prof. DAVIDE GRASSI
LA PRIMA PROVA SCRITTA
DELL’ESAME DI STATO
Guida pratica per lo svolgimento della prima prova scritta
all’esame di Stato
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Dedico questo libretto a tutti i miei studenti con particolare riguardo a
quelli del corso serale dell’I.T.I.S. “Galilei” di Carrara
Davide Grassi
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INTRODUZIONE
Il presente manuale ha lo scopo di fornire agli alunni delle Scuole secondarie alcune fondamentali indicazioni utili per la composizione scritta. I
problemi che spesso si registrano nelle scuole secondarie sulla composizione scritta del testo nascono, del resto, dalla mancanza di una seria metodologia didattica per comporre il testo e dalla conseguente carenza di
organicità e di logicità nella struttura della composizione stessa. Questo
breve manuale, pur non avendo pretese innovative dal punto di vista didattico, si offre come un supporto per gli studenti che intendono acquisire
le basi per poter comporre ed analizzare i principali tipi di testo.
Tale acquisizione si è resa oggi assolutamente inderogabile, anche alla
luce dei provvedimenti ministeriali (conseguenti alla Legge 425/1997)
che hanno profondamente modificato la struttura delle prove d’esame,
richiedendo, accanto al tradizionale tema, nuove tipologie di prove,
dall’analisi del testo, all’articolo giornalistico, al saggio.
L’opera é in primis rivolta ai discenti delle classi iniziali degli Istituti secondari superiori, ove i programmi prevedono la composizione dei vari
tipi di testo e la loro analisi.
Verranno esposti alcuni metodi utili per la composizione delle varie tipologie di testo che sono, attualmente, proposte all’esame di Stato: il tema
di ordine generale, il saggio breve, il tema storico, l’analisi del testo.
Accanto alla parte teorica saranno forniti esempi pratici di composizione
con le relative fasi del testo in costruzione. Questo proprio per facilitare
gli studenti e per offrire loro un aiuto concreto nell’esercizio di produzione del testo scritto.
Riteniamo che questo lavoro possa rivelarsi utile a quanti mantengono
difficoltà di ordine interpretativo, oltre che esecutivo, nei confronti dello
svolgimento delle prove d’esame.
Per questo ci è parso utile esporre, in modo dettagliato, tutte le varie fasi
della composizione della prova, “sezionando” - per così dire l’elaborazione del testo nelle sue singole fasi creative.
Abbiamo scelto, come si è detto, le quattro tipologie di prove proposte
all’esame (tema di argomento generale, saggio breve / articolo di giornale, tema di argomento storico, l’analisi testuale), anche se esse non sono
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certamente esaustive per quanto riguarda le varie forme di composizione
scritta.
In appendice si è fatto cenno anche ad altre possibili tipologie di prova,
che, per il momento, non sono state ancora utilizzate nei testi d’esame, ma
che sono previste dall’art. 1 comma 2 lett. B) del D.M. 18.09.1998 n°
356.
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IL SAGGIO BREVE
Nel compito d‘esame si trova scritto, di norma, questo:
Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i
dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche
con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Da’ al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare
eventualmente uno specifico titolo
Il saggio breve rientra nei testi argomentativi e può, quindi, essere strutturato
come un testo argomentativo (tesi, argomenti a favore della tesi, antitesi …).
Tuttavia, rispetto ad un testo argomentativo classico, esso presenta in allegato
diversi documenti che devono essere adoperati dallo studente e, inoltre, si caratterizza per la sua sinteticità e brevità espositiva.
L’elaborazione di un saggio breve può procedere secondo quattro fasi:
1. analisi e comprensione del titolo assegnato
occorre, in questa fase, leggere attentamente il titolo, prendere in esame le
richieste, decidere il destinatario
2. ricerca ed organizzazione delle idee
in questa seconda fase occorre leggere attentamente ed analizzare il materiale a nostra disposizione, scegliere la tesi che vogliamo dimostrare e selezionare il materiale attinente a questa tesi
3. stesura del testo
a questo punto possiamo iniziare a scrivere il testo in brutta, secondo questa
successione:
- introduzione (si può scrivere anche all’ultimo e ricollocarla in
cima)
- esposizione della nostra tesi
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-
argomenti a favore della tesi – si devono qui citare alcuni documenti a sostegno delle nostre opinioni
- antitesi (la tesi contrapposta alla nostra) e confutazione
dell’antitesi – si devono citare alcuni documenti a sostegno delle
nostre opinioni
- conclusione: breve riformulazione della tesi
si può, allora, trovare, per il nostro saggio, un titolo che andrà collocato prima dell’introduzione
4. revisione e sistemazione grafica
in questa fase si controlla e si rivede tutto il testo, che va disposto in ordine
logico; occorre anche ricontrollare sintassi ed ortografia
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN SAGGIO
BREVE
ESAME DI STATO - Sessione ordinaria 2000 – Prima prova scritta
Tipologia B
Ambito tecnico – scientifico
Argomento: “Da Gutenberg al libro elettronico: modi e strumenti della comunicazione”
DOCUMENTI
1. “L’homo sapiens che moltiplica il proprio sapere è il cosiddetto uomo di Gutenberg. E’ vero che la Bibbia stampata da Gutenberg tra il 1452 e il 1455 ebbe
una tiratura (per noi, oggi, risibile) di 200 copie. Ma quelle 200 copie erano ristampabili. Il salto tecnologico era avvenuto. E dunque è con Gutenberg che la
trasmissione scritta della cultura diventa potenzialmente accessibile a tutti.
Il progresso della riproduzione a stampa fu lento ma costante e culmina
nell’avvento - a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento – del giornale che si stampa ogni giorno, del “quotidiano”. Nel contempo, dalla metà dell’Ottocento in poi
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comincia un nuovo e diverso ciclo di avanzamenti tecnologici. Primo,
l’invenzione del telegrafo, poi quella del telefono (di Alexander Graham Bell).
Con queste due invenzioni spariva la distanza e cominciava l’era delle comunicazioni immediate. La radio, anch’essa un eliminatore di distanze, aggiunge un
nuovo elemento. Una voce facile da diffondere in tutte le case. La radio è il primo formidabile diffusore di comunicazione; ma un diffusore che non intacca la
natura simbolica dell’uomo. […] La rottura avviene, alla metà del nostro secolo,
con la televisione.
La televisione – lo dice il nome – è vedere da lontano (tele), cioè portare al cospetto di un pubblico di spettatori cose da vedere da dovunque, da qualsiasi luogo e distanza. E nella televisione il vedere prevale sul parlare, nel senso che la
voce in campo o di un parlante è secondaria, sta in funzione dell’immagine,
commenta l’immagine. Ne consegue che il telespettatore è più un animale vedente che un animale simbolico. Per lui le cose raffigurate in immagini contano
e pesano più delle cose dette in parole. E questo è un radicale rovesciamento di
direzione, perché mentre la capacità simbolica distanzia l’homo sapiens
dall’animale, il vedere lo ravvicina alle sue capacità ancestrali, al genere di cui
l’homo sapiens è specie.
[…] I veri studiosi continueranno a leggere libri, avvalendosi di Internet per i
riempitivi, per le bibliografie e le informazioni che prima trovavano nei dizionari, ma dubito che se ne innamoreranno”.
G. SARTORI, Homo sapiens, Laterza, Bari 1997
2. “Attraverso il disegno e la stampa, già nei secoli scorsi, l’uomo aveva catturato e imparato a governare l’immagine. Solo in questo secolo (Novecento) è stato
capace di realizzare una delle sue più antiche ambizioni: quella di catturare, riprodurre, trasmettere a distanza i suoni delle voci e delle cose.
La galassia Gutemberg ha fatto piombare il mondo nel silenzio. La galassia
multimediale gli ha ridato voce, ne ha moltiplicato le immagini acustiche”.
R. MARAGLIANO, Nuovo manuale di didattica multimediale, Laterza Bari,
1998
3. “La rivoluzione dell’editoria comincia a primavera. E nell’arco di pochi anni
si verificheranno tali trasformazioni nella produzione di libri e nella loro distri9
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buzione (ma anche in quella dei giornali) che alla fine apparirà tutto mutato. Addio carta, addio biblioteche con chilometri di scaffali dal pavimento al soffitto.
La rivoluzione si chiama e Book……Gli E book, conclude Fabio Falzea
[responsabile delle relazioni strategiche della Microsoft Italia], saranno il più
grosso fattore di accelerazione della cultura dopo Gutenberg”.
L. SIMONELLI, “Tuttoscienze”, 23 febbraio 2000
Procediamo secondo le quattro fasi:
1. analisi e comprensione del titolo assegnato
il titolo mi chiede di parlare dello sviluppo delle comunicazioni dalla stampa a
caratteri mobili fino agli attuali libri in formato elettronico e di dare un giudizio
su questo. Scelgo il destinatario: un settimanale per famiglie
2. ricerca ed organizzazione delle idee
inizio a leggere il materiale e a farmi un’idea. L’articolo di Sartori parla della
perdita dei contenuti essenziali della comunicazione nell’era digitale e tecnologica, visto che l’immagine visiva finisce per prevalere sui contenuti, e dà, pertanto,
un giudizio implicitamente negativo sulla stessa. L’articolo di Maragliano, invece, esprime un giudizio sostanzialmente positivo, poiché si sono accresciute le
possibilità di comunicazione soprattutto con la diffusione a distanza della voce e
dei suoni (file multimediali). Infine, l’articolo di Simonelli si sofferma
sull’accelerazione del mondo globale e sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dunque un altro giudizio positivo.
A questo punto posso scegliere la mia tesi: <<il progresso tecnologico nelle comunicazioni, nonostante i rischi, è positivo>>. Passo, quindi, a scegliere i testi in
relazione alla mia tesi
A favore della tesi: Maragliano e Simonelli
A favore dell’antitesi: Sartori
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3. stesura del testo
a questo punto posso iniziare a scrivere il testo in brutta, secondo lo schema argomentativo:
Introduzione: Sin dai tempi della preistoria l’uomo ha cercato di comunicare con
i suoi simili, adoperando vari sistemi che la tecnica di allora poteva permettergli.
Si è iniziato con i graffiti e con le incisioni rupestri, per poi passare ad altre forme di comunicazione più complesse, man mano che lo sviluppo procedeva. Una
prima rivoluzione è stata la scrittura, che ha avuto il merito di registrare la storia
dell’uomo e di trasmetterla a distanza anche di anni e secoli. Le prime forme di
scrittura erano assai complesse e difficili da imparare, come i geroglifici egizi e i
caratteri cuneiformi dei Babilonesi. In seguito si è avuto un processo di semplificazione fino ad arrivare all’alfabeto usato, per la prima volta, dai Fenici e in seguito importato dalle altre culture. La seconda rivoluzione si è avuta, invece, con
l’invenzione della stampa a caratteri mobili (Gutenberg, metà del XV secolo),
che ha permesso di riprodurre con più facilità le copie delle opere scritte, superando i limiti dei vecchi manoscritti. Grazie a questo si è avuta la progressiva
diffusione dei libri, che hanno raggiunto un pubblico sempre più vasto.
Nell’Ottocento e nel Novecento siamo entrati, poi, nella terza rivoluzione, quella
tecnologica, con le invenzioni di telegrafo, telefono, televisione, che hanno portato ad una più rapida trasmissione dei contenuti delle opere e delle informazioni
in genere. Questa rivoluzione è stata completata con la diffusione di internet e
con le possibilità offerte dalla trasmissione elettronica dei dati. Così, oggi, ci
troviamo di fronte a documenti multimediali, a libri in formato elettronico (e –
book), a filmati concentrati in file che possono essere scaricati ed usati al posto
dei libri tradizionali. Tutto questo, nel secolo XXI, ci fa porre una domanda: tutte queste innovazioni hanno veramente migliorato le relazioni fra gli uomini o
hanno portato ad un lento degrado comunicativo?
Tesi: pur con i limiti che ogni innovazione porta necessariamente con sé, il nostro giudizio su queste tecnologie è nel complesso positivo. Infatti ci troviamo di
fronte ad un indiscutibile miglioramento delle comunicazioni che offre
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l’opportunità di imparare e di conoscere ad un numero sempre più elevato di
persone e a costi sempre più contenuti.
Argomenti a favore della tesi. L’accessibilità alle informazioni di qualsiasi tipo
sta diventando globale, come, ai tempi di Gutenberg, si avviava a diventare globale, almeno potenzialmente, la diffusione del testo scritto. Vi è una maggiore
comodità nel reperimento delle informazioni e nel loro scambio, e si assiste ad
una accelerazione globale della cultura, con la scomparsa, forse, del libro, ma
con la nascita di biblioteche elettroniche e di enciclopedie universali in evoluzione, come Wikipedia. Inoltre la dimensione globale dell’informazione cancella le
differenze fra i popoli e rende le persone cittadini di un unico mondo, eliminando barriere e chiusure storiche. Queste grandi novità sono state colte dagli studiosi più intelligenti e culturalmente aperti, i quali ne hanno lodato i pregi. Il
pedagogista Maragliano, per esempio, afferma che l’uomo in questo secolo, grazie alle nuove tecnologie, è riuscito a realizzare un suo vecchio sogno: catturare,
riprodurre, trasmettere a distanza i suoni delle voci e delle cose. Da questo punto
di vista, se Gutenberg, con il libro stampato, aveva un po’ messo a tacere la trasmissione orale, la nuova galassia multimediale gli ha ridato voce. Simonelli,
analogamente, si sofferma sulla grande rivoluzione che, tra breve, produrranno
gli e – book, capaci di rivoluzionare l’intero sistema delle informazioni, della
loro diffusione, reperibilità e conservazione.
Antitesi. Non mancano, tuttavia, pareri negativi su questo grande processo di
cambiamento. La critica più ricorrente che viene fatta a questi progressi tecnologici è la perdita dei contenuti essenziali delle informazioni, che vengono sacrificati a beneficio delle immagini che diventano più importanti delle parole; questo
si accompagna alla mancanza di contatti personali che solo l’incontro fisico può
dare, come pure alla perdita degli elementi emotivi legati al linguaggio analogico (ad esempio gesti, suoni, modi di respirare …). Lo studioso Sartori, a questo
proposito, ha criticato specialmente la televisione perché ha modificato le modalità di trasmissione del pensiero, rendendo le immagini più importanti delle parole e riducendo la persona ad uno spettatore passivo, una sorta di <<animale vedente>>, diverso dall’... homo sapiens. In più, da diverse parti, si segnalano il
calo delle letture che si è registrato negli ultimi anni, dovuto principalmente ad
Internet e in parte agli e Book; la riduzione delle capacità e delle competenze
culturali; la diminuzione dell’interesse culturale soprattutto nelle giovani generazioni. Infine, come aspetto negativo, si è sottolineata la manipolazione delle in12
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formazioni, soprattutto nella televisione e in Internet, alla quale non è possibile
porre un freno, visto che non è semplice, con i normali mezzi che si hanno a disposizione, verificare l’autenticità e la veridicità delle informazioni.
Confutazione dell’antitesi. Queste preoccupazioni, se pur legittime, non ci sembrano del tutto fondate e soprattutto tradiscono una certa miopia culturale. È
l’atteggiamento che si registra, in ogni epoca, quando ci sono grandi mutamenti
tecnologici e scientifici, i quali vengono prima giudicati con diffidenza, salvo
poi essere assunti e fatti propri da tutti. Intanto non è assolutamente vero che con
la trasmissione elettronica si perdono i contenuti; cambia solo il modo di trasmetterli e di acquisirli; anche la prevalenza dell’immagine sul testo scritto non è
automatica e non si lega necessariamente ad una modalità di trasmissione elettronica e telematica dei dati. Anche la diminuzione dell’interesse verso la cultura
non è certamente dovuta ai mezzi elettronici e ad Internet, ma ha radici più profonde e si inquadra nella generale caduta di valori e di modelli morali e intellettuali che sta attraversando la nostra società in crisi. Riguardo, infine, alla manipolazione delle informazioni, questo è un problema reale e grave, ma non è legato né alla televisione in sé, né ad Internet e alla diffusione elettronica dei dati e
delle informazioni. I veri motivi, infatti, sono altri, tra i quali, primo, la concentrazione dei mezzi di informazione nelle mani di pochi soggetti che esercitano,
di fatto, una sorta di monopolio e controllano gran parte dell’informazione. È un
problema che oggi riguarda la televisione e i giornali (ma non ancora Internet),
ma che un tempo veniva ugualmente esercitato anche senza questi mezzi di comunicazione attraverso la censura ed il controllo repressivo sui mezzi di comunicazione che esercitavano le dittature classiche (fascismo, nazismo, stalinismo).
Sotto questo profilo, il rimedio è, oltre che la concorrenza, l’azione delle democrazie che devono introdurre leggi e norme severe a garanzia del pluralismo culturale, informativo e intellettuale, cosa che in certi paesi autenticamente democratici è stata fatta.
Conclusioni. Di fronte ai nuovi mezzi di trasmissione il nostro parere è che non
si debba assumere alcun atteggiamento precostituito e prevenuto. Essi sono, come dice il nome, “mezzi” e come tali non sono, in sé, né negativi, né positivi; ciò
che li rende tali è l’uso che ne fa l’uomo. Per questo il nostro auspicio è che si
abbandonino le resistenze e si colgano le opportunità che la tecnologia è in grado
di offrirci, studiandole e acquisendole nel nostro patrimonio informativo. A noi
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sta di adoperarle nel miglior modo possibile e agire perché possano essere strumenti di diffusione della cultura, del sapere e della libertà
Adesso posso scegliere il titolo per il saggio, coerente con quanto ho dimostrato.
Un esempio di titolo potrebbe essere: <<I nuovi strumenti della comunicazione:
un’opportunità da non perdere>>
4. revisione e sistemazione grafica
Non resta, ora, che rivedere il testo, correggerlo, e sistemarlo nell’ordine.
Alla fine, il saggio breve si presenterà così:
SEMPRE NUOVI STRUMENTI NELLA COMUNICAZIONE:
UN’OPPORTUNITÀ DA NON PERDERE
Sin dai tempi della preistoria l’uomo ha cercato di comunicare con i suoi simili,
adoperando vari sistemi che la tecnica di allora poteva permettergli. Si è iniziato con i graffiti e con le incisioni rupestri, per poi passare ad altre forme di comunicazione più complesse, man mano che lo sviluppo procedeva. Una prima
rivoluzione è stata la scrittura, che ha avuto il merito di registrare la storia
dell’uomo e di trasmetterla a distanza anche di anni e secoli. Le prime forme di
scrittura erano assai complesse e difficili da imparare, come i geroglifici egizi e
i caratteri cuneiformi dei Babilonesi. In seguito si è avuto un processo di semplificazione fino ad arrivare all’alfabeto usato, per la prima volta, dai Fenici e in
seguito importato dalle altre culture. La seconda rivoluzione si è avuta, invece,
con l’invenzione della stampa a caratteri mobili (Gutenberg, metà del XV secolo), che ha permesso di riprodurre con più facilità le copie delle opere scritte,
superando i limiti dei vecchi manoscritti. Grazie a questo si è avuta la progressiva diffusione dei libri, che hanno raggiunto un pubblico sempre più vasto.
Nell’Ottocento e nel Novecento siamo entrati, poi, nella terza rivoluzione, quella
tecnologica, con le invenzioni di telegrafo, telefono, televisione, che hanno portato ad una più rapida trasmissione dei contenuti delle opere e delle informazio14
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ni in genere. Questa rivoluzione è stata completata con la diffusione di internet e
con le possibilità offerte dalla trasmissione elettronica dei dati. Così, oggi, ci
troviamo di fronte a documenti multimediali, a libri in formato elettronico (e –
book), a filmati concentrati in file che possono essere scaricati ed usati al posto
dei libri tradizionali. Tutto questo, nel secolo XXI, ci fa porre una domanda:
tutte queste innovazioni hanno veramente migliorato le relazioni fra gli uomini o
hanno portato ad un lento degrado comunicativo?
Pur con i limiti che ogni innovazione porta necessariamente con sé, il nostro
giudizio su queste tecnologie è nel complesso positivo. Infatti ci troviamo di
fronte ad un indiscutibile miglioramento delle comunicazioni che offre
l’opportunità di imparare e di conoscere ad un numero sempre più elevato di
persone e a costi sempre più contenuti.
L’accessibilità alle informazioni di qualsiasi tipo sta diventando globale, come,
ai tempi di Gutenberg, si avviava a diventare globale, almeno potenzialmente, la
diffusione del testo scritto. Vi è una maggiore comodità nel reperimento delle
informazioni e nel loro scambio, e si assiste ad una accelerazione globale della
cultura, con la scomparsa, forse, del libro, ma con la nascita di biblioteche elettroniche e di enciclopedie universali in evoluzione, come Wikipedia. Inoltre la
dimensione globale dell’informazione cancella le differenze fra i popoli e rende
le persone cittadini di un unico mondo, eliminando barriere e chiusure storiche.
Queste grandi novità sono state colte dagli studiosi più intelligenti e culturalmente aperti, i quali ne hanno lodato i pregi. Il pedagogista Maragliano, per
esempio, afferma che l’uomo in questo secolo, grazie alle nuove tecnologie, è
riuscito a realizzare un suo vecchio sogno: catturare, riprodurre, trasmettere a
distanza i suoni delle voci e delle cose. Da questo punto di vista, se Gutenberg,
con il libro stampato, aveva un po’ messo a tacere la trasmissione orale, la nuova galassia multimediale gli ha ridato voce. Simonelli, analogamente, si sofferma sulla grande rivoluzione che, tra breve, produrranno gli e – book, capaci di
sconvolgere l’intero sistema delle informazioni, della loro diffusione, reperibilità e conservazione.
Non mancano, tuttavia, pareri negativi su questo grande processo di cambiamento. La critica più ricorrente che viene fatta a questi progressi tecnologici è
la perdita dei contenuti essenziali delle informazioni, che vengono sacrificati a
beneficio delle immagini,le quali diventano più importanti delle parole; questo
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si accompagna alla mancanza di contatti personali che solo l’incontro fisico
può dare, come pure alla perdita degli elementi emotivi legati al linguaggio analogico (ad esempio gesti, suoni, modi di respirare …). Lo studioso Sartori, a
questo proposito, ha criticato specialmente la televisione perché ha modificato
le modalità di trasmissione del pensiero, rendendo le immagini più importanti
delle parole e riducendo la persona ad uno spettatore passivo, una sorta di
<<animale vedente>>, diverso dall’... homo sapiens. In più, da diverse parti, si
segnalano il calo delle letture, che si è registrato negli ultimi anni, dovuto principalmente ad Internet e in parte agli e Book; la riduzione delle capacità e delle
competenze intellettuali; la diminuzione dell’interesse culturale, soprattutto nelle giovani generazioni. Infine, come aspetto negativo, si è sottolineata la manipolazione delle informazioni, soprattutto nella televisione e in Internet, alla quale non è possibile porre un freno, visto che non è semplice, con i normali mezzi
che si hanno a disposizione, verificare l’autenticità e la veridicità delle informazioni. Queste preoccupazioni, se pur legittime, non ci sembrano del tutto fondate
e soprattutto tradiscono una certa miopia culturale. È l’atteggiamento che si
registra, in ogni epoca, quando ci sono grandi mutamenti tecnologici e scientifici, i quali vengono prima giudicati con diffidenza, salvo poi essere assunti e fatti
propri da tutti. Intanto non è assolutamente vero che con la trasmissione elettronica si perdono i contenuti; cambia solo il modo di trasmetterli e di acquisirli;
anche la prevalenza dell’immagine sul testo scritto non è automatica e non si
lega necessariamente ad una modalità di trasmissione elettronica e telematica
dei dati. Inoltre la diminuzione dell’interesse verso la cultura non è certamente
dovuta ai mezzi elettronici e ad Internet, ma ha radici più profonde e si inquadra nella generale caduta di valori e di modelli morali e intellettuali che sta attraversando la nostra società in crisi. Riguardo, infine, alla manipolazione delle
informazioni, questo è un problema reale e grave, ma non è legato né alla televisione in sé, né ad Internet e alla diffusione elettronica dei dati e delle informazioni. I veri motivi, infatti, sono altri, tra i quali, primo, la concentrazione dei
mezzi di informazione nelle mani di pochi soggetti che esercitano, di fatto, una
sorta di monopolio e controllano gran parte dell’informazione. È un problema
che oggi riguarda la televisione e i giornali (ma non ancora Internet), ma che
un tempo veniva ugualmente esercitato anche senza questi mezzi di comunicazione attraverso la censura ed il controllo repressivo sui mezzi di comunicazione
che esercitavano le dittature classiche (fascismo, nazismo, stalinismo). Sotto
questo profilo, il rimedio è, oltre che la concorrenza, l’azione delle democrazie
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che devono introdurre leggi e norme severe a garanzia del pluralismo culturale,
informativo e intellettuale, cosa che in certi paesi autenticamente democratici è
stata fatta. Di fronte ai nuovi mezzi di trasmissione il nostro parere è che non si
debba assumere alcun atteggiamento precostituito e prevenuto. Essi sono, come
dice il nome, “mezzi” e come tali non sono, in sé, né negativi, né positivi; ciò
che li rende tali è l’uso che ne fa l’uomo. Per questo il nostro auspicio è che si
abbandonino le resistenze e si colgano le opportunità che la tecnologia è in grado di offrirci, studiandole e acquisendole nel nostro patrimonio informativo. A
noi sta di adoperarle nel miglior modo possibile e agire perché possano essere
strumenti di diffusione della cultura, del sapere e della libertà
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L’ ARTICOLO DI GIORNALE
L’articolo di giornale, nella prova scritta di Italiano all’esame di Stato, ha lo
stesso argomento e la stessa documentazione del saggio breve, ma è una tipologia di testo da questo affatto distinta. Anche l’esame dei documenti e il loro utilizzo viene fatto secondo modalità differenti da quelle viste per il saggio breve.
Nel compito d’esame si trova scritto, di norma, questo:
Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti e nei
dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il
tuo ‘pezzo’.
Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne
ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico,
altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali
(mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
L’elaborazione di un articolo di giornale può procedere secondo quattro fasi:
analisi e comprensione del titolo assegnato
occorre, in questa fase, leggere attentamente il titolo, prendere in esame le richieste, decidere il destinatario. Si procede, pertanto, in modo analogo a quanto
visto per il saggio breve, stando ben attenti a scegliere il destinatario, che condiziona anche il tipo di articolo (cronaca locale, cronaca nera, cronaca politica …)
ricerca ed organizzazione delle idee
in questa seconda fase occorre leggere attentamente ed analizzare il materiale a
nostra disposizione, dopo di che bisogna scegliere la notizia che vogliamo trattare e selezionare il materiale attinente a questa notizia. A differenza del saggio
breve, che di norma prevede l’utilizzo di più documenti ed il loro confronto,
l’articolo può partire anche da un solo documento o da una parte di esso. Teniamo presente che, secondo le indicazioni che compaiono nelle consegne, è possibile riferirsi a circostanze reali, ma anche immaginarie; pertanto è lecito inventarsi una situazione, un fatto, una conferenza, manifestazione, purché siano verosimili, cioè possibili nella realtà concreta
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stesura del testo
a questo punto possiamo iniziare a scrivere il testo dell’articolo, secondo questa
successione:
- attacco (o lead): in esso vanno condensati cinque elementi fondamentali che, di solito, si indicano con cinque domande, le cosiddette cinque W: who? (il protagonista del fatto), what?
(informazioni sugli eventi), where? (l’ambiente che fa da sfondo
agli avvenimenti descritti), when? (il tempo dell’avvenimento),
why? (le cause, vere o ipotizzate)
- blocco: occorre riprendere i cinque punti fondamentali ed ampliarli, con l’inserimento di dettagli, fatti, opinioni, notizie di
completamento
- conclusione: in genere contiene un commento al fatto e lascia, a
volte, qualche interrogativo, suggerendo possibili sviluppi ed
interpretazioni al lettore
si può, a questo punto, trovare, per il nostro articolo, un titolo che andrà collocato prima dell’attacco e che consta, di norma, di tre parti:
- titolo vero e proprio: una frase ad effetto che ha lo scopo di attirare l’attenzione
- occhiello (sopra il titolo con caratteri più piccoli): è un riassunto
sintetico del contenuto dell’articolo
- sottotitolo (sotto il titolo con caratteri più piccoli): completa il
titolo, riportando informazioni aggiuntive e, a volte, qualche
citazione
revisione e sistemazione grafica
in questa fase si controlla e si rivede tutto il testo, che va disposto in ordine logico; occorre anche ricontrollare sintassi ed ortografia
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ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN ARTICOLO
DI GIORNALE
ESAME DI STATO - Sessione ordinaria 2000 – Prima prova scritta
Tipologia B
Ambito tecnico – scientifico
Argomento: “Da Gutenberg al libro elettronico: modi e strumenti della comunicazione”
DOCUMENTI
1. “L’homo sapiens che moltiplica il proprio sapere è il cosiddetto uomo di Gutenberg. E’ vero che la Bibbia stampata da Gutenberg tra il 1452 e il 1455 ebbe
una tiratura (per noi, oggi, risibile) di 200 copie. Ma quelle 200 copie erano ristampabili. Il salto tecnologico era avvenuto. E dunque è con Gutenberg che la
trasmissione scritta della cultura diventa potenzialmente accessibile a tutti.
Il progresso della riproduzione a stampa fu lento ma costante e culmina
nell’avvento - a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento – del giornale che si stampa ogni giorno, del “quotidiano”. Nel contempo, dalla metà dell’Ottocento in poi
comincia un nuovo e diverso ciclo di avanzamenti tecnologici. Primo,
l’invenzione del telegrafo, poi quella del telefono (di Alexander Graham Bell).
Con queste due invenzioni spariva la distanza e cominciava l’era delle comunicazioni immediate. La radio, anch’essa un eliminatore di distanze, aggiunge un
nuovo elemento. Una voce facile da diffondere in tutte le case. La radio è il primo formidabile diffusore di comunicazione; ma un diffusore che non intacca la
natura simbolica dell’uomo. […] La rottura avviene, alla metà del nostro secolo,
con la televisione.
La televisione – lo dice il nome – è vedere da lontano (tele), cioè portare al cospetto di un pubblico di spettatori cose da vedere da dovunque, da qualsiasi luogo e distanza. E nella televisione il vedere prevale sul parlare, nel senso che la
voce in campo o di un parlante è secondaria, sta in funzione dell’immagine,
commenta l’immagine. Ne consegue che il telespettatore è più un animale vedente che un animale simbolico. Per lui le cose raffigurate in immagini contano
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e pesano più delle cose dette in parole. E questo è un radicale rovesciamento di
direzione, perché mentre la capacità simbolica distanzia l’homo sapiens
dall’animale, il vedere lo ravvicina alle sue capacità ancestrali, al genere di cui
l’homo sapiens è specie.
[…] I veri studiosi continueranno a leggere libri, avvalendosi di Internet per i
riempitivi, per le bibliografie e le informazioni che prima trovavano nei dizionari, ma dubito che se ne innamoreranno”.
G. SARTORI, Homo sapiens, Laterza, Bari 1997
2. “Attraverso il disegno e la stampa, già nei secoli scorsi, l’uomo aveva catturato e imparato a governare l’immagine. Solo in questo secolo (Novecento) è stato
capace di realizzare una delle sue più antiche ambizioni: quella di catturare, riprodurre, trasmettere a distanza i suoni delle voci e delle cose.
La galassia Gutemberg ha fatto piombare il mondo nel silenzio. La galassia
multimediale gli ha ridato voce, ne ha moltiplicato le immagini acustiche”.
R. MARAGLIANO, Nuovo manuale di didattica multimediale, Laterza Bari,
1998
3. “La rivoluzione dell’editoria comincia a primavera. E nell’arco di pochi anni
si verificheranno tali trasformazioni nella produzione di libri e nella loro distribuzione (ma anche in quella dei giornali) che alla fine apparirà tutto mutato. Addio carta, addio biblioteche con chilometri di scaffali dal pavimento al soffitto.
La rivoluzione si chiama e Book……Gli e Book, conclude Fabio Falzea
[responsabile delle relazioni strategiche della Microsoft Italia], saranno il più
grosso fattore di accelerazione della cultura dopo Gutenberg”.
L. SIMONELLI, “Tuttoscienze”, 23 febbraio 2000
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Procediamo secondo le quattro fasi:
1. analisi e comprensione del titolo assegnato
l’argomento è lo sviluppo delle comunicazioni dalla stampa a caratteri mobili
fino agli attuali libri in formato elettronico. Scelgo di scrivere un articolo di cronaca economico – finanziaria sul libro elettronico, commentando le opportunità
di questa invenzione. Scelgo il destinatario: un quotidiano.
2. ricerca ed organizzazione delle idee
inizio a leggere il materiale e a farmi un’idea. L’articolo di Sartori parla della
perdita dei contenuti essenziali della comunicazione nell’era digitale e tecnologica, visto che l’immagine visiva finisce per prevalere sui contenuti, e dà, pertanto,
un giudizio implicitamente negativo sulla stessa. L’articolo di Maragliano, invece, esprime un giudizio sostanzialmente positivo, poiché si sono accresciute le
possibilità di comunicazione soprattutto con la diffusione a distanza della voce e
dei suoni (file multimediali). Infine, l’articolo di Simonelli si sofferma
sull’accelerazione del mondo globale e sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, facendo riferimento alle strategie della Microsoft Italia. Scelgo
quest’ultimo documento per il mio pezzo, decidendo di parlare della campagna
della Microsoft per la divulgazione dei libri elettronici. In seguito potrò, se necessario, fare riferimento agli altri documenti.
3. stesura del testo
a questo punto posso iniziare a scrivere il testo in brutta, secondo lo schema
dell’articolo:
Attacco (lead): in un recente intervento (When) ad una riunione programmatica
(Where), Fabio Falzea (Who), il responsabile delle relazioni strategiche della
Microsoft Italia, ha dichiarato che presto ci sarà un’autentica rivoluzione
nell’editoria e nella divulgazione di libri e giornali (What). Questo grazie alla
introduzione, all’uso ed alla diffusione di testi di vario tipo in formato elettronico (Why) che prenderanno gradualmente il posto di biblioteche e librerie.
Blocco: Il fatto potrebbe rappresentare veramente una grande rivoluzione non
solo nella produzione di libri, riviste, giornali, ma anche nella loro distribuzione.
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Si tratta semplicemente di passare dalla carta stampata al formato elettronico, in
modo da rendere possibile la lettura dei testi con un elaboratore (P.C.) e la loro
ricerca tramite la navigazione in Internet. Sono i cosiddetti e – book
(abbreviazione di electronic book = libro elettronico), testi in formato Word o
PDF che possono leggersi sul monitor del P.C. con un semplice programma di
videoscrittura. Gli e – book (ed anche i giornali), in verità, esistono già, visto che
vi sono in commercio CD che contengono opere di autori o libri, ed anche in rete
si trovano siti nei quali si possono scaricare libri di letteratura (vedi liberliber.it)
o articoli di giornale (i siti dei quotidiani on line). La novità consiste nel fatto
che, ben presto, almeno nelle intenzioni della Microsoft, questa pratica potrebbe
essere notevolmente ampliata e trovare un’applicazione su larga scala. I cambiamenti in effetti potrebbero veramente rivoluzionare il mondo dell’editoria, facendo progressivamente scomparire librerie, biblioteche, scaffali, carta stampata,
zaini, borse … infatti l’applicazione avrebbe riflessi non solo nell’ambito strettamente editoriale, ma anche in quello – ad esso connesso – della scuola che potrebbe fare a meno dei libri di testo e dotarsi di un sistema di ricerca e fruizione
in rete del materiale.
Come tutte le novità anche questa sta incontrando opposti pareri. C’è chi, come
Maragliano, ha salutato positivamente l’intervento di Felzea ed ha visto favorevolmente queste innovazioni, soprattutto per quanto riguarda la didattica e le
strategie di comunicazione nelle istituzioni scolastiche. Infatti, alla comunicazione scritta e orale, si affiancherebbe quella multimediale, con il recupero di suoni,
immagini, filmati, sovente trascurati nella prassi scolastica. Inoltre la modalità di
consultazione del materiale non sarebbe più quella della semplice successione
logico – temporale (da pag. 1 a pag. …) ma avrebbe un aspetto interattivo, attraverso la forma dell’ipertesto, nel quale si accede a determinati elementi del prodotto testuale semplicemente puntando sulle frasi e parole evidenziate (i cosiddetti link). Altri studiosi, come Sartori, sono, invece, più scettici, perché lamentano la perdita dei contenuti fondamentali della comunicazione. Secondo loro,
infatti, nell’era digitale e tecnologica, l’immagine visiva finirebbe per prendere il
sopravvento sui contenuti, facendo trascurare la lettura e scoraggiando
l’applicazione e lo studio riflessivo. Non mancano poi – ed è anche logico – le
preoccupazioni delle case editrici e di tutto il mondo che ruota attorno alla distribuzione di materiale di divulgazione e di comunicazione, dai libri, ai giornali, ai
testi scolastici. In effetti potrebbe verificarsi un autentico terremoto che provocherebbe la crisi di un settore produttivo con inevitabili ricadute sociali ed occu23
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pazionali. Senza contare che anche la fruizione dei testi in rete non è sempre facile ed agevole: le scuole dovrebbero avere più computer, ogni studente dovrebbe, in teoria, essere messo nelle condizioni di accedere ad Internet e di scaricare
testi. Ma questo non basta: per permettere la lettura domestica bisognerebbe garantire ad ogni studente un P.C. con accesso ad Internet. Da ultimo ricordiamo
che il formato PDF, su cui è attualmente disponibile la maggioranza dei libri, si
presenta, talvolta, di uso non agevole.
Ciò detto ci sembra, comunque, che le resistenze a questa innovazione, se pur
legittime, non siano condivisibili. Ci troviamo di fronte ad un indiscutibile miglioramento delle comunicazioni che offre l’opportunità di imparare e di conoscere ad un numero sempre più elevato di persone e a costi sempre più contenuti.
L’accessibilità alle informazioni di qualsiasi tipo sta diventando globale, come,
ai tempi di Gutenberg, si avviava a diventare globale, almeno potenzialmente, la
diffusione del testo scritto. Vi sarà, in futuro, una maggiore comodità nel reperimento delle informazioni e nel loro scambio, e si assisterà ad una accelerazione
globale della cultura, con la scomparsa, forse, del libro, ma con la nascita di biblioteche elettroniche e di enciclopedie universali in evoluzione, come Wikipedia, già presente in rete.
Conclusione: Quali saranno gli sviluppi futuri? Nel suo intervento Felzea ha parlato di cambiamenti epocali ed ha auspicato un sostanziale miglioramento della
produzione e della comunicazione dei testi, nell’ottica di una maggiore accessibilità. Questo è anche il nostro auspicio, ma per ora siamo ancora nel campo della speranza e solo i fatti ci diranno se la realtà sarà altrettanto promettente.
Possiamo, ora, elaborare il titolo nelle sue tre componenti:
titolo vero e proprio: e – book: una rivoluzione nell’editoria?
sottotitolo: clamorose dichiarazioni del responsabile relazioni strategiche di
Microsoft Italia
occhiello: presto forse libri e giornali in formato elettronico a larga diffusione
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4. revisione e sistemazione grafica
Non resta, adesso, che rivedere il testo, correggerlo, e sistemarlo nell’ordine.
Alla fine, il nostro articolo si presenterà così:
PRESTO LIBRI E GIORNALI IN FORMATO ELETTRONICO A LARGA DIFFUSIONE
E – BOOK: UNA RIVOLUZIONE NELL’EDITORIA?
CLAMOROSE DICHIARAZIONI DEL RESPONSABILE RELAZIONI
STRATEGICHE DI MICROSOFT ITALIA
In un recente intervento ad una riunione programmatica, Fabio Falzea, il responsabile delle relazioni strategiche della Microsoft Italia, ha dichiarato che
presto ci sarà un’autentica rivoluzione nell’editoria e nella divulgazione di libri
e giornali. Questo grazie alla introduzione, all’uso ed alla diffusione di testi di
vario tipo in formato elettronico che prenderanno gradualmente il posto di biblioteche e librerie.
Il fatto potrebbe rappresentare veramente una grande rivoluzione non solo nella
produzione di libri, riviste, giornali, ma anche nella loro distribuzione. Si tratta
semplicemente di passare dalla carta stampata al formato elettronico, in modo
da rendere possibile la lettura dei testi con un elaboratore (P.C.) e la loro ricerca tramite la navigazione in Internet. Sono i cosiddetti e – book (abbreviazione
di electronic book = libro elettronico), testi in formato Word o PDF che possono
leggersi sul monitor del P.C. con un semplice programma di videoscrittura. Gli
e – book (ed anche i giornali), in verità, esistono già, visto che vi sono in commercio CD che contengono opere di autori o libri, ed anche in rete si trovano
siti nei quali si possono scaricare libri di letteratura (vedi liberliber.it) o articoli
di giornale (i siti dei quotidiani on line). La novità consiste nel fatto che, ben
presto, almeno nelle intenzioni della Microsoft, questa pratica potrebbe essere
notevolmente ampliata e trovare un’applicazione su larga scala. I cambiamenti
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in effetti potrebbero veramente rivoluzionare il mondo dell’editoria, facendo
progressivamente scomparire librerie, biblioteche, scaffali, carta stampata, zaini, borse … infatti l’applicazione avrebbe riflessi non solo nell’ambito strettamente editoriale, ma anche in quello – ad esso connesso – della scuola che potrebbe fare a meno dei libri di testo e dotarsi di un sistema di ricerca e fruizione
in rete del materiale.
Come tutte le novità anche questa sta incontrando opposti pareri. C’è chi, come
Maragliano, ha salutato positivamente l’intervento di Felzea ed ha visto favorevolmente queste innovazioni, soprattutto per quanto riguarda la didattica e le
strategie di comunicazione nelle istituzioni scolastiche. Infatti, alla comunicazione scritta e orale, si affiancherebbe quella multimediale, con il recupero di
suoni, immagini, filmati, sovente trascurati nella prassi scolastica. Inoltre la
modalità di consultazione del materiale non sarebbe più quella della semplice
successione logico – temporale (da pag. 1 a pag. …) ma avrebbe un aspetto interattivo, attraverso la forma dell’ipertesto, nel quale si accede a determinati
elementi del prodotto testuale semplicemente puntando sulle frasi e parole evidenziate (i cosiddetti link). Altri studiosi, come Sartori, sono, invece, più scettici,
perché lamentano la perdita dei contenuti fondamentali della comunicazione.
Secondo loro, infatti, nell’era digitale e tecnologica, l’immagine visiva finirebbe
per prendere il sopravvento sui contenuti, facendo trascurare la lettura e scoraggiando l’applicazione e lo studio riflessivo. Non mancano poi – ed è anche
logico – le preoccupazioni delle case editrici e di tutto il mondo che ruota attorno alla distribuzione di materiale di divulgazione e di comunicazione, dai libri,
ai giornali, ai testi scolastici. In effetti potrebbe verificarsi un autentico terremoto che provocherebbe la crisi di un settore produttivo con inevitabili ricadute
sociali ed occupazionali. Senza contare che anche la fruizione dei testi in rete
non è sempre facile ed agevole: le scuole dovrebbero avere più computer, ogni
studente dovrebbe, in teoria, essere messo nelle condizioni di accedere ad
Internet e di scaricare testi. Ma questo non basta: per permettere la lettura domestica bisognerebbe garantire ad ogni studente un P.C. con accesso ad
Internet. Da ultimo ricordiamo che il formato PDF, su cui è attualmente disponibile la maggioranza dei libri, si presenta, talvolta, di uso non agevole.
Ciò detto ci sembra, comunque, che le resistenze a questa innovazione, se pur
legittime, non siano condivisibili. Ci troviamo di fronte ad un indiscutibile miglioramento delle comunicazioni che offre l’opportunità di imparare e di cono26
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scere ad un numero sempre più elevato di persone e a costi sempre più contenuti.
L’accessibilità alle informazioni di qualsiasi tipo sta diventando globale, come,
ai tempi di Gutenberg, si avviava a diventare globale, almeno potenzialmente, la
diffusione del testo scritto. Vi sarà, in futuro, una maggiore comodità nel reperimento delle informazioni e nel loro scambio, e si assisterà ad una accelerazione
globale della cultura, con la scomparsa, forse, del libro, ma con la nascita di
biblioteche elettroniche e di enciclopedie universali in evoluzione, come Wikipedia, già presente in rete.
Quali saranno gli sviluppi futuri? Nel suo intervento Felzea ha parlato di cambiamenti epocali ed ha auspicato un sostanziale miglioramento della produzione
e della comunicazione dei testi, nell’ottica di una maggiore accessibilità. Questo
è anche il nostro auspicio, ma per ora siamo ancora nel campo della speranza e
solo i fatti ci diranno se la realtà sarà altrettanto promettente.
D.G. destinato ad un quotidiano
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IL TEMA DI ARGOMENTO GENERALE
Nel compito d’esame si trova scritto, di norma, questo:
TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALE
[ … TITOLO …]
Si tratta quindi di un tema in senso tradizionale, senza la presenza di materiale
allegato e con la sola indicazione del titolo
Un metodo efficace per svolgere il tema potrebbe essere il seguente:
1. Analisi e comprensione del titolo assegnato
Occorre leggere bene il titolo e comprendere che cosa chiede. In particolare è
necessario domandarci:
° di che cosa tratta?
° quali informazioni offre?
° che cosa richiede?
La prima domanda ci invita a trovare l’argomento centrale del tema, dal quale
non dobbiamo discostarci. Le informazioni che possiamo ottenere sono scritte
nella seconda domanda; dal titolo dobbiamo ricavare quello che ci può servire.
Le richieste, contenute nella terza domanda, contengono di norma alcune richieste che ci vincolano nella trattazione.
2. Ricerca e organizzazione delle idee
Per fare questo si può procedere nel modo seguente:
° scrivere nel foglio tutte le idee che ci vengono in mente in relazione al titolo
° collegare tra loro le idee, eliminando quelle che non ci sembrano utili
° mettere in ordine le idee, mettendo accanto ad esse dei numeri
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3. Stesura del testo
Partendo dallo schema, cominciamo a scrivere, trattando i vari punti nell’ordine
stabilito prima. Alla fine della trattazione si può scrivere un paragrafo introduttivo ed uno conclusivo, stando attenti a non cadere nel banale.
4. Revisione del testo
A questo punto bisogna rivedere l’elaborato, correggerlo, migliorarlo, sistemarlo
anche dal punto di vista linguistico – espressivo.
Raccomandazioni:
-
usare il tempo più appropriato e i tempi ad esso collegati, evitando repentini ed ingiustificati cambiamenti di tempo (es. dal presente al passato o viceversa)
-
parlare in terza persona singolare o in prima persona singolare se è un
tema di riflessione personale
•
evitare affermazioni banali e non dimostrate – occorre argomentare
sempre le proprie opinioni in maniera logica e coerente
•
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN TEMA DI ARGOMENTO GENERALE
ESAME DI STATO - Sessione ordinaria 2004 – Prima prova scritta
Tipologia D
Il principio della legalità, valore universalmente condiviso, è spesso oggetto di
violazioni che generano disagio sociale e inquietudine soprattutto nei giovani.
Sviluppa l'argomento, discutendo sulle forme in cui i vari organismi sociali possono promuovere la cultura della legalità, per formare cittadini consapevoli e
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aiutare i giovani a scegliere un percorso di vita ispirato ai valori della solidarietà
e della giustizia.
Procedo secondo le quattro fasi sopra spiegate:
1.Analisi e comprensione del titolo assegnato
Leggo attentamente il titolo per comprendere che cosa chiede.
° di che cosa tratta? <<Il principio della legalità, valore universalmente condiviso, è spesso oggetto di violazioni ...>> = l’argomento è la questione della legalità
e le sue numerose violazioni
° quali informazioni offre? mi dà le seguenti informazioni: <<violazioni [della
legalità] che generano disagio sociale e inquietudine soprattutto nei giovani>>
° che cosa richiede? mi chiede di sviluppare <<l'argomento, discutendo sulle
forme in cui i vari organismi sociali possono promuovere la cultura della legalità, per formare cittadini consapevoli e aiutare i giovani a scegliere un percorso
di vita ispirato ai valori della solidarietà e della giustizia>>
2.Ricerca e organizzazione delle idee
Per fare questo procedo nel modo seguente:
° scrivo sul foglio tutte le idee che ci vengono in mente in relazione al titolo
Violazione legge
Stato di diritto
Legge Costituzione
sfiducia corruzione politica
criminalità
insegnamento campagne
associazionismo volontariato
mezzi comunicazione
impegno istituzionale
Estremismo disagio
Delinquenza
Pena non certa
Disaffezione alla politica
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° adesso collego tra loro le idee in modo logico, eliminando quelle che non mi
sembrano utili e metto in ordine le idee, ponendo accanto ad esse dei numeri
2) Violazione legge
1)
Stato di diritto
Legge Costituzione
Pena non certa sfiducia
Criminalità corruzione
4) Impegno istituzionale
mezzi comunicazione
volontariato
scuola campagne
3) Sfiducia
Estremismo disagio
Delinquenza
Disaffezione alla politica
associazionismo
3.Stesura del testo
Partendo dallo schema, comincio a scrivere, trattando i vari punti nell’ordine
stabilito prima.
Punto 1
Alle basi di uno stato di diritto deve esserci il rispetto assoluto della Legge e delle norme che regolano la convivenza civile ed i rapporti tra i consociati.
Questo principio, di ordine naturale, si trova scritto nella Costituzione che, nella
prima parte, dedica alcuni articoli alla enunciazione dei cardini che sorreggono
lo Stato di diritto. Ad esempio, l’art. 3 parla di eguaglianza e pari dignità di tutti
i cittadini di fronte alla Legge, mentre l’art. 10 afferma che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale riconosciute universalmente. Anche negli articoli successivi vengono esposti principi e norme
simili, che riguardano i diritti dei singoli cittadini, le garanzie per chi è sottoposto a giudizio, le caratteristiche della pena (artt. 24-27).
Punto 2
Purtroppo, però, nonostante i principi della Costituzione e le leggi che derivano
da questa fonte primaria, molte sono le violazioni della legalità e delle norme di
comportamento a cui assistiamo quotidianamente.
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Gli episodi di criminalità, comune o organizzata, sono moltissimi e infondono
nel cittadino onesto un profondo senso di sfiducia e di insicurezza che induce a
temere per i diritti fondamentali e arriva a restringere la libertà personale di chi
si sente costantemente minacciato.
Alla delinquenza “classica” (furti, rapine, omicidi, reati di associazione a delinquere) si aggiunge, spesso, anche una dilagante corruzione che investe settori del
mondo economico, dell’amministrazione pubblica e della stessa classe politica.
Anche questa violazione della legalità, se pure meno pericolosa della predente,
non è da considerarsi meno grave, in quanto provoca un clima di diffidenza e di
disaffezione del cittadino nei confronti della società e delle sue strutture, pubbliche o private, che vengono ritenute corrotte, inefficienti, lontane dai reali interessi generali e volte solo all’arricchimento illecito di pochi privilegiati.
In più c’è da aggiungere che anche la pena per questi episodi di malcostume non
appare esemplare né tantomeno certa. Sono sotto gli occhi di tutti i processi,
spesso lunghi e tormentati, che si concludono con sentenze a volte discutibili,
con annullamenti di giudizi dei gradi precedenti per puri cavilli di forma, a volte
con la stessa prescrizione del reato. Il cittadino comune è portato spesso a credere che la giustizia funzioni solo per i deboli, mentre per i potenti ci sia sempre la
possibilità di eludere la condanna e di non pagare mai per gli errori commessi,
anche se riguardano illeciti arricchimenti di milioni di euro!
Punto 3
Tutto ciò ha come effetto quello di infondere nell’opinione pubblica, e soprattutto tra le giovani generazioni, un senso di profonda sfiducia nella società, che
va a toccare inevitabilmente anche le principali istituzioni e il mondo politico e
amministrativo.
Le conseguenze sono molto preoccupanti, anche per ciò che producono in seno
alla società ed al mondo giovanile. Molte persone, soprattutto giovani, appaiono
deluse dalla società ed avvertono un senso di disagio e di rifiuto verso le istituzioni. Questi fenomeni, quando non si limitano al semplice rifiuto per la politica,
si traducono in atteggiamenti molto negativi. Tra questi l’estremismo e la militanza di molti ragazzi in formazioni antidemocratiche, razziste e violente che
pensano di risolvere i problemi con la prepotenza e la legge del più forte. Oppure
il disagio sfocia nella violenza “gratuita” senza un reale colore politico, come
quella degli stadi e la così detta <<logica del branco>> secondo la quale i soprusi e le sevizie verso un “diverso” (disabile, straniero ...) appaiono lecite se condotte non dal singolo, ma dal gruppo dei pari. Molte persone, poi, sono facile
preda per la delinquenza comune ed organizzata che sfrutta il loro disagio e la
loro delusione per farne dei criminali al servizio dei potenti capi delle cosche
organizzate (mafiose o camorriste). Il risultato di tutto è una profonda disaffezio32
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ne verso le istituzioni, verso la solidarietà ed un ripiegamento nella propria interiorità e nella propria dimensione privata.
Punto 4
Che fare per risolvere questa difficile e preoccupante situazione? è fuori di dubbio che, al di là delle pure dichiarazioni di intenti, occorre un serio ed efficace
intervento a livello istituzionale. Infatti sono le stesse istituzioni che, proprio per
la delegittimazione a cui stanno andando incontro, devono farsi carico del problema, recuperando la credibilità e l’autorevolezza necessaria per promuovere
un’autentica cultura della legalità nella gente e soprattutto tra i giovani.
Tra le istituzioni sociali che più possono (e debbono) intervenire per promuovere
e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla legalità e su un percorso centrato sulla
giustizia e sulla solidarietà ci sembrano fondamentali queste: la Scuola, i Media,
il Volontariato, l’Associazionismo, le Forze dell’ordine e gli Enti locali.
Per quanto riguarda la Scuola, essa ha il compito, oltre che di trasmettere il sapere, di educare i giovani e di formare i cittadini, secondo i principi di legalità e
giustizia. A questo proposito occorre potenziare l’Educazione civica, lo studio
della Costituzione e della normativa principale della legislazione civile e sociale
del Paese, anche nei suoi aspetti evolutivi. Questo va fatto non solo in maniera
curriculare, cioè nelle ore specifiche della disciplina, ma anche in modo trasversale, attraverso progetti e programmi educativi e formativi pluridisciplinari da
inserire nel P.O.F. e da realizzare con la collaborazione degli Enti locali e delle
principali organizzazioni del territorio.
All’azione della Scuola deve aggiungersi quella dei mezzi di comunicazione, che
possono rivestire un ruolo di primo piano nel veicolare programmi di approfondimento sulla legalità e soprattutto nel promuovere campagne di sensibilizzazione sulla solidarietà e sulla giustizia, anche con gli strumenti della pubblicità. E’
importante, infatti, che i mezzi di comunicazione agiscano con un ruolo determinante in questa battaglia per la promozione dei principi e dei valori della civile
convivenza e della libertà.
Non sono, poi, da trascurare le organizzazioni di volontariato (laico e confessionale), le quali, con la loro presenza e con la loro azione di aiuto e di sostegno
alle persone più deboli e bisognose, offrono una testimonianza della cultura solidale e del rispetto dei principi di eguaglianza e pari dignità, scritti nella nostra
Carta costituzionale. Proprio grazie a queste organizzazioni è possibile impostare una politica di concreto sostegno alle fasce più svantaggiate della società ed
offrire un esempio concreto soprattutto per tanti giovani che hanno desiderio di
impegnarsi per gli altri.
Le associazioni possono ugualmente promuovere questi valori, attraverso le attività dei loro iscritti e le concrete azioni di solidarietà e di impegno nella società
civile e nelle specifiche situazioni.
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Un’azione importante è quella delle Forze dell’ordine che hanno il compito della
tutela della sicurezza e della legalità tra i cittadini. Accanto alla concreta azione
di esercizio dei poteri di sicurezza, le Forze dell’ordine possono, altresì, contribuire a diffondere tra la gente, e soprattutto tra i giovani, un’efficace attività di
educazione al rispetto della legge, alla prevenzione del crimine, alla cultura della
collaborazione con la Giustizia, contribuendo a fugare quella mentalità della diffidenza che ancora si registra tra il cittadino e l’agente di Pubblica sicurezza.
Attività in tal senso sono state svolte dai Carabinieri con incontri con gli studenti
delle scuole secondarie superiori, all’interno di specifici progetti. Infine, da ultimo, ricordiamo il contributo che possono offrire gli Enti territoriali locali, con
specifiche azioni di capillare presenza nel territorio e campagne di promozione
del rispetto dei valori e dei diritti: ambiente, salute, prevenzione della tossicodipendenza e dell’alcolismo, rispetto degli anziani e dei disabili.
Conclusioni
Se queste istituzioni possono sicuramente promuovere legalità, solidarietà e giustizia, resta però il fatto che è la Politica, nel senso più alto del termine, alla quale compete in ultima analisi, come fonte di produzione di leggi e come azione di
governo, il compito di favorire un’autorevole cultura del rispetto delle leggi.
Pertanto ci sembra giusto affermare che la vera ed autentica legalità potrà essere
promossa ed attuata solo quando la classe politica riuscirà a recuperare una nuova etica del dovere e un nuovo spirito di servizio e di senso istituzionale.
5.Revisione del testo
Adesso occorre riunire e rivedere il testo, correggerlo, e sistemarlo nell’ordine.
Alla fine, il nostro tema si presenterà così:
Alle basi di uno stato di diritto deve esserci il rispetto assoluto della Legge e
delle norme che regolano la convivenza civile ed i rapporti tra i consociati.
Questo principio, di ordine naturale, si trova scritto nella Costituzione che, nella prima parte dedica alcuni articoli alla enunciazione dei cardini che sorreggono lo Stato di diritto. Ad esempio, l’art. 3 parla di eguaglianza e pari dignità di
tutti i cittadini di fronte alla Legge, mentre l’art. 10 afferma che l’ordinamento
giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale riconosciute
universalmente. Anche negli articoli successivi vengono esposti principi e norme simili, che riguardano i diritti dei singoli cittadini, le garanzie per chi è sottoposto a giudizio, le caratteristiche della pena (artt. 24-27).
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Purtroppo, però, nonostante i principi della Costituzione e le leggi che derivano
da questa fonte primaria, molte sono le violazioni della legalità e delle norme di
comportamento a cui assistiamo quotidianamente.
Gli episodi di criminalità, comune o organizzata, sono moltissimi e infondono
nel cittadino onesto un profondo senso di sfiducia e di insicurezza che induce a
temere per i diritti fondamentali e arriva a restringere la libertà personale di chi
si sente costantemente minacciato.
Alla delinquenza “classica” (furti, rapine, omicidi, reati di associazione a delinquere) si aggiunge, spesso, anche una dilagante corruzione che investe settori
del mondo economico, dell’amministrazione pubblica e della stessa classe politica. Anche questa violazione della legalità, se pure meno pericolosa della predente, non è da considerarsi meno grave, in quanto provoca un clima di diffidenza e di disaffezione del cittadino nei confronti della società e delle sue strutture, pubbliche o private, che vengono ritenute corrotte, inefficienti, lontane dai
reali interessi generali e volte solo all’arricchimento illecito di pochi privilegiati.
In più c’è da aggiungere che anche la pena per questi episodi di malcostume
non appare esemplare né tantomeno certa. Sono sotto gli occhi di tutti i processi, spesso lunghi e tormentati, che si concludono con sentenze a volte discutibili,
con annullamenti di giudizi dei gradi precedenti per puri cavilli di forma, a volte
con la stessa prescrizione del reato. Il cittadino comune è portato spesso a credere che la giustizia funzioni solo per i deboli, mentre per i potenti ci sia sempre
la possibilità di eludere la condanna e di non pagare mai per gli errori commessi, anche se riguardano illeciti arricchimenti di milioni di euro!
Tutto ciò ha come effetto quello di infondere nell’opinione pubblica, e soprattutto tra le giovani generazioni, un senso di profonda sfiducia nella società, che
va a toccare inevitabilmente anche le principali istituzioni e il mondo politico e
amministrativo.
Le conseguenze sono molto preoccupanti, anche per ciò che producono in seno
alla società ed al mondo giovanile. Molte persone, soprattutto giovani, appaiono deluse dalla società ed avvertono un senso di disagio e di rifiuto verso le istituzioni. Questi fenomeni, quando non si limitano al semplice rifiuto per la politica, si traducono in atteggiamenti molto negativi. Tra questi l’estremismo e la
militanza di molti ragazzi in formazioni antidemocratiche, razziste e violente che
pensano di risolvere i problemi con la prepotenza e la legge del più forte. Oppure il disagio sfocia nella violenza “gratuita” senza un reale colore politico, come quella degli stadi e la così detta <<logica del branco>> secondo la quale i
soprusi e le sevizie verso un “diverso” (disabile, straniero ...) appaiono lecite se
condotte non dal singolo, ma dal gruppo dei pari. Molte persone, poi, sono facile preda per la delinquenza comune ed organizzata che sfrutta il loro disagio e
la loro delusione per farne dei criminali al servizio dei potenti capi delle cosche
organizzate (mafiose o camorriste). Il risultato di tutto è una profonda disaffe35
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zione verso le istituzioni, verso la solidarietà ed un ripiegamento nella propria
interiorità e nella propria dimensione privata.
Che fare per risolvere questa difficile e preoccupante situazione? è fuori di dubbio che, al di là delle pure dichiarazioni di intenti, occorre un serio ed efficace
intervento a livello istituzionale. Infatti sono le stesse istituzioni che, proprio per
la delegittimazione a cui stanno andando incontro, che devono farsi carico del
problema, recuperando la credibilità e l’autorevolezza necessaria per promuovere un’autentica cultura della legalità nella gente e soprattutto tra i giovani.
Tra le istituzioni sociali che più possono (e debbono) intervenire per promuovere e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla legalità e su un percorso centrato
sulla giustizia e sulla solidarietà ci sembrano fondamentali queste: la Scuola, i
Media, il Volontariato, l’Associazionismo, le Forze dell’ordine e gli Enti locali.
Per quanto riguarda la Scuola, essa ha il compito, oltre che di trasmettere il
sapere, di educare i giovani e di formare i cittadini, secondo i principi di legalità e giustizia. A questo proposito occorre potenziare l’Educazione civica, lo studio della Costituzione e della normativa principale della legislazione civile e
sociale del Paese, anche nei suoi aspetti evolutivi. Questo va fatto non solo in
maniera curriculare, cioè nelle ore specifiche della disciplina, ma anche in modo trasversale, attraverso progetti e programmi educativi e formativi pluridisciplinari da inserire nel P.O.F. e da realizzare con la collaborazione degli Enti
locali e delle principali organizzazioni del territorio.
All’azione della Scuola deve aggiungersi quella dei mezzi di comunicazione, che
possono rivestire un ruolo di primo piano nel veicolare programmi di approfondimento sulla legalità e soprattutto nel promuovere campagne di sensibilizzazione sulla solidarietà e sulla giustizia, anche con gli strumenti della pubblicità. E’
importante, infatti, che i mezzi di comunicazione agiscano con un ruolo determinante in questa battaglia per la promozione dei principi e dei valori della civile
convivenza e della libertà.
Non sono, poi, da trascurare le organizzazioni di volontariato (laico e confessionale), le quali, con la loro presenza e con la loro azione di aiuto e di sostegno
alle persone più deboli e bisognose, offrono una testimonianza della cultura solidale e del rispetto dei principi di eguaglianza e pari dignità, scritti nella nostra
Carta costituzionale. Proprio grazie a queste organizzazioni è possibile impostare una politica di concreto sostegno alle fasce più svantaggiate della società
ed offrire un esempio concreto soprattutto per tanti giovani che hanno desiderio
di impegnarsi per gli altri.
Le associazioni possono ugualmente promuovere questi valori, attraverso le
attività dei loro iscritti e le concrete azioni di solidarietà e di impegno nella società civile e nelle specifiche situazioni.
Un’azione importante è quella delle Forze dell’ordine che hanno il compito della tutela della sicurezza e della legalità tra i cittadini. Accanto alla concreta
azione di esercizio dei poteri di sicurezza, le Forze dell’ordine possono, altresì,
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contribuire a diffondere tra la gente, e soprattutto tra i giovani, un’efficace attività di educazione al rispetto della legge, alla prevenzione del crimine, alla cultura della collaborazione con la Giustizia, contribuendo a fugare quella mentalità della diffidenza che ancora si registra tra il cittadino e l’agente di Pubblica
sicurezza. Attività in tal senso sono state svolte dai Carabinieri con incontri con
gli studenti delle scuole secondarie superiori, all’interno di specifici progetti.
Infine, da ultimo, ricordiamo il contributo che possono offrire gli Enti territoriali locali, con specifiche azioni di capillare presenza nel territorio e campagne di
promozione del rispetto dei valori e dei diritti: ambiente, salute, prevenzione
della tossicodipendenza e dell’alcolismo, rispetto degli anziani e dei disabili
Se queste istituzioni possono sicuramente promuovere legalità, solidarietà e giustizia, resta però il fatto che è la Politica, nel senso più alto del termine, alla
quale compete in ultima analisi, come fonte di produzione di leggi e come azione
di governo, il compito di favorire un’autentica cultura del rispetto delle leggi.
Pertanto ci sembra giusto affermare che la vera ed autentica legalità potrà essere promossa ed attuata solo quando la classe politica riuscirà a recuperare una
nuova etica del dovere e un nuovo spirito di servizio e di senso istituzionale.
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INDICAZIONI PER LO SVOLGIMENTO DEL TEMA DI STORIA
Nel compito d’esame si trova scritto, di norma, questo:
TIPOLOGIA C - TEMA DI ARGOMENTO STORICO
[ … TITOLO …]
Si tratta quindi di un tema di Storia in senso tradizionale, senza la presenza di
materiale allegato e con la sola indicazione del titolo
- Il tema storico non é un riassunto e perciò non può ridursi alla pura e semplice
narrazione dei fatti o, peggio ancora, ad una noiosa elencazione di date
- Il tema di storia non va confuso con il saggio breve di argomento storico, che,
invece, riporta il materiale e va strutturato come un saggio secondo le indicazioni già fornite
- Il tema di storia deve sviluppare un discorso personale e critico sulla traccia
proposta. Pertanto è necessario argomentare una propria opinione e fare possibilmente riferimento a fonti di critica storica conosciute
Possiamo tenere presente questo schema base per lo svolgimento del tema:
A) Tema su un fatto storico:
1) Spiegare le cause del fatto
2) Spiegare gli sviluppi del fatto
3) Spiegare le conseguenze del fatto
4) Esprimere un giudizio sul fatto e motivarlo
5) Citare qualche fonte critica
B) Tema su un periodo storico:
1) Introdurre il periodo storico con agganci alla letteratura, alla filosofia,
all’arte...
2) Esporre le caratteristiche del periodo in questione e citare gli avvenimenti più
importanti
3) Fare riferimento a fatti e/o personaggi fondamentali del periodo
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4) Esprimere un giudizio e motivarlo
5) Citare qualche fonte critica
C) Tema su un personaggio storico:
1) Parlare brevemente del personaggio
2) Esporre le idee politiche e i progetti del personaggio
3) fare riferimento alle imprese compiute dal personaggio (guerre, riforme ...)
4) Esprimere un nostro giudizio sul personaggio e darne motivazione
5) Citare qualche fronte critica
- E’ bene, prima di svolgere il tema, prepararsi una griglia che indichi gli argomenti da trattare. Possiamo, in ogni caso, applicare le stesse regole già viste per
la produzione del tema di argomento generale, con i necessari adattamenti
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN TEMA DI ARGOMENTO STORICO
ESAME DI STATO - Sessione ordinaria 2004 – Prima prova scritta
Tipologia C Tema di argomento storico
<<I due volti del Novecento.
Da un lato esso è secolo di grandi conquiste civili, economiche, sociali, scientifiche, tecniche; dall'altro è secolo di grandi tragedie storiche.
Rifletti su tale ambivalenza del ventesimo secolo, illustrandone i fatti più significativi.>>
Proviamo a fare la scaletta del tema
1. Breve introduzione al Novecento: epoca di profondi mutamenti nella storia
mondiale
2. Fattori di conquista:
a) conquiste civili: democrazie, suffragio universale, stato sociale, diritti della
persona umana, libertà di pensiero
b) conquiste economiche: miglioramento del tenore di vita, industrializzazione e
consumi di massa, sviluppo del settore terziario e dei servizi, globalizzazione
c) conquiste sociali: diritti dei lavoratori, tutela dei più deboli, scolarizzazione,
assistenza sanitaria.
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d) conquiste scientifiche: medicina (vaccini, antibiotici e penicillina, cura malattie) e chirurgia (trapianti Barnard), biologia, psicologia (Freud), ingegneria, matematica e fisica (Einstein, Fermi)
e) conquiste tecniche: meccanica (automobile), cinema, radio e TV, elettronica
(transistor, circuiti integrati, microcip), elettrotecnica, automazione, telematica,
informatica (sviluppo dei computer - Microsoft Bill Gates), aeronautica (1969:
l’uomo sulla Luna)
3. Grandi tragedie:
a) le due guerre mondiali
b) i regimi totalitari (fascismo, nazismo, stalinismo)
c) la Shoah
d) la guerra del Viet Nam e la tragedia dell’Indocina (Cambogia - Pol Pot), altre
guerre (Iran, Afghanistan, Iraq, Africa)
e) la fame nel mondo
f) il terrorismo, la violenza e le sue vittime (Ghandi, Kennedy, M. Luther King,
Moro, Sadat, Indira Ghandi, Rabin)
4. Commento sul significato degli avvenimenti e sulla loro ambivalenza: è stato
un secolo in cui si è registrata la compresenza di progressi nel bene, ma anche di
accanimenti nel male che hanno portato a tragedie collettive
5. Giudizi critici
a) Hobsbawn: “Il secolo breve”
b) V. Andreoli “Un secolo di follia”
6. Commento finale: messaggio di speranza per un futuro migliore a misura di
uomo - insegnamento di grandi menti laiche e religiose: Ghandi, Roosevelt, la
Pira, Einstein, M. Luther King, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Gorbaciov,
Madre Teresa, Rabin, Mandela
Adesso posso iniziare a svolgere i singoli punti dello schema
1. Breve introduzione al Novecento: epoca di profondi mutamenti nella storia
mondiale
Una riflessione sul Novecento e sulle sue caratteristiche appare assai problematica, non solo per la vastità del periodo e per l’ampiezza e la diversità dei fenomeni politici, economici, sociali e culturali che lo hanno contraddistinto, ma anche
per la complessità e la problematicità degli stessi fenomeni. Infatti nel secolo
scorso i processi sono stati non solo innumerevoli, ma anche estremamente rapidi nella loro affermazione ed evoluzione ed inoltre hanno assunto molto spesso
la caratteristica dell’ambivalenza e della contraddizione, così che un giudizio
storico obiettivo e sereno sul secolo che ci siamo lasciati alle spalle appare ancora di non facile realizzazione.
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Sicuramente i mutamenti che si sono verificati nel secolo scorso possono essere
considerati la principale caratteristica del periodo che è stato segnato da profondi
cambiamenti di ogni genere i quali hanno, nel bene e nel male, modificato
l’assetto della società ed hanno impresso al Mondo il volto che possiamo vedere
attualmente.
2. Fattori di conquista
Il Novecento è stato certamente un secolo di grandi conquiste in ogni campo del
sapere e della conoscenza umana.
Possiamo partire dalle grandi conquiste civili che hanno visto la loro realizzazione proprio nel secolo scorso, almeno in una parte del Pianeta. Tra queste vi è
senz’altro l’estensione dei sistemi democratici in gran parte dell’Europa e
dell’America settentrionale, dove si sono consolidate le democrazie parlamentari, se pur a prezzo di sacrifici e conflitti. L’affermazione delle democrazie liberali ha visto l’introduzione progressiva del suffragio universale già a partire dai
primi anni del secolo per arrivare alla metà dello stesso. In più, nel Novecento, i
diritti della persona, che erano stati affermati dalla Rivoluzione francese nel
1789, sono stati fatti propri da molte nazioni sviluppate e sono stati accolti
dall’O.N.U. nel 1948 (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) come carta
fondamentale per la stabilizzazione della convivenza tra i popoli e all’interno
delle singole nazioni. Si è diffuso, così, il principio dello stato di diritto che è
andato a sostituire i regimi di polizia e gli stati basati sulla concezione autoritaria
del potere. Tutto questo ha prodotto un progressivo ampliamento della sfera dei
diritti e delle garanzie per i cittadini che hanno visto le leggi recepire, nei propri
articoli, importanti questioni come la libertà di opinione, l’obiezione di coscienza, la parità uomo / donna, la tutela della diversità e dell’handicap, il rispetto per
l’ambiente, la maternità, la malattia mentale, l’adozione...
Oltre alle conquiste civili si sono avute, nello scorso secolo, anche conquiste dal
punto di vista economico. L’industrializzazione, diffusasi in gran parte del Mondo, ha prodotto, come conseguenza, un miglioramento del tenore di vita di larghi
strati della popolazione del Pianeta, che hanno potuto godere di un benessere
prima impensabile. A partire dagli anni Venti/Trenta negli USA e dagli anni
Sessanta in Europa si sono diffusi i consumi di massa che hanno dato vita alla
società del benessere diffuso, alla quale molti hanno guardato come ad un modello positivo di sviluppo nell’ambito dell’economia di mercato, da contrapporre
all’altro modello, allora vigente, quello dell’economia socialista dell’URSS e dei
Paesi dell’Est europeo. In seguito ai profondi mutamenti degli ultimi anni,
l’avvento della così detta società post - industriale, che è maggiormente centrata
sulla diffusione del settore terziario e dei servizi, pur con le sue contraddizioni
tipiche di ogni fase di passaggio, ha offerto nuove opportunità di sviluppo e di
miglioramento a realtà che prima erano rimaste fuori dai grandi processi econo41
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mici (Cina, India, Sud est asiatico) e che, grazie agli effetti della globalizzazione, hanno potuto fare il loro ingresso nel mercato mondiale.
Ai progressi in campo economico si sono aggiunti quelli nell’ambito sociale. I
diritti dei lavoratori, non tutelati e persino repressi agli inizi del processo di industrializzazione, hanno visto un loro progressivo riconoscimento nel corso del
Novecento, in tutti gli stati democratici. Accanto a ciò si è registrata, in molti
paesi, una legislazione più attenta alla tutela dei più deboli, a partire dal New
Deal rooseveltiano per arrivare alle politiche sociali del welfare degli anni Sessanta e Settanta. In pratica, dopo l’avvento dei diritti dei singoli, gli stati democratici hanno realizzato il tentativo di tutelare i diritti della società, istituendo, in
molti paesi, un sistema di stato sociale che è arrivato a garantire a molte fasce di
popolazione una serie di diritti che prima erano considerati solo un lusso per pochi (istruzione, sanità, malattia, ferie, previdenza). Tutto questo ha portato ad un
modello di stato che tende a curarsi del benessere dei propri cittadini e a tutelarne la qualità della vita. Anche se, di recente, qualcuno ha criticato alcune deficienze e incongruenze dello stato sociale, quasi nessuno (o comunque poche minoranze reazionarie) sostiene l’idea di un modello sociale che non si faccia carico, in qualche modo, delle esigenze dei ceti più deboli e meno fortunati; se mai
la divergenza rimane sul mezzo e sul ruolo della struttura pubblica sulla gestione
di determinati servizi (in primis sanità e scuola) che vanno comunque garantiti a
tutti.
A questo si devono aggiungere, poi, le numerose conquiste che la Scienza è riuscita a raggiungere, nel XX secolo, traguardi che hanno permesso all’uomo di
varcare alcune soglie prima ritenute proibitive. Nei primi anni del secolo sono
due grandi <<geni>> a esplorare i campi immensi ed ignoti di due realtà: Albert
Einstein quello dello spazio e del tempo fisico che vengono messi in discussione
con l’elaborazione della Teoria della relatività (1913); Sigmund Freud quello
dell’inconscio che viene studiato e spiegato nelle sue manifestazioni più strane
ed inconoscibili. Grandi conquiste si hanno inoltre nel campo della medicina,
con la scoperta della penicillina (1928) dalla cui evoluzione derivano gli antibiotici (1943). Da qui molte malattie prima mortali sono diventate curabili, risparmiando milioni di vite umane. La medicina ha proseguito la sua marcia inarrestabile con la scoperta di numerosi vaccini (antitetanica, antipoliomielitica, antirabbica) e con il perfezionamento della chirurgia che ha portato all’effettuazione
di trapianti di organi sempre più difficili e sofisticati. Nel campo della Fisica,
comunque, la scoperta più rilevante è stata quella dell’energia atomica con gli
studi sulla fissione nucleare (Fermi e altri) che hanno aperto all’uomo un universo prima totalmente sconosciuto.
Infine, vanno ricordate le conquiste della tecnica che hanno segnato, più di tutte
le altre, il Novecento. Agli inizi del secolo scorso esistevano poche e rudimentali
automobili ed il cinema faceva la sua timida apparizione. Dopo un trentennio
l’automobile, la cinematografia, l’aviazione hanno fatto passi da gigante e si so42
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no diffuse progressivamente su strati sempre più ampi, finché, a partire dagli
anni Sessanta, si è arrivati alla società della motorizzazione di massa; mentre nel
1969 abbiamo potuto vedere i primi umani toccare il suolo lunare. Nel campo
delle comunicazioni il XX secolo è stato segnato dalla radiotelegrafia, scoperta
da Marconi, dalla quale sono derivati i grandi mezzi di comunicazione di massa,
la radio e la televisione. Una grandiosa rivoluzione si è poi registrata nel campo
dell’elettronica; qui si è passati, nel giro di pochi decenni dalle valvole, ai transistor, ai circuiti integrati, per arrivare agli attuali microcip. La diminuzione delle
dimensioni ha così permesso di creare elaboratori elettronici più piccoli ed alla
portata di tutti (i Personal computer) e con memorie di massa sempre più estese,
sino a poter contenere milioni e milioni di dati, immagini, filmati, testi multimediali. L’informatica, diffusasi negli anni Sessanta, è stata la protagonista
dell’ultima grande rivoluzione del secolo scorso, una rivoluzione che ha cambiato totalmente il volto del Mondo ed ha finito per modificare il lavoro,
l’istruzione, la Pubblica amministrazione, la sanità ed ogni campo della vita che
si è dotato di strumenti informatici. In tal modo le comunicazioni hanno assunto
uno sviluppo ed un livello di perfezionamento estremamente sofisticato, in grado
di rivoluzionare totalmente il Mondo ed i contatti tra i suoi abitanti.
3. Grandi tragedie:
Queste grandi conquiste, delle quali abbiamo parlato, non devono tuttavia farci
dimenticare le grandi tragedie che hanno segnato il Novecento, un secolo nel
quale la follia e la crudeltà umana hanno raggiunto forme e livelli prima mai visti.
La prima guerra mondiale ha provocato circa otto milioni di morti, mentre la
seconda ha superato la paurosa cifra di 50 milioni!
Il secolo ha visto, poi, l’affermazione negli anni Venti / trenta e quaranta dei regimi totalitari di massa, forme di dittature feroci e oppressive che hanno preteso
di controllare la vita dei cittadini nei minimi particolari, gerarchizzandola e annullando ogni libertà individuale ed ogni dissenso o semplice diversità. Le tre
dittature totalitarie: fascismo, nazismo, stalinismo hanno creato altrettanti regimi
repressivi e tirannici, trascinando gli uomini nella tragedia del secondo conflitto
mondiale.
Tra le tragedie del XX secolo, la Shoah, il genocidio del popolo ebraico attuato
dalla ferocia criminale di Hitler e dei gerarchi nazisti, è stata certamente quella
più terribile e quella che ha segnato in modo negativo il cammino dell’umanità,
macchiandola di un orribile crimine.
Purtroppo, dopo queste tragedie e dopo che le Nazioni sembravano aver raggiunto un equilibrio ed un accordo per un nuovo periodo di pace e di collaborazione,
la violenza non si è fermata. Nel secondo dopoguerra, pur mancando un conflitto
diretto tra le due nuove superpotenze (USA e URSS), guerre, anche sanguinose,
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sono state combattute in aree periferiche del Pianeta, con grandi dispendi di energia e vite umane: la guerra di Corea (1950-53), la guerra del Vietnam (195473), i conflitti in Indocina, con la follia criminale dei Khmer rossi di Pol Pot
(1975-79), conflitti in Africa, nel Sud est asiatico, in Iran (1979-88), Iraq (199091), Afghanistan.
Alla guerra va aggiunto il terrorismo con la sua spirale di violenza e di morte,
con le sue vittime innocenti e con il clima di paura che contribuisce a creare e a
diffondere in tutto il Mondo. Proprio la violenza terroristica ha caratterizzato
l’ultima parte del secolo: dalla violenza delle organizzazioni neonaziste e neofasciste degli anni 60/70, a quella delle forze che si richiamavano al comunismo
rivoluzionario (Brigate Rosse, banda Bader - Meinoff), per finire con il fondamentalismo religioso islamico. Proprio il terrorismo islamico di Al - Qaeda ha
aperto il XXI secolo con il terribile attentato delle Twin Towers (2001) che ha
scosso l’America e tutto il Mondo occidentale.
Inoltre, il Novecento, pur con i suoi numerosi progressi dei quali abbiamo parlato, non è riuscito a debellare lo scandalo della fame del Mondo che ancora interessa una parte consistente del Pianeta e che costringe molte persone - in larga
parte donne e bambini - a morire di stenti. In un universo che ha conosciuto uno
sviluppo così grande ed un livello così alto di progresso tecnologico, il pensare
che la fame ancora fa morire qualcuno è un vero e proprio insulto!
4. Commento sul significato degli avvenimenti
Il Novecento è stato il secolo dell’ambivalenza: si è, infatti, registrata la compresenza di progressi nel bene, ma anche di accanimenti nel male che hanno portato
a tragedie collettive, come guerre, genocidi, terrorismo. Diventa pertanto molto
difficile esprimere un giudizio generale che possa diventare adeguatamente rappresentativo dell’intero periodo in esame. Se guardiamo al primo uomo sulla
Luna, ai Computer sempre più specializzati, alla medicina che permette di salvare vite umane, e poi volgiamo lo sguardo alle morti che quotidianamente continuano a mietere le guerre, le varie forme di violenza e persino la denutrizione
non possiamo fare a meno di interrogarci di fronte a tutto ciò e non riusciremo a
trovare una risposta.
5. Giudizi critici
Anche la critica storica si è spesso interrogata sul secolo scorso e ne ha tracciato
giudizi e valutazioni sovente contraddittori e difformi.
Lo storico Eric Hobsbawn ha coniato il fortunato termine <<secolo breve>> In
un suo celebre saggio egli ha delineato un panorama della storia del Novecento
che egli fa iniziare con la Prima guerra mondiale (1914) e fa terminare con la
caduta dell’URSS (1991). Il Novecento è stato, per molti aspetti, il periodo più
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violento della storia dell’uomo con ben due guerre mondiali. E’stato però anche
il secolo dell'emancipazione della donna, del progresso scientifico, delle grandi
rivoluzioni culturali e sociali. Il termine <<secolo breve>> si riferisce tuttavia
anche ai processi estremamente rapidi che gli avvenimenti storici e le trasformazioni nella vita umana hanno subito nel corso del secolo.
Lo psichiatra Vittorino Andreoli, dal canto suo, ha scritto un ottimo saggio “Un
secolo di follia” che analizza tutte le manifestazioni della follia umana nel Novecento, non solo quelle di natura psichica, ma anche quelle determinate dalle
guerre, dalle stragi, dalle dittature. Per Andreoli, comunque, il Novecento, diversamente che da Hobsbawn, ha inizio con il 1895 quando Freud pubblica il suo
celebre saggio su l’Isteria e si chiude con l’attuale scenario pieno di scoperte e di
novità, ma anche di incertezze e di paure.
6. Commento finale
Un commento finale al secolo che ci ha lasciato da poco non è facile, proprio per
la compresenza di fattori di straordinaria positività e di estrema negatività. Abbiamo scelto di chiudere con un messaggio di speranza in vista di un futuro migliore a misura di uomo.
E’ questo l’insegnamento che ci hanno lasciato alcuni grandi personaggi del Novecento che ancora vengono universalmente ricordati come “menti illuminate”.
Alcuni di loro fanno parte del mondo religioso, come M. Luther King, papa
Giovanni XXIII e papa Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, il Dalai
Lama. Altri appartengono al mondo laico come Ghandi, Einstein, John Kennedy,
Gorbaciov, Nelson Mandela.
Tutti hanno contribuito a migliorare il Mondo nel quale sono vissuti, pagando, in
certi casi, anche con la loro stessa vita. Il loro messaggio di pace, di libertà, di
fratellanza non deve rimanere inascoltato e ci deve aiutare a credere che una società ed un’umanità migliori sono sempre possibili.
Adesso riunisco le varie parti sviluppate, rileggo il tutto, al limite apporto qualche correzione o qualche miglioramento (posso anche fare aggiunte o cancellature limitate). Alla fine il tema si presenta così:
Una riflessione sul Novecento e sulle sue caratteristiche appare assai problematica, non solo per la vastità del periodo e per l’ampiezza e la diversità dei fenomeni politici, economici, sociali e culturali che lo hanno contraddistinto, ma
anche per la complessità e la problematicità degli stessi fenomeni. Infatti nel
secolo scorso i processi sono stati non solo innumerevoli, ma anche estremamente rapidi nella loro affermazione ed evoluzione ed inoltre hanno assunto
molto spesso la caratteristica dell’ambivalenza e della contraddizione, così che
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un giudizio storico obiettivo e sereno sul secolo che ci siamo lasciati alle spalle
appare ancora di non facile realizzazione.
Sicuramente i mutamenti che si sono verificati nel secolo scorso possono essere
considerati la principale caratteristica del periodo che è stato segnato da profondi cambiamenti di ogni genere i quali hanno, nel bene e nel male, modificato
l’assetto della società ed hanno impresso al Mondo il volto che possiamo vedere
attualmente.
Il Novecento è stato certamente un secolo di grandi conquiste in ogni campo del
sapere e della conoscenza umana.
Possiamo partire dalle grandi conquiste civili che hanno visto la loro realizzazione proprio nel secolo scorso, almeno in una parte del Pianeta. Tra queste vi è
senz’altro l’estensione dei sistemi democratici in gran parte dell’Europa e
dell’America settentrionale, dove si sono consolidate le democrazie parlamentari, se pur a prezzo di sacrifici e conflitti. L’affermazione delle democrazie liberali ha visto l’introduzione progressiva del suffragio universale già a partire dai
primi anni del secolo per arrivare alla metà dello stesso. In più, nel Novecento, i
diritti della persona, che erano stati affermati dalla Rivoluzione francese nel
1789, sono stati fatti propri da molte nazioni sviluppate e sono stati accolti
dall’O.N.U. nel 1948 (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) come carta fondamentale per la stabilizzazione della convivenza tra i popoli e all’interno
delle singole nazioni. Si è diffuso, così, il principio dello stato di diritto che è
andato a sostituire i regimi di polizia e gli stati basati sulla concezione autoritaria del potere. Tutto questo ha prodotto un progressivo ampliamento della sfera
dei diritti e delle garanzie per i cittadini che hanno visto le leggi recepire, nei
propri articoli, importanti questioni come la libertà di opinione, l’obiezione di
coscienza, la parità uomo / donna, la tutela della diversità e dell’handicap, il
rispetto per l’ambiente, la maternità, la malattia mentale, l’adozione...
Oltre alle conquiste civili si sono avute, nello scorso secolo, anche conquiste dal
punto di vista economico. L’industrializzazione, diffusasi in gran parte del Mondo, ha prodotto, come conseguenza, un miglioramento del tenore di vita di larghi strati della popolazione del Pianeta, che hanno potuto godere di un benessere prima impensabile. A partire dagli anni Venti/Trenta negli USA e dagli anni
Sessanta in Europa si sono diffusi i consumi di massa che hanno dato vita alla
società del benessere diffuso, alla quale molti hanno guardato come ad un modello positivo di sviluppo nell’ambito dell’economia di mercato, da contrapporre all’altro modello, allora vigente, quello dell’economia socialista dell’URSS e
dei Paesi dell’Est europeo. In seguito ai profondi mutamenti degli ultimi anni,
l’avvento della così detta società post - industriale, che è maggiormente centrata
sulla diffusione del settore terziario e dei servizi, pur con le sue contraddizioni
tipiche di ogni fase di passaggio, ha offerto nuove opportunità di sviluppo e di
miglioramento a realtà che prima erano rimaste fuori dai grandi processi eco46
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nomici (Cina, India, Sud est asiatico) e che, grazie agli effetti della globalizzazione, hanno potuto fare il loro ingresso nel mercato mondiale.
Ai progressi in campo economico si sono aggiunti quelli nell’ambito sociale. I
diritti dei lavoratori, non tutelati e persino repressi agli inizi del processo di
industrializzazione, hanno visto un loro progressivo riconoscimento nel corso
del Novecento, in tutti gli stati democratici. Accanto a ciò si è registrata, in molti paesi, una legislazione più attenta alla tutela dei più deboli, a partire dal New
Deal rooseveltiano per arrivare alle politiche sociali del welfare degli anni Sessanta e Settanta. In pratica, dopo l’avvento dei diritti dei singoli, gli stati democratici hanno realizzato il tentativo di tutelare i diritti della società, istituendo,
in molti paesi, un sistema di stato sociale che è arrivato a garantire a molte fasce di popolazione una serie di diritti che prima erano considerati solo un lusso
per pochi (istruzione, sanità, malattia, ferie, previdenza). Tutto questo ha portato ad un modello di stato che tende a curarsi del benessere dei propri cittadini e
a tutelarne la qualità della vita. Anche se, di recente, qualcuno ha criticato alcune deficienze e incongruenze dello stato sociale, quasi nessuno (o comunque una
minoranza reazionaria) sostiene l’idea di un modello sociale che non si faccia
carico, in qualche modo, delle esigenze dei ceti più deboli e meno fortunati; se
mai la divergenza rimane sul mezzo e sul ruolo della struttura pubblica sulla
gestione di determinati servizi (in primis sanità e scuola) che vanno comunque
garantiti a tutti.
A questo si devono aggiungere, poi, le numerose conquiste che la Scienza è riuscita a raggiungere, nel XX secolo, traguardi che hanno permesso all’uomo di
varcare alcune soglie prima ritenute proibitive. Nei primi anni del secolo sono
due grandi <<geni>> a esplorare i campi immensi ed ignoti di due realtà: Albert Einstein quello dello spazio e del tempo fisico che vengono messi in discussione con l’elaborazione della Teoria della relatività (1913); Sigmund Freud
quello dell’inconscio che viene studiato e spiegato nelle sue manifestazioni più
strane ed inconoscibili. Grandi conquiste si hanno inoltre nel campo della medicina, con la scoperta della penicillina (1928) dalla cui evoluzione derivano gli
antibiotici (1943). Da qui molte malattie prima mortali sono diventate curabili,
risparmiando milioni di vite umane. La medicina ha proseguito la sua marcia
inarrestabile con la scoperta di numerosi vaccini (antitetanica, antipoliomielitica, antirabbica) e con il perfezionamento della chirurgia che ha portato
all’effettuazione di trapianti di organi sempre più difficili e sofisticati (un esempio per tutti il trapianto di cuore di C. Barnard). Nel campo della Fisica, comunque, la scoperta più rilevante è stata quella dell’energia atomica con gli
studi sulla fissione nucleare (Fermi e altri) che hanno aperto all’uomo un universo prima totalmente sconosciuto.
Infine, vanno ricordate le conquiste della tecnica che hanno segnato, più di tutte
le altre, il Novecento. Agli inizi del secolo scorso esistevano poche e rudimentali
automobili ed il cinema faceva la sua timida apparizione. Dopo un trentennio
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l’automobile, la cinematografia, l’aviazione hanno fatto passi da gigante e si
sono diffuse progressivamente su strati sempre più ampi, finché, a partire dagli
anni Sessanta, si è arrivati alla società della motorizzazione di massa; mentre
nel 1969 abbiamo potuto vedere i primi umani toccare il suolo lunare. Nel campo delle comunicazioni il XX secolo è stato segnato dalla radiotelegrafia, scoperta da Marconi, dalla quale sono derivati i grandi mezzi di comunicazione di
massa, la radio e la televisione. Una grandiosa rivoluzione si è poi registrata
nel campo dell’elettronica; qui si è passati, nel giro di pochi decenni dalle valvole, ai transistor, ai circuiti integrati, per arrivare agli attuali microcip. La
diminuzione delle dimensioni ha così permesso di creare elaboratori elettronici
più piccoli ed alla portata di tutti (i Personal computer) e con memorie di massa
sempre più estese, sino a poter contenere milioni e milioni di dati, immagini,
filmati, testi multimediali. L’informatica, diffusasi negli anni Sessanta, è stata la
protagonista dell’ultima grande rivoluzione del secolo scorso, una rivoluzione
che ha cambiato totalmente il volto del Mondo ed ha finito per modificare il lavoro, l’istruzione, la pubblica amministrazione, la sanità ed ogni campo della
vita che si è dotato di strumenti informatici. In tal modo le comunicazioni hanno
assunto uno sviluppo ed un livello di perfezionamento estremamente sofisticato,
in grado di rivoluzionare totalmente il Mondo ed i contatti tra i suoi abitanti.
Queste grandi conquiste, delle quali abbiamo parlato, non devono tuttavia farci
dimenticare le grandi tragedie che hanno segnato il Novecento, un secolo nel
quale la follia e la crudeltà umana hanno raggiunto forme e livelli prima mai
visti.
La prima guerra mondiale ha provocato circa otto milioni di morti, mentre la
seconda ha superato la paurosa cifra di 50 milioni!
Il secolo ha visto, poi, l’affermazione negli anni Venti / trenta e quaranta dei
regimi totalitari di massa, forme di dittature feroci e oppressive che hanno preteso di controllare la vita dei cittadini nei minimi particolari, gerarchizzandola
e annullando ogni libertà individuale ed ogni dissenso o semplice diversità. Le
tre dittature totalitarie: fascismo, nazismo, stalinismo hanno creato altrettanti
regimi repressivi e tirannici, trascinando gli uomini nella tragedia del secondo
conflitto mondiale.
Tra le tragedie del XX secolo, la Shoah, il genocidio del popolo ebraico attuato
dalla ferocia criminale di Hitler e dei gerarchi nazisti, è stata certamente quella
più terribile e quella che ha segnato in modo negativo il cammino dell’umanità,
macchiandola di un orribile crimine.
Purtroppo, dopo queste tragedie e dopo che le Nazioni sembravano aver raggiunto un equilibrio ed un accordo per un nuovo periodo di pace e di collaborazione, la violenza non si è fermata. Nel secondo dopoguerra, pur mancando un
conflitto diretto tra le due nuove superpotenze (USA e URSS), guerre, anche
sanguinose, sono state combattute in aree periferiche del Pianeta, con grandi
dispendi di energia e vite umane: la guerra di Corea (1950-53), la guerra del
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Vietnam (1954-73), i conflitti in Indocina, con la follia criminale dei Khmer rossi di Pol Pot (1975-79), conflitti in Africa, nel Sud est asiatico, in Iran (197988), Iraq (1990-91), Afghanistan.
Alla guerra va aggiunto il terrorismo con la sua spirale di violenza e di morte,
con le sue vittime innocenti e con il clima di paura che contribuisce a creare e a
diffondere in tutto il Mondo. Proprio la violenza terroristica ha caratterizzato
l’ultima parte del secolo: dalla violenza delle organizzazioni neonaziste e neofasciste degli anni 60/70, a quella delle forze che si richiamavano al comunismo
rivoluzionario (Brigate Rosse, banda Bader - Meinoff), per finire con il fondamentalismo religioso islamico. Proprio il terrorismo islamico di Al - Qaeda ha
aperto il XXI secolo con il terribile attentato delle Twin Towers (2001) che ha
scosso l’America e tutto il Mondo occidentale.
Inoltre, il Novecento, pur con i suoi numerosi progressi dei quali abbiamo parlato, non è riuscito a debellare lo scandalo della fame del Mondo che ancora
interessa una parte consistente del Pianeta e che costringe molte persone - in
larga parte donne e bambini - a morire di stenti. In un universo che ha conosciuto uno sviluppo così grande ed un livello così alto di progresso tecnologico,
il pensare che la fame ancora fa morire qualcuno è un vero e proprio insulto!
Il Novecento è stato il secolo dell’ambivalenza: si è, infatti, registrata la compresenza di progressi nel bene, ma anche di accanimenti nel male che hanno
portato a tragedie collettive, come guerre, genocidi, terrorismo. Diventa pertanto molto difficile esprimere un giudizio generale che possa diventare adeguatamente rappresentativo dell’intero periodo in esame. Se guardiamo al primo uomo sulla Luna, ai Computer sempre più specializzati, alla medicina che permette di salvare vite umane, e poi volgiamo lo sguardo alle morti che quotidianamente continuano a mietere le guerre, alle varie forme di violenza e persino alla
denutrizione non possiamo fare a meno di interrogarci di fronte a tutto ciò e non
riusciremo a trovare una risposta.
Anche la critica storica si è spesso interrogata sul secolo scorso e ne ha tracciato giudizi e valutazioni sovente contraddittori e difformi.
Lo storico Eric Hobsbawn ha coniato il fortunato termine <<secolo breve>> In
un suo celebre saggio egli ha delineato un panorama della storia del Novecento
che egli fa iniziare con la Prima guerra mondiale (1914) e fa terminare con la
caduta dell’URSS (1991). Il Novecento è stato, per molti aspetti, il periodo più
violento della storia dell’uomo con ben due guerre mondiali. E’stato però anche
il secolo dell'emancipazione della donna, del progresso scientifico, delle grandi
rivoluzioni culturali e sociali. Il termine <<secolo breve>> si riferisce tuttavia
anche ai processi estremamente rapidi che gli avvenimenti storici e le trasformazioni nella vita umana hanno subito nel corso del secolo.
Lo psichiatra Vittorino Andreoli, dal canto suo, ha scritto un ottimo saggio “Un
secolo di follia” che analizza tutte le manifestazioni della follia umana nel Novecento, non solo quelle di natura psichica, ma anche quelle determinate dalle
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guerre, dalle stragi, dalle dittature. Per Andreoli, comunque, il Novecento, diversamente che da Hobsbawn, ha inizio con il 1895 quando Freud pubblica il
suo celebre saggio sull’isteria e si chiude con l’attuale scenario pieno di scoperte e di novità, ma anche di incertezze e di paure.
Un commento finale al secolo che ci ha lasciato da poco non è facile, proprio
per la compresenza di fattori di straordinaria positività e di estrema negatività.
Abbiamo scelto di chiudere con un messaggio di speranza in vista di un futuro
migliore a misura di uomo.
E’ questo l’insegnamento che ci hanno lasciato alcuni grandi personaggi del
Novecento che ancora vengono universalmente ricordati come “menti Illuminate”. Alcuni di loro fanno parte del mondo religioso, come M. Luther King, papa
Giovanni XXIII e papa Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, il Dalai
Lama. Altri appartengono al mondo laico come Ghandi, Einstein, John Kennedy, Gorbaciov, Nelson Mandela.
Tutti hanno contribuito a migliorare il Mondo nel quale sono vissuti, pagando,
in certi casi, anche con la loro stessa vita. Il loro messaggio di pace, di libertà,
di fratellanza non deve rimanere inascoltato e ci deve aiutare a credere che una
società ed un’umanità migliori sono sempre possibili.
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INDICAZIONI PER LO SVOLGIMENTO
DELL’ANALISI DEL TESTO
Nel compito d’esame si trova questa dicitura:
TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO
Segue una poesia o un brano (tratto da un romanzo, un racconto, un testo teatrale)
Le richieste del compito si articolano in tre parti che sono, di norma, le seguenti
(con qualche leggera variante):
1. Comprensione del testo
2. Analisi del testo
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
Esaminiamo, nel dettaglio, le tre parti distinguendo dall’analisi di un testo in
prosa e di un testo in poesia.
ANALISI DI UN TESTO IN PROSA
1. Comprensione del testo
La comprensione del testo prevede, in genere, un riassunto del brano o alcune
domande sul contenuto del brano stesso. Per svolgere il riassunto possiamo seguire questa metodologia:
1- Individuare le parole chiave e sottolinearle:
-
Idee importanti
- parole e frasi importanti
2- Cancellare le frasi superflue:
-
Cancellare le frasi che non hanno importanza
3- Generalizzare e nominalizzare:
-
Nomi specifici = Nomi generali esempio: Mario uscì con Maria,
Luca, Marco, Alessandra = Mario uscì con alcuni suoi amici.
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-
Frasi, parole = Una sola parola esempio: Mario, Maria, Luca,
Marco, Alessandra decisero di andare a mangiare un hamburger =
Mario, Maria, Luca, Marco, Alessandra andarono al Mc. Donald.
4- Combinare e riformulare:
-
Usare i connettivi.
2. Analisi del testo
L’analisi del testo richiede, di norma, un attento esame del contenuto del brano
e, talvolta, anche una conoscenza delle parole adoperate dall’autore e un’analisi
del loro significato nel contesto preciso del brano. Occorre leggere attentamente
le domande e rispondere in modo corretto. A titolo puramente didattico forniamo, comunque, uno schema completo di analisi testuale che comprende, oltre
che l’analisi degli aspetti linguistici, anche quella delle strutture del racconto e
del sistema personaggi-spazio-tempo.
SUDDIVISIONE IN SEQUENZE
Determinazione del tipo di sequenza: narrativa (racconta le azioni dei personaggi), descrittiva (descrive persone o ambienti), riflessiva (riporta le riflessioni), dialogata (riporta un dialogo diretto tra due o più personaggi)
Individuazione dell’ordine: naturale (fabula e intreccio coincidono, poiché vi
è un ordine cronologico), artificiale (c’è qualche flash back o una prolessi,
non c’è ordine cronologico)
Individuazione della struttura tipo: situazione iniziale, rottura
dell’equilibrio, peripezie, spannung (momento culminante), ricomposizione dell’equilibrio, conclusione
ANALISI DEL TEMPO
Tempo cronologico: l’epoca in cui si sono svolti i fatti raccontati
Tempo della storia: la durata degli eventi oggetto della narrazione TdS
Tempo del racconto: la durata effettiva della narrazione TdR
Individuazione delle tecniche narrative: sommario (riassunto di alcuni eventi – TdS>TdR), ellissi (eliminazione di alcuni eventi – TdS>TdR),
pausa (interruzione della narrazione per riflettere o descrivere –
TdS<TdR), scena (dialogo tra personaggi – TdS=TdR)
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ANALISI DEL NARRATORE
Distinzione tra autore (chi ha composto l’opera) e narratore (la voce che
racconta)
Distinzione tra narratore interno (è uno dei personaggi) ed esterno (non è
uno dei personaggi)
Determinazione della focalizzazione: interna (il narratore assume il punto di
vista di un personaggio), esterna (eventi raccontati dall’esterno), zero (il
narratore conosce pensieri, fatti, intenzioni dei personaggi – narratore onnisciente)
ANALISI DEI PERSONAGGI
Determinazione dei ruoli: protagonista (il più importante), coprotagonista (il
più importante se ce n’è più di uno), deuteragonista (secondo personaggio
importante in rapporto con il protagonista), antagonista (agisce contro gli
interessi del protagonista), oppositori (aiutanti dell’antagonista)
Tipologie dei personaggi: reali (esistono nella realtà), realistici (potrebbero
esistere nella realtà), fantastici (sono inverosimili)
Determinazione delle tipologie del discorso: diretto (riporta le parole esatte
e si presenta con : <<…>>; indiretto (riporta le parole in terza persona, è
retto da dice/afferma/risponde che …; indiretto libero (riporta le parole in
terza persona, ma non le introduce con il verbo dice/afferma/risponde che
…)
ANALISI DELLO SPAZIO
Tipologia di luogo: reale (esiste nella realtà), realistico (potrebbe esistere nella realtà), fantastico (non può esistere nella realtà)
Rapporto ambiente / personaggi: sintonia, contrasto
Funzione dello spazio: narrativa (serve solo a raccontare), simbolica
(simboleggia uno stato d’animo o un altro concetto)
3. Interpretazione ed approfondimenti del testo
Quest’ultima parte del compito comprende, in genere, alcune domande
sull’autore, sul periodo in cui è vissuto, sulle sue idee fondamentali ed un confronto tra l’autore ed altri scrittori. Per svolgere questa parte occorre conoscere
l’autore anche dal punto di vista critico e saperlo inquadrare nella sua epoca. Si
tratta di un compito che, di per sé, esula dall’aspetto propriamente tecnico
dell’analisi testuale propriamente detta e rimanda di più al vecchio tema letterario.
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ANALISI DI UN TESTO IN POESIA
1. Comprensione del testo
La comprensione del testo prevede, in genere, la parafrasi della poesia (cioè riscrivere la poesia in lingua corrente), a volte il riassunto del contenuto della lirica o alcune domande sul contenuto del testo stesso. Per svolgere il riassunto possiamo seguire la metodologia già esposta in precedenza.
Per la parafrasi possiamo adottare la seguente metodologia:
1- evidenziare le parole di uso non comune o difficili e le figure retoriche
di significato (metafore, sinestesie, metonimie …)
2- fare la costruzione della frase in ordine logico: soggetto + verbo + complemento oggetto + altri complementi
3- riscrivere il testo cambiando le parole difficili e sciogliendo le figure
retoriche
2. Analisi del testo
L’analisi del testo richiede, di norma, un attento esame del contenuto della poesia e, spesso, anche una conoscenza delle parole adoperate dall’autore e
un’analisi del loro significato nel contesto preciso del testo poetico. Occorre leggere attentamente le domande e rispondere in modo corretto. A titolo puramente
didattico forniamo, comunque, uno schema completo di analisi testuale che comprende, oltre che l’analisi degli aspetti linguistici, anche quella delle strutture del
testo e dei principali aspetti metrici e stilistici.
1. ELEMENTI METRICI
· Il verso: individuare il verso dal numero di sillabe
(endecasillabo, settenario …), eventualmente verso libero
· La strofa: individuare il tipo di strofa: distico (AA), terzina
(ABA, BCB …), quartina (ABAB o ABBA), sesta rima
(ABABCC), ottava (ABABABCC), strofa libera
· La rima: individuare il tipo di rima: baciata (AA), alternata
(ABAB), incatenata (ABA,BCB, CDC…), incrociata (ABBA),
ripetuta (ABA, ABC), invertita (ABC, CAB), libera, versi sciolti
(senza rima)
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·
·
2.
I componimenti poetici: individuare il tipo di componimento:
Sonetto (14 versi endecasillabi 2 quartine + 2 terzine), canzone
(5 o più strofe tutte con lo stesso schema metrico), ballata (5 o
più strofe tutte con lo stesso schema metrico ciascuna preceduta
da un breve ritornello), sestina (6 strofe di 6 versi con le stesse
parole finali che variano di posizione ABCDEF, FAEBDC …),
madrigale (breve componimento di 2-3 strofe con due versi finali in genere in rima tra loro), ode (più strofe di vari versi con
schemi metrici vari), poesia libera
Le figure metriche: sinalefe (es. d’in su la vetta de la torre_
antica); dialefe (es. quivi morì || e come tu mi vedi); dieresi (es.
forse perché de la fatal quï – e - te); sineresi (es. il mio maestro
e io dopo le spalle); enjambement (es. e questa siepe, che da
tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude)
ELEMENTI RETORICI
Individuare le principali figure retoriche:
a) figure retoriche di suono
· allitterazione: ripetizione di suoni consonantici (es. fruscio che
fan le foglie…)
· assonanza: ripetizione di suoni vocalici (es. piacer figlio
d’affanno; / gioia vana ch’è frutto)
· consonanza: identità di suono consonantico ma con diversa vocale (es. stella – stalla)
· onomatopea: imitazione di un rumore (es. tin tin, tac tac …)
· paronomasia: parole con suono simile, ma con diversa radice
(es. bella Belinda)
b) figure retoriche di parola
· anafora: ripetizione di un termine a inizio verso (Per me si va
ne la città dolente / per me si va … / per me si va tra …)
· anastrofe: inversione degli elementi sintattici (es. spesso il male
di vivere ho incontrato)
· asindeto: legame senza congiunzioni (es. erba, frutta, colori …)
· polisindeto: legame con congiunzioni (e sui pini … / e sul grano
… / e sul fieno …)
· climax: aumento di intensità (es. Albero tristo … infermo …
morto)
· duplicazione: ripetizione di una parola (es. sogna, sogna, mia
cara anima …)
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·
·
·
ellissi: il verbo viene sottinteso (es. un bubbolio lontano)
enumerazione: elenco (es. e l’api e l’isole e i golfi)
epifora: ripetizione di un termine a fine verso (es. E mi dicono
Dormi! / Mi cantano Dormi!)
· figura etimologica: parole con stessa radice (es. amare / d’amor
più forte)
· poliptoto: variazione dello stesso termine con funzioni diverse
(es. sorriderà, se tu sorriderai)
c) figure retoriche di significato
· antonomasia: nome proprio che diventa nome comune (es. Perpetua)
· iperbole: esagerazione (es. dammi mille baci)
· metafora: similitudine senza il come (es. è un leone = è [forte
come] un leone)
· metonimia: un nome al posto di un altro con un legame di dipendenza logica (es. stanco di catene = stanco della prigionia
che viene fatta con le catene)
· sineddoche: un nome al posto di un altro con un legame di quantità (es. non hanno un tetto = non hanno una casa [tetto per casa
= una parte per il tutto])
· sinestesia: relazione tra due parole che appartengono a sfere sensoriali diverse (es. urlo nero [urlo = udito; nero = vista])
d) figure retoriche di pensiero
· antitesi: concetto in opposizione (es. pace non trovo e non ho da
far guerra)
· allegoria: una metafora continuata che interessa un intero concetto (es. mi ritrovai per una selva oscura [selva = condizione di
peccato per tutto il passo])
· allusione: richiamare un concetto senza nominarlo espressamente (es. come sa chi per lei vita rifiuta = Dante allude, nel contesto, al personaggio di Catone)
· apostrofe: rivolgersi ad un interlocutore (es. O donna mia …)
· chiasmo: disposizione di due parole in posizione incrociata (es.
correva l’onda del Po’ regale / l’onda del nitido Mincio correa)
· esclamazione: intonazione marcata (es. Io partirò!)
· ossimoro: accostamento di termini con senso opposto (es.
Ghiaccio bollente)
· personificazione: attribuzione ad oggetti di caratteri umani (es.
O Natura cortese)
· similitudine: paragone tra due concetti (es. la vita è come una
strada in salita)
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3. ELEMENTI TEMATICI
·
·
·
temi principali della poesia – immagini significative
significati del testo: messaggio del poeta, idee del poeta, significati simbolici
parole – chiave: le parole più importanti e quello che esprimono
Per svolgere in modo opportuno questa parte si può procedere nel modo seguente:
si cerca la parola chiave del testo; di norma è in posizione di rilievo (in rima, all’interno di una figura retorica o ripetuta), possono esserci anche
due o tre parole chiave nel testo
per ogni parola chiave si cercano i termini che hanno qualche riferimento
con le parole stesse; in questo modo si vengono a determinare due o più
gruppi di parole
si cercano le relazioni tra i gruppi; queste possono essere: di opposizione
(concetti contrapposti), parallelismo (concetti messi a confronto), identità (concetti ripetuti).
da tutto ciò scaturisce il commento alla poesia.
Es. E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla
(PASCOLI “Il tuono”)
parole chiave: tuono – canto
gruppi di parole:
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TUONO
notte nera/ fragor d'arduo
dirupo / rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo/ rima-
CANTO
Soave / madre / moto di
una culla
relazione tra i gruppi: i due gruppi sono nettamente contrapposti: il gruppo
“TUONO” evoca sensazioni di buio, paura, isolamento … il gruppo
“CANTO” evoca un mondo molto più rassicurante, centrato sugli affetti
familiari e sulla protezione materna del <<nido>>
3. Interpretazione ed approfondimenti del testo
Quest’ultima parte del compito comprende, in genere, alcune domande
sull’autore, sul periodo in cui è vissuto, sulle sue idee fondamentali ed un confronto tra l’autore ed altri scrittori. Per svolgere questa parte occorre conoscere
l’autore anche dal punto di vista critico e saperlo inquadrare nella sua epoca. Si
tratta di un compito che, di per sé, esula dall’aspetto propriamente tecnico
dell’analisi testuale propriamente detta e rimanda di più ad un compito di letteratura
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI ANALISI DI UN
TESTO
TIPOLOGIA A ANALISI DEL TESTO A.S. 2000/2001 sessione ordinaria
Cesare Pavese, La luna e i Falò
C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli,
a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo
so; non c'è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa
dire "Ecco cos'ero prima di nascere". Non so se vengo dalla collina o dalla valle,
dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini
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del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la
figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da
vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si
stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e
duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.
Se sono cresciuto in questo paese, devo dir grazie alla Virgilia, a Padrino, tutta
gente che non c'è più, anche se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché
l'ospedale di Alessandria gli passava la mesata. Su queste colline quarant'anni fa
c'erano dei dannati che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo
dell'ospedale, oltre ai figli che avevano già. C'era chi prendeva una bambina per
averci poi la servetta e comandarla meglio; la Virgilia volle me perché di figlie
ne aveva già due, e quando fossi un po' cresciuto speravano di aggiustarsi in una
grossa cascina e lavorare tutti quanti e star bene. Padrino aveva allora il casotto
di Gaminella - due stanze e una stalla -, la capra e quella riva dei noccioli. Io
venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone, Angiolina la maggiore aveva un anno più di me; e soltanto a dieci anni,
nell'inverno quando morì la Virgilia, seppi per caso che non ero suo fratello. Da
quell'inverno Angiolina giudiziosa dovette smettere di girare con noi per la riva
e per i boschi; accudiva alla casa, faceva il pane e le robiole, andava lei a ritirare
in municipio il mio scudo; io mi vantavo con Giulia di valere cinque lire, le dicevo che lei non fruttava niente e chiedevo a Padrino perché non prendevamo altri
bastardi.
Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i
bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a scuola gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo
per le rime. Ma ero già un ragazzo fatto e il municipio non ci pagava più lo scudo, che io ancora non avevo ben capito che non essere figlio di Padrino e della
Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella, non essere sbucato da sotto i
noccioli o dall'orecchio della nostra capra come le ragazze.
Cesare PAVESE è nato nel 1908 a Santo Stefano Belbo, piccolo centro del Piemonte meridionale nella zona collinare delle Langhe ed è morto a Torino nel
1950. Ha esordito come poeta e traduttore di romanzi americani, per poi affermarsi come narratore. Il brano è tratto dal romanzo La luna e i falò, pubblicato
nel 1950. La vicenda è raccontata in prima persona dal protagonista, Anguilla,
un trovatello allevato da poveri contadini delle Langhe, il quale, dopo aver fatto
fortuna in America, ritorna alle colline della propria infanzia.
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1. Comprensione complessiva
Dopo una prima lettura, riassumi il contenuto informativo del testo in non più di
dieci righe.
2. Analisi e interpretazione del testo
2.1 "C'è una ragione...". Individua nel testo la ragione del ritorno del protagonista.
2.2 I paesi e i luoghi della propria infanzia sono indicati dal protagonista con i
loro nomi propri e con insistenza. Spiegane il senso e la ragione.
2.3 Spiega il significato delle espressioni "non c'è da queste parti una casa né un
pezzo di terra, né delle ossa" e chiarisci il senso della ricerca di se stesso "prima
di nascere".
2.4 La parola "carne" ritorna nel testo tre volte. Spiega il significato di questa
parola e della sua iterazione.
2.5 Spiega come poter conciliare l'affermazione "tutte le carni sono buone e si
equivalgono" con il desiderio che uno ha "di farsi terra e paese" per durare oltre
l'esistenza individuale ed effimera.
2.6 La parola "bastardo" ricorre con insistenza. Spiegane il significato in riferimento alla situazione specifica in cui il termine viene di volta in volta collocato.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
Sulla base dell'analisi condotta, proponi una tua interpretazione complessiva del
brano ed approfondiscila collegando questa pagina iniziale di La luna e i falò
con altre prose o poesie di Pavese eventualmente lette. In mancanza di questa
lettura, confrontala con testi di altri scrittori contemporanei o non, nei quali ricorre lo stesso tema del ritorno alle origini. Puoi anche riferirti alla situazione
storico-politica dell'epoca o ad altri aspetti o componenti culturali di tua conoscenza.
Provo a svolgere l’analisi
1. Comprensione complessiva
Dopo una prima lettura, riassumi il contenuto informativo del testo in non più di
dieci righe.
Si tratta di elaborare un riassunto del testo di circa dieci righe. Procedo secondo
le regole che ho esposto in precedenza.
individuare le parole, le idee e le frasi importanti e sottolinearle
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C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli,
a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo
so; non c'è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa
dire "Ecco cos'ero prima di nascere". Non so se vengo dalla collina o dalla valle,
dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini
del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la
figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da
vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si
stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e
duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.
Se sono cresciuto in questo paese, devo dir grazie alla Virgilia, a Padrino, tutta
gente che non c'è più, anche se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché
l'ospedale di Alessandria gli passava la mesata. Su queste colline quarant'anni fa
c'erano dei dannati che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo
dell'ospedale, oltre ai figli che avevano già. C'era chi prendeva una bambina per
averci poi la servetta e comandarla meglio; la Virgilia volle me perché di figlie
ne aveva già due, e quando fossi un po' cresciuto speravano di aggiustarsi in una
grossa cascina e lavorare tutti quanti e star bene. Padrino aveva allora il casotto
di Gaminella - due stanze e una stalla -, la capra e quella riva dei noccioli. Io
venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone, Angiolina la maggiore aveva un anno più di me; e soltanto a dieci anni,
nell'inverno quando morì la Virgilia, seppi per caso che non ero suo fratello. Da
quell'inverno Angiolina giudiziosa dovette smettere di girare con noi per la riva
e per i boschi; accudiva alla casa, faceva il pane e le robiole, andava lei a ritirare
in municipio il mio scudo; io mi vantavo con Giulia di valere cinque lire, le dicevo che lei non fruttava niente e chiedevo a Padrino perché non prendevamo altri
bastardi.
Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i
bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a scuola gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo
per le rime. Ma ero già un ragazzo fatto e il municipio non ci pagava più lo scudo, che io ancora non avevo ben capito che non essere figlio di Padrino e della
Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella, non essere sbucato da sotto i
noccioli o dall'orecchio della nostra capra come le ragazze.
b) cancellare le frasi superflue
Sono tornato in questo paese, perché questo è il luogo dove son nato Non so se
vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza
che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari era la figlia dei pa61
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droni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia
due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono,
ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, perché la sua carne
valga e duri
Se sono cresciuto in questo paese, devo dir grazie alla Virgilia, a Padrino, tutta
gente che non c'è più, anche se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché
l'ospedale di Alessandria gli passava la mesata. Su queste colline quarant'anni fa
c'erano dei dannati che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo
dell'ospedale, oltre ai figli che avevano già. Io venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone, Angiolina la maggiore aveva
un anno più di me; e soltanto a dieci anni, nell'inverno quando morì la Virgilia,
seppi per caso che non ero suo fratello.
Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i
bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a scuola gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo
per le rime. Ancora non avevo ben capito che non essere figlio di Padrino e della
Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella, non essere sbucato da sotto i
noccioli o dall'orecchio della nostra capra come le ragazze.
Generalizzare e nominalizzare:
I nomi specifici cerco di trasformarli in nomi generali; le frasi composte da più
parole vanno possibilmente ridotte ad una sola parola
Sono tornato in questo paese, perché questo è il luogo dove son nato Non so se
da dove vengo: collina o valle, o boschi . Mia madre, che mi ha lasciato sugli
scalini del duomo di Alba, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure
mi ci hanno portato due povere donne da qualche località vicina. Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le cose sono buone e si equivalgono, ma è
per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici.
Se sono cresciuto in questo paese, devo ringraziare alcune persone come Virgilia
e Padrino, anche se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché l'ospedale di
Alessandria gli passava la mesata. Su queste colline quarant'anni fa c'erano dei
dannati che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo dell'ospedale, oltre ai loro figli. Io venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone, Angiolina la maggiore aveva un anno più di me; e
soltanto a dieci anni, quando morì la Virgilia, seppi per caso che non ero suo
fratello.
Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i
bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a scuola gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo
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per le rime. Ancora non avevo ben capito che non essere figlio di Padrino e della
Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella
d) Risistemare e mettere i connettivi
Cerco di collegare le frasi tra di loro
Sono tornato in questo paese, perché questo è il luogo dove son nato, anche se
non so da dove vengo: collina o valle, o boschi . Mia madre, che mi ha lasciato
sugli scalini del duomo di Alba, magari era la figlia dei padroni di un palazzo,
oppure mi ci hanno portato due povere donne da qualche località vicina. Ho
girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le cose sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici. Se sono cresciuto
in questo paese, devo ringraziare alcune persone come Virgilia e Padrino, anche
se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché l'ospedale di Alessandria gli
passava la mesata. Infatti su queste colline quarant'anni fa c'erano dei dannati
che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo dell'ospedale, oltre
ai loro figli. Per questo io venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone; Angiolina, la maggiore, aveva un anno più di me;
e soltanto a dieci anni, quando morì la Virgilia, l’altra ragazza, seppi per caso
che non ero suo fratello. Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a
scuola, gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo per le rime. Ancora non avevo ben capito che
non essere figlio di Padrino e della Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella
Alla fine il riassunto si presenterà così:
Sono tornato in questo paese, perché questo è il luogo dove son nato, anche se
non so da dove vengo: collina o valle, o boschi . Mia madre, che mi ha lasciato
sugli scalini del duomo di Alba, magari era la figlia dei padroni di un palazzo,
oppure mi ci hanno portato due povere donne da qualche località vicina. Ho
girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le cose sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici. Se sono cresciuto
in questo paese, devo ringraziare alcune persone come Virgilia e Padrino, anche
se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché l'ospedale di Alessandria gli
passava la mesata. Infatti su queste colline quarant'anni fa c'erano dei dannati
che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo dell'ospedale, oltre
ai loro figli. Per questo io venni su con le ragazze, ci rubavamo la polenta, dormivamo sullo stesso saccone; Angiolina, la maggiore, aveva un anno più di me;
e soltanto a dieci anni, quando morì la Virgilia, l’altra ragazza, seppi per caso
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che non ero suo fratello. Adesso sapevo ch'eravamo dei miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i bastardi dell'ospedale. Prima, quando correndo a
scuola, gli altri mi dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e rispondevo per le rime. Ancora non avevo ben capito che
non essere figlio di Padrino e della Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella
2. Analisi e interpretazione del testo
Adesso devo rileggere attentamente il passo e rispondere in modo puntuale e
adeguatamente dettagliato alle domande che mi sono poste
2.1 "C'è una ragione...". Individua nel testo la ragione del ritorno del protagonista.
La ragione del ritorno del protagonista è legata al desiderio di riscoprire le sue
radici, di ritrovare il luogo dove ha trascorso l’infanzia, una parte molto importante e significativa della sua esistenza. Accanto a ciò c’è la condizione di
<<sradicato>> del personaggio che non ha più punti di riferimento e cerca di
ritrovarli nel paese natale. Nel testo possiamo trovare le seguenti espressioni:
<<C'è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato>> e <<uno si stanca e cerca
di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di più che un comune giro di stagione.>>
2.2 I paesi e i luoghi della propria infanzia sono indicati dal protagonista
con i loro nomi propri e con insistenza. Spiegane il senso e la ragione.
Il fatto che il protagonista indichi i luoghi della sua infanzia con i rispettivi nomi
propri si deve al valore affettivo ed alla grande considerazione che egli nutre per
questi posti che vengono, in un certo qual modo, assimilati ai suoi genitori biologici che egli non ha mai visto né conosciuto. Per questi motivi il protagonista
insiste più volte sulla denominazione delle località, anche in modo molto specifico e particolareggiato, come di norma si fa con qualcosa che ci appartiene e che
sentiamo legato al nostro “essere”
2.3 Spiega il significato delle espressioni "non c'è da queste parti una casa
né un pezzo di terra, né delle ossa" e chiarisci il senso della ricerca di se
stesso "prima di nascere".
L’espressione <<non c’è da queste parti ... terra ... delle ossa>> sta a significare
l’assenza di tracce e di segnali concreti che possano far dedurre al protagonista
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di essere veramente nato in un preciso posto e da specifiche persone, delle quali
- come abbiamo visto - ha perduto ogni elemento. L’espressione <<prima di nascere>> chiarisce il significato della ricerca che il protagonista sta compiendo.
Si tratta di un ritorno alle origini non solo della sua vita, ma anche
dell’entroterra familiare e culturale nel quale sono vissuti i suoi genitori biologici e pertanto una riscoperta della dimensione ancestrale della propria esistenza.
Siamo di fronte ad una ricerca che, secondo lo stile di Pavese, si configura quasi
come un percorso mitologico, attraverso l’ignoto e lo sconosciuto.
2.4 La parola "carne" ritorna nel testo tre volte. Spiega il significato di questa parola e della sua iterazione.
Il termine <<carne>> è sinonimo di <<natura umana>>, e più specificamente di
identità culturale, morale e antropologica. Il soggetto, fatto di carne, è titolare di
diritti naturali e di una serie di doveri verso se stesso e verso gli altri che lo rendono elemento di una società della quale è chiamato, volente o nolente, a fare
parte. In questo caso il protagonista, con l’iterazione del termine, vuol fare intendere il suo desiderio, comune ad ogni uomo, di trovare un posto stabile, in cui
<<mettere radici>>, allo scopo di entrare a far parte di una specifica collettività
organizzata. In questo vi è il comune sentimento che porta ognuno di noi a identificarsi con una particolare identità culturale e sociale; per questo il Nostro, dopo tanti viaggi, vuole tornare al suo paese natale, in modo da ritrovare le sue origini.
2.5 Spiega come poter conciliare l'affermazione "tutte le carni sono buone e
si equivalgono" con il desiderio che uno ha "di farsi terra e paese" per durare oltre l'esistenza individuale ed effimera.
La prima espressione <<tutte le carni sono buone e si equivalgono>> denota il
sentimento di rispetto e di eguaglianza che il protagonista ha verso gli uomini di
qualunque cultura, paese, tempo e luogo. Questo, tuttavia, non fa venir meno, in
lui, il desiderio di <<farsi terra e paese>>, proprio perché ogni uomo, pur eguale come dignità agli altri, è però diverso negli aspetti culturali, morali, ideali,
antropologici. Per questo motivo ognuno desidera crearsi una propria identità,
che è rappresentata da sempre dagli elementi naturali dell’aggregazione sociale:
il paese, la terra, la famiglia, elementi che hanno contraddistinto, a partire dal
Neolitico, tutte le civiltà.
2.6 La parola "bastardo" ricorre con insistenza. Spiegane il significato in
riferimento alla situazione specifica in cui il termine viene di volta in volta
collocato.
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La parola <<bastardo>> significa figlio illegittimo (dall’ant. Franc. bastard =
figlio di re e di concubina con suffisso spregiativo). Con questo significato il
termine viene usato, nel brano, per tre volte. In particolare: <<c'erano dei dannati che per vedere uno scudo d'argento si caricavano un bastardo dell'ospedale>> = allusione alla costumanza di prendere con sé i figli abbandonati dai genitori per sfruttarli come forza da lavoro; <<... chiedevo a Padrino perché non
prendevamo altri bastardi>> = come sopra; <<Adesso sapevo ch'eravamo dei
miserabili, perché soltanto i miserabili allevano i bastardi dell'ospedale>> =
allusione alla condizione miserabile della famiglia che aveva preso il protagonista.
Una quarta volta il termine è usato con un significato più ampio e traslato, precisamente verso la fine del brano: <<Prima, quando correndo a scuola gli altri mi
dicevano bastardo, io credevo che fosse un nome come vigliacco o vagabondo e
rispondevo per le rime>> = in questo caso bastardo diviene sinonimo di vigliacco, vagabondo, persona spregevole e con connotazioni negative, almeno secondo
il punto di vista dei compagni di scuola del Nostro. Anch’egli, comunque, dà al
termine una interpretazione traslata come emerge nella frase seguente: <<io ancora non avevo ben capito che non essere figlio di Padrino e della Virgilia voleva dire non essere nato in Gaminella, non essere sbucato da sotto i noccioli o
dall'orecchio della nostra capra come le ragazze.>> = qui la parola bastardo
significa persona estranea al contesto sociale e famigliare in cui vive; diventa,
pertanto, sinonimo di <<sradicato>>, <<senza radici>>, che è poi la condizione
che caratterizza il protagonista.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
Sulla base dell'analisi condotta, proponi una tua interpretazione complessiva del
brano ed approfondiscila collegando questa pagina iniziale di La luna e i falò
con altre prose o poesie di Pavese eventualmente lette. In mancanza di questa
lettura, confrontala con testi di altri scrittori contemporanei o non, nei quali ricorre lo stesso tema del ritorno alle origini. Puoi anche riferirti alla situazione
storico-politica dell'epoca o ad altri aspetti o componenti culturali di tua conoscenza.
Questa parte è praticamente un commento basato sulle conoscenze personali di
letteratura e storia della cultura letteraria italiana. Si può svolgere in tre modi:
- collegando la pagina di “La luna e i falò” con altre prose o poesie di Pavese
- facendo un confronto con testi di altri scrittori, contemporanei o non, nei quali
ricorre lo stesso tema del ritorno alle origini
- facendo riferimento alla situazione storico-politica dell'epoca o ad altri aspetti
o componenti culturali di tua conoscenza.
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Scelgo - a titolo di esempio - la seconda possibilità, cioè il confronto con testi di
altri scrittori che hanno affrontato lo stesso tema del ritorno alle origini. Tra i
contemporanei scelgo: Vittorini, Ungaretti, Quasimodo, Haley; tra i classici:
Virgilio, Agostino, Dante, Foscolo.
Il tema del ritorno alle origini e della riscoperta delle proprie radici culturali,
familiari, ideali ed etiche è un aspetto tra i più interessanti che hanno caratterizzato l’esperienza poetica o narrativa e, in genere, la cultura letteraria di ogni epoca. Molti scrittori hanno trattato questa tematica, che abbiamo potuto osservare
in Pavese, il quale, nei suoi romanzi, tra cui il menzionato “La luna e i falò”,
sviluppa il motivo del ritorno del protagonista, sradicato e senza famiglia, nella
propria terra di origine. Nel suo caso l’operazione non riesce poiché Anguilla
riscontra il sostanziale fallimento dell’esperienza, constatando la devastazione
morale, sociale e intellettuale del suo paese natale; così, non riuscendo a ricostituire la sua identità e a ritrovare le sue vere radici, decide di andarsene.
Tra i vari scrittori, contemporanei o non, che hanno trattato il tema del ritorno
alle origini, possiamo sceglierne alcuni particolarmente significativi.
Nella letteratura latina abbiamo un esempio di <<ritorno alle radici>> che coinvolge tutto un popolo; si tratta dell’Eneide virgiliana, opera che ha lo scopo di
nobilitare la civiltà romana, riscoprendone, in chiave mitologica, le origini e le
cause della sua nascita. Per questo Virgilio parte addirittura dalla guerra di Troia
e ripercorre le tappe principali del viaggio di Enea, che riceve dagli dei il compito di dare origine ad una nuova patria. La dimensione personale e privata del
ritorno alle origini è riscontrabile, invece, in un altro grande autore della latinità,
Agostino che nelle “Confessioni” ripercorre le tappe dei suoi errori, delle sue
cadute e del percorso spirituale che lo ha portato all’incontro con Dio. Egli parte
addirittura dalla nascita, sottolineando come, sin dai primi giorni di vita,
nell’uomo (ancora lattante) ci sia un egoismo innato, che lo porta ad una sostanziale avidità e ad un desiderio di emergere, manifestando rabbia e capricci. Questa inclinazione innata al male accompagna l’uomo per tutta la vita; Agostino
cita, per esempio, il furto di alcune pere, da lui attuato assieme ad alcuni amici
solo per il gusto stesso di commettere un peccato. Per il filosofo cristiano solo
l’incontro con Dio è in grado di cambiare l’uomo e di renderlo aperto e disponibile al bene ed all’amore verso il prossimo. Per passare alla letteratura italiana,
potremmo citare Dante che, nella “Vita nuova” ci descrive il suo percorso spirituale verso Dio, tramite Beatrice. Egli parte proprio dall’infanzia, chiamando la
prima parte dell’opera il <<libro della memoria>> e facendo risalire le radici
dell’amore all’età infantile. L’infanzia è poi trattata da Ugo Foscolo che nel celebre sonetto “A Zacinto” rievoca le sue origini in chiave mitologica. Attraverso
Venere, Omero, Ulisse egli riscopre le radici della sua esistenza (nato da madre
greca, in terra greca) e si identifica con gli alti valori e i profondi significati che
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rappresentano quei miti: l’amore (e la madre), la poesia eternatrice, la bellezza,
l’eroe.
Se consideriamo la letteratura contemporanea, possiamo ugualmente trovare importanti autori che hanno trattato il tema del ritorno alle origini. L’infanzia è uno
dei temi che emergono nelle poesie del primo Quasimodo, assieme alla Sicilia,
al mito, all’esilio. L’infanzia viene vissuta in una dimensione mitica, come
un’età perduta e lontana che va a ricollegarsi con la nostalgia per la propria terra
abbandonata e rivissuta in chiave simbolica. Testi come “Vento a Tindari” o
“Che vuoi, pastore d’aria” ci presentano queste riflessioni del poeta siciliano,
con complessi richiami simbolici secondo la tecnica propria dell’Ermetismo.
Anche Ungaretti, nella sua “Vita di un uomo” ha ripercorso le tappe della sua
esistenza. Il componimento “I fiumi” è un esempio di viaggio a ritroso nel proprio passato, attraverso i fiumi, a partire dalle radici lucchesi (Serchio),
dall’infanzia in Egitto (Nilo), dalla formazione culturale francese (Senna), per
poi finire con il momento attuale della prima guerra mondiale (Isonzo).
Se passiamo alla prosa, possiamo ricordare Elio Vittorini, che nel suo capolavoro “Conversazione in Sicilia” racconta di Silvestro (il protagonista) che decide di
partire da Milano e tornare nel suo paesino natale, in Sicilia, alla riscoperta delle
sue radici. Qui egli scopre una realtà di dolore e malattia che, tuttavia, non porterà ad alcuna svolta, né al bisogno di rivolgimento interiore, ma solo ad un vagare
in solitudine. Attraverso la madre Concetta, che fa il giro del paese per fare le
iniezioni agli ammalati, Silvestro entra in contatto con un’umanità sofferente, ed
in seguito farà amicizia con alcune persone (Calogero, Ezechiele, Porfirio) che
sono poi la rappresentazione umanizzata delle principali ideologie antifasciste
(marxista, liberale, cattolica) nessuna delle quali, tuttavia, riesce ad esprimere
una soluzione convincente alla situazione di degrado e di prostrazione cui è soggetto il “mondo offeso”. Il finale del libro, infatti, è problematico e non offre una
soluzione determinata, ma si risolve in una sorta di insuccesso. Terminiamo con
la citazione di uno scrittore americano, Alex Haley, che ha raccontato nel celebre libro “Radici” (1977) la storia della sua famiglia, risalendo addirittura al
1767, attraverso la schiavitù, la guerra di secessione, gli avvenimenti successivi
fino all’America contemporanea. Anche quest’opera è un esempio di come il
ritorno alle origini costituisca da sempre un elemento fondamentale
nell’espressione letteraria e nell’indagine conoscitiva dell’uomo dentro se stesso.
TIPOLOGIA A ANALISI DEL TESTO A.S. 1998/1999 sessione ordinaria
Giuseppe Ungaretti, I fiumi
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina (1)
che ha il languore
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di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato
L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
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che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio (2)
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d'inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
(1) dolina: concavità del terreno (formata dall'azione dell'acqua piovana) tipica
del Carso.
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(2) Serchio: fiume della Lucchesia, terra di origine della famiglia di Ungaretti.
Giuseppe Ungaretti (1888-1970), di famiglia toscana, nato ad Alessandria d'Egitto, visse in gioventù a Parigi. Durante la prima Guerra Mondiale combatté sul
fronte italiano e proprio mentre era al fronte compose molte poesie della raccolta
L'allegria (pubblicata in più edizioni, a partire dal 1919).
Anche questa poesia è stata scritta mentre il poeta era al fronte, nella zona del
Carso, sulle rive dell'Isonzo, il fiume che è stato una importante zona di guerra e
il cui paesaggio è rimasto "mutilato". Il poeta-soldato Ungaretti si immerge in
questo fiume, per cercare ristoro e passa in rassegna i fiumi che hanno segnato le
tappe della sua vita.
1. Parafrasi e comprensione complessiva.
Dopo aver fatto la parafrasi di questa poesia, riassumi brevemente il contenuto
dei tre tempi in cui essa si articola (vv. 1-26), (vv. 27-41), (vv. 42-69).
2. Analisi e commento del testo.
2.1 Che cosa rappresenta ciascun fiume nella vita del poeta?
2.2 Spiega il significato dei versi 9-12 "Stamani mi sono disteso / in un'urna
d'acqua / e come una reliquia / ho riposato", individuando anche in altre espressioni del testo gli elementi di sacralità presenti nella lirica.
2.3 Quale significato simbolico assume l'acqua che accompagna il viaggio del
poeta alla scoperta di sé e al recupero del passato attraverso la memoria?
2.4 Per quali ragioni il poeta definisce questa lirica la propria "carta d'identità"
contenente i "segni" che gli permettono di riconoscersi?
2.5 Ungaretti, come altri poeti del tempo, avverte la necessità di trovare nuovi
mezzi espressivi, diversi da quelli tradizionali e più adatti a rappresentare la fragilità e la precarietà della condizione umana. Spiega in che cosa consiste la cosiddetta rivoluzione metrica attuata dal poeta in questa prima fase della sua sperimentazione formale, indicandone anche qualche esempio in questa lirica.
3. Approfondimenti.
Il tema del viaggio, spesso metaforico, è un motivo ricorrente nella letteratura
simbolista e decadente. Conosci altre poesie di altri autori che trattano questo
tema?
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Svolgo il compito
1. Parafrasi e comprensione complessiva.
Per fare la parafrasi applico le regole esposte in precedenza
a) evidenzio le parole di uso non comune o difficili e le figure retoriche di
significato (metafore, sinestesie, metonimie …)
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato
L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
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mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d'inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
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contati nell'Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
b) faccio la costruzione della frase in ordine logico: soggetto + verbo + complemento oggetto + altri complementi
Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e ho riposato
come una reliquia
L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e mi sono chinato a ricevere
il sole
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come un beduino
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
forse duemil'anni
di mia gente campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d'inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
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e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
c) riscrivo il testo cambiando le parole difficili e sciogliendo le figure retoriche
Mi tengo a quest'albero tagliato
abbandonato in questa dolina
che ha la tristezza
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio silenzioso
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in una cavità piena d’acqua, che sembrava un’urna
e ho riposato
come se fossi una reliquia
L'Isonzo scorrendo
mi passava sopra e mi lisciava
come fossi un suo sasso
Ho tirato su
il mio corpo magro e stanco
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua
Mi sono chinato
vicino ai miei vestiti
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sporchi a causa della guerra
e mi sono chinato a prendere
il sole
come fossi un beduino
Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una arrendevole parte
del mondo universale
Il mio tormento
è quando
non mi credo
in armonia
Ma quelle acque
che mi avvolgono
come se fossero mani
mi donano
la rara
felicità
Ho ripercorso mentalmente
i momenti importanti
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi, attraverso cui ho svolto il mio percorso
Questo è il Serchio
nel quale sono cresciuti i miei antenati
forse duemila anni
della mia gente campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e farmi prendere dalla passione giovanile e inconsapevole
nelle estese pianure
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Questa è la Senna
e in quella sua acqua torbida
mi sono come rimescolato idealmente
e mi sono riconosciuto in una identità culturale
Questi sono i miei fiumi
che confluiscono idealmente nell'Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
adesso ch'è un momento doloroso
che la mia vita mi sembra
la corolla di un fiore
che, però, è del colore nero come le tenebre
Dopo aver fatto la parafrasi di questa poesia, riassumi brevemente il contenuto
dei tre tempi in cui essa si articola (vv. 1-26), (vv. 27-41), (vv. 42-69).
Il riassunto delle tre parti del testo, a questo punto, dopo che è già stata svolta la
parafrasi, non presenta serie difficoltà e può agevolmente svolgersi secondo le
regole già esposte o anche senza una loro applicazione minuziosa
vv. 1-26: il poeta si trova nel Carso, in una dolina, durante la Prima guerra mondiale; riflette con se stesso e dice di essersi steso dentro ad una cavità piena
d’acqua, vicino all’Isonzo. Lì ha iniziato a contemplare il paesaggio, poi ha raccolto i suoi vestiti e si è messo a prendere il sole
vv. 27-41: il poeta riflette sull’Isonzo, il fiume in cui si trova; lì egli si riconosce
come una parte dell’Universo e individua le radici del suo dolore quando non si
sente in armonia con ciò che lo circonda
vv. 42-69: il poeta compie un percorso mentale, attraverso i quattro fiumi che
hanno segnato le quattro tappe più importanti della sua esistenza: il Serchio, fiume della Lucchesia, che ricorda ad Ungaretti la sua famiglia originaria di quelle
parti; il Nilo, che gli ricorda l’Egitto, dove è nato e dove ha trascorso la sua infanzia; la Senna, che gli ricorda l’ambiente francese, nel quale ha completato la
sua formazione culturale e letteraria. Infine l’Isonzo, il fiume legato al momento
presente, quello della guerra, nel quale si ricapitolano tutte le esperienze del poeta che sfociano in una amara considerazione sulla vita e sul dolore.
2. Analisi e commento del testo.
Occorre ora rileggere attentamente il testo, cercare di ricordare le conoscenze
sull’autore e rispondere in modo puntuale alle domande
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2.1 Che cosa rappresenta ciascun fiume nella vita del poeta?
Il Serchio rappresenta le origini della famiglia del poeta, i cui genitori erano lucchesi; inoltre, per estensione, sta ad indicare un’indagine sulle radici dei propri
antenati agricoltori e lavoratori della terra. Il Nilo rappresenta l’Egitto, la terra in
cui Ungaretti è nato, il paese in cui ha vissuto la sua infanzia. La Senna rappresenta la Francia, la sua formazione culturale ed intellettuale, il contatto con il
mondo della Letteratura (Espressionismo, avanguardie, simbolismo) e della Filosofia (Bergson). L’Isonzo rappresenta il momento attuale, la guerra nel Carso, la
morte, la distruzione. In questo fiume sono ricapitolati tutti gli altri, cioè le tappe
fondamentali della vita dell’autore
2.2 Spiega il significato dei versi 9-12 "Stamani mi sono disteso / in un'urna
d'acqua / e come una reliquia / ho riposato", individuando anche in altre
espressioni del testo gli elementi di sacralità presenti nella lirica.
Il poeta, stendendosi nell’acqua, si è sentito come chiuso in un’urna, ha meditato
sulla sua vita e sull’esistenza umana e universale; si è riconosciuto come parte
dell’Universo e ha trovato in se stesso ed in ogni uomo una dimensione sacrale
(ecco il perché dell’accostamento alla reliquia). Elementi di sacralità si trovano
anche in altre parti della poesia:
<<L'Isonzo scorrendo / mi levigava / come un suo sasso>> = l’acqua assume una
funzione rigeneratrice e purificatrice, richiama l’acqua del fonte battesimale
<<Ho tirato su / le mie quattr’ossa>> = la figura umana è scarnificata dal male e
dal peccato, ma questo è un presupposto per la sua futura rigenerazione
<<come un acrobata / sull'acqua>> = richiama allusivamente Cristo che cammina sulle acque del Giordano e mette alla prova i suoi discepoli sulla fede in lui.
<<come un beduino / mi sono chinato...>> = richiama le preghiere dei musulmani che si inchinano rivolgendo il corpo in direzione della Mecca
2.3 Quale significato simbolico assume l'acqua che accompagna il viaggio
del poeta alla scoperta di sé e al recupero del passato attraverso la memoria?
L’acqua, come già detto, rappresenta la purificazione e la rigenerazione; vi è in
essa anche un chiaro richiamo liturgico al Battesimo. Non dobbiamo, comunque,
dimenticare che nella cultura biblica l’acqua è spesso causa di morte e di distruzione (diluvio universale, il Mar Rosso che fa morire gli Egiziani ...). Dalla morte, però, scaturisce sempre la vita (salvezza di Noè, salvezza degli Ebrei guidati
da Mosè ...). Per questo il poeta ha scelto l’acqua come motivo conduttore del
suo viaggio nel passato per recuperare, con i suoi ricordi fondamentali, la sua
identità individuale, morale e spirituale.
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2.4 Per quali ragioni il poeta definisce questa lirica la propria "carta d'identità" contenente i "segni" che gli permettono di riconoscersi?
Per il motivo già detto: i quattro fiumi (Serchio, Nilo, Senna, Isonzo) rappresentano le tappe fondamentali della vita del poeta. Attraverso questi fiumi egli riesce a riconoscere se stesso e la propria identità storica, civile, morale e culturale;
in pratica, come afferma, si riconosce <<fibra dell’universo>>. La riflessione di
Ungaretti, condotta attraverso i fiumi, è una presentazione del proprio <<io>>
con un sistema efficace e singolare che può, a buon diritto, essere definito la sua
<<carta di identità>>.
2.5 Ungaretti, come altri poeti del tempo, avverte la necessità di trovare
nuovi mezzi espressivi, diversi da quelli tradizionali e più adatti a rappresentare la fragilità e la precarietà della condizione umana. Spiega in che
cosa consiste la cosiddetta rivoluzione metrica attuata dal poeta in questa
prima fase della sua sperimentazione formale, indicandone anche qualche
esempio in questa lirica.
La rivoluzione ungarettiana si inserisce nel panorama del Primo Novecento, sulla scia delle sperimentazioni delle avanguardie storiche (Futurismo, Espressionismo) e della lirica dei crepuscolari (Moretti, Corazzini ...). Si avverte l’esigenza
di superare la tradizione e di liberarsi dagli schemi classicisti, anche per poter
esprimere, in modo più efficace, la condizione di disagio e di precarietà
dell’uomo contemporaneo. Ungaretti sceglie, nella prima fase della sua produzione poetica, versi molto brevi, i cosiddetti versicoli, che si presentano frantumati e destrutturano il discorso e la sintassi tradizionale. Pochi gli aggettivi e i
connettivi logici, assente la punteggiatura; scarse le rime, sostituite dalle assonanze, dalle allitterazioni, dal fonosimbolismo. La tecnica più usata è il procedimento analogico, che consiste nell’accostare immagini e parole che apparentemente non hanno alcun nesso logico, ma che, in realtà, nascondono segrete corrispondenze e forti connessioni intuitive. La poesia di Ungaretti, in sostanza, punta sull’efficacia espressiva della parola e per questo viene definita <<poesia pura>>. Possiamo trovare qualche esempio di quanto detto dal testo esaminato:
Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato
Non ci sono punti e virgole; i versi sono liberi; si può notare l’assonanza in a:
urna d'acqua / e come una reliquia / ho riposato.
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urna d’acqua = è una metafora ed un procedimento analogico: la cavità che raccoglie l’acqua diventa come un’urna nella quale si cala il corpo del poeta che
acquista una valenza sacrale, espressa anche dalla similitudine <<come una reliquia>>
3. Approfondimenti.
Il tema del viaggio, spesso metaforico, è un motivo ricorrente nella letteratura
simbolista e decadente. Conosci altre poesie di altri autori che trattano questo
tema?
Quest’ultima parte del compito chiede di svolgere una breve trattazione sul tema
del viaggio, anche in senso metaforico, nella letteratura del Simbolismo e del
Decadentismo. Scelgo, a questo proposito, Baudelaire, Rimbaud, Pascoli, Gauguin.
Molti sono gli autori del Decadentismo e del Simbolismo che hanno trattato la
tematica del viaggio, sia in senso reale, sia in senso metaforico. Possiamo partire
da Baudelaire, il maestro dei poeti simbolisti francesi. Egli ha visto il viaggio
come evasione nel mondo dei sensi e in quello incontaminato e puro
dell’immaginazione. La metafora del viaggio serve a Baudelaire per esprimere
il suo disagio verso la società contemporanea in cui non si riconosce. Per questo
aspira ad un altro mondo, e in lui ricorre il tema dell’esilio come, ad esempio,
l’esilio dell’albatro, che significa poi l’esilio del poeta sulla terra. La ricerca di
un “altrove”, diventa l’aspirazione del poeta ad una nuova patria, e, nello stesso
tempo, una evasione. Alcune sue composizioni ci parlano, infatti, di un viaggio
immaginario che muove dai sensi.
Nel Decadentismo viene ripreso molto il mito di Ulisse, reinterpretato per gli
elementi di apertura ed ambiguità che racchiude. Il viaggio di Odisseo diviene
una ricerca esistenziale che rende vivo ed attuale questo mito. La ricerca avviene
essenzialmente in una dimensione interiore e dell’inconscio.
Il poeta Rimbaud in “Battello ebbro” ci propone un'evanescente metafora del
viaggio che si configura come una frattura, un allontanamento da tutto quello
che è noto e come una perdita di sensibilità, cioè, in sostanza, un abbandono alla
oscillazione delle acque, all'ondeggiamento, alla fluttuazione, quasi un richiamo
ad una forma di purificazione che riscopre l’infanzia.
Pascoli invece nell' “Ultimo viaggio” vede Ulisse come un esule sconfitto, che
ricerca una verità superiore, ma invano e muore nell'isola di Calipso dopo una
inutile interrogazione sul senso della vita.
Anche il pittore Gauguin, caposcuola indiscusso del Simbolismo pittorico, ha
trattato il tema del viaggio. Gauguin rifiuta il soffocante clima sociale che lo circonda. Per questo fugge da Parigi e dall'Europa, attratto dal bisogno di nuovi
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soggetti da ritrarre, ma anche dalla ricerca di un universo puro e felice in cui rinnovarsi. Frutto di questa esperienza è una sorta di romanzo-diario dei suoi 'giorni
oceanici': "Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?".
Infine abbiamo Joyce che nel suo “Ulisse” ripropone ancora il motivo dell'eroe
viaggiatore, ambientando però la vicenda nella moderna Dublino. Il viaggio diventa la vana ricerca del senso della vita da parte dell'uomo moderno, che non
riesce a trovare il significato della banalità del quotidiano, e si abbandona ad un
flusso confuso i pensieri.
Il viaggio in sostanza rappresenta una compresenza tra la fedeltà alle radici della
terra natale e dei valori della società in cui si vive, e la volontà della ricerca, della conoscenza piena dell'altro. E' un rischio di perdere qualcosa, ma può essere
anche l’occasione di conquistare qualcos’altro e di realizzare la speranza del
ritorno o l’esperienza estatica dell’ abbandono all'ignoto.
LE ALTRE FORME DI SVOLGIMENTO DELLA TIPOLOGIA B
Accanto al saggio breve ed all’articolo di giornale la Tipologia B prevede altre
forme di svolgimento che, almeno per ora (2009), non sono mai state proposte
nelle sessioni d’esame, ma restano indicate nel D.M. 18.09.1998 n° 356 art. 1
comma 2 lett. B). Esse sono: relazione, intervista, lettera
LA RELAZIONE
La relazione è un testo che espone in modo di norma sintetico i risultati di
un’esperienza o di una ricerca. Rientra nei testi espositivi. Vi sono molte tipologie di relazione, in base al contenuto: di un viaggio, di un esperimento scientifico, di un libro letto e commentato, di una ricerca ...
Una relazione si svolge secondo alcune indicazioni che, nel caso specifico di un
testo da comporre secondo i quattro ambiti previsti dalla legislazione attuale, e
cioè storico-politico, socio-economico, artistico - letterario, tecnico-scientifico,
potrebbero essere le seguenti:
1. Illustrazione degli obiettivi che si propone la relazione
2. Descrizione dell’esperienza, esposizione commentata delle informazioni apprese, se possibile divise in paragrafi titolati - citazione delle fonti
3. Approfondimento con le proprie considerazioni personali
4. Conclusioni con valutazione finale
5. Indicazione delle fonti adoperate
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L’INTERVISTA
L’intervista è un testo che riporta una conversazione tra un giornalista ed un personaggio, in genere importante e famoso. Rientra nella tipologia dei testi giornalistici, ma ha una struttura ed una forma particolari. Può assumere caratteristiche
diverse, a seconda del tipo di soggetto intervistato: esperto di settore, testimone
di un avvenimento, politico, personaggio dello sport ...
L’intervista deve essere sintetica ed efficace, in modo da essere letta con facilità,
e possibilmente dovrebbe avere caratteri di neutralità, visto che l’intervistatore
deve mantenere la sua imparzialità ed indipendenza di fronte alle opinioni espresse dall’intervistato.
Dal punto di vista della struttura il testo può essere così articolato:
1. Introduzione
2. Domanda dell’intervistatore e risposta dell’intervistato - preferibilmente con
grafiche differenti
3 Eventualmente un commento dell’intervistatore
... (...) come sopra fino al termine
... (...) come sopra fino al termine
Per svolgere il compito in forma di intervista si può procedere secondo questi
passi:
1. Lettura dei documenti e scelta del materiale
Leggo attentamente i documenti e scelgo, tra essi, quelli che ritengo più pertinente allo svolgimento del mio pezzo
2. Preparazione delle domande
Scelgo le domande da porre al personaggio che, a seconda della situazione, della
tipologia di argomento chiesto o delle stesse indicazioni della traccia potrà essere reale o inventato. Le domande devono essere pertinenti, chiare, precise e puntuali. Inoltre tra esse deve esserci logicità e consequenzialità
3. Scrittura delle risposte e dei commenti dell’intervistatore
Occorre che le risposte siano, il più possibile, pertinenti alle domande e diano
un’idea anche della personalità dell’intervistato. In questa fase scrivo anche
l’introduzione e gli eventuali commenti esplicativi ad alcune delle risposte.
4. Rilettura e sintesi.
A questo punto rileggo tutto ciò che ho scritto e provvedo ad unire le varie parti
nel testo definitivo. Questo dovrà essere efficace, sintetico e fedele alla realtà
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(ossia, nel nostro caso, verosimile e congruente alla personalità dell’intervistato
scelto).
LA LETTERA
La lettera è un testo che presuppone un mittente (colui che scrive la lettera e che
la invia) ed un destinatario (colui a cui la lettera viene indirizzata). In realtà sotto
la denominazione <<lettera>> sono compresi vari tipi di testo che risultano assai
differenti per scopi, struttura, linguaggio ...
La lettera può avere una funzione puramente descrittiva, oppure essere di tipo
espressivo, emotivo, espositivo, argomentativo.
Le principali tipologie di lettera sono:
1. La lettera informale: quella che si scrive ad un amico, o comunque ad una persona con cui si ha un rapporto confidenziale; il linguaggio è più semplice e può
contenere termini e costrutti di uso popolare. Rientrano nella lettera informale
alcuni generi come la comunicazione per via elettronica, o e - mail, il messaggio
con il cellulare , o SMS, il biglietto di auguri o altro.
2. La lettera formale: quella che si scrive ad una persona (o anche una ditta, un
ufficio, un ente pubblico) con cui non vi è un rapporto confidenziale; il linguaggio deve essere formale, con un lessico ricercato e specialistico. In genere viene
scritta per procedimenti amministrativi, per questioni finanziarie, economiche o
professionali.
3. La lettera al giornale: quella che viene scritta al direttore di un giornale, da
parte di un lettore, per esprimere le proprie opinioni o per far conoscere il proprio punto di vista, che può essere in dissenso o in appoggio alla testata. In genere l’argomento è un tema di attualità o comunque un problema che suscita riflessioni e interrogativi. Il testo può essere, a seconda della situazione, espressivo,
argomentativo, narrativo, espositivo.
4. La lettera aperta: simile alla precedente, in quanto di norma pubblicata su un
giornale (ma anche su manifesti o volantini), si differenzia dalla lettera al giornale perché lo scopo è propriamente quello di suscitare un dibattito nell’opinione
pubblica o di denunciare scandali e situazioni rilevanti. In genere ha carattere
argomentativo.
Ogni lettera, di qualunque tipologia sia, ha in comune con tutte le altre alcuni
elementi:
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il luogo e la data, in genere in alto a destra
la formula di inizio in cui compare il destinatario (es. caro Paolo ...), in genere
più in basso a sinistra
la motivazione della lettera, subito dopo la formula di inizio a capo
il corpo della lettera (ossia il contenuto),
la firma del mittente, di solito in fondo a destra.
Le varie parti della lettera vanno disposte in modo diverso, a seconda della tipologia di lettera scelta. Così se la lettera è formale, per esempio, la motivazione
non compare all’interno delle prime frasi del testo, ma è scritta dopo
l’intestazione sotto la voce :
“oggetto: ...”
Anche la data può essere all’inizio o alla fine del documento.
Le varie tipologie di lettera possono essere così schematizzate:
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LETTERA INFORMALE
E – mail
Luogo e data
Caro …………….
Oggetto:
Caro ……………..
--------------------------------------------
---------------------------------------------
Saluto
Saluto
Firma
Firma
SMS
LETTERA AL GIORNALE
Luogo e data
-----------------------------------------Firma
Egr. Sig. Direttore
___________________________________________
Saluto
Firma
LETTERA APERTA
LETTERA FORMALE
Luogo e data
Mittente …………………..
-------------------------------------------
Destinatario
--------------------------------------------
Oggetto ……………………
-------------------------------------------
Formula di inizio
---------------------------------------------------Firma
---------------------------------------------------Distinti saluti ………………….
Data
Firma
Per svolgere il compito in forma di lettera occorre tenere presente che, data la
caratteristica della tipologia B, si dovrà svolgere, di fatto, una lettera aperta o
una lettera la giornale. Possiamo procedere secondo questi passi:
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1. Lettura dei documenti e scelta del materiale
Leggo attentamente i documenti e scelgo, tra essi, quelli che ritengo più
pertinenti allo svolgimento della lettera
2. Individuazione del destinatario
Scelgo il destinatario, di norma il direttore di un giornale (vero o immaginario)
oppure posso scegliere di scrivere una lettera aperta. Questo dipenderà,
ovviamente, dall’argomento che viene proposto
3. Scrittura della lettera
Inizio a scrivere la lettera, in forma espositiva, argomentativa, descrittiva (a
seconda della migliore opportunità). Cerco, comunque, di sostenere una mia
opinione e di suscitare un dibattito ed una riflessione. E’ necessario fare uso di
alcuni tra i documenti che ho precedentemente scelto, anche considerandoli,
eventualmente, come interlocutori.
4. Rilettura e sintesi.
A questo punto rileggo tutto ciò che ho scritto e provvedo a risistemare le varie
parti nel testo definitivo.
Facciamo, anche qui, alcuni esempi. Prendiamo un compito proposto ad una
sessione di esame e proviamo a svolgerlo secondo la forma della relazione,
dell’intervista e della lettera.
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI RELAZIONE,
INTERVISTA E LETTERA
TIPOLOGIA B (...) A.S. 2001/2002 sessione ordinaria
2. Ambito socio-economico
Argomento: Il dibattito sulla evoluzione del concetto di stato sociale
Documenti:
"Il termine Welfare State venne usato per la prima volta in Gran Bretagna
dopo la prima Guerra mondiale, per descrive il tipo di stato "ricostruito" dal
governo laburista col più ampio consenso. Il termine è sopravvissuto alla caduta
di quel governo (1951). (...) Il potere politico, nel Welfare State, poteva essere
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impiegato per modificare, con mezzi legislativi e amministrativi, il gioco delle
forze del mercato in tre possibili direzioni.
1) Garantire ai singoli e alle famiglie un minimo reddito indipendente dal
valore di mercato del loro lavoro o dal loro patrimonio;
2) Ridurre l'insicurezza sociale mettendo chiunque in grado di far fronte a
difficili congiunture: malattia, vecchiaia, disoccupazione;
3) Garantire a tutti, senza distinzione di classe e di reddito le migliori
prestazioni possibili (l'ottimo non il minimo) relativamente a un complesso di
servizi predeterminati".
A. Briggs "Welfare State: passato, presente, futuro". Mondo Operaio II, 1985
"Lo stato-provvidenza realizzato in Europa a partire dal 1945-46 ha cambiato
natura e funzione. Ancora tra le due guerre, il suo scopo era quello
dell'assistenza, di un riequilibrio precario delle disfunzioni sociali più evidenti,
nel quadro di una preoccupazione politica che consisteva nel neutralizzare la
lotta di classe nel momento di sviluppo della grande industria (...) Dopo il 1945,
l'incremento molto sensibile delle spese sociali per il canale dello statoprovvidenza, appare come uno dei motori necessari per dare impulso alla
crescita economica, mediante lo sviluppo della produttività del lavoro (...) Il
progresso sociale è una componente indispensabile dello sviluppo, perché
partecipa all'ampliamento del mercato interno, al miglioramento della
produttività lavorativa, contribuendo a una ripresa degli investimenti, delle
opportunità di lavoro e di impiego".
F. Demier, "Lo stato sociale", in "Storia e dossier", febbraio 1989
"L'attuale dibattito sulla crisi dello Stato sociale e assistenziale non riguarda
solo l'aumento degli oneri finanziari. La critica è rivolta anche alla crescente
burocratizzazione, centralizzazione, professionalizzazione, monetarizzazione e
giuridificazione, collegate allo sviluppo dello Stato sociale. E' difficilmente
contestabile il fatto che lo Stato sociale sia stato un forte motore di
trasformazione della società ma che, ampliando le funzioni pubbliche nel campo
della sicurezza sociale, abbia anche distrutto l'ambiente sociale, indebolito il
potenziale di iniziativa personale e limitato l'autonomia dei singoli. L'individuo è
stato assoggettato alle regole disciplinatorie dello Stato sociale ed ha perso la
libera disponibilità su un'ampia parte dei propri beni. Molti chiedono perciò di
risolvere i problemi sociali in modo più deciso, attraverso il mercato o ridando
slancio alla funzione sociale dei gruppi, come le organizzazioni di autotutela ed
in particolare la famiglia. Quest'ultimo punto appare tanto più necessario, in
quanto, ad esempio, alcolizzati, tossicodipendenti, malati di Aids o malati
cronici necessitano non solo di aiuto materiale ma anche, soprattutto, di
dedizione umana".
G. A. Ritter, "Storia dello Stato sociale", Roma-Bari 1996
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"In realta, si profila l'esigenza di ripartire dal basso poiché, se è vero che la
crescente articolazione e sofisticazione della domanda dei cittadini ha
rappresentato l'aspetto veramente dirompente rispetto alla rottura del modello di
welfare tradizionale, statocentrico e monopolista, di fatto, nei processi di
ridefinizione organizzativa e funzionale del nostro modello di politiche sociali
gli utenti hanno svolto finora un ruolo del tutto residuale (...) Invece, laddove i
soggetti di offerta hanno operato "sporcandosi le mani" con i bisogni sociali
emergenti, anche estremi, si sono registrati i risultati più importanti in termini di
innovazione dei modelli di intervento e qualità delle prestazioni (emblematica
sotto questo aspetto è tutta la vicenda del Terzo settore nel campo dell'assistenza
ai tossicodipendenti ed ai malati di Aids, oppure negli interventi a favore dei
minori, ecc.)".
Trentaquattresimo rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese 2000 Sintesi, Censis.
Svolgo l’argomento sotto forma di relazione
Con il termine <<stato sociale>> si intende la traduzione libera, in lingua
italiana, del termine inglese <<Welfare state>>, alla lettera stato del
benessere. Infatti la prima vera esperienza di stato sociale, in senso moderno,
nacque in Inghilterra alla fine della Seconda guerra mondiale, quando, a
seguito della sconfitta elettorale dei conservatori di W. Churchill, salirono al
governo i laburisti di C. Attlee. Durante il Governo Attlee vennero poste le basi
dello Welfare state, che avrebbero poi costituito un modello per tutta l’Europa
post bellica, soprattutto a partire dagli anni dello sviluppo economico. Peraltro
nel 1951, quando i conservatori tornarono al governo in Inghilterra, le basi
dello stato sociale non vennero smantellate ed il termine - come ci ricorda A.
Briggs in "Welfare State: passato, presente, futuro". (1985) - continuò ad essere
adoperato.
I fondamenti dello stato sociale, sempre secondo Briggs, possono essere così
riassunti:
1) Garanzia di un minimo reddito indipendente dal mercato del lavoro per un
numero il più possibile alto di cittadini
2) Riduzione dell'insicurezza sociale in modo da mettere tutti in condizione di
far fronte a difficili congiunture: malattia, vecchiaia, disoccupazione;
3) Garantire a tutti delle prestazioni fondamentali senza distinzione di classe e
di reddito
La struttura dello stato sociale ha accompagnato, con rare eccezioni, tutta
l’Europa occidentale nel secondo dopoguerra, soprattutto nel periodo dei
cosiddetti trenta anni gloriosi (1945-1975), ma anche oltre. In quel momento
storico le masse di cittadini hanno goduto di prestazioni minime pressoché
garantite alla quasi totalità dei cittadini; si sono diffuse l’istruzione di massa,
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l’assistenza sanitaria tendenzialmente gratuita, le forme di protezione del lavoro
e della disoccupazione (come la cassa integrazione o i sussidi di
disoccupazione).
Il modello di stato sociale ha iniziato ad essere messo in discussione negli anni
Ottanta, all’inizio per influenza delle politiche neoliberiste della premier inglese
Margareth Thatcher (1979-1990) e del presidente americano Ronald Reagan
(1981-1989). A questi primi <<attacchi>> di natura ideologica e politica, ne
sono seguiti altri determinati da motivazioni più strettamente economiche.
Infatti, il processo di globalizzazione dell’economia, il mutamento del sistema
economico e finanziario negli anni Novanta, la fine del modello industriale e
l’avvento di una società post industriale hanno messo in crisi il concetto stesso
di stato sociale. I governi, infatti, se nei primi anni del dopoguerra - come ci
ricorda F. Demier in "Lo stato sociale" (1989), erano interessati a
<<incrementare le spese sociali per dare impulso alla crescita economica,
mediante lo sviluppo della produttività del lavoro>>, si sono trovati, in seguito,
a gestire una situazione problematica. Una burocratizzazione della struttura
pubblica sempre più ampia; un sistema di protezioni spesso troppo costoso,
soprattutto sul versante della spesa previdenziale, anche per l’incremento della
vita media; un debito pubblico insostenibile; una pressione fiscale molto elevata
hanno portato l'individuo ad essere assoggettato alle regole dello Stato e a
perdere la libera disponibilità della propria iniziativa. Per questo si sono levate
voci sempre più contrarie allo stato sociale, che è stato definito talora
<<assistenziale>> o, con termine spregiativo, <<assistenzialista>>. I rimedi
proposti, tuttavia, si sono rivelati sovente drastici e troppo semplicistici, come il
puro ritorno a metodi liberisti senza controllo, i quali, peraltro, non sempre
sono in grado di risolvere il problema del debito pubblico e soprattutto
rischiano di accentuare le diseguaglianze e di acuire la conflittualità sociale,
soprattutto in periodi di recessione economica e di congiunture sfavorevoli.
La soluzione a questo complesso e difficile problema non sta, a nostro avviso,
nello smantellamento delle protezioni sociali che sono necessarie in una civiltà
moderna e solidale; la questione semmai è quella della loro gestione e della
scelta dei soggetti che si possono occupare delle forme assistenziali. Oggi, da
più parti, si fa strada il concetto di sussidiarietà, secondo il quale lo Stato può e
deve tirarsi indietro, quando la stessa funzione sono in grado di compierla altri
enti, pubblici o privati, e soprattutto i corpi intermedi (associazioni, Enti locali e
territoriali, organizzazioni no profit ...)
Porre fine, o comunque un limite, al regime di monopolio statale e ripartire dal
basso è, secondo molti, la soluzione per dare vita ad una nuova stagione di
gestione dei bisogni e delle esigenze di una società mutata, sempre comunque
nell’ottica della solidarietà e della tutela dei diritti fondamentali.
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Indicazioni bibliografiche
- A. Briggs "Welfare State: passato, presente, futuro". Mondo Operaio II, 1985
- F. Demier, "Lo stato sociale", in "Storia e dossier", febbraio 1989
- G. A. Ritter, "Storia dello Stato sociale", Roma-Bari 1996
- Trentaquattresimo rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese 2000 Sintesi, Censis
Svolgo l’argomento sotto forma di intervista
L’attuale crisi economica e il sempre più alto numero di lavoratori che si
trovano senza occupazione o che, comunque, sono ad alto rischio di perdere il
lavoro e, con esso, le sicurezze per il loro futuro hanno posto all’ordine del
giorno il problema dello stato sociale e dei suoi complessi risvolti economici,
politici e istituzionali. Se, un po’ di tempo fa, si sottolineava l’incidenza sulla
spesa pubblica dei costi dello stato assistenziale e si proponeva una sua
profonda revisione e, addirittura da parte di taluni, la sua cancellazione in
nome del mercato che è in grado di autoregolarsi e di una società che può
fondarsi sulla legge della domanda e dell’offerta con meno tasse e meno
interventi possibili della mano pubblica, oggi il discorso sta mutando. I governi
devono fare i conti con un alto numero di persone con problemi economici gravi
(disoccupazione, precariato, nuove povertà ...) per le quali diventa
indispensabile una forma di intervento pubblico (i cosiddetti ammortizzatori
sociali). Per approfondire la complessa tematica abbiamo intervistato il dott.
Mario Rossi, dirigente sindacale.
Dott. Rossi, ci può spiegare che cos’è lo stato sociale?
Con il termine <<stato sociale>> si intende la traduzione libera, in lingua
italiana, del termine inglese <<Welfare state>>, alla lettera stato del
benessere. Infatti la prima vera esperienza di stato sociale, in senso moderno,
nacque in Inghilterra alla fine della Seconda guerra mondiale, quando, a
seguito della sconfitta elettorale dei conservatori di W. Churchill, salirono al
governo i laburisti di C. Attlee. Durante il Governo Attlee vennero poste le basi
dello Welfare state, che avrebbero poi costituito un modello per tutta l’Europa
post bellica, soprattutto a partire dagli anni dello sviluppo economico. Peraltro
nel 1951, quando i conservatori tornarono al governo in Inghilterra, le basi
dello stato sociale non vennero smantellate ed il termine - come ci ricorda A.
Briggs in "Welfare State: passato, presente, futuro". (1985) - continuò ad essere
adoperato.
Quali sono i fondamenti dello stato sociale?
In sintesi possono essere ricondotti a tre elementi basilari: la garanzia per tutti
di un minimo reddito indipendente dal mercato del lavoro; la riduzione
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dell'insicurezza sociale in modo da mettere i cittadini in condizione di far fronte
a difficili congiunture: malattia, vecchiaia, disoccupazione; la garanzia a tutti
delle prestazioni fondamentali senza distinzione di classe e di reddito.
Perché lo Welfare state è andato in crisi?
Il modello di stato sociale ha iniziato ad essere messo in discussione negli anni
Ottanta, all’inizio per influenza delle politiche neoliberiste della premier inglese
Margareth Thatcher (1979-1990) e del presidente americano Ronald Reagan
(1981-1989). A questi primi <<attacchi>>, di natura ideologica e politica, ne
sono seguiti altri determinati da motivazioni più strettamente economiche.
Infatti, il processo di globalizzazione dell’economia, il mutamento del sistema
economico e finanziario negli anni Novanta, la fine del modello industriale e
l’avvento di una società post industriale hanno messo in crisi il concetto stesso
di stato sociale. I governi, pertanto, se nei primi anni del dopoguerra - come ci
ricorda F. Demier in "Lo stato sociale" (1989), erano interessati a
<<incrementare le spese sociali per dare impulso alla crescita economica,
mediante lo sviluppo della produttività del lavoro>>, si sono trovati, in seguito,
a gestire una situazione problematica. Una burocratizzazione della struttura
pubblica sempre più ampia; un sistema di protezioni spesso troppo costoso,
soprattutto sul versante della spesa previdenziale, anche per l’incremento della
vita media; un debito pubblico insostenibile; una pressione fiscale molto elevata
hanno portato l'individuo ad essere assoggettato alle regole dello Stato e a
perdere la libera disponibilità della propria iniziativa. Per questo si sono levate
voci sempre più contrarie allo stato sociale, che è stato definito talora
<<assistenziale>> o, con termine spregiativo <<assistenzialista>>
Che cosa pensa delle soluzioni liberiste?
La ricetta di Reagan e della Thatcher ha potuto funzionare in un contesto di
espansione dell’economia, quando non erano strettamente necessarie molte
protezioni e molti ammortizzatori sociali, visto che il lavoro c’era e con esso i
guadagni; per i servizi, poi, si pensava di rimediare alla loro diminuzione con
l’abbassamento della pressione fiscale. In ogni caso, anche allora, quelle
politiche avevano prodotto un’accentuazione delle diseguaglianze sociali e il
sorgere di nuove povertà. A maggior ragione oggi, in tempi di crisi, non è
possibile fare a meno di un sistema di protezioni che aiuti coloro che sono meno
fortunati. Questo lo hanno capito tutti i governi occidentali che stanno agendo
con interventi pubblici su banche, lavoro, protezioni, assistenza.
Allora si dovrebbe tornare allo statalismo degli anni Settanta ed alla spesa
pubblica?
Il problema è molto più complesso. Il modello statalista, con le eccezioni delle
democrazie scandinave, non ha funzionato bene per vari motivi (sprechi,
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pressione fiscale troppo elevata, mancanza di concorrenza, inefficienza);
questo, tuttavia, non vuol dire che lo Welfare state vada smantellato e che non
debbano esservi protezioni per i più deboli. la questione è semmai su chi debba
gestire e su chi si debba occupare delle forme di assistenza. Oggi, da più parti,
si fa strada il concetto di sussidiarietà, secondo il quale lo Stato può e deve
tirarsi indietro, quando la stessa funzione sono in grado di compierla altri enti,
pubblici o privati, e soprattutto i corpi intermedi (associazioni, Enti locali e
territoriali, organizzazioni no profit ...)
Porre fine, o comunque un limite, al regime di monopolio statale e ripartire dal
basso è, secondo molti, la soluzione per dare vita ad una nuova stagione di
gestione dei bisogni e delle esigenze di una società mutata, sempre comunque
nell’ottica della solidarietà e della tutela dei diritti fondamentali.
Secondo Lei sarà possibile?
Le voglio citare il Trentaquattresimo rapporto annuale sulla situazione sociale
del Paese elaborato dal CENSIS nel 2000. Si sostiene che <<la crescente
articolazione e sofisticazione della domanda dei cittadini ha rappresentato
l'aspetto veramente dirompente rispetto alla rottura del modello di welfare
tradizionale, statocentrico e monopolista>>. Invece <<laddove i soggetti di
offerta hanno operato "sporcandosi le mani" con i bisogni sociali emergenti,
anche estremi, si sono registrati i risultati più importanti in termini di
innovazione dei modelli di intervento e qualità delle prestazioni (emblematica
sotto questo aspetto è tutta la vicenda del Terzo settore nel campo
dell'assistenza ai tossicodipendenti ed ai malati di Aids, oppure negli interventi
a favore dei minori, ecc.)".>>. Con questo auspicio mi sento di rimanere
ottimista circa la soluzione del problema in modo efficace e soprattutto non
penalizzante per i più deboli e per i meno fortunati.
Svolgo l’argomento sotto forma di lettera al giornale
Egregio Sig. Direttore,
sono un lavoratore precario, assunto con contratto di collaborazione da un
istituto privato per il recupero degli anni scolastici, un lavoro pagato ad ore che
mi fruttava un magro introito. Purtroppo, per problemi di bilancio, l’istituto ha
dovuto ridimensionare il personale e così non sono stato confermato nel nuovo
anno scolastico.
Trovarsi senza lavoro a 35 anni, con una compagna, anch’ella precaria, e con
un figlio è un’esperienza drammatica, accresciuta dal fatto che, per la mia
categoria, non operano protezioni sociali o assegni di disoccupazione.
Mi ritrovo, in pratica, senza stipendio, senza un assegno di disoccupazione,
senza alcun aiuto da parte dell’autorità.
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Qualche mese fa, la recente vicenda di Alitalia ha rimesso in primo piano il
dibattito sullo Welfare state e sugli aiuti dello Stato concessi per evitare che
l’importante compagnia aerea venisse ceduta agli stranieri con pesanti ricadute
sul personale. Il salvataggio di Alitalia è stato accolto da molti con favore, sia
per il personale che, almeno in parte, è stato tutelato, sia per la questione
dell’esistenza e della sopravivenza di una compagnia italiana.
L’intervento dello Stato questa volta non ha ricevuto le consuete critiche e le
solite opposizioni dei sostenitori della teoria del libero mercato. La crisi, in
effetti, sembra aver fatto cambiare opinione a molti economisti ed a molti
esponenti del mondo politico i quali, da posizioni prima liberiste, hanno ritenuto
doveroso un intervento pubblico in momenti di emergenza su settori strategici
dell’economia e della società: banche, industrie, trasporti ... Del resto,
recentemente, il governo ha stanziato circa 9 miliardi di euro per i cosiddetti
ammortizzatori sociali che dovrebbero andare a beneficio dei precari e di
coloro che hanno perduto il lavoro.
Qualche anno fa un intervento simile sarebbe stato criticato. Infatti il dibattito
era centrato proprio sulla crisi del modello di stato assistenziale ereditato dalla
società dei consumi degli anni ‘60/’70 e dalle politiche dei governi della
socialdemocrazia europea (Inghilterra, Germania federale, Paesi scandinavi).
G. A. Ritter, in "Storia dello Stato sociale", nel 1996, sosteneva, per esempio,
che <<<lo stato sociale... ha distrutto l'ambiente sociale, indebolito il
potenziale di iniziativa personale e limitato l'autonomia dei singoli. L'individuo
è stato assoggettato alle regole disciplinatorie dello Stato sociale ed ha perso la
libera disponibilità su un'ampia parte dei propri beni. Molti chiedono perciò di
risolvere i problemi sociali in modo più deciso, attraverso il mercato o ridando
slancio alla funzione sociale dei gruppi, come le organizzazioni di autotutela ed
in particolare la famiglia.>>.
Il Rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese nell’anno 2000 parlava
dell’esigenza di un profondo cambiamento nella struttura dello stato sociale,
auspicando una spinta dal basso e riportando le esperienze del Terzo settore e
del mondo dell’associazionismo e dell’assistenza ai minori e ai
tossicodipendenti.
La nuova sensibilità sociale che sembra emergere, in questi ultimi tempi, mi
sembra positiva, anche se alcuni aspetti della stessa mi lasciano perplesso.
Infatti, se si aiutano i lavoratori di Alitalia, per quale motivo non si considerano
altre categorie di lavoratori? Ancora troppe persone, nel campo del lavoro,
sono abbandonate a se stesse, nella migliore delle ipotesi con qualche mese di
indennità di disoccupazione al massimo. Mi sto riferendo ad oltre un milione di
persone oltre i 40 anni, che si trovano in condizioni di non protezione e che di
fatto sono dimenticate dai servizi sociali e dalla struttura pubblica.
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Una realtà che conferma la drammaticità del fenomeno della disoccupazione
che colpisce lavoratori in età matura che non trovano facilmente la possibilità
di un nuovo impiego.
I dati che ci pervengono parlano di milioni di disoccupati in Europa, mentre i
consumi continuano a calare e cresce il numero delle famiglie sotto la soglia di
povertà.
La crisi non sembra avere una soluzione rapida e una politica di intervento
pubblico è ormai inderogabile. Bisognerebbe, invece, a mio avviso, rimettere al
centro del dibattito politico il potenziamento, anche se in modo diverso dal
passato, del sistema di protezioni sociali che, nell’attuale contesto economico,
mi sembra veramente essenziale e prioritario.
Il problema è, però, che, almeno finora, ci si sta movendo in modo un po’
disordinato, senza un piano preciso e articolato e con misure che, se pur
positive e doverose, sembrano ancora situarsi in un’ottica di estemporaneità,
quando non di mero annuncio ad effetto.
Una politica seria, di concertazione con le forze produttive e con i
rappresentanti dei lavoratori; un piano organico di interventi in tutti i settori e
per tutte le categorie (nessuna esclusa); un potenziamento dei servizi verso il
cittadino, soprattutto per quanto concerne le fasce più deboli e meno protette;
un piano di investimenti nei settori strategici (industria, commercio, piccola
impresa) e anche nel settore della conoscenza (istruzione e formazione); un
sistema fiscale che punti alla lotta verso l’evasione e, nel contempo alla
detassazione dei salari. Tutto questo è quello che ci vorrebbe, ma che, almeno
finora, mi sembra proprio che manchi.
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Cioffi, Cristofori, Gavazzi, “Percorsi di letteratura—lingua, scrittura
professionale, temi di indirizzo” ediz. Bruno Mondadori
Strumenti didattici in http://www.alepalma67.com/prove.htm
“Il mestiere di scrivere” http://www.mestierediscrivere.com/
Umberto Santucci “Problem setting” http://
www.umbertosantucci.it/
Vari “Analisi del testo, saggio breve, articolo di giornale. Per la prova scritta di italiano dell'Esame di Stato” ediz. Simone
Bertolotti, Montali, Saviano “La prima prova scritta all’esame di
stato” ediz. Minerva italica
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INDICE
INTRODUZIONE ................................................................................5
IL SAGGIO BREVE ..............................................................................7
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN SAGGIO BREVE ............................8
L’ ARTICOLO DI GIORNALE .............................................................. 18
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN ARTICOLO DI GIORNALE ............ 20
IL TEMA DI ARGOMENTO GENERALE .............................................28
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN TEMA DI ARGOMENTO GENERALE ...... 29
INDICAZIONI PER LO SVOLGIMENTO DEL TEMA DI STORIA.............38
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI UN TEMA DI ARGOMENTO STORICO.... 39
INDICAZIONI PER LO SVOLGIMENTO DELL’ANALISI DEL TESTO ........51
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI ANALISI DI UN TESTO ......................58
LE ALTRE FORME DI SVOLGIMENTO DELLA TIPOLOGIA B ................82
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DI RELAZIONE, INTERVISTA E LETTERA 87
BIBLIOGRAFIA ................................................................................96
STAMPATO IN CARRARA ANNO 2009—CICL. IN PROPRIO
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Tutti i diritti riservati © Elaborato in proprio
CARRARA ANNO 2009
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La prima prova scritta d`esame