodi, son tratto innanzi a te . Non ho delitto; non imploro perdono … Non ho rossor, perché innocente io sono. Lis(s)andro (a parte) [Figlio infelice !…] Aglatide (a parte) [Misero germano ! …] 12 Erissa Innocente ti chiami ? e l’ empia trama reo non ti fa ? Leucade Regina !, favellando così, troppo m’offendi ! … Erissa Barbaro ! e che pretendi ? Vuoi forse dirmi ancora che sei l’idolo mio ? Le tue lusinghe, troppo incauta ascoltai … Meritasti la morte, e morte avrai ! Leucade Mio Re ! di quest’ingrata non ascoltar la voce ! Ai piedi tuoi / <A te dinanzi> < il tuo> Leucade mira … Egli è pur quel istesso che tua delizia un giorno ti degnasti chiamar … 10 Agesilao Leucade, sorgi 11 ! Quanta pietà mi fai ! Ma il tuo delitto degg’io punir … Custodi, nel carcere si porti / serbi 12 al suo castigo il reo. 10 Ai piedi tuoi L. mira è della trascrizione Necco (dal Ms.). In sanguigna il testo del Libretto (v. nota seguente). Di nuovo, il sorgi della trascrizione Necco (e probabilmente del Ms. Perotti) pare preferibile al più banale taci del Libretto. Poiché occorre per la seconda volta di osservare - sullo stesso verbo - divergenza fra i testi a proposito di una proscinési / genuflessione di Leucade (cfr. nota 2), vien fatto di pensare che a Roma, nel 1789, l’atto del genuflettersi del supplice davanti a creatura terrena dovesse assai probabilmente risultare eterodosso e sconveniente alla censura pontificia (cfr. anche Libretto, p. 4, la Protesta ed i due Imprimatur). Così sembra confermare la diversa lezione tra Ms. e Libretto che si è registrata sopra, alla nota 10, sulla parte di Leucade. Si dovrà peraltro osservare che nella Scena ultima dell’Atto II il verbo Sorgi non sarà corretto nel Libretto in altra espressione: ma lì forse Lisandro fa solo mostra di volersi genuflettere al suo re, e Agesilao lo arresta nell’atto stesso di supplica, accordando il perdono e la riappacificazione. 12 Sarà bene rivedere lo spartito originale in Ms.: la diversa lezione lascia incerta la scelta. Il serbi del Libretto parrebbe preferibile come lectio difficilior. 11 13 Leucade Deh, Padre amato … Tu favella per me ! … Lis(s)andro Scostati, indegno ! La pena mia tu sei … Invòlati, o fellon, dagli occhi miei ! (segue con stromenti pag. 250 - intermezzo sinfonico) Leucade Ingratissime stelle, ditemi: in che peccai ?… Mi scaccia il Padre; mi condanna il mio Re… Colei che adoro, brama la morte mia ! (al Popolo) Spartani, udite ! Innocente son io. Ma, a chi ragiono ?… Vado, mio Re: s’adempia il tuo sovrano impero (rivolto a Lisandro) Caro Padre, ti lascio. (rivolto ad Erissa) Regina, un sguardo almeno Rivolgi a un sventurato! Ingiusti Numi, deh, fate almen che sia palese al Mondo l’innocenza mia ! <Soffro le mie ritorte> 13 . Vado a morir, se vuoi, ma il fiero orror di morte non mi vedrà tremar … [ (A quante acerbe pene tu mi condanni, Amore! Ah, che già sento il core d’affanno palpitar.) ] 14 13 Manca (per probabile omissione erronea del trascrittore ?) nella trascrizione Necco. Il verso è necessario alla rima. 14 (Leucade parte con le guardie e con Arsida) Scena VII (<VIII>?) (Agesilao, Erissa, Lissandro, Aglatide, e Guardie) Agesilao Popolo 15 , ad altro tempo si riservi la pompa ! Lissandro, e creder deggio che il mio Leucade sia il ministro crudel di morte mia ? Lis(s)andro Un tuo fedel vassallo, Agesilao, in me vedi … E se il mio figlio complice è del delitto, puniscilo, se vuoi … (a parte) [Che dissi ?… Oh Dio! L’alma vacilla ! … ahi, quale affanno è il mio !] Aglatide Ma, Padre !… e con quai prove puoi reo chiamarlo ? Lis(s)andro Taci, incauta figlia ! Agesilao Vanne, Lissandro. A torto condannar non vorrei Lucade, amico … Ricerca i Rei: premi, prometti, e pensa di far palese a Sparta 14 I versi mancano del tutto nella trascrizione Necco. Fatta salva la necessità di verificare sul Ms. se la partitura musicale li possa accogliere (del che dubito), a prima vista mi sembrano un pleonasmo di pathos amoroso: forse aggiunto come una concessione di maniera (aggiunta posticcia per nulla necessaria sul piano drammaturgico, specialmente come a parte) offerto al pubblico per la “prima” di Roma. Si dovrà comunque vedere. Verificare i Mozart, Clemenza di Tito (mi sembra di ricordare un tòpos del tutto simile …) 15 Il Libretto dà il plurale, Popoli; credo si tratti di errore di stampa. Non riesco a vedere ragione per un plurale. E tuttavia la formula si ripeterà altre volte nel dramma. 15 l’innocenza del Figlio … Lis(s)andro Vado … (a parte) [Ma dove mai?… Numi, consiglio ! …] (Lisandro parte con Aglatide) Scena VIII (<IX>?) (Agesilao, Erissa e Guardie) Agesilao Regina / Erissa 16 , io non ho pace se della rea congiura non punisco l’autor … Erissa Per poco ancora frena il tuo sdegno . Dell’infido Leucade ogni interno segreto io tenterò scoprir. Se tu il permetti, al suo carcer m’invìo … Agesilao Vànne, Regina ! In mio nome gli parla … A te palese di’ ch’ei faccia l’autore Dell’eccesso crudel ! Digli, se vuoi, che amico ancor gli sono … Che assicuri i miei giorni 17 , e gli perdòno ! Scena IX (<X>?) (Erissa, sola 18 ) Erissa Mio cor ! così costante 16 La lezione del Libretto (Erissa) fu, credo, quella definitiva: quasi certamente per evitare la ripetizione di Regina nel volgere di pochi versi (v. sotto, la successiva frase di Agesilao) 17 In quest’ordine, più probabile per ritmo metrico, il Libretto. Necco trascrive i giorni miei . Fatti salvi errori di trascrizione, deciderà l’accento ritmico della partitura del canto. 18 Così nella trascrizione Necco. La didascalia del Libretto ad Erissa aggiunge e guardie 16 soffri lo scempio di chi tanto adori ? Al suo carcer si corra: o reo o innocente, si ponga in libertà! Pietoso amor(e), tu ispira accenti al labro e spirto al core. (Erissa parte con guardie) Scena X (<XI>?) (Lissandro; poi Aglatide, indi Agesilao e guardie) [Atrio.] Lis(s)andro Smanie, ché m’agitate ? In calma, deh, lasciate quest’anima infelice ! Il mio delitto condanna il figlio… Ed io l’abbandono così ? Spietate stelle, consigliatemi voi … Aglatide Padre ! e non corri di Leucade lo scempio, armato, ad impedir ? Lis(s)andro Come !… Che dici ?… Aglatide Avida del suo sangue, la mia rival superba ora al carcer s’ invìa ! … Se più qui resti, sarà dalla sua mano a te svenato il figlio, a me il germano. Lis(s)andro Che intesi ? Ah sì !… quell’innocente figlio si salvi; o, almeno, al fianco suo si cada. Assistetemi, o Dei ! Tale è il mio sdegno Che non sono in me stesso … (snuda il ferro) (risoluto per partire) (fa il suo ingresso in scena Agesilao) 17 Aglatide Perfido ! e quale eccesso t’incammini a compir ? Lis(s)andro (a parte) [Oh, infausto istante !] Agesilao Aglatide, per poco lasciaci in libertà… Lissandro, io deggio teco solo parlar . Lis(s)andro Scòstati, o figlia ! … (a parte) [Chi sa che il mio delitto palese a lui non sia …] Aglatide Parto… Crudel, tu sei la pena mia ! (Aria di Aglatide) Mi sprezzi amante; mi scacci, ingrato!: d’un cor costante misero stato … d’una bell’anima, sorte crudel ! … Se ad altro oggetto donasti il core il nuovo affetto condanna amore d’un mostro barbaro, d’un (‘) 19 infedel ! (parte) 19 L’ipotesi che io avanzo timidamente (inserendo l’apostrofo), che gli epiteti mostro barbaro / infedel possano o debbano essere intesi al femminile, non è del tutto peregrina, credo: al maschile essi sono rivolti ad Agesilao; ma che Aglatide possa alludere, invece, ad Erissa (che è straniera, e dunque barbara per chi è greco; ed infedele, verso Leucade in tal caso) non è incompatibile (anzi, …) con il carattere di Aglatide, con la sua gelosia di donna e di sorella, che vede in Erissa una “doppia” nemica. Si tratta, comunque, di un’ipotesi: neppure necessaria, né risolutiva per il senso dei versi. 18 Scena XI (<XII>?) 20 (Agesilao e Lissandro) Agesilao Grave cura mi trasse di te in traccia, Lissandro … Lis(s)andro (a parte) [Dove siete, o miei sdegni ? Infiammatemi il petto 21 !] Dimmi, < da me > che vuoi ? Agesilao Che quel ferro deponghi ai piedi del tuo Re ; che a’ passi tuoi sia di carcer la Reggia … Lis(s)andro [Che sento ?!] E il mio delitto, palésami, qual è ? Agesilao Il figlio reo forsennato ti rende, e so qual odio a danno mio t’accende. Lis(s)andro [Numi ! Che colpo è questo ! La man vacilla, e un gelo m’agghiaccia il sangue…] Il fianco spoglio del nobil peso. Eccolo. (gli dà la spada) [Oh quale smania nell’alma io sento !… ] E in questa guisa m’ offendi, Agesilao ? né ti spaventa l’eccesso del mio sdegno ? … Sai che poss’ io … 22 20 Il Libretto accusa, alle pp. 24-25, un “salto” di scena, passando dalla X (pp. 23-24) alla XII (p. 25). La trascrizione Necco da Ms. numera invece la scena come XI . L’aporia fra i due testi, a parer mio, si risolve a favore della numerazione del Libretto, ma a patto di spezzare in due scene (VI e VII) una scena che nel Libretto, ed anche nella trascrizione Necco, è invece un’unica scena, lunghissima e contraria all’azione articolata che si svolgerebbe. Ha maggiori probabilità di cogliere nel vero la numerazione che in questa edizione è evidenziata in giallo. 21 La lezione che qui si accetta è quella della trascrizione Necco. Il Libretto porta invece infiammatevi il petto : lezione da ripudiare come errore di stampa (a meno che non debba leggersi infiammatevi in petto, con apostrofe agli sdegni …). 19 Agesilao Frena gli accenti, indegno ! Lis(s)andro Empio! da me che vuoi ? Delle falangi mi togliesti il comando … Mi uccidi il figlio, e pensi che lo scempio io ne vegga e non mi lagni, almeno? Vieni, e da questo seno svelli l’anima mia ! < Li colpi tuoi ella aspetta, e non teme, > 23 e me punisci con il figlio insieme. (Aria di Lissandro) Sfoga quel folle / vano sdegno che l’anima t’accende: svénami il figlio, indegno!, spògliati di pietà ! … Godi, infedel! Ma pensa che la più cupa selva la più spietata belva, empio, di te non ha … (Lisandro parte ) Scena XII 24 (<XIII>?) (Agesilao, e guardie) Agesilao Da un disperato padre ogni eccesso si tema … O dei pietosi, deh, fate voi che sia Leucade senza colpa, e il mio timore lasci in calma il pensier, fugga dal core … 22 I due interventi di Agesilao e Lisandro scritti in sanguigna sono tratti, in questa sequenza (che è quella giusta), dal Libretto. La trascrizione Necco qui accusa una lacuna, probabilmente per difficoltà di lettura sul Ms. originale della partitura, ed i medesimi versi sono “spostati” dopo, ma in modo del tutto incongruente. Il trascrittore deve aver incontrato, per lo stato del Ms., difficoltà di riordino dell’intera sequenza testuale. 23 Anche queste parole mancano, per le suddette difficoltà, nella trascrizione Necco. 24 Il Libretto numera anche questa scena con il XII (v.anche nota 20 precedente). L’errore è evidente: ma dove lo si deve ravvisare ? Nella precedente scena, da correggersi in XI ? Ma, per altro verso, ha, questo breve intervento di Agesilao, valore e autonomia drammaturgica di Scena (o non appare forse la “chiusura” della precedente, dopo l’uscita di Lisandro) ? Io continuo timidamente a dubitare, e a proporre la numerazione-suddivisione in giallo. 20 (segue recitativo con strumenti e duetto) <Scena XIII (<XIV>?)> [Orrido Carcere sotterraneo diviso in più interni. Porta di ferro, che ivi lateralmente introduce, e scala diruta, che dagli Appartamenti Reali ivi discende. Sasso in un lato, e languida lampade nel mezzo.] (Leucade fra catene; poi dalla scala, preceduta da una guardia, con face accesa, la Regina Erissa) Leucade Misero me! Quanti funesti oggetti mi turbano il pensier ! La mia Tiranna a morte mi condanna… E tanto devi, Leucade sventurato, innocente soffrir ? purché si salvi del Genitor la vita !… Mòrasi pur … Ma, oh Dio ! <Dunque morir degg’’io 25 in odio al caro bene, alla Patria, al mio Re ? … Ah no, > 26 si sveli l’autor della congiura … E sarà il Figlio il carnefice reo del Genitore ? … Ah, che al pensarlo sol, mi trema il core ! … (siede sul sasso) Erissa Me infelice !, che miro? E in questi orrori, dunque, langue il mio ben ? (detto alla guardia) Vanne, e mi lascia qui seco in libertà. (parte la guardia ed essa discende la scala) Leucade Qual voce è questa ? Numi! se non m’inganno, la barbara Regina vien a 27 darmi la morte ? 25 Correggo così il deggio del Libretto, per la rima accentata con il precedente oh Dio ! I tre versi interpolati in sanguigna sono nel Libretto. La trascrizione Necco li “salta” (vedere il Ms., per opportuno controllo). 27 Vieni a del Libretto mi sembra mero errore di stampa. 26 21 Ingrata!, il petto inerme io ti presento. Aprilo, e allora contenta al fin sarai ! … (incontrandola) Erissa Leucade, Idolo mio, morir mi fai ! … Leucade Stelle, che ascolto mai ? Ma non sei quella che armò l’amico, il Padre, a danno mio ? … Erissa Adorato mio ben, quella son io ! … Leucade Vànne ! … Erissa E così mi scacci ? e tanto amore come tu puoi obliar ? … Leucade (a parte) [Oh Dio !, qual moto mi sento in seno !] 28 Erissa Leucade, ah, non sei dunque l’anima mia ? (piange) Leucade [Più non resisto.]. Adorata Regina , frena qual pianto amaro, se è ver che m’ami ancor … 29 Lasciami in preda a un / al barbaro destino … E quando in braccio a morte il tuo Leucade andrà, d’un tuo sospiro onora il morir mio … 28 29 Mi sembra lezione di molto preferibile al vuoto della trascrizione Necco, credo erronea. La trascrizione Necco, mi ama un cor, è sicuramente erronea. 22 Erissa Né vuoi salvarti ? … Leucade No. Regina, Addio ! (largo sostenuto - Leucade / Erissa a due cfr. p. 22) Leucade Deh, raffrena il pianto amaro Adorato mio tesoro, 30 Non temer, contento io moro se fedel mi serbi amor. Erissa Questo pianto e questo affanno, sventurato Idolo mio, nel fatale estremo addio ti palesano il mio cor … Leucade Ah, delle mie catene Lieto la pena io sento. [Oh Dio, mia speranza, addio !] 31 32 Erissa Ah, che fra tante pene, te deggio abbandonar… [Mio bene, addio !] 32 (assieme) Voi, bell’alme, che vedete questo core sospirar, a<h>, voi sole dir potete quanto è grave il mio penar! Deh, cessate, astri tiranni, 30 La lezione della trascrizione Necco (adorato mio re, adorato mio tesoro) appare del tutto incongrua ed erronea. Così, correttamente per il ritmo e la rima, nel Libretto. La trascrizione Necco riporta lieto la pena, lieto la pena sento… (riproducendo la replica voluta dalla musica ?). Da controllare sul Ms. della partitura originale. 32 I versi evidenziati in giallo, che chiudono in parallelo simmetrico i due interventi di L. ed E., mancano del tutto nel Libretto. Si dovrà controllare, per una decisione ultimativa, sul Ms.; la Musica dirimerà la questione. Non è improbabile che i versi siano stati “tagliati” in allestimento della prima . 31 23 di punir due <fidi> amanti <e pietosa i nostri affanni venga morte a consolar.> 33 Fine Atto Primo 33 L’integrazione dei versi in sanguigna è dovuta al Libretto. La trascrizione Necco del finale del I atto appare incompleta o mutila nel dattiloscritto a mie mani. 24 ATTO SECONDO Scena I [ Gabinetto negli Appartamenti Reali] [Aglatide, ed Arsida] Aglatide Arsida, ah per pietà!, del Padre mio, di Leucade, che fu ? Da mille affanni agitata mi sento, e non m’uccide ancora il mio tormento. Arsida Aglatide adorata, calma il tuo duol; di grave colpa è reo Leucade, il tuo German… Del Re l’amore salvo lo brama, ed ei con alma forte sprezza ogni aìta, e va a incontrar la morte. Aglatide Gelo d’orror ! … E il Padre ? Arsida Il Padre ancora oggi in Sparta è sospetto: nella Reggia ristretto lo volle Agesilao; l’ illustre acciaro a’ piè del suo Signore già depose… Aglatide Dunque il crudel regnante del nostro sangue ha sete ? Arsida Ah no !, t’inganni. Assicurare ei brama li suoi giorni, il suo Trono. 25 Aglatide E tanto amore, che finor gli serbai, non fa che senta Pietà de’ mali miei ? (Ah, mi seno morir, barbari Dei !) Arsida Non disperar ancora, Non t’affligger di più … Chi sa: potrebbe cangiarsi il tuo destino, e giungere l’istante che ridoni la calma al core amante. (aria di Arsida) Torbido appare il Cielo nei matutini albori / [allor che nasce il giorno] e un tenebroso velo oscura e terra e mar. 34 Ma il Sol coi raggi suoi squarcia le nubi, e rende chiaro quel giorno, a noi, che ci facea tremar. (Arsida parte) Scena II (Aglatide, poi Lissandro disarmato, indi Agesilao, e Guardie) Aglatide Dai misteriosi detti d’Arsida, io ben comprendo quanto tiranna sia, barbari ingiusti Dei !, la sorte mia. Ma viene il Genitor !… Padre, … Lis(s)andro Che chiedi ? Ove volgi i tuoi passi ? Ah, dimmi, o Figlia: di Leucade, che fu ? 34 In sanguigna la lezione di Libretto 1789; tra parentesi quadre la lezione del Ms. nella trascrizione Necco. Non si vede una ragione di necessità per il cambiamento: a meno che la lezione (posteriore e ultima) del Libretto sveli il puro scrupolo di evitare la ripetizione della parola giorno nel volgere di pochi versi (v. poco sotto). 26 Aglatide Reo si pretende dell’ordìta congiura, e in ceppi astretto attende il suo destin. Lis(s)andro E Agesilao chiede ch’ei cada esangue ! Finché stilla ho di sangue, 35 il Figlio … (Lisandro fa mostra di …/ per partire) Aglatide E dover corri ? e, disarmato, che presumi tentar ? … (trattenendolo) Lis(s)andro Tutto si tenti, e Leucade si salvi ! … Aglatide Ah, Padre … Ah, senti … (come sopra) Ma giunge il Re ! Forse pietoso ei viene la tua pena, e la mia, a consolar, mosso da <un> dolce affetto… Lis(s)andro (Nascondetevi, o sdegni, in questo petto.) Agesilao Aglatide ! Lissandro ! il Re di Sparta vi brama amici. D’ un tuo figlio il sangue, se oggi spargere io debbo, alla Germana, al Padre esser grato vogl’ ìo. Lis(s)andro (Ingegnosa pietà ! si salvi il figlio, e si palesi il fallo …) Empio, che pensi ? Qual odio ti consiglia ? Se il mio Leucade sveni, sappi, a tua pena, che punisci un’alma d’ogni colpa innocente. 35 Le due battute, di Aglatide e di Lisandro, in sanguigna, non sono trascritte da Necco (per evidente “salto” nella lettura del Ms.). 27 Agesilao Innocente ? E perché le sue difese non adduce a suo pro’ ? ………………………………… [† locus desperatissimus nella trascrizione Necco †] 36 < Perché non svela i complici, e l’autor del colpo rio ? Lis(s)andro Paventa, Agesilao … Quello son io ! Aglatide Padre, che mai dicesti ? In quegli accenti, mio Re, conoscer devi l’amor di Padre ! Agesilao Il più fedel vassallo io riconosco in te; nei detti tuoi sento quanto è a te cara la salvezza del figlio… E acciò tu vegga ch’io confonder non voglio coll’ innocente il reo, delle schiere il governo di nuovo affido a te. Olà! Ritorni al fianco tuo l’ illustre acciaro … Lis(s)andro (Oh stelle ! … Che ascolto mai ? Ecco il felice istante che compie i voti miei ?) Da un tuo fedele accogli un nuovo omaggio … Agesilao Sorgi, e vieni al mio sen … (per inginocchiarsi, lo abbraccia) Aglatide Ma del Germano, che mai sarà ? … 36 Si apre a questo punto una lacuna molto ampia nella trascrizione Necco (si estende per tutta la scrittura in sanguigna); ed è lacuna che temo nasca dall’incompletezza del Ms. del Perotti. Occorrerà una approfondita verifica e una nuova ricerca. Il testo del Libretto soccorre in parte, colmandola per ciò che appartiene al testo drammaturgico … Ma la Musica ? Per la messa in scena, in assenza di ritrovamenti o risanamenti, si dovrà pensare ad una ibridazione con recitazione teatrale della parte mancante. Tutto da vedere… 28 Agesilao Per lui m’affanno invano. Dagl’Efori, a Cibale Vittima fu poc’anzi Leucade destinato; e io, pietoso, la sentenza sospesi. Lis(s)andro E lo salvasti ? Agesilao No ! ma di sua sorte il giudizio commisi alla Regina : ella fedel l’adora, né soffrirà che il suo Leucade mora. Seguitemi. Alla Reggia ora il reo si conduce: ivi la sua innocenza nota a Sparta sarà; ivi dell’Empio farà il nome palese che della fe’ le sante leggi offese. [(aria di Agesilao ?)] 37 Felice ti brama l’amico, il Regnante. Mia cara, rammenta che l’anima amante adora fedele le leggi d’amor. Deh, frena qual pianto, deh, calma l’affanno: del Fato tiranno cessato è il rigor. (rivolto a Lisandro) (rivolto ad Aglatide) (parte) Scena III (Aglatide, Lissandro) Aglatide Padre, tu pensi, e taci ? 37 Nel Libretto non sono indicate le parti di “genere vocale”. 29 Lis(s)andro Amata figlia, lasciami in pace. Aglatide Ma qual rea sventura t’agita e ti tormenta ? Lis(s)andro Il mio delitto ... L’innocenza del Figlio … Il tempo … Il luogo … Ahi, qual destino è il mio ! Aglatide … ah, non sai …che pena Addio. (partono) Scena IV (Luogo magnifico nella Reggia dei Re di Sparta. Popolo spartano spettatore. Trono da un lato; tavolino poco distante da esso con tutto l’occorrente per scrivere, sedia, e sedili per gli Efori, che salito che sarà Agesilao sul trono, vi si porranno a sedere) (Erissa, poi Aglatide, indi Agesilao con guardie) Erissa Misera ! dove mi veggo ! e a qual cimento espone Agesilao la mia virtù smarrita ? Il mio ben, la mia vita dunque da me fra poco condannato esser deve? Al sol pensarlo la man vacilla, e amore per il caro Idol mio mi parla al core. Aglatide Mia Regina, pietà … Erissa Parla ! Che brami ? Aglatide Dell’infelice Leucade 30 La Germana son io: supplice a te m’invio per salvare i suoi dì; del reo la sorte so, che dal tuo voler solo dipende … Erissa Quell’amor, che t’accende a pro’ del tuo german, credimi, io sento nel più vivo del cor, e se del reo dubitar io potrò, > 38 vivi sicura di mia pietade: una Regina il giura ! Agesilao Olà ! si tragga Leucade al suo Giudice innanzi . Oggi, Regina, da il mio Regno aspetta un memorando esempio di Giustizia, e di fe’, non visto ancora … Decidi di sua sorte: tu puoi serbarlo in vita, o dargli morte. Scena V 39 (Arsida scortando con le Guardie Leucade in catene; poi Lissandro) 40 Arsida Mio Re, già il reo s’avanza. Aglatide (Io tremo !) Agesilao (Io non resisto!) (siedono) 38 Fin qui, dunque, si estende la lacuna del Ms. nella trascrizione Necco (verificata anche nelle parti “spaccate” per le Voci, che la confermano). In totale, dalla metà circa della Scena II al finale della IV: lacuna grave per la Musica, se in effetti manca e non sarà ritrovata. Per la messa in scena, si dovrà forse davvero “restituire” la trama con un “inserto” teatrale recitato ( e dovrà essere recitato bene, data la qualità del testo, concepito per il canto !…). 39 La trascrizione Necco qui numera come Sesta la Scena V del Libretto: e l’incongruenza è confermata nella trascrizione delle parti vocali (la siglatura della nostra scena è infatti 4a2sc6cpmiore). La diversa numerazione fa pensare a diversi rimaneggiamenti (o ripensamenti) di questa parte del secondo Atto. Converrà, allo stato dlle nostre conoscenze, stare alla numerazione del Libretto: che riporta la versione che andò in scena in occasione della “prima” romana. 40 A riprova delle quasi certe diverse versioni e dei probabili diversi rimaneggiamenti di questa parte dell’Atto II, la didascalia che correda la Scena VI nella trascrizione Necco è scritta così, più sommariamente e diversamente dal Libretto: Arsida , poi Laucade; indi Lissandro e detti. 31 Erissa (Alma costanza ! …) Leucade (Della morte l’orrore, no, tremar non mi fa; sono innocente; ma in sembianza di reo, perché degg’ ìo al giudizio apparir dell’idol mio ? Aglatide (Soccorretelo, o Numi !) Agesilao In sua difesa Favelli il delinquente. Leucade E a qual Giudice innanzi, sventurato, mi veggo ?! … (vedendo Erissa) Erissa Il reo s’vanzi. Leucade (Oh voce che m’uccide !) 41 (s’appressa) Erissa Non sgomentarti, o Leucade, se in tal luogo mi vedi; il Re clemente tuo Giudice mi fa . Certo è il tuo fallo, e dal tuo labbro solo s’attendon le discolpe . Leucade E in questi accenti meco tu parli altera ? Né ti si gela il cor ? 41 La lezione della trascrizione Necco è senz’altro erronea: Oh voce, che m’accade . 32 Aglatide (Quanto è severa ! …) Erissa Parla, dunque, se vuoi , o al tuo carcer ritorna. Leucade Ah, se ne’ petti umani l’angoscia della morte sa destar la pietà, d’un infelice, Signor, ascolta i prieghi, né sia che a lui si nieghi l’ultima, ch’ora implora, grazia dal tuo bel cor. Mio Re tu sei, mio Giudice ti voglio. Esser tradito da me tu credi; e pur trovare io spero in te men fiero il cor. (Quella tiranna esulta dal piacer di mia condanna !) Erissa (Come il pianto frenar ?) Agesilao Con la Regina discolpati, se puoi: sarà, tel giuro, nell’udirti, clemente… Erissa Ma se brami pietà, torna innocente . Agesilao Tal non ti vanti ? Leucade E tal, Signor, io sono: se fossi reo, sarei di Sparta in Trono… D’altri è la colpa. Erissa Ebbene, il nome svela del traditor ! 33 Leucade Ah no ! di quel che sembro Sarei più delinquente… Lasciatemi tacer. Agesilao (a Lisandro, che entra in scena) Ah vieni, o Duce . Leucade (Oh, vista che m’uccide !) (vedendo Lissandro) Agesilao Vieni, Lissandro, e insiem a noi t’unisci <il figlio> 42 a persuader, perché ne sveli l’insidiatore ignoto. Lisandro Empio, che pensi? Il pentimento è vano. E ben palesa Chi com<m>ise il delitto. A tua difesa di’ che il tuo fallo è mio, di’ che il fellon son io, che dispose il tumulto… D’ un delinquente figlio Anche il nome io detesto. (Taci, inumano !) (piano a Leucade) Leucade (Ah, che tormento è questo !) 43 Così ad un figlio ? Lisandro Sì, ad un figlio indegno, che non udì giammai le mie voci, i consigli, e che fu solo cagion del pianto mio… (come sopra, piano a Leucade) (Nascondi il fallo !) Leucade (Ahi, quale affanno ! Oh Dio ! …) 42 Seguo qui la lezione del Libretto, ritenendo in errore la trascrizione Necco, che lo omette. La trascrizione Necco, a questo verso, reduplica l’esclamazione: Ah, che tormento / Ah, che tormento è questo. Sarà decisiva la verifica sulla partitura del canto. 43 34 Agesilao Dunque ? … Lisandro Dunque, se vuoi, della giusta sentenza ecco il momento. Leucade Ah, padre ! Ah, tu pur sai ! … Erissa (Gelar mi sento !) Prence, addìo . Agesilao (per partire) 44 Dove vai ? Erissa Te suo Giudice implora. Aglatide E’ la sentenza a te rimessa … < Erissa 45 (Ebben, alma, raccogli (prende la penna e siede) tutti li spirti. A qual cimento amaro m’esponete, empie stelle ?!). Ah sì !, s’adempia il mio dover tiranno: se giudicar lo deggio, io lo condanno. (sottoscrive la sentenza; si leva da sedere e seco tutti, ed Agesilao scende dal trono) 44 La trascrizione Necco attribuisce la battuta ad Aglatide, come la successiva. Sarà utile una verifica sulla partitura. Nella trascrizione Necco si apre, da questo punto del Secondo Atto, una nuova lacuna di una certa ampiezza: essa “taglia” tutta la parte conclusiva della Scena V, in cui Erissa emette la sua condanna di colpevolezza (Libretto, pp. 3738). Non basta: la trascrizione Necco, alla ripresa, numera come Ottava la Scena che nel Libretto è indicata come Sesta (p. 38). Come si è già avanzato in via di ipotesi con la nota 39, è assai probabile che l’Atto II di Agesilao abbia conosciuto diversi ripensamenti dell’Autore. In ogni caso, gioverà controllare ancora lo stato del Ms. musicale: non foss’altro, per verificare anche questa lacuna alla luce di un problematico SEGUE CON I VIOLINI che si legge nella trascrizione Necco, dopo la battuta di Aglatide E’ la sentenza / a te rimessa . Da ultimo, a meno di fortunati ma poco probabili ritrovamenti che consentano una “sutura” anche musicale, si dovrà prevedere - anche in questo caso - un “intarsio” di recitazione nella struttura lirica. Si veda, al riguardo, le ipotesi formulate alla precedente nota 38. 45 35 Leucade Crudele ! Hai già segnata La sentenza fatal ? … E hai core, ingrata, di vedermi morir … Erissa (A tali accenti già m’opprime il dolor …) (piange) Leucade Ma perché piangi ? Assistetemi, o Dei … Padre !, …vado a dar fine ai giorni miei … Ma che ? … tu non mi guardi ? E altrove, irato, rivolgi il ciglio ? Ah, tu, mio Re … Ma come !? … Tu mi nieghi uno sguardo? … Ah, che tutto mi rende d’odio og<g>etto, e d’orror! Chi vide mai un innocente figlio vittima del dover, come son io ? … Padre …, Germana …: Ah !, ch’io non reggo … Addìo! (di qui, rivolto ad Agesilao) (a Lisandro, ancora e ad Aglatide) (aria di Leucade ?) Io vi lascio … e in tale istante Più costanza … il cor non ha. Tu vedrai … che il caro amante Innocente … morirà . (ora ad Erissa) Sì, crudele !, io vado a morte: il tuo sdegno non pavento … (Ah, non spero in tal momento né soccorso né pietà). (parte con guardie, Arsida ed Erissa) Scena VI > 46 (Agesilao, Lissandro, Aglatide, <e Popolo Spartano>) 47 Agesilao 46 Qui riprende con la Musica la trascrizione Necco del Ms. (ma con numerazione diversa - Scena Ottava -, come si è già osservato nella precedente nota 45. In effetti la Scena V appare alquanto lunga e affollata; ma pare di dover accogliere la divisione delle scene del Libretto : così del resto andò in scena la prima a Roma. 47 La didascalia del Libretto contempla la presenza del popolo. Nella trascrizione Necco esso non risulta. E’ possibile supporre che alla massa di comparse si sia pensato per la prima dell’Argentina, a puri fini di effetto spettacolare; giacché della presenza del popolo non sembra di doversi avvertire una necessità drammaturgica o patetica. 36 Aglatide, Lissandro, il mio dolore non è minor del vostro. Lisandro (Del mio sdegno la vittima tu sei !) . Lascia ch’io vada di Cibele nel tempio, ove il mio pianto lavi la macchia infame del delinquente Figlio: Aglatide Vànne, Padre infelice, e placa, se tu puoi, di sì gran Dea lo sdegno ! Lisandro Vado. (Assistete, o Numi, il mio disegno). Scena VII (parte) 48 (Agesilao, Aglatide e Popolo Spartano) 49 Aglatide Malvagio Re, sarai contento ! Il sangue di Leucade vedrai scorrere a rivi ? Agesilao Ah, taci, sventurata ! Non accrescer tormenti al mio martire … Aglatide Barbaro !, e avrai costanza nel mirar 50 l’amico tuo più caro su l’Ara della Dea, innocente, spirar ? Agesilao 48 Numerata come Nona nella trascrizione Necco del Ms.. La trascrizione Necco ha didascalia diversa, ancora con esclusione del popolo: Aglatide e Agesilao. Valgono le supposizioni della precedente nota 47. 50 La trascrizione Necco legge invece rimirar. Poiché il ritmo dei versi non è costante né simmetrico, non ci sono ragioni per prediligere una lezione o l’altra: sarà decisiva, per una scelta, la scansione ritmica della partitura del canto. 49 37 La sua innocenza perché non palesò ? Aglatide Perché in te volle il Carnefice suo … Empio !, giungesti 51 a sì terribil passo perché chiudi nel petto un cor di sasso. (aria di Aglatide) 52 Là nelle Ircane selve le più feroci belve hanno men fiero il core, mostro crudel, di te. Ma non andrai superbo del sangue mio 53 versato, che per voler del Fato cadrà svenato il Re. (parte) Scena VIII 54 (Agesilao, e Popolo) 55 Agesilao Agesilao, che pensi ? Eterni Dei, quanti fieri nemici di Leucade la morte, in un momento sol, mi manifesta ! Che risolvo ? che fò ? Che smania è questa ! … (parte) 51 Si deve accettare la lezione del Libretto; laddove la trascrizione Necco incontra difficoltà nel leggere il Ms. : legge infatti Perché in te volle il carnefice suo empio / […………] a sì terribil passo; ecc.. 52 L’aria di Aglatide nel Ms. manca: la trascrizione Necco si limita a scrivere SEGUE / ARIA DI AGLATIDE , ma il testo (e con ogni probabilità la partitura musicale) manca del tutto. Anche per le Arie mancanti dell’Atto II si dovrà ricorrere a “intarsi” di recitazione, da studiare a fondo per una buona resa drammatica. 53 L’espressione il sangue mio dovrà intendersi non in senso proprio, ma nel significato di : il sangue della mia stirpe, del mio fratello consanguineo. 54 Decima nella trascrizione Necco del Ms. 55 Anche in questo caso il Popolo è previsto solo nella didascalia del Libretto . Nel Ms., secondo la trascrizione Necco, la didascalia dice Agesilao solo: ed ha senso così, essendo, quello di Agesilao, un monologo denso di dubbi e di turbamento interiore. Ma tant’è: nella edizione romana il Popolo di Sparta sta lì, in scena, anche se inerte e muto; e allontanarlo ora, sarebbe un tramestìo inutile. Ma la sua presenza qui pare davvero inopportuna. Converrà farne a meno nella nostra messa in scena: per molte altre ragioni, oltre a questa … 38 Scena IX 56 [Atrio] (Lissandro <affannoso>, poi Erissa, indi Arsida, <e Guardie> 57 ) Lisandro Dove vado, infelice ? e quale io sento mesta voce nel petto, che alla tomba minvita ! Ah, sì, <v’> intendo: dell’esangue mio figlio siete l’ 58 ultimi accenti. Oh Dio ! Vacillo, più non sono in me stesso. Erissa Empio Padre ! E che pensi ? E il mio tesoro perché a salvar non corri ? Odimi: io voglio da te lo sposo mio. Lisandro Quali accenti son questi ? Tu Leucade condanni, e un infelice accusi d’empietà ? Vànne; e lo vedi semivivo, languente … Ma sappi, a pena tua, ch’egli è innocente ! Erissa Innocente ? ma svela I tuoi sensi, una volta ! … Lisandro Ascolta, e poi Compiangilo, se vuoi: il tumulto io disposi. Io fui, che volli estinto Agesilao. L’incauto figlio non gli mancò di fe’. Dell’attentato complice ognun lo vuole, giacché asconde 59 a ciascuno il mio delitto. 56 Undecima nel Ms. secondo la trascrizione Necco. In sanguigna e tra parentesi uncinate sono segnalate le aggiunte che il Libretto presenta rispetto alla più sobria more solito - didascalia del Ms. nella trascrizione Necco. 58 Scelgo la lezione del Libretto invece che della trascrizione Necco ( gli ultimi ) solo in ossequio al criterio della lectio difficilior. 59 Il ritmo del verso fa preferire la lezione del Libretto al nasconde della trascrizione Necco. 57 39 Erissa Che sento ! Indegno ! Dunque, il reo tu sei ? E non t’inghiotte il suol ? Corro … Ma forse il caro idolo mio spirò l’anima bella … Ingrati Numi, se non punite un genitor tiranno, dite, i fulmini vostri, in ciel, che fanno ? 60 Arsida Duce, già della Dea ardono i sacri Altari; il popolo impaziente la vittima desìa … Tu delle schiere reggi il governo, e senza te, si niega dalle nostre falangi d’ 61 avvicinarsi al Tempio. Erissa Va’ pur del figlio a rimirar 62 lo scempio… Ma la tua colpa, infame, sarà punita; e ti vedrò, crudele, svenato ai piedi miei . Lisandro (Ahi, qual smania ho nel seno, ingiusti Dei ! 63 Me infelice ! Che ascolto ? …) Il figlio amato, dunque, cade svenato ? … Ah, vànne, e placa d’Agesilao lo sdegno … [//] (Ah, che mi sento mille smanie nel sen …). Vengo … ma, oh Dio !, odo del figlio mio li flebili lamenti che mi piomban nel petto … Ingiusti Numi, che volete da me ? … Tale è il mio affanno, in sì fatal momento, 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 60 Il Ms. nella traduzione Necco costruisce diversamente: Il reo, dunque, tu sei ? Deciderà della scansione più esatta la verifica sulla partitura vocale. 61 La trascrizione Necco legge in Ms. l’avvicinarsi … (ma, forse, erroneamente). 62 Non avrei dubbi sulla correttezza di questa lezione del Libretto. La lezione Necco ( rinnovar ) mi sembra infatti mero errore di lettura. 63 Quel che segue, in sanguigna e tra uncinate, manca nella trascrizione Necco del Ms. Dopo questa prima frase, infatti, si legge SEGUE CON STRUMENTI / ARIA DI LISSANDRO, la quale manca anch’essa. Anche in questo punto dell’Atto II si ha l’impressione che siano avvenuti ripensamenti e rimaneggiamenti. Personalmente, ho la sensazione che la parte di Lisandro qui abbia conosciuto un’amplificazione patetica, finalizzata ad accentuare la tormentosa incertezza del conflitto fra sentimento paterno e astio politico: amplificazione forse non necessaria e un po’ stucchevole, alla fine dei conti, che ricerca un pathos più melodrammatico ma lo ottiene con una verbosità un po’ cincischiata. Ho tuttavia il sospetto che il testo del Libretto, che qui doverosamente si segue e si rispetta comunque, porti a sua volta indizio di un errore conclusivo, di un possibile equivoco dell’Editore-stampatore, a sua volta confuso da diverse varianti di questo passo. Se ne discute nella nota seguente. 40 che le voci di sdegno io più non sento ! 64 11 [(aria di Lissandro)] Ah, che del figlio amato l’ultime voci ascolto: veggo l’esangue volto che chiede invan pietà … Smanio in un punto, oh Dio !, di duol, d’affanno e pena; sento che il figlio mio mi taccia d’empietà . 65 (parte con Arsida) 64 Pur con tutta la prudenza del caso, in assenza di altre fonti mmss., alla luce della pura lettura del testo (vv. 1-11), e dei dubbi che provengono da ripetizioni lessicali non necessarie (e difficili da accettare anche in un Poeta-Librettista mediocre) che vi si incontrano (si vedano, ad es., qual smania… nel seno 1 / mille smanie nel sen 5; ingiusti Dei 1 / Ingiusti Numi 8; d’Agesilao lo sdegno 4 / le voci di sdegno 11), mi sento di avanzare la seguente ipotesi: l’EditoreStampatore Puccinelli ha “sommato” due diverse versioni di questo intervento di Lisandro, tratto in confusione probabilmente - da due varianti (una delle quali non cancellata dagli Autori; o per mero errore in fase di composizione e stampa) : la prima versione (probabilmente incompleta, e presto abbandonata per insoddisfazione) è quella che si legge ai vv. 1-4; il rifacimento dovette produrre una seconda versione, che mi pare debba leggersi dal v. 4 all’ 11. Ho perciò posto il segno [ // ] come separazione fra le due presunte versioni. Mi sembra che vi siano ragioni di stile e di senso a suffragare la mia ipotesi: 1.) quanto allo stile: come ho già detto sopra, i vv. 1-11, se accolti in toto, presentano troppe ripetizioni, anche lessicali, che sarebbero davvero sorprendenti anche in un librettista mediocre; 2.) quanto al senso, e alla sua piena comprensibilità: a. nella prima versione L. sembra udire i lamenti del figlio, prossimo al supplizio, e recita: Che ascolto ?) Il figlio amato / dunque cade svenato ? vv. 2-3. Nella seconda versione, più esplicitamente e con maggior chiarezza per gli spettatori (e per chi legge), L. recita (vv. 5-8) : ma, oh Dio, / odo del figlio mio / li flebili lamenti / che mi piomban nel petto… : dove meglio si comprende anche una didascalia non scritta, ma implicita nel senso: provenienti dalle quinte, fuori scena, devono udirsi i lamenti di Leucade. b. Nella prima versione L. non risponde del tutto coerentemente ad Erissa, che lo ha invitato ad andare ad assistere al martirio del figlio (v. supra: Va’ pur …), e anzi a sua volta invita E. ad recarsi a placare lo sdegno di Agesilao (dopo che, si intende, sia stato messo a parte della verità sulla congiura) : con una preoccupazione che non si capisce bene se privilegi la sorte del figlio o la sua stessa incolumità (nella speranza di un perdono da parte del re). Nella seconda versione, al precedente Va’ … di Erissa L. risponde, mi sembra più coerentemente con un Vengo … (v. 5), come se volesse recarsi, con Erissa, al luogo del supplizio di Leucade. L’intento si blocca in un sussulto di orrore, udendosi i lamenti di Leucade (ma, oh Dio ! ! odo … v. 5 e segg.). In questo punto L. davvero appare combattuto, e messo dagli ingiusti Numi (v. 8) di fronte ad una prova terribile. Con maggiore finezza introspettiva l’Autore fa avvertire qui al suo “eroe negativo” una sorta di incrinatura nella durezza della sua “ragion politica”: in sì fatal momento (v. 10), dove parla la voce e fa sentire le sue ragioni la legge del sangue, anche l’odio per Agesilao sembra scemare. Conclusivamente, a me pare che la seconda versione (vv. 4-11) sia la più persuasiva; e che i vv. 1-4 possano essere tranquillamente espunti come una prima redazione meno felice. Se ne discuterà in sede di regìa per la messa in scena, perché temo che debba essere data per persa la parte del Ms. musicale relativa a questi versi. 65 Alle considerazioni della nota precedente, credo se ne debbano aggiungere poche altre, a conferma della ipotesi da me formulata; e sono le seguenti. E’ mia opinione che il rifacimento dei versi precedenti (1-4 + 4-11), ed in particolare quella che ho chiamato seconda versione (vv. 4-11), siano stati in funzione della presente Aria di Lisandro, “inserto” lirico aggiuntivo rispetto ad una prima versione, che forse chiudeva la scena, con la prima versione, al v. 4 (con un’uscita rapida di Lisandro ed Erissa). Così il personaggio di Agesilao viene trattenuto in scena per essere arricchito di una più chiara nota patetica di umanità: egli, coerentemente con il turbamento espresso nei vv. 9-11 - di cui già si è detto -, ora non parla più del suo odio per Agesilao: i sentimenti che configgono in lui sono tutti quelli del padre; una padre pentito e angosciato, nel cui cuore si dibattono duol, … affanno e pena, in una smania d’azione impotente e paralizzante. Così, in qualche modo e in un certo senso, Lisandro si rende un po’ più degno della clemenza di Agesilao e della mite condanna finale, che varrà come un perdono. 41 Scena X 66 (Erissa sola) Erissa Che ascoltai, Numi eterni ! In ogni vena sento il sangue gelar … Il Re si cerchi: si scuopra il reo, e si salvi Leucade sventurato. Oh Dio !, fuggite immagini dolenti dal mio pensier. Già il Sacerdote io veggo con la scure fatal. Perfido, ferma ! … Ma non m’ascolta . Oh Dio!, è vano il pianto mio. Stelle tiranne, rendetemi lo sposo, o almen 67 lasciate a questo cor la speme o di salvarlo o morir seco insieme ! (aria di Erissa) Perfido ! arresta il colpo, salvami l’Idol mio. Stelle, che affanno rio, che fiera crudeltà … Poveri affetti miei ! Barbaro Amor tiranno ! Se il caro ben perdei, di me che mai sarà ? … SEGUE IL TERZETTO 68 SCENA XI 69 [Carcere] (Leucade fra catene. Poi dalla Scala Agesilao, indi Lissandro con la spada nuda, poi Erissa e Guardie) 70 Leucade Perché la Parca avara tarda a troncar lo stame 66 Di qui riprende anche la trascrizione Necco del Ms. musicale; che tuttavia numera come Dodicesima la Scena. Sicuramente in errore il Necco, che trascrive o alme (che non dà senso). 68 Così si legge nella trascrizione Necco del Ms. musicale. 69 Numerata come Tredicesima nella trascrizione Necco del Ms.. 70 Come sempre, la didascalia del Libretto è più generosa di suggerimenti e didascalie scenografiche. La trascrizione Necco legge nel Ms. solo LEUCADE, ERISSA E LISSANDRO e sembra dimenticare Agesilao (verificare, comunque). 67 42 dei miei miseri giorni ? In questi orrori, ove giaccio ristretto, mi trema il cor, benché innocente, in petto. Agesilao Leucade, amico Leucade, fermati ! non partir … Leucade (Qual voce è questa, che mi piomba sul cor !) Agesilao Misero ! Ah, fuggi, fuggi da questo orrendo ab[b]isso di sventure; in altra terra vivi i giorni felici; e un Re clemente qualche volta rammenta … Leucade Vuoi ch’io fugga ? e perché ? Forse tu credi che quest’anima forte perda l’ usato ardire in faccia a morte ? Mio Re, t’inganni ! Agesilao (lo prende per la mano) Il tempo di contrasti <or> non è. Sièguimi . Leucade Oh Dio ! Vànne, e lasciami in preda al pianto mio. Lisandro (Eccolo ! Amici Dei, assistetemi voi …) Agesilao <rivolto a Leucade> Che mai risolvi ? Qual ripugnanza è questa ? Lisandro Cadi esangue, o fellon … (<Lisandro si lancia in avanti> per ferire) 43 Erissa (trattenendolo) Crudel, t’arresta ! Lisandro (Oh colpo inaspettato !) Leucade (Oh vista che m’uccide !) Erissa Agesilao, tu vivi a mia cagion … Lis[s]andro è l’empio che brama la tua morte . Egli poc’anzi tutto mi palesò. Agesilao Che ascolto ? Oh Dio ! Leucade Ah, Padre, <e> perché <mai> morir non mi lasciasti ? 71 Agesilao Olà ! quei ceppi onde Leucade è stretto si sciolgano all’istante. E tu, crudele, che desiasti al tuo Signor la morte, cadrai del figlio in vece alla gran Dea svenato … Lisandro Ma il sangue tuo … Agesilao Frena gli accenti, ingrato ! SEGUE QUARTETTO 72 71 La trascrizione Necco del Ms. ignora sia l’ e sia il mai del Libretto. Si vedrà con la Musica sotto gli occhi. Così si legge nella trascrizione Necco del Ms. . Ma del Quartetto, che sotto si trascrive dal Libretto, non vi è traccia; e - quel che è molto più grave - pure della Musica. Perdita grave, essendo verosimilmente questo un momento musicalmente vivace per drammaticità e concitazione patetica e ritmica. 72 44 Leucade Se del mio sangue hai sete, svénami il Genitore … Padre…, mio ben …, vedete l’affanno mio qual è ! Lisandro Figlio … Erissa Mio ben … Leucade / Erissa (l’uno rivolto all’altra, e viceversa) Perdona … s’io dubitai di te. Agesilao Empio, tremar dovrai … Lisandro Li sdegni tuoi non temo … Agesilao Perfido ! sì, morrai … Lisandro Ma almen senza viltà ! A Due [Leucade ed Erissa ?] 73 In tante pene, oh Dio !, l’alma mancando va … A Quattro Che affanno, o stelle, è il mio ! Per me non v’è pietà. 73 Il Libretto non dà alcuna indicazione dei due personaggi che cantano a due. Vado a senso, pur dubitativamente, parendomi la frase consona al dramma di Leucade e della sua promessa sposa. Nessun problema per i pezzi A 4, perché lì cantano tutti i personaggi in scena. 45 Lisandro L’eccesso del mio sdegno in van m’infiamma il petto … Leucade Non ha la terra, indegno, mostro peggior di te. Agesilao D’affanno avvampo, e fremo; tutto è furore in me. A Tre (Lisandro, Leucade ed Erissa, verosimilmente) 74 Giusto ciel, pietosi Dei !, del mio duol, de’ mali miei, deh, movétevi a pietà ! … A Quattro Furie spietate e barbare, tutte venir vi sento, in sì fatal momento, a lacerarmi il cor . 75 (partono) Scena ultima 76 [Gran Tempio dedicato alla Dea Cibale con Simulacro e ara accesa, Sacerdoti, e tutto l’occorrente per il Sacrificio] (Arsida, e Popolo Spartano, poi Agesilao, ed Erissa, indi Lissandro fra le Guardie e in catene, e finalmente Aglatide, e Leucade) 77 74 Come per la precedente nota, avanzo l’ipotesi più plausibile; anche qui, tra l’altro, seguendo il criterio di escludere dal Terzetto la voce che ha cantato a solo per ultima. 75 In presenza di una lacuna musicale così grave, diventa molto problematica l’ipotesi di un “intarsio” teatrale, di recitazione si intende dire, che la risarcisca in qualche modo. A meno di affidare ai quattro personaggi, separatamente e ad una voce sola, quel che in Musica sarebbero duetti, terzetti e quartetti (o in altro modo di distribuzione). Si vedrà in fase di regia della messa in scena: ma questo sarà un punto di criticità del risultato teatrale. 76 Qui, finalmente, la numerazione delle Scene fra Libretto trascrizione Necco del Ms. tornano a coincidere. E torna anche la Musica, per la nostra riedizione. 77 Così, con la solita dovizia didascalica per la scenografia, il Libretto. La trascrizione Necco registra solo l’elencazione (nello stesso ordine) dei personaggi, con esclusione di popolo e guardie. Non sarà tuttavia inutile un controllo sul Ms.. 46 Arsida Sacri Ministri, l’infelice vittima ormai giunge nel tempio, per dare a Sparta un memorando esempio. Agesilao Olà !, si tragga il Reo al suo destino . Erissa Ah, che sarà di Leucade, se perde il Padre ? Agesilao Il suo dolor m’affanna, ma la violata legge oggi da me ne aspetta, sul Reo d’infedeltà, giusta vendetta ! Lisandro (Giunto 78 mi veggo al fine di mia vita infelice, invendicato !). Agesilao spietato, eccoti alfin contento … Agesilao Vànne a morir, ché un traditor non sento. Della Gran Dea sull’ara la vittima svenate … (rivolto ai Ministri del sacrificio) Aglatide (rivolta ad Agesilao) Salvami il Genitor ! … Leucade (anche lui rivolto ai Ministri del sacrificio) Empi, fermate ! … Erissa Che tenti (cercando di trattenere Leucade) 80 79 ? 78 Evidente l’errore della trascrizione Necco, che legge giusto. Si deduce dalla concitazione delle battute, e dal loro senso, soprattutto, che Leucade ha uno slancio di eroica ribellione, che lo porta ad avventarsi in avanti, per offrirsi al sacrificio in luogo del padre. 79 47 Leucade Ad ogni eccesso mi porta il mio dolor. Mio Re, la vita consérvami del Padre. E quando mai una vittima il ciel volesse ancora, sull’Ara della Dea Leucade mora. Agesilao (Mi fa pietà …) Erissa Signore, il giorno è questo di palesar la tua clemenza . Aglatide Ah, dona, a chi amasti, la vita di chi a torto ti offese ! … Agesilao (A tante lagrime più resister non so …). Sacri ministri, ostia novella alla Gran dea s’appressi ! Lis[s]andro, a te la vita dona il tuo Re; ma vuole che lungi dalla Reggia volgi i tuoi passi. Leucade Oh generoso ! oh grande ! Arsida Oh Eroe di Sparta ! Agesilao Leucade ad Erissa dia di sposo la destra. Erissa 80 La trascrizione Necco legge (ma certo erroneamente) tento. Dopo questa battuta nella stessa trascrizione si registra un salto di stampa, con perdita della parte seguente, colorata in sanguigna. Credo però che qui si tratti di puro inconveniente meccanico (lo si spera, almeno…). 48 Oh me felice ! … (si danno la mano) Leucade Ecco giunto il momento che cangia il nostro affanno in bel contento . Agesilao Tu, Aglatide, di Sparta sarai a parte del Trono. Aglatide Oh Dei ! che ascolto ! Lisandro Agesilao, la tua clemenza è quella che in vita mi sostien. La figlia mia tua sposa eleggi. Il mio Leucade unisci a chi tanto l’amò. Deh, il mio delitto ob[b]lìa, se vuoi . Supplice a te d’innanzi … Agesilao (fa atto di genuflettersi) (glielo impedisce, sollevandolo) Sorgi, non più ! … Della tua colpa ancora scordo 81 la rimembranza … Leucade E chi potrebbe non amarti, o Signor ? Popoli, è questo il nostro Re ! Obbedienza, e fede giuri ciascun. Cinga il Real 82 tuo crine lo Spartano Diadema. 83 Agesilao Leucade ! Oh quanto deggio al tuo bel cor … In me Sparta ravvisi 81 La trascrizione Necco, che divide il testo in modo diverso (Sorgi ! Non più della tua colpa / ancora scorgo la rimembranza), ancor prima di un ultimo controllo sul Ms., mi sembra meno persuasiva. Conviene accogliere la scansione e la lezione (scordo, e non scorgo) del Libretto, dando ad ancora il senso di anche / addirittura . 82 Banale l’errore nella lezione della trascrizione Necco: cinga il re al tuo crine. 83 E’ probabile che qui si compia il gesto di incoronazione di Agesilao (da parte e ad opera di Leucade ?). Con questa cerimonia, che dovrà essere valorizzata nel suo gesto essenziale di rito, si chiude circolarmente il dramma, che si è aperto - giova ricordarlo - nel clima di attesa dell’incoronazione di Agesilao: clima subito, fin dall’inizio, offuscato dai sospetti e dai rancori che gli si stendono intorno come una rete di insidia. L’unità di tempo e di azione del dramma (quella di luogo è evidentissima …) così sono soddisfatte da una “concentrazione” efficace, che culmina nello scioglimento finale: non la catastrofe tragica, ma il lieto fine, ideologicamente edificante. 49 il Padre, e non il Re. Finché avrò vita, che regni 84 meco io voglio la clemenza e l’amor, compagni al Soglio. Coro 85 Già riporta il bel Sereno fida pace in sen d’amor: il gioir divien più ameno preceduto dal dolor. FINE DEL DRAMMA 84 Non so se la lezione della trascrizione Necco ( regnin = regnino ) sia suffragata dal Ms. o non sia, piuttosto, una “normalizzazione” grammaticale del trascrittore. In attesa di un controllo sul Ms., accetto dubitativamente il singolare regni del Libretto, considerando il binomio – soggetto (la clemenza e l’amor) un’endiadi, anche sul piano dell’ideologia. 85 Il Coro è da annoverare come l’ultima mutilazione del Ms. del Duomo di Vercelli. Ha il carattere (certo di maniera, ma non privo di qualche interesse), di commento al lieto scioglimento della tensione drammatica, che ha sfiorato la catastrofe tragica e l’esito mortifero. Sul piano ideologico, il testo rimanda ad una vaga matrice sensista (l’ascendente è platonico), con la coppia Piacere – Dolore evocati qui non solo come esito lieto della fabula drammatica, ma come fine stesso della creazione artistica: la quale mira, appunto, a procurare il diletto e, insieme, a produrre un utile morale, riconoscibile in un effetto catartico ed educativo. Il Coro, così, si propone già in questa drammaturgia minore del tardo Settecento, come una sorta di spettatore ideale (per dirla col Manzoni), interprete della catarsi positiva del pubblico, sollevato dall’arte teatrale alle regioni (usiamo ancora i termini del Manzoni) della contemplazione disinteressata, dove può liberarsi da quelle passioni che ha contemplate sulla scena, senza lasciarsene coinvolgere. Se questa matrice filosofica ed estetica (di qualche valore) va riconosciuta al messaggio di questo Coro e al profilo intellettuale del suo Poeta, resta tuttavia l’impressione che il Coro dell’Agesilao del Perotti sia un’aggiunta, che risponde più alla convenzione che alle necessità del dramma: il quale, sul piano del messaggio ideologico ed eticopolitico, è suggellato efficacemente dalle ultime parole di Agesilao, vera summa del paternalismo illuminato del Settecento, impegnato a resistere alla crisi rivoluzionaria di fine secolo. Così, si dovrà riflettere bene sul se e sul come a questo Coro, “leggero” nei suoi versi arcadici (come nelle “pastorellerìe” dell’idillio d’inizio secolo), si debba dare spazio alla fine della riedizione moderna del dramma. Butto lì un’ipotesi, tutta da discutere e da verificare con i mezzi scenici che si decideranno: sullo sfondo leggero di un tema musicale adatto per carattere, recuperato dalla Sinfonia iniziale e suonato dai pochi e pianissimo, non potrebbe essere una bambina / un bambino - che si stacchi da un esiguo gruppo di Popolo, messo dietro una cortina velata, e venga al proscenio - la Voce recitante per tutto il Coro, l’interprete - ingenuo e puro - della gioia che rischiara finalmente l’orizzonte, prima ingombro di dolorose paure ? Si vedrà. 50