MERCOLEDÌ
17 FEBBRAIO 2010
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ITALIANI CON GLI
STIVALI: IL LIBRO
“Italiani con gli stivali”
ovvero “La Protezione
Civile nella penisola dei
grandi rischi” è il libro
dal tempismo perfetto
di Erasmo D’Angelis,
edito da La Biblioteca
del Cigno e distribuito
dalla riminese NdA.
Info: www.ndanet.it.
27
FAENZA
BOLOGNA
Alessia Obino Quintet allo Zingarò
“Cats” al Teatro EuropAuditorium
Sonorità brasiliane dove libertà e
ispirazione volano sull’onda di ogni
singolo strumento. È quanto propone Alessia Obino Quintet questa sera alle 21,30 allo Zingarò. La
passione per il jazz e la musica brasiliana unite al desiderio di conoscere il mondo musicale, costituiscono i presupposti per la formazione di questo quintetto.
Il teatro EuropAuditorium di Bologna ospita da oggi al 21 febbraio Cats,
il musical della Compagnia della
Rancia completamente in italiano e
con orchestra dal vivo. La regia è di
Saverio Marconi, le coreografie di
Daniel Ezralow. Lo spettacolo va in
scena nei giorni feriali alle 21: sabato
doppia recita alle 16.30 e alle 21, domenica alle 16.30. Info: 051 372540.
Alessia Obino
“Cats” della Rancia
MONDAINO
L’ artista, fondatore del gruppo Cccp, sarà fino al 27 febbraio all’arboreto per registrare il suo nuovo progetto: insieme al cd ci sarà anche un libretto
Zamboni, l’amore in cinque canzoni
«“Estinzione di un colloquio amoroso” è una riflessione intima ma anche universale»
di Alessandro Fogli
MONDAINO. Fino a mercoledì
27 il Teatro Dimora ospita le sessioni di registrazione di L’estinzione di un colloquio amoroso
(NdA Press / Interno 4 Records),
il nuovo progetto di Massimo
Zamboni, che tutti ricordano
quale fondatore del gruppo Cccp
e dei successivi Csi, insieme a
Giovanni Lindo Ferretti.
Ma Zamboni è ormai da anni
un affermato artista solista, autore di colonne sonore, nonché
scrittore. Lui stesso ci parla del
nuovo disco e della sua musica.
Il suo album precedente, L’inerme è l’imbattibile, era un
concept che, partendo da Mostar, si sviluppava in un viaggio verso gli Est del mondo; e
ora anche L’estinzione di un
colloquio amoroso sembra tessere un’atmosfera ben precisa.
«È vero, anche questo disco è
raccolto attorno a un fuoco, anche se quello dell’In e r m e era
molto più grande, perché già come punto di partenza volevo
trattare una cosa molto più larga di me, un’inermità molto più
diffusa e universale. Qui invece
parto da un piccolo fuoco, perché in realtà si parla di cose personali che si sono trasformate in
cinque canzoni. Un disco breve,
quindi, però molto compiuto. Insieme al cd ci sarà poi anche un
libretto, che per me ha lo stesso
valore delle canzoni, in cui ci so-
no tutte le parole e i pensieri che
hanno a che fare con questo titolo, L’estinzione di un colloquio
d’amore. In un certo senso è la
prima volta che scrivo canzoni
d’amore, sebbene non parli di
miei incontri con persone specifiche; vorrei che si trattasse di
una riflessione allo stesso tempo
molto intima ma che sappia essere universale».
Il suo processo creativo è
più frutto di un’urgenza o di
ponderata riflessione?
«L’urgenza è nella vita naturalmente, poi si riassume in un
titolo, e di solito il titolo comincia, con un po’ più di saggezza e
tempo, a trasformarsi in canzoni e in qualcos’altro. C’è un nocciolo di urgenza sempre, comunque. Poi, fosse anche solo per i
tempi di lavorazione, lo diluisci
e lo vai a capire meglio. Mi piace
buttarmi nei titoli perché la
maggior parte delle volte non li
capisco e il processo del lavoro
mi rende evidente ciò che era
già contenuto in questa urgenza
ma che non riuscivo a razionalizzare».
I modi in cui scrive musiche, testi e libri sembrano uno il completamento dell’altro, più che tre cose distinte.
«Mi viene naturale, perché mi
piace passare con una certa
scioltezza dalla parola scritta a
quella cantata a quella musicale, mi sembrano proprio parte di
uno stesso procedimento. Però
le parole contengono dei segreti
che la musica non è capace di rivelare compiutamente e, viceversa, la musica è capace di trasporti che le parole a volte trattengono, perché contiene rimandi che non sono così individuabili dall’autore, non sono così dominabili; ognuno ricava da
sé il mondo che la musica vuole
trasmettere, quindi se lo adatta
a quello che ha già in mente come immagine. Allora mi piace
cavalcare un po’ tutte queste
possibilità».
Come ha vissuto il passaggio dal gruppo alla carriera
solista?
«È stato un trauma enorme,
come passare sotto il rullo compressore dei cartoni animati!
L’idea di rimanere “schiacciato” conteneva comunque una
buona dose di fascino, ma tutto
quello che è venuto dopo è stato
una reazione a quel trauma; non
avevo nessuna smania di diventare solista né bisogno intimo di
diventarlo. È stata più una costrizione, che poi ho cercato di
sviluppare e dalla quale ho cercato di estrarre il buono che poteva contenere, che è tantissimo».
A fare musica colta, impegnata e, soprattutto, bella, in
Italia siete in pochi. Si sente
caricato di qualche responsabilità verso chi la segue sempre con grande attesa?
«Non sono un solitario, ma
nemmeno una persona che sta
bene nei cori o nelle grandi
compagnie, quindi in questo
r u o l o l o n t a n o d a l m a i nstream mi ci trovo abbastanza bene. Sono assolutamente
convinto della necessità di un
valore, specialmente nella
professione artistica, che adesso è molto svilita. Vediamo chiamare artisti dei personaggi che sono dei giullari, e questo non ha senso; penso che quello dell’artista sia un ruolo di valore altissimo per la comunità – e
non sto certo parlando di
me, ma del ruolo in se
stesso – e vorrei esserne degno. Per poter
fare questo lavoro
non devo svolgerne innumerevoli
altri e le parole
che compongo
dovrebbero essere sempre il
massimo di
ciò che è nelle
mie possibilità. Questo certo ti carica di una piccola res po ns ab il it à;
poi i destini della nazione
non dipendono sicuramente da me, per fortuna, ma per quello che
posso devo aver sempre presente questo
obiettivo etico iniziale».
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Zamboni, l`amore in cinque canzoni