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economia
VENERDÌ 27 GENNAIO 2012
Energia I dubbi di Legambiente e PD sul decreto
La storia La prima crisi, tra il 1867 e il 1873, venne affrontata con 400mila lire
Liberalizzazioni e nucleare:
le regole meno restrittive
per chi smantella gli impianti La Cassa di Risparmio di Asti è stata fondata il 25 gennaio 1842
«Siamo banca da 170 anni»
TRINO
«Il testo del decreto Liberalizzazioni, prevede un “pericoloso
articolo 25” sulla accelerazione
e “liberalizzazione” delle attività nucleari di smantellamento,
che sembrerebbe fatto apposta
per autorizzare i nuovi depositi nucleari nei siti a rischio».
Così Gian Piero Godio di Legambiente pone l’attenzione
sull’articolo specifico che, di
fatto, accelererà le attività di
disattivazione e smantellamento degli impianti nucleari.
Molto preoccupati anche l’onorevole Luigi Bobba e il senatore Roberto Della Seta,
entrambi parlamentari del
Partito Democratico.
«Se passasse così come è, l’articolo 25 del Dl Liberalizzazioni, Sogin potrebbe trasformare
Saluggia nella discarica delle
scorie nucleari italiane senza
bisogno di ottenere le autorizzazioni ambientali, urbanistiche e di sicurezza previste dalla
legge per tutte le nuove infrastrutture. Per questo proporremo al Senato e alla Camera
modifiche radicali all’articolo,
e per questo ci auguriamo che
il Governo non insista su una
via totalmente inaccettabile».
Il provvedimento del Governo consentirebbe di realizzare tutte le opere connesse allo
smantellamento di tutti i siti
nucleari italiani, a cominciare
da Trino e Saluggia, in deroga alle procedure ordinarie.
«Con questa norma - continuano i Parlamentari del PD
- viene di fatto dichiarato lo
stato d’emergenza a Saluggia,
togliendo ogni voce in capitolo
al Comune, alla Regione e alla comunità locale. Il rischio è
che in questo modo Saluggia,
che attualmente ospita la gran
parte delle scorie nucleari più
pericolose e la cui inidoneità
a questo scopo è stata ripetutamente certificata, resti il cimitero del nucleare italiano».
«Ci batteremo con ogni mezzo contro questa scelta, continuando a chiedere - concludono i Parlamentari - che la
messa in sicurezza dei rifiuti
nucleari avvenga nel rispetto
scrupoloso della salute dei cittadini e della legalità».
Restando sempre in tema di
nucleare, nei giorni scorsi i
sindacati hanno lanciato un
allarme riguardo la sicurezza
degli impianti.
«Esistono forti perplessità
sull’appalto bandito da Sogin
per la vigilanza armata agli
impianti nucleari di tutta Italia - spiegano i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil - compresi
quelli di Trino e Saluggia che
da sempre sono sorvegliati da
personale con molta esperienza che fa capo a Fidelitas e che
ormai conosce alla perfezione questi due siti sensibili. Le
nuove procedure per il cambio d’appalto mettono tutto in
discussione: cosa accadrà dal
1° febbraio, data in cui scadrà
ufficialmente il contratto con
Fidelitas?»
Maurizio Inguaggiato
La centrale Fermi di Trino
Dalla Borsa Risi di Vercelli
Mercoledì scorso la Cassa di
Risparmio di Asti ha compiuto 170 anni. CRA, infatti, venne fondata il 25 gennaio del
1842 grazie all’interessamento
e all’azione congiunti dell’Intendente per la provincia di
Asti, Serra, e del Vescovo di
Asti, monsignor Filippo Artico,
per rispondere alle esigenze di
credito che non potevano più
essere soddisfatte dalle attività
del Monte di Pietà e dei banchi
di prestito ebraici.
Il fondo di dotazione iniziale era di 10mila lire, suddivise
in duecento azioni da 50 lire
ciascuna.
A due anni dalla fondazione,
la Cassa di Risparmio di Asti
apre i suoi primi uffici (due
camere all’ultimo piano del
Municipio) mercoledì 3 gennaio 1844, il primo giorno di
mercato dell’anno.
400mila lire per la crisi
PREZZI ALL’INGROSSO
MARTEDI’ 24 GENNAIO 2012 Tra il 1867 e il 1873 la Cassa
(Per tonnellate franco partenza più I.V.A.)
Variazioni
di Risparmio di Asti affianca
il Comune nell’emissione di
RISONI
Min.
Max
Min.
Max
Balilla-Centauro-Brio
295
310
- 10,00 - 10,00 biglietti fiduciari per un valore complessivo di 400mila lire
Selenio
255
325 invariato invariato
con cui far fronte alla crisi nel
Flipper, Lido e similari
300
335
- 10,00 - 10,00 settore del piccolo commercio,
Loto, Ariete e similari
310
340
- 10,00 - 10,00 confermando e consolidando
Augusto
325
345
- 10,00 - 10,00 il proprio rapporto privilegiato
con le istituzioni pubbliche e
Sant’Andrea
340
370 invariato invariato
la propria attenzione per gli
Roma
360
390
- 10,00 - 10,00 investimenti nei progetti di
Baldo e similari
325
360 invariato invariato sviluppo del territorio.
Arborio-Volano e similari
Carnaroli e Karnak
Thaibonnet-Gladio e similari
365
520
255
400
560
275
- 20,00
- 10,00
- 10,00
- 20,00
- 10,00
- 10,00
(dati e commento di Andrea Cisnetti, agente della Borsa Risi di Vercelli)
Son tornati a piovere ribassi sulla quasi totalità del listino della Borsa Risi
di Vercelli. Infatti, martedì scorso, hanno mantenuto le quotazioni della
settimana precedente solamente Selenio, Baldo e Sant’Andrea: tutte le
altre varietà hanno subìto un ridimensionamento di prezzi: dai 5 euro degli
Indica ai 20 euro di Arborio e Volano (per tonnellata). Le nuove quotazioni
rispondono comunque alle logiche che caratterizzano da sempre il mercato
dei risoni, con il Selenio che vale più delle altre grane tonde. La sequenza
di valore parte dal medio Flipper per chiudersi al più ricercato Augusto.
Unica eccezione la sofferenza del Baldo che si ritrova a valere meno del
Sant’Andrea mentre, di norma, dovrebbe essere più in alto della sequenza
delle quotazioni della risotteria Italia.
Liberalizzazioni «Piccole realtà come le grandi? Un errore!»
Moncalvo: «Difendiamo
artigiani e commercianti»
Moncalvo in una foto scattata da via Roma
forse a far sì che molti pareri
sulle recenti manovre di aperLiberalizzazioni? No, grazie! tura verso i commerci non siaMoncalvo, centro monferrino no fiduciosi. A proporre un prinoto da secoli per la sua fioren- mo commento, a nome dell’Aste economia commerciale (la sociazione Moncalvo Eventi
stessa che 307 anni fa le valse & Commercio, recentemente
le patenti di città) esprime le costituita proprio con lo scopo
proprie perplessità sulle libe- di favorire l’attività commerciaralizzazioni commerciali an- le moncalvese, è il presidente dell’associazione Barbara
Marzano.
«La questione
delle liberalizMoncalvo, per la sua fiorente
zazioni, attualeconomia che resisteva da anni, venne m e nt e i n d i denominata “città”
scussione, nelle
intenzioni del
governo si fonda su principi
nunciate dal governo in queste che nessuno in teoria dovrebsettimane.
be contestare. Il problema grave
Il suo status di piccolo centro, però sta più a monte, ed è legato
lontano dalle grandi concen- alla necessità o convinzione di
trazioni di flussi di transito la- “salvare” un paese basandone
vorativo e turistico, e la sua pe- la crescita sull’aumento della
culiarità di riconosciuto luogo concorrenza a favore di una ridi ricercate eccellenze enoga- duzione dei prezzi o sulla dimistronomiche, contribuiscono nuzione della disoccupazione,
ASTI
MONCALVO
307 anni fa
che dovrebbero risultare tra le
conseguenze positive dalla liberalizzazione. C’è da domandarsi chi, oggi come oggi, possa
ottenere benefici da una simile
iniziativa: quale giovane sarà
in grado di affrontare un investimento per aprire una nuova attività o chi otterrà benefici
dalla concorrenza al ribasso dei
prezzi, quando aumenta sempre più la difficoltà ad arrivare
a fine mese. Purtroppo, senza
filtri, è più probabile che siano i “soliti” grandi investitori a
poter finanziare nuove attività,
piuttosto che i giovani disoccupati o i piccoli e medi imprenditori locali, già ampiamente
tartassati nell’attuale sistema».
Il dibattito va però anche calato
nello specifico contesto moncalvese, storicamente basato
su antiche botteghe e prodotti
di tradizione.
«Le attività di Moncalvo, siano
esse commerciali, artigianali o
professionali, si differenziano
da sempre per la qualità dei
prodotti e dei servizi offerti alla clientela. Moncalvo propone
un territorio e una tipicità che
anche grazie ai rapporti personali che a tutt’oggi si cerca di
valorizzare, come spesso capita
nei paesi e nelle realtà di nicchia, creano un valore aggiunto
per la clientela. Ci auguriamo
quindi che i nostri commercianti e artigiani non vengano
ulteriormente penalizzati, come già accaduto con l’apertura di grandi supermercati sul
territorio».
Un vero e proprio grido d’allarme che proviene dalle pic-
La prima vera casa di CRA
Ragioni logistiche e di prestigio rendono urgente nel volgere di fine secolo l’esigenza
di dare alla Cassa una nuova
collocazione più consona al
nuovo ruolo. La nuova sede,
costruita ad hoc nell’area compresa tra piazza Roma, corso
Alfieri e via Ottolenghi, viene
inaugurata l’8 maggio 1894 ed
è ampia moderna e funzionale; i 7 dipendenti vengono accolti all’ingresso dal prezioso
logo della Cassa di Risparmio
di Asti, un’ape simbolo dell’operosità dei piccoli risparmiatori e delle finalità di bene collettivo come attesta anche lo
stanziamento di una somma
per l’apertura di un nuovo reparto dell’Ospedale civile.
La Cassa di Risparmio nel nuovo millennio
Nel Duemila: la banca è on line,
ha ampliato la rete di vendita,
orari più flessibili per la clientela
Nel corso del primo decennio del Duemila, la banca
ha rafforzato la propria rete di vendita sia mediante
l’ampliamento della rete territoriale sia con il potenziamento
della “rete imprese” deputata a curare la gestione del
rapporto bancario con le aziende.
La Cassa di Risparmio di Asti affronta la sfida delle nuove
“banche on line” offrendo alla propria clientela nuovi servizi
in linea con le richieste del mercato pur mantenendo la forte
connotazione di Banca di relazione interpersonale.
Il cliente che accede ai servizi on line ottiene un nuovo modo
di dialogare con la Banca più immediato, sempre attivo e
autonomo: aumentano le “porte di accesso” alla Banca e si
dilatano gli orari e i giorni a disposizione della clientela.
La filiale della CRA in corso indipendenza a Casale
Il Novecento
Anche Asti risente degli effetti
della crisi del ’29. Nel periodo
fascista, seguendo le categoriche indicazioni del regime, la
Cassa di Risparmio erogò molto denaro a sostegno dell’industria, delle opere pubbliche,
delle esigenze di credito dell’agricoltura, ma anche per l’istituzione delle colonie marine
e montane, per il dopolavoro
e per tutte le attività sportive.
In quegli anni si cercò di infondere nei bambini l’idea del
risparmio cui venivano donati
dei salvadanai: quando erano
pieni si andava in banca a depositare la somma raccolta in
un libretto di risparmio.
Sabato 30 marzo 1935 viene
istituita la Provincia di Asti. Sono gli anni della follia dell’impero, della farsa dell’autarchia,
della vergogna dell’antisemitismo. Nel 1939 si ha notizia
di un’iniziativa singolare: la
Cassa di Risparmio di Asti eroga speciali prestiti sulle uova
anticipando denaro dietro pegno di migliaia di uova che venivano custodi in magazzini
frigoriferi trasformandosi in
una riserva alimentare dal valore inestimabile.
Dal 1946 vengono aperte numerose filiale nei paesi del
Monferrato e la prima Agenzia
di città; l’anno seguente si ha
l’inaugurazione della secon-
da agenzia di città. Negli anni
successivi, i segnali di ripresa
dell’economia astigiana sono
concreti, tanto nel settore industriale che in quello agricolo e ciò ha effetti benefici anche sull’attività bancaria. Nel
1970 i mutui a medio e lungo
credito concessi dalla Banca
raggiungono i 14miliardi, i depositi a risparmio sfiorano i
117miliardi con un aumento
del 13,5% sul 1969. Il 13 luglio
1992 è una data storica per la
Banca astigiana: si costituisce la Cassa di Risparmio di
Asti S.p.A. attraverso il conferimento dell’azienda bancaria
da parte dell’Ente creditizio
Cassa di Risparmio di Asti che
ha assunto la nuova denominazione di Fondazione Cassa
di Risparmio di Asti, che svolge
la propria attività istituzionale
con iniziative rivolte ad Asti
e alla sua provincia in diversi settori tra cui quello della
Ricerca Scientifica, dell’Arte,
della Sanità, dell’Istruzione.
CRA e i 6mila soci
Oggi conta circa 6mila soci;
gli azionisti di riferimento sono la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti che detiene il
51,38% del capitale e, dal mese
di ottobre del 2004, la Banca
Popolare di Legnano, Gruppo
BPM, che ha acquistato il 20%
del capitale.
Centotrenta filiali in sei province
La Banca ha oggi 130 filiali distribuite nelle province di
Asti, Alessandria, Cuneo, Torino, Milano e Monza. Con una
caratteristica particolare nella scelta delle sedi: dei 23
sportelli presenti in Torino, per esempio, solo 7 sono in
città.
Delle 14 filiali aperte nelle province di Milano e Monza
nessuna è nel capoluogo milanese, ma sono invece sparse
per i comuni della Provincia, «una scelta che è più coerente
con il nostro DNA» spiega Carlo Demartini, direttore
generale della banca C.R.Asti.
«In un piccolo centro è più facile diventare un punto di
riferimento per gli abitanti e per le PMI, creare delle
relazioni di qualità e mantenerle nel tempo. In una grande
città tutto questo è molto più lento e complesso».
Nel 2008 l’incremento di capitale
Nel 2008 la banca indice un’operazione di aumento
di capitale con l’obiettivo di incrementare la capacità
patrimoniale per assicurare un’adeguata dotazione di mezzi
propri, dando robustezza alle prospettive strategiche della
Cassa di Risparmio di Asti.
In particolare, il rafforzamento patrimoniale è funzionale
al sostegno dell’espansione della Rete Territoriale di
filiali, al rafforzamento dei canali distributivi, al continuo
miglioramento dei processi di filiale, al sostegno finanziario
delle piccole e medie imprese, delle famiglie e dell’economia
locale.
CRA ora assume giovani talenti
Le persone che lavorano in Banca C.R.Asti sono 1.035, l’età
media è di 39 anni. Nel 2011 la Banca ha dato lavoro a 31
giovani e negli ultimi cinque anni Banca C.R.Asti ha assunto
249 persone. In questi giorni è in corso una selezione per
l’assunzione di giovani talenti.
Ricorso della Regione sulle liberalizzazioni
Casoni: «Gli orari dei negozi
sono sempre stati concordati
tra amministrazioni ed esercenti»
«La Regione Piemonte è al fianco dei negozianti e dei
lavoratori dei centri commerciali. Per questo abbiamo
presentato ricorso alla Corte Costituzionale, contro l’art.31
del decreto sulle liberalizzazioni varato dal Governo, che entra
in merito agli orari di apertura degli esercizi commerciali».
Con questi termini l’assessore regionale al Commercio
William Casoni (foto) ha voluto rassicurare i rappresentanti
dei sindacati Flaica CUB – Federazione Lavoratori AgroIndustra Commercio Piemontesi
e Filcams Cgil Piemonte, che ha
incontrato a Torino. «Abbiamo
impugnato l’articolo per una questione
di illegittimità costituzionale in
quanto il commercio è una materia di
competenza regionale. Ad oggi infatti
gli orari di apertura degli esercizi
commerciali sono stati sempre
concordati tra amministrazione ed
esercenti, secondo le esigenze di
quest’ultimi e dei consumatori e in relazione a ciascun ambito
territoriale e quindi operando in modo democratico si sono
raggiunte sempre delle soluzioni. Ricordo infatti che da
parte dei consumatori non sono mai arrivate lamentele per le
mancate aperture. Speriamo dunque - ha concluso l’assessore
Casoni - che il ricorso venga accolto affinché i lavoratori
e i negozianti non siano costretti a uno stravolgimento
della quotidianità in cui rinunciare al giorno di riposo e alla
famiglia».
cole realtà le quali da sempre
caratterizzano il tessuto commerciale aleramico.
Ma il rischio di “caos da liberalizzazioni” traspare anche
dalle parole dell’assessore comunale al Commercio Massimiliano Vacchina: «Personalmente sostengo che le non
regole creino soltanto disordine
soprattutto per un discorso di
immagine che siamo tenuti a
dare al turista oltre che al cittadino stesso. Bisognerebbe sempre comunque rapportarsi alla
realtà; una piccola città come la
nostra non si può paragonare
ad un sistema quale quello di
un grande centro». Del medesi-
mo parere il sindaco Aldo Fara
che esprime disaccordo sulla
liberalizzazione, soprattutto
per quanto riguarda gli orari. «I
turisti si muovono ben consapevoli di trovare aperture e chiusure in determinate ore: se così
non fosse vi potrebbero essere
ripercussioni negative». E, oltre
al tema delle liberalizzazioni,
dare voce ai commercianti cittadini significa anche discutere
di altre difficoltà quali la burocrazia eccessiva, i contributi
in aumento e il minor potere
d’acquisto dei consumatori che
rischia di tradursi in calo delle
vendite.
Claudio Galletto
DOVE E COME ILLUMINARE
Proseguiamo il nostro percorso del risparmio energetico abbinato alla illuminazione
Abbiamo già sottolineato l’importanza di adattare l’illuminazione alle diverse esigenze evitando gli errori
più frequenti: cioè una quantità di luce insufficiente allo svolgimento di determinate attività come
cucinare, leggere, cucire ecc. e una errata distribuzione delle fonti luminose che lasciano fastidiose
zone d’ombra o che provocano abbagliamento.
Come determinare la quantità di luce necessaria in un ambiente?
A questa domanda non si può dare una sola risposta. Cambia a seconda delle funzioni a cui è destinato
l’ambiente.
In generale, la soluzione migliore consiste nel creare una luce soffusa in tutto l’ambiente
e intervenire con fonti luminose più intense nelle zone destinate ad attività precise come
pranzare, leggere, studiare.
Di seguito riportiamo i livelli di illuminamento consigliati per una corretta progettazione dell’impianto di illuminazione negli ambienti domestici.
Zona di passaggio
Zona di lettura
Zona di scrittura
Zona pasti
Cucina
Bagno
Bagno
Camere
Camere
ALCUNI CONSIGLI
50-150 lux
200-500 lux
300-750 lux
100-200 lux
200-500 lux
illuminazione generale 50-150 lux
zona specchio 200-500 lux
illuminazione generale 50-150 lux
zona armadi 200-500 lux
•฀Innanzitutto,฀se฀vogliamo฀aumentare฀la฀luminosità฀e฀
diminuire i consumi della luce artificiale, le pareti
degli ambienti devono essere tinteggiate
con colori chiari.
•฀Il฀lampadario฀centrale฀può฀fornire฀l’illuminazione
“generale”, ma è necessaria un’illuminazione
“localizzata” più intensa nelle zone destinate ad
attività precise come pranzare, leggere, studiare.
•฀Il฀lampadario provvisto di molte lampade
non è una soluzione vantaggiosa in termini
energetici: una lampada ad incandescenza da 100
Watt fornisce la stessa illuminazione di 6 lampadine da 25 Watt, ma queste ultime consumano il 50% in più
di energia elettrica.
...l’articolo prosegue sul sito www.muziosrl.com
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