ITALIA / ITALIE 7 Fabrizio Vangelista LA POLITICA SALVATA DAI BAMBINI Quando sono loro a insegnarci come fare prefazione di Gianni Cuperlo Novecento Editore ITALIA / ITALIE direzione editoriale: Calogero Garlisi redazione: Elena Chiappara Eugenio Nastri comunicazione: Gabriele Dadati commerciale: Marco Bianchi progetto grafico: Studio Grafico Ceccherini, Milano disegno in copertina: Giorgia Pastore classe I - scuola primaria 1° Maggio di Cormano (2007-2008) ISBN 978-88-95411-72-9 Novecento Editore è un marchio Novecento media srl Copyright © 2014 Novecento media srl via Carlo Tenca, 7 - 20124, Milano www.novecentoeditore.it - [email protected] Indice Prefazione di Gianni Cuperlo 7 Premessa 11 1. Le tangenziali 15 2. Il boom 17 3. Il bar sotto casa 22 4. Nota autobiografica 25 5. Sociologia della panchina 27 6. Il Parco dell’Acqua 32 7. Il taglio del nastro 37 8. La cultura si può fare 39 9. Bambini e “tamarri” 44 10.“Operazione bar” 52 11.Una nuova assocazione 59 5 12.Un 25 aprile inatteso 66 13.La forza dei bambini 66 14.Consiglieri under 13 72 15.La democrazia partecipativa 79 16.“Vogliamo la piscina” 84 17.La crisi 89 18.I problemi della sinistra 96 19.I bambini salveranno la politica 101 20.Bì, uno spazio per tutti i bambini 106 21.L’alternativa 111 22.Molte culture, uno spazio 115 23.Il piano Bì 121 6 Prefazione di Gianni Cuperlo “Da come si mettono le panchine si può capire lo stile amministrativo di un comune”. Prendetela da qui la storia che avete tra le mani, da questa chiave tanto elementare che a nessuno verrebbe in mente. Poi fate conto di stare alla guida di una città, piccola o grande in questo caso conta poco. Cosa volete che importino le panchine? Invece contano, e molto. Perché se le piazzi una di fronte a un’altra, darai la circostanza a chi frequenta quell’angolo di città di scambiarsi una parola, conoscersi, sentirsi banalmente meno solo. Ora, tanto per dire, nella mia città, tutta tronfia di trascorsi imperiali, glorie letterarie e caffè fin de siecle, a un certo punto un sindaco buontempone le panchine ha deciso di segarle via. Non tutte, s’intende. Solo quelle di una piazza sul lungomare dove troppo spesso avevano preso a coricarsi un paio di barboni. Ne era originata una questione di decoro, proteste, cittadini indignati, e allora la giunta (per inciso, di destra) si era decisa al taglio drastico: non potendo eliminare i senzatetto si era tolto di mezzo quel domicilio illegale. Un capolavoro. Ecco, Fabrizio Vangelista, in questo racconto degli anni vissuto da assessore in un piccolo 7 centro della cintura milanese, ti prende per mano e ti spiega concetti come questo. Questo e parecchi altri. E tutti hanno un filo che li lega, l’idea - cara a lui e al suo bravissimo sindaco, Roberto Cornelli che se amministri la cosa pubblica non devi curarti solo di farlo con le mani pulite, il che dovremmo dare per scontato. Devi cercare, almeno cercare, di pensare lo spazio e i luoghi e il tempo come beni sentiti propri da chi quelle risorse le userà, giorno dopo giorno, per anni o, a volte, per una vita intera. A dirla tutta, Cormano - il comune in questione - non è descritto come la dependance di Montecarlo. L’area è stretta tra due tangenziali, soffre di un inquinamento peggiore che altrove, eppure un giovane sindaco e i suoi assessori cominciano a pensare che anche lì, o soprattutto lì, si possano fare delle belle cose, a patto di volerlo e di capire quale leva azionare. Mica facile. Però loro ci credono e la scommessa riesce perché l’idea che la sorregge funziona. Qual è l’idea? Partire dai bambini. Dall’infanzia, perché solo una città a misura di chi in quella città crescerà e ci vivrà merita di essere amata e rispettata. Ora, se uno vuole capire il concetto deve mettere gli occhi all’altezza giusta. Noi adulti, gli occhi di solito li teniamo dove ragionevolmente devono stare. Diciamo più o meno tra un metro e sessanta e un metro ottanta da terra. Ma quello che vedi a quell’altezza non è la stessa cosa che scopri (e che respiri) se di anni ne hai un paio e dormi su un passeggino con la testa poco sopra 8 gli scarichi delle vetture. O se di candeline ne hai soffiate dieci e cerchi un pezzo di verde dove calciare il pallone. Piccolo dettaglio di questa storia, né il piccolino né il fratello maggiore vanno a votare. Lo faranno, forse, tra un po’ di tempo, ma al momento sono soltanto la gioia di genitori e parenti. Però.... però c’è un però. Di quelli che magari non hai mai preso in considerazione e che appena lo scopri ti fa capire un mucchio di cose. Per esempio questa. Che se coinvolgi i bambini, dalle scuole in avanti, e dici loro, “quaggiù noi vogliamo progettare un parco, voi come lo fareste?”. Tipo, con che alberi e piante, giochi e panchine. Ecco, succede che se li fai sentire le star di quelle decisioni, poi quando saranno cresciuti quel parco sarà il “loro” parco. Lo vivranno con rispetto e cura, come fosse la seconda casa. E quando - potrebbe capitare no? - avranno a loro volta un passeggino da spingere è probabile che anche di più lo sentiranno una cosa da tutelare al meglio e in qualche misura da trasmettere come una bella pagina da raccontare. Lo so, siamo al settimo anno della crisi più grave del secolo. Passiamo la vita a studiare gli spread, il pareggio di bilancio e le regole di un’Europa mai così distante dalla vita della gente. E allora, può sembrare che parlare di panchine, luoghi del gioco e passeggini non sia proprio la voce in cima alla lista. Se la pensate così, credo troverete nelle pagine qui di seguito parecchie buone ragioni per ricredervi. Almeno a me è andata così. Sarà che la politica mi ha 9 catturato da ragazzo senza più lasciarmi, ma senza che abbia mai vissuto l’esperienza dell’amministratore, però ho letto questo viaggio di Fabrizio (e di Roberto con lui), come l’esempio di quel che la buona politica dovrebbe essere. Sempre. Che poi è qualcosa di incredibilmente semplice da dire e complicato da fare. È scegliere un punto di vista e leggere il mondo - la vita, i diritti, le piccole libertà senza le quali una libertà grande non c’è - come il traguardo dell’impegno. Ripeto, non ho mai avuto la sorte di fare il sindaco o l’assessore della mia città. Ma siccome, come si dice, “mai dire mai”, se un giorno, per gli accidenti del caso, una cosa del genere mi dovesse capitare - e non potrebbe capitarmi che lassù, a Trieste, dove hanno pensato un giorno di asportare tre panchine - ecco, se dovesse succedermi, non dubito che in valigia mi porterei anche questo libretto. Così, per ricordarmi cosa vuol dire amministrare una città con gli occhi ben piantati a quaranta centimetri da terra. Dove si osserva il mondo dalla vetta morale di un passeggino. E credetemi, il segreto è lì. 10