IL MIO NOME È MARA
Maria Simona Barberio
IL MIO NOME È MARA
Il mio nome è Mara (luglio 2011 – luglio 2012)
di Maria Simona Barberio
In copertina: Alcuni ritratti di Amedeo Modigliani, 1917.
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Alla sofferenza,
più e più volte
nascosta nei cuori
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INTRODUZIONE
“Il mio nome è Mara”. Di chi si parla in questo libro? Chi è Mara?
Ha un volto o no? È una donna o sono tante? Né l’una né l’altra.
Mara non è una donna nel senso propriamente detto. Mara è una
ma è tante al tempo stesso. È un personaggio femminile che ha un
nome suo proprio ed è: Sofferenza. Mara! Biblicamente “Amara”.
Amara come il sale. Amara come la vita.
La sofferenza è grande, infinita, piccola, celata. Sommersa. Taciuta.
Urlata. La sofferenza è quasi sempre al di là di un muro. Non la si
vede, non la si conosce, non la si comprende. E soprattutto non la
si vuole. Non la si cerca e non la si desidera. Non la si vorrebbe né
vivere né tanto meno affrontare.
Eppure, lei, arriva, nella vita di ognuno. Di ciascuno.
All’improvviso, per varie strade, fa capolino sulla via principale che
attraversiamo. Arriva. Senza bussare, senza chiedere permesso.
Senza essere invitata. Appare e basta. Si siede, si accomoda e resta.
Questo fa la sofferenza.
È pur vero che a volte non arriva in modo imprevisto. Piuttosto
non si è vagliato bene di essersi incamminati su una via di forte,
grande e amara sofferenza, ma, in un modo o nell’altro, una volta
giunta, va vissuta, portata, trasformata.
Trasformata in cosa? In via di salvezza. In strada che produce
comunque frutti di bene. La sofferenza, per quanto amara sia, non
deve produrre a sua volta dolore a chi è intorno. Questo è amarla.
Questo è viverla. Questo è portarne il peso in modo nuovo e pieno
di vita.
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E i miei versi? I versi qui racchiusi, contenuti in queste righe, come
sono? Cosa dicono? Di cosa argomentano? Come si propongono?
La scelta che ho fatto può apparire anche poco opportuna ma mi
sono permessa di accostare versi sciolti, con un certo senso del
ritmo, a versi che, pian piano, si liberano dal senso della metrica.
Perché?
Perché ho voluto proporre l’immagine della durezza della
sofferenza causata dall’uomo in più e più modi attraverso “le
catene” che stringono le parole contenute nelle poesie dai toni più
severi. Laddove si parla di morte, per esempio, non solo spirituale
ma anche fisica. Per poi passare ai versi liberi una volta che tali
lacci vengono spezzati.
Ancora una volta, perché?
Perché, anche dopo, la sofferenza non viene meno. Ma il suo
sapore amaro, che resta, comunque cambia. L’amaro della libertà
non ha il gusto di quello della schiavitù. È ben altro. Pesante
fardello, certamente, ma ha in sé la sazietà della giustizia, della
fortezza, del sale della vita.
Un amaro diverso. Non più fiele, non più condanna. Ma un amaro
che nasce dalla crudezza della realtà della storia.
La storia dell’uomo è quasi sempre storia di male ma una volta
morse le foglie d’ulivo si scopre che l’amaro non è acre così come
sembrava.
E la donna? Le donne? Si parla anche di loro in tale libretto? Un
po’ sì! Perché? Perché io, io che scrivo, sono donna e in quanto tale
non posso non sentire vicino questo pianeta che oggi è per tutti, o
6
comunque per una buona maggioranza, solo una suppellettile da
tenere su un mobile per qualche tempo.
La donna. Un meraviglioso universo. Un mondo ricco capace di
donare ricchezza e vita a sua volta. Ma quando? Sempre? No,
sempre no ovviamente. Non tutte poi, è pur vero. Però, sia nell’uno
che nell’altro caso, spesso una bomboniera è e resta per tanti. E,
amaramente, questo rappresenta anche per molti che la prendono
e mettono in casa.
Perciò alcune righe sono state anche dedicate a donne che non ci
sono più. A donne che la storia e la sofferenza han cancellato
brutalmente. Non importa se per propria o meno responsabilità.
La mia intenzione è stata quella di non lasciar spegnere la luce su
episodi efferati di sofferenza e crudeltà. Perché?
Perché sia data voce alla sofferenza che non può più parlare. Alla
sofferenza taciuta. A quella che è stata ed è onnipresente ma che
spesso l’orecchio, l’occhio e il cuore non vedono oppure rinnegano.
Ecco. Per questo ho ritenuto importante inserire queste note.
Perché i volti femminili della sofferenza abbiano la possibilità di
farsi ascoltare.
luglio 2012
Simona Barberio
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Dono di ghiaccio
Il vento lo riprese:
“Che fai?” gli disse chiaro.
“Non vedi che è gelato?
Gli hai preso anche il vestito
l’hai tutto denudato.
Lasciato seminudo,
al ghiaccio dell’inverno,
al gelo e alle intemperie.
L’hai esposto nudo al gelo.
Non l’hai soccorso prima.
Per strada l’hai lasciato,
morire lì da solo.
Al freddo, al gelo, al buio.
Non hai guardato al cuore.
Hai visto solo il tuo.
Il ghiaccio gli hai donato.”
9
Amore mai nato
Un taglio alla gola...
Il sangue che scorre...
si versa per strada...
l'asfalto si bagna.
Innaffia ogni riva...
i fiotti son rossi...
acceso è il colore.
Il sangue è più caldo...
di amore versato...
schiacciato dal tempo...
da ladri rubato.
Spezzato l'incanto
di amore mai nato...
10
Un cuore trafitto
Il colpo assestato, di male nel cuore.
Si tinge di nero il bianco del latte.
Il sangue che corre, che cola veloce.
Intriso il vestito del rosso più intenso.
Un cuore trafitto, contorto e spezzato.
Strizzato dal braccio del cuore malvagio.
11
Sofferenza che resta
Lacrime al vento,
brezza di ghiaccio...
Tormento più acceso,
il freddo è nel cuore...
Dolore più acuto...
di spina...
taciuto...
Dolore passato
che soffia il suo fiato...
Dolore profondo...
ti spacca da dentro...
trascina, distrugge,
affonda nel tempo...
Dolore che schianta...
il sangue si versa...
giù, a fiumi...
12
Un fiore spezzato (Adele Bruno)
Un fiore in un campo si è spento,
schiacciato dal passo di un vento impetuoso...
Tradito, stuprato, bruciato, battuto su un muro.
Non vi è più futuro.
È morto ormai tutto.
Svilito il suo fusto,
spezzato il suo gambo...
Bellezza ormai antica...
fuggita è la vita...
è morto nel prato...
quel fiore spezzato.
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Tempesta di vento
Burrasca, tempesta,
si abbatte in collina,
si scuote la testa
col vento di prima.
Acceso quell’urlo
ti annebbia la mente
e stridon le orecchie
di mali impetuosi.
14
Radici di vento
Foglie d’argento,
di verde muschiato,
sbattute dal vento,
da raffiche intense.
Un vento impetuoso
che spinge più forte,
ti sbatte le porte
su nude colline.
Ti spoglia, ti abbatte,
la voce è più forte,
di fischi sottili
che stridono agli occhi.
Radici di vento,
di un forte lamento,
sospinte le foglie
che cadono a terra.
Son gialle, son morte,
non hanno più vita,
distrutte da piogge
di lacrime amare.
15
A ricordo di Maria Anastasi e del suo
bambino...
(Trapani, 11 luglio 2012)
... una madre col suo piccolo in grembo...
due vite spezzate con un fuoco sottile...
la mano si alza e uccide spietata...
si accascia la vita ancora mai nata...
16
Mondi divisi
Lo sguardo lontano...
Osserva distante...
Silenzio!
Intorno il deserto.
Si muove piano piano...
Si aggira lì intorno.
Pensieri racchiusi.
Cuori feriti.
Vite bruciate.
Amaro lì in gola.
Si cerca.
Si guarda.
Altrove è la mente.
Lontani.
Lontani.
In mondi divisi.
17
Velluto di lame
Velluto di spilli...
velluto sottile...
di lame affilate...
lucenti nel buio.
18
Spine in gola
Spine incastrate in gola,
dolenti,
acuminate.
Spine fitte,
spine sottili,
spine che soffocano,
spine che torturano.
Spine che hanno chiuso ormai ogni passaggio.
19
Gocce di sale
Nuvole...
Tante nuvole...
Nere...
Gonfie di pioggia...
Gocce cariche d'acqua...
Gocce piene di sale...
Gocce amare...
Gocce che cadono a dirotto...
20
Una cipolla rossa
Affettata,
stropicciata,
spaccata a metà.
Le spire rosse e concentriche,
il suo velo, rosso sangue.
Lasciata lì,
abbandonata,
nel suo pianto silenzioso
di lacrime lente e pungenti.
21
Sola, senza aiuto
Sola.
Senza aiuto.
Nel vento.
Nella pioggia.
Nella tempesta.
Al freddo.
Al gelo.
Col sole.
Con la brezza.
Cammina.
Con affanno.
Il peso sulle braccia.
Avanza.
Col fiatone.
La vita è per lei dura.
22
Tristezza
Tristezza...
si accompagna alle note della sera...
scende lieve...
invade tutto,
penetra in ogni via di fuga...
23
Chi ha visto piangere il Sole?
Chi ha mai visto un sole che piange?
Chi ha mai sentito il freddo del sole?
Chi ha mai toccato le sue sofferenze?
Chi ha mai raccolto le sue dolci lacrime?
Chi le ha asciugate?
Chi le ha mai udite?
Chi le ha raccolte le sue più preziose?
Chi?
24
Un pensiero
Un pensiero a chi soffre.
Un pensiero a chi muore.
Un pensiero a chi trema.
Un pensiero a chi piange.
Un pensiero a chi spera.
25
Un’ombra persa
Ho visto un’ombra appesa ad una scala.
Scendeva.
Silenziosa. Brancolante al buio.
Ho visto un’ombra viva ma di morte.
Un’ombra persa in se stessa e nel mondo.
Ho visto un’ombra, lacerata dalla lebbra, scendere con il
suo peso leggero la pesantezza dei gradini.
Scendeva nel vuoto.
Scendeva senza sapere più chi era.
Dov’era. Dove andava.
Un’ombra si era persa e non sapeva neanche come.
Smarrita non trovava più la strada.
26
Schiava
Schiava.
Con i tuoi bracciali da schiava.
Con i tuoi sandali di cuoio.
Schiava.
Schiava con la tua stessa pelle.
Schiava di tutto e tutti.
Schiava degli istinti.
Schiava dei profumi.
Schiava nei tuoi stessi pensieri profondi.
Schiava.
Ripetutamente schiava.
Schiava.
Con i polsi legati e le labbra serrate.
Schiava.
Muta.
Sorda.
Cieca.
27
Imre (Innocente)
Ti sei persa nel buio. Vaghi e non sai più dove sei.
Cosa cerchi? Cosa vuoi?
Cerchi.
Ti affanni.
Desideri e vuoi ciò che il mondo non può darti.
Ti laceri.
Ti consumi.
Ti inganni e ti illudi.
Cerchi.
Cerchi ancora.
Qualcuno e qualcosa che il mondo non può darti.
Non è questo che ti serve.
Disperazione. Pianto. Dolore.
Non ti serve angoscia, paura, perdizione.
Cosa vuoi tu?
Tu non lo sai ma il tuo cuore sì.
Lui lo sa cosa gli manca e non è quello che tu gli dai…
28
La fragilità
La fragilità è qualcosa che uccide…
è qualcosa che annienta, distrugge.
Lascia in bilico su un burrone,
sospesi senza equilibrio,
senza alcuna barriera di protezione.
La fragilità spezza.
Spezza le ossa.
Riduce in polvere.
Sbriciola.
Annienta.
Nessuna traccia rimane.
29
Il mio nome è Mara
Il mio nome è Mara.
Le mie labbra masticano foglie di ulivo.
La mia lingua assapora veleno.
Fiele che nuoce.
Fiele che uccide.
Fiele che brucia e lento corrode.
Il mio nome è Mara.
Perché amara è la vita.
Amara è la strada.
Amara è ogni cosa.
Il mio nome è Mara.
Perché è il tempo che uccide.
È la storia che affligge.
… E il cuore è straziato.
Il mio nome è Mara.
Lacrime calde solcano il viso.
Perché questo è il mio nome.
Perché questo è il mio tempo.
Perché questo è il mio cuore.
Perché l'uomo l'ha ucciso.
Il mio nome è Mara.
È un nome di croce.
È un nome che resta.
… E lascia il sapore.
Il mio nome… è Mara.
30
Il mio cuore sbranato
Il mio cuore
come quello di Prometeo
è stato divorato da un’aquila rapace.
Sbranato da un macello,
divorato da un orso,
distrutto e ucciso senza pietà alcuna.
31
Eterea l’attesa
Appesa in un quadro...
la testa e i pensieri...
che pesano crudi nella sua mente...
Si perde nel vuoto...
silente la voce...
un velo sottile la incolla al terreno...
Il mondo è distante... lontano... squarciato...
Groviglio è la mente che cerca l'uscita...
Le appare sbiadita... eterea... incompresa...
Un lieve pallore colora le gote...
Sta ferma è in attesa...
vuol esser salvata...
32
Una corda di violino
Tesa,
tesa come una corda di violino
che emette un suono sottile,
stridulo, sibilante.
Stanca,
stanca di tante cose,
stanca da sola,
stanca dell’eccessivo silenzio.
Desiderosa,
desiderosa di suonare,
desiderosa di vibrare,
libera,
felice, nell’aria,
nell’immenso,
nell’infinito.
33
Un volto... mille volti
Amavano...
Col cuore.
Donavano...
Se stesse.
Curavano, accudivano, cullavano...
L'amato.
Sostenevano, proteggevano, aiutavano...
senza fine, senza sosta, senza remore.
Chi?
Chi era?
Il suo volto nascosto...
Un'ombra celata.
Un'ombra di male...
Scolpita, bruciata, di zolfo e lapilli.
Un volto...
Mille volti...
Millefoglie di peccato incollate da superbia.
34
Una pregiata scultura
Una bomboniera.
Una suppellettile.
Un soprammobile.
Una statua.
Una scultura.
Bella.
Meravigliosa.
Unica.
Insostituibile.
Splendida.
Di inestimabile valore.
Invisibile, agli occhi di un cieco.
Stoltezza e malvagità
non ne fanno percepire,
nemmeno in modo infinitesimale,
l'immensa grandiosità che è in essa contenuta.
35
La Luna acerba
La Luna seminata,
spunta acerba dal terreno.
Nasce presto, nasce ancora.
Innaffiata da un groviglio di lacrime.
Spunta.
Spunta piano.
Si apre al mondo, alla nuova vita.
Raggiunto il Cielo apre il suo sorriso.
Asciuga il pianto dei cuori solitari.
E a sera si raccoglie, quatta quatta, all'orizzonte.
Si nasconde, si riposa,
va a dormire nella sua culla.
36
37
38
SOMMARIO
INTRODUZIONE
5
Dono di ghiaccio
9
Amore mai nato
10
Un cuore trafitto
11
Sofferenza che resta
12
Un fiore spezzato (Adele Bruno)
13
Tempesta di vento
14
Radici di vento
15
A ricordo di Maria Anastasi e del suo bambino...
16
Mondi divisi
17
Velluto di lame
18
Spine in gola
19
Gocce di sale
20
Una cipolla rossa
21
Sola, senza aiuto
22
Tristezza
23
Chi ha visto piangere il Sole?
24
Un pensiero
25
Un’ombra persa
26
Schiava
27
Imre (Innocente)
28
39
La fragilità
29
Il mio nome è Mara
30
Il mio cuore sbranato
31
Eterea l’attesa
32
Una corda di violino
33
Un volto... mille volti
34
Una pregiata scultura
35
La luna acerba
36
40
41
Il mio nome è Mara (luglio 2011 – luglio 2012)
di Maria Simona Barberio
In copertina: Alcuni ritratti di Amedeo Modigliani, 1917.
www.simonabarberio.it
42
MARIA SIMONA BARBERIO ha compiuto i suoi studi presso
la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli
Studi di Verona, laureandosi in Economia e Commercio.
Attualmente è docente di ruolo di Matematica Applicata nella
Scuola Secondaria Superiore.
“… Chi è Mara? Ha un volto o no? È una donna o
sono tante? ... Mara è una ma è tante al tempo
stesso.”
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