27 marzo 2010
www.artdreamguide.com
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Quali cose siamo
Dal 27 marzo 2010
Triennale Design Museum
Viale Alemagna 6, Milano
Tel. 02-724341
Orari: 10:30-20:30, gio-ven 10:30-23, lunedì chiuso
Dopo l'allestimento emozionale e narrativo di Italo Rota e Peter Greenaway e l'interpretazione più tradizionale e discreta
di Antonio Citterio, il Triennale Design Museum conferma la sua vocazione dinamica e mutante affidandosi alle cure
dell'architetto e designer Alessandro Mendini, che, spinto da una grande passione per tutte le forme della cultura
materiale, ha deciso di non focalizzare la sua attenzione sui prodotti di design, ma sulle "storie che scaturiscono dai
singoli oggetti che, messi uno accanto all'altro, creano una rete di relazioni e rimandi", che può spiazzare, ma anche
offrire uno spettacolo unico e affascinante.
Questo modo di affrontare le cose, che ha un forte valore antropologico e sociale, nasce dalla considerazione che in
Italia esiste un mondo parallelo e sommerso, capace di dar vita a prodotti di qualità più o meno alta, che non fa parte del
sistema del design istituzionale e viene quindi generalmente dimenticato. Ed è un vero peccato perché anche tutti questi
oggetti, che tra l'altro fanno parte della nostra vita quotidiana, rappresentano un'importante testimonianza della creatività
italiana e contribuiscono quindi a definire la nostra identità.
Partendo da un simile presupposto, gli oggetti in mostra non potevano avere certo la stessa origine. E, infatti, oltre ad
alcuni pezzi di design, scelti più per la loro storia che per la loro provenienza, si possono trovare opere d'artigianato,
opere d'arte moderna e contemporanea (Morandi, Savinio, Casorati, Fabro, Spalletti, Salvo, Chia, Cucchi, Presicce,
Cattelan, Petrus, Moro, Previdi, Perino&Vele, Bertozzi e Casoni ecc.) e molte espressioni di una creatività diffusa,
sconosciuta o anonima, che tanta parte hanno nella vita di tutti i giorni.
Gli accostamenti, non sempre evidenti, tengono conto di certe tematiche di fondo, che sono il rapporto tra arte e design,
cibo e design, storia e costume, moda e glamour, gioco e creatività, ma non sono certo esaustivi. Mendini si è mosso,
infatti, in modo aperto, intuitivo, lavorando attorno ad alcuni oggetti d'affezione, che gli hanno suggerito accostamenti e
rimandi più o meno giudiziosi. E sicuramente molto personali. Ecco perchè si possono trovare, uno accanto all'altro,
oggetti piccolissimi e grandissimi, antichi e contemporanei, poveri e lussuosi, colti e banali, utili e inutili, politici e
provocatori, magici e poetici.
Quello che conta è fare una storia antropologica del design, raccontare il rapporto che ognuno di noi può avere con le
cose, perchè dall'uso che ne facciamo si può capire molto di ciò che siamo o di quello che vorremmo essere. Dal
raffronto tra gli oggetti vengono comunque fuori anche altre indicazioni, che riguardano le forme, i materiali, le tecniche,
le funzioni dei singoli pezzi, e sono quindi utili anche in relazione alla storia del design.
Visto che il Triennale Design Museum non vuole essere un semplice raccoglitore di memoria, ma anche un produttore di
oggetti, Alessandro Mendini e Silvana Annicchiarico hanno invitato alcuni giovani architetti e designer a formulare una
riflessione sul tema dell'abitare e dell'utopia progettuale. È nata così una serie di Torri di Babele, che chiude il percorso
espositivo con uno sguardo al futuro.
Riguardano invece l'attualità e scottanti problemi sociali alcune testimonianze, che ricordano il terremoto in Abruzzo e la
triste realtà di immigrati e clandestini. La Scatola di Tommaso, che contiene i resti della sua casa, e la fotografia di
Mendini, scattata a Lampedusa, pongono, infatti, ancora una volta l'accento sul legame sentimentale che si stabilisce fra
l'uomo e gli oggetti che lo circondano. Un legame affettivo, che può spezzarsi per scelta o necessità.
Dovendo dare un giudizio su quanto abbiamo visto, dobbiamo dire che se la proposta di Mendini è un po' caotica e
confusionaria, ma trova un perché nel suo desiderio di incuriosire, sorprendere, far riflettere ed emozionare, il progetto
espositivo, curato dall'artista francese Pierre Charpin, non convince molto. I pannelli illustrativi, infatti, sono troppo alti
per permettere una corretta visione di quanto c'è scritto e il sistema adottato per le didascalie non è per nulla pratico. I
numeri associati a una così vasta mole di oggetti, infatti, rendono davvero difficoltoso l'accesso alle informazioni.
La "III interpretazione" del Museo del Design è affiancata da un vasto programma di mostre temporanee, eventi e
conferenze, che hanno lo scopo di richiamare un ampio pubblico di appassionati e curiosi.
Iniziative particolari sono previste per i bambini, che possono frequentare laboratori a tema e seguire dei percorsi di
visita specifici, che hanno lo scopo di farli avvicinare, in modo divertente e giocoso, al mondo dell'arte e del design.
Lungo il cammino, ideato apposta per loro, possono ammirare, infatti, oggetti familiari, come i pupazzi dei Gormiti, il
modello originale di E.T., i peluche della Trudy, bambole, modellini di treni, macchine e navi, ma anche oggetti
sorprendenti, che sembrano usciti dal mondo delle favole e invece sono frutto della fantasia di artisti e designer, come
Leonardo, Giacomo Balla, Gaetano Pesce ecc.
L'attenzione che il Triennale Design Museum ha deciso di dedicare ai più piccoli comunque non si ferma qui. Grazie a
Babygella, che dal 2004 supporta mostre e musei, è stato stampato, infatti, un libretto, Il mistero della pallina perduta,
che ogni bambino potrà portare a casa con sé per ricordare l'esperienza vissuta. Con la collaborazione dello Studio
Camuffo, è stato predisposto inoltre un sito, ricco di giochi interattivi, che si propone di far conoscere la creatività italiana.
Tra un anno, la mostra verrà riproposta in Corea. Uno degli scopi del Triennale Design Museum è, infatti, quello di
promuovere anche all'estero le eccellenze della produzione italiana.
29 marzo 2010
www.mbnews.it
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07 aprile 2010
www.milanocorriere.it
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03 aprile 2010
La Repubblica
Inserto Milano - Pag XVII
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