In Senato l’avventura irachena del maggiore Bellini
Convegno internazionale a Firenze sulla letteratura gay
Notte in Arabia. Vita e storia di Gianmarco Bellini, il ragazzo che voleva volare (Boopen), il libro scritto da
Francesco Di Domenico per narrare la vicenda del maggiore che fu catturato in Iraq nel 1991 assieme al
capitano Maurizio Cocciolone, sarà presentato martedì alle 11 presso la sala Nassiriya del Senato. Presente,
oltre all’autore e a Bellini, anche il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri.
Raccontare il desiderio omosessuale: è questo il tema del convegno internazionale “L’arte del desiderio.
Omosessualità, letteratura, differenza”, dedicato alla letteratura gay e organizzato dall’Istituto Italiano
di Scienze Umane a Firenze giovedì 17 e venerdì 18, nelle sedi di Palazzo Medici Riccardi e di Palazzo
Strozzi. Intervengono, tra gli altri, Mario Fortunato, Adam Mars-Jones, Sarah Schulman e Walter Siti.
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Pillole di classica
«Amadeus» celebra
la grande musica
del Risorgimento
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::: NAZZARENO CARUSI
SICUREZZE ANCESTRALI
La bandiera rossa in versione
“coperta di sicurezza” di Linus.
Qui accanto la copertina del
saggio di Felice Cimatti
::: GIORDANO TEDOLDI
 Di fronte ai nuovi apologeti del
comunismo vien sempre voglia di
percorrere la via breve, e brusca, e di
tacitarli ricordando loro i milioni di
morti che ovunque si sono accumulati per mano dei vari compagni segretari, timonieri grandi e piccoli, commissari del popolo e altre sinistre figure. O anche, di invitarli a un talk-show
con qualche esule che ha accarezzato i
metodi del Kgb o della Securitate. Ma
poiché viviamo in un sistema capitalistico, sistema che come nessun altro
mai ha esaltato il valore del dialogo e
del rispetto delle idee, ci tocca trattarli
Il saggio surreale
Comunisti si nasce. E si diventa matti
Cimatti spolvera Marx di sociobiologia e biolinguistica. E sostiene
che l’ideologia rossa è “naturale” nell’uomo, che poi viene corrotto
con i guanti bianchi, i nuovi pifferai
della rivoluzione, e dimostrare come,
gira e rigira, le loro idee siano, pur sotto nuovi cosmetici, le stesse classiche
del vecchio Karl Marx, che ogni tanto
riaffiorano come per tentare la fortuna, casomai fossero maturi i tempi per
la dittatura del proletariato. A rispolverarle, giusto con qualche verniciatura di moderne discipline quali la
psicologia evolutiva, la sociobiologia,
la biolinguistica, è Felice Cimatti,
professore di Filosofia del linguaggio
all’Università della Calabria, nel suo
libro Naturalmente comunisti (Bruno Mondadori, pp. 208, euro 15), dove l’avverbio indicherebbe, con la
consueta spocchia che contraddistingue lorsignori, che chi comunista non
è, o addirittura fosse anticomunista, è
tagliato fuori dalla Physis, dalla Natura
profonda e essenziale dell’uomo. Uno
scarto, un ostacolo sulla strada della
razionalità e del progresso. Anche qui,
nulla di nuovo rispetto alle originarie
tesi di Marx che, com’è noto, si vedeva
assai più come uno scienziato che come un filosofo; anzi, era convinto di
aver finalmente messo in soffitta i procedimenti mistici della metafisica per
far largo alle predizioni infallibili, e s’è
visto com’è andata a finire.
Cimatti si rimette all’opera armato
di nuovi strumenti, di cui il principale
è quello con cui s’è fatto strada
all’Università: la filosofia del linguaggio. Il linguaggio, per Cimatti, è il medium, il terzo «disinteressato e imparziale» che dimostra come l’uomo sia
una creatura né interamente naturale
né interamente culturale. Il linguaggio non è né un istinto né un mero apprendimento: è, per dirla con
un’espressione che nel libro ricorre,
ciò che apre all’esperienza del possibile, dell’immaginazione. Non esiste
una natura umana stabile, fissata una
volta per tutte nella genetica, né
un’istituzione sociale che ci leghi una
volta per tutte, esiste l’uomo linguistico, capace sempre, in virtù del dono
della parola, di rinegoziare i suoi rapporti con i propri simili e di immaginarne di migliori.
Nuovi strumenti
Come, da queste premesse non necessariamente scorrette, si approdi
alla conclusione che l’uomo linguistico non possa ottenere la piena realizzazione e felicità in nessuna società se
non in una comunista, Cimatti non lo
spiega, o meglio, lo spiega con sofismi
e ampie citazioni dal maestro Marx,
roba da far cascare le braccia.
Si ha così un libro che, su sei capitoli, ha i primi quattro, dedicati alle teorie sul linguaggio e la natura umana,
con un solido andamento scientifico
e assai interessanti, e gli ultimi due,
dedicati rispettivamente alla critica
del capitalismo “ovvero l’uomo completamente perduto a se stesso” e al
paradiso in terra, cioè il comunismo
prossimo venturo, che fanno tenerezza per ingenuità e miseria di argomentazioni. Alcune assurdità meritano essere segnalate, come la frase a
pag. 158, che sembra uscita dalla Fenomenologia dello spirito del buon
Hegel: «Se l’individuo presuppone
l’universale, perché l’individuo è l’esito di un processo di individuazione
all’interno di quell’universale, a sua
volta l’universale presuppone l’individuale, perché soltanto se prende
forma in un individuo determinato
quell’universale diventa reale». Leggere frasi di questo genere, del più zotico idealismo (nell’accezione per
l’appunto hegeliana del sostantivo) in
un libro dove si cita, per dirne uno,
Ludwig Wittgenstein, e lo si adopera
disinvoltamente per criticare il “linguaggio privato” (cioè l’assurdo per
cui possa esistere una lingua non condivisa da altri parlanti e dunque non
verificabile nei suoi significati e nel
suo uso), fa pensare a certe discussioni tra matricole universitarie, dove
pur di ottenere ragione si cita un filosofo e il suo opposto, purché faccia
brodo per le proprie ragioni. In uno
studio serio, «l’universale diventa reale» solo dopo assunzione di mescalina, e comunque non può stare accanto alla critica del linguaggio privato di
Wittgenstein, che avrebbe bollato di
nonsenso quell’espressione.
No alla proprietà privata
Altrove, Cimatti, fervoroso nemico
della proprietà privata, dice che come
il linguaggio è di tutti, così i «fatti sociali» (e per tali intende anche le merci) dovrebbero essere di tutti. Non lo
sfiora il sospetto che il linguaggio,
seppure “universale” non è “reale”
(come invece vorrebbe), ma è immateriale e sempre disponibile, mentre
le merci, ahinoi, sono finite, limitate,
sicché se ho bisogno della parola “pane” posso prenderla quando voglio,
mentre il pane mi tocca acquistarlo
perché non ne esistono scorte infinite. «Il comunismo è il futuro biologico
della specie umana», scrive nelle conclusioni Cimatti. Ma bisogna vedere
se il piccolo pioniere non muore di fame prima.
 “Amadeus” è la rivista italiana più importante dedicata alla musica classica. Fu fondata nel 1989 da un gruppetto di coraggiosi
guidati da Gaetano Santangelo che poi, dopo
più di tre lustri di lavoro con la Rizzoli e la
DeARP, ha deciso di accollarsi anche la proprietà della sua creatura pur di salvarla dalla
morte certa causa ristrutturazione editoriale.
Con la moglie Annamaria e il figlio Riccardo ha
messo su la Paragon, che da qualche anno edita questo gioiellino. Giù il cappello.
In allegato al numero in edicola questo mese, oltre al consueto disco, c’è un bellissimo
cofanetto dedicato alla “Musica del Risorgimento”: un regalo non solo agli amanti del genere. La musica italiana dell’epoca ha avuto
un’importanza forse mai più raggiunta. Spesso per l’immediatezza espressiva del canto,
certo, legato com’è a un testo poetico di significato più o meno esplicito: basti pensare che il
nostro Inno viene da lì. Ma soprattutto perché
il nostro più italiano operista si è trovato a lavorare in quegli anni fatali con piglio maschissimo e soggetti facili a torcersi all’irredentismo. Verdi è diventato “Vittorio Emanuele Re
D’Italia” e tanti altri musicisti e patrioti hanno
scritto decine di lavori ispirati ai moti.
Il cofanetto di “Amadeus” è prodotto da
Musica Del Risorgimento (presidenza di Roberto Nigro e sostegno di Ferrarelle spa) e si
avvale, oltre che di un bel libretto storico e illustrativo, delle esecuzioni magistrali dei Cameristi della Scala, del Coro milanese diretto da
Bruno Casoni e di svariati artisti legati al teatro
scaligero. In mezzo ai 13 pezzi splendono la
bravura sublime di Fabrizio Meloni al clarinetto e il calore della viola di Simonide Braconi.
L’incipit del lavoro è la trascrizione per organetto da barberia del “Va’ Pensiero”: fa
piangere di commozione l’immagine di questo autentico suono della storia (parafrasando
il Bruce R. Smith ricordato nelle note da Emilio Sala) per le strade della città a diffondere la
melodia che soggiace alle parole del popolo in
esilio. Delle quattro romanze da camera scelte, emoziona la scena tragica dell’addio
all’amata. Il titolo del brano per clarinetto e orchestra di Ernesto Cavallini racconta la temperie sentimentale che animava questi artisti:
“Lontano dalla Patria”.
I “Cori patriottici” del 1848 sono da brivido
nella loro ispirazione innervata nella pelle viva
dei cantori. L'Elegia per banda “Sulla tomba di
Garibaldi” dice infine la gratitudine all’Eroe.
Ma la frase musicale e letteraria che dà a tutti
noi il senso dell’orgoglio e dell’onore è quella
che chiude “Euterpe patria-Inno popolare” a
voci sole di Verdi e Mameli: «Finché non sia
l’Italia una dall’Alpi al mar». Chi cantava così
andava a morire e aveva 20 anni o poco più.
Questo cofanetto, presentato dal sottosegretario Letta e dal ministro Bondi, merita di essere fatto ascoltare in tutte le scuole. È l'immagine della forza che la musica dà. Ed è la testimonianza di come si possano portare avanti
straordinari progetti culturali senza piagnistei. Gaetano Santangelo ci ha regalato una
perla in più.
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